Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia
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A Moro fu consigliato caldamente dal Pci, tramite Tullio Ancora, di avere qualche accorgimento<br />
sull’ora della partenza, sul percorso e sul trasferimento di ritorno. “Io ritenni […] di adottare le<br />
consigliate precauzioni e rientrai a Roma non privo di apprensione”. Insomma Moro e il Pci<br />
temevano, quantomeno, una sterzata autoritaria, un golpe istituzionale che forzasse le regole dettate<br />
dalla Costituzione.<br />
Nel novembre del 1968 Moro afferma che quella che si sta manifestando “nel profondo è una nuova<br />
umanità che vuole farsi, è il moto inarrestabile della storia”. Moro non è un rivoluzionario, ma il più<br />
serio, rigoroso e realista dei Dc.<br />
“Il meno implicato di tutti”, come disse Pasolini ma al contempo il più addentro, con Andreotti, in<br />
segreti e tutele necessarie, imposte dalla situazione nazionale e internazionale. Il più pronto a<br />
coprire anche storture gravi ma per cercare di costruire. Un uomo che non chiude gli occhi e<br />
condanna, ma che cerca di capire, di colmare il solco immenso che si apre in quei mesi tra chi sfila<br />
nelle strade e chi guida la politica. “No, abbiamo capito. Non abbiamo saputo dare ai giovani la<br />
sensazione di un nostro impegno per cambiare”. In quel riferimento alla “sensazione” c’è tutto<br />
Moro con la sua forza e i limiti.<br />
Al Consiglio nazionale del 17 gennaio 1969 Moro lancia per la prima volta la sua formula che<br />
condensa la ‘svolta’ politica e programmatica: è la “strategia dell’attenzione” al Pci a cui si<br />
risponderà presto nelle piazze e nelle banche.<br />
“La situazione che si era creata avrebbe dovuto portare a un colpo di Stato” dice oggi Gerardo<br />
D’Ambrosio, il magistrato che di più, insieme a Emilio Alessandrini, indagò sul significato di un<br />
reato, la strage di Piazza Fontana, che per sua stessa natura, mancando la “firma” degli autori, ha in<br />
sé tutte le spiegazioni del suo scopo politico. Anni prima Giovanni Ventura aveva spiegato con<br />
chiarezza a D’Ambrosio la logica e il retroterra dell’azione politico-militare attuata nell’ultima parte<br />
del 1969 da vari gruppi della destra estraparlamentare che agitavano lo spauracchio di una uscita<br />
dell’Italia dalla Nato come conseguenza del confronto in atto tra Moro e parte della Dc e il Psi e il<br />
Pci. “Nonostante io sollecitassi Freda egli non volle darmi ulteriori precisazioni sugli autori e sui<br />
finanziatori del piano. Comunque mi fece capire che c’era tutto un retroterra politico-parlamentare<br />
che avallava questa strategia, o meglio, che traeva profitto avvantaggiandosene da questa strategia,<br />
che non le era sconosciuta. Successivamente, da cartelle informative passatemi da persona di cui<br />
non ho voluto fare il nome (in effetti Guido Giannettini, informatore del Sid, NdA), ebbi conferma<br />
che gli attentati dell’agosto non erano che il prodromo di altri più grossi attentati, attentati che si<br />
erano poi concretizzati in quelli del 12 dicembre 1969; e che così come aveva detto il Freda si<br />
inquadravano in una strategia di progressione sul territorio. In altri termini Freda, in occasione degli<br />
attentati dell’agosto mi aveva detto che la situazione politica avrebbe potuto trovare uno sbocco nel<br />
quadro di una prospettiva di restaurazione, intensificando il programma d’attività terroristica,<br />
accompagnato da iniziative dirette a riunire tutti i gruppi aventi per intenzione l’abbattimento delle<br />
istituzioni e dell’ordinamento democratico”.<br />
La strage è, se la si vuol leggere fino in fondo, un biglietto da visita.<br />
Poco più di due mesi dopo la strage, nel febbraio del 1970 il settimanale Panorama, imbeccato da<br />
una “fonte autorevolissima” fa una rivelazione: lo Stato sa tutto sulla strage ma non può parlare.<br />
Gruppi neofascisti hanno avuto una parte negli attentati di Roma e Milano. Le autorità inquirenti<br />
conoscerebbero i nomi e i ruoli avuti negli atti terroristici. Per ora, però, non se ne parla, visto il<br />
delicato momento politico e le trattative in corso per la non facile formazione del governo del dopo<br />
strage.<br />
“Lunedì 16 (febbraio) prendendo la parola sul programma di governo esposto da Rumor, un<br />
rappresentante della corrente Dc della Base, l’On. De Poli, disse testualmente: ‘Il governo di centro<br />
sinistra che nasce sulle bombe di Milano, che sono bombe di destra, dovrà stabilire nuovi rapporti<br />
tra maggioranza e opposizione, soprattutto a salvaguardia del sistema democratico del Paese,<br />
esposto a pericoli d’involuzione autoritaria’. Il Presidente del Consiglio non batté ciglio e<br />
ugualmente impassibili rimasero alcuni presenti che erano tutti al corrente di voci che circolavano<br />
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