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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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Ecco perché è un fatto che va conosciuto, studiato, capito perché la vita di tanti uomini affonda le<br />

radici anche in quel grigio venerdì di tanti anni fa. Vi è una riprova diretta della importanza di<br />

quella strage che segna l’inizio della storia del terrorismo politico moderno in Italia: nessuna<br />

inchiesta giudiziaria ha subito nel nostro Paese le pressioni, le torsioni, le intromissioni, le<br />

deviazioni, le “cattiverie” che ha subito quella di Piazza Fontana sfociata in otto inutili processi<br />

prima che si sviluppasse in sede giudiziaria, nel gennaio del 1986, l’inchiesta del Pm milanese<br />

Guido Salvini, un magistrato spesso incompreso nella sua volontà di dare una risposta ad un<br />

dramma giudiziario e politico che ha segnato alcune generazioni.<br />

Anche quella di Guido Salvini che era stato per qualche tempo nei gruppi anarchici studenteschi<br />

milanesi dopo la strage.<br />

Il processo nato da quell’inchiesta, sviluppato da nuovi filoni investigativi e dal lavoro d’altri due<br />

magistrati come Grazia Pradella e Massimo Meroni, ha fatto alla fine naufragio in sede giudiziaria.<br />

Tante novità storiche, elementi rilevanti, analisi che spiegano quello che finora era incomprensibile,<br />

non sono riusciti a divenire un giudizio di responsabilità penale personale. Tre persone che erano<br />

state indicate come responsabili della strage, gli ordinovisti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e<br />

l’esponente del gruppo milanese de “La Fenice”, Giancarlo Rognoni, sono stati condannati in primo<br />

grado e assolti in appello. La Cassazione nel 2005 ha confermato quel giudizio che è quindi<br />

definitivo. La strage dopo 11 giudizi nelle aule dei tribunali italiani non ha responsabili.<br />

Sappiamo solo con certezza che lo Stato ha coperto i responsabili, ha depistato le indagini, spiato<br />

ed intimidito i magistrati, fatto fuggire all’estero gli indagati, pagato gli informatori del Sid che<br />

tenevano i contatti con i gruppi eversivi anche quando questi erano ricercati dalla magistratura. Un<br />

elenco lunghissimo di deviazioni e coperture che potrebbe andare avanti ancora per molte inutili<br />

righe.<br />

Per molti anni la strage di Piazza Fontana è stata nell’immaginario cultural- politico italiano quasi<br />

un sinonimo di mistero, di deviazione, di reticenza politico-istituzionale, di copertura di segreti non<br />

confessabili. Un incrocio oscuro tra la parte visibile dello Stato e quella invisibile. Da qui i processi<br />

inutili, le accuse infondate, le fughe dei protagonisti, l’impossibilità di arrivare ad un giudizio<br />

compiuto in sede giudiziaria.<br />

Quasi che lo Stato, le sue istituzioni, gli apparati non potessero o volessero saldare il conto di quella<br />

strage con i giovani del biennio rosso ’68-’69; come se non avessero mai più potuto riallacciare un<br />

rapporto equanime, uno “scambio eguale’’, tra i contendenti del “patto sociale’’ che, tra infinite<br />

difficoltà, si realizzò negli anni Settanta. Qualcosa d’orribile è rimasto dietro le quinte,<br />

probabilmente per sempre.<br />

Ciò soprattutto per una ragione che ha cercato di spiegare Guido Viale, tra i protagonisti del<br />

Movimento studentesco del 1969: “Non si capisce la storia della strategia della tensione le<br />

infiltrazioni, le campagne d’ordine, l’assiduo armeggiare dei servizi segreti che, dal 1969 al 1974,<br />

organizzano almeno una strage l’anno per attribuirne la responsabilità al Movimento (e che proprio<br />

nel ’68 si attrezzano per metterle in opera) se non si tiene presente il vero obiettivo dello Stato: che<br />

non poteva essere quello di battere sul campo la forza del Movimento, ma quello di minarne la<br />

credibilità”<br />

Era una lotta senza limiti, senza remore, senza regole.<br />

La ricerca dei responsabili di questa strage ha subito negli anni traversie incredibili: durante le<br />

inchieste, i processi, c’è sempre stata qualche autorità giudiziaria che, al momento opportuno ha<br />

interrotto, frenato, rimandato il corso della giustizia. Poi, improvvisamente, lo ha accelerato. A<br />

giudizi severi di primo grado nei processi, sono subentrati giudizi di secondo grado accomodanti<br />

che non hanno avuto nessuna voglia di approfondire quello che andava chiarito perché i nomi –<br />

questo è l’assurdo, il tragico, il grottesco della vicenda – sono sempre quelli, dal 1969 in poi.<br />

Sempre lo stesso il metodo per salvarsi, per non spiegare il perché di questa strage: la reticenza,<br />

l’elusione, il silenzio, la rimozione. Far finta di non capire, non vedere, non sapere.<br />

Piazza Fontana e l’omicidio di Aldo Moro, protagonista anche dei fatti del 12 dicembre, come<br />

vedremo, rappresentano i due pilastri principali dei cosiddetti “misteri italiani” vale a dire di quel<br />

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