Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

misteriditalia.it
from misteriditalia.it More from this publisher
21.06.2013 Views

collocano fuori dall’Italia, indulgenze e connivenze di organi dello Stato e della Dc in alcuni suoi settori”, scrive tra l’altro Moro confermando lo schieramente in campo in quei giorni di dicembre. “Fino a questo momento (1978, NdA) non è stato compiutamente definito a Catanzaro il ruolo (preminente) del Sid e quello (pure esistente) delle forze di Polizia. Ma che questa implicazione ci sia non c’è dubbio”, aggiunge il Presidente della Dc nel carcere delle Br. E subito dopo arriva un ulteriore richiamo alle responsabilità di una parte della Dc, allo scontro che si consumò in quelle ore tra due fronti che per tutto l’anno si erano minacciati, attaccati, studiati preparando le pedine per la battaglia che si riteneva decisiva: quella che si sarebbe giocato in autunno. “Bisogna dire che, anche se con chiaroscuri non ben definiti mancò alla Dc di allora e ai suoi uomini più responsabili sia sul piano politico, sia sul piano amministrativo, un atteggiamento talmente lontano da connivenze e tolleranze da mettere il Partito al di sopra di ogni sospetto. Risulta invece, mi pare soprattutto dopo la strage di Brescia, un atteggiamento di folla fortemente critico e ostile proprio nei confronti di esponenti e personalità di questo orientamento politico, anche se non di essi soli”. Moro sta parlando, senza nominarlo, di Amintore Fanfani, l’altro “cavallo di razza” della Dc. L’allora Presidente del Senato fu fischiato sonoramente durante i funerali delle vittime della strage di Brescia. E per togliere ogni equivoco Moro cita una confidenza fattagli dal collega di partito Salvi. “ Ricordo un episodio che mi colpì molto, anche se mi lasciò piuttosto incredulo. Uscendo dalla Camera tempo dopo i fatti di Piazza Fontana, l’amico On. Salvi, antifascista militante e uomo di grande rettitudine (…) mi comunicò che in ambienti giudiziari di Brescia si parlava di connivenze ed indulgenze deprecabili della Dc e accennava al senatore Fanfani come promotore, sia pure da lontano, della strategia della tensione. Io ebbi francamente una reazione d’incredulità e il Salvi stesso aggiunse che la voce non era stata comprovata, né aveva avuto seguito”. Qualche ulteriore accenno a Fanfani nelle carte riguardanti la “strategia della tensione” c’è, e tutte sono nel segno della “incredula” indicazione che veniva dagli uffici giudiziari di Brescia. Siamo solo e sempre nel campo della politica. Delle scelte di campo, delle indicazioni strategiche, non certamente operative. Citiamo tre elementi. Il primo viene da Giangiacomo Feltrinelli, l’anello di collegamento tra gli anarchici e la sinistra ufficiale, il Pci. L’uomo che doveva fungere, se l’operazione fosse andata per il verso previsto dall’ala oltranzista, da capro espiatorio, da regista con addentellati internazionali capaci da mettere sotto accusa tutta la rete comunista internazionale, e ovviamente i suoi referenti italiani. Un obiettivo costruito nel tempo con un’ampia azione di sobillazione, pressione personale, controllo diretto e indiretto. Feltrinelli si rende irreperibile dalla sera del 6 dicembre, dopo un colloquio avuto con una serie di personaggi rilevanti in città, tra cui uomini del Pci, che lo mettono in guardia che per lui tira una brutta aria a Milano. Da quel momento Feltrinelli entra in una condizione di clandestinità sempre più accentuata e chiusa nella ricerca di un impossibile sogno rivoluzionario. Sul mensile che fonda dopo la strage e che esce nel settembre del 1970 compare un articolo senza firma che molto seccamente sostiene che la sera della strage “sta per scattare l’ordine di arrestare 10.000 persone e uomini politici italiani (Fanfani si vanterà nelle settimane seguenti di aver avuto un ruolo determinante nell’impedire questo vero e proprio colpo di Stato). La sera stessa, nelle settimane e nei mesi seguenti tutto l’apparato repressivo dello Stato è impegnato a dimostrare la tesi degli ‘attentati da sinistra’, la tesi della colpevolezza di Valpreda e c. per coprire i veri responsabili bisognava infatti trovare dei presunti responsabili. E si completa così l’anello fra gli ideatori, organizzatori ed esecutori degli attentati e i complici silenziosi ma indispensabili di un’operazione politica di largo raggio; si chiude l’anello fra le organizzazioni paramilitari di destra, i funzionari del Sid (ex Sifar) e certi ambienti della polizia e della magistratura che seguono più da vicino le indagini sugli attentati.” 22 Quando il leader di An, Stefano Delle Chiaie, arriva in Italia dopo l’arresto, più volte impedito a servizi segreti e polizia da interventi di ‘aiuto’ o di vero e proprio blocco venuti dalla catena di comando politica, una delle prime ‘vetrine’ che gli è offerta è l’appena costituita Commissione monocamerale d’inchiesta sulle stragi che lavora per poche settimane prima dello scioglimento 22 “I problemi del nuovo governo”, Voce Comunista, 1 giugno 1970 22 22

delle Camere. In audizione segreta Delle Chiaie indica tra gli uomini politici più in sintonia politica con il suo movimento proprio Fanfani. Altro elemento che s’intreccia con il 1969 e Fanfani riguarda l’agosto, mese in cui secondo Angelo Vicari è messo in atto uno dei più gravi tentativi di golpe mai predisposti in Italia. Un golpe di cui sappiamo ben poco tranne che Giangiacomo Feltrinelli l’aveva pre annunciato, in giugno, con il suo opuscoletto intitolato proprio “Estate 1969”. Il Pci lo aspettava fin da maggio quando la struttura di sorveglianza interna fu messa in allarme da Armando Cossutta che allora la guidava. In luglio c’è la scissione socialista: i due fronti del socialismo accentuano, per necessità e logica politica, la loro identità. Il Psi guarda strettamente a sinistra, il Psdi cerca di scavalcare a destra la Dc e di divenire l’alfiere di una nuova crociata anticomunista e antifrontista attaccando principalmente la sinistra Dc. In crisi profonda è lo sbocco di un’intera fase del centrosinistra. La sconfitta del maggio ’68 alle politiche da parte dei socialisti, l’emarginazione di Moro, l’accentuarsi del distacco del Pci da Mosca dopo l’invasione della Cecoslovacchia e il congresso del Pci del febbraio del 1969 hanno creato tutte le condizione per uno scontro totale che è politico e ideologico. Si ipotizza che il Pci possa sostenere, dall’esterno, giunte locali con Dc e Psi. Dopo la scissione socialista la crisi esplode in tutta la sua virulenza. Panorama pronostica un prossimo golpe e la Dc impone un monocolore per far decantare la situazione ed anche per risolvere i conti interni. Lo definiscono gli stessi uomini della Dc un governo “allo sbaraglio”. Il primo di agosto L’Unità esce con il titolo a tutta pagina: “Monito del Pci a Rumor e alla Dc a non imboccare la strada del luglio 1960”, cioè del governo Tambroni appoggiato dall’Msi che cadde in conseguenza degli scontri di piazza di Genova. Rumor recepisce e il due c’è un mandato esplorativo al Presidente del Senato Fanfani. Fanfani passa la mano nuovamente a Rumor per un “governo d’attesa”. Mentre Rumor va alle Camere e illustra la sua proposta programmatica nella notte tra l’8 e il 9 agosto esplodono bombe su otto treni. E’ il gruppo Freda e Ventura che parte all’attacco e vuole spingere per approfittare della situazione che appare come unica, risolutiva, assolutamente da non perdere. Quell’autunno caldo, con lo scadere di decine e decine di contratti, che è stato evocato, esaltato e ‘costruito’ come una sorta di ‘ponte sul nulla’, appare come una rivoluzione sociale che può seriamente mettere in difficoltà lo Stato nel suo complesso secondo certi politici. Al ministero del Bilancio siede Giuseppe Caron, Dc veneto, amico di Ventura tanto da fargli da garante con le banche per i prestiti utili ad avviare la sua attività d’editore di sinistra che dialoga con gli extraparlamentari. Moro è agli Esteri, Donat Cattin al Lavoro, Restivo agli Interni e Gui alla Difesa. Il settimanale della sinistra Dc Politica rivela a metà agosto che gli scissionisti del Psdi hanno imposto a Washington il siluramento dell’ambasciatore Usa a Roma Gardener Ackley accusato di non aver creduto alla scissione socialdemocratica e di non averla adeguatamente sostenuta. La notizia del ‘cambio’ era del 5 agosto ma Politica rivela le motivazioni dopo il governo Rumor e le bombe sui treni. Ackley “vissuto nel nostro Paese con gli occhi aperti, sembra si fosse convinto che i problemi italiani sono abbastanza seri e profondi perché una scissione di socialdemocratici, superficiale, demagogica, grossolana, potesse bastare ad affrontarli e soprattutto a tranquillizzare certi ambienti del Dipartimento di Stato. Bisogna essere semplicisti come sanno esserlo certe volte gli americani, per credere che un pugno di socialdemocratici possano bastare a mettere l’Italia, una volta per tutte, al riparo da quella che alcuni funzionari del Dipartimento di Stato continuano a temere come la minaccia comunista”. 23 All’inizio dell’estate Giuseppe Saragat, attraverso un suo uomo di fiducia fa sapere al numero due dell’ambasciata americana a Roma, Wells Stabler, che gradirebbe come ambasciatore a Roma, l’ex addetto alle questioni economiche Henry Tasca. Stabler fa capire che la casa Bianca non gradirebbe una tale intromissione e la cosa finisce lì ma Ackley lascia Roma il 27 agosto. Il 6 settembre arriva a Roma l’ex giornalista ed ex colonnello dell’esercito Graham A. Martin nettamente contrario al centrosinistra, come Kissinger 24 . Il Dipartimento di stato Usa è diviso tra gli uomini che seguono il 23 “L’ambasciatore Usa silurato per iniziativa degli scissionisti”, L’Unità, 19 agosto 1969 24 “Isolando i comunisti, l’apertura a sinistra fece del Pci l’unica forza d’ opposizione. E distruggendo i partiti democratici minori, l’esperimento privò il sistema politico italiano 23 23

collocano fuori dall’Italia, indulgenze e connivenze di organi dello Stato e della Dc in alcuni suoi<br />

settori”, scrive tra l’altro Moro confermando lo schieramente in campo in quei giorni di dicembre.<br />

“Fino a questo momento (1978, NdA) non è stato compiutamente definito a Catanzaro il ruolo<br />

(preminente) del Sid e quello (pure esistente) delle forze di Polizia. Ma che questa implicazione ci<br />

sia non c’è dubbio”, aggiunge il Presidente della Dc nel carcere delle Br.<br />

E subito dopo arriva un ulteriore richiamo alle responsabilità di una parte della Dc, allo scontro che<br />

si consumò in quelle ore tra due fronti che per tutto l’anno si erano minacciati, attaccati, studiati<br />

preparando le pedine per la battaglia che si riteneva decisiva: quella che si sarebbe giocato in<br />

autunno. “Bisogna dire che, anche se con chiaroscuri non ben definiti mancò alla Dc di allora e ai<br />

suoi uomini più responsabili sia sul piano politico, sia sul piano amministrativo, un atteggiamento<br />

talmente lontano da connivenze e tolleranze da mettere il Partito al di sopra di ogni sospetto.<br />

Risulta invece, mi pare soprattutto dopo la strage di Brescia, un atteggiamento di folla fortemente<br />

critico e ostile proprio nei confronti di esponenti e personalità di questo orientamento politico,<br />

anche se non di essi soli”. Moro sta parlando, senza nominarlo, di Amintore Fanfani, l’altro<br />

“cavallo di razza” della Dc. L’allora Presidente del Senato fu fischiato sonoramente durante i<br />

funerali delle vittime della strage di Brescia. E per togliere ogni equivoco Moro cita una confidenza<br />

fattagli dal collega di partito Salvi. “ Ricordo un episodio che mi colpì molto, anche se mi lasciò<br />

piuttosto incredulo. Uscendo dalla Camera tempo dopo i fatti di Piazza Fontana, l’amico On. Salvi,<br />

antifascista militante e uomo di grande rettitudine (…) mi comunicò che in ambienti giudiziari di<br />

Brescia si parlava di connivenze ed indulgenze deprecabili della Dc e accennava al senatore Fanfani<br />

come promotore, sia pure da lontano, della strategia della tensione. Io ebbi francamente una<br />

reazione d’incredulità e il Salvi stesso aggiunse che la voce non era stata comprovata, né aveva<br />

avuto seguito”. Qualche ulteriore accenno a Fanfani nelle carte riguardanti la “strategia della<br />

tensione” c’è, e tutte sono nel segno della “incredula” indicazione che veniva dagli uffici giudiziari<br />

di Brescia. Siamo solo e sempre nel campo della politica. Delle scelte di campo, delle indicazioni<br />

strategiche, non certamente operative. Citiamo tre elementi. Il primo viene da Giangiacomo<br />

Feltrinelli, l’anello di collegamento tra gli anarchici e la sinistra ufficiale, il Pci. L’uomo che doveva<br />

fungere, se l’operazione fosse andata per il verso previsto dall’ala oltranzista, da capro espiatorio,<br />

da regista con addentellati internazionali capaci da mettere sotto accusa tutta la rete comunista<br />

internazionale, e ovviamente i suoi referenti italiani. Un obiettivo costruito nel tempo con un’ampia<br />

azione di sobillazione, pressione personale, controllo diretto e indiretto. Feltrinelli si rende<br />

irreperibile dalla sera del 6 dicembre, dopo un colloquio avuto con una serie di personaggi rilevanti<br />

in città, tra cui uomini del Pci, che lo mettono in guardia che per lui tira una brutta aria a Milano. Da<br />

quel momento Feltrinelli entra in una condizione di clandestinità sempre più accentuata e chiusa<br />

nella ricerca di un impossibile sogno rivoluzionario. Sul mensile che fonda dopo la strage e che esce<br />

nel settembre del 1970 compare un articolo senza firma che molto seccamente sostiene che la sera<br />

della strage “sta per scattare l’ordine di arrestare 10.000 persone e uomini politici italiani (Fanfani si<br />

vanterà nelle settimane seguenti di aver avuto un ruolo determinante nell’impedire questo vero e<br />

proprio colpo di Stato). La sera stessa, nelle settimane e nei mesi seguenti tutto l’apparato<br />

repressivo dello Stato è impegnato a dimostrare la tesi degli ‘attentati da sinistra’, la tesi della<br />

colpevolezza di Valpreda e c. per coprire i veri responsabili bisognava infatti trovare dei presunti<br />

responsabili. E si completa così l’anello fra gli ideatori, organizzatori ed esecutori degli attentati e i<br />

complici silenziosi ma indispensabili di un’operazione politica di largo raggio; si chiude l’anello fra<br />

le organizzazioni paramilitari di destra, i funzionari del Sid (ex Sifar) e certi ambienti della polizia e<br />

della magistratura che seguono più da vicino le indagini sugli attentati.” 22<br />

Quando il leader di An, Stefano Delle Chiaie, arriva in Italia dopo l’arresto, più volte impedito a<br />

servizi segreti e polizia da interventi di ‘aiuto’ o di vero e proprio blocco venuti dalla catena di<br />

comando politica, una delle prime ‘vetrine’ che gli è offerta è l’appena costituita Commissione<br />

monocamerale d’inchiesta sulle stragi che lavora per poche settimane prima dello scioglimento<br />

22 “I problemi del nuovo governo”, Voce Comunista, 1 giugno 1970<br />

22<br />

22

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!