Paolo Cucchiarelli - Misteri d'Italia

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21.06.2013 Views

nome e un cognome e cioè Nino Sottosanti, l’uomo che pranzò con Pino Pinelli quel 12 dicembre chiedendogli insistentemente di venire in centro. Ancora una volta i magistrati non gliel’hanno fatta a penetrare nel mistero degli ultimi 100 metri e cioè chi abbia collocato in effetti la borsa con la bomba assassina, come se esistesse ancora un livello indicibile e non scandagliabile che cementa il silenzio di tutti attorno a quei metri e all’esplosione. Il sosia e il suo ruolo nella operazione militare trova un ulteriore riscontro da quello che emerge dall'archivio ‘dimenticato’ - più giusto sarebbe scrivere ‘occulto’ o quantomeno accantonato - di Via Appia dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale (di fatto il ‘cuore’ del controllo politico su polizia e, in molti casi, magistratura), rinvenuto dal consulente del giudice Salvini, Aldo Giannuli, grazie al quale sono divenute accessibili molte carte che i magistrati non avevano mai potuto vedere. Tra le altre quelle che indicano un ruolo operativo per Sottosanti, secondo la principale fonte che la polizia e il Viminale avevano tra gli anarchici e cioè Enrico Rovelli, la fonte “Anna Bolena”, successivamente importante manager musicale, ma all'epoca “orecchio” dello Stato tra gli anarchici. E’ da quelle carte scoperte da Giannuli che emerge anche l'attività di una vera e propria struttura 'parallela' del Viminale nelle principali questure italiane. Si trattava di squadre non ufficiali che filtravano in partenza e in arrivo le notizie verso magistrati e che rappresentavano il terminale politico del ministero nelle questure. Di fatto in tutti i capoluoghi di regione, in uffici privati, erano dislocate, tra il 1950 e il 1984, strutture miste di polizia da cui dipendevano civili, per lo più infiltrati, che operavano alla diretta dipendenza dell'ufficio sicurezza del ministero dell'Interno e da quello che ne rappresentava il ‘cervello’ e cioè l'ufficio Affari riservati. Queste strutture periferiche “parallele” raccoglievano notizie, infiltravano gruppi estremisti, operavano autonome indagini rispetto all'attività giudiziaria ufficiale: tutto era inviato al “centro” dove le notizie e i dati erano vagliati e ‘corretti’, se necessario. Successivamente i rapporti ritornavano in periferia o erano trasmessi, nella versione determinata dagli uffici del Viminale, alla magistratura. Fu per esempio una squadra di questa struttura parallela del Viminale (la 54), dopo l’immediata segnalazione di Rovelli, che indicò la pista anarchica e la responsabilità di Pietro Valpreda. Un sosia per attribuire la responsabilità a Valpreda, in particolare. Un primo ‘doppione’ di una storia con tante realtà parallele. Rimane però senza risposta la parte più complessa dell’operazione: cioè quale fosse il ‘gancio’ che doveva permettere di ‘arpionare’ gli anarchici e, tramite loro, arrivare a quello che era il vero obiettivo politico di tutta la vicenda di quel dicembre, Giangiacomo Feltrinelli. Il gruppo di Ordine Nuovo del Veneto, secondo le carte dell’ultima inchiesta, cercherà di riprendere l’operazione non riuscita il 12 dicembre almeno altre due volte nei mesi successivi: cercando di collocare alcuni dei timer residui del lotto omicida in una villa dell’editore per poi farli ritrovare e ipotizzando di rapirlo in Austria per consegnarlo, impacchettato e munito dei timer, in qualche parte oltre il confine italiano. Dall’archivio di Via Appia emerge anche la storia di un servizio segreto semi-clandestino, creato nel 1948 con uomini di Salò, generali badogliani, faccendieri, imprenditori, ecc.; una struttura che ha ucciso, controllato il traffico d’ armi, di petrolio, gestito affari e politiche economiche ‘paralelle’ e che era, non ufficialmente, alle dipendenze della Presidenza del Consiglio. E’ stato grazie all’inchiesta Salvini che il cosiddetto “noto servizio”, questa la definizione ‘di copertura’, ha assunto dei connotati rilevanti per capire passaggi importanti della recente storia: dalla fuga di Herbert Kappler, alla vicenda Moro, al sequestro dell’assessore dc Ciro Cirillo con relativo pagamento del riscatto alle Br, solo per citare alcuni dei fatti in cui certamente la struttura è coinvolta. Il nome effettivo della struttura era “l’Anello” – congiunzione tra i vecchi servizi e quelli che la Repubblica voleva costituire – e non è escluso che questo servizio ‘parallelo’ che ha attraversato i sotterranei della storia d’Italia abbia avuto un ruolo anche in Piazza Fontana. 10 10

Certamente entra nei depistaggi attuati per far ricadere le responsabilità sugli anarchici. “L’Anello” ha uomini coinvolti nella vicenda e basi in prossimità di Piazza Fontana. Ed era specializzato in omicidi mascherati da morte naturale e da finti incidenti stradali. Più in grande, si occupava dell’economia parallela del petrolio, che serviva a finanziare le forze politiche più “affidabili” e sinceramente anticomuniste. Tra il 1975 e il 1976 “l’Anello” si dà da fare addirittura per far nascere una nuova Dc, in grado di contrastare l’apertura a sinistra preparata da Aldo Moro: è la breve avventura del Nuovo Partito Popolare (Npp), che divenne poi l’oggetto principale, con riferimenti alle forniture militari alla Libia, di un famoso dossier segreto, chiamato “Mi.Fo.Biali”, oggetto di ricatti trasversali che coinvolsero anche il direttore di Op Mino Pecorelli e che è costato una dura condanna al capo del reparto ‘D’ del Sid, Gianadelio Maletti. “L’Anello”, nella sua lunga storia, ha avuto una diretta forma di dipendenza dalle istituzioni politiche, a cominciare dalla presidenza del Consiglio. 9 I) L’ ‘inutile’ inchiesta di Guido Salvini La storia di questo complesso percorso verso una verità giudiziaria a lungo cercata ma alla fine inutile, disattesa, in sede processuale si è snodata dal gennaio 1986 al giugno del 2001, attraverso le due tranche dell’inchiesta del magistrato milanese Guido Salvini, condotte con il vecchio rito, e quella sviluppata con il nuovo rito da Grazia Pradella e da Massimo. Una storia intessuta di scontri molto duri, intuizioni, invidie, piccoli trucchi, grandi polemiche e vere e proprie intimidazioni. Fax degli investigatori intercettati dall’ambasciata Usa, progetti d’attentato verso gli stessi, polemiche artificiose sui giornali. Se si tiene conto dei soli risultati documentali e di analisi raggiunti - visto il vero e proprio ‘percorso di guerra’ attraversato per giungere al deposito delle due sentenze-ordinanze - la più rilevante novità delle inchieste condotte da Salvini sulla eversione di destra in Lombardia negli anni della strategia del golpe (1969-1974), è quella di averle concluse dopo oltre 10 anni di lavoro, aprendo la strada non a delle condanne penali ma certamente ad una visione più realistica, complessa e completa di quanto avvenne in quegli anni. Alla fine è stato assolto anche il gruppo di Ordine Nuovo accusato dai Pm di aver ‘pilotato’ il sedicente anarchico Gianfranco Bertoli, cioè colui che attentò nel 1973 a Mariano Rumor, Presidente del Consiglio nel dicembre del 1969, giusto un anno dopo l'uccisione del commissario Luigi Calabresi nel corso di una cerimonia commemorativa alla questura di Milano. On rimane l’esecutore della strage ma sono stati assolti i militanti indicati nell’inchiesta. I giudici affermano che “è ragionevole e corrispondente ad una valutazione logica dei dati di fatto accertati” ritenere “probabile” che la strage sia stata decisa e organizzata proprio “dal gruppo ordinovista facente capo a Maggi”. 10 Come Piazza Fontana dove la matrice di On non è stata smentita dal giudizio della Cassazione. Bertoli, secondo l’accusa, doveva uccidere Mariano Rumor per vendicare il mancato appoggio politico, la non proclamazione dello stato di emergenza subito dopo il 12 dicembre, che avrebbe innescato la svolta autoritaria e per cementare in un patto di connivenza tutta un’ala della Dc, del Msi, del Psdi, gruppi industriali e dei servizi segreti che avevano promesso appoggi e coperture alla operazione politico-militare. Aver ribaltato quell’iniziale condanna, ha fatto venir meno la spiegazione logica del perché On odiasse la Dc veneta e soprattutto il suo maggior leader all’epoca, Mariano Rumor. L’assoluzione per chi ‘manipolò’ Bertoli - sul banco c’erano Carlo Maria Maggi, Francesco Neami e Giorgio Boffelli, del gruppo ordinovista veneto – dopo la strage del dicembre del 1969 rende ancor più monca, assolutamente inspiegabile, tutta la questione. Né si può sostenere che On odiasse Rumor per aver avallato la proposta di Paolo Emilio Taviani di sciogliere il gruppo 9 Sulla questione vedi in particolare l’inchiesta comparsa su Diario, “Aldo Moro e il signore dell’Anello”, di Paolo Cucchiarelli, 29 maggio 2003,n.20. 10 “Strage Questura: giudici, assolti ma matrice fascista”, Ansa del 9 maggio 2005. 11 11

nome e un cognome e cioè Nino Sottosanti, l’uomo che pranzò con Pino Pinelli quel 12 dicembre<br />

chiedendogli insistentemente di venire in centro. Ancora una volta i magistrati non gliel’hanno fatta<br />

a penetrare nel mistero degli ultimi 100 metri e cioè chi abbia collocato in effetti la borsa con la<br />

bomba assassina, come se esistesse ancora un livello indicibile e non scandagliabile che cementa il<br />

silenzio di tutti attorno a quei metri e all’esplosione.<br />

Il sosia e il suo ruolo nella operazione militare trova un ulteriore riscontro da quello che emerge<br />

dall'archivio ‘dimenticato’ - più giusto sarebbe scrivere ‘occulto’ o quantomeno accantonato - di<br />

Via Appia dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale (di fatto il ‘cuore’ del controllo politico su<br />

polizia e, in molti casi, magistratura), rinvenuto dal consulente del giudice Salvini, Aldo Giannuli,<br />

grazie al quale sono divenute accessibili molte carte che i magistrati non avevano mai potuto<br />

vedere. Tra le altre quelle che indicano un ruolo operativo per Sottosanti, secondo la principale<br />

fonte che la polizia e il Viminale avevano tra gli anarchici e cioè Enrico Rovelli, la fonte “Anna<br />

Bolena”, successivamente importante manager musicale, ma all'epoca “orecchio” dello Stato tra gli<br />

anarchici.<br />

E’ da quelle carte scoperte da Giannuli che emerge anche l'attività di una vera e propria struttura<br />

'parallela' del Viminale nelle principali questure italiane. Si trattava di squadre non ufficiali che<br />

filtravano in partenza e in arrivo le notizie verso magistrati e che rappresentavano il terminale<br />

politico del ministero nelle questure.<br />

Di fatto in tutti i capoluoghi di regione, in uffici privati, erano dislocate, tra il 1950 e il 1984,<br />

strutture miste di polizia da cui dipendevano civili, per lo più infiltrati, che operavano alla diretta<br />

dipendenza dell'ufficio sicurezza del ministero dell'Interno e da quello che ne rappresentava il<br />

‘cervello’ e cioè l'ufficio Affari riservati. Queste strutture periferiche “parallele” raccoglievano<br />

notizie, infiltravano gruppi estremisti, operavano autonome indagini rispetto all'attività giudiziaria<br />

ufficiale: tutto era inviato al “centro” dove le notizie e i dati erano vagliati e ‘corretti’, se necessario.<br />

Successivamente i rapporti ritornavano in periferia o erano trasmessi, nella versione determinata<br />

dagli uffici del Viminale, alla magistratura.<br />

Fu per esempio una squadra di questa struttura parallela del Viminale (la 54), dopo l’immediata<br />

segnalazione di Rovelli, che indicò la pista anarchica e la responsabilità di Pietro Valpreda.<br />

Un sosia per attribuire la responsabilità a Valpreda, in particolare. Un primo ‘doppione’ di una<br />

storia con tante realtà parallele.<br />

Rimane però senza risposta la parte più complessa dell’operazione: cioè quale fosse il ‘gancio’ che<br />

doveva permettere di ‘arpionare’ gli anarchici e, tramite loro, arrivare a quello che era il vero<br />

obiettivo politico di tutta la vicenda di quel dicembre, Giangiacomo Feltrinelli. Il gruppo di Ordine<br />

Nuovo del Veneto, secondo le carte dell’ultima inchiesta, cercherà di riprendere l’operazione non<br />

riuscita il 12 dicembre almeno altre due volte nei mesi successivi: cercando di collocare alcuni dei<br />

timer residui del lotto omicida in una villa dell’editore per poi farli ritrovare e ipotizzando di rapirlo<br />

in Austria per consegnarlo, impacchettato e munito dei timer, in qualche parte oltre il confine<br />

italiano.<br />

Dall’archivio di Via Appia emerge anche la storia di un servizio segreto semi-clandestino, creato<br />

nel 1948 con uomini di Salò, generali badogliani, faccendieri, imprenditori, ecc.; una struttura che<br />

ha ucciso, controllato il traffico d’ armi, di petrolio, gestito affari e politiche economiche ‘paralelle’<br />

e che era, non ufficialmente, alle dipendenze della Presidenza del Consiglio. E’ stato grazie<br />

all’inchiesta Salvini che il cosiddetto “noto servizio”, questa la definizione ‘di copertura’, ha<br />

assunto dei connotati rilevanti per capire passaggi importanti della recente storia: dalla fuga di<br />

Herbert Kappler, alla vicenda Moro, al sequestro dell’assessore dc Ciro Cirillo con relativo<br />

pagamento del riscatto alle Br, solo per citare alcuni dei fatti in cui certamente la struttura è<br />

coinvolta. Il nome effettivo della struttura era “l’Anello” – congiunzione tra i vecchi servizi e quelli<br />

che la Repubblica voleva costituire – e non è escluso che questo servizio ‘parallelo’ che ha<br />

attraversato i sotterranei della storia d’Italia abbia avuto un ruolo anche in Piazza Fontana.<br />

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