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Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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(…). E così ora lamentavano l’insostenibilità economica dell’autunno caldo, la necessità di arretrare<br />

nella via delle riforme e magari di dare un giro di vite anche sul terreno politico (…). E’ doveroso<br />

alla fine rilevare che quello della strategia della tensione fu un peridoto di autentica e alta<br />

pericolosità, con il rischio di una deviazione costituzionale che la vigilanza delle masse popolari<br />

fortunatamente non permise…”.<br />

Autentica e alta pericolosità, dice Aldo Moro. Che con quel suo cosiddetta riferita alla strategia<br />

della tensione, forse vuol alludere alla composita presenza di diverse anime e frazioni eversive,<br />

oltranziste e moderate, movimentiste e d’apparato, che Moro aveva ben presenti anche<br />

individualmente e personalmente nella memoria e nell’esperienza. Non c’era, insomma, un unico<br />

regista, un Grande Vecchio, ma esistevano tanti più o meno piccoli e grandi attori di una trama<br />

corale. <strong>Cucchiarelli</strong> racconta anche di come - secondo certi documenti provenienti dai servizi<br />

britannici - lo stesso Moro si fosse prestato qualche anno prima a un compromesso che archiviò per<br />

lunghi anni la pista giudiziaria nera, in cambio del ritiro della minaccia (che sarebbe venuta dal<br />

Quirinale di Saragat) di uno spostamento a destra dell’asse politico di governo e di una fibrillazione<br />

istituzionale.<br />

E’ in ogni caso impressionante come in questi anni si siano accumulati negli archivi giornalistici e<br />

giudiziari una miriade di accenni, allusioni, ammissioni, rivelazioni sul “criptogoverno” di cui<br />

parlava Norberto Bobbio e sugli appoggi internazionali della trama che ha il suo culmine a piazza<br />

Fontana. Allusioni e rivelazioni che provengono da parte di protagonisti e comprimari di quelle<br />

vicende che le vissero dall’interno del sistema politico di governo. Questo libro scava con acribia e<br />

passione dentro questa miniera archivistica, che incredibilmente - pur dopo tanti anni - ci sembra<br />

praticamente intatta sul piano della riflessione storica e politica. Si pensi solo alle sconcertanti<br />

parole e all’analisi, che leggerete, o alcuni di voi - riteniamo pochi - rileggeranno, dell’ex ministro<br />

dell’Interno, <strong>Paolo</strong> Emilio Taviani, che non era un giornalista “pistarolo”. La responsabilità della<br />

strage? Di Ordine Nuovo, collegato con settori dei servizi italiani. Un colonnello del Sid depistò le<br />

indagini a sinistra. A un altro “colonnello” gli esecutori fascisti scapparono di mano, e quello che<br />

doveva essere un botto senza vittime divenne una strage. L’esplosivo? L’ha fornito “un agente nord<br />

americano”. Sembra un film dietrologico, e invece ha lasciato scritta questa sceneggiatura un<br />

importante e autorevole uomo di governo.<br />

Secondo <strong>Cucchiarelli</strong>, nello stesso quadro di un sistema politico paralizzato dalla Guerra Fredda e<br />

dall’esclusione del Pci dal governo, anche la sinistra avrebbe da farsi perdonare silenzi e omissioni<br />

sulla strage e il suo contesto, e questa affermazione farà sicuramente discutere. Molto c’è ancora da<br />

scandagliare. Un punto è certo: come ha scritto Nando Dalla Chiesa, questa vicenda è stata “il più<br />

grandioso laboratorio di impunità giudiziaria” mai concepito nella storia repubblicana. Archiviata<br />

disastrosamente la via giudiziaria alla verità, l’unica strada che rimanga praticabile per dar giustizia<br />

ai diciassette morti di piazza Fontana e alle vittime del fiume di sangue che ne è successivamente<br />

sgorgato è quella indicata da questo libro. Cioè una riflessione politica e una ricerca storica sgombre<br />

da pregiudizi, forse ancora attuabili con l’aiuto dei pochi testimoni che rimangono e attraverso la<br />

rilettura di archivi affastellati e lasciati lì a dormire in un disordine apparentemente casuale, come la<br />

“lettera” del racconto di Edgar Allan Poe, formidabile archetipo letterario di misteri, trame e<br />

depistaggi e di delitti senza colpevoli.<br />

Decisiva sarebbe la disponibilità degli archivi americani, ancora secretati e centellinati per quel che<br />

riguarda la “madre di tutte le stragi” italiane: la rete americana di supporto agli stragisti che era stata<br />

intuita dal giudice Salvini è esistita davvero? Chi la componeva? Che fine hanno fatto gli agenti Usa<br />

di cui si parla nell’inchiesta, quell’agente di cui parlava Taviani? Diciamo che si sa soltanto che<br />

alcuni loro successori - appartenenti alla sede Cia locale - trentacinque anni più tardi hanno<br />

sequestrato e torturato un uomo a Milano, e se ne sono tornati tranquilli a casa.<br />

Trentacinque anni dopo, ne sappiamo qualcosa di più. Sappiamo fondamentalmente che tutto si<br />

tiene: che non può essere un caso se, per esempio, il capo dei “corleonesi” Luciano Liggio venisse<br />

fatto scappare proprio a Milano alla vigilia della strage. Lui stesso dirà in pubblica udienza tanti<br />

anni dopo che “i generali” in quei mesi volevano ribaltare lo Stato, che si rivolsero anche a Cosa<br />

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