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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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Ancora Germania e Monaco, come dicono Maletti e Taviani. Questo è un capitolo tuttora<br />

inesplorato in rapporto a Piazza Fontana anche se i fili, come abbiamo visto, sono tanti. Tutti<br />

interessanti.<br />

Digilio tra i tanti elementi citati riporta un colloquio con uno dei tre ordinovisti scagionati da<br />

qualsiasi accusa per la strage: “Lui mi rispose che non dovevo fare critiche né morali né di tipo<br />

strategico in quanto i fatti del 12 dicembre erano la conclusione della nostra strategia e che c’era<br />

una mente organizzativa sopra la nostra che l’aveva voluta e diretta, anche da Roma”.<br />

Fin da subito dopo l’esplosione il generale Maletti sa “benissimo che la matrice era di destra”. “Chi<br />

ha portato avanti questo progetto che ha ucciso tanti italiani è italiano. E lo ha fatto, aderendo ad un<br />

progetto portato avanti da un servizio straniero per ottenere un proprio vantaggio. Di potere.”, dice<br />

“La vera responsabilità politica nella strategia della tensione è che nessuno ha mai preso delle<br />

decisioni, mai nessun uomo politico ha parlato e agito in termini politici”, accusa l’ex generale 81 .<br />

Maletti dimentica però di spiegare che una delle accuse nei suoi confronti nell’ultimo processo<br />

riguarda l’ipotesi che lui, unitamente ad alcuni ufficiali Usa, dovesse sequestrare il Presidente della<br />

Repubblica Giuseppe Saragat. Un fatto che potrebbe spiegare il colloquio con Cossutta al Quirinale,<br />

di cui abbiamo parlato, quando il Pci si offre di mettere in salvo il Presidente in caso di pericolo<br />

mentre si dispiegava la trama del ‘golpe Borghese’ che si concretizzerà nella notte della Madonna<br />

del dicembre 1970.<br />

Nel novembre del 1969, il 19, giorno della presunta sollevazione di cui parla Salcioli, viene lasciato<br />

fuggire a Milano il mafioso Luciano Liggio. Andrà a coordinare i ‘picciotti’ che saranno impiegati<br />

solo l’8 dicembre 1970. In aula nel 1986 dirà di voler parlare di “affari di Stato”. Nel 1970 – dice –<br />

i politici volevano portare il Paese sull’orlo dell’irreparabile. Avevano chiesto alla mafia uomini in<br />

armi e la garanzia che Liggio desse la sua approvazione. “Gli risposero che io ci stavo e mi<br />

promisero la libertà”. Sembra quasi che Liggio parli di quest’incontro avvenuto in condizioni di sua<br />

segregazione (“la libertà”) ma all’epoca il boss era già libero, latitante. Quindi quella libertà gli è<br />

stata promessa – e probabilmente data - prima di Piazza Fontana. Gli intrecci – anche in riferimento<br />

alle coperture politiche offerte o pesantemente ricercate – che si dipanano tra le due cordate sono<br />

fili ben lunghi nella nostra storia sulla strage. Anche l’affare delle tangenti Lookheed, concluso con<br />

la condanna di due‘referenti’ come Luigi Gui (Moro) e Mario Tanassi (Saragat) rientra<br />

probabilmente in questa sorte di duello, in questo caso finito alla pari.<br />

Quando il generale Miceli si troverà in difficoltà rievocherà i suoi iniziali rapporti con Saragat.<br />

“Dopo aver assunto il comando del Sid ebbi un primo colloquio col presidente, parlammo dei<br />

problemi della sicurezza dello Stato”. Saragat reagirà con la consueta smentita affermando – in<br />

maniera curiosamente paradossale – di non aver mai conosciuto il responsabile del Sid. Eppure nel<br />

luglio 1970 saranno proprio i socialdemocratici, con la collaborazione di Miceli, a bocciare la<br />

candidatura di Giulio Andreotti alla Presidenza del Consiglio, assegnata poi a Colombo. Per farlo<br />

utilizzeranno il mancato gradimento di Miceli che non diede il Nos, cioè le garanzie di segretezza e<br />

rispetto dei patti Nato che ogni governante occidentale doveva avere obbligatoriamente. Una<br />

vendetta per il ruolo svolto da Andreotti nell’immediato dopo-strage, quando fu determinante ad<br />

impedire la svolta autoritaria? Saragat darà indiretta conferma a questa ipotesi nel 1975 in una<br />

intervista al settimanale Tempo.<br />

“Per silurare Andreotti non avevo bisogno delle sollecitudini dei servizi segreti né del generale<br />

Miceli, del resto non ancora capo del Sid, che io dichiaro di non aver mai conosciuto. Bastò la mia<br />

personale avversione”. Avversione a che?<br />

Sentimento contraccambiato da Andreotti che, in vita e in morte, ha più volte polemizzato con<br />

Miceli, ma anche con Saragat.<br />

Alla fine per capire Piazza Fontana bisogna tornare al novembre del 1968, quando gli americani,<br />

dopo un’estate drammatica segnata dalla invasione sovietica di Praga e dall’avanzare visibile delle<br />

truppe dell’Armata Rossa, valutano una dato politico che acquista una valenza rilevante in quel<br />

contesto: in Italia la somma dei voti ottenuta dai socialisti e comunisti nelle politiche di maggio<br />

81 Tutte le citazioni sono tratte dalla intervista a La Repubblica del 4 agosto 2004<br />

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