Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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21.06.2013 Views

A Moro fu consigliato caldamente dal Pci, tramite Tullio Ancora, di avere qualche accorgimento sull’ora della partenza, sul percorso e sul trasferimento di ritorno. “Io ritenni […] di adottare le consigliate precauzioni e rientrai a Roma non privo di apprensione”. Insomma Moro e il Pci temevano, quantomeno, una sterzata autoritaria, un golpe istituzionale che forzasse le regole dettate dalla Costituzione. Nel novembre del 1968 Moro afferma che quella che si sta manifestando “nel profondo è una nuova umanità che vuole farsi, è il moto inarrestabile della storia”. Moro non è un rivoluzionario, ma il più serio, rigoroso e realista dei Dc. “Il meno implicato di tutti”, come disse Pasolini ma al contempo il più addentro, con Andreotti, in segreti e tutele necessarie, imposte dalla situazione nazionale e internazionale. Il più pronto a coprire anche storture gravi ma per cercare di costruire. Un uomo che non chiude gli occhi e condanna, ma che cerca di capire, di colmare il solco immenso che si apre in quei mesi tra chi sfila nelle strade e chi guida la politica. “No, abbiamo capito. Non abbiamo saputo dare ai giovani la sensazione di un nostro impegno per cambiare”. In quel riferimento alla “sensazione” c’è tutto Moro con la sua forza e i limiti. Al Consiglio nazionale del 17 gennaio 1969 Moro lancia per la prima volta la sua formula che condensa la ‘svolta’ politica e programmatica: è la “strategia dell’attenzione” al Pci a cui si risponderà presto nelle piazze e nelle banche. “La situazione che si era creata avrebbe dovuto portare a un colpo di Stato” dice oggi Gerardo D’Ambrosio, il magistrato che di più, insieme a Emilio Alessandrini, indagò sul significato di un reato, la strage di Piazza Fontana, che per sua stessa natura, mancando la “firma” degli autori, ha in sé tutte le spiegazioni del suo scopo politico. Anni prima Giovanni Ventura aveva spiegato con chiarezza a D’Ambrosio la logica e il retroterra dell’azione politico-militare attuata nell’ultima parte del 1969 da vari gruppi della destra estraparlamentare che agitavano lo spauracchio di una uscita dell’Italia dalla Nato come conseguenza del confronto in atto tra Moro e parte della Dc e il Psi e il Pci. “Nonostante io sollecitassi Freda egli non volle darmi ulteriori precisazioni sugli autori e sui finanziatori del piano. Comunque mi fece capire che c’era tutto un retroterra politico-parlamentare che avallava questa strategia, o meglio, che traeva profitto avvantaggiandosene da questa strategia, che non le era sconosciuta. Successivamente, da cartelle informative passatemi da persona di cui non ho voluto fare il nome (in effetti Guido Giannettini, informatore del Sid, NdA), ebbi conferma che gli attentati dell’agosto non erano che il prodromo di altri più grossi attentati, attentati che si erano poi concretizzati in quelli del 12 dicembre 1969; e che così come aveva detto il Freda si inquadravano in una strategia di progressione sul territorio. In altri termini Freda, in occasione degli attentati dell’agosto mi aveva detto che la situazione politica avrebbe potuto trovare uno sbocco nel quadro di una prospettiva di restaurazione, intensificando il programma d’attività terroristica, accompagnato da iniziative dirette a riunire tutti i gruppi aventi per intenzione l’abbattimento delle istituzioni e dell’ordinamento democratico”. La strage è, se la si vuol leggere fino in fondo, un biglietto da visita. Poco più di due mesi dopo la strage, nel febbraio del 1970 il settimanale Panorama, imbeccato da una “fonte autorevolissima” fa una rivelazione: lo Stato sa tutto sulla strage ma non può parlare. Gruppi neofascisti hanno avuto una parte negli attentati di Roma e Milano. Le autorità inquirenti conoscerebbero i nomi e i ruoli avuti negli atti terroristici. Per ora, però, non se ne parla, visto il delicato momento politico e le trattative in corso per la non facile formazione del governo del dopo strage. “Lunedì 16 (febbraio) prendendo la parola sul programma di governo esposto da Rumor, un rappresentante della corrente Dc della Base, l’On. De Poli, disse testualmente: ‘Il governo di centro sinistra che nasce sulle bombe di Milano, che sono bombe di destra, dovrà stabilire nuovi rapporti tra maggioranza e opposizione, soprattutto a salvaguardia del sistema democratico del Paese, esposto a pericoli d’involuzione autoritaria’. Il Presidente del Consiglio non batté ciglio e ugualmente impassibili rimasero alcuni presenti che erano tutti al corrente di voci che circolavano 36 36

insistentemente a proposito di una prossima clamorosa svolta nelle indagini sulle bombe. […] Secondo queste voci, raccolte da fonte autorevolissima anche dai redattori di Panorama, negli attentati avrebbero avuto un ruolo anche individui o piccoli gruppi d’estrema destra (ma non collegati al Msi). Sempre secondo queste indiscrezioni le autorità inquirenti già conoscono i nomi e la parte giocata da ciascuno di essi. Ma l’opportunità di non turbare in questo momento delicato, date le trattative di governo, l’opinione pubblica, avrebbe consigliato di tenere per il momento riservate queste notizie, pur prendendo tutti i provvedimenti pratici necessari ad assicurare alla giustizia i presunti colpevoli”. De Poli altro non è che il legale, veneto, di Guido Lorenzon, l’amico Dc di Giovanni Ventura, l’editore di destra legato a Franco Freda e tramite, grazie alla sua immagine d’editore di sinistra, con i gruppi anarchici e della sinistra estraparlamentare. Lorenzon è colpito da rimorso subito dopo la strage per quanto gli racconta il suo stretto conoscente, Ventura, che fa rivelazioni sulla cellula veneta di Ordine nuovo e sulla scelta strategica delle bombe come arma per costringere il sistema a “forzarsi”, a piegarsi a una superiore esigenza di sicurezza nazionale contro la marea montante – in verità ormai scemata a dicembre – dell’autunno caldo, pericolo evocato, temuto ma anche atteso, per varare l’operazione. L’articolo del settimanale chiama in causa direttamente Presidenza del Consiglio (Rumor) e Viminale (Restivo). De Poli, nel 1972, rivelò che quando prese la parola “volle rammentare a Mariano Rumor, allora Presidente del Consiglio incaricato, che le forze democratiche, nerbo della Resistenza, e i sindacati avrebbero fatto una barriera insormontabile contro ogni tentativo reazionario. Rumor non rispose”. I servizi segreti stilarono una nota, in anticipo sull’uscita del pezzo, a proposito della tesi del settimanale e la Procura di Roma esaminò l’opportunità di denunciare Panorama per “diffusione di notizie false, tendenziose e atte a turbare l’ordine pubblico.” I passaggi,drammatici, di quella lunga crisi di governo successiva alla strage furono ancora molti. Rumor rinunciò all’incarico datogli da Saragat di formare un nuovo governo, così come Moro, dopo una vera e propria congiura in casa Dc giocata sul “segreto della Repubblica’’, un segreto che non è tale, almeno politicamente. L’Unità scrisse il 22 marzo 1970: “All’Italia che esce dall’esperienza dell’autunno caldo, si è cercato di rispondere con un quadripartito, con le minacce di soffocamento anticipato della legislatura, con le proposte di ‘direttorii’ ambigui e velleitari e con una serie di documenti meschini (‘preamboli’, ‘pacchetti’, eccetera)”. Uno scontro senza precedenti di cui si coglie in superficie solo l’allarmatissima preoccupazione del Pci. Quali erano e da chi avrebbero dovuto esser composti i “direttori ambigui” di cui parla il giornale del Pci? Più avanti troveremo un’ipotesi che potrebbe avere un suo fondamento. Alla fine, Rumor ricostituirà uno striminzito e traballante governo, frutto di una serie d’ aspri ricatti, sostanzialmente pubblici, come dimostrano i giornali di quelle settimane. E una affermazione fatta da Armando Cossutta nel novembre del 1998 può aiutare a capire il “sommerso” di quelle drammaticissime settimane quando i giornali di sinistra invitavano al “controllo democratico” visti i rischi che correva la democrazia. Cossutta dà una versione tutta in positivo di un incontro riservato con Saragat, impossibile in quel contesto politico, che induce a ‘leggerla’ in ben altro modo. In quelle settimane il Pci era pronto, con documenti falsi, imbarcazioni e travestimenti a mettere in salvo Saragat nel caso di tentativi eversivi. Cossutta era all’epoca coordinatore della segreteria del Pci e andò da Saragat per esporgli i timori del partito per lo “sferragliar di sciabole dei militari” che potevano portare ad un colpo di Stato. “Se gli avvenimenti prenderanno una piega irreparabile siamo pronti a metterti in salvo – gli dissi – e Saragat allora mi abbracciò”. Così nel nome della democrazia da salvare quell’abbraccio superò “anni di dura polemica che contrapponevano comunisti a socialdemocratici”. Cossutta ha spiegato che è probabile che quel colloquio si sia svolto tra il 3 e il 12 marzo a cavallo del pre-incarico dato a Moro da Saragat. “La data non la ricordo. Era comunque durante una crisi di governo….Potrebbe essere”. L’esponente dell’ex Pci ha aggiunto che il riferimento alle sciabole “fu usato pochi mesi dopo, quando si venne a conoscenza del Piano Solo e del tentativo del golpe Borghese” 51 . In effetti nel 1970 del ‘Piano Solo’ già si sapeva dato 51 “Cossutta rivela, nel ’70 il Pci pronto a mettere in salvo Saragat”, Ansa del 12 novembre 1998 37 37

insistentemente a proposito di una prossima clamorosa svolta nelle indagini sulle bombe. […]<br />

Secondo queste voci, raccolte da fonte autorevolissima anche dai redattori di Panorama, negli<br />

attentati avrebbero avuto un ruolo anche individui o piccoli gruppi d’estrema destra (ma non<br />

collegati al Msi). Sempre secondo queste indiscrezioni le autorità inquirenti già conoscono i nomi e<br />

la parte giocata da ciascuno di essi. Ma l’opportunità di non turbare in questo momento delicato,<br />

date le trattative di governo, l’opinione pubblica, avrebbe consigliato di tenere per il momento<br />

riservate queste notizie, pur prendendo tutti i provvedimenti pratici necessari ad assicurare alla<br />

giustizia i presunti colpevoli”.<br />

De Poli altro non è che il legale, veneto, di Guido Lorenzon, l’amico Dc di Giovanni Ventura,<br />

l’editore di destra legato a Franco Freda e tramite, grazie alla sua immagine d’editore di sinistra,<br />

con i gruppi anarchici e della sinistra estraparlamentare. Lorenzon è colpito da rimorso subito dopo<br />

la strage per quanto gli racconta il suo stretto conoscente, Ventura, che fa rivelazioni sulla cellula<br />

veneta di Ordine nuovo e sulla scelta strategica delle bombe come arma per costringere il sistema a<br />

“forzarsi”, a piegarsi a una superiore esigenza di sicurezza nazionale contro la marea montante – in<br />

verità ormai scemata a dicembre – dell’autunno caldo, pericolo evocato, temuto ma anche atteso,<br />

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Consiglio (Rumor) e Viminale (Restivo).<br />

De Poli, nel 1972, rivelò che quando prese la parola “volle rammentare a Mariano Rumor, allora<br />

Presidente del Consiglio incaricato, che le forze democratiche, nerbo della Resistenza, e i sindacati<br />

avrebbero fatto una barriera insormontabile contro ogni tentativo reazionario. Rumor non rispose”.<br />

I servizi segreti stilarono una nota, in anticipo sull’uscita del pezzo, a proposito della tesi del<br />

settimanale e la Procura di Roma esaminò l’opportunità di denunciare Panorama per “diffusione di<br />

notizie false, tendenziose e atte a turbare l’ordine pubblico.”<br />

I passaggi,drammatici, di quella lunga crisi di governo successiva alla strage furono ancora molti.<br />

Rumor rinunciò all’incarico datogli da Saragat di formare un nuovo governo, così come Moro, dopo<br />

una vera e propria congiura in casa Dc giocata sul “segreto della Repubblica’’, un segreto che non è<br />

tale, almeno politicamente. L’Unità scrisse il 22 marzo 1970: “All’Italia che esce dall’esperienza<br />

dell’autunno caldo, si è cercato di rispondere con un quadripartito, con le minacce di soffocamento<br />

anticipato della legislatura, con le proposte di ‘direttorii’ ambigui e velleitari e con una serie di<br />

documenti meschini (‘preamboli’, ‘pacchetti’, eccetera)”. Uno scontro senza precedenti di cui si<br />

coglie in superficie solo l’allarmatissima preoccupazione del Pci. Quali erano e da chi avrebbero<br />

dovuto esser composti i “direttori ambigui” di cui parla il giornale del Pci? Più avanti troveremo<br />

un’ipotesi che potrebbe avere un suo fondamento.<br />

Alla fine, Rumor ricostituirà uno striminzito e traballante governo, frutto di una serie d’ aspri ricatti,<br />

sostanzialmente pubblici, come dimostrano i giornali di quelle settimane. E una affermazione fatta<br />

da Armando Cossutta nel novembre del 1998 può aiutare a capire il “sommerso” di quelle<br />

drammaticissime settimane quando i giornali di sinistra invitavano al “controllo democratico” visti i<br />

rischi che correva la democrazia. Cossutta dà una versione tutta in positivo di un incontro riservato<br />

con Saragat, impossibile in quel contesto politico, che induce a ‘leggerla’ in ben altro modo. In<br />

quelle settimane il Pci era pronto, con documenti falsi, imbarcazioni e travestimenti a mettere in<br />

salvo Saragat nel caso di tentativi eversivi. Cossutta era all’epoca coordinatore della segreteria del<br />

Pci e andò da Saragat per esporgli i timori del partito per lo “sferragliar di sciabole dei militari” che<br />

potevano portare ad un colpo di Stato. “Se gli avvenimenti prenderanno una piega irreparabile<br />

siamo pronti a metterti in salvo – gli dissi – e Saragat allora mi abbracciò”. Così nel nome della<br />

democrazia da salvare quell’abbraccio superò “anni di dura polemica che contrapponevano<br />

comunisti a socialdemocratici”. Cossutta ha spiegato che è probabile che quel colloquio si sia svolto<br />

tra il 3 e il 12 marzo a cavallo del pre-incarico dato a Moro da Saragat. “La data non la ricordo. Era<br />

comunque durante una crisi di governo….Potrebbe essere”. L’esponente dell’ex Pci ha aggiunto<br />

che il riferimento alle sciabole “fu usato pochi mesi dopo, quando si venne a conoscenza del Piano<br />

Solo e del tentativo del golpe Borghese” 51 . In effetti nel 1970 del ‘Piano Solo’ già si sapeva dato<br />

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