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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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misto d’omertà, compromessi, ricatti, operazioni inconfessabili che si ‘solidificano’ in alcuni<br />

‘segreti condivisi’ tra uomini politici, mandanti, esecutori e depistatori ed anche, probabilmente,<br />

uomini di sinistra all’epoca incatenati alla logica di Jalta e spesso ad un senso di responsabilità che<br />

ha origini nella ricerca di una legittimazione politica ed istituzionale propria del Pci del dopoguerra.<br />

“E’ una storia ormai lontana, quella iniziata in quell’inverno freddissimo che seguì e in qualche<br />

modo concluse il più caldo degli autunni. Ma appena qualcuno scava nei pressi, anche muovendo da<br />

storie e domande apparentemente distanti, ecco che insieme alle radici vien su un terriccio<br />

compatto, aggrovigliatissimo, dove tutto consiste, dove una pista e un nome che si credevano<br />

smarriti riaffiorano in altre storie, magari di ieri o d’oggi” 7 , come nel caso della vicenda di Adriano<br />

Sofri e della condanna per l’omicidio del commissario Calabresi, su cui si è divisa l’Italia. E anche<br />

questa spaccatura, insanabile ancora oggi, nasce a Piazza Fontana, nelle ore immediatamente<br />

successive alla strage.<br />

C’è voglia di dimenticare, di lasciar stare? Di lasciare il tutto ad un giudizio storico sostanziale, già<br />

acquisito, senza entrare in particolari, nello svolgimento della strage e dell’inghippo che lasciò sul<br />

terreno i soli gruppi anarchici - per di più marginali all’interno del loro stesso mondo - come capro<br />

espiatorio?<br />

Renato Curcio ha spiegato, a suo modo, quanto certi legami e fili leghino gli uomini dello Stato e<br />

coloro che l'hanno combattuto, ben oltre a ciò che si possa immaginare: “Perché ci sono tante storie<br />

in questo Paese che sono taciute e non potranno essere chiarite per una sorta di sortilegio: come<br />

Piazza Fontana, come Calabresi, che sono andate in certi modi e che per ventura della vita nessuno<br />

più può dire come sono realmente andate, sorta di complicità tra noi e i poteri, che impediscono a<br />

noi e ai poteri di dire cosa è veramente successo”. Ecco perché questa strage con i capelli ormai<br />

bianchi dall’età trascorsa va ricordata e compresa fino in fondo; non può andare in archivio perché<br />

l’oblio potrà cadere quando si sarà capito per intero chi la volle e con quali diretti o indiretti fini, chi<br />

coprì per anni gli esecutori, favorendo l’espatrio di tanti protagonisti, quali responsabilità ha la<br />

classe politica dell’epoca, quali furono i ruoli dei servizi italiani e stranieri coinvolti nell’operazione<br />

politico-militare perché quella bomba ha cambiato la vita di tanti italiani che ora stanno<br />

invecchiando senza aver ancora pienamente compreso cosa hanno vissuto in quelle settimane e<br />

grazie a chi e in che modo la vita di tanti imboccò una certa strada, assieme alla politica e alle scelte<br />

di un’intera classe dirigente.<br />

Piazza Fontana è sicuramente la ‘testa del serpente’ terroristico; il crogiolo ambiguo entro cui si<br />

temperano i terribili “anni di piombo”, una strage che, a parte i responsabili materiali, non ha<br />

trovato le risposte politiche adeguate ad indicarci quantomeno i protagonisti della complessa partita<br />

che fu giocata in quel dicembre del 1969. Alla fine tutto si scaricò sul ballerino anarchico Pietro<br />

Valpreda, vittima inadeguata a ‘reggere’ la trama di un accadimento complesso che coinvolgeva<br />

responsabilità di strutture d’intelligence italiane e straniere.<br />

Dopo la prima sentenza, quella che condannava i tre del gruppo ordininosta veneto, l’ex ballerino<br />

disse quel tanto che bastava per far intuire che in questa vicenda c’è ancora molto da conoscere<br />

compiutamente.<br />

Era un modo per alludere al “livello superiore” della vicenda, evocato anche da Pino Rauti, il leader<br />

storico del gruppo neonazista di Ordine Nuovo, quando ripete che “alcuni giovani di destra sono<br />

stati utilizzati come pedine. Ma loro giocavano a dama, gli altri a scacchi, perché erano dei<br />

professionisti. Li utilizzarono nella strategia degli opposti estremismi, per consolidare il regime” 8 .<br />

Ora tutti i quesiti inevasi di 11 giudizi rimangono aperti: chi e secondo quali modalità operative<br />

collocò la bomba nella Banca dell’Agricoltura; chi era in effetti l’uomo che salì sul taxi di Cornelio<br />

Rolandi con una borsa nera facendosi lasciare davanti alla Banca poco prima dell’esplosione per<br />

poi tornare senza la borsa a bordo dell’auto? Un sosia di Valpreda, dice l’inchiesta condotta a<br />

Milano dal giudice Guido Salvini e che ha portato all’ultimo processo concluso nel 2005. Ci sono le<br />

dichiarazioni, dirette ed indirette, di cinque neofascisti importanti. Un sosia che potrebbe avere un<br />

7 Michelangelo Notarianni, “Una storia che non si può dimenticare”, Il Manifesto, 11 dicembre 1997<br />

8 “Rauti l’irridicibile non ci sta. ‘Chi va a piazzale Loreto?’”, La Repubblica, 12 dicembre 1993<br />

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