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Ricorso contro cartella di pagamento - Dichiarazione Iva omessa

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6 RATIOConte N . 2 / 2 0 0 8 - 6073-Cdf<br />

ESEMPI DI RICORSO<br />

<strong>Ricorso</strong> <strong>contro</strong> <strong>cartella</strong> <strong>di</strong> <strong>pagamento</strong> - <strong>Dichiarazione</strong> <strong>Iva</strong> <strong>omessa</strong><br />

del tutto illegittima la procedura seguita dall’Ufficio poiché sembra che la rettifica ex art. 54 bis D.P.R. 633/1972, sia<br />

da imputare al cre<strong>di</strong>to <strong>Iva</strong> 2001 non riconosciuto così come in<strong>di</strong>cato nel modello Unico 2003 (periodo d’imposta 2002<br />

- rigo VL26, € 49.758,00). Infatti, da quanto sopra non è dato comprendere il motivo del recupero tenuto altresì conto<br />

che, a seguito <strong>di</strong> istanza <strong>di</strong> rimborso presentata nel febbraio 2003, per € 50.000,00, l’Ufficio - esperiti gli opportuni<br />

<strong>contro</strong>lli - ha provveduto alla liquidazione e conseguenziale <strong>pagamento</strong>. Da ciò ne deriva che nella sostanza il<br />

contribuente aveva ed ha pieno <strong>di</strong>ritto al predetto cre<strong>di</strong>to. Orbene, dalla <strong>di</strong>samina delle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>chiarazioni collegate<br />

alla pretesa in esame emerge che la stessa trae origine da una presunta <strong>omessa</strong> <strong>di</strong>chiarazione <strong>Iva</strong> relativa al periodo<br />

<strong>di</strong> imposta 2001. In verità non è così. Infatti, il modello Unico 2001 rifletteva il primo periodo d’imposta della società<br />

........................................................... che andava dal 28.11.2000 al 31.12.2001. Per questioni meramente tecniche,<br />

essendo un periodo “a cavallo” la procedura software non ha abbinato la <strong>di</strong>chiarazione <strong>Iva</strong> (2001) al predetto modello<br />

Unico. Di talché, appena resisi conto della situazione, la società ha provveduto a trasmettere la <strong>di</strong>chiarazione <strong>Iva</strong> 2001,<br />

a mezzo servizio postale in data 27.10.2003 protocollo n. 851911770, versando anche la somma <strong>di</strong> € 51,60 a titolo <strong>di</strong><br />

sanzione ridotta per il “ravve<strong>di</strong>mento spontaneo” effettuato (alI. 2 e 3). È evidente che si è trattato <strong>di</strong> un fatto estraneo<br />

alla volontà del contribuente e che l’Erario non ha subito alcun danno, poiché è stato messo in grado <strong>di</strong> verificare<br />

- nella sostanza - la legittimità del cre<strong>di</strong>to in parola (tant’è, ricor<strong>di</strong>amo, che è stato effettuato il relativo rimborso).<br />

Ad abuntantiam, sembra opportuno al riguardo evidenziare che l’art. 10 della L. 212/2000, nota quale “Statuto dei<br />

<strong>di</strong>ritti del contribuente”, rubricato “Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente”, al c. 1<br />

statuisce che: i rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio della<br />

collaborazione e della buona fede. Di tutto ciò il contribuente ne è pienamente convinto, tant’è che, sin dal<br />

ricevimento dell’avviso bonario relativo, ha posto in essere tutti gli atti previsti dall’or<strong>di</strong>namento per l’annullamento<br />

della pretesa erariale, in sostanza infondata.

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