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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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deve formularsi indirizza le indagini verso gruppi anarcoidi”. In poche ore sono arrestati una decina<br />

di anarchici ma si perquisisce anche l’abitazione di Giovanni Ventura, editore di destra padovano,<br />

legato a Franco Freda, oggi ritenuti tra i responsabili della strage ma non più imputabili perché<br />

assolti in passato per lo stesso reato e quindi non più processabili.<br />

Tra il gruppetto degli anarchici arrestati c’è Pietro Valpreda, 37 anni, ballerino disoccupato.<br />

Valpreda, milanese, è appena arrivato da Roma, ed è legato al circolo del ‘Ponte della Ghisolfa’. A<br />

Roma ha fondato il circolo “22 marzo’’, largamente infiltrato dai fascisti e da informatori della<br />

questura. E’ identificato da un testimone, Cornelio Rolandi, come l’uomo della “borsa nera’’ che<br />

sarebbe salito sul suo taxi per andare intorno alle 16 alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Da lì<br />

comincia il suo calvario giudiziario: per anni sarà ‘il Mostro’ della banca. Alla fine sarà assolto per<br />

insufficienza di prove.<br />

A Milano tra gli anarchici c’è Giuseppe Pinelli, il ferroviere che, arrestato dopo la strage, cade da<br />

una finestra della Questura il 15 dicembre, senza un grido. I sospetti per quello che è subito bollato<br />

come un omicidio cadono sul commissario Luigi Calabresi. Il perché di quella morte cela,<br />

probabilmente, il mistero di Piazza Fontana. Cioè le modalità degli ultimi 100 metri della<br />

‘operazione’ e l’identità di chi collocò la bomba che uccise.<br />

Nel 1975 il procedimento per la morte di Pinelli si chiude con l’esclusione dell’omicidio e, per<br />

spiegare l’accaduto, si ricorre ad una categoria unica nella storia della medicina legale: quella del<br />

‘malore attivo’ che avrebbe spinto Pinelli a roteare sulla balaustra e lasciarsi cadere nel vuoto senza<br />

quei movimenti istintivi propri anche di un suicida. Nel 1972 Calabresi, dopo accuse feroci e inutili<br />

processi, è ucciso sotto casa mentre sta andando in Questura. Condannati per quell’omicidio sono<br />

stati Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani , Ovidio Bompressi e Leonardo Marino.<br />

Una storia che prosegue ancora oggi e che nasce la sera del 12 dicembre 1969 quando il ministro<br />

dell’Interno dell’epoca, Franco Restivo, di fatto impone al capo della Polizia, Angelo Vicari, di<br />

seguire a tutti i costi la pista dell’estrema sinistra. Fu quindi il potere politico – diviso sul da farsi –<br />

a tirare la vicenda da una parte e dall’altra perché dopo la strage era prevista un’escalation di<br />

ulteriori attentati e prese di posizione da parte di politici e militari. Nel disorientamento di quelle<br />

ore ad imporsi è la linea che punta dritto sugli anarchici, l’anello più debole della nascente sinistra<br />

estraparlamentare.<br />

Quello che colpisce è il significato che, a tanti anni di distanza, attribuiscono alla strage i tanti che<br />

vissero quelle convulse ore con l’immediata coscienza che qualcosa d’irreparabile fosse accaduto;<br />

che si fosse rotto un tacito patto che avevano sottoscritto tutti i contendenti della durissima stagione<br />

politica della “guerra fredda’’.<br />

“Nel Collettivo, con sede in un vecchio teatro in disuso in via Curtatone, si cantava, si faceva teatro,<br />

si tenevano mostre di grafica. Era una continua esplosione di giocosità e invenzione. Con la strage il<br />

clima improvvisamente cambiò” 5 , racconta Renato Curcio nelle sue memorie ricordando il clima<br />

nel Collettivo politico metropolitano, la struttura politica che precede il passaggio alle Brigate<br />

Rosse di cui è stato tra i fondatori.<br />

Curcio il giorno della strage fu arrestato: gli puntarono un mitra addosso. Rilasciato durante la<br />

serata, si cominciò subito a valutare, nel Collettivo, la strada da imboccare. Alla fine del mese c’è il<br />

convegno di Chiavari dove compare, per la prima volta, l’ipotesi della lotta armata in un documento<br />

teorico. Le Br compiranno la loro prima “azione esemplare” incendiando l’auto di un capo reparto<br />

nel settembre 1970. Ancora prima, in gennaio Potere Operaio, nato nel novembre precedente,<br />

aveva, nel corso del primo convegno nazionale del movimento teorizzato la “distruzione violenta<br />

della macchina dello Stato” gettando le basi del “partito della violenza”.<br />

Nel luglio 1969, un mese importante come vedremo, Giangiacomo Feltrinelli aveva pubblicato<br />

l’opuscolo “Estate 1969 - La minaccia incombente di una svolta radicale e autoritaria a destra, di un<br />

colpo di Stato all’Italiana”, in cui si sanciva il “definitivo tramonto non solo del revisionismo, ma<br />

anche dell’ipotesi che si possa compiere una rivoluzione socialista senza la critica delle armi”.<br />

5 Renato Curcio, A viso aperto, intervista di Mario Scialoia, Mondadori, Milano, 1993, p.49<br />

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