Capitolo 46

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21.06.2013 Views

CAPITOLO 46 Massimo Cristaldi Gianluca M. Sampietro ANATOMIA Colon Cieco e appendice Colon ascendente e flessura epatica Colon trasverso Flessura splenica Colon discendente e colon sigmoideo Retto Vascolarizzazione del colon FISIOLOGIA Ricircolo dei nutrienti Assorbimento Secrezione Motilità Formazione delle feci Defecazione STUDI DIAGNOSTICI Radiografia dell’addome senza mezzo di contrasto Clisma opaco Endoscopia Studio del transito colico Scintigrafia Defecografia Tomografia assiale computerizzata (TAC) Ecografia addominale Ecografia endorettale Risonanza magnetica Colonscopia virtuale Test ano-rettali ANATOMIA Colon Colon e retto Il colon, o grosso intestino, si estende dalla valvola ileociecale all’ano e si divide in cinque segmenti principali. In senso cranio caudale questi segmenti sono: il colon destro, trasverso, sinistro, sigmoideo e il retto. La flessura epatica separa il colon destro dal trasverso mentre la flessura splenica il colon trasverso dal sinistro. Sebbene la lunghezza media del colon totale sia relativamente costante (da 135 a 150 cm), la localizzazione delle sue divisioni anatomiche varia da persona a persona. Infatti esistono delle chiare differenze nell’anatomia del colon nell’ambito dei diversi gruppi etnici 222 .Il chirurgo è chiamato a svolgere un gran numero di procedure chirurgiche per il trattamento dei pazienti affetti da patologie a carico del colon-retto. Il decorso postoperatorio favorevole è largamente dipendente dalla † Deceduto. Rolando H. Rolandelli • Joel J. Roslyn † Analisi delle feci PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO Metodi meccanici Antibiotici PROCEDURE CHIRURGICHE Colectomia Proctectomia Ripristino della continuità intestinale dopo resezione Esteriorizzazione dell’intestino Suturatrici meccaniche Tecniche laparoscopiche MALATTIA DIVERTICOLARE Eziopatogenesi Patologia Presentazione clinica Diverticolite Diagnosi differenziale Indicazioni alla chirurgia Opzioni chirurgiche per il trattamento delle complicanze della malattia diverticolare VOLVOLO Volvolo ciecale Volvolo sigmoideo Trattamento conservativo Trattamento chirurgico COLITE ULCEROSA Eziopatogenesi Patologia Presentazione clinica Diagnosi Diagnosi differenziale Trattamento conservativo Trattamento chirurgico NEOPLASIE BENIGNE Sequenza adenoma-carcinoma Mutazioni genetiche nella carcinogenesi colo-rettale Modificazioni genetiche nelle neoplasie insorte in pazienti con colite ulcerosa Polipi colo-rettali Sindromi polipoidi Presentazione clinica Diagnosi differenziale Opzioni chirurgiche nella poliposi adenomatosa familiare NEOPLASIE MALIGNE Cancro colo-rettale non polipoide ereditario (CCENP) Cancro colo-rettale conoscenza e corretta valutazione che il chirurgo possiede dell’anatomia del colon e delle sue possibili variazioni. Il colon origina nel quadrante inferiore destro e decorre a guisa di ferro di cavallo attraversando l’addome superiore, verso il basso nel quadrante inferiore sinistro ed infine nel contesto della pelvi (Fig. 46-1). I suoi rapporti anatomici con gli organi intra e retroperitoneali sono molto importanti per il chirurgo nella pianificazione ed esecuzione degli interventi chirurgici sul colon. Sebbene il colon sia genericamente considerato un organo intraperitoneale, i suoi segmenti ascendente e discendente, frequentemente ancorati al retroperitoneo, per parte della loro circonferenza vanno considerati come retroperitoneali. Un meso più lungo permette al colon trasverso di disporsi liberamente nell’addome a seconda della posizione, raggiungendo anche l’addome inferiore. Durante l’embriogenesi il colon ruota in senso antiorario intorno all’asse dell’arteria mesenterica superiore (SMA). Il cieco migra dal quadrante superiore sinistro verso il quadrante inferiore destro. Anomalie di sviluppo possono insorgere nei casi in cui il cieco arre- 929

CAPITOLO <strong>46</strong><br />

Massimo Cristaldi<br />

Gianluca M. Sampietro<br />

ANATOMIA<br />

Colon<br />

Cieco e appendice<br />

Colon ascendente e flessura epatica<br />

Colon trasverso<br />

Flessura splenica<br />

Colon discendente e colon sigmoideo<br />

Retto<br />

Vascolarizzazione del colon<br />

FISIOLOGIA<br />

Ricircolo dei nutrienti<br />

Assorbimento<br />

Secrezione<br />

Motilità<br />

Formazione delle feci<br />

Defecazione<br />

STUDI DIAGNOSTICI<br />

Radiografia dell’addome senza mezzo<br />

di contrasto<br />

Clisma opaco<br />

Endoscopia<br />

Studio del transito colico<br />

Scintigrafia<br />

Defecografia<br />

Tomografia assiale computerizzata (TAC)<br />

Ecografia addominale<br />

Ecografia endorettale<br />

Risonanza magnetica<br />

Colonscopia virtuale<br />

Test ano-rettali<br />

ANATOMIA<br />

Colon<br />

Colon e retto<br />

Il colon, o grosso intestino, si estende dalla valvola ileociecale all’ano<br />

e si divide in cinque segmenti principali. In senso cranio caudale<br />

questi segmenti sono: il colon destro, trasverso, sinistro, sigmoideo e<br />

il retto. La flessura epatica separa il colon destro dal trasverso mentre<br />

la flessura splenica il colon trasverso dal sinistro. Sebbene la lunghezza<br />

media del colon totale sia relativamente costante (da 135 a<br />

150 cm), la localizzazione delle sue divisioni anatomiche varia da<br />

persona a persona. Infatti esistono delle chiare differenze nell’anatomia<br />

del colon nell’ambito dei diversi gruppi etnici 222 .Il chirurgo è<br />

chiamato a svolgere un gran numero di procedure chirurgiche per il<br />

trattamento dei pazienti affetti da patologie a carico del colon-retto.<br />

Il decorso postoperatorio favorevole è largamente dipendente dalla<br />

† Deceduto.<br />

Rolando H. Rolandelli • Joel J. Roslyn †<br />

Analisi delle feci<br />

PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO<br />

CHIRURGICO<br />

Metodi meccanici<br />

Antibiotici<br />

PROCEDURE CHIRURGICHE<br />

Colectomia<br />

Proctectomia<br />

Ripristino della continuità intestinale<br />

dopo resezione<br />

Esteriorizzazione dell’intestino<br />

Suturatrici meccaniche<br />

Tecniche laparoscopiche<br />

MALATTIA DIVERTICOLARE<br />

Eziopatogenesi<br />

Patologia<br />

Presentazione clinica<br />

Diverticolite<br />

Diagnosi differenziale<br />

Indicazioni alla chirurgia<br />

Opzioni chirurgiche per il trattamento<br />

delle complicanze della malattia<br />

diverticolare<br />

VOLVOLO<br />

Volvolo ciecale<br />

Volvolo sigmoideo<br />

Trattamento conservativo<br />

Trattamento chirurgico<br />

COLITE ULCEROSA<br />

Eziopatogenesi<br />

Patologia<br />

Presentazione clinica<br />

Diagnosi<br />

Diagnosi differenziale<br />

Trattamento conservativo<br />

Trattamento chirurgico<br />

NEOPLASIE BENIGNE<br />

Sequenza adenoma-carcinoma<br />

Mutazioni genetiche nella<br />

carcinogenesi colo-rettale<br />

Modificazioni genetiche nelle<br />

neoplasie insorte in pazienti<br />

con colite ulcerosa<br />

Polipi colo-rettali<br />

Sindromi polipoidi<br />

Presentazione clinica<br />

Diagnosi differenziale<br />

Opzioni chirurgiche nella poliposi<br />

adenomatosa familiare<br />

NEOPLASIE MALIGNE<br />

Cancro colo-rettale non polipoide<br />

ereditario (CCENP)<br />

Cancro colo-rettale<br />

conoscenza e corretta valutazione che il chirurgo possiede dell’anatomia<br />

del colon e delle sue possibili variazioni.<br />

Il colon origina nel quadrante inferiore destro e decorre a guisa di<br />

ferro di cavallo attraversando l’addome superiore, verso il basso nel<br />

quadrante inferiore sinistro ed infine nel contesto della pelvi (Fig.<br />

<strong>46</strong>-1). I suoi rapporti anatomici con gli organi intra e retroperitoneali<br />

sono molto importanti per il chirurgo nella pianificazione ed<br />

esecuzione degli interventi chirurgici sul colon. Sebbene il colon sia<br />

genericamente considerato un organo intraperitoneale, i suoi segmenti<br />

ascendente e discendente, frequentemente ancorati al retroperitoneo,<br />

per parte della loro circonferenza vanno considerati come<br />

retroperitoneali. Un meso più lungo permette al colon trasverso di<br />

disporsi liberamente nell’addome a seconda della posizione, raggiungendo<br />

anche l’addome inferiore.<br />

Durante l’embriogenesi il colon ruota in senso antiorario intorno<br />

all’asse dell’arteria mesenterica superiore (SMA). Il cieco migra dal<br />

quadrante superiore sinistro verso il quadrante inferiore destro.<br />

Anomalie di sviluppo possono insorgere nei casi in cui il cieco arre-<br />

929


930 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-1. Anatomia del colon e del retto: visione coronale. Nella figura vengono<br />

illustrate le differenze nei diametri del colon destro e sinistro, la più alta localizzazione<br />

della flessura splenica rispetto a quella epatica e la localizzazione<br />

extraperitoneale del retto nella pelvi. Inoltre, le due maggiori fonti di irrorazione<br />

del colon rappresentate dall’ arteria mesenterica superiore che irrora il colon destro<br />

attraverso i rami dell’arteria colica destra e media e l’arteria mesenterica inferiore<br />

che si divide nei rami colici di sinistra e l’arteria emorroidaria superiore.<br />

Entrambi i sistemi vascolari si anastomizzano attraverso l’arcata di Riolano e<br />

l’arteria marginale di Drummond.<br />

sta la sua rotazione. Negli individui in cui vi sia una incompleta rotazione,<br />

o malrotazione, il cieco può localizzarsi nel quadrante addominale<br />

superiore destro o sinistro. Sebbene questo tipo di malposizione<br />

non abbia una influenza diretta sulla normale funzione dell’intestino,<br />

può favorire la formazione di volvoli ciecali e può rendere<br />

difficoltosa la diagnosi di un’appendicite acuta che risulterebbe altrimenti<br />

clinicamente inequivocabile.<br />

Il colon, al disotto della sierosa presenta alcuni strati di muscolatura<br />

circolare come il piccolo intestino, ma lo strato più esterno di muscolatura<br />

longitudinale si presenta ben distinto. Questo strato muscolare<br />

longitudinale situato esternamente è costituito da tre cordoni reciprocamente<br />

separati, le teniae coli,che danno al colon il suo caratteristico<br />

aspetto. A livello della giunzione retto-sigma le teniae generalmente<br />

si fondono fra di loro e vanno a costituire uno strato muscolare<br />

longitudinale omogeneo che si osserva a livello del retto. Lo stato di<br />

contrazione delle teniae coli è ciò che determina le protrusioni della<br />

parete, altrimenti dette haustra.Diversamente dalle valvole conniventi<br />

del piccolo intestino, le haustra circondano solo parzialmente il colon.<br />

Il loro ruolo fisiologico è rimasto per molto tempo incerto sino a<br />

quando uno studio ha dimostrato che la presenza di questi setti facilita<br />

il rimescolamento del contenuto intestinale e la progressione dei<br />

contenuti solidi e liquidi attraverso il colon 48 .Il loro aspetto radiografico<br />

è del tutto caratteristico e permette una chiara distinzione del colon<br />

normale da quello anormale o dal piccolo intestino. La terza macroscopica<br />

caratteristica, unica del colon, è costituita dalla presenza<br />

delle appendici epiploiche, che rappresentano una estensione del tessuto<br />

adiposo peritoneale al bordo antimesenterico del colon.<br />

Cieco e appendice<br />

La valvola ileociecale è uno sfintere localizzato alla giunzione dell’ileo<br />

terminale e del cieco. Esso è il risultato della fusione degli strati<br />

muscolari circolari del cieco e dell’ileo ed ha funzione sfinteriale al fine<br />

di prevenire il reflusso del contenuto intestinale dal cieco indietro<br />

verso l’ileo terminale. Sebbene non sia così bene sviluppata come a<br />

questo livello, esiste un meccanismo sfinteriale anche a livello della<br />

giunzione cieco-colica. Questa valvola cieco-colica è stata studiata in<br />

vivo attraverso la colonscopia e ex vivo nei pezzi chirurgici asportati<br />

dopo stimolazione farmacologica. Questi studi hanno dimostrato<br />

che nell’uomo la valvola cieco-colica è provvista di morfologia e funzione<br />

sfinteriale. Il cieco, isolato fra i due sfinteri, diviene una sorta<br />

di camera di fermentazione equivalente al rumine presente nella<br />

porzione cefalica intestinale degli animali ruminanti.<br />

Il diametro interno del colon è maggiore a livello del cieco in cui<br />

misura dai 7 ai 9 centimetri. Il cieco è completamente rivestito di peritoneo<br />

e libero nella cavità peritoneale nella maggior parte degli individui.<br />

Quindi il cieco presenta un certo grado di mobilità che rende<br />

possibile la formazione di volvoli a tale livello. Dato il suo elevato<br />

diametro, i processi patologici localizzati nel cieco causano raramente<br />

sintomi di tipo occlusivo ma ricorrono frequentemente l’anemizzazione,<br />

l’astenia ed altri sintomi sistemici. Date le caratteristiche del<br />

cieco e la legge di Laplace (tensione addominale = pressione × raggio/spessore),<br />

il cieco è comunemente la sede di perforazione diastasica<br />

in presenza di una lesione ostruttiva distale con valvola ileociecale<br />

continente.<br />

L’appendice vermiforme origina generalmente dalla porzione infero-mediale<br />

della parete ciecale. La lunghezza e il decorso dell’appendice<br />

sono notevolmente variabili in quanto la sua estremità può<br />

raggiungere sia la pelvi che i quadranti addominali superiori. Analogamente<br />

al cieco, l’appendice può essere interamente intraperitoneale<br />

o parzialmente retroperitoneale. Una localizzazione retroperitoneale<br />

dietro il cieco viene definita come retrociecale e rappresenta<br />

una sfida per il chirurgo che generalmente ricerca l’appendice attraverso<br />

incisioni di dimensioni molto limitate.<br />

Colon ascendente e flessura epatica<br />

Il colon ascendente decorre verso l’alto dal quadrante addominale inferiore<br />

sino alla loggia sottoepatica, dove gira verso destra e verso il basso<br />

divenendo colon trasverso (vedi Fig. <strong>46</strong>-1). A livello di tale angolo, o<br />

flessura epatica, il colon è connesso al retroperitoneo, al fegato e spesso<br />

anche alla colecisti. Sezionanado questo legamento per la mobilizzazione<br />

della flessura epatica va posta particolare cura nell’evitare di lesionare<br />

accidentalmente il duodeno. Occasionalmente i tumori colici che<br />

originano dalla flessura epatica possono invadere il duodeno.<br />

Colon trasverso<br />

Il colon trasverso è lungo dai 35 ai 50 centimetri ed attraversa la cavità<br />

addominale. È la porzione più mobile di colon e può localizzarsi<br />

sia nell’addome superiore o in basso sino nella pelvi. Infatti nel<br />

30% dei pazienti esaminati durante una laparotomia, l’apice del colon<br />

trasverso raggiungeva la sinfisi pubica 223 .Ad eccezione dei punti<br />

della sua origine e fine, rispettivamente la flessure epatica e splenica,<br />

il colon trasverso è generalmente considerato intraperitoneale. È sospeso<br />

dal mesocolon trasverso e coperto dalla borsa del grande<br />

omento per il quale serve da punto di attacco insieme allo stomaco.<br />

Un piano di separazione fra l’omento ed il colon trasverso è presente<br />

(Fig. <strong>46</strong>-2). Quindi, se necessario, l’omento può essere separato dal<br />

colon trasverso senza compromettere la vascolarizzazione di entrambe<br />

le strutture. La separazione dell’omento dal colon trasverso dà accesso<br />

al piccolo omento (o retrocavità degli epiploon, n.d.t.). Tale<br />

esposizione viene utilizzata per esaminare la parete posteriore dello<br />

stomaco ed il pancreas.<br />

Flessura splenica<br />

L’angolo fra il colon trasverso ed il colon discendente viene definito<br />

flessura splenica che è frequentemente più acuta ed in posizione<br />

cefalica rispetto alla flessura epatica (vedi Fig. <strong>46</strong>-1). Insieme al retto<br />

sottoperitoneale, la flessura splenica costituisce il punto più difficile<br />

da raggiungere ed esporre chirurgicamente. Sebbene il retto<br />

sia contenuto in profondità dalla struttura ossea della pelvi, la flessura<br />

splenica è spesso situata in alto e dietro la gabbia toracica. In<br />

pazienti che sono stati sottoposti ad un attento esame del colon durante<br />

laparotomia, solo il 20% di questi presentava una flessura<br />

splenica mobile, mentre il rimanente 80% presentava una flessura


Figura <strong>46</strong>-2. Anatomia del colon e del retto: visione sagittale.<br />

Sono illustrate le relazioni fra il retto e le altre<br />

strutture pelviche. Degne di nota sono la curvatura del<br />

retto creata dal muscolo pubo-rettale e le valvole di<br />

Houston. Viene anche illustrata la connessione fra colon<br />

trasverso e stomaco attraverso il grande omento<br />

che ricopre la matassa del piccolo intestino.<br />

alta e fissa 223 .I legamenti frenocolici e splenocolici dovrebbero essere<br />

attentamente sezionati durante la mobilizzazione della flessura<br />

splenica per evitare lesioni accidentali della milza.<br />

Colon discendente e colon sigmoideo<br />

Il colon discendente decorre dalla flessura splenica in basso continuandosi<br />

nel colon sigmoideo ed a livello della imboccatura pelvica<br />

misura dai 20 ai 25 centimetri. È solo parzialmente intraperitoneale<br />

e raramente presenta un meso libero. Il colon sigmoideo è un segmento<br />

colico a forma di S che si estende dal bordo della pelvi alla riflessione<br />

peritoneale dove si continua nel retto. Il colon sigmoideo è<br />

spesso ridondante e la sua lunghezza varia fra 10 e 30 centimetri. In<br />

alcuni individui il mesentere può essere molto allungato favorendo la<br />

formazione di volvoli a livello di questo segmento intestinale. Una<br />

struttura simil sfinteriale è stata descritta a livello della giunzione rettosigma<br />

229,266 . Questa zona ha una lunghezza media di 3 centimetri<br />

ed una localizzazione media a circa 18 centimetri dalla rima anale<br />

con una pressione media a riposo di 36 mmHg. È stato descritto che<br />

quest’area può essere soggetta ad agangliosi dando origine all’acalasia<br />

del sigma che si manifesta con stipsi cronica 230 .<br />

Retto<br />

La giunzione retto-sigma è contrassegnata da un’altra flessura a livello<br />

del promontorio sacrale. La giunzione del mobile colon sigmoideo<br />

decorrendo da sinistra medialmente sino al fisso retto che<br />

decorre verso il basso sulla linea mediana forma questo angolo. Il<br />

retto comunque non è un tubo diritto dal sigma verso l’ano. Al<br />

contrario infatti il retto compie diverse secche angolazioni. Dalla<br />

sua origine a livello del promontorio sacrale, il retto si dirige posteriormente<br />

e verso basso assecondando la curva del sacro. Nel<br />

versante endoluminale la valvola di Houston produce diverse e<br />

strette angolazioni che il materiale fecale deve compiere per attraversare<br />

il lume. Infine, prima di formare il canale anale, il retto è<br />

tirato in avanti dal muscolo puborettale, formando l’angolo anorettale.<br />

Ognuno di questi angoli ha la forma del numero 7, e si<br />

pensa che questi giochino un ruolo importante nella continenza<br />

durante le manovre che aumentano la pressione intra-addominale<br />

58 .Durante la manovra di Valsalva tutti questi angoli si chiudono,<br />

sigillando il lume intestinale a mo’ di valvola.<br />

Man mano che il retto procede il distalmente, il suo diametro<br />

aumenta. Il segmento più distale, fusiforme, è frequentemente conosciuto<br />

come ampolla rettale. Il retto è dotato di una discreta<br />

mobilità, e generalmente non è completamente fisso sul piano sacrale.<br />

Man mano che il retto scende nella pelvi il rivestimento peritoneale<br />

diviene meno evidente sino a che la porzione distale del<br />

retto diviene completamente sprovvista di rivestimento peritoneale.<br />

Quindi la maggior parte del retto può essere considerata extraperitoneale<br />

o più precisamente sotto-peritoneale. I vasi sanguigni<br />

e linfatici ed ugualmente i nervi raggiungono il retto attraverso il<br />

mesoretto che ricopre la parete rettale, posteriormente e lateralmente.<br />

La fascia di Denonvilliers che origina dalla fusione posteriore<br />

della primitiva tasca di Douglas nell’embrione, separa il mesoretto<br />

dalla fascia presacrale 179 .<br />

COLON E RETTO 931<br />

Vascolarizzazione del colon<br />

Una completa comprensione della vascolarizzazione del colon è essenziale<br />

per tutti i chirurghi che eseguono procedure chirurgiche sul<br />

colon e procedure chirurgiche in cui il colon venga utilizzato come<br />

sostituto, ad esempio nella chirurgia esofagea e nelle ricostruzioni<br />

urologiche. Il cieco, il colon ascendente, la flessura epatica, e la porzione<br />

prossimale del colon trasverso derivano la loro vascolarizzazione<br />

arteriosa dall’arteria mesenterica superiore. Nella maggior parte<br />

degli individui l’arteria ileo-colica e l’arteria colica media sono branche<br />

separate dell’arteria mesenterica superiore. L’ arteria mesenterica<br />

inferiore provvede alla vascolarizzazione del colon trasverso distale,<br />

della fessura splenica, del colon discendente e del sigma attraverso<br />

l’arteria colica sinistra ed i rami sigmoidei ed i vasi emorroidari superiori.<br />

Una ricca rete di vasi che origina sia dalle arterie emorroidarie<br />

medie e superiori dà vascolarizzazione al retto. Lungo il decorso nel<br />

contesto del mesentere verso la parete intestinale, questi vasi si biforcano<br />

e formano delle arcate a circa 1-2 centimetri dal bordo mesenterico<br />

originando una catena continua di vasi comunicanti. Questa<br />

struttura vascolare è chiamata arteria marginale di Drummond. L’anastomosi<br />

o il collegamento delle arcate fra l’arteria mesenterica superiore<br />

ed inferiore è conosciuta come l’arcata di Riolano.<br />

Varianti dei decorsi vascolari (anomalie vascolari) sono relativamente<br />

comuni nel colon. La conoscenza e il riconoscimento delle anomalie<br />

vascolari è essenziale per eseguire con sicurezza la chirurgia colica<br />

ed è particolarmente importante nell’era della chirurgia laparoscopia,<br />

in cui manca la sensazione tattile delle strutture pulsatili. Questo<br />

ha portato ad ulteriori studi sull’anatomia vascolare attraverso<br />

l’angiografia e le dissezioni su cadavere 180 .Una ben riconosciuta anomalia<br />

è l’insorgenza diretta dell’arteria colica destra dall’arteria mesenterica<br />

superiore che si ritrova in circa il 10% degli individui 89 .Altre<br />

anomalie vascolari che possono essere riscontrate durante la chirurgia<br />

colica sono la presenza di un’arteria epatica destra accessoria che origina<br />

anche direttamente dall’arteria mesenterica superiore e un’arteria<br />

colica media anomala dall’arteria splenica e un’arteria colica sinistra<br />

accessoria originante dall’arteria mesenterica superiore 11 .<br />

A livello della micro-circolazione esistono anche differenze fra il colon<br />

sinistro ed il colon destro. La micro-circolazione del colon è stata<br />

studiata con la microscopia elettronica, utilizzando la tecnica di corrosione<br />

vascolare. Sebbene nel colon destro la rete capillare superficiale<br />

sia pluristratificata quella del colon sinistro è quasi esclusivamente costituita<br />

da un singolo strato di vasi. In entrambe le parti del colon, i capillari<br />

originano dalle arterie della sotto-mucosa che risalgono nello<br />

strato mucoso e si uniscono con la rete capillare superficiale che drena<br />

all’interno delle venule di raccolta. Le venule di raccolta sono più grandi<br />

nel colon destro rispetto al colon sinistro e giocano un ruolo eziologico<br />

nello sviluppo dell’angiodisplasia del colon destro. Tutte queste<br />

differenze sono in linea con la maggiore capacità di assorbimento del<br />

colon destro comparata a quella del colon sinistro 13 .<br />

FISIOLOGIA<br />

La descrizione di una ileostomia per eversione fatta da Brooke <strong>46</strong>a<br />

ha permesso per la prima volta di dimostrare la sopravvivenza di<br />

pazienti dopo colectomia. Con la sola possibile eccezione di un’incrementata<br />

deplezione di fluidi, non vi sono sequele a lungo ter-


932 ADDOME<br />

mine dopo l’intervento di colectomia, e quindi il colon è stato annoverato<br />

nella lista degli organi non indispensabili. Se in passato i<br />

chirurghi mostravano un particolare orgoglio nel riconsegnare pazienti<br />

dopo colectomia alla vita produttiva, i cambiamenti nello<br />

stile di vita hanno reso una ileostomia permanente meno desiderabile<br />

rispetto alle decadi precedenti. Per evitare una ileostomia<br />

permanente e per ripristinare la funzione del colon dopo intervento<br />

di colectomia i chirurghi hanno dovuto avvicinarsi ad altre<br />

discipline per meglio conoscere la fisiologia del colon e del retto.<br />

Alcune delle categorie professionali che hanno contribuito a questo<br />

sforzo sono i veterinari, in nutrizionisti, i microbiologi e i gastroenterologi<br />

22, 176 .Questi ultimi hanno contribuito alla comprensione<br />

della motilità del colon sviluppando metodi per stabilire<br />

l’attività mio-elettrica dello stesso 165 .Questi contributi hanno permesso<br />

ai chirurgi di sviluppare nuove operazioni per preservare la<br />

funzione colo-rettale dopo la perdita parziale o totale del colon e<br />

del retto. In senso lato la funzione del colon è il ricircolo dei nutrienti<br />

mentre la funzione del retto è l’eliminazione delle feci 60 .Il<br />

ricircolo dei nutrienti dipende dall’attività metabolica della flora<br />

del colon, dalla mobilità del colon e dall’assorbimento e dalla secrezione<br />

da parte della mucosa. L’eliminazione delle feci comprende<br />

la disidratazione del contenuto intestinale e la defecazione.<br />

Ricircolo dei nutrienti<br />

Durante il processo digestivo, i nutrienti ingeriti sono digeriti all’interno<br />

del lume intestinale dalle secrezioni bilio-pancreatiche e gastrointestinali.<br />

Il piccolo intestino assorbe la grande maggioranza dei nutrienti ingeriti<br />

ed anche parte dei fluidi e dei sali biliari secreti all’intero nel lume intestinale.<br />

Comunque, il contenuto ileale è ancora ricco in acqua, elettroliti<br />

e nutrienti che resistono al processo digestivo. Il colon ha la funzione<br />

di riassorbire queste sostanze e di evitare una non necessaria perdita di<br />

fluidi, elettroliti, nitriti, e supporti energetici. Per svolgere questa funzione<br />

il colon dipende massimamente dalla sua flora batterica.<br />

La flora batterica. I microrganismi intestinali del colon giocano un<br />

importante ruolo in diversi campi della fisiologia umana 154 . Questo<br />

complesso aggregato di microrganismi conferisce un grande potenziale<br />

metabolico al colon, primariamente sfruttando le sue capacità degradative.<br />

Molte centinaia di differenti tipi di batteri, che variano grandemente<br />

nella loro fisiologia e biochimica, esistono nei diversi microhabitat<br />

del colon: il lume, gli strati di mucina e la superficie della mucosa.<br />

Le culture effettuate dalle biopsia del colon rivelano un numero<br />

di batteri (aerobi ed altri organismi commensali) che variano da 2,4 ×<br />

10 3 a 1,3 × 10 6 colonie per prelievo bioptico (5,6 mg) ed un conta totale<br />

di anaerobi di 10-10 2 volte più grande con 1,4 × 10 5 fino a 10 7 colonie<br />

per prelievo bioptico 202 .I Bacteroides predominano lungo tutto il<br />

colon (range 8,6 × 10 4 sino a 1,4 × 10 7 per prelievo), costituendo circa<br />

il 66% della conta totale dal colon prossimale ed il 68,5% dal retto.<br />

Fermentazione. Sia i batteri che l’ospite ottengono un chiaro beneficio<br />

da questa forma di associazione. Sebbene l’ospite provveda ai<br />

substrati energetici dalla dieta e dai detriti cellulari della desquamazione,<br />

insieme ad un ambiente relativamente stabile che permette ai<br />

batteri di proliferare, i batteri forniscono all’ospite il butirrato, un<br />

prodotto della fermentazione che costituisce il carburante principale<br />

per le cellule dell’epitelio del colon. Inoltre i prodotti della fermentazione<br />

sono anche assorbiti ed usati sistematicamente come<br />

fonte di energia 183 .Una popolazione di pazienti che può beneficiare<br />

dall’assorbimento di energia del colon è rappresentato dai pazienti<br />

con una sindrome da intestino corto 184 . La preservazione del colon in<br />

questi pazienti può fornirne quasi 0,8 mega joule al giorno e ridurre<br />

la escrezione di carboidrati di cinque volte 185 .<br />

La fonte principale di energia per i batteri intestinali è formato dai<br />

carboidrati complessi: i polisaccaridi amidi e non amidi (NSP), anche<br />

conosciuti come fibre della dieta. Il metabolismo dei carboidrati<br />

è di grande importanza nel colon perché genericamente, e in termini<br />

numerici assoluti, la vasta maggioranza dei microrganismi coltivabili<br />

è costituito da saccarolitici. Comunque, i carboidrati più complessi<br />

sono degradati progressivamente da gruppi di batteri piuttosto<br />

che da una specifica specie batterica 210 .Sebbene gli NSP costituiscano<br />

il substrato principale per la fermentazione batterica nel colon,<br />

non tutti i tipi di NSP sono ugualmente fermentati 109 . La Lignina un<br />

monocarboidrato che costituisce le piante, non è fermentato dalla<br />

flora batterica del colon, attrae l’acqua e produce il volume fecale. Le<br />

cellulose, che si ritrovano primariamente nei vegetali con foglia, sono<br />

solo parzialmente fermentate mentre le pectine della frutta sono<br />

totalmente fermentate dai batteri del colon. Il tempo di transito del<br />

colon e il volume fecale dipendono dalla fermentabilità dei vari NSP<br />

ingeriti. NSP scarsamente fermentati aumentano il volume fecale ed<br />

accelerano il tempo di transito. NSP altamente fermentati, determinano<br />

un minimo volume fecale e un lento tempo di transito. Conseguentemente,<br />

il tipo di NSP ha un impatto sia sulla causa che sul<br />

trattamento delle malattie del colon. La stipsi, la diverticolosi, e il<br />

cancro del colon sono malattie rare nelle popolazioni che fanno largo<br />

uso di fibre alimentari (NSP insolubili all’acqua). Quindi, le fibre<br />

insolubili all’acqua sono usate per il trattamento della stipsi. Diversamente<br />

le fibre solubili all’acqua sono facilmente fermentate dai<br />

batteri del colon, producendo acidi grassi a catena corta (SCFA) nel<br />

lume colico. Poiché l’assenza di SCFA nelle lume colico è stata collegata<br />

a un alterato assorbimento, NSP solubili all’acqua come la pectina<br />

sono usati per trattare la diarrea.<br />

In aggiunta agli NSP, i batteri del colon fermentano gli amidi non<br />

assorbiti e le proteine. La frazione degli amidi non ben digeriti e assorbiti<br />

nel tratto gastrointestinale alto è conosciuta come fibra resistente<br />

(RS). In questo modo, il contenuto calorico delle fibre non assorbite<br />

e delle proteine è trasferito ai SCFA, che possono essere assorbiti<br />

dal colon e quindi utilizzati come supporto calorico. Si stima che<br />

circa il 10% della spesa energetica giornaliera di un soggetto normale<br />

sia ricavata dall’assorbimento dei SCFA del colon. Diversi approcci sono<br />

stati tentati per studiare il significato degli RS nella fisiologia del colon.<br />

Uno di questi approcci è misurare l’ammontare delle fibre escrete<br />

nell’effluente ileale nei pazienti portatori di ileostomia 235 .Una volta<br />

posto in un sistema di fermentazione in vitro, l’effluente ileale contenente<br />

RS produce più butirrato e meno ammoniaca rispetto a quando<br />

gli amidi sono assenti nel contenuto ileale. Nei soggetti con un colon<br />

intatto che ricevono una supplementazione dietetica con RS, si osserva<br />

anche un aumento nel totale delle emissioni fecali e nell’escrezione<br />

giornaliera di butirrato e acetato. La escrezione fecale di NSP è anche<br />

aumentata, suggerendo che la presenza di RS nel colon può essere influenzata<br />

dalla fermentazione degli NSP 197 .Un altro approccio utilizzato<br />

per stabilire il grado di fermentazione degli RS è quello di misurare<br />

la quantità di idrogeno presente nel respiro ed il livello degli SC-<br />

FA nel sangue 177 .L’idrogeno, un sottoprodotto della fermentazione dei<br />

carboidrati, si diffonde all’interno dell’effluente venoso dell’intestino e<br />

quindi all’interno degli alveoli per essere eliminato con il respiro 123 .<br />

Nei soggetti nutriti con una dieta ad alto contenuto di RS, l’idrogeno<br />

contenuto nel respiro e i livelli ematici di SCFA sono aumentati rispetto<br />

ai soggetti nutriti con una bassa quantità di RS. Gli altri gas prodotti<br />

dalla fermentazione batterica sono l’anidride carbonica , il metano,<br />

l’azoto ed i gas maleodoranti contenenti zolfo. I gas prodotti dalla<br />

fermentazione batterica compongono approssimativamente il 74%<br />

dei flati. Una eccessiva produzione di gas per un elevato consumo di fibre<br />

fermentabili può produrre una sensazione di guazzamento, sebbene<br />

il guazzamento è comunemente segno di una sindrome di irritazione<br />

intestinale piuttosto che di un’eccessiva fermentazione di fibre 142 .<br />

L’entità e il tipo della fermentazione prodotta dipendono dalla relativa<br />

quantità di ognuno dei substrati disponibili, dalla loro struttura chimica<br />

e composizione e dalle strategie di fermentazione dei batteri (le<br />

caratteristiche biochimiche e i meccanismi di regolazione catabolica).<br />

La fermentazione delle proteine, o putrefazione, dà origine alla<br />

formazione di un certo numero di metaboliti potenzialmente tossici,<br />

che includono i fenoli, gli indoli e le amine. La produzione di queste<br />

sostanze è inibita o repressa in molti microrganismi intestinali da<br />

una fonte di carboidrati fermentabili 36 .In considerazione dell’anatomia<br />

e fisiologia del colon, i processi putrefattivi divengono quantitativamente<br />

più importanti nel colon distale, dove i carboidrati sono<br />

più limitati. Sebbene i carboidrati e le proteine che entrano nel colon<br />

possano essere salvati dai batteri e messi in ricircolo per il beneficio<br />

dell’ospite, il metabolismo batterico dei lipidi malassorbiti può essere<br />

dannoso per l’ospite. È stato proposto che il metabolismo batterico<br />

dei lipidi possa agire come detergente nel colon, determinando lesioni<br />

della mucosa ed iperproliferazione reattiva che nel tempo può<br />

promuovere lo sviluppo tumorale 264 .


Gli acidi grassi a catena corta. Gli SCFA costituiscono approssimativamente<br />

due terzi della concentrazione anionica del colon (da 70 a 130<br />

mmol per litro), principalmente costituiti da acetato, proprionato e<br />

butirrato 176 .Oltre alla loro azione sulla morfologia e funzione intestinale,<br />

gli SCFA influenzano la motilità gastrointestinale 57 . Gli SCFA sono<br />

coinvolti nel cosiddetto freno ileocolico (l’inibizione dello svuotamento<br />

gastrico da parte dei nutrienti che raggiungono la giunzione<br />

ileocolica). Possono coinvolgere messaggeri ormonali come il peptide<br />

YY e le vie neurali dei riflessi locali dei responsi miogenici 214 .<br />

Il butirrato esercita effetti trofici sui normali colonociti sia in vitro che<br />

in vivo. In contrasto, il butirrato arresta la crescita dei colonociti neoplastici<br />

e inibisce l’iperproliferazione pre-neoplastica indotta da alcuni promotori<br />

tumorali in vitro. Il suo effetto selettivo sull’attivazione della proteina<br />

G 261 spiega l’effetto paradosso del butirrato nei colonociti normali<br />

rispetto a quelli neoplastici. Nell’uomo le cellule del cancro del colon<br />

esposte all’azione del butirrato si sincronizzano simultaneamente nelle<br />

fasi del ciclo cellulare G 0-G 1 e G 2-M. Durante la transizione dalla fase G 0-<br />

G 1 all’arresto in G 2-M, il trasporto di elettroni a livello mitocondriale è<br />

aumentato. Questo cambio nell’attività mitocondriale è seguito da cambiamenti<br />

del potenziale di membrana e da un arresto di crescita cellulare<br />

104 .Il butirrato regola anche l’espressione delle molecole interessate nei<br />

processi di adesione dei colonociti. La differenziazione stimolata dal butirrato<br />

inibisce la proliferazione cellulare dal collagene di tipo I nel collagene<br />

di tipo IV e nella laminina diminuisce l’espressione delle integrine<br />

o subunità di superficie beta-1, alpha-1 e alpha-2 21 .<br />

Ricircolo dell’urea. Per molti anni nell’uomo l’urea è stata considerata<br />

il prodotto finale del metabolismo dell’azoto. Questo è vero nel senso<br />

che gli uomini, e i mammiferi in generale, non producono ureasi. Comunque<br />

i batteri del colon sono molto ricchi di ureasi. Se l’urea viene<br />

marcata con un tracciante (radioisotopo o isotopo pesante) e iniettato<br />

per via endovenosa, circa il 10% dell’azoto dell’urea non viene ritrovato<br />

nelle urine ma è piuttosto incorporato all’interno delle proteine somatiche.<br />

I batteri tenacemente adesi all’epitelio del colon mediano questo<br />

processo di ricircolo dell’urea che produce le ureasi. Una dieta a basso<br />

tenore di proteine e ad alto tenore di fibre come quelle degli abitanti<br />

della Nuova Guinea incrementano ulteriormente il ricircolo dell’urea.<br />

Questi individui ingeriscono solo 10 milligrammi di proteine per<br />

ogni chilo al giorno ed hanno una normale corporatura con masse muscolari<br />

normali e normali livelli di proteine del siero. L’adattamento a<br />

questa dieta a basso tenore di proteine ha reso il colon molto efficiente<br />

nel meccanismo di ricircolo dell’azoto a tal punto che esso può assorbire<br />

anche qualcuno degli aminoacidi essenziali (lisina). Il ricircolo dell’urea<br />

è stato scoperto come terapia per l’insufficienza renale escludendo<br />

gli amminoacidi non essenziali dalla dieta al fine di promuovere il<br />

massimo ricircolo dell’urea e diminuendo la necessità di emodialisi: la<br />

sola condizione patologica in cui il ricircolo dell’urea non è benefico è<br />

rappresentato dall’insufficienza epatica. Quando il fegato non è in grado<br />

di riusare l’azoto dell’urea assorbito dal colon, gli ioni ammonio<br />

passano attraverso la barriera ematoencefalica e producono falsi neurotrasmettitori,<br />

determinando il coma epatico.<br />

Assorbimento<br />

Il totale dell’area assorbente del colon è stimato essere approssimativamente<br />

900 centimetri quadrati. L’effluente ileale scarica giornalmente<br />

una quantità di liquidi compresa fra 1000 e 1500 ml. Il volume<br />

totale dell’acqua presente nelle feci è solamente di 100-150 ml al giorno.<br />

Questa riduzione di circa dieci volte del contenuto liquido nel colon<br />

rappresenta la sede di più efficiente assorbimento per area di superficie<br />

del tratto gastrointestinale. L’assorbimento netto di sodio e<br />

anche più alto: sebbene l’effluente ileale contenga 200 milliequivalenti<br />

per litro di sodio, le feci contengono normalmente solo da 25 a 50<br />

milliequivalenti per litro. Una delle maggiori differenze fra l’assorbimento<br />

di sodio e dell’acqua nel colon è rappresentato dal fatto che<br />

l’acqua è assorbita passivamente, mentre il sodio richiede un trasporto<br />

attivo. Il sodio è trasportato contro un gradiente chimico ed elettrico<br />

a spese di un consumo energetico.<br />

L’epitelio del colon può utilizzare diversi substrati energetici; comunque,<br />

il n-butirrato è ossidato di preferenza a glutamina, glucosio<br />

o corpi chetonici. Poiché le cellule dei mammiferi non producono nbutirrato,<br />

l’epitelio del colon si basa sui batteri contenuti nel lume<br />

COLON E RETTO 933<br />

intestinale per produrlo attraverso la fermentazione delle fibre della<br />

dieta. La mancanza di n-butirrato, come quella che viene determinata<br />

dalla inibizione della fermentazione indotta dagli antibiotici ad<br />

ampio spettro, conduce un minore assorbimento di sodio e d’acqua.<br />

n-butirrato, acetato e proprionato sono gli SCFA prodotti attraverso<br />

la fermentazione batterica; questi costituiscono i principali anioni<br />

delle feci. Altri fisiologici effetti degli SCFA sul colon includono la<br />

stimolazione della circolazione sanguigna, il rinnovamento delle cellule<br />

della mucosa e la regolazione del pH intra-addominale per l’omeoastasi<br />

della flora batterica intestinale.<br />

Oltre a recuperare sodio e acqua, la mucosa del colon assorbe gli<br />

acidi biliari. Il colon assorbe gli acidi biliari che sfuggono all’assorbimento<br />

a livello dell’ileo terminale, rendendo quindi il colon parte<br />

della circolazione entero-epatica. Gli acidi biliari sono passivamente<br />

trasportati attraverso l’epitelio del colon, per diffusione non-ionica.<br />

Quando la capacità di assorbimento del colon è superata, i batteri del<br />

colon deconiugano gli acidi biliari. Gli acidi biliari deconiugati, determinano<br />

una diarrea di tipo secretorio o coleretica. La diarrea di tipo<br />

coleretico si ritrova precocemente dopo l’intervento di emicolectomia<br />

destra come un fenomeno transitorio ma più permanentemente<br />

dopo un’estesa resezione ileale.<br />

Secrezione<br />

Il ruolo fisiologico del colon nella secrezione è dimostrato nei pazienti<br />

affetti da insufficienza renale. I pazienti uremici possono restare<br />

normocaliemici pur ingerendo una normale quantità di potassio<br />

con la dieta prima di richiedere una dialisi. Questo fenomeno è<br />

associato ad un incremento compensatorio della secrezione colica e<br />

quindi della escrezione fecale di potassio. Questo effetto è bloccato<br />

dallo spironolattone, che dimostra gli effetti dell’aldosterone sulla secrezione<br />

colica del potassio. La secrezione del potassio richiede i sistemi<br />

enzimatici co-trasportatori Na + e K + -APTasi, e Na + e K + -2Cl<br />

sulla membrana basolaterale ed un canale apicale per il potassio.<br />

Molte forme di colite sono associate ad un’aumentata secrezione<br />

di potassio, come per esempio le malattie infiammatorie intestinali,<br />

il colera, e la shigellosi. Inoltre, alcune forme di colite danneggiano la<br />

capacità di assorbimento del colon o producono la secrezione di cloro;<br />

alcuni esempi sono rappresentati dalla colite microscopica o collagenosica<br />

e dalla diarrea congenita da deplezione di cloruri. Il cloro<br />

è secreto dall’epitelio del colon ad un livello basale che viene incrementato<br />

in alcune condizioni patologiche come la fibrosi cistica e la<br />

diarrea secretoria. La secrezione di cloro richiede anch’essa l’accoppiamento<br />

dei cotrasportatori Na + e K + -APTasi, e Na + e K + -2Cl per<br />

potere passivamente uscire attraverso la membrana apicale.<br />

La secrezione di ioni H + e di bicarbonati è accoppiata all’assorbimento<br />

di ioni Na + e Cl – .È attraverso questi scambi che il colon è legato<br />

al sistema di mantenimento dell’equilibrio acido-base 56 .Il rifornimento<br />

di ioni H + e bicarbonato per questi scambi è mantenuto<br />

dalla idrogenazione della CO 2 catalizzata dall’anidrasi carbonica del<br />

colon. Variazioni nel pH sistemico inducono cambiamenti nell’attività<br />

dell’anidrasi carbonica determinando l’eliminazione di ioni H +<br />

o bicarbonati a seconda della necessità per riportare il valore di pH<br />

alla normalità.<br />

Motilità<br />

La fermentazione nel colon è resa possibile dalla sua particolare<br />

morfologia. Il colon può essere diviso in tre segmenti anatomici: il colon<br />

destro, il colon sinistro e il retto. Il colon destro rappresenta la camera<br />

di fermentazione dell’intestino umano con il cieco che rappresenta<br />

la sede in cui i batteri sono più metabolicamente attivi. Il colon<br />

sinistro è la sede del deposito e disidratazione delle feci. Il tasso di<br />

transito colico rappresenta un determinante della concentrazione degli<br />

SCFA nelle feci, includendo il butirrato e il pH del tratto colico distale.<br />

Questo può spiegare le interrelazioni fra il cancro del colon e<br />

l’assunzione di fibre con la dieta, l’eliminazione delle feci e il pH delle<br />

feci 143 .Il transito fecale attraverso il colon è controllato dal sistema<br />

nervoso autonomo. Le fibre nervose parasimpatiche innervano il colon<br />

attraverso il nervo vago e i nervi pelvici. Le fibre nervose che raggiungono<br />

il colon si strutturano in diversi plessi nervosi: sottosieroso,<br />

mioenterico (Auerbach), sottomucoso (Meissner) e mucoso. I neuro-


934 ADDOME<br />

ni del plesso mioenterico si concentrano lungo la tenia coli e non<br />

sparsamente fra queste dove lo strato muscolare è sottile. Le fibre nervose<br />

simpatiche originano a livello dei gangli mesenterici superiori e<br />

inferiori e raggiungono il colon attraverso i plessi perivascolari.<br />

La motilità del colon si presenta differente a seconda dei tre diversi<br />

segmenti. Nel colon destro, onde antiperistaltiche o retropulsive<br />

generano un flusso retrogrado del contenuto intestinale, indietro<br />

verso il cieco. Nel colon sinistro, il contenuto viene spinto in avanti<br />

da contrazioni di tipo tonico che lo separano in una serie di masse<br />

globulari. Un terzo tipo di contrazione, chiamato peristalsi di massa<br />

viene intervallato da contrazioni retro-e pro-pulsive, e interviene ad<br />

intervalli variabili, più frequentemente dopo i pasti. Ogni peristalsi di<br />

massa è in grado di fare avanzare la colonna fecale di un terzo della<br />

lunghezza del colon.<br />

Il colon risponde alla ingestione di cibo con un incremento nel<br />

numero degli impulsi a lungo picco dei potenziali migranti e non<br />

migranti a circa 15 minuti dall’assunzione di cibo 164 .Questo incremento<br />

dell’attività elettrica è seguito da un incremento del tono del<br />

colon 84 .L’aumentata contrattilità post-prandiale è maggiore nel colon<br />

sigmoideo rispetto al colon trasverso. L’effetto di assunzione di<br />

cibo sul colon viene anche definito come riflesso gastro-colico.<br />

Formazione delle feci<br />

La frequenza della defecazione è variabile fra gli individui come anche<br />

la percezione di un’anormale frequenza di evacuazione 16 .Un<br />

soggetto che abbia un passaggio di feci non formate tre volte al giorno<br />

si considera affetto da diarrea mentre meno di tre evacuazioni alla<br />

settimana vengono definite come stipsi. Ogni frequenza nell’ambito<br />

del predetto range si considera normale, sebbene molti individui<br />

richiedano il parere medico per ciò che loro percepiscono come<br />

diarrea o stipsi. Molti fattori influenzano il tasso di transito colico. Il<br />

transito colico è maggiore nelle donne rispetto agli uomini e maggiore<br />

nelle donne in premenopausa rispetto alle donne in postmenopausa.<br />

Diversamente, il transito colico è diminuito nei fumatori 166 .<br />

Nei soggetti normali, la supplementazione alla dieta con NSP non diminuisce<br />

il tempo di transito colico, sebbene aumenti la massa fecale<br />

97, 243 .Nei pazienti con stipsi idiopatica, gli NSP sotto forma di semi<br />

di Psyllium, accorciano il tempo di transito colico e aumentano la<br />

massa fecale 17 .<br />

Defecazione<br />

Una normale defecazione richiede un adeguato tempo di transito colico,<br />

consistenza e continenza fecale. La continenza fecale implica il<br />

differimento della eliminazione delle feci, la discriminazione fra contenuto<br />

solido o gas e la selettiva eliminazione di gas senza feci. Vi è<br />

una qualche controversia riguardo il ruolo del retto in condizioni di<br />

riposo. Alcuni sostengono che il retto sia semplicemente un condotto<br />

che in condizioni di normalità dovrebbe essere vuoto. Quando le<br />

feci arrivano nel retto, il riflesso inibitorio ano-rettale viene eccitato<br />

costringendo il soggetto a trattenere la defecazione con la contrazione<br />

volontaria dello sfintere esterno. Comunque, ogni chirurgo che<br />

esegua proctosigmoidoscopie rigide routinariamente è ben conscio<br />

del fatto che il paziente possa avere il retto occupato da feci senza<br />

averne consapevolezza. Questo porta alla visione opposta che considera<br />

il retto come un reservoir. L’arrivo delle feci elicita il riflesso inibitorio<br />

ano-rettale e il riflesso rettocolico. Quest’ultimo permette il<br />

completo riempimento del retto con il materiale fecale sino a quando<br />

il colon non si sia svuotato 228 .<br />

Il meccanismo coinvolto nella continenza fecale non è completamente<br />

compreso. Una certa capacità di reservoir è ritenuta necessaria<br />

per ottenere la continenza fecale. Un retto rigido, non distensibile<br />

come quello risultante da una proctite attinica, può produrre incontinenza<br />

anche quando i muscoli dello sfintere siano competenti.<br />

Parte dello sfintere esterno e di quello interno sono necessarie per<br />

una continenza adeguata, sebbene molti pazienti che presentano<br />

parte dello sfintere danneggiato dall’intervento di fistulectomia sono<br />

ancora continenti. Probabilmente il solo fattore certamente necessario<br />

per il mantenimento della continenza fecale è rappresentato dalla<br />

innervazione dello sfintere. Non solo la componente motoneuronica,<br />

che assicura la contrazione delle fibre ma anche l’innervazione<br />

sensitiva è ritenuta importante per ottenere un adeguato svuotamento<br />

del retto.<br />

STUDI DIAGNOSTICI<br />

Quando un paziente si presenta con sintomi e segni suggestivi di una<br />

patologia colon-rettale, il clinico ha varie possibilità diagnostiche a<br />

sua disposizione per raggiungere una diagnosi. I segni tipici di patologia<br />

colon-rettale sono il passaggio di sangue attraverso il retto, il<br />

cambio delle abitudini intestinali e meno spesso il dolore addominale<br />

sia esso acuto o cronico. Una radiografia dell’addome senza mezzo<br />

di contrasto è particolarmente utile nei pazienti che si presentano con<br />

sintomi di acuzie addominali. In pazienti con test al sangue occulto<br />

positivo, le metodiche diagnostiche di scelta sono rappresentate dal<br />

clisma opaco o dalla colonscopia e solo occasionalmente da entrambi.<br />

Uno studio del transito intestinale è essenziale per valutare i pazienti<br />

con stipsi cronica. La defecografia è un nuovo mezzo diagnostico<br />

usato per definire meglio le disfunzioni del pavimento pelvico.<br />

La tomografia assiale computerizzata è molto utile nella stadiazione<br />

di un tumore colico rettale mentre la risonanza magnetica permette<br />

una più elevata precisione nel caratterizzare possibili lesioni metastatiche<br />

al fegato. L’ecografia endoanale sta divenendo la metodica diagnostica<br />

di scelta per determinare la resecabilità dei tumori rettali.<br />

L’ecografia addominale è molto utile per differenziare una massa solida<br />

da un ascesso a livello del colon sigmoideo. La colonscopia virtuale<br />

è uno strumento diagnostico ancora in fase di sviluppo che permetterà<br />

una precisione diagnostica simile a quella dell’endoscopia ma<br />

attraverso l’uso di immagini ottenute con ricostruzione tridimensionale.<br />

Un riassunto delle indicazioni per la prescrizione di studi diagnostici<br />

per la patologia colon-rettale è presentato nella Tabella <strong>46</strong>-1.<br />

La sigmoido-proctoscopia rigida ha ancora un elevato valore per i<br />

chirurghi in quanto permette un’accurata misurazione della distanza<br />

fra il tumore rettale e l’ano. La sigmoidoscopia flessibile è utile per<br />

monitorare una lesione conosciuta nel colon distale come per esempio<br />

nel caso di una colite ischemica. Le istituzioni mediche in cui<br />

venga effettuata la chirurgia colon-rettale sono attrezzate per eseguire<br />

esami della fisiologia del retto, dell’ano e della muscolatura circostante.<br />

La manometria ano-rettale e la elettromiografia sono entrambe<br />

molto utili per valutare i pazienti con incontinenza fecale.<br />

Radiografia dell’addome senza mezzo di contrasto<br />

Per l’esame radiologico il colon e il retto hanno il vantaggio rispetto<br />

al piccolo intestino di contenere normalmente aria. La presenza, distribuzione<br />

e volume dell’aria nel colon e nel retto danno utili informazioni<br />

nella valutazione dei pazienti con una possibile patologia<br />

colon-rettale. L’esame radiografico a vuoto è particolarmente utile<br />

nel paziente che si presenta con sintomi di acuzie addominali come<br />

il dolore, la distensione, e l’improvviso cambiamento dell’alvo. Per<br />

esempio, tale esame può chiaramente dimostrare una ostruzione colica<br />

rivelando la presenza di una grande quantità di aria nel colon che<br />

crea una distensione e una sua mancanza a valle del punto di ostruzione.<br />

L’occlusione causata da volvolo del cieco del colon sigmoideo<br />

è molto caratteristica della radiografia a vuoto.<br />

Anche in alcuni pazienti con una patologia colica cronica come per<br />

esempio la colite ulcerosa, la radiografia dell’addome senza mezzo di<br />

contrasto è utile per stabilire il grado di infiammazione durante la fase<br />

di quiescenza della malattia 9 .Durante episodi di colite severa, l’introduzione<br />

sia di mezzo di contrasto che di aria può condurre alla perforazione.<br />

Quindi l’esame radiografico a vuoto è un esame che viene periodicamente<br />

ripetuto durante gli episodi acuti di colite ulcerosa per escludere<br />

la presenza di un megacolon tossico o di perforazione. Un altro segno<br />

di patologia colica visibile alla radiografia senza mezzo di contrasto<br />

è la pneumatosi intestinale. Nella maggior parte dei pazienti la presenza<br />

di aria nel contesto della parete del colon è un segno di gangrena ma sono<br />

descritti casi di pneumatosi in assenza di gangrena del colon.<br />

Clisma opaco<br />

Per una corretta valutazione geografica della mucosa del colon il lume<br />

deve essere contrastato con un mezzo radio-opaco, tipicamente il<br />

bario. Prima dell’introduzione del bario il colon viene pulito da ogni<br />

residuo fecale utilizzando lassativi, clismi e dieta liquida. Il clisma


TABELLA <strong>46</strong>-1. Indicazioni all’utilizzo degli studi diagnostici<br />

Studio diagnostico<br />

Rx senza mezzo di contrasto<br />

Clisma opaco<br />

Transito colico<br />

Colonscopia<br />

Sigmoidoscopia flessibile<br />

Sigmoidoscopia rigida<br />

TAC<br />

Risonanza magnetica<br />

Ecografia addominale<br />

Ecografia trans-rettale<br />

Defecografia<br />

Manometria ano-rettale<br />

Scintigrafia<br />

Colonscopia virtuale<br />

opaco è moderatamente fastidioso ma non richiede sedazione. Sia<br />

bario che aria sono introdotti all’interno del retto e vengono fatti<br />

progredire lungo il colon cambiando posizione del paziente e premendo<br />

la parete addominale. Il colon e il retto sono esaminati da vari<br />

angoli mentre il contrasto riempie il lume intestinale, dopo l’avvenuta<br />

evacuazione (Fig. <strong>46</strong>-4).<br />

La sensibilità del clisma opaco è tale che anche il più piccolo polipo<br />

può essere identificato. Un vantaggio per il chirurgo è che tale esame<br />

fornisce la fotografia che documenta accuratamente sia la presenza che<br />

la localizzazione delle lesioni del colon. Un altro vantaggio è che fornisce<br />

una completa valutazione del colon anche quando una patologia<br />

localizzata nel colon distale impedisce l’avanzamento retrogrado del<br />

colonscopio. Dopo il clisma opaco i pazienti vengono istruiti a continuare<br />

l’assunzione di lassativi per eliminare ogni residuo di bario all’interno<br />

del colon. Solo molto raramente, quando queste precauzioni<br />

non sono rispettate, l’aumento di consistenza del bario può risultare in<br />

una occlusione e può rendere necessario un intervento chirurgico 189 .<br />

Figura <strong>46</strong>-3. Rx addome diretto che mostra un prominente colon trasverso con<br />

pliche a merletto, ispessite (a impronta di dita). Questo rilievo è presente nelle<br />

coliti acute ad eziologia infettiva, ischemica o altre cause. (Per concessione di<br />

Dina F. Caroline, M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

COLON E RETTO 935<br />

Indicazioni comuni<br />

Occlusione o perforazione, megacoln tossico<br />

Sanguinamento rettale, studio preoperatorio<br />

Stipsi cronica<br />

Sorveglianza neoplastica, biopsie, polipectomia<br />

Monitoraggio colite distale, riduzione volvolo nel sigma<br />

Planning preoperatorio, riduzione volvolo nel sigma<br />

Cancro, diverticolite, malattie infiammatorie intestinali<br />

Cancro del retto<br />

Massa sigmoidea<br />

Cancro del retto, incontinenza fecale<br />

Prolasso rettale, stipsi cronica<br />

Incontinenza rettale<br />

Sanguinamento, stipsi cronica, cancro recidivo<br />

Sorveglianza neoplastica<br />

Endoscopia<br />

La proctosigmoidoscopia rigida. L’endoscopia rigida è uno dei più<br />

vecchi metodi di diagnosi della patologia colica e rettale. Per l’esame di<br />

routine del colon e la sorveglianza oncologica la proctosigmoidoscopia<br />

rigida è stata sostituita dalla colonscopia. Comunque molti chirurghi<br />

trovano che la proctosigmoidoscopia rigida sia molto utile nello<br />

studio preoperatorio dei pazienti con una patologia rettale. Essa è in<br />

grado di stabilire con precisione la distanza fra il tumore rettale e l’ano,<br />

che rappresenta una misura critica quando si decide se rimuovere<br />

o preservare lo sfintere anale a seguito di intervento di proctectomia.<br />

L’uso della proctosigmoidoscopia rigida è spesso utile durante la chirurgia<br />

per definire il moncone rettale dopo l’intervento di Hartmann.<br />

Anche nel periodo postoperatorio i chirurghi trovano che la sigmoidoscopia<br />

rigida sia utile per esaminare e eventualmente dilatare un’anastomosi<br />

colonrettale bassa. (La discussione delle procedure chirurgiche<br />

più avanti in questo capitolo fornirà una migliore comprensione<br />

delle tre operazioni appena menzionate). La sigmoidoscopia rigida<br />

è anche utile nello studio dei pazienti con ostruzione dell’outlet pelvico,perché<br />

è in grado di dimostrare la presenza di una intussuscezione<br />

rettale e il mancato rilassamento del muscolo pubo-rettale.<br />

Figura <strong>46</strong>-4. Radiografia di un clisma opaco a doppio contrasto che mostra diverticoli<br />

multipli lungo tutto il colon (frecce). Si noti che il bario è refluito dal cieco<br />

nell’ileo terminale (punta di freccia), come comunemente avviene. (Per concessione<br />

di Dina F. Caroline, M.D. Ph.D., Temple University Hospital).


936 ADDOME<br />

La sigmoidoscopia flessibile. Il ruolo attuale della sigmoidoscopia flessibile<br />

è meno chiaro sia rispetto alla colonscopia che la sigmoidoscopia<br />

rigida. Analogamente alla procedura eseguita con strumento rigido, la<br />

sigmoidoscopia flessibile è stata rimpiazzata dalla colonscopia per l’esame<br />

di routine del colon e per la sorveglianza oncologica nei pazienti ad<br />

alto rischio. Il principale vantaggio della sigmoidoscopia flessibile sulla<br />

colonscopia è che può essere eseguita senza sedazione. Il principale<br />

vantaggio rispetto alla sigmoidoscopia rigida è che essa permette l’uso<br />

di un canale operatore (utile per biopsia, polipectomie ed emostasi) per<br />

l’intera lunghezza dell’endoscopio all’interno del colon (generalmente<br />

45 centimetri). Una delle rimanenti indicazioni della sigmoidoscopia<br />

flessibile rimane la valutazione di alcune forme di colite che colpiscono<br />

il colon distale, con per esempio la colite ischemica, la colite attinica, la<br />

colite granulomatosa e la colite ulcerosa.<br />

Colonscopia. La tecnologia dell’endoscopia gastro-intestinale è evoluta<br />

fino ad ottenere immagini molto nitide della mucosa attraverso una videocamera<br />

per documentare i reperti patologici con fotografie a colori.Questa<br />

videocamera è connessa a un computer che può immagazzinare<br />

le immagini selezionate durante la procedura. Analogamente al<br />

clisma opaco, il successo della colonscopia dipende dalla possibilità di<br />

rendere il colon privo di feci. Una delle principali differenze con il clisma<br />

opaco è che la colonscopia richiede generalmente una sedazione.<br />

Conseguentemente, i pazienti richiedono una preparazione prima della<br />

procedura e un breve periodo di osservazione dopo la procedura, prima<br />

di lasciare la sala endoscopica. Il principale vantaggio della colonscopia<br />

è che essa permette procedure operative. Per esempio, se viene<br />

trovato un tumore può esser ottenuta una biopsia mentre se viene visualizzato<br />

un polipo peduncolato esso può essere rimosso nella stessa<br />

seduta. Il valore interventistico della colonscopia è illustrato da uno studio<br />

che ha dimostrato che solo il 6% dei pazienti che hanno eseguito<br />

prima una colonscopia ha richiesto un clisma opaco, mentre il 24% dei<br />

pazienti che sono stati sottoposti ad un clisma opaco o ad una sigmoidoscopia<br />

flessibile più tardi ha richiesto una colonscopia 209 .Comunque<br />

la colonscopia è tecnicamente più difficile e può essere anche impossibile<br />

da eseguire in alcuni pazienti. Per esempio, la colonscopia è tecnicamente<br />

più difficile nelle donne (31% degli esami) che negli uomini<br />

(16% degli esami) a causa di una maggiore lunghezza del colon nelle<br />

donne, specialmente nella regione del colon trasverso 221 . La presenza di<br />

una malattia diverticolare moderata o severa rende la colonscopia più<br />

difficile (23 % degli esami) in confronto con i pazienti con assenza di<br />

diverticoli o malattia diverticolare lieve (4% degli esami). Una preventiva<br />

valutazione del colon con il clisma opaco, se possibile, può evitare<br />

il rischio di una colonscopia difficile 222 .<br />

Sebbene la colonscopia fornisca la visualizzazione diretta della<br />

mucosa, la sensibilità nel rilevare la presenza di lesioni non è il 100%.<br />

Questo è spiegato dal fatto che il colonscopio tende rapidamente ad<br />

attraversare certi tratti del colon, come per esempio la giunzione retto-sigma<br />

e la flessura epatica e splenica. Comunque, la colonscopia<br />

ha rimpiazzato il clisma opaco come metodo iniziale di screening colo-rettale<br />

durante gli anni ’90. L’utilizzo nella colonscopia in pazienti<br />

con basso rischio di neoplasia (per esempio soggetti più giovani di<br />

quarant’anni) suggerisce che queste indicazioni possano essere divenute<br />

negli ultimi anni eccessivamente ampie 24, 125 .<br />

Studio del transito colico<br />

Lo studio del transito colico fornisce informazioni riguardo la motilità<br />

del colon e del retto utilizzando marker radiopachi. Al soggetto vengono<br />

fatti ingerire un certo numero di markers radiopachi, nell’arco di tre<br />

giorni e vengono quindi eseguite radiografie dell’addome senza mezzo<br />

di contrasto dopo 24 ore, 4 e 6 giorni. In ogni radiografia i markers vengono<br />

conteggiati in tre aree principali, la parte sinistra, quella destra e<br />

l’area retto-sigmoidea. Questo studio non richiede alcuna preparazione<br />

particolare prima e dopo la procedura. Un normale transito colico<br />

dovrebbe portare i markers attraverso il colon in 5 giorni. Un transito<br />

rallentato è dimostrato dalla persistenza dei markers oltre il sesto giorno.<br />

A seconda della presenza e della distribuzione dei markers nei radiogrammi<br />

tardivi, la diagnosi di stitichezza può essere determinata e<br />

quindi classificata come inerzia globale, nel caso in cui i markers siano<br />

distribuiti lungo tutto il colon, o come dismotilità segmentaria, se questi<br />

si concentrano in una certa area 41 .Per esempio, il rilievo dei markers<br />

concentrati nell’area retto-sigmoidea è suggestivo di una ostruzione<br />

dell’outlet pelvico 275 .In una serie di 35 pazienti (34 donne e 1 uomo)<br />

con stitichezza severa, un transito colico normale è stato osservato in 7<br />

pazienti (20%), un’inerzia del colon in sei pazienti (17%), una disfunzione<br />

del tratto intermedio del colon in dieci pazienti (29%) e una sindrome<br />

da ostruzione pelvica in 12 pazienti (34%) 126 .<br />

Scintigrafia<br />

La scansione del corpo con una gammacamera dopo la somministrazione<br />

di un tracciante radioattivo sta guadagnando sempre più applicazioni<br />

nell’area della patologia colica e rettale. Il tracciante di globuli<br />

rossi marcati, o scan del sanguinamento, è diventato lo studio di scelta<br />

per le emorragie intestinali basse. Ci sono nuove applicazioni per studiare<br />

il transito intestinale e evidenziare la presenza di un cancro del colon<br />

recidivo (scansione con antigene carcinoembrionale CEA).<br />

L’uso della scintigrafia per studiare il tempo di transito del colon è<br />

una logica estensione del già ben testato esame scintigrafico dello<br />

svuotamento gastrico. La logica di estendere lo studio dello svuotamento<br />

gastrico al colon è duplice. Primo, il tracciante si muove lungo<br />

il colon in un modo prevedibile su un’ampia superficie. Secondo, una<br />

dismotilità gastrica e colica possono coesistere come dismotilità generalizzata.<br />

Quando gli esami dello svuotamento gastrico ed il transito<br />

del piccolo e grande intestino vengono associati in un’unica procedura,<br />

tale studio viene chiamato scintigrafia di transito intestinale<br />

globale. Esso è divenuto uno strumento importante e non invasivo<br />

per documentare dismotilità a carico di ogni segmento del tratto gastrointestinale<br />

160, 191 . La scintigrafia comparata con la diagnosi finale<br />

ottenuta sulla base dei rilievi clinici e con la defecografia, è in grado<br />

di identificare il 75% dei pazienti con stipsi da rallentato transito e il<br />

61% dei pazienti con problemi di ostruzione alla defecazione 161 .<br />

La scintigrafia è stata inoltre testata come metodo di diagnosi della<br />

patologia a carico della mucosa. Un radioisotopo viene rilasciato attraverso<br />

delle capsule a rilascio ritardato e disperde il tracciante lungo tutto<br />

il colon. Le immagini vengono acquisite utilizzando una gamma camera<br />

rotante e ricostruite tridimensionalmente. Sebbene questo metodo<br />

sia ancora sperimentale presenta grandi promesse per il futuro 195 .<br />

Defecografia<br />

La cine-defecografia consiste nella registrazione dell’atto della defecazione<br />

utilizzando un video-fluoroscopio. Analogamente al clisma opaco,<br />

viene richiesta una preparazione intestinale prima dell’introduzione<br />

del contrasto nel retto 272 .Il soggetto procede alla defecazione su di<br />

una comoda radiotrasparente, mentre la pelvi viene inquadrata da vari<br />

angoli con il fluoroscopio. Radiogrammi fissi vengono anche presi per<br />

studiare le relazioni fra il retto, l’ano e le strutture ossee della pelvi. Alcuni<br />

radiologi, per meglio definire le relazioni con le altre strutture pelviche,<br />

somministrano sia del bario per ingestione per contrastare il piccolo<br />

intestino che si impegna nella pelvi, sia del mezzo di contrasto<br />

idrosolubile in vescica ed un tampone impregnato di liquido radiopaco<br />

in vagina. Un’altra sede per l’introduzione del mezzo di contrasto<br />

durante la defecografia è la cavità peritoneale (defecoperitoneografia) 43 .<br />

Alcune delle osservazioni effettuate durante la cinedefecografia sono lo<br />

svuotamento del retto, la deformazione della parete rettale (anteriormente<br />

in caso di rettocele o nel contesto del lume nel caso di intussuscezione),<br />

la tenuta del retto attraverso i meccanismi sfinteriali e il rilassamento<br />

del muscolo pubo-rettale. Le misure che vengono ottenute<br />

attraverso le immagini radiografiche fisse sono l’angolo ano-rettale, la<br />

discesa del perineo e la lunghezza dell’ano. Con l’aggiunta di mezzo di<br />

contrasto in vescica può essere evidenziata la presenza di cistocele mentre<br />

con l’aggiunta di mezzo di contrasto nel piccolo intestino può essere<br />

evidenziata la presenza di un enterocele.<br />

Le anormalità del pavimento pelvico hanno una elevata prevalenza<br />

particolarmente nelle donne e negli anziani. La sola presenza di<br />

un’anormalità non rappresenta comunque l’indicazione per una correzione<br />

chirurgica. In una serie di 744 pazienti (566 donne e 178 uomini)<br />

con una età media di 63,5 anni (range 12-95 anni) la defecografia<br />

ha permesso di evidenziare multiple anormalità a carico del<br />

pavimento pelvico sebbene queste non correlassero con i sintomi<br />

presentati. I disturbi alla presentazione erano rappresentati da stitichezza<br />

(60%), incontinenza fecale (16,5%), prolasso rettale (5,6%),<br />

dolore rettale (11%) e varie combinazioni di questi quattro sintomi<br />

(6,9%). Le anormalità rilevate alla defecografia erano prolasso rettale<br />

(8%) rettocele (25,7%), sigmoidocele (11%), intususcezione<br />

(12,6%), una combinazione dei rilievi precedenti (30%) e nessuna<br />

anormalità (12,5%). L’unico segno radiologico che si correla con i


sintomi di presentazione è stato la contrazione paradossa del muscolo<br />

puborettale nei pazienti affetti da stitichezza 3 .<br />

Quando il sintomo di presentazione sia rappresentato da una ostruita<br />

defecazione e sia l’ecografia che l’esame clinico non siano significativi,<br />

l’introduzione di un mezzo di contrasto all’interno del peritoneo<br />

può rivelare delle anormalità anatomiche. Un enterocele non sospettato<br />

è stato diagnosticato utilizzando la defecoperitoneografia in dieci su<br />

13 pazienti sintomatici 227 . La defecoperitoneografia si è dimostrata<br />

inoltre utile per caratterizzare ulteriormente il peritoneocele in tre forme<br />

distinte: il peritoneocele vaginale, settale, e rettale con o senza enterocele.<br />

Otto su 12 pazienti con peritoneocele rettale presentavano anche<br />

una intussuscezione o prolasso rettale associati 42 .<br />

Per i pazienti affetti da stipsi, risulta utile interpretare i risultati<br />

della defecografia nel contesto dei tempi del transito colico. In una<br />

serie di 80 pazienti affetti da stipsi (età media di 49 anni; range di età<br />

dai 22 agli 87 anni) una preminente depressione a livello del muscolo<br />

pubo-rettale ed un alterato svuotamento del retto sono stati rilevati<br />

nei pazienti che presentavano un lungo tempo di transito, mentre<br />

i pazienti con una ostruzione dell’outlet pelvico presentavano solamente<br />

un inefficiente svuotamento del retto 127 .Un altro studio che<br />

può aiutare nell’interpretazione dei dati della defecografia è rappresentato<br />

dalla manometria ano-rettale 85 .<br />

La proctografia durante l’evacuazione è un altro esame per determinare<br />

la defecazione, sebbene le informazioni che si possono ottenere<br />

da questo studio siano limitate se comparate a quelle ottenibili<br />

con la defecografia. Quando si utilizza questo metodo, un piccolo<br />

pallone non deformabile, connesso a un trasduttore di pressione viene<br />

posizionato all’interno del retto e viene chiesto al paziente di<br />

espellerlo. Una simultanea radiografia con la misurazione della pressione<br />

intra-rettale può dimostrare una prolungata o incompleta evacuazione,<br />

una riduzione del diametro del canale anale e un’angolazione<br />

acuta ano-rettale durante l’evacuazione 99 .Infine, il più recente<br />

sviluppo nel campo della defecografia è rappresentato dalla risonanza<br />

magnetica nucleare. La defecografia dinamica utilizzando la risonanza<br />

magnetica nucleare permette un’ulteriore definizione delle<br />

strutture ano-rettali come delle altre strutture che circondano il canale<br />

ano-rettale 108 .Le misure effettuate durante defecografia dinamica<br />

hanno subito una validazione rispetto a quelle standard ottenute<br />

attraverso una proctografia evacuativa 103 .<br />

Tomografia assiale computerizzata (TAC)<br />

L’uso della TAC sta guadagnando sempre maggiore importanza nel<br />

trattamento dei disturbi del colon e del retto. Come precedentemente<br />

riferito, la TAC è un’indagine diagnostica importante per la stadiazione<br />

dei tumori colici e rettali e per una pianificazione chirurgica. La<br />

TAC può adeguatamente definire l’estensione del tumore nel contesto<br />

della parete addominale e la presenza di fissità rispetto agli organi<br />

circostanti, la presenza di linfonodi metastatici e la presenza di metastasi<br />

a distanza 224 .In più la TAC rappresenta una guida per la chirurgia<br />

illustrando i rapporti fra il colon e gli ureteri ed altri organi come<br />

l’utero, gli annessi e le vescicole seminali. Un metodo descritto per<br />

aumentare l’accuratezza della TAC nel diagnosticare l’invasione locale<br />

da parte di un carcinoma colo-rettale è l’introduzione di mezzo di<br />

contrasto idrosolubile. Nel 30% dei pazienti con carcinoma colo-rettale,<br />

la TAC con mezzo di contrasto idrosolubile ha circa il 60% si sensibilità<br />

e il 79% di specificità nella valutazione del coinvolgimento<br />

linfonodale rispetto ai rilievi istologici 91 .Inoltre la TAC con contrasto<br />

solubile evita la formazione di artefatti possibili con mezzi di contrasto<br />

positivi e permette quindi un’accurata valutazione della parete addominale<br />

e delle strutture pericoliche.<br />

La TAC è divenuta più sensibile nella diagnosi di malattie intrinseche<br />

alla parete addominale, come per esempio condizioni infiammatorie<br />

e l’ischemia. I parametri utilizzati per stabilire l’infiammazione<br />

della parete addominale sono l’ispessimento di parete, includendo<br />

l’omogeneità e la simmetria dello spessore, l’assottigliamento<br />

della sotto-mucosa e la stenosi del lume intestinale. In 38 pazienti<br />

con malattia di Crohn che presentavano due o più di questi rilievi,erano<br />

anche presenti altri parametri relativi all’attività della malattia<br />

come per esempio la velocità di sedimentazione, la proteina C<br />

reattiva e i sieromucoidi. Questa correlazione dimostra un buon valore<br />

predittivo della TAC nello stabilire l’attività della malattia di<br />

Crohn 252 . La TAC è inoltre utile in altre condizioni infiammatorie<br />

del colon come per esempio la colite pseudomembranosa 269 .<br />

COLON E RETTO 937<br />

Nei pazienti che si presentano con raccolte pericoliche la TAC permette<br />

la diagnosi e il trattamento attraverso il posizionamento per<br />

via percutanea di cateteri di drenaggio. Questa manovra ha rappresentato<br />

un enorme impatto del trattamento dei pazienti con perforazioni<br />

viscerali. Prima che il drenaggio percutaneo sotto guida TAC<br />

fosse disponibile, i pazienti con ascesso richiedevano un drenaggio<br />

aperto e in molte circostanze una chirurgia diretta sul colon, creando<br />

la necessità di ileostomie e colostomie. Al giorno d’oggi gli ascessi<br />

in pazienti con una appendicite perforata o una diverticolite o ileite<br />

terminale possono essere drenati per via percutanea ed una volta<br />

che il processo infiammatorio acuto sia stato risolto, la patologia sottostante<br />

può essere trattata con una chirurgia primaria senza ricorrere<br />

al confezionamento di stomie.<br />

Ecografia addominale<br />

L’ecografia addominale presenta alcuni precisi vantaggi sulla radiologia.<br />

A parte la sua natura non radioattiva che permette l’utilizzo<br />

anche nelle donne incinte, l’ecografia addominale è portatile e può<br />

essere eseguita al letto dell’ammalato. Essa può essere anche accompagnata<br />

dall’esame fisico dell’ammalato e da manovre che elicitano<br />

segni specifici. L’apparecchiatura è molto meno costosa e più facile<br />

da utilizzare rispetto allo strumentario della tomografia assiale computerizzata.<br />

Per tutte queste ragioni, l’ecografia addominale sta divenendo<br />

sempre più utilizzata per le patologie di origine colica. Un’altra<br />

indicazione all’ecografia addominale in caso di malattia colo-rettale<br />

è rappresentata dalla identificazione ed il possibile trattamento<br />

di raccolte fluide pericoliche. Le potenziali applicazioni dell’ecografia<br />

nella diagnosi della patologia colica includono la diverticolite, la<br />

malattia di Crohn, il cancro del colon, la colite pseudomembranosa<br />

e l’ischemia 255 .<br />

Il ruolo dell’ecografia addominale nella diagnosi e nel trattamento<br />

dei pazienti con complicanze della malattia diverticolare è molto<br />

ben codificato. L’ecografia è stata confrontata con altri metodi diagnostici<br />

usati nella diagnosi di condizioni infiammatorie non diverticolari<br />

del colon e dell’ileo. In una serie di 45 pazienti con varie condizioni<br />

infiammatorie, l’ecografia ha presentato un’accuratezza<br />

dell’81%, una sensibilità del 70% e una specificità della 93% 202 .L’aggiunta<br />

all’ecografia di uno studio dei flussi mediante il Doppler, consente<br />

un’ulteriore distinzione dell’infiammazione dall’ischemia. In<br />

una serie di 35 pazienti, le differenze nel segnale arterioso e nell’ecostruttura,<br />

hanno consentito la differenziazione fra infiammazione e<br />

ischemia anche quando lo spessore della parete del colon non era significativamente<br />

differente 250 . La tomografia a coerenza ottica è una<br />

nuova tecnica simile all’ecografia B-mode, eccetto per il fatto che essa<br />

utilizza luce infrarossa piuttosto che onde sonore. Ciò che determina<br />

una grande attrazione per questo metodo è l’elevata risoluzione<br />

spaziale (da 10 a 20 millimicron). Finora questa metodica è stata<br />

utilizzata solo sui pezzi chirurgici; comunque essa ha dimostrato una<br />

chiara delineazione della mucosa e della sotto-mucosa ed anche di<br />

strutture come le cripte, il sangue e i noduli linfatici 135 .<br />

Ecografia endorettale<br />

L’ecografia ha trovato una nuova applicazione nella patologia rettale<br />

attraverso l’utilizzo di sonde endoluminali. Questi esami consentono<br />

una sufficiente risoluzione di separare i diversi strati della parete<br />

rettale ed anche di identificare strutture che circondano il retto.<br />

In questo modo, l’ecografia trans-rettale o ecografia endoscopica<br />

può facilmente distinguere il grado di penetrazione di un tumore<br />

rettale. Queste indagini possono anche rilevare un aumento di volume<br />

dei linfonodi perirettali e l’invasione di altre strutture, come il<br />

muscolo elevatore dell’ano e le strutture ossee della pelvi. L’accuratezza<br />

della stadiazione preoperatoria ottenuta attraverso l’ecografia<br />

trans-rettale è stata determinata in 38 pazienti con cancro rettale<br />

che sono poi stati sottoposti a resezione curativa. La accuratezza<br />

diagnostica confrontata con i rilievi di tipo istologico è stata del<br />

76% riguardo alla profondità di invasione (85% di sensibilità e 72%<br />

di specificità). L’accuratezza è risultata solo del 45% per i tumori di<br />

stadio A1 ma dal 90 al 100% in caso di tumori diversi dallo stadio<br />

A1. Diciotto (86%) dei 20 linfonodi metastatici con una invasione<br />

neoplastica massiva sono stati identificati preoperatoriamente dall’ecografia<br />

endoscopica. Otto degli 11 linfonodi metastatici non diagnosticati<br />

erano inferiori ai 4 millimetri e presentavano solo una<br />

minima invasione 124 .


938 ADDOME<br />

A B<br />

Figura <strong>46</strong>-5. Immagini di Risonanza Magnetica. A, Immagine coronale del colon ascendente con la sua vicina relazione con il fegato (freccia vuota). Questa immagine<br />

mostra inoltre l’apice della flessura splenica (freccia piccola) e il colon sigmoideo prossimale (freccia). B, Immagine coronale ad un livello più posteriore rispetto<br />

alla immagine A. Questa immagine mostra la maggior parte del colon sinistro e la sua relazione con lo stomaco (freccia) e il rene sinistro. (Per concessione di Dina<br />

F. Caroline, M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Risonanza magnetica<br />

La risonanza magnetica ha il preciso vantaggio rispetto alla TAC di<br />

non utilizzare radiazioni. La risonanza magnetica permette inoltre di<br />

ottenere immagini coronali e sagittali che sono estremamente utili in<br />

chirurgia colo-rettale dal momento che le tecniche chirurgiche sono<br />

descritte in questi piani (Fig. <strong>46</strong>-5). Due significativi ostacoli per la risonanza<br />

magnetica nucleare sono il movimento e la presenza di gas;<br />

quindi la sensibilità nel diagnosticare lesioni della mucosa non è così<br />

elevata quanto quella della tomografia assiale computerizzata. Questo<br />

spiega i risultati degli studi che dimostravano una più elevata sensibilità<br />

per la TAC comparata alla risonanza magnetica nucleare nella stadiazione<br />

del carcinoma colo-rettale. Il retto è divenuta l’area del tratto<br />

gastrointestinale studiata con maggior successo dalla risonanza<br />

magnetica nucleare 190 . La sua localizzazione anatomica, fissata dal<br />

grasso perirettale e la sua assenza di peristalsi ne fanno l’organo ideale<br />

per essere studiato utilizzando la risonanza magnetica nucleare<br />

(Fig. <strong>46</strong>-6). Sebbene la risonanza magnetica nucleare sia stata usata<br />

primariamente per studiare il carcinoma colon-rettale, altre condizioni<br />

o malattie come per esempio le malformazioni ano-rettali sono<br />

caratterizzate al meglio utilizzando questo tipo di tecnica 257 .<br />

I progressi ottenuti nella tecnologia della miniaturizzazione hanno<br />

permesso l’incorporazione di spirali di superficie della risonanza<br />

magnetica nucleare negli endoscopi. Le immagini ottenute attraverso<br />

la risonanza magnetica endoscopica consentono una chiara definizione<br />

degli strati della parete del colon e del retto 76 . La profondità<br />

di invasione parietale è stata correttamente studiata dalla risonanza<br />

magnetica endoscopica in 16 su 22 pazienti con un carcinoma rettale<br />

178 .Il maggior problema legato alla risonanza magnetica endoscopica<br />

nella stadiazione del cancro rettale è quello di una leggera tendenza<br />

a sovra-stadiare l’infiltrazione parietale ed il coinvolgimento<br />

linfonodale 118 .Comunque l’accuratezza diagnostica della risonanza<br />

magnetica endoscopica è comparabile a quella ottenuta con l’ecografia<br />

endoluminale 121, 169, 276 .<br />

Colonscopia virtuale<br />

La colonscopia virtuale è una tecnica diagnostica sviluppata con l’intento<br />

di sostituire la colonscopia 263 .Analogamente alla tomografia<br />

assiale computerizzata che ha portato un’altra dimensione nell’imaging<br />

radiografico, diverse tecniche vengono attualmente studiate per<br />

ottenere la ricostruzione tridimensionale della mucosa colica 78 (Fig.<br />

<strong>46</strong>-7). Vantaggi potenziali di questo metodo sono la sua natura mini-invasiva<br />

se comparata a quella della colonscopia standard; la più<br />

accurata determinazione delle dimensioni, forme e localizzazioni; e<br />

la possibilità di effettuare diagnosi tissutale basata sui valori numerici<br />

che dipendono da questa tecnica 39 .<br />

Il nome colonscopia virtuale è riferito al principio di rendere l’immagine<br />

della mucosa colica senza la necessità di endoscopia. Comunque<br />

diverse tecniche vengono attualmente sperimentate per raggiungere<br />

questo risultato e nomi più specifici sono utilizzati in riferimento<br />

a ciascuna tecnica. Per esempio la colografia TAC e la colografia<br />

RMN vengono utilizzate per definire la colonscopia virtuale<br />

utilizzando rispettivamente la tomografia assiale computerizzata 267 e<br />

la risonanza magnetica nucleare 152 con tecniche di rendering tridimensionale<br />

della regione anatomica 216 .Le indicazioni potenziali all’utilizzo<br />

di questo metodo includono la diagnosi di polipi e carcinomi,<br />

la stadiazione di forme neoplastiche e la determinazione dell’attività<br />

di malattia in caso di colite ulcerosa 151 .Diversi articoli sono stati<br />

pubblicati al riguardo dello stato attuale della colonscopia virtuale,<br />

le sue future implicazioni e i potenziali ostacoli 79, 215 .<br />

Test ano-rettali<br />

Gli studi funzionali dei processi fisiologici coinvolti nella defecazione sono<br />

essenziali per decidere se vi sia indicazione alla chirurgia in pazienti<br />

Figura <strong>46</strong>-6. Immagine assiale di Risonanza magnetica a livello della fossa ischiorettale.<br />

Si noti l’uretra, la cuffia vaginale e l’ano con la fionda dell’elevatore (freccia).<br />

(Per concessione di Dina F. Caroline, M.D. Ph.D., Temple University Hospital).


Figura <strong>46</strong>-7. Endoscopia virtuale. Scansione assiale di Tomografia computerizzata<br />

del colon ricostruita secondo l’algoritmo computerizzato a mostrare una visione<br />

endoscopica del colon, che riproduce in modo molto simile la reale visione endoscopica.<br />

Due piccoli polipi lisci di natura sessile si notano nella parete inferiore del<br />

colon. (Per concessione di K Hopper, M.D., Pennsylvania State University).<br />

affetti da stipsi cronica o incontinenza fecale 207 . Questi studi consentono<br />

di stabilire la funzione dello sfintere anale, la sensibilità rettale, i riflessi<br />

retto-anali e la compliance rettale. I test elettro-fisiologici come la latenza<br />

terminale del nervo pudendo possono fornire informazioni supplementari<br />

riguardo l’integrità neuro-muscolare. Le tecniche come la vettorografia,<br />

il test alla continenza salina, la planimetria impedenzometrica e<br />

la manometria ano-rettale ambulatoriale prolungata hanno aggiunto<br />

una nuova dimensione alla valutazione complessiva del paziente 206 .<br />

La manometria ano-rettale viene più comunemente eseguita utilizzando<br />

dei cateteri multi-lume ad estremità aperta perfusi con una sostanza<br />

fluida (Arndorfer). Questi cateteri sono connessi ad un trasduttore<br />

e registrano le pressioni dello sfintere interno ed esterno, e la presenza<br />

del riflesso inibitorio ano-rettale. Un’alternativa al sistema Arndorfer<br />

è il sistema di Favre, che utilizza un flusso di aria ed è meno costoso<br />

139 .Un altro metodo per misurare la pressione a riposo del canale<br />

anale è il pallone retto-sfinterico 80 . Quando pazienti affetti da incontinenza<br />

fecale vengono studiati con una manometria ano-rettale, le<br />

donne con una incontinenza fecale idiopatica mostrano molto spesso<br />

anormalità della funzione motoria ano-sfinteriale. Le differenze della<br />

massa muscolare legate al sesso ed eventi traumatici del passato legati<br />

alla nascita possono in parte essere responsabile di questi rilievi 175 .<br />

L’incontinenza fecale può essere dovuta a una lesione diretta del<br />

muscolo dello sfintere, alla denervazione dei muscoli dello sfintere dovuta<br />

ad una lesione del nervo pudendo o ad una combinazione dei due<br />

fattori 122 .Per stabilire la causa dell’incontinenza e pianificare la più efficace<br />

forma di terapia, uno studio della latenza del terminale del nervo<br />

pudendo è essenziale, in aggiunta alla manometria ano-rettale. La<br />

neuropatia pudenda è diagnosticata in circa il 70% dei pazienti sottoposti<br />

a studio per incontinenza ed è più comune nelle donne (75%)<br />

che negli uomini (50%) 213 .Studi sulla sensibilità rettale in concomitanza<br />

con una manometria ano-rettale hanno mostrato che i pazienti<br />

che presentano perdite fecali notturne e diurne hanno una discrepanza<br />

fra la sensibilità rettale ed il rilassamento anale 111 .Studi della funzione<br />

ano-rettale sono anche utili per rilevare cambiamenti indotti<br />

dalla chirurgia eseguita per problemi del pavimento pelvico. Per esempio<br />

i valori postoperatori del test di latenza del terminale del nervo pudendo<br />

rispetto ai valori iniziali possono essere prolungati e condurre<br />

alla incontinenza dopo interventi chirurgici eseguiti per prolasso rettale<br />

37 .I test ano-rettali sono anche utili nello studio dei pazienti con<br />

stipsi. Una volta che la diagnosi di stipsi sia stata determinata da uno<br />

studio del transito colico minutato, la manometria colica può essere<br />

usata per una ulteriore caratterizzazione del tipo di stipsi 50, 239 .<br />

COLON E RETTO 939<br />

Analisi delle feci<br />

In tutti i pazienti chirurgici con diarrea, un campione delle feci dovrebbe<br />

essere inviato al laboratorio di microbiologia per eventuale<br />

isolamento di patogeni ed eseguire il test per rilevare la presenza della<br />

tossina del Clostridium difficile. In casi controversi, la differenziazione<br />

fra una diarrea da malassorbimento e di tipo secretorio può essere<br />

fatta misurando gli elettroliti e la osmolalità delle feci. Il gap<br />

osmotico è calcolato sottraendo la somma degli gli ioni Na + e K + e<br />

moltiplicata per due dalla osmolalità misurata. Un gap osmotico negativo<br />

è indicativo di una diarrea di tipo secretorio mentre un gap positivo<br />

indica una diarrea da malassorbimento. Una diagnosi di diarrea<br />

da malassorbimento può essere ulteriormente studiata con la misurazione<br />

del grasso contenuto nelle feci. Una escrezione di più di 7 grammi<br />

di grasso al giorno è diagnostica per steatorrea. Quando la raccolta<br />

delle feci è impossibile per esempio nei pazienti con incontinenza<br />

fecale, la colorazione di un campione fecale con colorante di Sudan<br />

può rilevare malassorbimento di grassi. In più l’analisi delle urine per<br />

la ricerca di lassativi può evidenziare la presenza di una non dichiarata<br />

assunzione di lassativi. Il dosaggio ematico della gastrina, del peptide<br />

vasoattivo intestinale e di altri enteroormoni dovrebbe essere effettuato<br />

quando la storia o gli esami delle feci suggeriscono la presenza<br />

di una diarrea di tipo secretorio di origine endocrina.<br />

In aggiunta alle analisi sugli elettroliti e agli esami microbiologici, le<br />

feci possono essere utilizzate per lo studio dell’infiammazione colica e<br />

dello sviluppo neoplastico. Cambiamenti specifici della concentrazione<br />

di citochine nelle feci sono stati descritti in pazienti con malattie infiammatorie<br />

intestinali 218 .Similmente, mutazioni cellulari che predispongono<br />

allo sviluppo di un carcinoma colon-rettale possono essere<br />

studiate utilizzando campioni di feci 233 . La mutazione dell’oncogene Kras<br />

può essere rilevata nelle feci dei pazienti con adenomi di tipo sporadico<br />

o affetti da cancro 208 . La mutazione dell’oncogene K-ras è stata<br />

rilevata in 10 di 40 pazienti (25%) affetti da cancro e in 3 di 10 pazienti<br />

(30 %) portatori di adenoma 137 .In più, la mutazione K-ras è stata rilevata<br />

nei campioni di feci di circa il 15% di pazienti selezionati con una<br />

pancolite di vecchia data 4 .L’analisi delle mutazioni igieniche è quindi<br />

fattibile sul DNA isolato dalle feci nei pazienti con malattie infiammatorie<br />

intestinali, ma se si dimostrerà clinicamente utile nel determinare<br />

il rischio di cancro nei pazienti con colite ulcerosa è ancora incerto.<br />

PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO<br />

La microflora batterica del colon è importante per l’attività di questo<br />

organo sia nel soggetto sano che in quello malato. Più importante per<br />

il chirurgo tuttavia è l’effetto che le caratteristiche qualitative e quantitative<br />

di questa microflora hanno sul risultato della chirurgia colica.<br />

L’analisi della letteratura disponibile suggerisce che la percentuale<br />

delle infezioni differita nei pazienti sottoposti a chirurgia colica che<br />

non hanno ricevuto terapia antibiotica profilattica è attorno al 75%<br />

dei casi. Con il passare degli anni gli sforzi della ricerca si sono focalizzati<br />

sulla comprensione di questa interazione, e i tentativi sono stati<br />

indirizzati al controllo dell’ambiente per facilitare procedure chirurgiche<br />

sicure. I metodi utilizzati per la preparazione dell’intestino<br />

sia per le procedure endoscopiche che chirurgiche sono evoluti a partire<br />

dagli anni ’60. La comprensione delle basi scientifiche di questa<br />

evoluzione è critica per i chirurghi coinvolti nella pianificazione e nel<br />

trattamento dei pazienti con malattie del colon.<br />

Metodi meccanici<br />

La maggior parte del peso delle feci a secco è costituito dai batteri.<br />

Per ridurre la massa delle feci e dei batteri all’interno del colon, la pulizia<br />

meccanica del colon costituisce da lungo tempo parte integrante<br />

delle procedure di anti-sepsi intestinale e della preparazione del<br />

colon. Comunque, sembra che la preparazione meccanica del colon<br />

da sola non produca una significativa riduzione delle colonie batteriche<br />

all’interno del colon. Per molti anni, la preparazione meccanica<br />

dell’intestino era consistita in un periodo di tre giorni durante i<br />

quali il paziente veniva mantenuto a dieta liquida ricevendo farmaci<br />

di tipo lassativo e purgativo. Sebbene i dettagli di ogni specifico schema<br />

variassero da chirurgo a chirurgo, tutti presentavano importanti<br />

problemi per il paziente. Le principali difficoltà associate a questi<br />

schemi erano costituite dall’eccessivo tempo di preparazione, dall’affaticamento<br />

e dall’insoddisfazione dei pazienti che risultava quindi<br />

in una scarsa collaborazione.


940 ADDOME<br />

Approssimativamente attorno al 1990, il lavaggio del colon utilizzando<br />

una diversa varietà di soluzioni fu introdotto come alternativa della<br />

preparazione di tre giorni. I primi tentativi di lavaggio del colon furono<br />

condotti utilizzando una soluzione salina. L’utilizzo di soluzioni saline<br />

era associato con una ritenzione di acqua e di sodio specialmente nei pazienti<br />

anziani. Questo schema fu dapprima modificato includendo l’uso<br />

di mannitolo per via orale, e più tardi di polyethylene glycolo (PEG). Le<br />

soluzioni commercialmente disponibili comprendono una formula bilanciata<br />

di elettroliti e sostanze aromatiche. Studi clinici hanno esaminato<br />

l’efficacia di queste soluzioni comparate con la preparazione meccanica<br />

di tre giorni, determinando che le soluzioni di PEG ed elettroliti<br />

sono sicure, meglio tollerate e più economiche. Un volume di circa 4 litri<br />

con PEG ed elettroliti introdotto per bocca il giorno prima dell’intervento<br />

chirurgico è diventato la procedura standard per la preparazione<br />

meccanica dell’intestino per la chirurgia colica di elezione.<br />

A causa delle restrizioni imposte dalle compagnie assicurative, tutti<br />

i pazienti vengono sottoposti alla preparazione intestinale e meccanica<br />

per la chirurgia del colon a domicilio e sono quindi ricoverati<br />

in ospedale il giorno stesso dell’intervento chirurgico. Sebbene la<br />

maggior parte dei pazienti tolleri bene questo tipo di preparazione,<br />

molti possono presentare nausea, vomito e disidratazione. I pazienti<br />

particolarmente a rischio per questi effetti collaterali sono quelli affetti<br />

da colite, da lesioni parzialmente stenosanti e gli anziani.<br />

Antibiotici<br />

Il razionale d’uso preoperatorio degli antibiotici per i pazienti che devono<br />

essere sottoposti a chirurgia colica è quello di ridurre il numero<br />

dei batteri all’interno del colon. Sebbene questo concetto sia largamente<br />

accettato, continua ad esserci controversia riguardo l’efficacia di una<br />

terapia orale rispetto ad una terapia parenterale ed alla selezione di specifici<br />

agenti anti-microbici. Nel 1973, Nichols ha dimostrato il beneficio<br />

di una terapia antibiotica non assorbibile assunta per via orale in<br />

combinazione con la pulizia meccanica del colon rispetto a pazienti<br />

trattati solo con la preparazione intestinale. I rilievi di questo studio<br />

seppure limitato sono stati confermati alcuni anni dopo in uno studio<br />

prospettico randomizzato multi-istituzionale. Questo studio comprendente<br />

più di mille pazienti sottoposti a chirurgia colica, ha suggerito che<br />

non vi è alcun significativo beneficio dall’aggiunta di una terapia antibiotica<br />

per via parenterale ad un’appropriata procedura di preparazione<br />

meccanica dell’intestino associata a terapia antibiotica per via orale<br />

81 .Un largo numero di studi ha in seguito tentato di identificare il farmaco<br />

ideale per la preparazione anti-microbica per via orale o parenterale.<br />

Sono alcune le caratteristiche che ogni regime antibiotico profilattico<br />

ideale, sia esso orale o parenterale dovrebbe includere. Il regime selezionato<br />

dovrebbe consentire un’ampia soppressione della flora fecale<br />

con una elevata attività contro batteri aerobi ed anaerobi. La tossicità<br />

dovrebbe essere minima e non dovrebbe esservi selezione di microrganismi<br />

resistenti. Inoltre, l’utilizzo di un singolo farmaco somministrato<br />

per un tempo breve è preferibile all’utilizzo di più farmaci ed il farmaco<br />

dovrebbe essere di costo limitato. I farmaci più comunemente utilizzati<br />

per l’antibioticoterapia orale preoperatoria sono la neomicina e<br />

l’eritromicina o il metronidazolo. Questi farmaci sono generalmente<br />

somministrati alle ore 13, 14 e 22 del giorno prima dell’intervento chirurgico.<br />

Si era inizialmente pensato che l’assorbimento di questi farmaci<br />

non fosse desiderabile. Attualmente si ritiene che la presenza di livelli<br />

tissutali del farmaco in siti diversi e distanti dal colon possa aiutare i<br />

normali meccanismi di difesa dell’individuo quando per esempio avvenga<br />

la contaminazione della ferita.<br />

Appropriati regimi di terapia antibiotica parenterale dovrebbero<br />

includere farmaci che hanno una elevata attività contro gli aerobi ed<br />

anaerobi. Diversi studiosi hanno rivisto schemi di antibioticoterapia<br />

composti da più farmaci che includono gli aminoglicosidi, il metronidazolo<br />

o la clindamicina rispetto a schemi composti da un singolo<br />

antibiotico. Le cefalosporine di seconda generazione hanno guadagnato<br />

una notevole popolarità come agente di antibioticoprofilassi.<br />

Comunque queste combinazioni o singoli agenti non sono efficaci<br />

contro gli streptococci di gruppo D (enterococchi). Diversi studi<br />

hanno confrontato le cefalosporine di terza generazione usate in singola<br />

dose con una somministrazione multidose di cefalosporine di<br />

seconda generazione. In futuro nuovi antibiotici saranno certamente<br />

sviluppati e forse la comprensione dei fattori individuali che determinano<br />

il responso all’infezione clinica andrà di pari passo con lo<br />

sviluppo di nuove tecniche per l’antisepsi intestinale e del colon.<br />

In un’indagine condotta fra chirurghi colonrettali negli Stati Uniti<br />

d’America è risultato che tutti i chirurghi utilizzano forme diverse di<br />

preparazioni meccaniche intestinali. Il 70% utilizza soluzioni con<br />

PEG, mentre il 30 % utilizza sodio fosfato con o senza bisacodyl ed i<br />

metodi tradizionali di restrizione alimentare, agenti cataretici e clismi.<br />

La maggior parte dei chirurghi (86,5%) aggiunge al regime di preparazione<br />

intestinale antibiotici per via orale e parenterale; l’11,5% utilizza<br />

solo antibiotici per via parenterale, l’1,1% utilizza solo antibiotici<br />

per via orale e lo 0,9% non utilizza antibiotici. In generale (77,8%<br />

dei casi) la neomicina, l’eritromicina o il metronidazolo per via orale<br />

vengono associati con antibiotici per via parenterale. La grande maggioranza<br />

dei pazienti riceve la preparazione a casa il giorno prima dell’intervento<br />

chirurgico e riceve la somministrazione degli antibiotici<br />

endovena una o due ore prima dell’intervento 181 .<br />

PROCEDURE CHIRURGICHE<br />

Colectomia<br />

L’escissione del colon può essere effettuata con resezioni segmentarie<br />

(colectomie parziali) o rimuovendo il colon in toto (colectomia totale<br />

addominale). L’emicolectomia destra, sinistra e la resezione di sigma<br />

sono tutte colectomie parziali, che sono indicate sia in presenza di<br />

cancro del colon, di malattia diverticolare, di volvoli intestinali e di<br />

sanguinamenti localizzati in una specifica area del colon (Figg. <strong>46</strong>-8 e<br />

<strong>46</strong>-9). La colectomia totale addominale è indicata in caso di colite ulcerosa,<br />

colite granulomatosa (malattia di Crohn limitata al colon),<br />

poliposi adenomatosa familiare e sanguinamento colico massivo senza<br />

una identificabile fonte di emorragia. I passi più importanti per<br />

eseguire gli interventi di colectomia consistono nella identificazione e<br />

nella preservazione delle strutture che circondano il colon e nel raggiungimento<br />

del controllo degli apporti vascolari del colon.<br />

Fra le strutture che vanno identificate e preservate durante l’intervento<br />

di colectomia vi sono il duodeno e l’uretere destro qualora<br />

venga mobilizzato il colon di destra, la capsula splenica e l’uretere di<br />

sinistra qualora venga mobilizzato il colon sinistro. I rami dell’arteria<br />

ileocolica che vascolarizzano il cieco e dell’arteria colica destra<br />

che vascolarizzano il colon ascendente vengono comunemente controllati<br />

senza difficoltà. Ottenere il controllo dei vasi colici medi può<br />

Figura <strong>46</strong>-8. Procedure chirurgiche per cancro del colon localizzato a destra, diverticoli<br />

del sigma, e cancro del retto inferiore. L’emicolectomia destra (A) comprende<br />

la resezione di alcuni centimetri di ileo terminale e del colon trasverso<br />

sino ai rami di divisione destri e sinistri dell’arteria colica media. La resezione di<br />

sigma (B) consiste nella rimozione del tratto compreso fra il colon discendente<br />

parzialmente retroperitoneale ed il retto. Una resezione addomino-perineale del<br />

retto è eseguita con un approccio combinato addominale e perineale con la resezione<br />

completa del retto e dell’ano.


Figura <strong>46</strong>-9. Intervento chirurgico per cancro localizzato del colon trasverso e<br />

del retto superiore. L’adenocarcinoma del colon trasverso è trattato con una<br />

emicolectomia destra allargata (A) con legatura dei rami della colica media alla<br />

loro origine. L’adenocarcinoma del retto superiore richiede una resezione anteriore<br />

di retto (C). Per ristabilire la continuità del colon la flessura splenica viene<br />

mobilizzata dal quadrante superiore sinistro (B).<br />

presentare maggiori difficoltà, particolarmente in quei pazienti che<br />

presentano un mesocolon ispessito con vasi particolarmente brevi. Il<br />

maggior rischio in questa zona è rappresentato dalla possibile avulsione<br />

della vena colica media dalla vena mesenterica superiore. L’arteria<br />

colica sinistra, le arterie sigmoidee e l’arteria emorroidaria superiore<br />

sono solitamente controllate senza difficoltà. Il chirurgo, basandosi<br />

sulle immagini preoperatorie, può essere in grado di prevedere<br />

un’aumentata difficoltà nella identificazione degli ureteri. Questa<br />

evenienza può essere comune nei casi di colite granulomatosa, di<br />

tumori colici ad estensione posteriore verso il retroperitoneo. In questi<br />

pazienti, la maggior parte dei chirurgi scegli di sottoporre il paziente<br />

ad una cistoscopia all’inizio dell’intervento e di posizionare<br />

dei tutori all’interno degli ureteri per facilitare la loro identificazione<br />

durante la dissezione retroperitoneale.<br />

Cellule di sfaldamento delle neoplasie coliche sono in grado di<br />

reimpiantarsi e di generare a loro volta i tumori metastatici. Per questa<br />

ragione, la tecnica “no-touch” è stata proposta per il trattamento<br />

dei tumori colici 236 . Questa tecnica consiste nell’isolamento del tumore<br />

all’interno del lume posizionando legature attorno alla parete<br />

del colon prossimalmente e distalmente al tumore. Quindi i vasi vengono<br />

legati il più possibile vicino all’origine per le arterie, e più a ridosso<br />

possibile alle principali tributarie per le vene. Alcuni chirurghi<br />

dopo avere effettuato una resezione del colon di sinistra per cancro<br />

scelgono di irrigare il lume del retto con soluzioni tumoricide.<br />

Proctectomia<br />

L’escissione del retto può essere effettuata includendo l’ano e le strutture<br />

sfinteriali (resezione addominoperineale - APR) oppure attraverso<br />

un approccio addominale preservando l’ano e le strutture sfinteriali<br />

(resezione anteriore di retto - LAR). Durante gli anni ’90, il numero<br />

delle APR è significativamente diminuito, lasciando spazio ad un aumentato<br />

numero di LAR. Alcune delle ragioni di questo cambiamento<br />

sono da ricercare nell’uso della radioterapia preoperatoria e nell’uso di<br />

strumenti di sutura meccanici per la ricostruzione della continuità intestinale<br />

nei pazienti con neoplasie distali del retto. Per molti anni i chirurghi<br />

hanno utilizzato la regola del dito per stabilire se i pazienti con<br />

cancro del retto richiedessero una resezione addominoperineale. In accordo<br />

con questa regola, ogni tumore che può essere raggiunto dal dito<br />

posizionato attraverso l’ano richiede una escissione con inclusione<br />

COLON E RETTO 941<br />

degli sfinteri (resezione APR). Sebbene molti chirurghi seguano ancora<br />

questa regola, ve ne sono altri che possono preservare l’ano se il tumore<br />

rettale presenta una regressione con la radioterapia preoperatoria.<br />

Analogamente alle colectomie, le difficoltà nell’effettuare le colostomie<br />

sono dipendenti dalla preservazione delle strutture circostanti e dal<br />

controllo della vascolarizzazione. A parte entrambi gli ureteri, le principali<br />

strutture da preservare durante l’escissione del retto sono rappresentate<br />

dal plesso nervoso pelvico. Le due maggiori complicazioni della<br />

resezione addominoperineale sono rappresentate dalla vescica neurologica<br />

e dalle disfunzioni sessuali (impotenza e eiaculazione retrograda)<br />

determinate dalla lesione del plesso nervoso pelvico. Nel passato<br />

la maggior parte della dissezione del retto veniva effettuata per via<br />

smussa e questo determinava una significativa perdita ematica. Con<br />

l’ausilio di migliori retrattori autostatici, di una migliore illuminazione<br />

e l’ausilio di varie modalità di emostasi, la resezione addominoperineale<br />

può essere effettuata con minimo rischio di lesione del plesso pelvico<br />

e senza una significativa perdita ematica.<br />

Ripristino della continuità intestinale<br />

dopo resezione<br />

Dopo l’escissione del colon e del retto, la continuità intestinale può essere<br />

ripristinata in modi differenti. Dopo escissione del colon destro,<br />

l’ileo terminale viene anastomizzato al colon trasverso mediante un’anastomosi<br />

ileocolica. Dopo una colectomia parziale, i margini del colon<br />

vengono anastomizzati fra di loro (anastomosi colo-colica). Dopo<br />

escissione del colon di sinistra, il colon trasverso viene mobilizzato<br />

verso il basso e anastomizzato al retto mediante un’anastomosi colorettale.<br />

Dopo una colectomia totale addominale l’ileo viene anastomizzato<br />

al retto, creando un’ anastomosi ileocolica. In caso di anastomosi<br />

ileocolica è necessario che il segmento rettale rimanente sia di almeno<br />

18-20 centimetri perché il paziente abbia una soddisfacente funzione<br />

intestinale postoperatoria. Questo non sempre può essere possibile.<br />

I pazienti che perdono parte del retto dovranno modificare la loro<br />

dieta e assumere dei farmaci per consentire l’allungamento del tempo<br />

di transito intestinale ed aumentare la distensibilità del retto 14 .<br />

Quando tutto il retto venga escisso con o senza rimozione del colon,<br />

la creazione di un’anastomosi diretta con l’ileo o il colon con l’ano può<br />

determinare problemi nella defecazione; questi includono l’urgenza alla<br />

defecazione, la diarrea, l’incontinenza, il tenesmo e perdite fecali parcellari.<br />

Per mantenere un’adeguata funzione defecatoria, il retto può venire<br />

rimpiazzato da una tasca confezionata con l’ileo o con il colon.<br />

Questo viene ottenuto unendo l’ansa dell’intestino sezionato, latero-la-<br />

Figura <strong>46</strong>-10. Confezionamento di una pouch ileale a J utilizzando una suturatrice<br />

lineare. Per la sostituzione del retto viene creato un reservoir mediante la<br />

piegatura dell’ileo terminale o del colon discendente. La suturatrice lineare unisce<br />

due segmenti di intestino apponendo due file di sutura e contemporaneamente<br />

seziona la parete fra le due linee di sutura. Il diametro della pouch creata<br />

è doppio rispetto a quello dell’ansa normale.


942 ADDOME<br />

teralmente, prima di connetterla all’ano (Fig. <strong>46</strong>-10). Dopo una procto-colectomia,<br />

la continuità intestinale è ripristinata utilizzando una tasca<br />

ileale che viene anastomizzata all’ano (IPAA), intervento anche conosciuto<br />

con il nome di procto-colectomia restaurativa o anastomosi<br />

ileo-anale (Fig. <strong>46</strong>-11). Questo è l’intervento di scelta in pazienti affetti<br />

da colite ulcerosa o da poliposi adenomatosa familiare. A seconda dell’estensione<br />

della proctolectomia molti chirurghi sono oggi inclini a<br />

creare una tasca colica mentre altri preferiscono ancora confezionare<br />

un’anastomosi colo-anale diretta 96, 107, 110 .<br />

Esteriorizzazione dell’intestino<br />

Le procedure chirurgiche sul colon e sul retto determinano una più elevata<br />

incidenza di complicanze rispetto agli interventi chirurgici sullo<br />

stomaco e sul piccolo intestino. Alcune delle complicanze possibili dopo<br />

chirurgia colo-rettale sono rappresentate dalla deiscenza parziale o<br />

totale dell’anastomosi, da ascessi intra-addominali e dall’insorgenza di<br />

una peritonite. Vari fattori sono implicati nell’aumento dell’incidenza<br />

dei fallimenti anastomotici, in particolare la presenza di un’alta carica<br />

batterica nel lume, l’elevata pressione endoluminale, la vascolarizzazione<br />

dei monconi intestinali e l’aumentata attività delle collagenasi. Per<br />

queste ragioni il ripristino della continuità dell’intestino viene spesso<br />

Figura <strong>46</strong>-12. Uso della suturatrice lineare per la chiusura del retto durante la<br />

escissione del retto superiore e del colon sigmoideo. Una suturatrice lineare<br />

permette il controllo di un moncone rettale all’interno della pelvi in preparazione<br />

dell’anastomosi fra il colon discendente ed il retto. Prima dell’introduzione delle<br />

suturatrici meccaniche questo tipo di anastomosi era tecnicamente impossibile<br />

a causa della mancanza di esposizione e di spazio nella pelvi per realizzare una<br />

sutura manuale fra il colon e il retto.<br />

Figura <strong>46</strong>-11. Pouch ileale con anastomosi ileo-anale e ileostomia per diversione<br />

(IPAA). La pouch a J viene posizionata e sistemata all’interno della pelvi ed ancorata<br />

alla cuffia dei muscoli rettali. Una deiscenza della IPAA può essere catastrofica a<br />

causa della sepsi pelvica sulla funzione della pouch. Quindi, nei pazienti con alto rischio<br />

di deiscenza, la IPAA viene protetta con una ileostomia prossimale che devia il<br />

flusso fecale fino a quando l’anastomosi sia completamente consolidata (8-12 settimane).<br />

Le condizioni che mettono i pazienti a rischio di deiscenza sono la pregressa<br />

assunzione di farmaci immunosoppressori, infezioni acute in atto, severi stati di<br />

malnutrizione e tensione sull’anastomosi.<br />

differito ad un seguente atto chirurgico o quando le condizioni di guarigione<br />

siano più favorevoli 67 .Le tipiche condizioni in cui l’intestino è<br />

esteriorizzato sono rappresentate dagli interventi chirurgici effettuati,<br />

in particolare sul colon sinistro, senza un’adeguata preparazione intestinale<br />

in presenza di infezioni e nei pazienti molto debilitati. Alcuni<br />

esempi di indicazione alla colostomia sono rappresentati dalle lesioni<br />

penetranti del colon sinistro e dalla diverticolite complicata da un<br />

ascesso. Comunque, con l’aumentata frequenza delle lesioni coliche sia<br />

nella vita civile che in guerra, l’obbligo di eseguire delle colostomie di<br />

diversione è stato messo in dubbio da molti chirurghi 68, 70, 94, 138 .Le ileostomie<br />

possono anche rendersi necessarie nei pazienti con malattie infiammatorie<br />

intestinali che giungono alla chirurgia dopo aver ricevuto<br />

alte dosi di farmaci immunosoppressivi (ciclosporina, metotrexate e<br />

prednisone).<br />

Quando il flusso delle feci viene deviato attraverso la parete addominale,<br />

l’intestino distalmente all’ileostomia o alla colostomia può essere<br />

trattato con una semplice chiusura o può essere anch’esso esteriorizzato.Un<br />

esempio di chiusura dell’intestino distale è la procedura secondo<br />

Hartmann, nella quale dopo la rimozione del sigma il colon discendente<br />

viene esteriorizzato con una colostomia terminale ed il moncone<br />

rettale viene chiuso e abbandonato nella pelvi. Qualora il segmento distale<br />

dell’intestino venga anch’esso esteriorizzato attraverso la parete<br />

addominale la procedura viene definita come fistola mucosa. Una colostomia<br />

a “loop” o a doppia canna viene eseguita tipicamente nei casi<br />

in cui la diversione delle feci sia temporanea. Questo viene generalmente<br />

ottenuto con l’esteriorizzazione di un segmento di colon e quindi<br />

effettuando un’apertura sull’ansa dell’intestino attraverso la tenia.<br />

Alcuni interrogativi sono stati posti sul fatto se questo tipo di intervento<br />

sia realmente escludente. Per rispondere a questa domanda, molti<br />

chirurghi hanno utilizzato la pratica di chiudere il segmento intestinale<br />

distale creando così una colostomia terminale. Sebbene il confezionamento<br />

di una colostomia sul colon trasverso sia considerata soddisfacente<br />

come stomia temporanea essa non dovrebbe essere confezionata<br />

in caso di diversione permanente. Diversi problemi possono presentarsi<br />

con questo tipo di stomia che, sebbene non in grado di mettere<br />

a repentaglio la vita del paziente, può causare notevoli fastidi e problemi<br />

per i pazienti. Il materiale fecale frequentemente eliminato attraverso<br />

una colostomia sul trasverso è generalmente di consistenza semiliquida<br />

e per questo motivo ottenere una soddisfacente tenuta delle<br />

placche colostomiche può essere talvolta molto difficile. In più le dimensioni<br />

della stomia sono generalmente molto grandi, fattore che<br />

complica la gestione e l’applicazione delle placche colostomiche. Inoltre<br />

con questo tipo di stomie, vi è un più elevato rischio di prolasso e di<br />

ernie parastomali rispetto alle ileostomie o alle colostomie confezionate<br />

sul colon discendente. In generale, una diversione fecale permanente<br />

può essere meglio ottenuta con la creazione di una ileostomia piuttosto<br />

che di una colostomia a doppia canna effettuata sul segmento prossimale<br />

di colon trasverso.<br />

Ileostomie e colostomie temporanee possono essere riconvertite,<br />

ricanalizzando il paziente con una successiva operazione dopo 8-12<br />

settimane a seconda delle preferenze del chirurgo. La ricanalizzazione<br />

dei pazienti con ileostomia e colostomia non è una procedura fa-


Figura <strong>46</strong>-13. Uso di una suturatrice circolare per unire il colon discendente<br />

ed il moncone rettale dopo una resezione anteriore di retto. La suturatrice<br />

circolare appone diverse file di graffette metalliche fra il colon e<br />

il retto tagliando l’eccesso di intestino mediante una lama circolare. Questa<br />

tecnica di anastomosi è anche conosciuta con il nome di anastomosi<br />

colo-rettale con doppia sutura meccanica.<br />

cile. Vi è un significativo rischio di complicanze associato con questo<br />

tipo di intervento e questo motivo dovrebbe essere attentamente<br />

considerato nel momento in cui si decida di crearne una 69 .Tutti i pazienti<br />

che richiedono una resezione addominoperineale richiederanno<br />

una colostomia permanente. Generalmente questi pazienti sono<br />

affetti da cancro rettale o da malattia di Crohn perianale severa.<br />

La stomia ideale dovrebbe attraversare la parete addominale attraverso<br />

la guaina dei muscoli retti. Il posizionamento della stomia in questa<br />

zona riduce la possibilità di ernie parastomali. La formazione di ernie<br />

interne intorno alla ileostomia o una colostomia può essere evitata<br />

fissando il mesentere della rispettiva ansa e chiudendo il difetto con una<br />

serie di punti staccati. Il punto chiave per realizzare un’adeguata stomia<br />

cutanea per permettere l’applicazione delle placche colostomiche è<br />

quello di estroflettere un adeguato segmento di mesentere attraverso la<br />

breccia cutanea della stomia riducendo al minimo la tensione. Idealmente<br />

si dovrebbe tendere ad ottenere una colostomia che sebbene non<br />

elevata quanto una ileostomia sia comunque elevata sulla cute di almeno<br />

mezzo centimetro fino ad un centimetro, questo per permettere<br />

l’applicazione ed un adeguato posizionamento della sacca colostomica.<br />

La frequenza con la quale i pazienti eliminano le feci attraverso le colostomie<br />

varia da soggetto a soggetto. In alcuni casi, la frequenza di evacuazione<br />

può essere regolata con la dieta.<br />

Nel passato le ileostomie e le colostomie presentavano un maggior<br />

inconveniente determinato dalla possibilità di perdite fecali. Comunque<br />

la presenza di una ileostomia o di una colostomia non dovrebbe<br />

condizionare la qualità della vita di un individuo. Questo è in parte dovuto<br />

al progresso delle tecniche chirurgiche ed in parte al miglioramento<br />

tecnologico che ha permesso di realizzare delle placche per stomie<br />

molto sicure ed affidabili. La tecnologia per il trattamento delle stomie<br />

è ancora in fase di evoluzione, e molti gruppi stanno lavorando utilizzando<br />

dei plugs e dei sistemi di irrigazione per eliminare il flusso incontrollato<br />

delle feci attraverso il sacchetto esterno. Un’altra alternativa<br />

alla ileostomia permanente è il confezionamento di un reservoir intraaddominale,<br />

o tasca di Kock. Questa tasca interna è confezionata utilizzando<br />

l’ileo terminale e contiene una valvola che previene l’involontario<br />

flusso delle feci. Questa tasca viene quindi connessa all’esterno attraverso<br />

la parete addominale nell’area pubica attraverso un piccolo<br />

stoma cutaneo. I pazienti introducono quindi uno speciale tubo all’interno<br />

di questa stomia per interrompere il meccanismo della continenza<br />

della valvola e permettere quindi alle feci di fluire al di fuori del reservoir.<br />

Con l’avvento delle IPAA questo tipo di reservoir è divenuto<br />

una seconda scelta nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per<br />

rettocolite ulcerosa e poliposi adenomatosa familiare.<br />

Qualora venga pianificata la creazione di una ileostomia o di una<br />

colostomia ancor di più dopo la creazione di una stomia non precedentemente<br />

prevista, l’assistenza di un enterostomista risulta estremamente<br />

preziosa. Gli enterostomisti sono infermieri specializzati<br />

nell’assistenza di pazienti portatori di stomie. Essi possono incontrare<br />

il paziente prima dell’intervento e scegliere la miglior localizzazione<br />

della colostomia e ileostomia sulla parete addominale. Una volta<br />

che la stomia sia stata creata, essi assistono il paziente insegnandogli<br />

come scegliere il sacchetto più opportuno per fargli acquisire le necessarie<br />

capacità per gestione sicura ed efficace della stomia.<br />

COLON E RETTO 943<br />

Suturatrici meccaniche<br />

L’introduzione delle suturatrici meccaniche nella chirurgia del colon e<br />

del retto ha rappresentato il passo più importante per la riduzione delle<br />

complicanze in questo tipo di chirurgia. Il principale vantaggio delle<br />

suturatrici meccaniche è che esse permettono di chiudere, sezionare e<br />

ricongiungere l’intestino in luoghi dell’addome e della pelvi che non<br />

possono essere raggiunti dalle mani. Quindi, le suturatrici meccaniche<br />

hanno ridotto la necessità di stomie temporanee e permanenti ed hanno<br />

inoltre ridotto il grado di contaminazione della cavità peritoneale<br />

con il contenuto intestinale del colon e del retto. Inoltre, il trattamento<br />

dell’intestino utilizzando le suturatrici meccaniche ha significativamente<br />

ridotto i tempi operatori cosa che rappresenta un grande vantaggio<br />

per i pazienti soprattutto in presenza di lesioni che ne minacciano<br />

la vita, come in caso di pazienti politraumatizzati.<br />

Vi sono tre tipi principali di suturatrici meccaniche. Le suturatrici<br />

lineari sezionanti o stapler per anastomosi gastrointestinali, sezionano<br />

il tessuto fra linee di graffette metalliche che uniscono due segmenti<br />

intestinali (vedi Fig. <strong>46</strong>-10). Le suturatrici lineari, o stapler per<br />

anastomosi terminali, permettono il posizionamento di una linea di<br />

struttura metallica senza sezione tissutale permettendo quindi la<br />

chiusura di un viscere cavo (Fig. <strong>46</strong>-12). Le suturatrici circolari, o stapler<br />

per anastomosi termino-terminali, praticando un’apertura circolare<br />

nel tessuto intestinale uniscono due segmenti intestinali con<br />

file circolari di graffette metalliche (Fig. <strong>46</strong>-13). Nella maggior parte<br />

delle operazioni appena descritte, le suturatrici vengono utilizzate sia<br />

per una temporanea o permanente chiusura del lume intestinale, sia<br />

per il confezionamento di un’anastomosi. Una tecnica comunemente<br />

utilizzata consiste nella chiusura del retto basso con una stapler di<br />

tipo lineare e quindi utilizzare una suturatrice circolare introdotta<br />

attraverso l’ano per il confezionamento di un’anastomosi fra l’ileo o<br />

il colon e l’ano stesso. Questo metodo è anche conosciuto con il nome<br />

di “double stapling technique” 141 .<br />

Uno degli svantaggi nell’utilizzo delle suturatrici per confezionare<br />

delle anastomosi intestinali è rappresentato dal fatto che esse creano<br />

un lume intestinale fisso uguale al diametro della suturatrice utilizzata.<br />

Sebbene il corpo sia in grado di rimodellare un’anastomosi effettuata<br />

manualmente e di ripristinare il lume ad un diametro conveniente,<br />

le anastomosi confezionate utilizzando suturatrici meccaniche<br />

rimangono fisse a causa della presenza delle graffette metalliche<br />

permanenti e spesso si stringono oltre i loro originale diametro.<br />

Un’altra limitazione delle suturatrici meccaniche è rappresentata dal<br />

fatto che l’avvicinamento dell’intestino viene effettuato ad una distanza<br />

costante, predeterminata dalle dimensioni delle graffette. Sebbene<br />

le suturatrici più moderne varino nelle dimensioni delle graffette<br />

metalliche (graffette più alte per intestino più spesso), la scelta<br />

finale della suturatrice viene effettuata secondo la lunghezza o la circonferenza<br />

dell’anastomosi. Molti chirurghi ritengono che la sutura<br />

e la legatura manuale consentono un minore adattamento nello<br />

spessore della parete intestinale lungo le anastomosi 155, 167 .Anche i<br />

produttori di suturatrici meccaniche scoraggiano il loro utilizzo nei<br />

pazienti con intestino malato a causa di irradiazione o malattie infiammatorie<br />

intestinali.


944 ADDOME<br />

Quando le anastomosi meccaniche vengono confezionate per via<br />

trans-addominale, esse rappresentano il tempo finale di una chiusura<br />

dell’anastomosi con una suturatrice lineare. Sebbene le anastomosi<br />

confezionate manualmente introflettano la mucosa all’interno del lume<br />

intestinale, l’ultima fila di graffette metalliche nella sutura meccanica<br />

everte la mucosa verso la cavità peritoneale. È noto che, a causa<br />

della esposizione della mucosa e della sotto-mucosa alla cavità peritoneale,<br />

questo possa determinare la possibilità di aderenze e fistolizzazione<br />

e quindi molti chirurghi introflettono la linea di sutura meccanica<br />

con punti di sutura manuale. Per tutte queste ragioni, l’utilizzo<br />

delle suturatrici meccaniche per anastomosi intra-peritoneali e<br />

trans-addominali rimane ancora molto dibattuto fra i chirurghi 81 .<br />

Tecniche laparoscopiche<br />

L’espansione nell’utilizzo delle tecniche laparoscopiche nel campo della<br />

chirurgia gastrointestinale ha aperto la via a un nuovo concetto di<br />

chirurgia - la chirurgia mini-invasiva. L’applicazione della chirurgia<br />

mini-invasiva per problemi localizzati a livello del colon e del retto<br />

non si è evoluta così velocemente come per le patologie biliari. Alcune<br />

delle limitazioni allo sviluppo di questa tecnica sono dovute alla concomitante<br />

localizzazione intraperitoneale e retroperitoneale dei vari<br />

segmenti del colon e del retto, alla possibilità di disseminazione di cellule<br />

neoplastiche esfoliate dal tumore colico, dalle dimensioni del colon<br />

che crea la necessità di eseguire incisione adeguata per la rimozione<br />

del pezzo chirurgico dalla cavità peritoneale 265 . Quest’ultimo fatto<br />

ha dato origine ad un nuovo nome che definisce la combinazione di<br />

laparotomia e laparoscopia – come chirurgia video-assistita.<br />

Dopo aver completato la dissezione ed estratto il pezzo chirurgico,<br />

la continuità dell’intestino può essere ripristinata con un’anastomosi<br />

intracorporea 29 , in cui le suturatrici vengono introdotte attraverso<br />

porte laparoscopiche o attraverso l’ano, oppure confezionando anastomosi<br />

extracorporea in caso di chirurgia al video assistita. Un’altra<br />

combinazione di metodi consiste nell’utilizzare l’endoscopia e l’ecografia<br />

durante la laparoscopia 34, 94, 159 . Dal momento che la laparoscopia<br />

preclude la possibilità di eseguire una palpazione della parete intestinale,<br />

lesioni piccole possono non essere evidenziate. Con la combinazione<br />

di utilizzo della colonscopia e della laparoscopia, la lesione<br />

è prima identificata e quindi trattata secondo la tecnica intracorporea<br />

o extracorporea. È chiaro che le tecniche mini-invasive diverranno<br />

sempre più applicabili nella chirurgia del colon e del retto.<br />

MALATTIA DIVERTICOLARE<br />

Eziopatogenesi<br />

Lo sviluppo dei diverticoli nel colon dell’uomo è stato correlato con<br />

l’introduzione nella dieta di cereali raffinati da parte dell’industria alimentare.<br />

Quindi la malattia diverticolare presenta una maggiore prevalenza<br />

nei Paesi con un alto grado di industrializzazione ed un basso livello<br />

di introduzione di fibre alimentari o polisaccaridi amidi e non<br />

amidi (NSP) con la dieta. Painter e Burkitt 189a per primi hanno legato<br />

gli NSP e la malattia diverticolare sulla base di studi epidemiologici effettuati<br />

in Africa. Il colon, per spingere efficacemente il suo contenuto<br />

verso il retto, dipende dalla presenza di una massa fecale adeguata. La<br />

fonte principale che determina la massa fecale nel colon è costituita dagli<br />

NSP e più specificamente dagli NSP insolubili all’acqua come la cellulosa.<br />

Quando il livello della massa fecale che raggiunge il colon non è<br />

ottimale, le contrazioni segmentarie generano una eccessiva pressione<br />

che porta alla erniazione della mucosa attraverso i punti di minore resistenza<br />

della parete colica (Fig. <strong>46</strong>-14). Queste zone sono rappresentate<br />

dai punti di entrata dei vasi retti all’interno della parete colica, che<br />

decorrono in prossimità delle teniae mesenteriche e antimesenteriche<br />

negli spazi fra loro compresi: mesentero-mediali e mesentero-laterali<br />

(Fig. <strong>46</strong>-15). I diverticoli colici acquisiti differiscono dai diverticoli congeniti,<br />

nei quali tutti gli stati attratti della parete colica protrudono all’esterno<br />

del lume colico. Per questa ragione, i diverticoli acquisiti vengono<br />

anche chiamati falsi diverticoli mentre i diverticoli congeniti sono<br />

anche chiamati diverticoli veri .<br />

La malattia diverticolare è una delle molte malattie che possono risultare<br />

dalla carenza di NSP nella dieta. Altre malattie nelle quali la carenza<br />

degli NSP nella dieta viene considerata come fattore causale sono<br />

l’obesità, il diabete, l’ernia iatale, la stipsi, le emorroidi, le vene varicose,<br />

il cancro mammario ed il cancro del colon. Dal momento che<br />

gli NSP e i grassi nella dieta escludono l’uno la presenza dell’altro, non<br />

Figura <strong>46</strong>-14. Causa della malattia diverticolare. La propulsione delle feci attraverso<br />

il colon richiede una sequenziale contrazione delle haustra (alto). Una<br />

bassa introduzione di fibre con la dieta determina una riduzione della massa fecale.<br />

In questi casi lo strato muscolare del colon genera eccessive pressioni per<br />

spingere il contenuto fecale facendo così erniare la mucosa attraverso la parete<br />

muscolare nei punti di passaggio dei vasi perforanti.<br />

è chiaro se il fattore causale di queste malattie sia dovuto alla mancanza<br />

di NSP oppure l’eccesso di grassi o una combinazione di entrambi.<br />

Senza riguardo all’esatto ruolo degli NSP in questa malattia, la tendenza<br />

ha già mostrato un cambiamento nel senso di più elevato consumo<br />

di NSP sotto forma di cereali, pane integrale, verdure ed insalata.<br />

In più i problemi di stipsi sono oggi facilmente trattati dall’introduzione<br />

di semi di psyllium. Questi cambiamenti hanno portato ad<br />

una diminuzione nella necessità di eseguire interventi chirurgici per<br />

trattare le complicanze della malattia diverticolare.<br />

Patologia<br />

I diverticoli sono comunemente multipli e localizzati attraverso tutta<br />

la lunghezza del colon; essi sono più comuni sul lato sinistro rispetto<br />

lato destro del colon e, tipicamente più comuni nel colon sigmoideo.<br />

I diverticoli colici giganti sono rappresentati sia da pseudodiverticoli,<br />

tipo 1 (87% di tutti pazienti), o da pseudo-diverticoli, tipo<br />

2 (13%) che eccedono i 4 centimetri di diametro. I diverticoli gi-<br />

Figura <strong>46</strong>-15. Patogenesi della malattia diverticolare. Nella malattia diverticolare<br />

i diverticoli sono erniazioni della mucosa attraverso i punti di entrata dei vasi<br />

che attraversano gli strati muscolari. Dal momento che i diverticoli sono formati<br />

solo dalla mucosa piuttosto che dalla intera parete intestinale, questi ultimi vengono<br />

chiamati falsi diverticoli. Si noti che i diverticoli si formano solo fra le tenie<br />

mesenteriche ed una o l’altra delle due tenie laterali. Dal momento che non vi sono<br />

dei vasi perforanti in questa zona, i diverticoli non si formano sulla superficie<br />

antimesenterica del colon. Alcuni diverticoli, come quelli in prossimità delle tenie<br />

laterali, si proiettano liberi nella cavità peritoneale, mentre altri sono nascosti nel<br />

contesto del peritoneo parietale. La rottura di un diverticolo all’interno del mesentere<br />

del colon sigmoideo determina un ascesso, mentre la rottura di un diverticolo<br />

all’interno della cavità peritoneale determina una peritonite diffusa.


Figura <strong>46</strong>-16. Aspetto macroscopico della malattia diverticolare. La parete intestinale<br />

è ispessita ed il lume intestinale ridotto. Le pliche mucose sono presenti<br />

ma irregolari. Gli orifizi diverticolari non sono facilmente visualizzabili. (Per<br />

concessione di M. Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

ganti di tipo 2 rappresentano una forma comunicante e cistica della<br />

duplicazione colica 51, 59 .In aggiunta alla presenza dei diverticoli, la<br />

parete colica dei pazienti con malattia diverticolare è molto ben distinguibile<br />

a causa della ipertrofia degli strati muscolari (Fig. <strong>46</strong>-16).<br />

La combinazione di ipertrofia muscolare e di fecaliti contenuti nei<br />

diverticoli e i ripetuti episodi di infiammazione conferiscono al colon<br />

l’aspetto e la sensazione tattile di una neoplasia.<br />

Presentazione clinica<br />

La malattia diverticolare rimane asintomatica fino a quando si sviluppino<br />

complicanze. Le potenziali complicanze della malattia diverticolare<br />

sono costituite dalla diverticolite e dal sanguinamento. Durante<br />

l’infiammazione acuta, una diverticolosi può perforarsi e la<br />

perforazione rimanere contenuta negli strati del mesentere o può essere<br />

libera nella cavità addominale. In generale, le perforazioni contenute<br />

divengono ascessi, mentre le perforazioni libere portano ad<br />

una peritonite diffusa. A seguito di ricorrenti episodi di diverticolite,<br />

la parete del colon può assumere un aspetto cicatriziale e determinare<br />

una ostruzione del lume intestinale (stenosi).<br />

In pazienti con disturbi addominali viene spesso diagnosticata la<br />

presenza di una malattia diverticolare evidenziata sia da clisma opaco<br />

o da una colonscopia. Comunque, la presenza di una malattia diverticolare<br />

non dovrebbe essere considerata la responsabile dei sintomi<br />

di natura addominale. Spesso la malattia diverticolare coesiste<br />

nel paziente con un cancro del colon, con una sindrome dell’intestino<br />

irritabile ed anche con la presenza di malattie infiammatorie intestinali,<br />

specialmente la malattia di Crohn. Quindi il reperto di una<br />

malattia diverticolare non dovrebbe distogliere il clinico dalla ricerca<br />

di altre patologie di natura colica.<br />

Diverticolite<br />

Sebbene il riscontro incidentale di malattia diverticolare generalmente<br />

avviene nei pazienti anziani, la diverticolite si può presentare<br />

ad ogni età; infatti è stato ipotizzato che la diverticolite nei soggetti<br />

giovani possa rappresentare un sotto-tipo più aggressivo. Se la diverticolite<br />

sia più aggressiva nei soggetti giovani è ancora materia di dibattito,<br />

ma è stato dimostrato che individui più giovani di quarant’anni<br />

vengono molto più spesso operati in condizioni di urgenza<br />

e che la diverticolite viene più spesso misconosciuta rispetto agli<br />

individui più anziani 240 .Anche quando in giovani soggetti con diverticolite<br />

si ottenga una risposta alla terapia conservativa essi tendono<br />

a presentare episodi ricorrenti molto precocemente 12 .Altri ritengono<br />

che la diverticolite sia peggiore nei soggetti anziani in quanto si presenta<br />

comunemente con complicanze e sia spesso asintomatica 58 .<br />

La tipica presentazione della malattia consiste nel dolore localizzato al<br />

quadrante addominale inferiore sinistro con febbre accompagnata da<br />

brivido. Questa sintomatologia 12 ha portato a coniare il nome di appendicite<br />

sinistra per la diverticolite acuta. Comunque, come l’appendicite<br />

si può presentare con un dolore lontano dal quadrante addominale in-<br />

COLON E RETTO 945<br />

feriore destro, così anche la diverticolite si può presentare con un dolore<br />

localizzato al di fuori del quadrante addominale inferiore sinistro.<br />

Quando vi è la presenza di un diverticolo infiammato a livello del colon<br />

destro, molti pazienti (11 su 12) vengono sottoposti a laparotomia per il<br />

sospetto di diagnosi presuntiva di appendicite 182 .Nella tipica forma di<br />

diverticolite localizzata a sinistra, il paziente presenta una storia clinica<br />

di stipsi; comunque un recente passaggio di feci dal momento della diagnosi<br />

esclude la presenza di una diverticolite. Dal momento che l’organismo<br />

cerca di contenere l’infiammazione attorno al diverticolo, gli altri<br />

visceri migrano in prossimità del colon sigmoideo. I visceri che più comunemente<br />

si avvicinano al colon sono: l’omento, il piccolo intestino, la<br />

vescica, l’utero, le tube di Falloppio e la vagina. Durante la diverticolite<br />

acuta, il piccolo intestino può aderire al colon ed il suo lume restringersi<br />

sino a che il paziente presenta sintomi di occlusione intestinale; questi<br />

sintomi includono la nausea, il vomito, la distensione addominale, con<br />

rumori intestinali di alta tonalità e chiusura dell’alvo a gas e feci. Questi<br />

segni e sintomi di ostruzione intestinale sovrapposti con i segni e sintomi<br />

di infezione intestinale rendono la presentazione clinica della diverticolite<br />

molto confusa. In una serie di 224 pazienti che sono stati sottopost-intervento<br />

chirurgico per diverticolite acuta, 92 presentavano un<br />

flemmone acuto senza la presenza di pus, 99 un’ascesso para-colico accompagnato<br />

o meno da una peritonite localizzata, 33 una peritonite purulenta<br />

diffusa, 8 una ostruzione completa a carico del colon sigmoideo<br />

e 27 un’ascesso peri-colico complicato da una fistola 268 .<br />

Diagnosi differenziale<br />

La diagnosi differenziale include le patologie extra-coliche come<br />

l’appendicite, la salpingite, la malattia infiammatoria pelvica, l’ulcera<br />

gastrica o duodenale perforata, la pancreatite ed anche patologie<br />

di origine colica come il cancro del colon perforato, le malattie infiammatorie<br />

croniche, l’infarto colico e le coliti infettive.<br />

Gli esami di scelta che assistono il clinico nella diagnosi e nel trattamento<br />

della diverticolite sono gli esami del sangue, che includono<br />

l’emocromo completo e l’amilasemia unitamente agli studi di immagine<br />

come l’ecografia addominale e la tomografia assiale computerizzata.<br />

Entrambi gli studi saranno in grado di diagnosticare la presenza<br />

di un’ascesso, se presente, e l’ispessimento della parete del colon.<br />

La TAC è anche in grado di mostrare l’infiammazione nel contesto<br />

del mesocolon che appare nella forma di una immagine etero-<br />

genea dei piani adiposi, conosciuta anche come “grasso sporco”<br />

44, 71<br />

(Fig. <strong>46</strong>-17). È stato riportato che la TAC non sia solo uno strumento<br />

diagnostico molto utile ma che abbia anche un valore prognostico.<br />

Dopo la revisione dei rilievi tomografici e dell’andamento clinico<br />

di 423 pazienti con diverticolite acuta, è stato notato che i rilievi<br />

della TAC eseguita all’esordio dei sintomi, come per esempio la presenza<br />

di ascessi, aria e mezzo di contrasto extra-luminale, sono risultati<br />

altamente predittivi di un fallimento della terapia medica 10 .<br />

Il clisma opaco e l’endoscopia non sono consigliabili nello stadio<br />

acuto di diverticolite a causa della possibilità di rompere il tamponamento<br />

creato intorno al diverticolo da parte dei fluidi e dell’aria instillata<br />

all’interno del lume intestinale. Qualora questo avvenga, un<br />

semplice ascesso può evolversi in una peritonite diffusa con un significativo<br />

aumento della morbilità e mortalità. Comunque, nelle<br />

forme lievi di diverticolite un clisma opaco può dimostrare non solo<br />

la presenza dei diverticoli ma anche l’ipertrofia muscolare associata<br />

con la malattia (Fig. <strong>46</strong>-18). Non appena la diagnosi di diverticolite<br />

sia stata posta, viene iniziata una terapia antibiotica per via endovenosa.<br />

Agenti antibiotici con una capacità battericida sia sui gram negativi<br />

che sugli anaerobi dovrebbero essere preferiti. Se la TAC o l’ecografia<br />

addominale confermano la presenza di un ascesso, il passo<br />

successivo è il drenaggio percutaneo sotto guida di una o dell’altra<br />

metodica diagnostica. In caso di diverticolite non complicata, un’altra<br />

efficace modalità diagnostica è rappresentata dalla laparoscopia<br />

che presenta una sensibilità e specificità più alte rispetto al clisma<br />

opaco e alla TAC, sebbene sia chiaramente più invasiva 241 .<br />

Gli episodi di diverticolite acuta spesso rispondono alla terapia antibiotica<br />

e possono regredire spontaneamente anche senza terapia. Comunque,<br />

le recidive acute, subacute o la cronicizzazione sono tutti potenziali<br />

decorsi clinici delle diverticoliti. Nelle forme indolenti sub acute,<br />

un ascesso si può risolvere drenandosi in un viscere adeso al diverticolo,<br />

creando così una fistola interna. Le fistole interne più comuni causate<br />

dalla diverticolite sono quelle colo-vescicali (48%), colo-vaginali (44%),<br />

colo-cutanee (4 %), colo-tubariche (2%) e colo-enteriche (2%) 259 .


9<strong>46</strong> ADDOME<br />

Le fistole colo-vescicali sono facilmente diagnosticabili nei pazienti<br />

di sesso maschile che riferiscono la presenza di pneumaturia. Diversamente,<br />

pazienti di sesso femminile non sempre lamentano la<br />

presenza di pneumaturia. Vi sono ancora molte controversie riguardo<br />

quella che va considerata la miglior metodica per confermare la<br />

presenza di una fistola che origina da un diverticolo colico. La TAC è<br />

altamente sensibile nel diagnosticare la presenza di aria all’interno<br />

della vescica. Un cistogramma è anche in grado di rilevare la presenza<br />

di un tragitto fistoloso. Il clisma opaco è notoriamente poco efficace<br />

nella visualizzazione della fistola. Comunque, in assenza di un<br />

tumore o di malattia di Crohn, la causa più probabile di una fistola<br />

interna che origina dal colon sinistro va considerata la diverticolite.<br />

Pazienti che hanno avuto diversi episodi di diverticolite acuta possono<br />

sviluppare una massa nell’area del colon sigmoideo infiammato per<br />

la presenza dei diverticoli. Questi pazienti pongono un dilemma diagnostico<br />

che spesso non può essere risolto fino a quando il patologo<br />

non abbia esaminato il pezzo chirurgico. In altri pazienti, susseguenti<br />

episodi di diverticolite acuta determinano una riduzione del lume colico<br />

e sintomi clinici di presentazione di occlusione intestinale di tipo colico.<br />

Questi pazienti presentano comunemente una importante distensione<br />

addominale in assenza di un dolore significativo.<br />

Figura <strong>46</strong>-18. Malattia diverticolare: aspetto radiologico. Clisma opaco in un paziente<br />

con diverticoli del sigma che dimostra una ipertrofia dello strato muscolare<br />

circolare che causa un ispessimento delle pliche mucose. (Per concessione<br />

di Dina F. Caroline, M.D., Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Figura <strong>46</strong>-17. Diverticolite complicata da una perforazione e<br />

da un ascesso. Questa scansione TAC della pelvi mostra una<br />

grande e omogenea raccolta che contiene bolle di aria (punti<br />

neri piccoli) adiacente al colon sigmoideo (frecce). Questo<br />

ascesso pericolico è secondario alla perforazione di un diverticolo<br />

sigmoideo. (Per concessione di Dina F. Caroline, M.D.,<br />

Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Indicazioni alla chirurgia<br />

La maggior parte dei pazienti affetti da una diverticolite acuta risponderanno<br />

clinicamente alla terapia antibiotica endovenosa. I pazienti<br />

che richiedono il ricorso immediato alla chirurgia sono quelli<br />

che presentano segni o di peritonite o di ostruzione intestinale per la<br />

chiusura di un’ansa intestinale. Questo tipo di ostruzione può essere<br />

determinata da un’ansa di piccolo intestino aderente in due punti al<br />

colon sigmoideo infiammato o ad una completa ostruzione del colon<br />

con una valvola ileo-ciecale competente. Tutti gli altri pazienti<br />

con diverticolite riceveranno una qualche forma di terapia prima di<br />

essere sottoposti alla colectomia.<br />

Il classico detto, nel trattamento della diverticolite ricorrente ma<br />

non complicata, è che al terzo episodio il paziente dovrebbe essere<br />

preparato per la chirurgia. Il paziente che si presenta con ascesso dovrebbe<br />

essere prima sottoposto a drenaggio percutaneo dell’ascesso<br />

stesso. Una volta che la raccolta purulenta sia stata evacuata, la perforazione<br />

del diverticolo può guarire oppure il drenaggio può determinare<br />

la formazione di una fistola colo-cutanea. La risoluzione dell’infezione<br />

e la preparazione dell’intestino prima della resezione sono<br />

gli obiettivi primari per differire la chirurgia nella diverticolite<br />

complicata. Se questi obiettivi vengono raggiunti, i pazienti possono<br />

quindi essere sottoposti ad un intervento chirurgico curativo in un<br />

solo tempo senza la necessità di una colostomia. Diversamente, se il<br />

paziente richiede l’intervento chirurgico rimanendo attiva una fonte<br />

di infezione nella cavità peritoneale o mentre il colon sia ancora pieno<br />

di feci, l’intervento chirurgico deve essere diviso in due procedure<br />

separate. La prima è limitata alla rimozione del sigma e ad un confezionamento<br />

di colostomia, la seconda viene intrapresa per ripristinare<br />

la continuità dell’intestino mediante lo smontaggio della colostomia.<br />

Pazienti con diverticolite acuta vengono raramente operati in<br />

elezione 149 .<br />

Opzioni chirurgiche per il trattamento<br />

delle complicanze della malattia diverticolare<br />

I pazienti che richiedono il ricorso ad un immediato intervento chirurgico<br />

per la peritonite o l’occlusione da ansa esclusa, sono trattati con la<br />

resezione del segmento intestinale malato, solitamente il colon sigmoideo<br />

e l’esteriorizzazione del colon (colostomia) utilizzando il segmento<br />

intestinale immediatamente prossimale al punto di resezione. Il<br />

moncone rettale viene solitamente chiuso utilizzando una suturatrice<br />

lineare. Questa combinazione di resezione di sigma, e chiusura colostomica<br />

del moncone rettale è chiamata procedura di Hartmann (vedi interventi<br />

chirurgici). Dopo un periodo variabile fra 8 e 12 settimane, il<br />

paziente ritorna in sala operatoria, dove il moncone rettale viene esposto<br />

e preparato ed il colon viene portato verso basso una volta staccato<br />

dalla parete addominale e quindi connesso con il retto (anastomosi colo-rettale).<br />

L’esposizione del moncone rettale può essere molto difficile<br />

a causa della reazione del paziente al processo infiammatorio iniziale ed<br />

alle aderenze formatesi dopo il primo intervento. Per queste ragioni al-


cuni chirurghi preferiscono eseguirne la resezione e quindi l’anastomosi<br />

colo-rettale durante il primo intervento, aggiungendo a questo una<br />

colostomia laterale di protezione per ottenere la diversione delle feci<br />

dall’anastomosi, evitando così lo spandimento fecale nel peritoneo in<br />

caso di deiscenza dell’anastomosi. Il vantaggio di questo approccio è<br />

quello di eliminare la necessità della dissezione pelvica alla ricerca del<br />

moncone rettale il che permette una semplice anastomosi delle due<br />

estremità esteriorizzate del colon. Nel passato, un’altra opzione era<br />

quella di confezionare semplicemente una colostomia evitando di venire<br />

in contatto con l’origine del processo infiammatorio. Comunque, i<br />

pazienti trattati in questo modo continuavano a manifestare segni e<br />

sintomi di infezione, e quindi per questo motivo il confezionamento di<br />

una semplice colostomia non è più accettato come l’unica forma di<br />

trattamento della diverticolite acuta.<br />

Una revisione degli interventi chirurgici eseguiti per diverticolite<br />

acuta ha rilevato una mortalità complessiva del 7% in pazienti trattati<br />

con la procedura di Hartmann 130 .Nei pazienti che hanno sviluppato<br />

una peritonite fecale, la mortalità sale al 9% mentre in caso di<br />

peritonite generalizzata la percentuale è del 35%. Durante gli interventi<br />

chirurgici eseguiti per le forme subacute e croniche di diverticolite,<br />

l’isolamento degli ureteri può essere estremamente difficile<br />

senza l’utilizzo di una guida per la loro identificazione. Quindi, una<br />

particolare attenzione dovrebbe essere posta nel posizionare degli<br />

stents ureterali prima della laparotomia.<br />

L’estensione della resezione colica nella chirurgia per diverticolite è di<br />

notevole importanza. I pazienti a cui vengono confezionate anastomosi<br />

coliche dopo una resezione per diverticolite sembrano avere una inusuale<br />

e elevata incidenza di complicanze di tipo anastomotico (deiscenze<br />

parziali, totali e stenosi) La ragione più comune per spiegare questi<br />

fallimenti anastomotici nella chirurgia per diverticolite è rappresentata<br />

dall’ischemia e dall’inclusione inavvertita di un diverticolo all’interno<br />

della linea dell’anastomosi. L’ischemia può essere dovuta alla tensione, e<br />

questo accade quando il colon non venga adeguatamente mobilizzato<br />

per raggiungere la pelvi. Se tutto il colon sigmoideo viene rimosso dal<br />

punto di attaccamento retroperitoneale del colon discendente sino al colon<br />

adagiato sul promontorio sacrale, i legamenti che tengono sospesa la<br />

fessura colica splenica devono essere incisi. La non resezione di tutto il<br />

colon sigmoideo può anch’essa determinare ischemia al margine di resezione<br />

del colon, dal momento che la circolazione collaterale a livello<br />

della giunzione retto-sigmoidea è estremamente scarsa. L’uso della laparoscopia<br />

è stato esteso al trattamento dei pazienti con diverticolite. Sebbene<br />

la maggior parte dei pazienti beneficino del minor trauma indotto<br />

dalla laparoscopia rispetto alla laparotomia, i problemi legati ad una incompleta<br />

rimozione del sigma sembrano essere assai più probabili con<br />

le resezioni laparoscopiche rispetto alle resezioni laparotomiche. In uno<br />

studio che ha comparato le resezioni laparoscopiche per diverticolite<br />

con una casistica di controlli storici operati con le tecniche tradizionali,<br />

la lunghezza del colon sigmoideo resecato è risultata significativamente<br />

più corta, la percentuale di mobilizzazione della fessura splenica più bassa<br />

e la presenza di alterazioni infiammatorie a livello dei margini di resezione<br />

più alta nel gruppo sottoposto a resezione laparoscopica 28 .<br />

VOLVOLO<br />

Lungo il suo decorso il colon presenta dei segmenti che sono completamente<br />

intra-peritoneali ed altri che sono solo parzialmente retroperitoneali.<br />

I segmenti retroperitoneali sono fissati ai muscoli della<br />

schiena e i segmenti intraperitoneali hanno una variabile mobilità<br />

all’interno della cavità addominale in dipendenza della lassità del<br />

mesocolon. Questi segmenti mobili di colon sono il sigma, il cieco,<br />

ed il colon trasverso. Ognuno di questi segmenti ha potenzialmente<br />

la capacità di girare attorno al mesocolon e di creare quindi un volvolo.<br />

Il rischio principale di un volvolo è l’infarto del segmento intestinale<br />

interessato. Primo, la torsione dei vasi che irrorano il segmento<br />

determina una interruzione sia a carico del flusso arterioso<br />

che di quello venoso. Secondo, la torsione del colon e dell’ileo in alcuni<br />

casi di volvolo ciecale, crea un’occlusione da ansa chiusa. Analogamente<br />

ad altre forme di strangolamento un’occlusione ad ansa<br />

chiusa iniziando un circolo vizioso che va dall’ostruzione venosa all’aumento<br />

della secrezione endoluminale e quindi alla distensione<br />

colica, detemina a sua volta un’ostruzione arteriosa.<br />

I principali fattori predisponenti la formazione di un volvolo sono<br />

rappresentati dalla stasi del colon con distensione cronica. Questa<br />

condizione è tipica negli anziani allettati con apporto scarso di liqui-<br />

COLON E RETTO 947<br />

di e di fibre alimentari. Le due sedi più comuni per la formazione di<br />

volvolo in questi pazienti sono il sigma ed il cieco. Diversamente, una<br />

dieta ad elevato contenuto di fibra può anch’essa determinare un volvolo<br />

colico, come accade in alcune popolazioni africane 1, 66, 251 .Molto<br />

meno comune rispetto al volvolo del cieco e del sigma rimane il volvolo<br />

di colon trasverso 168, 199 .Nelle donne in gravidanza l’utero determina<br />

lo spostamento di tutti i segmenti intestinali mobili e quindi<br />

rende possibile la formazione di ogni forma di volvolo 147, 148 .Solo in<br />

occasioni molto rare più di un volvolo può essere presente nello stesso<br />

paziente, per esempio un volvolo ciecale e del sigma 133 .<br />

Volvolo ciecale<br />

Le dimensioni e la funzione del cieco variano fra le diverse specie<br />

animali. In alcuni animali, il cieco è divenuto così differenziato che<br />

può essere considerato un vero e proprio organo indipendente dal<br />

resto del colon. Queste differenze sono conseguenti all’ammontare<br />

delle fibre alimentari introdotte con la dieta; infatti gli animali erbivori<br />

presentano un cieco maggiormente specializzato rispetto quello<br />

degli animali carnivori. L’essere umano in quanto onnivoro presenta<br />

un cieco relativamente ben sviluppato. Durante la rotazione dell’intestino<br />

nello sviluppo embriologico, il cieco è l’ultimo segmento a<br />

raggiungere la sua posizione finale nella cavità addominale. Sebbene<br />

nella malrotazione intestinale completa il cieco sia completamente<br />

libero nella cavità peritoneale, ci sono anche gradi minori di malrotazione<br />

in cui il cieco non sia completamente attaccato al retroperitoneo.<br />

I chirurghi sperimentano assai spesso questi diversi gradi di<br />

mobilità durante l’esecuzione di appendicectomie, che sono sempre<br />

molto più agevoli in caso di pazienti con cieco mobile e distensibile.<br />

Come in ogni altro mammifero non ruminante, nell’uomo il cieco<br />

rappresenta la prima sede di fermentazione. Dal momento che i prodotti<br />

della fermentazione includono gas come l’idrogeno ed il metano,<br />

il cieco è soggetto ad una periodica distensione quale risultato dei<br />

cambiamenti della pressione endoluminale. La dilatazione del cieco<br />

può precipitarne la rotazione in individui che presentano un viscere<br />

particolarmente mobile. Quindi, le condizioni associate ad un’aumentata<br />

produzione di gas, come per esempio il malassorbimento 62<br />

e la pseudo-ostruzione intestinale, rappresentano fattori di rischio<br />

aggiuntivi per la formazione di volvoli ciecali.<br />

La tipica presentazione clinica dei pazienti che presentano un volvolo<br />

ciecale è costituita dall’insorgenza di dolore improvviso accompagnato<br />

da distensione addominale. Nelle fasi precoci, il dolore si presenta<br />

con un’intensità lieve o moderata. Negli stadi tardivi, quando la<br />

parete intestinale diviene ischemica, il dolore aumenta di intensità.<br />

All’esame clinico, la distensione può essere asimmetrica e solitamente<br />

si rileva una massa palpabile sia nel quadrante superiore sinistro<br />

che in sede centro-addominale. Dal momento che questa condizione<br />

è relativamente rara la diagnosi differenziale si presenta molto vasta.<br />

Le condizioni che più comunemente si presentano con sintomi simili<br />

sono rappresentate dall’appendicite, dall’ostruzione distale del piccolo<br />

intestino in pazienti già appendicectomizzati, dalla malattia infiammatoria<br />

pelvica, dalla colica renale e dalla salpingite. Una radiografia<br />

dell’addome senza mezzo di contrasto, sia in posizione retta che<br />

supina, dimostra la presenza di un cieco dilatato ed in sede atipica, comunemente<br />

sul lato sinistro dell’addome. Alla base di questa grande<br />

immagine gassosa ci può essere un’immagine così detta a becco di uccello<br />

che rappresenta il punto della torsione. Se la radiografia senza<br />

mezzo di contrasto non si presenta utile, la differenziazione fra volvolo<br />

ed ostruzione intestinale può essere fatta utilizzando il clisma opaco<br />

(Fig. <strong>46</strong>-19). Occasionalmente il clisma opaco è anche in grado di<br />

ridurre il volvolo e quindi ridurre l’episodio di dolore e distensione<br />

intestinale acuta prima che l’intestino divenga ischemico.<br />

La grande maggioranza dei pazienti che presentano un volvolo<br />

ciecale richiedono un intervento chirurgico. Durante l’intervento, il<br />

cieco può essere trovato non più vitale nel qual caso viene resecato<br />

includendo i segmenti intestinali compromessi da entrambe le parti.<br />

Se il cieco è ancora vitale, l’opzione è quella di eseguire una ciecopessia,<br />

che consiste nella fissazione del cieco mediante dei punti di<br />

sutura all’angolo parieto-colico o ancora, procedere con una resezione<br />

del cieco o una resezione ileocolica. Nella maggior parte dei pazienti<br />

la continuità dell’intestino può essere ripristinata nello stesso<br />

modo. Se vi è qualche dubbio riguardo la vitalità dell’intestino è<br />

sempre preferibile confezionare una ileostomia e differire il ripristino<br />

della continuità intestinale ad una successiva operazione.


948 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-19. Volvolo ciecale diagnosticato mediante clisma opaco. La radiografia<br />

è stata ottenuta con la tecnica di contrasto singolo in un paziente con<br />

ostruzione colica. La colonna di bario si ferma alla estremità prossimale della<br />

flessura epatica (punta della freccia). Il cieco dilatato e pieno di aria attraversa<br />

la linea mediana dell’addome verso il quadrante superiore sinistro. (Per concessione<br />

di Dina F. Caroline, M.D., Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Volvolo sigmoideo<br />

Il colon sigmoideo è normalmente mobile nella maggior parte degli<br />

uomini. Comunque vi è una certa variabilità nei diversi individui<br />

nella lunghezza e nel diametro dello stesso. I pazienti affetti da stipsi<br />

cronica e spesso da concomitante abuso di lassativi, possono sviluppare<br />

un mega-colon con dilatazione massiva a livello del colon sigmoideo.<br />

Analogamente a quelli ciecali, i volvoli del sigma sono comunemente<br />

il risultato di una combinazione dovuta alla predisposizione<br />

anatomica ed alla distensione patologica del colon. Il colon sigmoideo<br />

presenta un decorso meglio descritto dalla lettera greca<br />

omega che dalla lettera greca sigma. Questo rende i segmenti prossimali<br />

e distali del colon nel punto di vincolo con la parete addominale<br />

molto vicini, con la maggior parte del colon sigmoideo che giace<br />

libero come un’ansa all’interno della cavità peritoneale. È proprio la<br />

base della lettera greca omega che diviene il punto di torsione in caso<br />

di volvolo del sigma. Tipicamente i pazienti che presentano un<br />

volvolo del sigma sono anziani, debilitati e soffrono di altre condizioni<br />

patologiche che aumentano la morbilità e la mortalità rispetto<br />

ai pazienti affetti da volvolo ciecale. Quindi il pronto riconoscimento<br />

e trattamento del volvolo del sigma sono essenziali.<br />

Alcune patologie intrinseche del colon predispongono alla formazione<br />

di volvoli del sigma; una di queste è rappresentata dalla sindrome<br />

di Ogilvie. Questa particolare condizione dimostra la duplice origine<br />

della innervazione parasimpatica del colon. Mentre il segmento colico<br />

prossimale alla fessura splenica è innervato da rami che originano dal<br />

midollo spinale a livello della quinta vertebra toracica e seconda lombare,<br />

il colon distale alla fessura splenica riceve nervi che originano fra<br />

la seconda e quinta vertebra sacrale. Le patologie congenite che interessano<br />

il plesso nervoso pelvico, come per esempio la spina bifida, determinano<br />

una denervazione del colon distale alla flessura splenica. Analogamente<br />

patologie acquisite dopo la nascita possono interessare il<br />

plesso nervoso pelvico e determinare la denervazione del colon sinistro.<br />

La sindrome di Ogilvie rappresenta un fenomeno transitorio di denervazione<br />

del colon distale alla flessura splenica. Le tipiche patologie associate<br />

con la sindrome di Ogilvie sono rappresentate dai traumi pelvici<br />

o dalla chirurgia (riduzione chirurgica e fissazione interna delle fratture<br />

del bacino), dagli interventi ostetrici e ginecologici e dalle procedure<br />

di chirurgia vascolare effettuate sui vasi iliaci. Tutti questi pazienti<br />

sono nelle condizioni di sviluppare un volvolo del sigma.<br />

La classica forma della malattia di Hirschprung si presenta come<br />

un’ostruzione intestinale completa nel neonato. Richiede una attenzione<br />

immediata. Test sofisticati per determinare l’attività della aceticolinoesterasi<br />

nel colon effettuati in alcuni adulti hanno messo in<br />

luce che alcune forme di stipsi precedentemente etichettate come<br />

idiopatiche sono in realtà da considerare come forme minori di malattia<br />

di Hirschprung. Queste varianti di malattia di Hirschprung includono<br />

anche la presenza di segmenti colici corti e ultra-corti che<br />

possono anch’essi condurre alla formazione di volvoli del sigma<br />

Una forma acquisita di mega-colon è rilevabile anche nei pazienti<br />

affetti dalla malattia di Chagas. Questa malattia viene prodotta dal<br />

Trypanosoma Cruzi, ed è altamente prevalente nelle regioni orientali<br />

del Sud America. Il parassita responsabile di questa malattia presenta<br />

una predilezione per le cellule dei gangli del plesso di Auerbach come<br />

anche per le cellule che innervano l’esofago e sono responsabili<br />

della conduzione elettrica nel miocardio. I pazienti affetti dalla malattia<br />

di Chagas possono presentarsi con un mega-colon, un megaesofago<br />

ed una miocardiopatia dilatativa. Nei pazienti con interessamento<br />

colico, la forma più comune di presentazione della malattia è<br />

rappresentata da un volvolo del sigma e la prevalenza di questa malattia<br />

in alcune regioni del Sud America è tale che questa forma di<br />

ostruzione intestinale è la più frequentemente diagnosticata nei<br />

pronto soccorso 132 .Analogamente al mega colon della malattia di<br />

Chagas, i pazienti che presentano altre malattie associate con megacolon<br />

possono presentare volvoli del sigma 90 ;queste includono l’iperparatiroidismo,<br />

la malattia di Parkinson, l’utilizzo di farmaci con<br />

attività anti-colinergica, la sclerosi multipla, la sclerodermia, l’amiloidosi,<br />

le neuropatie e miopatie viscerali.<br />

La diagnosi di volvolo del sigma viene effettuata con gli stessi strumenti<br />

descritti per i pazienti affetti da volvoli del cieco. L’anamnesi del<br />

paziente è utile per identificare le condizioni predisponenti. L’esame<br />

obiettivo è scarsamente utile dal momento che i pazienti anziani e cronicamente<br />

ammalati non esprimono segni fisici di malattia così leggibili<br />

come accade nei pazienti più giovani. I più, la presenza di condizioni<br />

predisponenti (per esempio il megacolon) è comunemente una<br />

condizione di tipo cronico. Quindi, la stipsi e la distensione addominale<br />

non rappresentano delle nuove patologie per questi pazienti. Le radiografie<br />

senza mezzo di contrasto possano essere utili nelle forme tipiche<br />

di volvoli del sigma (Figg. <strong>46</strong>-20 e <strong>46</strong>-21); comunque nella maggior<br />

parte dei casi esse sono molto suggestive ma non conclusive. A causa<br />

di questi equivoci risultati forniti dalla radiografia senza mezzo di<br />

contrasto e dalla sempre maggiore disponibilità di altre modalità di<br />

imaging nei pronto soccorso, la TAC si è dimostrata molto utile nei pazienti<br />

affetti da volvolo del sigma 53 .Analogamente ai volvoli del cieco, il<br />

clisma opaco può essere sia diagnostico che terapeutico.<br />

Sebbene i volvoli del cieco e del sigma condividano alcuni aspetti similari,<br />

il trattamento dei pazienti con un volvolo del sigma differisce da<br />

quello del paziente con un volvolo del cieco. Le ragioni che determinano<br />

queste differenze sono rappresentate dalle scadute condizioni generali<br />

della maggior parte dei pazienti che si presentano con un volvolo<br />

del sigma, dalla più elevata necessità di resezioni e confezionamento di<br />

colostomie quando i pazienti vengono operati e dalla più elevata percentuale<br />

di successi con i trattamenti non chirurgici. A causa dell’elevata<br />

prevalenza negli anziani e dalla presenza di condizioni patologiche<br />

associate, questi pazienti sono a più elevato rischio di morte con o senza<br />

intervento chirurgico. La chirurgia è ancora inevitabile in quei pazienti<br />

che presentano segni di ischemia intestinale ed in quelli che non<br />

rispondono al trattamento conservativo. I segni di ischemia intestinale<br />

sono rappresentati dall’aumento del dolore addominale, dalla positività<br />

del segno di rimbalzo (Blumberg), dalla sepsi e dall’acidosi.<br />

Trattamento conservativo<br />

Non vi è alcuno spazio per il trattamento conservativo nei pazienti<br />

con volvolo del cieco. Dal momento che il volvolo del cieco è una<br />

ostruzione intestinale ad ansa chiusa che coinvolge una lunghezza<br />

variabile di piccolo intestino, la chirurgia diviene urgente nel momento<br />

stesso in cui la diagnosi di volvolo sia stata determinata. Diversamente<br />

le misure di tipo conservativo rivolte alla riduzione del<br />

volvolo del sigma vengono usualmente tentate in tutti pazienti, ad<br />

eccezione di quelli con segni di ischemia. Le ragioni di questo approccio<br />

sono triplici. Primo, nei pazienti con un rischio proibitivo<br />

per la chirurgia, è meglio ridurre il volvolo prima che l’ischemia renda<br />

la chirurgia inevitabile. Secondo, anche nei pazienti che siano


compresi nei criteri per il trattamento chirurgico (per esempio volvoli<br />

recidivanti), la chirurgia presenta un minor rischio di morbilità<br />

postoperatoria se questi pazienti possono essere sottoposti ad una<br />

preparazione intestinale. In fine, la chirurgia presenta migliori possibilità<br />

di essere curativa nei pazienti che sono stati propriamente studiati<br />

preoperatoriamente. Per esempio, un paziente affetto da malattia<br />

di Hirschsprung con un segmento colico corto necessiterà di una<br />

resezione anteriore del retto aganglico ed un paziente con una inerzia<br />

globale del colon necessiterà di una colectomia totale addominale<br />

con una ileo-retto anastomosi.<br />

I metodi per la riduzione dei volvolo e del sigma variano dall’inserzione<br />

di un tubo rettale, alla cieca o sotto guida fluoroscopica, agli approcci<br />

endoscopici con sigmoidoscopio rigido o flessibile. Un tubo rettale<br />

per essere in grado di ridurre un volvolo del colon deve essere introdotto<br />

oltre il punto di torsione. Questo appunto si trova sempre sopra<br />

il retto che si estende per 18-20 cm al di sopra dell’ano. Se il tubo rettale<br />

può essere fatto progredire per 25-30 centimetri senza una grossa<br />

spinta e si ottiene un flusso di aria e di feci, la procedura cieca può essere<br />

considerata riuscita. Se contrariamente viene incontrata resistenza e<br />

non si abbia emissione né di aria né di feci è necessario utilizzare una<br />

qualche forma di guida. Questo può essere fatto introducendo del bario<br />

sotto guida fluoroscopica o endoscopica. Utilizzando un sigmoidoscopio<br />

rigido, il volvoli sigmoidei vengono spesso ridotti durante le manovre<br />

di avvicinamento alla giunzione rettosigma. La sigmoidoscopia flessibile<br />

o la colonscopia non hanno una sufficiente rigidità per consentire<br />

la riduzione della torsione del colon sigmoideo. Invece, una guida flessibile<br />

può essere fatta avanzare sotto visione diretta all’interno del lume<br />

intestinale collassato e quindi il tubo rettale può essere fatto scorrere sul<br />

filo guida all’interno del colon sigmoideo. L’utilizzo di occhiali e di indumenti<br />

protettivi è essenziale per ognuna di queste procedure.<br />

Una volta che il volvolo sia stato ridotto, la distensione addominale si<br />

risolve ed ogni fastidio lamentato dal paziente rapidamente svanisce.<br />

Un dolore persistente o in peggioramento rappresenta l’evenienza di<br />

una recidiva immediata o di una possibile perforazione. Il tubo rettale<br />

dovrebbe essere lasciato all’interno del colon sigmoideo mentre delle<br />

proiezioni radiografiche in posizione eretta e supina vengono eseguite<br />

per confermare l’efficacia della procedura ed escludere la presenza di<br />

pneumoperitoneo. Una volta che l’intestino abbia ripreso le sue funzioni,<br />

solitamente dopo 48-72 ore dalla riduzione, il tubo rettale può essere<br />

rimosso. Dopo la riduzione di un volvolo del sigma, i pazienti ven-<br />

Figura <strong>46</strong>-20. Volvolo del sigma in una proiezione supina di rx senza mezzo di<br />

contrasto dell’addome che mostra un’ansa intestinale distesa che origina dalla<br />

pelvi. Il contorno di questa ansa suggerisce il caratterisco aspetto a grani di<br />

caffè tipico del volvolo sigmoideo. (Per concessione di Dina F. Caroline, M.D.,<br />

Ph.D., Temple University Hospital).<br />

COLON E RETTO 949<br />

Figura <strong>46</strong>-21. Volvolo del sigma al clisma opaco. La radiografia mostra il mezzo di<br />

contrasto e l’aria che riempiono il retto e il sigma distale (lo stesso paziente della<br />

Fig. <strong>46</strong>-20). Il mezzo di contrasto si arresta improvvisamente al punto ristretto di torsione<br />

del colon (freccia). (L’arco bianco che attraversa la radiografia è un artefatto).<br />

(Per concessione di Dina F. Caroline, M.D., Ph.D., Temple University Hospital).<br />

gono trattati per ognuna delle condizioni predisponenti o aggravanti<br />

come per esempio l’ipokaliemia, l’ipotiroidismo, la disidratazione la<br />

mancanza di volume fecale è particolarmente comune nei soggetti allettati<br />

sottoposti per lungo tempo a nutrizione enterale mediante sondino<br />

naso gastrico. Nonostante tutte queste precauzioni, i volvoli tendono<br />

a ripresentarsi dopo la riduzione endoscopica. In una serie di 19<br />

pazienti con volvolo del sigma, la riduzione endoscopica è stata tentata<br />

in dieci pazienti risultando efficace in otto 119 .<br />

Trattamento chirurgico<br />

Come già menzionato precedentemente, la chirurgia non è differibile<br />

nei pazienti con volvolo del cieco. Il tipo di trattamento chirurgico indicato<br />

in ogni paziente dipende anche dai rilievi intraoperatori. Qualora,durante<br />

la laparotomia, il cieco o l’ileo mostrino segni irreversibili di<br />

danno ischemico, l’unica opzione possibile è quella di eseguire una resezione<br />

ileocolica. Nei pazienti stabili senza altre significative condizioni<br />

patologiche concomitanti, è del tutto accettabile ripristinare la continuità<br />

intestinale durante l’intervento confezionando un’anastomosi<br />

ileocolica. Diversamente, qualora il paziente si presenti in condizioni<br />

compromesse, immunodepresso o in condizioni critiche al momento<br />

della resezione, viene confezionata una ileostomia e una fistola mucosa,<br />

mentre il ripristino della continuità intestinale è differito ad un secondo<br />

intervento chirurgico. Il dilemma sorge qualora il cieco e l’ileo<br />

siano vitali dopo la riduzione del volvolo. Molti chirurghi sono d’accordo<br />

nel credere che comunque anche in questi pazienti la terapia definitiva<br />

sia da considerare una resezione ileocolica. Se a causa delle condizioni<br />

patologiche concomitanti precedentemente descritte, la resezione<br />

non sia auspicabile, la migliore opzione rimane quella di posizionare<br />

un tubo di ciecostomia 26 . Gli scopi della ciecostomia sono duplici.<br />

Primo, essa determina una efficace decompressione del cieco la cui distensione<br />

è un fattore predisponente nello sviluppo del volvolo. Secondo,<br />

permette l’ancoraggio del cieco alla parete addominale anteriore<br />

prevenendo quindi le recidive di volvolo. Questo secondo effetto viene<br />

anche conosciuto con il nome di ciecopessi.<br />

La chirurgia in caso di volvolo del sigma può essere effettuata sia<br />

in urgenza che in elezione. Il trattamento chirurgico d’urgenza è indicato<br />

nei casi in cui venga sospettata un’ischemia ed in caso di fallimento<br />

della terapia medica. La chirurgia in elezione trova la sua indicazione<br />

nei pazienti con episodi di volvolo del sigma recidivanti e in


950 ADDOME<br />

quelli con una patologia sottostante che richieda un trattamento. Durante<br />

l’intervento d’urgenza, il tipo di intervento chirurgico da praticare<br />

dipenderà dai rilievi in preparatori e dalla condizione clinica complessiva<br />

del paziente. Qualora l’intestino non sia vitale viene praticata<br />

una procedura secondo Hartmann (resezione di sigma, colostomia terminale<br />

sul colon discendente e chiusura del moncone rettale). Nel caso<br />

in cui il colon sia vitale ed il paziente non sia in grado di tollerare una<br />

resezione, il volvolo viene ridotto ed il contenuto fecale endoluminale<br />

viene drenato attraverso un tubo rettale. Quindi, il chirurgo può scegliere<br />

di attaccare il colon sigmoideo alla loggia parieto-colico sinistra<br />

utilizzando dei punti staccati o un lembo di peritoneo parietale 6 .L’utilizzo<br />

di un lembo di peritoneo parietale o extra-peritoneizzazione del<br />

colon sigmoideo è stata utilizzata con successo da molti chirurghi 35, 131 .<br />

Nella chirurgia d’elezione, la scelta della procedura dipende dalla presenza<br />

della patologia sottostante. Una colostomia può essere evitata<br />

qualora il colon venga pulito prima della chirurgia d’elezione, sebbene<br />

in alcuni pazienti la colostomia sia indicata come procedura di scelta.<br />

COLITE ULCEROSA<br />

Vi sono molte caratteristiche della colite ulcerosa, includendo le cause<br />

di malattia e la variabilità del decorso clinico, che sono ancora scarsamente<br />

comprese. Due caratteristiche largamente conosciute della colite<br />

ulcerosa sono (1) le sue complicanze potenzialmente mortali, come<br />

e la colite fulminante e il cancro, e (2) il valore curativo della colectomia.<br />

Il valore curativo della colectomia nella colite ulcerosa è conosciuto<br />

sin dagli anni ’50, ma i pazienti continuano a morire anche oggi<br />

a causa di sue complicanze. La causa di questa dissociazione, fra la<br />

conoscenza e la pratica clinica, è largamente dovuta al timore dei pazienti<br />

di perdere il normale flusso fecale per via trans-anale e richiedere<br />

quindi di una ileostomia permanente. Questo timore trova il suo<br />

fondamento sulle iniziali procedure chirurgiche eseguite per colite ulcerosa.<br />

Fino al 1980, il trattamento chirurgico standard per la colite ulcerosa<br />

era rappresentato dalla procto-colectomia, includendo la resezione<br />

perineale degli apparati dello sfintere anale. Da allora la chirurgia<br />

della colite ulcerosa è voluta con lo scopo di preservare le strutture<br />

sfinteriali e di creare un reservoir pelvico, mantenendo il flusso transanale<br />

delle feci. Questa chirurgia dà risultati soddisfacenti in una percentuale<br />

vicina al 95% dei pazienti, e quando viene eseguita come procedura<br />

di elezione, il tasso di morbilità è piuttosto basso. D’altro canto,<br />

i farmaci immunosoppressivi che sono usati per la cura delle malattie<br />

infiammatorie intestinali che includono la ciclosporina, il tacrolimus,<br />

l’anti-TNF sono efficaci nel ridurre l’infiammazione ma presentano<br />

rischi che spesso eccedono quelli connessi alla chirurgia.<br />

Eziopatogenesi<br />

La colite ulcerosa e la malattia di Crohn sono raggruppate sotto la medesima<br />

categoria delle malattie infiammatorie intestinali. Queste due<br />

malattie presentano molte similitudini, come per esempio le forme di<br />

presentazione e la loro risposta clinica ai farmaci immunosoppressivi<br />

come il prednisone, il metotrexate, la 6-marcaptopurina, la ciclosporina<br />

ed il tacrolimus. L’effetto anti-infiammatorio dei farmaci immunosoppressivi<br />

sulle malattie infiammatorie intestinali si basa su alcuni comuni<br />

meccanismi immunitari che mediano queste due malattie. Inoltre,<br />

circa il 25% dei pazienti con una delle due forme di malattia infiammatoria<br />

intestinale sviluppa manifestazioni extra-intestinali 262 .Dal<br />

momento che l’artrite, la spondilite, l’uveite e la colangite sclerosante<br />

possono anche insorgere nel corso di malattie autoimmunitarie, le malattie<br />

infiammatorie intestinali sono ritenute da alcuni autori classificabili<br />

nell’ambito delle malattie di origine autoimmune. Altri autori considerano<br />

che le malattie infiammatorie intestinali non soddisfino i criteri<br />

richiesti da una malattia per essere considerata di origine auto-immune;<br />

questi includono la dimostrazione della presenza di un antigene<br />

iniziatore e di una definita cellula bersaglio, fattori che non sono mai<br />

stati dimostrati per le malattie infiammatorie intestinali.<br />

Sebbene l’esatta causa delle malattie infiammatorie intestinali sia ancora<br />

sconosciuta, una sempre maggiore evidenza supporta la teoria che<br />

le malattie infiammatorie intestinali siano risultato di una mal funzione<br />

dei meccanismi che regolano l’immunità nel contesto della parete<br />

intestinale. Una delle manifestazioni di questa anormale immunoregolazione<br />

è considerata l’inappropriata produzione di citochine. Una significativa<br />

diminuzione del rapporto fra l’antagonista recettoriale (IL-<br />

1ra) dell’ interleukina 1 (IL-1) e l’IL-1 è stata descritta sia nella colite ulcerosa<br />

che nella malattia di Crohn in rapporto ad una popolazione di<br />

controllo costituita da individui sani e da individui affetti da una colite<br />

auto-limitante 52 .Poiché questo rapporto si correla con la severità delle<br />

malattie infiammatorie intestinali è stato proposto che questo sbilancio<br />

fra IL-1 e IL-1ra sia coinvolto nella patogenesi delle malattie infiammatorie<br />

intestinali. Un’altra citochina legata all’infiammazione intestinale<br />

è il leucotriene B 4 (LTB 4). Livelli aumentati di LTB 4 sono stati rilevati<br />

nella mucosa colica di pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali<br />

specialmente nella colite ulcerosa. È noto che gli aumentati livelli<br />

nella mucosa intestinale di LTB 4 sono determinati da una diminuzione<br />

dell’attività dell’omega-idrossilasi e da un aumento dell’attività della<br />

5-lipossigenasi 117 .Un altro mediatore infiammatorio implicato nella<br />

patogenesi delle malattie infiammatorie intestinali è la L-selectina. La<br />

L-selectina fa parte di una famiglia di molecole di adesione che propagano<br />

l’infiammazione attraverso i leucociti. Il ligando endoteliale per la<br />

L-selectina è un recettore mucino-simile chiamato CD34. Curiosamente,<br />

l’aumento dei livelli circolanti di L-selectina si correla con l’attività<br />

della colite ulcerosa ma non con quella della malattia di Crohn 226 .<br />

Vi sono molte associazioni di fattori predisponenti alla colite ulcerosa<br />

o alla malattia di Crohn che possono ulteriormente aiutare a far luce<br />

sulle cause delle malattie infiammatorie intestinali. Uno di questi fattori<br />

è l’appendicectomia. In studi controllati è stato rilevato che l’appendicectomia<br />

è un fattore protettivo indipendente per la colite ulcerosa 192 .<br />

Un altro simile fattore protettivo è il fumo di sigaretta 95 ;questa associazione<br />

è così forte che cerotti per il rilascio trans-dermico di nicotina sono<br />

stati utilizzati come agenti terapeutici il cui effetto è stato ritenuto efficace<br />

219 . La ragione dell’associazione fra l’appendicectomia, il fumo e la<br />

colite ulcerosa, ma non la malattia di Crohn è ancora sconosciuto.<br />

Alcuni studi epidemiologici suggeriscono la presenza di fattori genetici<br />

che causino sia la colite ulcerosa che la malattia di Crohn. Fra i 2504<br />

pazienti registrati nel database delle malattie infiammatorie intestinali<br />

dall’università di Toronto, Canada, 231 (9,2%) presentavano altri membri<br />

della famiglia affetti da malattia: 96 di 964 (10%) con malattia di<br />

Crohn e 135 di 1540 (8,8%) con colite ulcerosa. Nelle famiglie in cui il<br />

soggetto studiato sia affetto da colite ulcerosa, il 70,4% presenta solo due<br />

soggetti nell’ambito della famiglia affetti dalla stessa malattia, il 71,1%<br />

un solo componente ed il 65,2% solo familiari di primo grado. Nelle 231<br />

famiglie che facevano parte dello studio vi erano 103 coppie di gemelli:<br />

il <strong>46</strong>% affetto da malattia di Crohn, il 28% da colite ulcerosa ed il 26%<br />

da entrambe le malattie 162 .Una suscettibilità genetica per la malattia di<br />

Crohn è stata mappata sulla regione pericentromerica del cromosoma<br />

16 (IBD1) 186 .Uno studio ha suggerito che il locus IBD1 possa anche<br />

contribuire alla suscettibilità per la colite ulcerosa e che è probabilmente<br />

localizzato nell’intervallo 12-cM fra D16S419 e D16S409 174 .<br />

Due altre alterazioni genetiche prevalenti nella colite ulcerosa sono<br />

le variazioni presenti nei geni di riparazione del DNA e nei geni di classe<br />

seconda del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC).<br />

L’MLH1, un gene di riparazione del DNA può essere studiato utilizzando<br />

i markers (D3S1611 e D3S1768) e gli alleli a livello dell’essone<br />

15. Nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali, 2, 4 e 6 alleli sono<br />

presenti a livello del gene MLH1 sull’essone 15, rispettivamente<br />

D3S1611 e D3S1768. Una specifica combinazione di questi alleli o<br />

aplotipi e stata rilevata in individui con una storia familiare di malattie<br />

infiammatorie intestinali, in pazienti con malattie di Crohn ed in<br />

pazienti con una colite ulcerosa 200 .I pazienti con colite ulcerosa presentano<br />

specifici alleli del gruppo HLA DR2 (gene HLA-DRB1) 86 .Vi è<br />

anche un’associazione fra certi alleli e la forma clinica della malattia.<br />

Sebbene l’allele DR1501 sia associato ad un decorso di malattia più benigno,<br />

l’allele DR1502 è associato alle forme severe di malattia 80, 106 .<br />

Patologia<br />

La maggior differenza fra la colite ulcerosa e la malattia di Crohn è rappresentata<br />

dal fatto che nella colite ulcerosa il processo infiammatorie è<br />

limitato al colon. Nella malattia di Crohn, il processo infiammatorio<br />

può interessare ogni segmento del tratto gastrointestinale, includendo il<br />

colon e, in alcuni casi (circa 30-40%) esclusivamente il colon. Comunque,<br />

anche quando il processo infiammatorio sia limitato al colon, la colectomia<br />

non può essere considerata curativa nella malattia di Crohn.<br />

Un altro tipico rilievo patologico della colite ulcerosa è rappresentato<br />

dalla distribuzione della malattia da distale a prossimale e la continuità<br />

di coinvolgimento dell’intestino. La colite ulcerosa esordisce come una<br />

proctite e si estende prossimalmente senza il risparmio di alcun tratto di<br />

mucosa. Sebbene tale malattia possa svilupparsi in questo modo, non è<br />

inusuale per i pazienti presentare un colon distale relativamente poco


Figura <strong>46</strong>-22. Colite ulcerosa: aspetto macroscopico di una colite sinistra. La fotografia<br />

mostra la transizione della mucosa normale alla mucosa con colite attiva, a livello<br />

della flessura splenica. La parte sinistra del colon mostra una malattia continua<br />

visibile come lesione eritematosa e granulare della superficie mucosa, mentre il colon<br />

destro mostra una regolare preservazione del colore marrone e delle pliche mucose.<br />

(Per concessione di M. Markowitz Haber; M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

coinvolto con un colon prossimale invece attivamente infiammato. Questo<br />

è spiegato dall’efficacia delle medicazioni topiche che vengono somministrate<br />

per via rettale, come per esempio i corticosteroidi ed i derivati<br />

della acido 5-aminosalicilico (ASA). In una serie di 39 pazienti studiati<br />

presso l’università della California a Los Angeles, 17 (44%) presentavano<br />

una evidenza endoscopica di discromie della mucosa inclusi cinque<br />

pazienti (13%) con risparmio del retto. Tredici pazienti (33%) presentavano<br />

una evidenza istologica delle lesioni discromiche mucose, includendo<br />

6 pazienti (15%) con risparmio del retto. Nove pazienti<br />

(23%) 31 presentavano discromie della mucosa confermate poi dall’esame<br />

istologico. Il rilievo di discromie è importante in quanto può fare nascere<br />

il sospetto di una diagnosi errata di malattia di Crohn in luogo di<br />

colite ulcerosa. In casi atipici, la colite ulcerosa si può presentare ex novo<br />

limitata alla parte destra del colon 187 .<br />

Molto spesso la malattia è limitata alla parte sinistra del colon. Nella<br />

maggior parte dei pazienti con una localizzazione sinistra della malattia<br />

vi è una chiara demarcazione del margine prossimale di coinvolgimento<br />

localizzato a livello della flessura splenica (Fig. <strong>46</strong>-22). È<br />

stato suggerito che la netta demarcazione a livello della flessura splenica<br />

possa essere dovuta alla presenza di un’arteria marginale incompleta<br />

che sbocca a livello del punto di demarcazione 100 .Il coinvolgimento<br />

di tutto il colon viene definito come colite universale o pancolite<br />

(Fig. <strong>46</strong>-23). Nei pazienti affetti da pancolite, l’ileo terminale può<br />

anch’esso risultare infiammato a causa del fenomeno chiamato “backwash<br />

ileitis”. L’interessamento perianale è relativamente poco comune<br />

nella colite ulcerosa mentre è molto comune nella malattia di Crohn.<br />

Figura <strong>46</strong>-23. Colite ulcerosa: aspetto macroscopico di una pancolite. Dal momento<br />

che tutto il colon è coinvolto da modificazioni di tipo infiammatorio, questo pezzo<br />

anatomico rappresenta un caso di pancolite. Il colon distale mostra una grande ulcera<br />

longitudinale con la mucosa adiacente che appare ammassata. Nella porzione<br />

di mezzo la mucosa del colon appare relativamente piatta e senza le caratteristiche<br />

salienti. Nella parte destra del colon la mucosa mostra multiple proiezioni polipoidi,<br />

o pseudopolipi, che creano il caratteristico aspetto ad acciottolato. La valvola ileociecale<br />

è edematosa ed irregolare mentre l’ileo terminale è indenne. (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

COLON E RETTO 951<br />

L’aspetto macroscopico dell’intestino è solitamente modesto dal versante<br />

sieroso. In caso di colite acuta severa, vi può essere un ispessimento<br />

visibile della parete del colon accompagnato da segni di congestione<br />

sierosa ma senza le modificazioni di tipo infiammatorio che vengono<br />

rilevate nella malattia di Crohn. I rilievi veramente impressionanti<br />

sono visibili all’apertura del colon. La mucosa appare congesta,<br />

ulcerata ed emorragica. Una tipica caratteristica della colite ulcerosa è<br />

lo sviluppo degli pseudopolipi (Fig. <strong>46</strong>-24). Questi polipi di tipo rigenerativo<br />

possono completamente tappezzare la mucosa del colon,<br />

creando l’impressione simile a quella di un paziente affetto da una poliposi.<br />

Le caratteristiche microscopiche tipiche della colite ulcerosa sono<br />

descritte nella Figura <strong>46</strong>-25.<br />

Presentazione clinica<br />

La colite ulcerosa ha tipicamente una presentazione insidiosa con diarrea<br />

ed ematochezia. Questa condizione viene comunemente attribuita<br />

a diarree non specifiche come quelle provocate da enteropatogeni e da<br />

parassiti. Comunemente, in media dopo 6-12 mesi, la diagnosi viene<br />

raggiunta mediante una colonscopia, sebbene in molti pazienti la colite<br />

ulcerosa rimanga non diagnosticata per diversi anni. Con l’avanzare<br />

del processo infiammatorio nel tempo, i pazienti lamentano la perdita<br />

di muco e sangue con le feci. Il retto perde quindi l’elasticità ed il lume<br />

intestinale collassa, determinando l’insorgenza di un severo tenesmo.<br />

Quando la malattia raggiunge questo punto, i pazienti cercano di raggiungere<br />

lo svuotamento del loro retto 30-40 volte al giorno ed anche<br />

più volte durante la notte . Anche l’incontinenza fecale è molto comune<br />

nelle fasi avanzate della malattia.<br />

Una volta che venga iniziata una specifica terapia farmacologica, la<br />

maggior parte dei pazienti raggiungono uno stato di remissione della<br />

malattia nel giro di alcune settimane. L’intervallo di tempo fra la remissione<br />

e la ripresa dei sintomi è molto variabile come la frequenza e<br />

la severità delle riprese di malattia. Vi è un sottogruppo di pazienti che<br />

presentano un decorso di malattia più prevedibile rappresentato da una<br />

forma inesorabile di malattia a partire dal suo esordio fino a quando il<br />

colon non venga rimosso. Questa forma di malattia è più comune nei<br />

soggetti giovani. In associazione con questo decorso inesorabile, i pazienti<br />

giovani manifestano i segni di una tossicità sistemica come la febbre<br />

e la perdita di peso. Anche pazienti che precedentemente avevano<br />

dimostrato una buona risposta alla terapia farmacologica possono sviluppare<br />

una forma severa di colite. Quando i sintomi di una colite acuta<br />

severa sono associati con una evidenza radiologica di dilatazione del<br />

colon, la sindrome viene chiamata mega-colon tossico.<br />

Come già precedentemente menzionato, una delle caratteristiche<br />

più intriganti della colite ulcerosa rimane la sua associazione con altre<br />

manifestazioni cliniche localizzate al di fuori del tratto gastrointestinale;<br />

le due più comuni manifestazioni extra-intestinali sono l’artrite periferica<br />

e la spondilite anchilosante. In una serie di 129 pazienti affetti<br />

da malattie infiammatorie intestinali (77 con colite ulcerosa e 52 con<br />

malattia di Crohn) provenienti dalla Corea, l’artrite periferica è stata<br />

rilevata in 20 pazienti (15,5%) ed è risultata più comune in quelli af-<br />

Figura <strong>46</strong>-24. Colite ulcerosa con interessamento segmentario. In questo colon si<br />

nota la presenza di una malattia continua localizzata a sinistra con il risparmio della<br />

parte destra ma con una localizzazione segmentaria nel cieco. La parte sinistra del<br />

colon presenta eritema e granularità a carico della mucosa, mentre nella parte destra<br />

è visibile una colorazione marrone normale e la preservazione delle pliche mucose.<br />

Comunque una localizzazione segmentaria di malattia è presente nel cieco.<br />

(Per concessione di M. Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).


952 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-25. Colite ulcerosa: aspetto microscopico di colite attiva. Le ghiandole<br />

appaiono irregolari con la presenza di diramazioni e, localmente, il lungo<br />

asse della ghiandola appare orizzontale anziché perpendicolare. Un ascesso<br />

criptico centrale è visibile. Vi è un aumentato numero di cellule infiammatorie<br />

croniche che attraversano la lamina propria. (Per concessione di M. Markowitz<br />

Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

fetti da colite ulcerosa (19,6%) rispetto quelli affetti da malattia di<br />

Crohn (9,6%). L’interessamento delle articolazioni era mono-articolare<br />

o pauci-articolare e più frequentemente localizzato al ginocchio ed<br />

alla caviglia. La spondilite è stata diagnosticata in un paziente (1,6%)<br />

che presentava una positività HLA B27. Una sacro-ileite diagnosticata<br />

radiograficamente è stata osservata in otto pazienti (6,2%) che presentavano<br />

una negatività HLA B27. Sia l’artrite periferica che la sacroileite<br />

sono state osservate in sei pazienti (4,6%). In un’altra serie di<br />

68 pazienti affetti da colite ulcerosa provenienti dall’Italia, la spondiloartrite<br />

è stata rilevata in 19 pazienti (27,9%) 245 . Quattro di questi presentavano<br />

una classica forma di spondilite anchilosante (5,8%), ed in<br />

tre di questi era presente l’aplotipo HLA B27. La sacroileite è stata diagnosticata<br />

in 9 pazienti (13,2%), mono-laterale in cinque e bilaterale<br />

in quattro. Tredici di questi 19 pazienti affetti da spondilo-artrite presentavano<br />

una pancolite 20 .L’artrite e la spondilite anchilosante che si<br />

presentano come manifestazioni extra-intestinali della colite ulcerosa,<br />

tendono a migliorare o a risolversi dopo colectomia.<br />

La più temuta manifestazione extra-intestinale della colite ulcerosa<br />

è rappresentata dalla colangite sclerosante; questa manifestazione extra-intestinale<br />

non si risolve dopo colectomia. Vi è anche una qualche<br />

evidenza che la mucosa colica è diversa nei pazienti che sviluppano<br />

una colangite sclerosante. Per esempio le cellule natural killer sono<br />

aumentate nel contesto della mucosa colica nei pazienti affetti da colangite<br />

sclerosante 234 .Un fatto molto serio nei pazienti affetti da colite<br />

ulcerosa e da colangite sclerosante è rappresentato dall’aumentato<br />

rischio di neoplasia 1<strong>46</strong> .È stato rilevato che il rischio di cancro del colon<br />

in pazienti con colite ulcerosa è cinque volte più alto quando questi<br />

sviluppano anche una colangite sclerosante 45 .<br />

La displasia del colon e il cancro sono più comuni nei pazienti con<br />

colite ulcerosa e colangite sclerosante rispetto a quelli portatori solo<br />

di colite ulcerosa. Di 1212 pazienti con colite ulcerosa e candidati a<br />

colectomia, 16 su 27 pazienti con colangite sclerosante (59,5%) hanno<br />

presentato displasia rispetto in 136 su 1185 senza colangite sclerosante<br />

(11,5%). Displasia o cancro sono stati rilevati nei pezzi chirurgici<br />

essiccati in 18 (66,7%) dei pazienti con colangite sclerosante ed in<br />

145 (12,2%) dei pazienti senza colangite sclerosante. Inoltre un cancro<br />

del colon localizzato a destra è stato rilevato in tutti e quattro i pazienti<br />

con colangite sclerosante e cancro del colon rispetto a soli 20<br />

pazienti dei 49 con cancro ma senza colangite sclerosante 156 .In alcuni<br />

pazienti i segni di colangite sclerosante precedono quelli della malattia<br />

infiammatoria intestinale. Per esempio, in 6 pazienti su un<br />

gruppo di 11 con segni di colangite sclerosante senza alcun segno di<br />

malattia infiammatoria intestinale, sono stati rilevati dei segni istologici<br />

di colite ulcerosa ed in uno di malattia di Crohn. Di questi pazienti,<br />

uno presentava una franca displasia e l’altro delle modificazioni<br />

epiteliali probabilmente positive per displasia. Tre degli 11 pazienti<br />

hanno sviluppato segni clinici di malattia infiammatoria intestinale<br />

dopo 1, 3 e 7 anni di follow-up a partire dalla colonscopia iniziale.<br />

Un’altra complicanza della colite ulcerosa è lo sviluppo di displasia<br />

e di cancro (Figg. <strong>46</strong>-26 e <strong>46</strong>-28). Anche quando i pazienti portatori<br />

di colite ulcerosa divengano asintomatici essi rimangono a rischio<br />

di sviluppare displasia e cancro colo-rettale. Alcuni chirurghi<br />

hanno notato che il cancro colo-rettale insorto in pazienti con colite<br />

ulcerosa tende ad essere più aggressivo e multicentrico oltre che ad<br />

essere diagnosticato in uno stadio più avanzato rispetto alle forme<br />

che insorgono nella popolazione generale. Fra i molti fattori che predispongono<br />

allo sviluppo di un cancro colo-rettale vi è la durata della<br />

colite ulcerosa. Nei pazienti con insorgenza di colite ulcerosa durante<br />

l’infanzia, il cancro colo-rettale si può sviluppare nell’adolescenza<br />

o nella prima età adulta 158 .Comunque, quando l’età di insorgenza<br />

e la durata della malattia siano controllate, il rischio di displasia<br />

e cancro aumenta con il passare di ogni anno 140 .Le lesioni neoplastiche<br />

nel colon di pazienti portatori di colite ulcerosa possono<br />

svilupparsi partendo da condizioni di displasia (lesioni o masse displasia-associate)<br />

o dalla presenza di adenomi concomitanti 1<strong>46</strong> .<br />

Dal momento che i pazienti affetti da forme di colite ulcerosa che<br />

datano da lungo tempo sono ad aumentato rischio per sviluppare<br />

un cancro colo-rettale, la sorveglianza per le forme di displasia effettuata<br />

mediante colonscopia è consigliata per ridurre le morti<br />

correlate al cancro. Le indicazioni per includere un paziente in un<br />

programma di sorveglianza prevedono la presenza di una malattia<br />

che data da molto tempo (>10 anni) e la presenza di un interessamento<br />

universale del colon (pancolite). Inoltre, i pazienti affetti da<br />

colangite sclerosante dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza<br />

endoscopica. La colonscopia di sorveglianza viene effettuata sia annualmente<br />

che ogni due anni e consiste in una serie di biopsie effettuate<br />

a livello di multiple localizzazioni del colon. In circostanze<br />

ideali, le modificazioni in senso neoplastico a livello dell’epitelio<br />

del colon dovrebbero essere rilevate in uno stadio più precoce (per<br />

esempio displasia di basso grado) e quindi il paziente potrebbe essere<br />

curato mediante una colectomia profilattica. Sfortunatamente,<br />

le condizioni attuali sono ben lontane dall’essere ideali, ed i pazienti<br />

con colite ulcerosa continuano a morire a causa del cancro<br />

colo-rettale 18 .Per esempio, in una serie di 143 pazienti seguiti mediante<br />

sorveglianza colonscopica, sono stati diagnosticati 48 pazienti<br />

con displasia e 7 con cancro. Comunque solo due di questi<br />

sette pazienti presentavano un cancro in classe A di Dukes che si sa-<br />

Figura <strong>46</strong>-26. Colite ulcerosa: aspetto microscopico di displasia ad alto grado.<br />

Displasia ad alto grado nel conteso di una lesione con caratteristiche di massa<br />

in un paziente con colite ulcerosa. Le lesioni o masse associate a displasia sono<br />

caratterizzate da un aumentato rischio di carcinoma. (Per concessione di M.<br />

Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).


Figura <strong>46</strong>-27. Colite ulcerosa: aspetto radiologico di una colite ulcerosa cronica<br />

con un concomitante cancro del colon. Il clisma a doppio contrasto mostra le<br />

caratteristiche della colite ulcerosa cronica: raccorciamento del colon, perdita<br />

delle caratteristiche haustra e restringimento del colon e del retto. Una massa<br />

viene inoltre visualizzata a livello del colon trasverso (freccia) che è stato dimostrato<br />

trattarsi di un cancro del colon. (Per concessione di Dina F. Caroline,<br />

M.D., Ph.D., Temple University Hospital).<br />

rebbe quindi potuto trattare con successo mediante intervento chirurgico<br />

145 .Uno dei problemi associati alla sorveglianza colonscopica<br />

nella colite ulcerosa è la scarsa comprensione da parte dei gastroenterologi<br />

e dei patologi circa il significato di displasia 32 .<br />

Con il rapido sviluppo delle conoscenze nel campo della genetica<br />

del cancro colo-rettale è auspicabile che l’utilizzo di markers tumorali<br />

possa aumentare la sensibilità della colonscopia di sorveglianza.<br />

Specificamente, le mutazioni del gene soppressore tumorale p53, l’aneuploidia,<br />

l’espressione del fattore sialosil-Tn mucino-associato<br />

sembrano essere molto promettenti per un uso futuro nei programmi<br />

di sorveglianza 231, 269 .<br />

Figura <strong>46</strong>-28. Colite ulcerosa: aspetto microscopico di un carcinoma invasivo.<br />

La sezione microscopica mostra un carcinoma invasivo sviluppatosi in un paziente<br />

con una colite ulcerosa datante da lungo tempo. Le ghiandole mucose<br />

sono ricoperte da epitelio neoplastico. Ghiandole irregolari invadono la sottomucosa<br />

attraverso la muscolaris mucosae. (Per concessione di M. Markowitz<br />

Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

COLON E RETTO 953<br />

Diagnosi<br />

La storia clinica della maggior parte dei pazienti affetti da colite ulcerosa<br />

è solitamente molto rivelatrice se all’ematochezia fosse attribuita<br />

l’importanza che merita. Ogni paziente che presenti ematochezia che<br />

non può esser attribuita al sanguinamento visibile di emorroidi esterne<br />

dovrebbe essere sottoposto a una colonscopia. Anche quando vengano<br />

riscontrate emorroidi sanguinanti, una certa forma di sorveglianza del<br />

colon dovrebbe essere considerata come la colonscopia o il clisma opaco.<br />

La maggior parte delle altre forme di diarrea ed ematochezia possono<br />

comunemente essere diagnosticate sulla base della anamnesi e dell’esame<br />

colonscopico. La diarrea su base infettiva può essere legata a<br />

viaggi o a tossinfezioni alimentari. La colite pseudomembranosa viene<br />

quasi sempre osservata dopo una terapia antibiotica. La colite attinica e<br />

quella ischemica hanno entrambe un evento precipitante come il cancro<br />

cervicale nel primo caso ed un intervento chirurgico di messa a<br />

piatto di aneurisma dell’aorta addominale nell’altro.<br />

Il principale dilemma diagnostico nella colite ulcerosa è la differenziazione<br />

dalla malattia di Crohn, specialmente perché le opzioni<br />

chirurgiche per ognuna delle due forme di malattia infiammatoria intestinale<br />

sono sostanzialmente diverse. Quindi, quando un prelievo<br />

istologico eseguito in corso di colonscopia rivela segni di malattia infiammatoria<br />

intestinale, è assolutamente imperativo che i vetrini siano<br />

rivisti da un patologo specialista nelle malattie gastrointestinali.<br />

Quando permangano ancora dei dubbi, un clisma del piccolo intestino<br />

dovrebbe essere eseguito per evidenziare nella parte rimanente di<br />

intestino lesioni compatibili con la malattia di Crohn. Una nuova forma<br />

di diagnosi per differenziarle fra la colite ulcerosa da malattia di<br />

Crohn è il test per gli anticorpi citoplasmatici anti neutrofili (ANCA)<br />

e per gli anticorpi anti S. cerevissiae (ASCA) 220 .Sebbene il titolo anticorpale<br />

delle immunoglobuline di tipo A e di tipo G anti ASCA sia significativamente<br />

più elevato ed altamente specifico per la malattia di<br />

Crohn (95% per ognuno, 100% se entrambe positive), il titolo anticorpale<br />

p-ANCA è specifico al 92% per malattia di Crohn ed assente<br />

in tutti i pazienti non affetti da malattie infiammatorie intestinali 217 .<br />

Pazienti con biopsie compatibili con colite ulcerosa ed una negatività<br />

p-ANCA presentano un decorso di malattia meno aggressivo rispetto<br />

a quelli con una positività per il p-ANCA 260 .<br />

Diagnosi differenziale<br />

Oltre alla malattia di Crohn molte altre forme di colite possono mimare<br />

la presenza di una colite ulcerosa compresa la colite indotta dai<br />

farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), la colite cistica<br />

profonda, la colite da diversione, la colite attinica, la colite ischemica,<br />

la colite microscopica e la colite collagenosica. La distinzione fra<br />

la colite ulcerosa e le coliti FANS-indotte è ulteriormente complicata<br />

dal fatto che la colite ulcerosa sia peggiorata dall’utilizzo dei FANS 74 .<br />

La colite cistica profonda, unitamente, all’ulcera solitaria del retto sono<br />

complicanze tipiche del prolasso rettale che possono essere confuse<br />

con la colite ulcerosa particolarmente nei pazienti con un prolasso<br />

non evidente. La colite da diversione può essere quasi indistinguibile<br />

dalla colite ulcerosa all’esame istologico; comunque la storia<br />

di una precedente colostomia o ileostomia è troppo ovvia per essere<br />

ignorata 150 . La colite attinica si sviluppa solitamente molti anni dopo<br />

la terapia radiante (20-30 anni) e quindi il collegamento non è così<br />

chiaro come per la colite da diversione per gli interventi chirurgici<br />

precedenti. La colite ischemica si può presentare con diarrea sebbene<br />

i sintomi di tipo ostruttivo siano molto più comuni.<br />

La colite microscopica che anche conosciuta con il nome di colite<br />

linfocitica e colite collagenosica, rappresenta una forma di colite da causa<br />

ignota recentemente riconosciuta. Il rapporto femmine-maschi è di<br />

9:1. L’età media alla diagnosi è di 64 anni (da 28 a 78 anni). Nelle donne<br />

di età compresa fra i 70 e i 79 anni, la colite collagenosica raggiunge<br />

l’incidenza della colite ulcerosa. La durata media dei sintomi è di 37<br />

mesi (da 4 mesi a 15 anni). I sintomi della malattia includono la diarrea<br />

intermittente con una componente predominante notturna, dolore<br />

addominale; lieve perdita di peso ed incontinenza. Sia nella colite<br />

microscopica che nella colite collagenosica il colon appare normale al<br />

clisma opaco ed alla colonscopia. Comunque le biopsie del colon rilevano<br />

una infiltrazione di plasmacellule e neutrofili nel contesto della<br />

lamina propria ed un aumento dei linfociti intra-epiteliali e lungo la<br />

superficie epiteliale. La mancanza di uno strato di collagene ispessito<br />

al di sotto della superficie dell’epitelio differenzia istologicamente la<br />

colite microscopica dalla colite collagenosica 40, 196, 198 .


954 ADDOME<br />

Trattamento conservativo<br />

La prima linea di terapia farmacologica per la colite ulcerosa è rappresentata<br />

dai derivati del 5-ASA la cui più vecchia molecola è l’azulfidina.<br />

La mesalamina è un altro derivato del 5-ASA che può essere utilizzato<br />

101 .I farmaci di seconda linea sono rappresentati dagli immuno-modulatori<br />

che variano dai corticosteroidi sino al tacrolimus 77 .Alla luce<br />

dell’ampio spettro degli effetti collaterali determinati dall’uso a lungo<br />

termine, i corticosteroidi vengono somministrati solo per periodi brevi<br />

nei pazienti con ripresa acuta di malattia. In alcuni pazienti, l’azatioprina<br />

può essere efficace qualora la malattia divenga resistente ai corticosteroidi<br />

15 .Altri farmaci immuno-modulatori utilizzati per mantenere la<br />

colite ulcerosa in fase di remissione sono la 6-mercaptopurina, il metotrexate,<br />

la ciclosporina, il micofenolato-mofetil ed il tacrolimus 19 .<br />

Un approccio standardizzato al trattamento è stato invocato nei pazienti<br />

che si presentano con un attacco severo di colite ulcerosa. Questo<br />

approccio consiste in una somministrazione continua ad alte dosi<br />

di idrocortisone; un utilizzo intensivo degli steroidi ad applicazione<br />

topica e la continuazione (ma non l’inizio di terapia) della somministrazione<br />

orale di 5-ASA. Per quei pazienti la cui malattia si dimostra<br />

refrattaria agli steroidi per via endovenosa, la somministrazione di ciclosporina<br />

per via endovenosa è divenuta una componente essenziale<br />

del trattamento. Almeno transitoriamente più dell’80% dei pazienti<br />

con una colite acuta risponderà al trattamento con la ciclosporina per<br />

via endovenosa 128 . Gli antibiotici dovrebbero essere utilizzati solo<br />

quando specificamente indicato. La nutrizione parenterale totale non<br />

si è dimostrata utile nei casi di colite acuta 157 .Sfortunatamente circa il<br />

30% dei pazienti che rispondono inizialmente alla ciclosporina per via<br />

endovenosa presenta una ripresa di malattia quando passa alla somministrazione<br />

orale di ciclosporina, richiedendo una colectomia in urgenza<br />

116 . Quindi, il preciso ruolo della ciclosporina nel trattamento dei<br />

pazienti con colite ulcerosa rimane incerto 115 .<br />

Trattamento chirurgico<br />

La chirurgia nei pazienti affetti da colite ulcerosa può essere effettuata<br />

sia in urgenza che in elezione. I pazienti che richiedono un trattamento<br />

chirurgico d’urgenza sono quelli che presentano un quadro<br />

clinico di megacolon tossico, di perforazione colica o di sanguinamento<br />

massivo. L’ostruzione colica è estremamente rara nella colite<br />

ulcerosa e quando presente è solitamente dovuta ad un cancro che<br />

complica la colite ulcerosa. Le indicazioni agli interventi chirurgici di<br />

elezione nei pazienti con colite ulcerosa sono rappresentate dalla persistenza<br />

di sintomi clinici nonostante la terapia farmacologica (non<br />

responsività alla terapia medica), dall’intolleranza ed effetti collaterali<br />

alla terapia medica (diabete, ipertensione, cataratta, necrosi vascolare<br />

e osteopenia da corticosteroidi) e dalla presenza di displasia nelle<br />

biopsie eseguite durante la colonscopia. La chirurgia nella colite ulcerosa<br />

viene considerata profilattica quando eseguita prima dello sviluppo<br />

di una qualsiasi delle complicanze descritte precedentemente. I<br />

chirurghi e la maggior parte dei gastroenterologi ritengono che dopo<br />

dieci anni di colite ulcerosa con interessamento di tutto il colon vi sia<br />

un’indicazione ad eseguire una colectomia profilattica.<br />

Le opzioni chirurgiche per la colite ulcerosa variano dalla procto-colectomia<br />

standard, includendo la resezione addomino-perineale, alla<br />

procto-colectomia restaurativa, nella quale l’ano viene preservato e la<br />

continuità del tratto gastrointestinale ricostruita mediante un’anastomosi<br />

fra la pouch ileale e l’ano (IPAA) (vedi Procedure chirurgiche). In<br />

condizioni di urgenza, l’intervento chirurgico di minima che può essere<br />

offerto ai pazienti con colite ulcerosa è rappresentato dalla colectomia<br />

totale con confezionamento di ileostomia terminale (intervento di<br />

Hartmann). Nel passato nei pazienti critici come quelli affetti da megacolon<br />

tossico venivano eseguite o una singola ileostomia di diversione<br />

oppure multiple colostomie. Apparve chiaro sin da subito che nonostante<br />

questi interventi il processo infiammatorio continuava nonostante<br />

la diversione del flusso fecale, e quindi questi interventi furono<br />

presto abbandonati. La scelta per la chirurgia viene effettuata basandosi<br />

sulle condizioni cliniche del paziente al momento dell’intervento, sulla<br />

presenza di eventuali condizioni patologiche associate, sullo stile di<br />

vita del paziente, sulle sue preferenze e, in circostanze estreme, sul tipo<br />

di corporatura. I pazienti possono giungere alla chirurgia in perfette<br />

condizioni o essere malati critici in terapia con molteplici farmaci ad<br />

azione immunosoppressiva. La chirurgia verrà limitata al minimo (colectomia<br />

con intervento di Hartmann) in caso di pazienti gravemente<br />

ammalati. Raramente, un paziente con colite ulcerosa può richiedere<br />

un trapianto di fegato concomitante alla colectomia per la presenza di<br />

una forma avanzata di colangite sclerosante. Una delle più grandi sfide<br />

nell’eseguire interventi chirurgici nei pazienti con colite ulcerosa è rappresentata<br />

sicuramente dall’obesità. Sebbene portare una pouch ileale<br />

attraverso la pelvi ristretta dei soggetti obesi può essere impossibile,<br />

portare fuori un’ansa ileale per confezionare un’ileostomia attraverso<br />

una parete addominale molto spessa può essere anche questa un’impresa<br />

estremamente difficile.<br />

Un’altra alternativa alla ileostomia permanente è il confezionamento<br />

di un reservoir intra-addominale, o pouch di Kock. Come descritto<br />

nella sezione Procedure chirurgiche i pazienti introducono una speciale<br />

sonda all’interno di questa piccola ileostomia per rompere il meccanismo<br />

di tenuta a valvola e permettere quindi l’evacuazione delle feci.<br />

Questo intervento è divenuto la seconda scelta rispetto alla IPAA e<br />

viene offerto ai pazienti nei quali l’IPAA è fallita o in quelli sottoposti<br />

a una resezione addomino-perineale nell’era pre-IPAA.<br />

La pouch ileale rappresenta un valido sostituto del retto. Comunque,<br />

come prima menzionato nella sezione Anatomia, sia il colon sinistro<br />

che il colon destro hanno un importante ruolo fisiologico. Quindi, la<br />

funzione intestinale dopo un intervento di IPAA è lontana dall’essere<br />

normale. Il miglior risultato da attendersi da una IPAA è costituito da<br />

quattro a sei scariche di feci semi formate accompagnato da perdite fecali<br />

e incontinenza occasionale, particolarmente durante la notte 93 .La<br />

frequenza delle vacazioni e la severità dell’incontinenza peggiorano con<br />

le trasgressioni alla dieta. Sebbene questo livello sub ottimale di funzioni<br />

intestinali necessiti qualche cambiamento nello stile di vita, i pazienti<br />

si sentono molto migliorati dopo essersi sbarazzati della colite ulcerosa<br />

114 .In aggiunta a funzioni intestinali di tipo sub ottimale va considerato<br />

che l’IPAA è un’operazione complessa con un rischio di complicanze<br />

significativamente elevato. Quindi, alcuni chirurghi offrono ai<br />

pazienti con colite ulcerosa come possibile alternativa l’intervento di<br />

procto-colectomia associato a una ileostomia permanente. Sebbene i<br />

pazienti sottoposti a intervento di IPAA sviluppino precocemente<br />

(26%) o tardivamente (16%) complicanze di tipo anastomotico, una<br />

guarigione ritardata della ferita perineale viene osservata in circa il 38%<br />

dei pazienti sottoposti a procto-colectomia convenzionale. I re-interventi<br />

(precoci o tardivi) che si rendono necessari in caso di IPAA e<br />

proctocolectomia convenzionale sono rispettivamente del 36 e 38% 171 .<br />

Come già è stato dimostrato in caso di altre complesse procedure<br />

chirurgiche, la percentuale di complicanze diminuisce in modo proporzionale<br />

all’esperienza che il team chirurgico acquisisce con l’intervento<br />

di IPAA. In una serie di 1310 pazienti sottoposti ad intervento di<br />

IPAA presso la Mayo Clinic, l’incidenza di sepsi pelvica è diminuita dal<br />

7% del periodo 1981-1985 al 3% del periodo 1991-1994. In questa importante<br />

serie, il numero medio di evacuazioni giornaliere è di cinque<br />

al giorno ed una durante la notte. Una frequente incontinenza durante<br />

il giorno e la notte è presente nel 7 e 12% dei pazienti rispettivamente<br />

e non risulta variare durante un periodo di dieci anni. La probabilità<br />

globale di sviluppare almeno un episodio di pouchite risulta<br />

essere del 18 e 48% rispettivamente a 1 e 10 anni, e la probabilità complessiva<br />

di fallimento della pouch a 1 e 10 anni è rispettivamente del 2<br />

e 9% 163 .Altri autori hanno confermato che risultati funzionali di questo<br />

intervento migliorano significativamente nel tempo 88 .<br />

La pouchite è un’infiammazione non specifica della pouch ileale che<br />

può essere sia sporadica che cronica. Sebbene la forma sporadica sia facilmente<br />

trattata con antibioticoterapia, la forma cronica tende ad essere<br />

recidivante e non responsiva alla terapia. La causa della pouchite non<br />

è completamente compresa ma è chiaro che la crescita batterica all’interno<br />

della pouch gioca il ruolo più importante nella sua patogenesi. L’evidenza<br />

principale in favore della sovracrescita batterica come fattore<br />

causativo della pouchite viene dall’evidenza dell’efficacia della terapia<br />

antibiotica. Inoltre la pouchite è comune nei pazienti che hanno una<br />

ostruzione della efferenza della pouch provocata da stenosi dell’anastomosi<br />

o da ostruzione intestinale. Assai spesso, se l’ostruzione della efferenza<br />

della pouch viene efficacemente trattata, la pouchite si risolve. Comunque<br />

vi è un gruppo di pazienti con pouchite cronica in cui non è dimostrata<br />

alcuna ostruzione sia a carico dell’ansa ileale che dell’ansa efferente.<br />

In un gruppo di 291 pazienti sottoposti a IPAA ad Helsinki in<br />

Finlandia, la pouchite si è sviluppata nel 28% dei casi a 11 anni dall’operazione.<br />

Solo nel 4,5% dei casi la pouchite era cronica e in un solo paziente<br />

(0,3%) è stato necessario ricorrere a una ileostomia permanente<br />

a causa della pouchite. Il numero di scariche giornaliere nei pazienti con<br />

pouchite è risultato essere di 6,7 rispetto a 8,2 nei pazienti con pouchite<br />

cronica (p < 0,05) e 6,3 nei pazienti senza pouchite. Il passaggio di feci


durante la notte è risultato essere più comune nei pazienti affetti da pouchite<br />

(80%) rispetto a pazienti senza segni di pouchite (67%) 129 . La pouchite<br />

è inoltre più comune nei pazienti con colangite sclerosante. Di<br />

1097 pazienti sottoposti a IPAA per colite ulcerosa presso la Mayo Clinic,<br />

54 erano affetti da colangite sclerosante. 1 o più episodi di pouchite<br />

sono intervenuti nel 32% dei pazienti senza colangite sclerosante e nel<br />

63% dei pazienti con colangite sclerosante. Il rischio complessivo di<br />

pouchite a 1, 2, 5, e 10 anni dopo IPAA è risultato essere rispettivamente<br />

del 15,5, 22,5, 36, e 45,5% nei pazienti senza colangite sclerosante e del<br />

22, 43, 61, e 79% nei pazienti con colangite sclerosante 194 .<br />

La tecnica chirurgica originale della IPAA includeva la mucosectomia<br />

del canale anale con preservazione di circa 5 cm di muscolatura del<br />

retto. Dopo la mucosectomia, la pouch ileale veniva infatti passata attraverso<br />

la cuffia della muscolatura rettale e suturata all’ano a livello<br />

della linea dentata (vedi Fig. <strong>46</strong>-11). Questa tecnica richiede una retrazione<br />

del canale anale per permetterne l’esposizione e questo può determinare<br />

un danneggiamento dello sfintere e quindi una conseguente<br />

incontinenza. Questa tecnica è stata semplificata dalla sutura meccanica<br />

della pouch sul retto immediatamente al di sopra del canale anale,<br />

evitando quindi la necessità di una rimozione della mucosa rettale. Dopo<br />

la chiusura del retto mediante suturatrice meccanica, la pouch stessa<br />

viene suturata all’ano e quindi questa tecnica prende il nome di double-stapled<br />

IPAA. Comunque, la possibilità di raggiungere il retto nella<br />

sua porzione immediatamente sovra-anale è largamente in dipendenza<br />

dell’anatomia del paziente. Sebbene questo sia possibile quasi sempre in<br />

una donna magra diviene quasi impossibile in un uomo obeso. Quindi<br />

se la tecnica “double-stapled” di IPAA viene applicata ad ogni paziente<br />

con colite ulcerosa, vi sarà qualche paziente con residui di mucosa<br />

rettale 237 . La prevalenza di residui di mucosa rettale nei pazienti sottoposti<br />

a “double-stapled” IPAA è circa del 60% 204 .Sebbene nessun caso<br />

di adenocarcinoma sviluppatosi sul residuo di mucosa rettale sia ancora<br />

stato riportato letteratura, si tratta di una reale possibilità.<br />

NEOPLASIE BENIGNE<br />

Il cancro colo-rettale rappresenta la seconda causa di morte negli Stati<br />

Uniti d’America sia nelle persone di sesso maschile che di sesso femminile.<br />

Circa 160.000 nuovi casi di cancro colo-rettale vengono diagnosticati<br />

ogni anno e sempre ogni anno muoiono circa 60.000 pazienti per<br />

questa malattia. In contrasto con questi dati non certamente positivi, va<br />

considerato che fra tutte le forme di cancro quelle localizzate a livello<br />

colo-rettale rappresentano il campo in cui sono state sviluppate maggiormente<br />

le strategie di prevenzione, profilassi, diagnosi precoce e cura.Vi<br />

sono diverse ragioni di questo progresso nell’ambito della lotta al<br />

cancro colo-rettale. Primo, lo sviluppo e la diffusione della colonscopia<br />

flessibile ha aperto una finestra per osservare l’evoluzione dei carcinomi<br />

a partire dall’epitelio colico anormale, alle condizioni precancerose<br />

sino allo sviluppo del cancro, definendo quella che viene chiamata sequenza<br />

adenoma-carcinoma. Secondo, un certo numero di forme ereditarie<br />

di cancro colo-rettale ha fornito materiale genetico per permettere<br />

lo studio delle basi molecolari dello sviluppo del cancro colo-rettale.<br />

I due principali gruppi di cancro colo-rettale ereditario sono rappresentati<br />

dalla poliposi adenomatosa familiare (FAP) e dal cancro colo-rettale<br />

non polipoide ereditario (HNPCC). Molti dei processi cellulari<br />

che portano lo sviluppo di cancro nella poliposi adenomatosa familiare<br />

e nel cancro colo-rettale non polipoide ereditario sono noti per<br />

essere coinvolti anche nello sviluppo delle forme neoplastiche di cancro<br />

colo-rettale di tipo sporadico. Terzo, vi sono molteplici modelli animali<br />

disponibili per i ricercatori per permettere lo studio dei differenti<br />

aspetti della carcinogenesi colo-rettale per fornire uno strumento per<br />

testare i metodi di prevenzione e trattamento. Infine, molte delle strategie<br />

per la prevenzione del cancro colo-rettale si sono già dimostrate<br />

di successo in campo clinico.<br />

Sequenza adenoma-carcinoma<br />

Lo sviluppo del cancro colo-rettale è un processo che necessita di un<br />

tempo compreso fra 10-15 anni ed evolve attraverso delle fasi ben definite<br />

di progressione. Il cancro colo-rettale è una malattia clonale (si sviluppa<br />

da una cellula in cui intervengono alcune mutazioni genetiche<br />

che permettono la sua migliore sopravvivenza ed una espansione proliferativa).<br />

A livello istologico, la più precoce espressione di un cambiamento<br />

neoplastico è la presenza di foci criptici aberranti. Tale rilievo è<br />

rappresentato da cripte con lumi molto ben distinti che portano allo<br />

sviluppo di micro adenomi. Nel tempo, queste modificazioni cellulari<br />

COLON E RETTO 955<br />

Figura <strong>46</strong>-29. Displasia del colon a basso grado. In questa sezione di mucosa<br />

colica si nota una ghiandola normale (destra) di fianco ad una ghiandola con<br />

una displasia a basso grado. Le linee cellulari nella cellula displasica (sinistra)<br />

sono allungate con un nucleo a forma di sigaro, e appaiono ammassate creando<br />

l’aspetto di una staccionata. I nuclei rimangono nella metà basale della cellula.<br />

Confrontare con la cellula non-neoplastica sulla destra. I nuclei nelle ghiandole<br />

normali sono piccoli e rotondi e rimangono alla base della cellula, rendendosi<br />

meno evidenti. Inoltre, i nuclei in questa ghiandola non-neoplastica non sono<br />

né affollati né presentano pseudo-stratificazione. (Per concessione di M.<br />

Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

progrediscono lungo le cripte per raggiungere l’epitelio di superficie e<br />

per creare una lesione di tipo elevato 281 . Quando queste lesioni elevate<br />

divengono visibili, esse vengono chiamate polipi adenomatosi. Inizialmente,<br />

le cellule che coprono la superficie dei polipi adenomatosi mantengono<br />

un grado di differenziazione equivalente alle cellule dell’epitelio<br />

colico normale. Infine, la differenziazione cellulare viene persa e le<br />

lesioni divengono displasiche (Figg. <strong>46</strong>-29 e <strong>46</strong>-30). Al termine di questa<br />

sequenza di 10-15 anni le cellule displasiche dell’epitelio si infiltrano<br />

attraverso la barriera sotto-epiteliale ed invadono i diversi strati della<br />

parete intestinale (Fig. <strong>46</strong>-31). Anche in questo stadio tardivo, il processo<br />

della carcinogenesi colo-rettale segue una sequenza ordinata con<br />

l’invasione della muscolaris mucosa, dei tessuti pericolici, dei linfonodi<br />

ed infine con metastasi a distanza.<br />

Mutazioni genetiche<br />

nella carcinogenesi colo-rettale<br />

I diversi geni legati alla carcinogenesi colo-rettale possono essere classificati<br />

in quattro categorie: i proto-oncogegni, i geni soppressori, i geni riparatori<br />

dei disaccoppiamenti del DNA e i geni modificatori 112 .I geni<br />

Figura <strong>46</strong>-30. Displasia ad alto grado: carcinoma in situ. I nuclei sono grandi,<br />

pleiomorfi, ipercromici, ed ammassati. Le cellule presentano un elevato rapporto<br />

nucleo/citoplasma. Figure mitotiche possono venire facilmente identificate. Si<br />

noti che il lume tubulare è irregolare con una fila di cellule visualizzabili centralmente<br />

suggerendo una transizione in un carcinoma intramucoso. (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).


956 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-31. Carcinoma del colon sviluppatosi nel contesto di un adenoma:<br />

aspetto microscopico. A sinistra, ghiandole neoplastiche irregolari sono visibili<br />

mentre invadono la mucosa. A destra, una porzione di un adenoma tubulo-villoso<br />

residuo con una displasia a basso grado. (Per concessione di M. Markowitz<br />

Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

soppressori tumorali includono il K-ras,l’src e il c-myc. I geni soppressori<br />

tumorali sono il gene APC (Poliposi adenomatosa del colon), il gene<br />

DCC (gene non deleto nel cancro colo-rettale), il p53, il MCC (gene<br />

mutato nel cancro colo-rettale) ed il gene DPC4.I geni riparatori dei disaccoppiamenti<br />

del DNA sono l’hMSH2, MLH1, PMS1, PMS2 e il<br />

GTBP.I geni modificatori del rischio includono la fosfolipasi A 2, il gene<br />

delle COX2 (cicloossigenasi 2) ed il CD44v (Tab. <strong>46</strong>-2). In generale, lo<br />

sviluppo del cancro colo-rettale è associato con una o più delle seguenti<br />

modificazioni genetiche: sovra-espressione dei proto-oncogeni o dei<br />

geni modificatori del rischio, o ad una sotto-espressione del gene oncosoppressore<br />

o dei geni riparatori dei disaccoppiamenti del DNA 5 .<br />

Il gene K-ras è l’oncogene più comunemente mutato nella neoplasia<br />

sporadica del colon. Il gene K-ras codifica una piccola proteine legante<br />

la guanosina trifosfato che ha normalmente la funzione di interruttore<br />

nella trasduzione del segnale dalla superficie cellulare ai<br />

bersagli intracellulari. Mutazioni puntiformi nel contesto del gene Kras<br />

sono state osservate approssimativamente nel 40-50% degli adenomi<br />

e dei carcinomi colo-rettali sporadici. La mutazione del gene<br />

K-ras è inoltre presente in circa il 20-50% dei prelievi bioptici displasici<br />

nella colite ulcerosa e in circa il 24-50% delle coliti ulcerose<br />

associate a cancro 4 .Studi di mappatura dei pezzi chirurgici asportati<br />

hanno permesso di identificare delle aree di mucosa colica displasiche<br />

adiacenti al carcinoma colo-rettale che contengono una identica<br />

mutazione del gene K-ras presente nel cancro medesimo, suggerendo<br />

che questo tipo di mutazione interviene nei precursori displasici<br />

del cancro nella colite ulcerosa. Le mutazioni del gene K-ras non<br />

sono state tipicamente rilevate nella mucosa colica non displasica.<br />

TABELLA <strong>46</strong>-2. Geni coinvolti nella carcinogenesi colo-rettale<br />

Le mutazioni del gene p53 intervengono approssimativamente nel<br />

50% di tutti i cancri che colpiscono l’uomo. Il gene p53 è localizzato sul<br />

braccio corto del cromosoma 17 (17p) e codifica una fosfo-proteina<br />

nucleare che ha la funzione di fattore di trascrizione. Il gene p53 normale<br />

si considera abbia una funzione di prevenire l’espansione clonale<br />

di cellule mutate. In risposta al danneggiamento del DNA, l’espressione<br />

del normale p53 è aumentata, regolando circolarmente la trascrizione<br />

del gene che induce l’arresto del ciclo cellulare o la morte apoptosica<br />

delle cellule. Quindi, i prodotti del gene p53 impediscono che le cellule<br />

che presentano una mutazione acquisita al livello del DNA progrediscano<br />

attraverso il ciclo cellulare e quindi si possano replicare, inoltre<br />

eliminano queste ultime se il DNA non può essere riparato.<br />

L’inattivazione del gene onco-soppressore p53 determinata da una<br />

mutazione o da una delezione allelica interviene in circa l’80-90%<br />

dei carcinomi colici sporadici e meno frequentemente (20-40%) negli<br />

adenomi del colon. La delezione allelica del cromosoma 17p, o<br />

mutazione del gene p53 è stata anche riscontrata nel 45% dei carcinomi<br />

colici associati a colite ulcerosa. La frequenza della mutazione<br />

del p53 nella mucosa displastica sembra riflettere la severità della displasia,<br />

con una frequenza nella mucosa classificata come non-displastica<br />

o indefinita per displasia del 5-10%, approssimativamente<br />

di un terzo di quelli con una displasia a basso grado e di circa la metà<br />

di quelli con una displasia ad alto grado.<br />

Il gene APC è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 5. Le mutazioni<br />

congenite a livello del gene APC sono responsabili della poliposi<br />

adenomatosa del colon e della sindrome di Gardner. Il gene APC<br />

è localizzato nella regione cromosomica 5q21. La mutazione più comune<br />

è caratterizzata dalla perdita di un secondo allele, creando la<br />

“perdita di eterozigosi” (LOH). Un modello animale definito come<br />

“knokout mouse Min” (neoplasia intestinale multipla) è stato messo a<br />

punto, creando una mutazione del gene APC che determina l’insorgenza<br />

di multipli polipi edematosi intestinali che progrediscono in<br />

adenocarcinoma. Come spesso accade nell’essere umano, un gene modificatore<br />

esprime la sua azione anche nello sviluppo del cancro e nel<br />

caso del topo Min il gene è rappresentato dal gene fosfolipasi A 2.<br />

Le due funzioni attribuite al prodotto del gene APC, la proteina<br />

APC, sono rappresentate dalla regolazione del ciclo cellulare e dalla<br />

modulazione della interazione cellulo-cellulare attraverso il meccanismo<br />

delle catenine. Vi sono descritte varie mutazioni a carico del gene<br />

APC ed ognuna è portatrice di un particolare tratto fenotipico. Alcune<br />

di queste determinano l’età di insorgenza dei polipi e dei cancri<br />

che si esplica in due quadri tipici: uno di presentazione precoce ed un<br />

altro di presentazione tardiva. Altre mutazioni sono implicate nello<br />

sviluppo dell’ipertrofia congenita dell’epitelio retinico pigmentato. La<br />

perdita di eterozigosi del cromosoma 5 (5q) è presente approssimativamente<br />

nel 50-85% degli adenomi e dei carcinomi colici sporadici.<br />

Alcuni studi hanno riscontrato la perdita di eterozigosi a livello del locus<br />

genico APC in una percentuale di circa un terzo sino alla metà<br />

delle displasie e dei carcinomi associati a colite ulcerosa.<br />

Il gene DCC è considerato un gene onco-soppressore localizzato sul<br />

braccio lungo del cromosoma 18 (18q). La sequenza proteica DDC<br />

Categoria dei geni Gene Significato clinico<br />

Foto-oncogeni K-ras Adenomi sporadici (grandi e villosi)<br />

Cancro e colite ulcerosa<br />

src<br />

c-myc<br />

Soppressori tumorali APC Poliposi adenomatosi familiare<br />

DCC Adenomi avanzati e cancro<br />

p53 Indicatore di prognosi infausta<br />

MCC<br />

DPC4<br />

Riparatori dei disaccoppiamenti del DNA HMSH2 Cancro colo-rettale non polipoide ereditario<br />

MLH1 Cancro colo-rettale non polipoide ereditario<br />

PMS1 Cancro colo-rettale non polipoide ereditario<br />

PMS2 Cancro colo-rettale non polipoide ereditario<br />

GTBP<br />

Modificatori del rischio Fosfolipasi A 2<br />

COX2<br />

CD44v Malattia metastatica


presenta una omologia con le molecole di adesione e si ritiene quindi<br />

che esprima la sua funzione nell’adesione ed ancoraggio cellulo-cellulare.<br />

La perdita di eterozigosi di una regione cromosomica che include<br />

il locus DCC interviene in circa il 70% dei cancri colo-rettali sporadici<br />

mentre una frequenza simile di perdita di eterozigosi sul braccio<br />

lungo del cromosoma 18 (18q) è stata rilevata in una piccola serie (3<br />

pazienti su cinque) di coliti ulcerose associate a cancro del colon.<br />

Il più recente gruppo di geni scoperto con un importante ruolo nella<br />

carcinogenesi nelle forme neoplastiche coliche sia sporadiche che ereditarie<br />

è rappresentato dai geni riparatori del DNA che includono i geni<br />

MHS-2, MLH-1, PMS-1, PMS-2 e GTBP. Tutti questi geni codificano delle<br />

proteine che sono importanti nella riparazione degli errori di accoppiamento<br />

delle basi di DNA. Gli errori di accoppiamento delle basi possono<br />

avvenire spontaneamente durante la replicazione del DNA e possono<br />

essere indotti dall’esposizione ad agenti mutageni. La perdita della funzione<br />

di ognuno di questi prodotti genici può determinare una instabilità<br />

del genoma causata dalla mancata riparazione delle basi di DNA accoppiate<br />

erroneamente. Una mutazione puntiforme dei geni riparatori del<br />

DNA causa l’insorgenza del cancro colo-rettale ereditario non polipoide.<br />

Sebbene i geni riparatori del DNA non siano ancora stati studiati nelle<br />

forme sporadiche di cancro del colon, l’instabilità microsatellite<br />

(MIS), considerata un punto distintivo per tutti i cancri che presentano<br />

una mutazione a livello dei geni riparatori del DNA, è stata rilevata in<br />

circa il 15% dei cancri colo-rettali sporadici. Studi iniziali hanno anche<br />

rilevato che la MIS è presente anche nel 20-45% dei prelievi displasici ottenuti<br />

da soggetti con colite ulcerosa associata a displasia e carcinoma.<br />

La MIS è una conseguenza di un difettoso meccanismo di riparazione<br />

delle basi del DNA male accoppiate: questo è causato dalla mancanza di<br />

una corretta replicazione della sequenza di ripetizione nucleotidica e determina<br />

un’espansione o contrazione delle dimensioni delle sequenze ripetute.<br />

Uno dei meccanismi attraverso il quale una deficiente riparazione<br />

delle basi di DNA erroneamente accoppiate e la risultante instabilità<br />

micro-satellite (MIS) inducono la carcinogenesi è rappresentata dall’espansione<br />

e dalla contrazione delle sequenze nucleotidiche ripetute nei<br />

geni che contengono sequenze simili nella loro regione di codificazione.<br />

Alcuni di questi geni che si sono dimostrati danneggiati dalla instabilità<br />

micro satellite sono il centro di controllo della crescita e della differenziazione<br />

cellulare (gene del recettore del fattore di crescita e trasformazione-beta)<br />

ed il gene bax dell’apoptosi cellulare. Una mancanza di funzione<br />

a carico di questi geni viene ritenuta predisponente ad una trasformazione<br />

in senso neoplastico delle cellule.<br />

Modificazioni genetiche nelle neoplasie<br />

insorte in pazienti con colite ulcerosa<br />

Le modificazioni genetiche nelle cellule che divengono displasiche e<br />

nelle cellule neoplastiche dei pazienti affetti da colite ulcerosa differiscono<br />

dalle mutazioni geniche descritte per i carcinomi colo-rettali<br />

sporadici, per cancri che si sviluppano nei pazienti con poliposi<br />

adenomatosa familiare e per il cancro colo-rettale ereditario non polipoide.<br />

Per esempio, solo il 6% dei pazienti con displasia e cancro associati<br />

a colite ulcerosa presenta una mutazione a livello dei geni<br />

APC,mentre il 74% dei pazienti con un carcinoma colo-rettale sporadico<br />

presenta mutazioni genetiche di questo tipo 249 .Questo apparente<br />

contrasto nella percentuale delle mutazioni a livello del gene<br />

APC concorda con altre caratteristiche biologiche che separano i carcinomi<br />

colo-rettali sporadici dalle displasie di cancri associati a colite<br />

ulcerosa. I quadri di LOH sono stati utilizzati per studiare le differenze<br />

nella patogenesi dei cancri associati a colite ulcerosa rispetto ai<br />

cancri colo-rettali sporadici. Differenze significative sono state rilevate<br />

fra i cancri colo-rettali sporadici con o senza errori di replicazione,<br />

ma nessuna differenza significativa è stata invece rilevata nei<br />

cancri colo-rettali associati a colite ulcerosa. Per esempio, la LOH a<br />

livello dell’lp35-p36 è più comune nelle forme sporadiche con errori<br />

di replicazione e negli stadi di Dukes più avanzati alla presentazione<br />

253 .Variazioni nei markers genetici sono state studiate nelle differenti<br />

regioni dell’epitelio del colon nei pazienti con colite ulcerosa.<br />

Variazioni significative sono state rilevate fra aree di infiammazione<br />

cronica ed epitelio non displasico, aree con alto grado di displasia ed<br />

aree con presenza di carcinoma colo-rettale. La LOH a livello dei geni<br />

APC e DCC è stata dimostrata nei carcinomi colo-rettali, ma la<br />

LOH a livello del gene APC è risultata essere assente sia nei casi di<br />

epitelio non displasico o con displasia di alto grado 82 .Queste modificazioni<br />

possono condurre alla suscettibilità di ulteriori danneggiamenti<br />

genici coinvolgendo i loci genetici APC e DCC nello sviluppo<br />

COLON E RETTO 957<br />

Figura <strong>46</strong>-32. Polipo adenomatoso di tipo sessile: aspetto microscopico ad un<br />

livello di magnificazione basso. Questo piccolo adenoma tubulare viene definito<br />

sessile a causa della sua larga base, della preservazione della muscolare<br />

mucosa al di sotto e dell’assenza di un peduncolo. (Per concessione di M.<br />

Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

della displasia e nella progressione del cancro colo-rettale nei pazienti<br />

affetti da colite ulcerosa.<br />

Polipi colo-rettali<br />

Polipo colo-rettale viene considerata ogni massa protrudente che produce<br />

una elevazione della mucosa. Vi sono diversi tipi di polipi che presentano<br />

delle caratteristiche macroscopiche indistinguibili ma con un<br />

potenziale maligno molto differente. Quindi, ogni polipo del colon dovrebbe<br />

essere completamente escisso, quando possibile, o sottoposto a<br />

biopsia per determinare il suo potenziale maligno e per determinare la<br />

necessità di ogni ulteriore azione. Alcuni polipi si presentano come lesioni<br />

isolate, mentre altri si presentano in gruppo. Inoltre, i polipi possono<br />

insorgere come fenomeno di tipo sporadico o come forma ereditaria.<br />

Pazienti con forme ereditarie di polipi colo-rettali spesso presentano<br />

altre patologie associate che definiscono vere e proprie sindromi.<br />

Polipi adenomatosi. Il polipo adenomatoso rappresenta la forma più<br />

comune di polipo del colon (67%) che viene rilevata durante il primo<br />

esame colonscopico negli Stati Uniti. La prevalenza dei polipi<br />

adenomatosi negli Stati Uniti è stata stimata fra il 15 ed il 20% nella<br />

popolazione generale e nel 33% negli individui più anziani di 50 anni.<br />

In altri Paesi, la prevalenza è molto più bassa; per esempio in<br />

Giappone la percentuale è approssimativamente del 2,5% mentre<br />

nella popolazione Bantu del Sudafrica nessun polipo è mai stato rilevato.<br />

Nell’ambito delle popolazioni a rischio per lo sviluppo di polipi<br />

adenomatosi, la prevalenza è doppia nei pazienti sintomatici con<br />

Figura <strong>46</strong>-33. Polipo adenomatoso peduncolato: aspetto microscopico ad un livello<br />

di magnificazione basso. Questo adenoma tubulare è peduncolato con<br />

aspetto a fungo. La testa del polipo è ricoperta da epitelio di tipo displasico mentre<br />

il peduncolo è ricoperto da epitelio non displasico. (Per concessione di M.<br />

Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).


958 ADDOME<br />

un parente di primo grado affetto da cancro colo-rettale mentre la localizzazione<br />

dei polipi tende ad essere più prossimale 23 .<br />

Gli adenomi possono essere di tipo sessile (Fig. <strong>46</strong>-32), a larga base<br />

di impianto o peduncolati (Fig. <strong>46</strong>-33) e presentano una grande variabilità<br />

nelle dimensioni a partire da lesioni minuscole sino a lesioni di tipo<br />

ostruente (Fig. <strong>46</strong>-34). Istologicamente vi sono tre tipi di polipi adenomatosi:<br />

tubulare (87%), villoso (5%) e tubulo-villoso (8%). Gli adenomi<br />

tubolari hanno l’aspetto di una bacca e hanno dimensioni medie<br />

inferiori a 1,5 centimetri di diametro. Gli adenomi villosi hanno la forma<br />

di una proiezione digitiforme e tendono ad essere di dimensioni più<br />

grandi rispetto agli adenomi tubulari (Fig. <strong>46</strong>-35). Sia gli adenomi villosi<br />

che tubulari hanno un potenziale maligno che è significativamente<br />

più alto per gli adenomi villosi rispetto a quelli tubulari. La distribuzione<br />

dei polipi adenomatosi è praticamente identica lungo tutto il colon:<br />

cieco (6%), colon ascendente (23%), colon trasverso (25%), colon<br />

discendente (15%), colon sigmoideo (23%) e retto (8%).<br />

Sebbene alcuni polipi siano diagnosticati attraverso la radiografia<br />

(Fig. <strong>46</strong>-36), la maggior parte dei polipi viene diagnosticata e trattata<br />

utilizzando l’endoscopia flessibile (sigmoidoscopia o colonscopia). Piccoli<br />

polipi peduncolati vengono facilmente escissi utilizzando una ansa<br />

per polipectomia. La base del polipo viene circondata con l’ansa che<br />

viene quindi chiusa mentre la corrente diatermo-coagulativa viene applicata<br />

sino a quando il polipo si stacca dalla parete intestinale. L’escissione<br />

di lesioni grandi e sessili è molto più difficoltosa e spesso richiede<br />

una resezione a pezzi (piecemeal), condizione non ottimale in quanto<br />

rende la definizione istologica della lesione molto meno precisa. I<br />

due potenziali rischi legati alla polipectomia endoscopica sono la perforazione<br />

ed il sanguinamento. Queste due complicanze sono più comuni<br />

nel tentativo di eseguire la polipectomia per lesioni grandi e per i polipi<br />

sessili rispetto ai polipi di tipo peduncolato. Con l’introduzione della<br />

chirurgia laparoscopica, l’scissione transaddominale di un polipo o di<br />

un segmento di colon comprendente un polipo, può essere eseguita con<br />

minimo fastidio e minori complicanze rispetto alla polipectomia endoscopica<br />

quando il polipo sia grande e sessile 238 .<br />

Polipi iperplastici. Questo tipo di polipi viene rilevato nell’11% dei<br />

pazienti che vengono sottoposti al primo esame colonscopico. Essi sono<br />

piccoli (90% inferiori a 3 mm), sessili, piani, di colore rosa e con<br />

una superficie di tipo papillare. Istologicamente, i polipi iperplastici<br />

sono rappresentati da cripte mucose di tipo rettilineo, allungate e a<br />

forma di imbuto (Fig. <strong>46</strong>-37). Le cellule che stanno alla base delle cripte<br />

sono a forma di cubo e non presentano mucina. Nel loro contesto<br />

appare esservi una velocità di migrazione delle cellule dalle cripte alla<br />

superficie più bassa, determinando una superficie seghettata. I polipi<br />

iperplastici puri non sono lesioni precancerose. Comunque variazioni<br />

in senso adenomatoso dei polipi iperplastici sono possibili come la<br />

coesistenza di polipi adenomatosi e iperplastici. Dal momento che è<br />

impossibile distinguere un polipo iperplastico da un polipo adenomatoso<br />

con la semplice ispezione visiva, si richiede l’escissione per l’esame<br />

istologico. In uno studio eseguito in Francia, pazienti con polipi<br />

Figura <strong>46</strong>-34. Polipo adenomatoso villoso: aspetto macroscopico. Questa grande<br />

massa occupa quasi per intero la circonferenza del lume colico. L’aspetto simile<br />

ad un tappeto è tipica dell’adenoma villoso. Contrariamente a quanto ci si<br />

potrebbe aspettare date le grandi dimensioni, questo adenoma villoso non ha<br />

mostrato alcun segno di carcinoma o invasione. (Per concessione di M.<br />

Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital)<br />

Figura <strong>46</strong>-35. Polipo adenomatoso villoso: aspetto microscopico ad un livello di<br />

magnificazione basso. Queste proiezioni digitiformi danno l’aspetto di villi; quindi<br />

questo tipo di polipo viene definito come adenoma villoso. (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

iperplastici sono stati seguiti endoscopicamente e paragonati a pazienti<br />

senza polipi o con polipi di tipo adenomatoso. Alla colonscopia di<br />

follow-up, nuovi polipi sono stati diagnosticati nel <strong>46</strong>,4% dei pazienti<br />

con polipi iperplastici, nel 15,5% di pazienti senza polipi e nel 50% dei<br />

pazienti con polipi di tipo adenomatoso. Fra i pazienti con polipi iperplastici<br />

alla colonscopia iniziale, il 30,7% dei nuovi polipi è risultato<br />

essere di tipo iperplastico e il 69,3% adenoma 63 .<br />

Polipi giovanili. I polipi giovanili, o di ritenzione, sono relativamente<br />

poco comuni. Pazienti portatori di polipi giovanili si presentano comunemente<br />

con sanguinamento e meno spesso con intussuscezione ad<br />

una età media inferiore a vent’anni. Questi polipi sono generalmente<br />

peduncolati, sferici con dimensioni che vanno da uno a tre centimetri.<br />

Istologicamente, questi polipi sono rappresentati da cisti piene di muco<br />

e ricoperte da cellule di tipo colonnare con la presenza di edema ed<br />

infiammazione stromale. Si considera che questo tipo di polipi non abbia<br />

un potenziale maligno.<br />

Sindromi polipoidi<br />

Poliposi adenomatosa familiare. La poliposi adenomatosa familiare<br />

(FAP) è una malattia ben caratterizzata per quanto riguarda la sua eziologia,<br />

storia naturale, risposta alla terapia e prognosi. La descrizione del<br />

gene FAP, o gene APC,responsabile della trasmissione della malattia è<br />

avvenuta con un secolo di ritardo dalla prima descrizione della stessa.<br />

Nel 1863, Virchow coniò il termine di colite polipoide nella descrizione<br />

di un ragazzo di 15 anni che presentava multipli polipi del colon. Nel<br />

1882, Cripps descrisse l’associazione di poliposi del colon in molti<br />

membri appartenenti alla stessa famiglia. Nel 1927, Cockayne dimostrò<br />

che la modalità di trasmissione della malattia seguiva le leggi della dominanza<br />

mendeliana. Dukes fu il primo ad organizzare una certa forma<br />

di registro, intervistando i membri delle famiglie come riportato assieme<br />

a Lockhart-Mummery nel 1930. Durante il XX secolo molti lavori<br />

hanno descritto l’associazione della FAP con diverse manifestazioni<br />

extra-intestinali. Da ultimo, Lemuel Herrera, nel 1986 ha scoperto la<br />

mutazione genica a carico del gene APC.<br />

Il gene APC è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 5, precisamente<br />

fra D5S49 e D5S58. Le modificazioni di questo gene che determinano<br />

la FAP sono mutazioni della linea germinale causate da mutazioni<br />

puntiformi, delezioni o inserzioni nella sequenza nucleotidica,<br />

che producono segnali di terminazione e proteine incomplete. L’mRNA<br />

del gene APC presenta un frammento di lettura costituito da 8.538 nucleotidi<br />

che codificano per una proteina citoplasmatica di 2.843 amminoacidi<br />

con una massa molecolare approssimativamente di 300.000<br />

Dalton. Diverse funzioni sono state attribuite al gene APC, includendo<br />

la regolazione della proliferazione cellulare ed il controllo della morte<br />

programmata delle cellule o apoptosi.


Figura <strong>46</strong>-36. Polipo adenomatoso: aspetto radiologico. La radiografia mostra<br />

un polipo della parete posteriore della giunzione retto-sigma (freccia). (Per concessione<br />

di Dina F. Caroline M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Mutazioni APC. La maggior parte delle mutazioni APC nella FAP e nei<br />

cancri sporadici determina la sintesi di proteine troncate. Le mutazioni<br />

sono state mappate su tutto il gene APC, ma esse sembrano avvenire<br />

più frequentemente nella metà amino-terminale della proteina. Fra le<br />

mutazioni conosciute vi è una regione in cui avvengono la maggioranza<br />

delle stesse, la cosiddetta a regione del gruppo delle mutazioni, che<br />

rende conto di quasi il 75% di tutte le mutazioni somatiche nei tumori<br />

sporadici. Il codone 1309, localizzato nella regione del gruppo delle<br />

mutazioni, è la più frequente mutazione germinale somatica rilevata.<br />

Sebbene nessuna diretta correlazione sia stata rilevata fra la sede della<br />

mutazione ed il fenotipo, sembra vi sia qualche relazione. Alcune mutazioni<br />

di tipo germinale come quella a livello del codone 1309, sono as-<br />

Figura <strong>46</strong>-37. Polipo iperplastico: aspetto microscopico. Ghiandole tubulari allungate<br />

sono ricoperte da epitelio con abbondante citoplasma rosa ed un aspetto<br />

a ciuffo d’erba, visibili prevalentemente alla superficie e nella porzione luminale<br />

della ghiandola. Questo conferisce alla ghiandola un aspetto serrato in<br />

contrasto con il normale profilo del tubulo. Verso la base della giandola, le cellule<br />

si presentano sempre più deplete di mucina, dando al lume un aspetto leggermente<br />

dilatato. Non vi sono tracce di displasia nel contesto del polipo. (Per<br />

concessione di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital)<br />

COLON E RETTO 959<br />

sociate con un precoce sviluppo della poliposi e del cancro mentre altre<br />

dimostrano una insorgenza più tardiva. Mutazioni agli estremi delle<br />

regioni 5 e 3 del gene sono riscontrate nelle forme attenuate della poliposi<br />

adenomatosa familiare. Diversamente dalla classica forma di poliposi<br />

adenomatosa familiare, gli adenomi nelle forme attenuate di questa<br />

malattia sono presenti in un numero minore con una distribuzione<br />

di tipo segmentario ed un’insorgenza più tardiva. Il cancro colo-rettale<br />

rimane comunque altamente penetrante. I pazienti affetti presentano<br />

comunemente polipi gastrici e duodenali ma non l’insorgenza di ipertrofia<br />

congenita dell’epitelio pigmentato retinico.<br />

La sindrome di Turcot è caratterizzata dall’insorgenza di tumori localizzati<br />

a livello del sistema nervoso centrale e da poliposi del colon. Sebbene<br />

l’analisi dello status APC nei congiunti dei pazienti affetti da malattia<br />

ha dimostrato che la maggior parte di questi è portatrice di una<br />

mutazione della linea germinale, nessuna correlazione ha potuto essere<br />

stabilita fra la sede della mutazione e il fenotipo della malattia. Nessuna<br />

differenza significativa nella sede della mutazione ha potuto essere distinta<br />

fra i parenti dei soggetti affetti da sindrome di Turcot e i parenti<br />

dei soggetti con FAP senza tumori cerebrali. Il quadro di trasmissione<br />

della FAP è di tipo mendeliano dominante; il gene non è legato al sesso<br />

e quindi può essere trasmesso ad ognuno dei due sessi in uguale proporzione.<br />

Ogni discendente di un paziente affetto da FAP presenta il<br />

50% di rischio di ereditare la malattia. L’identificazione del gene APC ha<br />

determinato lo sviluppo di programmi per lo screening genetico dei familiari<br />

appartenenti a famiglie affette da FAP. Dopo l’identificazione di<br />

una mutazione in un membro della famiglia affetto da malattia, i membri<br />

della famiglia non affetti dalla malattia possono essere sottoposti a<br />

studio per determinare sia se sono portatori di un allele mutato, determinando<br />

una precoce diagnosi endoscopica ed un conseguente trattamento.<br />

Sebbene questo tipo di test fornisca informazioni molto utili per<br />

i pazienti può anche presentare molti potenziali rischi di tipo psico-sociale.<br />

Proprio a causa di questo viene raccomandato che questi tipi di test<br />

siano effettuati solo nell’ambito di programmi formali accompagnati<br />

da consulenza genetica e da un regolare follow-up.<br />

Presentazione clinica<br />

Il cancro colo-rettale risulta aumentato negli individui di giovane età<br />

portatori della mutazione del gene APC. La maggior parte dei pazienti<br />

affetti da poliposi adenomatosa familiare muore di cancro colo-rettale<br />

prima dell’età di quarant’anni se non viene trattata. In circa il 20% dei<br />

pazienti con polipi adenomatosi multipli del colon, la mutazione del<br />

gene APC è un fenomeno spontaneo senza una storia familiare precedente<br />

di cancro colo-rettale. Nella tipica famiglia affetta da poliposi<br />

adenomatosa familiare, l’80% degli individui con una mutazione a carico<br />

del gene APC svilupperà polipi prima dell’età di vent’anni. Sono<br />

stati descritti alcuni casi di insorgenza tardiva di adenomatosi polipoide<br />

familiare con lo sviluppo di polipi oltre l’età di quarant’anni. Diversamente,<br />

sono stati riportati alcuni casi di adenomatosi polipoide familiare<br />

insorta prima dei 4 mesi di età. I polipi sono comunemente distribuiti<br />

in modo omogeneo lungo tutto il colon con una leggera predominanza<br />

per il colon distale (Fig. <strong>46</strong>-38). La maggior parte dei polipi<br />

misura meno di 5-10 millimetri di diametro (Fig. <strong>46</strong>-39). Polipi più<br />

grandi di 2-3 centimetri contengono comunemente foci di cancro (Fig.<br />

<strong>46</strong>-40). Diversi tentativi sono stati effettuati per stratificare i pazienti a<br />

seconda della densità dei polipi per superficie. Una densità da tre a sei<br />

polipi per centimetro quadrato nei bambini e da sei sino a nove polipi<br />

per centimetro quadrato negli adulti definisce i casi di adenomatosi polipoide<br />

familiare diffusa. Nei pazienti sottoposti a colectomia per adenomatosi<br />

polipoide familiare, il numero medio dei polipi rilevato è stato<br />

di 842 (da 78 a sino a 7500) mentre il cancro è stato rilevato nel 22%<br />

dei pazienti 64 .Questo studio ho anche dimostrato che pazienti portatori<br />

di più di mille polipi hanno un rischio di sviluppare un cancro maggiore<br />

di 2,3 volte rispetto agli individui che presentano meno di mille<br />

polipi, che l’incidenza dei cancri sincroni si correla con il numero dei<br />

polipi, e che per ogni incremento progressivo di dieci anni vi è un incremento<br />

di rischio di cancro di 2,4 volte. Comunque, dal momento<br />

che quattro casi di cancro sono stati diagnosticati nei pazienti a basso<br />

rischio (inferiori a trent’anni e con un numero di polipi inferiore a mille),<br />

gli autori concludevano che il cancro può essere non diagnosticato<br />

durante le procedure di sorveglianza e che quindi terapie alternative alla<br />

colectomia profilattica non erano consigliabili.<br />

Idealmente, la diagnosi di adenomatosi polipoide familiare dovrebbe<br />

essere raggiunta prima che qualsiasi sintomo si sviluppi. Se<br />

un paziente con adenomatosi polipoide familiare diviene sintomati-


960 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-38. Poliposi adenomatosa familiare, aspetto macroscopico. Il colon è<br />

stato aperto longitudinalmente e la mucosa esposta. Migliaia di piccoli polipi sono<br />

visibili lungo tutto il colon (si noti un grande polipo sul lato sinistro). (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

co, usualmente questo accade per l’insorgenza di diarrea. Il sanguinamento<br />

rettale è comunemente un segno di cancro piuttosto che<br />

della presenza di polipi. L’intervallo di tempo fra lo sviluppo della<br />

diarrea e lo sviluppo del cancro è stimato in circa sei anni. In un paziente<br />

con adenomatosi polipoide familiare in cui la diagnosi di cancro<br />

colo-rettale sia stata effettuata sulla base dei sintomi la sopravvivenza<br />

a cinque anni è solo del 27%. Come atteso, le mutazioni del gene<br />

APC possono interessare altre aree del tratto gastrointestinale. Nei<br />

paesi occidentali, polipi gastrici e duodenali si sviluppano rispettivamente<br />

nel 51 e 64% dei pazienti che presentano una mutazione del<br />

gene APC.Nella popolazione giapponese, polipi gastrici e duodenali<br />

si sviluppano rispettivamente nel 63 e 80% degli individui che presentano<br />

una mutazione del gene APC. La maggior parte dei polipi<br />

gastrici non è costituita da polipi adenomatosi ma piuttosto rappresenta<br />

una iperplasia delle ghiandole fundiche, e questi polipi di tipo<br />

iperplastico non presentano un potenziale di tipo maligno. I polipi<br />

duodenali, comunque, sono di tipo adenomatoso e spesso contengono<br />

displasia. Pazienti con adenomatosi polipoide familiare presentano<br />

un aumentato rischio di cancro dell’ampolla. Polipi adenomatosi<br />

e cancro sono stati rilevati nel digiuno e nell’ileo di pazienti con adenomatosi<br />

polipoide familiare. Localizzazioni rare di adenomi extraintestinali<br />

e di carcinomi diagnosticati nei pazienti con adenomatosi<br />

polipoide familiare si riscontrano a livello delle vie biliari extraepatiche,<br />

della colecisti, del pancreas, della tiroide, dei surreni e del<br />

fegato. Inoltre, tumori insulari del pancreas sono stati descritti in<br />

soggetti portatori della mutazione del gene APC.<br />

Altre manifestazioni dell’adenomatosi polipoide familiare sono rappresentate<br />

dall’ipertrofia congenita dell’epitelio pigmentato della retina,<br />

dagli osteomi e dalle fibromatosi. Una ipertrofia congenita dell’epitelio<br />

pigmentato della retina è una condizione asintomatica che viene<br />

diagnosticata in circa il 70-80% degli individui portatori di una mutazione<br />

a livello del gene APC. Essa si manifesta con la presenza di multi-<br />

Figura <strong>46</strong>-39. Poliposi adenomatosa familiare, aspetto microscopico. Questa<br />

sezione microscopica del colon di un paziente con poliposi adenomatosa familiare<br />

mostra tre piccoli polipi adenomatosi. (Per concessione di M. Markowitz<br />

Haber M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

Figura <strong>46</strong>-40. Poliposi adenomatosa familiare, aspetto radiologico con un cancro<br />

del colon. Piccoli polipi nel retto (freccia piccola) sono di numero inferiore rispetto<br />

a quelli normalmente presenti nella poliposi adenomatosa familiare, mentre il colon<br />

è generalmente ricoperto a tappeto di polipi di varie misure. Questo caso illustra<br />

l’associazione fra poliposi adenomatosa familiare e cancro del colon con un<br />

carcinoma anulare presente a livello del colon sigmoideo (freccia grande). (Per<br />

concessione di Dina F. Caroline M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

pli punti pigmentati bilaterali a livello della retina visualizzabili alla<br />

esplorazione del fundus oculi.<br />

Gli osteomi sono comunemente visibili e palpabili come delle prominenze<br />

a livello del cranio, della mandibola e della tibia nei pazienti<br />

affetti da adenomatosi polipoide familiare. Essi sono quasi sempre benigni<br />

senza potenziale di tipo maligno. Le radiografie della mascella e<br />

della mandibola possono anche rivelare la presenza di cisti odontogene,<br />

sovrannumerarie, multiple ed anche l’assenza congenita di denti.<br />

La fibromatosi, o tumore desmoide, può presentarsi a livello del retroperitoneo<br />

e della parete addominale nei pazienti con adenomatosi polipoide<br />

familiare. Sebbene localmente invasivo, questo tipo di tumore<br />

non diviene comunemente maligno. Comunque, l’invasione di strutture<br />

vitali come per esempio i vasi mesenterici e gli ureteri possono determinare<br />

la morte anche in assenza di cancro. L’associazione di adenomatosi<br />

polipoide familiare con tumori cerebrali viene anche conosciuta<br />

con il nome di sindrome di Turcot. I tumori diagnosticati in<br />

questi pazienti includono i glioblastomi e i medulloblastomi. Comunemente<br />

essi si presentano alla pubertà 225 .<br />

Diagnosi differenziale<br />

Una sindrome polipoide spesso confusa con l’adenomatosi polipoide<br />

familiare è rappresentata dalla sindrome di Peutz-Jeghers. Questa sindrome<br />

è caratterizzata da due principali caratteristiche: lesioni pigmentate<br />

muco-cutanee e polipi, predominantemente a livello del piccolo<br />

intestino. Le lesioni pigmentate sono comunemente rilevate a livello<br />

della mucosa della bocca, delle labbra e del palato, delle mani e<br />

della regione perianale. I polipi sono amartomi senza potenziale maligno.<br />

Essi sono comunemente piccoli, 0,1-10 millimetri di diametro, e<br />

sono localizzati a livello digiunale. Qualora essi divengano più grandi,<br />

possono determinare sintomi di ostruzione causata dall’ intussuscezione<br />

e sanguinamento. Polipi gastrici e colo-rettali sono anche possibili<br />

sebbene meno comuni rispetto all’adenomatosi polipoide familiare.<br />

Un’altra sindrome che viene erroneamente diagnosticata in luogo<br />

dell’adenomatosi polipoide familiare è rappresentata dalla poliposi giovanile.<br />

Anch’essa rappresenta una sindrome familiare trasmessa con un<br />

tratto autosomico dominante, sebbene vi siano un numero significativo<br />

di polipi giovanili, o polipi di ritenzione, essi predominano a livello<br />

del colon con polipi occasionalmente localizzati a livello dello stomaco<br />

e del piccolo intestino. Anche se i polipi giovanili non presentano comunemente<br />

un potenziale maligno, i pazienti con una poliposi giovanile<br />

presentano un rischio di cancro del tratto gastrointestinale durante<br />

la vita pari al 13%.<br />

La malattia di Cowden è un’altra sindrome polipoide di tipo amartomatoso<br />

con una trasmissione autosomica dominante. I polipi si sviluppano<br />

molto spesso nel colon, seguiti dallo stomaco, piccolo intestino e<br />

esofago. Più tipicamente dei polipi che insorgono solamente in circa il<br />

35% degli individui, la malattia di Cowden presenta amartomi multipli<br />

ad acciottolato e papillomi a livello del viso e della mucosa buccale e del-


le mani. Altre lesioni cutanee come i lipomi, gli emangiomi e i neuromi<br />

sono comunemente diagnosticate. Le lesioni più importanti associate<br />

con la malattia di Cowden sono il carcinoma della mammella, della tiroide,<br />

dell’utero, della vescica, del polmone e del colon. Il liposarcoma, il<br />

melanoma maligno e il tumore della tiroide e il tumore spinocellualre<br />

della cute sono stati rilevati in questa malattia, come anche alcune<br />

malformazioni congenite che includono la sindrome di Down, la mandibola<br />

ipoplasica, il prognatismo mandibolare e il palato arcuato.<br />

Opzioni chirurgiche nella poliposi<br />

adenomatosa familiare<br />

Non vi sono dubbi che i pazienti in cui venga diagnosticata una mutazione<br />

del gene APC debbano essere sottoposti ad intervento chirurgico<br />

di rimozione del colon. I soli punti che rimangono controversi sono la<br />

necessità della rimozione del retto ed il timing della chirurgia. La preservazione<br />

del retto è stata materia di dibattito quando le uniche due opzioni<br />

chirurgiche disponibili per la poliposi adenomatosa familiare erano<br />

rappresentate dalla proctocolectomia totale con ileostomia permanente<br />

o dalla colectomia addominale seguita da una ileo-retto anastomosi.<br />

L’avvento dell’anastomosi ileo-anale ha risolto il punto della preservazione<br />

del retto con la rimozione della mucosa a rischio di cancro<br />

mantenendo comunque i meccanismi dello sfintere anale e conseguentemente<br />

il flusso fecale trans-anale 232 .Coloro i quali propongono l’utilizzo<br />

della ileo-retto anastomosi ritengono che questa faciliti la sorveglianza<br />

oncologica nel rimanente retto e che la relativamente bassa morbilità<br />

e i buoni risultati funzionali rendono la ileo-retto anastomosi<br />

un’opzione migliore rispetto all’anastomosi ileo-anale con pouch 61, 256 .<br />

Comunque, studi che hanno valutato questi due interventi nei pazienti<br />

affetti da poliposi adenomatosa familiare non hanno rilevato una morbilità<br />

più elevata e dei peggiori risultati funzionali della ileo-ano anastomosi<br />

con pouch rispetto alla ileo-retto anastomosi 254 .Un ulteriore argomento<br />

a favore della ileo-retto anastomosi è rappresentato dall’efficacia<br />

del sulindac nel ridurre lo sviluppo dei polipi nel retto rimanente 270 .<br />

Infine è stato suggerito che i test genetici possano aiutare nel prendere<br />

una decisione fra questi due tipi di intervento. In una serie di pazienti<br />

olandesi, 87 pazienti sottoposti ad ileo-retto anastomosi presentavano<br />

una mutazione a carico del gene APC; in 72 di questi, la mutazione<br />

era localizzata prima del codone 1250, e in 15 pazienti era localizzata<br />

dopo questo. Il rischio di cancro del retto è risultato essere 2,7<br />

volte più grande nei pazienti con la mutazione localizzata dopo il codone<br />

1250 rispetto ai pazienti con la mutazione localizzata prima di<br />

questo maggiore. Gli autori concludevano che l’ileo-retto anastomosi si<br />

sarebbe dovuta eseguire nei pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare<br />

in cui era presente una mutazione localizzata prima del codone<br />

1250 mentre i pazienti con la mutazione localizzata dopo questo avrebbero<br />

dovuto essere sottoposti ad un’anastomosi ileo-anale con pouch<br />

258 .I pazienti che hanno scelto di essere sottoposti ad un’ileo-retto<br />

anastomosi dovrebbero essere informati che il rischio di sviluppare un<br />

cancro rettale è del 4, 5,6, 7,9, e 25% rispettivamente a 5, 10, 15, e 20 anni<br />

dopo l’operazione 205 .Sebbene il sulindac possa determinare una regressione<br />

parziale dei polipi, la proctectomia dopo l’ileo-retto anastomosi<br />

è richiesta nel 7,3, 13,7, 23,6, e 36,6% a 5, 10, 15 e 20 anni dopo<br />

l’operazione, con un totale di 73,8% dei pazienti che richiedono una<br />

proctectomia dopo vent’anni dall’intervento chirurgico.<br />

NEOPLASIE MALIGNE<br />

Cancro colo-rettale non polipoide<br />

ereditario (CCENP)<br />

Sebbene il legame fra la poliposi ereditaria del colon e il cancro sia stato<br />

stabilito alla fine del 1800, l’esistenza di una forma ereditaria di cancro<br />

colo-rettale senza polipi è stata identificata solo negli anni ’80. Il dr.<br />

Lynch del dipartimento di medicina preventiva di Omaha, Nebraska,<br />

viene accreditato per aver richiamato l’attenzione a questa associazione,<br />

e come riconoscimento per il suo lavoro, le due forme di cancro colo-rettale<br />

ereditario non polipoide sono anche conosciute come sindromi<br />

di Lynch I e II. Il dottor Lynch ha esteso e proseguito il lavoro di<br />

un altro medico, il dottor Whartin, che per primo ha descritto una famiglia<br />

affetta da cancro colo-rettale ereditario non polipoide nel 1913.<br />

Una cucitrice che lavorava per il dottor Whartin gli disse che si aspettava<br />

di morire giovane per una forma di cancro colico o endometriale in<br />

quanto molti membri della sua famiglia (famiglia G) erano morti per<br />

quelle cause, e così accadde anche a lei.<br />

COLON E RETTO 961<br />

Si stima che il cancro colo-rettale non polipoide ereditario rappresenti<br />

il 6% di tutte le forme di cancro colo-rettale ed il 15,8% negli individui<br />

con una storia familiare di cancro del colon 87 . Esso viene trasmesso<br />

attraverso un carattere autosomico dominante sebbene l’esatta<br />

localizzazione sul genoma umano rimanga ancora sconosciuta. Lo sviluppo<br />

del cancro colo-rettale nelle famiglie CCENP presenta alcune peculiari<br />

caratteristiche 195 ,che includono l’insorgenza in giovane età (media<br />

di 44 anni), la localizzazione prossimale (il 70% delle forme comprese<br />

nella parte destra del colon), la predominanza di adenocarcinoma<br />

di tipo mucinoso, la presenza di cancri sincroni e metacroni, una bassa<br />

incidenza di polipi adenomatosi preesistenti, e nonostante la presenza di<br />

tutti questi cattivi indicatori pronostici, una relativamente buona prognosi<br />

dopo la chirurgia. Sebbene solo le famiglie con la sindrome di<br />

Lynch di tipo I siano soggette a cancro colo-rettale le famiglie affette dalla<br />

sindrome di Lynch tipo II presentano sia cancri colon-rettali che neoplasie<br />

extra-intestinali. I cancri extra-colici osservati nella sindrome di<br />

tipo II includono il carcinoma dell’endometrio e dell’ovaio, il carcinoma<br />

a cellule transizionali dell’uretere e della pelvi renale e con meno frequenza<br />

il carcinoma dello stomaco, del piccolo intestino e del pancreas.<br />

Diagnosi. Il caposaldo della diagnosi delle sindrome di Lynch è rappresentato<br />

da una dettagliata storia familiare. Un pedigree del nucleo familiare<br />

deve essere ottenuto per ogni paziente portatore di un cancro sospetto<br />

per questa sindrome così come la storia clinica di polipi del colon.<br />

Quando il pedigree viene identificato, il consulto genetico dovrebbe fornire<br />

gli strumenti per decidere circa i test dei markers genetici.<br />

Sorveglianza e trattamento. Nei membri con pedegree suggestivo<br />

per sindrome di Lynch di tipo I, un programma di sorveglianza mediante<br />

colonscopia viene iniziato a partire dall’età di 25 anni. Le colonscopie<br />

vengono ripetute ogni due anni fino all’età di 35 anni, dopo<br />

con cadenza annuale. Nei membri con un pedigree di sindrome<br />

di Lynch di tipo II, viene osservato lo stesso piano di sorveglianza per<br />

il cancro del colon ed in più le biopsie endometriali vengono iniziate<br />

dall’età di 25 anni. Alcuni centri hanno aggiunto a questo schema<br />

di sorveglianza l’ecografia pelvica ed il dosaggio del CA-125 per le famiglie<br />

con storia di cancro ovarico.<br />

Quando un cancro del colon viene diagnosticato, la procedura chirurgica<br />

di scelta è la colectomia totale addominale con ileo-retto anastomosi.<br />

In caso di una donna senza futuri progetti di gravidanza, una<br />

istero-annessiectomia totale bilaterale profilattica è raccomandabile.<br />

Tutte le altre forme di cancro vengono trattate in accordo agli stessi criteri<br />

validi per i casi non ereditari. Il ruolo della colectomia profilattica<br />

per i pazienti con CCENP rimane ancora controverso, sebbene la maggior<br />

parte degli esperti in materia inizia ad esserne a favore 247 .<br />

Cancro colo-rettale<br />

Macroscopicamente, il cancro colo-rettale si può presentare in 5 diversi<br />

tipi: polipoide, ulcerativo, anulare, diffusamente infiltrante e colloide<br />

(Figg. <strong>46</strong>-41 e <strong>46</strong>-42) questa differenza nell’aspetto macroscopico è dipendente<br />

da tre fattori: l’angiogenesi, l’invasività e la risposta fibroblastica.<br />

I tumori polipoidi producono una minima invasione e risposta fibroblastica<br />

ma sviluppano una massima angiogenesi. Le forme diffusamente<br />

infiltranti, o linite plastica, producono una estensiva invasione<br />

della parete intestinale ed ognuna una elevata risposta fibroblastica con<br />

Figura <strong>46</strong>-41. Carcinoma del colon di tipo esofitico: aspetto macroscopico.<br />

Questo tumore era localizzato a livello del colon ascendente. (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital).


962 ADDOME<br />

Figura <strong>46</strong>-42. Carcinoma del colon di tipo endofitico: aspetto macroscopico.<br />

Questo tumore produceva una stenosi anulare a livello del colon discendente.<br />

(Per concessione di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital).<br />

una minima angiogenesi. Le altre tre forme macroscopiche si sviluppano<br />

da gradi intermedi e combinazioni di invasività, angiogenesi e risposta<br />

fibroblastica (Fig. <strong>46</strong>-43). Molte sostanze che partecipano nei<br />

meccanismi di segnalazione cellulare portano a queste differenze <strong>46</strong> .<br />

L’angiogenesi è il processo attraverso il quale nuovi vasi sanguigni vengono<br />

formati e sviluppano una rete vascolare di nutrimento di un tumore<br />

solido. Dopo una fase pre-vascolare, un tumore che cresca oltre i<br />

due-tre millimetri quadrati richiede il meccanismo dell’angiogenesi per<br />

sopravvivere. Vari fattori mediano l’angiogenesi. Questi possono essere<br />

rilasciati sia dalle cellule del tumore che dalle cellule dell’ospite 83 .Almeno<br />

12 fattori di angiogenesi sono stati identificati. I due più frequenti nei<br />

tumori umani sono rappresentati dal fattore di crescita fibroblastico basale<br />

(bFGF) e dal fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) anche<br />

conosciuto con il nome di fattore di permeabilità vascolare.<br />

L’invasività è l’abilità delle cellule tumorali di rompere la barriera della<br />

membrana basale e di invadere localmente o entrare nelle strutture lin-<br />

A B<br />

C<br />

fatiche o vascolari e di estendersi quindi oltre il tumore primario. Le<br />

membrane basali nell’intestino sono formate da glicoproteine e proteoglicani,<br />

includenti il collagene di tipo IV, la laminina, il proteoglicano<br />

eparinsolfato e l’enactina/nidogene. Il mantenimento della membrana<br />

basale richiede l’interazione fra le cellule epiteliali e i fibroblasti. È stato<br />

dimostrato che una chiave del difetto della membrana basale dei tumori<br />

colici è la qualità del collagene di tipo IV, che può risultare da una dissociazione<br />

fra le cellule del cancro epiteliale ed i miofibroblasti. È stato rilevato<br />

che un certo numero di enzimi proteolitici aiuta le cellule del cancro<br />

colico durante l’invasione. Le matallo-proteinasi sono una famiglia di<br />

enzimi zinco dipendenti che giocano un ruolo nella invasività delle cellule<br />

tumorali e nella metastatizzazione in virtù della loro abilità a degradare<br />

la membrana basale ed i componenti della matrice extra-cellulare.<br />

Una volta che le cellule tumorali circolanti abbiano raggiunto le sedi<br />

di organi secondari, come per esempio il fegato e il polmone, esse devono<br />

aderire all’endotelio prima che si abbia l’invasione del parenchima.<br />

Questo processo non va considerato semplicemente come collocazione<br />

fisica delle cellule tumorali all’interno dei vasi ma coinvolge anche<br />

un processo di adesività specifica ad alcune componenti delle cellule<br />

della superficie endoteliale. Le selectine, un gruppo di lectine che<br />

sono in grado di legare l’acido sialico, sono presenti sulle cellule endoteliali<br />

attivate dalle citochine (E-selectine, P-selectine), sulle piastrine<br />

(P-selectine) e sui leucociti (L-selectine).<br />

La maggior parte delle cellule tumorali si mantengono all’interno<br />

del tumore primitivo a causa della loro incapacità di superare le interazioni<br />

cellulo-cellulari o le interazioni fra i recettori della superficie<br />

cellulare e le strutture della membrana basale. Il dislocamento<br />

cellulare dal tumore primitivo e il suo collocamento in sedi lontane<br />

viene mediato dalle molecole di adesione cellulare come l’E-caderina,<br />

le integrine che mediano l’adesione cellulare con il substrato e le<br />

altre cellule ed i componenti della famiglia supergenica delle immunoglobuline<br />

delle molecole di adesione intercellulare; queste includono<br />

l’antigene carcinoembrionario (CEA), la molecola di adesione<br />

delle cellule neurali (NCAM) e “la molecola deleta nel cancro colorettale<br />

(DCC)”. La mancanza di espressione di questa molecola ha<br />

un’importante implicazione pronostica nel cancro colo-rettale.<br />

Figura <strong>46</strong>-43. Carcinoma del colon: aspetto microscopico. A, Ghiandole neoplastiche<br />

presentano uno stroma desmoplastico. B, Ghiandole neoplastiche<br />

nella regione della superficie ulcerata. C, Ghiandole neoplastiche con estensiva<br />

necrosi centrale presentano stroma desmoplastico. (Per concessione di<br />

M. Markowitz Haber, M.D., Hahnemann University Hospital).


Stadiazione del cancro colo-rettale. Da molti anni, i chirurghi hanno riconosciuto<br />

che l’aspettativa di vita dei pazienti sottoposti ad intervento<br />

chirurgico per cancro colo-rettale è dipendente dal grado di progressione<br />

della malattia al momento dell’intervento. Questa osservazione ha<br />

portato a numerosi tentativi di classificare il cancro colo-rettale in stadi.<br />

Il primo tentativo è stato attribuito a Lockhart-Mummery 145a ,che nel<br />

1926, basò la sua classificazione sugli esami istologici dei pezzi chirurgici<br />

ottenuti dai pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per cancro del<br />

retto presso il San Mark’s hospital di Londra. Della stessa istituzione, C.<br />

Dukes 67a perfezionò il concetto di stadiazione nel cancro rettale definendo<br />

tre stadi, A, B, e C a seconda della profondità di penetrazione del tumore<br />

attraverso la parete rettale. Secondo la classificazione originale di<br />

Dukes, un tumore in stadio A non raggiunge la muscolare propria, un<br />

tumore in stadio B si estende attraverso la muscolaris ma rimane confinato<br />

alla parete rettale mentre un tumore in stadio C si estende al di fuori<br />

della parete rettale. Lo stesso Dukes 67b modificò più tardi questa classificazione<br />

assegnando allo stadio C i tumori con l’interessamento linfonodale.<br />

Kirklin e collaboratori 132a della Mayo Clinic, stabilirono in seguito<br />

una distinzione fra i tumori che penetravano parzialmente la muscolare<br />

propria (B1) e quelli che la penetravano completamente (B2). Astler<br />

e Coller 17a divisero ulteriormente i tumori con invasione linfonodale senza<br />

completa penetrazione della parete rettale (C1) dai tumori con invasione<br />

linfonodale e completa penetrazione della parete rettale (C2).<br />

Turnbull e collaboratori 255a della Cleveland Clinic aggiunsero lo stadio D<br />

per i tumori colo-rettali con metastasi a distanza. Tutte queste modificazioni<br />

nelle varie combinazioni sono ancora in uso e vengono molto spesso<br />

chiamate come classificazioni di Dukes modificate (Tab. <strong>46</strong>-3).<br />

Quando queste classificazioni sono state messe a punto, lo scopo<br />

principale era quello di migliorare la comprensione della biologia del<br />

cancro colo-rettale e di paragonare l’efficacia della terapia. L’intenzione<br />

non era quella di assistere il clinico nel prendere decisioni terapeutiche<br />

poiché non vi erano modi di determinare pre-operatoriamente la<br />

profondità di penetrazione del cancro colo-rettale. Tutto questo è<br />

drammaticamente cambiato con l’introduzione delle varie modalità radiologiche<br />

attualmente disponibili per il clinico per studiare un paziente<br />

affetto da cancro colo-rettale. Tutte le modalità più utilizzate in pratica<br />

(tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica nucleare<br />

ed ecografia addominale) sono altamente accurate in caso di cancro<br />

rettale ma non ugualmente in caso di cancro del colon. Comunque,<br />

nuove metodiche attualmente in fase di sviluppo, come la colonscopia<br />

virtuale riservano promesse per la stadiazione dei tumori del colon.<br />

La classificazione in uso nella maggior parte degli ospedali negli Stati<br />

Uniti d’America è stata messa a punto dall’American Joint Committee<br />

for Staging Cancer ed i risultati finali pubblicati nel 1987 sono stati<br />

approvati dall’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC). Questa<br />

classificazione conosciuta anche con il nome di sistema TNM (Tumore,<br />

Linfonodi, Metastasi), combina informazioni di tipo clinico ottenute<br />

preoperatoriamente con dati ottenuti durante la chirurgia e dopo<br />

esame istologico del prezzo asportato. In accordo a questa classificazione<br />

vi sono quattro possibili stadi di cancro colo-rettale. Nello stadio 1,<br />

non ci sono metastasi linfonodali e il tumore è nello stadio T1 o T2<br />

TABELLA <strong>46</strong>-3. Stadiazione del cancro colo-rettale<br />

COLON E RETTO 963<br />

(con invasione fino alla muscolare propria). Pazienti che vengono trattati<br />

per un cancro colo-rettale in stadio I hanno una sopravvivenza a<br />

cinque anni dell’88%. Lo stadio II viene definito dalla presenza di tumori<br />

più grandi, T3 o T4 ma senza metastasi linfonodali. La percentuale<br />

di sopravvivenza a cinque anni di pazienti operati per un cancro<br />

colo-rettale in questo stadio è del 73%. Lo stadio III è caratterizzato dalla<br />

presenza di metastasi linfonodali ed ha una sopravvivenza a cinque<br />

anni del 45%. Con la presenza di metastasi a distanza, stadio IV, la sopravvivenza<br />

a cinque anni è ridotta al 4%.<br />

Distribuzione nel colon. Per lungo tempo si è affermato che tre cancri<br />

colo-rettali su quattro possono essere visibili con una procto-sigmoidoscopia<br />

rigida (25 cm di lunghezza), che implica che il retto e il sigma<br />

costituiscano la più comune sede di cancro. I tumori colo-rettali sembrano<br />

prevalere più prossimalmente, diminuendo a circa il 60% il numero<br />

dei tumori localizzati nei 25 centimetri di intestino dalla rima<br />

anale. Comunque, il colon sigmoideo (25%) e il retto (43%) sono le sedi<br />

preferenziali del cancro colo-rettale seguite dal colon ascendente<br />

(18%), dal colon trasverso (9%) e dal colon discendente (5%).<br />

Sebbene la causa nella patogenesi dell’ adenocarcinoma è simile lungo<br />

tutto il colon, significative differenze nell’uso delle modalità diagnostiche<br />

e terapeutiche separano gli adenocarcinomi insorti a livello del<br />

colon da quelli insorti a livello rettale. Questa distinzione è in gran parte<br />

dovuta al confinamento del retto all’interno delle ossa pelviche. La limitata<br />

mobilità del retto permette di ottenere attraverso la risonanza<br />

magnetica immagini migliori ed aumenta la sua sensibilità. Inoltre l’accesso<br />

attraverso l’ano è facile e questo permette l’introduzione di sonde<br />

ecografiche all’interno del retto per una migliore definizione dei vari<br />

strati della parete intestinale. La parziale inaccessibilità del retto, la stretta<br />

vicinanza con i meccanismi sfinteriali e la vasta rete di vasi ematici e<br />

linfatici giocano un ruolo nel pianificare la terapia di queste forme neoplastiche.<br />

Sebbene tumori localizzati a livello del colon siano facilmente<br />

accessibili chirurgicamente per una resezione le modalità e le vie di<br />

disseminazione sono molto meno definite. Quindi i carcinomi del colon<br />

e del retto sono considerati separatamente in questo capitolo.<br />

Cancro del colon<br />

La presentazione clinica dell’adenocarcinoma del colon varia in accordo<br />

alla sua localizzazione. A causa dei diversi diametri a livello dei diversi<br />

segmenti colici, i tumori localizzati nel lato destro tendono ad accrescere<br />

maggiormente rispetto quelli del lato sinistro prima di produrre<br />

delle manifestazioni clinicamente evidenti. La differenza di dimensioni<br />

e di consistenza del contenuto del lume intestinale fa in modo<br />

che i tumori localizzati nella parte sinistra del colon producano sintomi<br />

di tipo ostruttivo più frequentemente rispetto quelli localizzati nel<br />

lato destro. I tumori localizzati nel lato destro possono diventare così<br />

grandi da sviluppare necrosi superficiale che causa ischemia e quindi<br />

sanguinamento cronico con l’insorgenza di anemia (Figure <strong>46</strong>-44 e <strong>46</strong>-<br />

45). La presentazione clinica dei pazienti affetti da cancro del colon trasverso<br />

è più variabile. I tumori localizzati nella parte sinistra del colon<br />

trasverso determinano sintomi che mimano una patologia di origine<br />

Stadiazione<br />

Dukes Astler-Coller<br />

TUMORE (T)*<br />

0 = Nessuna evidenza<br />

Ls = In situ, limitato alla mucosa A A<br />

1 = Invasione della sottomucosa A A<br />

2 = Invasione della muscolare propria A B1<br />

3 = Invasione della sottosierosa o del grasso pericolico B B2<br />

4 = Invasione di strutture contigue B B2<br />

LINFONODI (N)*<br />

0 = Nessuna evidenza<br />

1 = 1-3 linfonodi pericolici C C1<br />

2 = 4 o più linfonodi pericolici C C1<br />

3 = Ogni linfonodo lungo i vasi colici C C2<br />

METASTASI A DISTANZA (M)*<br />

0 = Nessuna evidenza<br />

1 = Evidenza di metastasi a distanza D<br />

*x = Quando T, N, o M non possono essere determinati.


964 ADDOME<br />

bilio-pancreatica - dolore localizzato al quadrante superiore destro e<br />

nausea - mentre i tumori localizzati dalla parte sinistra del colon trasverso<br />

determinano sintomi che mimano la patologia gastrica: senso di<br />

ripienezza dopo i pasti e dolore.<br />

Senza alcun riguardo rispetto alla esatta localizzazione, un segno comune<br />

a tutti i tumori del colon è costituito da a un cambiamento delle<br />

abitudini intestinali. Questo cambiamento può essere anche minimo<br />

sia nella frequenza, consistenza, composizione o forma delle feci. Un<br />

cambiamento nelle abitudini intestinali viene assolutamente notato da<br />

tutte le persone, sebbene il significato attribuito a questo cambiamento<br />

sia altamente variabile fra individuo e individuo. La frequenza di evacuazione<br />

può essere diminuita a causa di lesioni ostruenti o aumentata<br />

in risposta ad un’alterata produzione ed escrezione di muco o di sangue.<br />

Una perdita di peso senza alcuna ragione rappresenta ancora il sintomo<br />

di presentazione in molti pazienti affetti da cancro del colon e<br />

rappresenta un indicatore prognostico molto negativo.<br />

Pazienti con tumori del colon localizzati livello del sigma possono<br />

presentare dei sintomi che mimano la presenza di una diverticolite; infatti<br />

la malattia diverticolare è presente in circa il 20% dei pazienti che<br />

presentano un cancro del colon. La diagnosi differenziale fra la diverticolite<br />

e l’adenocarcinoma è ancora più difficile nei pazienti che presentano<br />

una fistola colo-vescicale o colo-vaginale. Sebbene la diverticolite<br />

tenda ad essere più comune come causa di queste fistole anche gli adenocarcinomi<br />

si accompagnano con una sufficiente frequenza alle fistole,<br />

tanto che un paziente affetto da una fistola interna che origina dal<br />

colon dovrebbe essere considerato come portatore di una malattia neoplastica<br />

sino a che non sia provato il contrario.<br />

La diagnosi definitiva dell’adenocarcinoma del colon viene effettuata<br />

attraverso una biopsia, e nella grande maggioranza dei casi la biopsia<br />

viene ottenuta attraverso l’esame endoscopico. Quindi, la colonscopia è<br />

considerata l’esame di prima scelta per la diagnosi del cancro del colon.<br />

Come già menzionato nelle precedenti sezioni, il clisma opaco offre<br />

qualche vantaggio, in particolare per il chirurgo nella pianificazione<br />

dell’operazione. Primo, esso fornisce una lastra fotografica che può essere<br />

esposta in sala operatoria, che dimostra l’esatta dimensione e localizzazione<br />

del tumore, fornendo informazioni sulle sue relazioni con altre<br />

strutture addominali. Secondo, il clisma opaco fornisce spesso informazioni<br />

circa le condizioni del colon prossimale ad una lesione di tipo<br />

ostruttivo che non può essere valicata durante la colonscopia. Occasionalmente,<br />

l’aspetto radiologico del tumore è così tipico per adenocarcinoma<br />

e si può soprassedere in caso di rilievo istologico di benignità alla<br />

biopsia eseguita durante l’endoscopia.<br />

Nei pazienti con un tumore che determina una completa ostruzione<br />

del colon non vi sono altri mezzi di diagnosi a parte l’escissione chirurgica<br />

del tumore. Dal momento che i tumori di tipo ostruttivo sono<br />

più comuni a carico del colon sinistro rispetto al colon destro e un’anastomosi<br />

di prima intenzione effettuata su un colon non preparato ha<br />

elevate probabilità di fallire, la maggior parte dei pazienti che presentano<br />

un cancro del colon di tipo ostruttivo richiede una colectomia segmentaria<br />

accompagnata da una colostomia terminale. I pazienti con un<br />

Figura <strong>46</strong>-44. Carcinoma del colon, aspetto a torsolo di mela al clisma opaco.<br />

Questa radiografia mostra un restringimento circonferenziale del colon sigmoideo<br />

con una improvvisa transizione a scalino in un colon normale. Questa immagine<br />

mostra la tipica immagine a torsolo di mela tipica di un carcinoma avanzato. (Per<br />

concessione di Dina F. Caroline M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

Figura <strong>46</strong>-45. Carcinoma del colon, aspetto polipoide al clisma opaco. Questa radiografia<br />

mostra l’aspetto polipoide di un carcinoma del cieco in donna di 35 anni (frecce).<br />

(Per concessione di Dina F. Caroline M.D. Ph.D., Temple University Hospital).<br />

tumore che produce una incompleta ostruzione o in caso di tumore<br />

sanguinante, dovrebbero essere sottoposti a indagini preoperatorie per<br />

determinare la presenza di metastasi; queste indagini includono test<br />

della funzione epatica e livello del CEA. Qualora vengano evidenziate<br />

delle anormalità nei test della funzione epatica, il fegato deve essere sottoposto<br />

a studio preoperatorio utilizzando una delle molte possibili<br />

modalità diagnostiche: la scintigrafia epatica, la risonanza magnetica<br />

nucleare e la tomografia assiale computerizzata. Sebbene la scintigrafia<br />

epatica e la risonanza magnetica nucleare possano essere più accurate<br />

nella diagnosi di metastasi epatiche da carcinoma colo-rettale, la maggior<br />

parte dei chirurghi sceglierà la TAC come modalità diagnostica di<br />

prima scelta. Molti chirurghi prescrivono l’esecuzione di una TAC senza<br />

alcun riguardo per i test di funzionalità epatica. La logica che sta dietro<br />

questo tipo di scelta è simile a quella che porta il chirurgo a scegliere<br />

l’esecuzione di un clisma opaco: la TAC fornisce informazioni essenziali<br />

durante l’intervento chirurgico, come per esempio gli esatti rapporti<br />

fra il colon e gli ureteri. Infatti alcuni studi hanno dimostrato che<br />

la tomografia assiale computerizzata è la modalità diagnostica con<br />

maggiore sensibilità nella stadiazione dei tumori colo-rettali 275 . Qualora<br />

la TAC dimostri la presenza di lesioni epatiche suggestive per essere<br />

metastasi, può essere eseguita un’indagine diagnostica supplementare<br />

(per esempio la risonanza magnetica nucleare o la TAC con fase venosa<br />

portale che rappresenta una combinazione di portografia e TAC).<br />

La presenza di malattia metastatica a livello del fegato non necessariamente<br />

preclude l’escissione chirurgica del tumore primitivo ed<br />

anche delle metastasi epatiche. Le ragioni per procedere alla chirurgia<br />

nei pazienti con carcinoma colo-rettale in presenza di metastasi<br />

epatiche è duplice. Primo, qualora il tumore del colon venga lasciato<br />

non trattato, la morte del paziente è imminente, e la causa di questa<br />

morte non è correlata al cancro ma piuttosto alla presenza di ostruzione<br />

intestinale o sanguinamento. Secondo, vi è una percentuale significativa<br />

di curatività nei pazienti sottoposti a chirurgia per cancro<br />

colo-rettale in presenza di metastasi del fegato.<br />

Trattamento delle tumore colico primitivo. Gli obiettivi di una chirurgia<br />

curativa per il cancro colo-rettale includono la rimozione del tumore<br />

primario con adeguati margini di resezione, la linfoadenectomia<br />

regionale e il ripristino della continuità del tratto gastrointestinale 33 .<br />

L’estensione della resezione viene determinata a seconda della localizzazione<br />

del tumore, della sua vascolarizzazione e drenaggio linfatico, e<br />

della presenza o assenza di una diretta invasione della neoplasia negli<br />

organi adiacenti. La possibile manipolazione del tumore dovrebbe essere<br />

evitata in quanto cellule del tumore colico facilmente esfoliano e si<br />

possono impiantare all’interno della cavità peritoneale 102 .Una tecnica<br />

proposta per il trattamento dei tumori colici viene definita come “notouch<br />

technique”, in cui le efferenze venose e le estremità intestinali a


valle e a monte del tumore vengono chiuse prima che il segmento colico<br />

contenente il tumore venga manipolato.<br />

Per ripristinare in maniera sicura la continuità del tratto gastrointestinale,<br />

le estremità dell’intestino (piccolo o grande), dovrebbero raggiungersi<br />

senza tensione ed avere un’adeguata vascolarizzazione. Per le<br />

lesioni che interessano il cieco, il colon ascendente, e la flessura epatica<br />

l’emicolectomia destra viene considerata la procedura chirurgica di<br />

scelta. Questa procedura comprende la rimozione dell’intestino a partire<br />

dai 4-6 centimetri prossimalmente alla valvola ileo-ciecale sino alla<br />

porzione di colon trasverso vascolarizzata dalla branca destra dell’arteria<br />

medio-colica. Un’anastomosi viene quindi confezionata tra l’ileo<br />

terminale ed il colon trasverso. Un’emicolectomia destra estesa è la procedura<br />

di scelta per la maggior parte delle lesioni neoplastiche del colon<br />

trasverso e prevede la legatura dei vasi colici destri e medi alla loro<br />

origine, con la rimozione di tutto il colon trasverso irrorato da questi<br />

vasi. L’anastomosi viene confezionata fra ileo terminale e il colon sinistro<br />

prossimale. Una emicolectomia sinistra (resezione del colon e della<br />

flessura splenica fino alla giunzione retto-sigma) rappresenta la procedura<br />

chirurgica di scelta per i tumori localizzati a livello del colon discendente,<br />

mentre una resezione del sigma è oncologicamente adeguata<br />

per i tumori localizzati a livello del colon sigmoideo 271 .<br />

La colectomia subtotale, che viene qualche volta riferita come colectomia<br />

totale, implica la rimozione del colon anche dal cieco sino alla riflessione<br />

peritoneale con il confezionamento di un’anastomosi ileo-rettale.<br />

A causa della perdita di capacità di assorbimento del colon, questa<br />

procedura determina una frequenza evacuativa elevata nel postoperatorio.<br />

I pazienti al di sotto di una età di 55-60 anni generalmente tollerano<br />

assai bene questo tipo di problema con un graduale adattamento<br />

della mucosa del piccolo intestino, un graduale incremento dell’assorbimento<br />

di acqua ed un’accettabile frequenza di evacuazione compresa<br />

fra una e tre volte al giorno. Nei soggetti più anziani, comunque, la colectomia<br />

subtotale può dare esito a complicanze significative dovute alla<br />

presenza di una diarrea cronica. La colectomia subtotale è indicata in<br />

caso di presenza di multipli tumori primari e negli individui affetti da<br />

cancro colo-rettale ereditario non polipoide 212 .<br />

La chemioterapia postoperatoria va considerata nei pazienti affetti<br />

da un tumore invasivo e in quelli con metastasi linfonodali. Lo schema<br />

standard di chemioterapia in caso di tumori colo-rettali è considerato<br />

l’infusione continua di 5-Fluorouracile a basse dosi. La terapia<br />

radiante postoperatoria viene considerata di valore estremamente limitato<br />

in caso di tumori del colon ad eccezione dei tumori che invadono<br />

il retroperitoneo (tumori del colon ascendente e discendente).<br />

Nei tumori localizzati a livello del colon sigmoideo o del colon trasverso<br />

le vie di diffusione sono troppo ampie per essere comprese all’interno<br />

del campo di radiazione senza causare lesioni dovute alla radiazione<br />

a carico del piccolo intestino.<br />

Cancro del retto<br />

Il sintomo più comune di presentazione di un cancro del retto è rappresentato<br />

dalla ematochezia. A parte l’ovvio significato patologico<br />

di una sanguinamento rettale, è sorprendente osservare ancora pazienti<br />

che lamentano un sanguinamento rettale da diversi mesi, anche<br />

da più di un anno, prima che la diagnosi di cancro rettale sia determinata.<br />

La vergogna per questo ritardo diagnostico non dovrebbe<br />

essere interamente attribuita all’atteggiamento del paziente ma spesso<br />

è dovuta sia al comportamento del paziente sia agli errori del medico<br />

che attribuisce il sanguinamento alla presenza di emorroidi.<br />

Questa confusione fra sanguinamento determinato dalle emorroidi e<br />

cancro del retto ha portato alla definizione di due punti importanti.<br />

Primo, i pazienti più vecchi di 50 anni necessitano di una sorveglianza<br />

per i tumori colo-rettali sia prima o immediatamente dopo il<br />

trattamento delle emorroidi sanguinanti. Secondo, i pazienti con<br />

emorroidi sanguinanti dovrebbero essere sottoposti a visita specialistica<br />

per il trattamento del sanguinamento.<br />

Altri sintomi di presentazione clinica sono la perdita di muco, il dolore<br />

rettale, il tenesmo e l’urgenza evacuativa. La perdita di muco non<br />

rappresenta di per se stessa un cattivo indicatore prognostico. Questa è<br />

comunemente dovuta alla presenza di adenomi villosi che in dipendenza<br />

dalle loro dimensioni, spesso presentano foci di adenocarcinoma.<br />

Tutti gli altri sintomi rettali sono generalmente indicatori pronostici<br />

negativi in quanto tendono ad indicare l’invasione dei meccanismi<br />

sfinteriali o delle branche del plesso nervoso pelvico che innervano il<br />

retto. Un altro segno sfavorevole è rappresentato dalla insorgenza di un<br />

cancro rettale con una fistola che rappresenta l’equivalente di un can-<br />

COLON E RETTO 965<br />

cro colico perforato.<br />

La diagnosi differenziale del cancro rettale include la proctite secondaria<br />

a IBD o radiazione, l’ischemia e i difetti del pavimento pelvico come<br />

per esempio il prolasso e l’intussuscezione rettale 25 .Una rara ma<br />

molto peculiare patologia è rappresentata dall’ulcera solitaria del retto.<br />

Questa sindrome si pensa sia il risultato di un trauma cronico della mucosa<br />

rettale dovuto ad una ricorrente intussuscezione. Si presenta<br />

usualmente con dolore rettale e sanguinamento. Un’altra potenziale<br />

confusione è quella con il carcinoma della prostata. Determinare una<br />

diagnosi corretta risulta imperativo per un trattamento proprio della<br />

malattia neoplastica della prostata ma è spesso molto difficile anche dopo<br />

avere eseguito multiple biopsie.<br />

La preparazione preoperatoria per i pazienti con un cancro rettale è<br />

molto simile a quella descritta per i pazienti con cancro del colon. Una<br />

significativa differenza è rappresentata dalla precisa definizione della<br />

localizzazione e della profondità di invasione che viene richiesta per decidere<br />

se la preservazione dello sfintere anale possa essere garantita. Le<br />

due principali modalità diagnostiche usate per determinare queste caratteristiche<br />

nel cancro rettale sono l’ecografia trans-rettale e la risonanza<br />

magnetica nucleare. Tumori localizzati nei tre-cinque centimetri<br />

distali del retto presentano maggior sfida per il medico (Fig. <strong>46</strong>-<strong>46</strong>). Ottenere<br />

un controllo locale del tumore è qui più difficile a causa delle limitazioni<br />

di spazio determinate dalla pelvi e dalla prossimità di organi<br />

adiacenti come per esempio l’uretra, la prostata, le vescichette seminali,<br />

la vagina, l’utero e la vescica. Per i tumori localizzati in questa sede la<br />

sfida per il chirurgo è quella di decidere fra ottenere un adeguato margine<br />

di resezione e la preservazione dello sfintere anale. Per i pazienti<br />

che comprendono il rischio connesso a una limitata estensione della resezione<br />

per la preservazione dell’ano, la massa tumorale può essere ridotta<br />

utilizzando la radioterapia preoperatoria che viene generalmente<br />

associata a chemioterapia. La radioterapia preoperatoria (4500-5040<br />

cGy in 5-6 settimane) associata a 5-FU (370 mg/m 2 per i primi cinque<br />

giorni nella prima e ultima settimana di radioterapia) riduce l’entità<br />

della invasione della parete e del coinvolgimento linfonodale nel 70%<br />

dei pazienti 30 .Vi sono diversi vantaggi a favore della radioterapia preoperatoria<br />

che includono motivi di carattere biologico (una diminuzione<br />

dell’insemenzamento neoplastico al momento dell’intervento chirurgico<br />

e un’aumentata radio-sensibilità a causa di cellule maggiormente<br />

ossigenate), fisico (nessuna aderenza del piccolo intestino alla<br />

pelvi nel postoperatorio) e funzionale (possibilità di variare l’intervento<br />

da una resezione addomino-perineale ad una resezione anteriore di<br />

retto o anastomosi colo-anale con risparmio degli sfinteri). Un beneficio<br />

addizionale nei pazienti che presentano una malattia locale avanzata/non<br />

resecabile è quello di consentire l’aumento del tasso di resecabi-<br />

Figura <strong>46</strong>-<strong>46</strong>. Carcinoma del retto: aspetto macroscopico. Il tumore era localizzato<br />

nel retto distale in stretta vicinanza con l’ano e occupava circa il 50% del<br />

lume intestinale. Si noti l’aspetto esofitico e l’ulcerazione centrale. (Per concessione<br />

di M. Markowitz Haber M.D., Hahnemann University Hospital).


966 ADDOME<br />

lità. Questa riduzione nella invasività del tumore utilizzando la radioterapia<br />

preoperatoria è conosciuta come downstaging del tumore 55 .<br />

Resezione anteriore di retto. Per definizione la resezione anteriore di<br />

retto è un intervento che viene effettuato per cancri localizzati nel III<br />

medio e prossimale del retto (lesioni localizzate 5-6 centimetri sopra la<br />

linea dentata). Questa procedura, comunque, viene anche utilizzata per<br />

tumori del colon sigmoideo in particolare quelli localizzati vicino la riflessione<br />

peritoneale. La resezione anteriore di retto consiste nella rimozione<br />

del colon sigmoideo, del retto prossimale con un’anastomosi<br />

nella pelvi al di sotto della riflessione peritoneale. L’uso di suturatrici<br />

circolari, che permette la creazione di un’anastomosi fra il colon discendente<br />

e il retto distale nella pelvi, ha enormemente aumentato e facilitato<br />

questo tipo di procedura. La creazione di una colostomia prossimale<br />

non è necessaria nella maggior parte dei casi, a meno che l’integrità<br />

dell’anastomosi venga posta in questione.<br />

La resezione addomino-perineale. La completa escissione del retto e<br />

dell’ano con una concomitante dissezione addominale e perineale, con<br />

una chiusura permanente del rafe perineale e la creazione di una colostomia<br />

terminale, viene definita procedura di Miles o resezione addomino-perineale.<br />

La parte addominale di questo intervento raggiunge il<br />

livello dei muscoli elevatori dell’ano con la rimozione dell’intero mesoretto<br />

e la dissezione condotta lungo la fascia parietale endopelvica 72, 73 .<br />

La parte perineale di questo intervento prevede la rimozione della giunzione<br />

ano-rettale e del retto distale unitamente al meccanismo sfinteriale<br />

dell’ano. Una resezione addomino-perineale è indicata qualora il<br />

tumore coinvolga gli sfinteri anali e penetri all’interno del setto rettovaginale,<br />

e nei pazienti in cui una chirurgia con preservazione degli<br />

sfinteri anali non sia possibile a causa di una corporatura sfavorevole o<br />

in presenza di un cattivo stato del meccanismo sfinteriale.<br />

Interventi con risparmio degli sfinteri. Sebbene la resezione addominoperineale<br />

sia considerata lo standard per il trattamento dei cancri distali,<br />

pazienti con una malattia locale limitata possono essere adeguatamente<br />

trattati mediante interventi con risparmio degli sfinteri. Per raggiungere<br />

un’adeguata continenza dopo la resezione del retto, entrambi i<br />

muscoli sfinteriali - il muscolo puborettale e l’elevatore e dell’ano - devono<br />

essere preservati, unitamente alla innervazione simpatica e parasimpatica<br />

di questi muscoli che ha origine dal plesso sacrale.<br />

Anastomosi colo-anale. Pazienti giovani con tumore rettale basso che<br />

hanno una corporatura favorevole, una buona funzione sfinteriale<br />

preoperatoria e una mancanza di coinvolgimento dello sfintere da parte<br />

del tumore, sono candidati ad un’anastomosi colo-anale. Questa procedura<br />

comprende una rimozione per via addominale del retto prossimale<br />

sino a livello dei muscoli elevatori dell’ano, seguita da una escissione<br />

trans-anale della porzione più distale del retto 27 .L’integrità del<br />

meccanismo sfinteriale dell’ano è preservata da un’attenta dissezione<br />

della mucosa anale della regione del canale anale che è circondata dagli<br />

sfinteri. La continuità viene ripristinata con un’anastomosi fra il colon<br />

sigmoideo e la rima anale, sia con un’anastomosi colo-anale diretta oppure<br />

utilizzando una pouch a J.<br />

Escissione locale. Una escissione locale di cancro rettale comprende la<br />

rimozione del tumore primario con una escissione a tutto spessore seguita<br />

da un riavvicinamento della parete rettale. Le escissioni locali non<br />

permettono la completa rimozione dei linfonodi del mesoretto e quindi<br />

la stadiazione operatoria è limitata. I pazienti per questo tipo di intervento<br />

devono essere attentamente selezionati affinché il rischio di recidive<br />

locali sia basso. Dal momento che la recidiva loco-regionale è comunemente<br />

non curabile, l’escissione locale con intento curativo è indicata<br />

in caso di tumori mobili con dimensioni inferiori ai 4 centimetri,<br />

che coinvolgono meno del 40% di circonferenza della parete rettale<br />

e sono localizzati sino a 6 centimetri dalla rima anale 38 .Alla biopsia,<br />

questi tumori dovrebbero essere compresi in uno stadio T1 (limitati alla<br />

sottomucosa) o T2 (limitati alla muscolare propria), bene o moderatamente<br />

differenziati e senza invasione vascolare o linfatica. Inoltre non<br />

dovrebbe esserci alcuna evidenza di malattia linfonodale all’ecografia o<br />

alla risonanza magnetica nucleare preoperatoria. L’aderenza a questi<br />

princìpi determina percentuali accettabili di recidive locali comparate<br />

al trattamento con una resezione addomino-perineale. Le escissioni locali<br />

vengono inoltre utilizzate in caso di palliazione per cancri avanzati<br />

in pazienti con severe patologie concomitanti in cui una chirurgia este-<br />

sa comporta rischi di elevata morbilità e mortalità. A seconda della<br />

esatta localizzazione, dimensione del tumore e corporatura del paziente,<br />

l’escissione locale può essere effettuata per via trans-anale, trans-sacrale<br />

o trans-finterica.<br />

Escissione trans-anale. Un approccio trans-anale può essere praticato<br />

utilizzando un’anestesia regionale, in molte circostanze come procedura<br />

ambulatoriale. Dopo avere posizionato auto retrattori a livello della<br />

rima anale, l’ano viene dilatato per permettere la visualizzazione del tumore.<br />

La lesione viene quindi escissa con un margine di mucosa rettale<br />

a tutto spessore, con un’adeguata escissione prossimale, distale e laterale,<br />

mentre l’ottenimento di margini di resezione profondi viene confermato<br />

da un esame istologico estemporaneo. Il difetto mucoso viene<br />

quindi ravvicinato utilizzando suture chirurgiche di tipo assorbibile.<br />

Escissione trans-sfinterica.Un approccio trans-sfinterico, intervento di<br />

Bevan o York-Mason viene considerato utile nelle lesioni del retto distale<br />

di stadio T1 e T2 che non possono essere adeguatamente visualizzate<br />

attraverso un approccio di tipo transanale. Diversamente dalla escissione<br />

di tipo trans-anale, questo tipo di approccio permette un prelievo limitato<br />

dei linfonodi para-rettali. Una volta che il paziente sia stato messo<br />

in posizione prona spezzata, lo sfintere anale viene sezionato sulla linea<br />

mediana posteriore, permettendo un accesso sotto visione diretta<br />

agli ultimi sei centimetri di retto. Il retto viene quindi mobilizzato con<br />

una dissezione smussa e viene eseguita una escissione a tutto spessore<br />

del tumore. La parete rettale viene quindi riavvicinata e i muscoli dello<br />

sfintere sono anch’essi riavvicinati. Questo intervento può essere eseguito<br />

in anestesia regionale e determina una percentuale di incontinenza simile<br />

agli altri interventi che preservano gli sfinteri.<br />

Proctotomia posteriore (intervento di Kraske). La proctotomia posteriore<br />

è indicata nei pazienti con i tumori del retto che non possono essere<br />

raggiunti per via trans-anale. Un’incisione viene effettuata sopra<br />

l’ano attraverso la quale viene escisso il coccige e la fascia pelvica sezionata<br />

e quindi mobilizzato il retto. Un cilindro di parete rettale comprendente<br />

il tumore viene resecato e il retto viene riavvicinato con una<br />

sutura termino-terminale.<br />

Folgorazione. Questa tecnica, che comprende l’uso di un elettro-coagulatore<br />

per creare una escara a tutto spessore attraverso il tumore, richiede<br />

l’estensione dell’escara nel contesto del grasso peri-rettale, con la distruzione<br />

quindi sia del tumore che della parete rettale. Questa procedura<br />

viene indicata solo per tumori localizzati al di sotto della riflessione<br />

peritoneale. I rischi connessi a questa procedura includono la possibilità<br />

di emorragia e di incontinenza se i muscoli dello sfintere anale risultano<br />

coinvolti all’interno del processo di folgorazione. Uno svantaggio<br />

di questa tecnica è quello che dal momento che i margini di resezione<br />

risultano disintegrati dal processo di folgorazione non vi è opportunità<br />

di stadiare il tumore. Questa procedura è riservata a quei pazienti<br />

con rischi operatori proibitivi e una limitata aspettativa di vita.<br />

Resezione di strutture adiacenti al tumore colo-rettale. I tumori colo-rettali<br />

spesso aderiscono a strutture contigue. La parete addominale,<br />

il piccolo intestino, e la vescica sono le strutture più comunemente<br />

coinvolte dai tumori del colon. L’utero, gli annessi, la parete vaginale<br />

posteriore e la vescica possono essere invasi dal carcinoma del<br />

retto. Solo il 60% di queste aderenze risulta maligna, mentre il 40% è<br />

prodotta da una reazione infiammatoria circostante il tumore. Le<br />

aderenze alle strutture adiacenti, quindi, non dovrebbero precludere<br />

un tentativo di resezione curativa. La separazione di queste strutture<br />

risulta in una più bassa sopravvivenza a cinque anni e in un incremento<br />

del tasso di recidiva locale. Diversamente una resezione en bloc<br />

di lesioni B3 di Dukes è stato dimostrato abbia una sopravvivenza a<br />

cinque anni del 90% se i margini di resezione sono indenni da neoplasia.<br />

Un coinvolgimento microscopico dei margini di resezione riduce<br />

la sopravvivenza a cinque anni al 50%.<br />

Le tecniche conosciute come escissione totale del mesoretto o escissione<br />

completa circonferenziale del mesoretto prevedono la completa<br />

resezione all’interno di un pacchetto intatto del retto e del suo mesoretto<br />

che lo circonda, sigillato all’interno della fascia pelvica viscerale<br />

con margini circonferenziali non interessati da neoplasia 2 .Come risultato<br />

della escissione totale di mesoretto, la sopravvivenza a cinque anni<br />

è aumentata dal 45-50% al 75%; i tassi di recidiva locale sono diminuiti<br />

dal 30 al 5-8%; la preservazione dello sfintere è aumentata di almeno


il 20% per le forme di cancro localizzate a livello del retto medio ed inferiore;<br />

le percentuali di impotenza e disfunzione e vescicale sono declinate<br />

dal 50-85% al 15% o meno 73 .<br />

L’escissione totale della pelvi è una procedura riservata a quei pazienti<br />

che presentano un cancro rettale avanzato con una estensione locale. In<br />

pazienti attentamente selezionati, le percentuali di sopravvivenza a cinque<br />

anni raggiungono il 40%. Questa procedura radicale viene intrapresa<br />

da un team multidisciplinare di chirurghi colo-rettali, urologi e ginecologi.<br />

L’intervento include la resezione dell’ano, del retto, del colon sigmoideo,<br />

dell’utero e degli annessi, della vescica e degli ureteri pelvici, di<br />

tutte le strutture linfatiche e vascolari annesse, del peritoneo pelvico e della<br />

muscolatura degli elevatori dell’ano. Una neo-vescica ileale viene confezionata<br />

per rimpiazzare la vescica unitamente ad una colostomia. Anche<br />

quando questa operazione venga eseguita da chirurghi esperti la sua<br />

morbilità si aggira attorno al 40% con una mortalità del 10%.<br />

L’asportazione dell’ovaio rappresenta un argomento da trattare con<br />

speciale considerazione per quelle donne sottoposte a resezione per<br />

cancro colo-rettale. Sebbene sia ovviamente indicata per un coinvolgimento<br />

locale per contiguità da parte del tumore, la pratica di una ovariectomia<br />

profilattica al momento della chirurgia per cancro colo-rettale<br />

ha perso completamente di favore. La presenza di metastasi a livello<br />

ovarico sincrone con il carcinoma colo-rettale è di circa il 2-8%, senza<br />

che nessuno studio abbia dimostrato la possibilità che le ovaie sviluppino<br />

metastasi tardivamente. In uno studio retrospettivo, le pazienti<br />

sottoposte a una resezione per cancro colo-rettale hanno dimostrato<br />

la concomitante presenza di un carcinoma ovarico primitivo, o di metastasi<br />

da un secondo tumore primario come per esempio il cancro<br />

mammario, nel 2,2%. Poiché non vi è alcun consenso sulla rimozione<br />

routinaria delle ovaie non direttamente interessate dalla neoplasia come<br />

profilassi contro lo sviluppo futuro di cancro ovarico nelle donne in<br />

post-menopausa, si raccomanda che questo tipo di procedura sia individualmente<br />

discussa e che l’opzione sia lasciata alla donna che deve essere<br />

sottoposta ad intervento per il cancro colo-rettale.<br />

Per tutti i pazienti con tumori considerati non resecabili a causa della<br />

estensione del cancro all’interno della parete pelvica, del retroperitoneo<br />

o delle strutture retroperitoneali come per esempio il duodeno, il<br />

pancreas o i vasi arteriosi mesenterici, una palliazione può essere ottenuta<br />

con una procedura di by-pass come per esempio un’anastomosi<br />

entero-enterica o una colostomia di diversione.<br />

La chirurgia laparoscopica per cancro colo-rettale. L’utilizzo della chirurgia<br />

laparoscopica per la cura del cancro colo-rettale è ancora oggetto<br />

di grande controversia. I supposti vantaggi della resezione del colon<br />

per via laparoscopica sono il più veloce ripristino delle funzioni intestinali,<br />

una diminuzione del dolore postoperatorio, una diminuzione del<br />

ricovero ospedaliero ed un più precoce ritorno all’attività lavorativa 113 .<br />

Alcuni dei dubbi che riguardano questo tipo di approccio sono la potenziale<br />

inadeguatezza dei margini di resezione e della linfoadenectomia<br />

172 .Uno studio multicentrico ha dimostrato che le resezioni laparoscopiche<br />

per tumori colo-rettali possono essere effettuate senza la compromissione<br />

dei princìpi oncologici ma che il grado di aderenza a questi<br />

princìpi varia da chirurgo a chirurgo 136 .<br />

Complicanze della chirurgia per cancro colo-rettale. Nonostante il miglioramento<br />

nella preparazione preoperatoria e nelle tecniche intraoperatorie,<br />

la chirurgia per cancro colo-rettale riporta ancora una percentuale<br />

di morbilità attorno al 10% ed una percentuale di mortalità fra<br />

l’1 e il 2%. Le più comuni complicanze specifiche riferibili alla chirurgia<br />

colo-rettale sono la deiscenza dell’anastomosi, l’ostruzione intestinale<br />

e l’infezione. Ampie dissezioni pelviche possono risultare in disfunzioni<br />

vescicali e sessuali. L’incidenza di impotenza permanente dopo<br />

una chirurgia per cancro del retto si correla quasi linearmente con<br />

l’età del paziente. Senza riguardo per la escissione o la preservazione<br />

dello sfintere anale nei pazienti al di sopra di sessant’anni, l’incidenza<br />

dell’impotenza varia fra il 50 e il 75%. L’incontinenza fecale è un’altra<br />

ben riconosciuta complicanza che insorge dopo le procedure di preservazione<br />

degli sfinteri per cancri rettali molto bassi. La complicanza più<br />

devastante della chirurgia rettale è comunque considerata la recidiva loco-regionale,<br />

perché questa condizione è virtualmente impossibile da<br />

curare. Ogni procedura che utilizza minimi margini di resezione per<br />

raggiungere la preservazione della continenza porta con sé più alti rischi<br />

di recidiva loco-regionale, ed i pazienti candidabili per una procedura<br />

di conservazione degli sfinteri devono essere ben informati circa<br />

la possibilità di questa complicanza.<br />

COLON E RETTO 967<br />

Terapia adiuvante. La chemioterapia postoperatoria va considerata<br />

nei pazienti con tumori invasivi ed in quelli che presentano malattia<br />

metastatica a livello dei linfonodi loco-regionali. Uno strumento per<br />

potere predire il comportamento del tumore e quindi aiutare nella selezione<br />

dei pazienti che possono beneficiare di una chemioterapia<br />

postoperatoria è l’analisi citometrica. Per esempio, in pazienti in stadio<br />

di Dukes B, la più elevata percentuale di sopravvivenza è associata<br />

con un valore di indice di DNA compreso fra uno e due (tumori diploidi<br />

e tetraploidi) e rare mitosi. La percentuale di sopravvivenza a<br />

cinque anni per i pazienti con tumori di tipo diploide è 80% rispetto<br />

a quella dei pazienti che presentano tumori di tipo aneuploide che è<br />

solo del 64% 248 .Oltre alla ploidia gli altri fattori che influenzano il decorso<br />

della malattia sono la razza, e la microinvasione linfatica e capillare.<br />

Sebbene la percentuale di sopravvivenza a cinque anni nei pazienti<br />

di colore con tumori di tipo aneuploide e microinvasione è solo<br />

del 39%, pazienti di razza bianca con tumori diploidi senza microinvasione<br />

hanno una percentuale di sopravvivenza dell’88%. La forma<br />

standard di chemioterapia per i tumori colo-rettali è rappresentata<br />

dall’infusione continua di 5-FU a basso dosaggio.<br />

La radioterapia si è dimostrata efficace nei pazienti con tumori rettali,<br />

nei quali essa può diminuire la recidiva locale e prolungare il tempo<br />

di sopravvivenza libero da malattia 211 .L’efficacia della terapia radiante<br />

postoperatoria per i tumori del colon è meno chiara 173 .Vi sono almeno<br />

due potenziali svantaggi della radioterapia postoperatoria rispetto a<br />

quella preoperatoria. Uno di questi è che la stadiazione postoperatoria è<br />

già stata fatta al momento della decisione e permette quindi di risparmiare<br />

il 10-15% dei pazienti in stadi T1 e T2 N 0M 0 che non necessitano<br />

del trattamento. L’altra è costituita dal fatto che la chirurgia permette<br />

una più accurata definizione del letto tumorale che deve essere irradiato<br />

che può essere marcato utilizzando clips metalliche per permette l’identificazione<br />

radiologica. Al contrario vi sono alcuni potenziali svantaggi.<br />

Postoperatoriamente, vi è un’aumentata quota di piccolo intestino<br />

che viene compresa all’interno del campo di radiazione. Inoltre, la<br />

chirurgia escissionale crea un campo ipossico che si dimostrerà meno<br />

sensibile agli effetti della radiazione. In caso di resezione addomino-perineale<br />

il campo della radioterapia include la cicatrice perineale e questo<br />

può determinare un ritardo nella guarigione del perineo.<br />

Un altro svantaggio della terapia radiante postoperatoria, particolarmente<br />

per i pazienti che sono stati sottoposti a resezione anteriore diretto<br />

per un cancro rettale prossimale è da considerare la disfunzione<br />

dello sfintere anale e l’incontinenza fecale 120 .Questi problemi includono<br />

la diminuita capacità e distensibilità del neo-retto come anche la<br />

presenza di urgenza all’evacuazione e vari gradi di incontinenza 1<strong>46</strong> .Risulta<br />

particolarmente frustrante sia per il paziente che per il chirurgo<br />

dovere eseguire, diversi mesi dopo una procedura di resezione con conservazione<br />

degli sfinteri, una colostomia per incontinenza fecale. Un<br />

sommario delle opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da cancro colo-rettale<br />

è rappresentato nella Tabella <strong>46</strong>-4.<br />

Chemioprevenzione per il cancro colo-rettale. Varie sostanze sono state<br />

dimostrate poter proteggere contro il cancro colo-rettale. Queste sostanze<br />

possono essere divise all’interno delle categorie degli anti-infiammatori,<br />

del calcio, degli anti-ossidanti, degli inibitori delle poliamine, dei<br />

polifenoli e delle sostanze presenti nella dieta. Farmaci anti-infiammatori<br />

non-steroidei e cumino, una spezia comunemente utilizzata in Asia,<br />

vengono considerati all’interno della classe degli anti-infiammatori sostanze<br />

chemiopreventive. Farmaci anti-infiammatori non steroidei sono<br />

in grado di sopprimere il meccanismo di carcinogenesi attraverso numerosi<br />

meccanismi antagonisti, che includono la soppressione del metabolismo<br />

degli arachidonati che modulano la crescita cellulare e la trasformazione<br />

cellulare, la riduzione intracellulare allo stress aerobico dovuta<br />

alla cicloossigenasi, la generazione del 15-HETE (acido 15-idrossil-<br />

6,8,11,14, eicosotetranoico) e la soppressione dell’attivazione del fattore<br />

nucleare kappaB. L’efficacia dell’aspirina nel ridurre l’incidenza di cancro<br />

colo-rettale è stata dimostrata in diversi trial clinici 92 .Il sulindac va<br />

incontro ad una reversibile riduzione in un metabolita sulfidico e quindi<br />

ad una irreversibile ossidazione in un metabolita sulfonico. Il metabolita<br />

sulfidico è biologicamente attivo ed inibisce la produzione di prostaglandine,<br />

ma il metabolita sulfonico è inattivo e non influenza la sintesi<br />

delle prostaglandine. Sia studi controllati che non controllati hanno<br />

dimostrato l’efficacia del Sulindac nell’indurre la regressione dei polipi.<br />

Il cumino è il principale pigmento giallo estratto dall’erba Curcuma Longa.<br />

Esso viene utilizzato come spezia per cucinare molti piatti. In India e<br />

nel Sud-est Asiatico il cumino è stato a lungo utilizzato come trattamen-


968 ADDOME<br />

TABELLA <strong>46</strong>-4. Opzioni terapeutiche per i pazienti con cancro colo-rettale<br />

Localizzazione del tumore Procedura chirurgica Radioterapia<br />

Colon ascendente Emicolectomia destra Post-operatoria per i tumori estesi posteriormente<br />

Colon trasverso Emicolectomia destra estesa<br />

Flessura splenica Colectomia segmentaria<br />

Colon discendente Emicolectomia sinistra Post-operatoria per i tumori estesi posteriormente<br />

Colon sigmoideo Colectomia segmentaria<br />

Retto superiore Resezione anteriore di retto<br />

Retto medio Resezione anteriore di retto,resezione addomino-perineale, Preoperatoria per risparmio degli sfinteri, postoperatoria per T 3<br />

proctectomia posteriore<br />

Retto inferiore Resezione addomino-perineale, escissione trans-anale Preoperatoria per risparmio degli sfinteri, postoperatoria per T 3<br />

to dell’infiammazione, delle ferite cutanee e dei tumori. Sebbene i dati di<br />

sperimentazioni animali siano molto promettenti, non vi sono trial clinici<br />

che documentano la sua attività nell’uomo.<br />

Il calcio sopprime l’attività dell’ornitina decarbossilasi; poiché una<br />

aumentata attività dell’ornitina decarbossilasi è stata osservata nei carcinomi<br />

del colon e nei tessuti adiacenti agli adenomi, la soppressione<br />

indotta dal calcio presenta un potenziale di chemioprevenzione. Inoltre<br />

la supplementazione dietetica con calcio normalizza il profilo degli acidi<br />

biliari nelle feci dei pazienti già operati di cancro del colon 153 .I retinoidi<br />

sono i composti chemiopreventivi in uso più estensivamente studiati.<br />

La vitamina A, il beta-carotene i retinoidi di sintesi posseggono<br />

proprietà anti carcinogeniche. La terapia locale e sistemica con retinoidi<br />

è stata seriamente ostacolata dalla sua tossicità. Molti retinoidi naturali<br />

e di sintesi sono trattenuti nel fegato e possono causare epatotossicità.<br />

I derivati dell’acido retinico come per esempio l’acido 13-cis-retinoico<br />

e 13-cis-etilretinamide, sebbene siano efficaci in modelli animali<br />

e umani, presentano una significativa tossicità che preclude il loro utilizzo<br />

come agenti chemiopreventivi eccettuato per i soggetti con elevato<br />

rischio di cancro. Fra i retinoidi di origine sintetica, l’acido 13-cis-retinoico<br />

e l’N-(4-idrossifenil) retinamide (4-HPR fenretinide), un analogo<br />

sintetico della vitamina A, hanno proprietà chemiopreventive. Il 4-<br />

HPR non viene immagazzinato nel fegato e quindi è meno tossico rispetto<br />

ai suoi analoghi naturali. Sebbene i retinoidi abbiano dimostrato<br />

una significativa attività di chemioprevenzione sui tumori di tipo<br />

epiteliale del tratto aero-digestivo, della mammella e della vescica, non<br />

v’è alcuna evidenza dagli studi pre-clinici che supporta il suo ruolo come<br />

fattore chemiopreventivo nel cancro colo-rettale. I carotenoidi, precursori<br />

della vitamina A, sono dei micro-nutrienti pigmentati naturalmente<br />

presenti nella frutta e nella verdura. Il beta-carotene rappresenta<br />

il composto meglio studiato fra i 600 carotenoidi identificati. Sin dalla<br />

sua scoperta nel 1831, il beta-carotene ha mostrato i suoi benefici effetti<br />

sulle malattie cardiovascolari, oculari e neoplastiche. Non vi sono<br />

però studi pubblicati che supportano l’utilizzo di beta-carotene come<br />

agente chemiopreventivo. Alcuni studi che hanno avuto esito negativo,<br />

sebbene controversi, hanno diminuito l’importanza di ottenere dati<br />

scientifici solidi, di valutare i bio-markers e i meccanismi di azione, prima<br />

che fossero condotti studi clinici e tratte delle conclusioni.<br />

La vitamina C (acido ascorbico) è un antiossidante solubile che si trova<br />

naturalmente nel succo di frutta, nelle verdure a foglia scura, nelle patate<br />

e nei pomodori. La vitamina C inibisce la formazione dei nitro-saccarinogeni,<br />

sia in vitro che in vivo bloccando il meccanismo della nitrosazione.<br />

Essa riduce i nitrati in acido nitrico a livello del tratto digestivo e<br />

previene la reazione dei nitrati con le amine e gli amidi, che portano alla<br />

formazione delle nitrosamine carcinogeniche e dei nitrosamidi. Diversi<br />

studi condotti sugli animali con la vitamina C in una varietà di sistemi<br />

tumorali hanno dimostrato risultati inconsistenti. La vitamina E è liposolubile<br />

e si localizza a livello del compartimento tipico delle membrane<br />

cellulari, con più alta concentrazione nel fegato, nel plasma e nel tessuto<br />

adiposo. È stato dimostrato che la vitamina E nella dieta è associata con<br />

una diminuzione dell’incidenza e della molteplicità dei tumori in alcuni<br />

modelli animali. In un lavoro di De Cosse e colleghi 65 , lo sviluppo di polipi<br />

colici in pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare è risultato<br />

essere soppresso da una combinazione di fibre e di vitamine. In un altro<br />

studio che ha utilizzato una supplementazione dietetica multi-vitaminica,<br />

una combinazione di vitamine C, E e A, ha soppresso la proliferazione<br />

rettale nei pazienti con adenomi del colon-retto 188 .<br />

La spermidina, la spermina e le putrescine diaminiche sono poliamine<br />

presenti in tutte le cellule dei mammiferi. Le poliamine sono richieste<br />

per mantenere la crescita e la funzione cellulare. Nelle cellule dei mammiferi,<br />

l’inibizione delle poliamine sintetiche dovuta a una mutazione genetica<br />

o ad agenti farmaceutici, è associata alla cessazione virtuale della<br />

crescita cellulare. Quando poliamine esogene vengono aggiunte, la crescita<br />

riprende. Questi rilievi hanno portato numerosi studi ad esplorare<br />

la possibilità che gli inibitori delle poliamine possano essere utili come<br />

agente terapeutico e preventivo in una varietà di malattie che comprendono<br />

una alterata proliferazione cellulare, includendo il cancro. La difluorometilornitina<br />

rappresenta un potente, irreversibile inibitore della<br />

sintesi delle poli-amine che ha un’attività anti tumorale in vitro.In studi<br />

clinici di fase condotti presso l’università della California e l’università<br />

dell’Arizona 170 , 111 soggetti umani ad alto rischio per carcinoma colorettale<br />

sono stati trattati con una singola dose giornaliera di difluorometilornitina<br />

da 3 a 0,1 g per m 2 per 4 settimane secondo uno schema a dose<br />

scalare usando come end point del trattamento le poliamine epiteliali<br />

coliche. La difluorometilornitina ha causato una diminuzione sia nel<br />

contenuto di putrescine che nel rapporto fra spermidina e spermina per<br />

tutti i gruppi di dosaggio fino alla dose di 0,25 g per m 2 .Non è stata osservata<br />

una oto-tossicità clinica alle dosi di 0,25 o 0,5 g per m 2 .Complessivamente,<br />

questi dati sostengono che una dose totale giornaliera di<br />

0,5 g risulta inibire l’ornitina decarbossilasi senza effetti collaterali.<br />

L’oltipraz (5-2-pirazinil-4-metil-1,2-ditiolo-3-tione) è un ditioltione<br />

sintetico. L’effetto anticarcinogenico delle verdure come per esempio i<br />

cavolfiori, i cavolini di Bruxelles e il cavolo può essere dovuto alla presenza<br />

di un composto della classe chimica del ditioltione contenuto in<br />

queste verdure. L’oltipraz è in corso di sperimentazione in uno studio clinico<br />

di fase I negli Stati Uniti e non vi sono attualmente dati sulla funzione<br />

di chemioprevenzione colo-rettale di questa molecola. La farmacocinetica<br />

ed il dosaggio dell’oltipraz sono attualmente testati in alcuni studi<br />

di fase I. Sempre studi di fase I hanno testato questa molecola in donne<br />

in cui siano stati resecati polipi del colon. La massima dose tollerata<br />

pari a 25 milligrammi o meno è stata identificata. Studi di fase I vengono<br />

attualmente condotti presso il Fox Chase Cancer Center per valutare<br />

la modulazione della fase I degli enzimi detossificanti. L’acido ellagico è<br />

un lattone fenolico presente in alcune piante e frutta come le fragole, le<br />

more, l’uva, le noci e le nocciole. La sua attività anti mutagena è stata rilevata<br />

in alcuni tumori indotti da carcinogeni a carico della pelle, del polmone,<br />

dello stomaco, dell’esofago, del duodeno e del colon dei roditori.<br />

Un eccellente articolo di revisione da parte di Steinmetz e Potter 242<br />

ha dimostrato che vi è una consistente relazione fra l’assunzione di<br />

frutta e verdura e un diminuito rischio di cancro, specialmente nel<br />

tratto gastrointestinale e respiratorio, includendo il cancro del colon,<br />

del polmone, dell’esofago e della cavità orale. Vi è inoltre una correlazione<br />

fra l’assunzione di grassi e il cancro del colon, e diversi studi<br />

caso-controllo supportano questa diretta associazione. Uno studio<br />

prospettico condotto fra infermiere ha dimostrato un’aumentato rischio<br />

di cancro correlato con il consumo di carne (manzo, maiale ed<br />

agnello). Burkitt 49 per primo ha posto l’attenzione sul ruolo protettivo<br />

delle fibre della dieta nel cancro del colon analizzando i dati epidemiologici.<br />

L’aggiunta di fibre di grano (13,5-22,5 grammi al giorno)<br />

come supplemento dietetico riduce il numero e la dimensione<br />

dei polipi rettali nei soggetti affetti da adenomatosi polipoide familiare<br />

65 . La supplementazione con fibre di grano è anche significativa<br />

nel ridurre l’indice della tiamina marcata nella mucosa rettale nei<br />

soggetti che hanno avuto una storia di cancro colico o rettale 7 .<br />

Attualmente viene sempre maggiormente riconosciuto che i composti<br />

non-nutrienti della dieta abbiano un importante effetto sui<br />

danni causati dai composti carcinogenici, dai farmaci ed altre sostanze<br />

tossiche. Alcuni esempi includono le sostanze tanniniche contenute<br />

nel tè, i flavonoidi, i terpeni, gli iso-tiocinati, i composti organo-sulfurici,<br />

gli inibitori delle proteasi e gli inositoli. Tutte queste sostanze<br />

possono agire sia come agenti bloccanti (per esempio bloccando<br />

l’interazione di sostanze tossiche con il DNA dell’ospite) o come<br />

agenti di tipo soppressivo (per esempio sopprimendo l’evoluzio-


ne delle cellule verso una potenziale malignità). I composti di queste<br />

classi si ritrovano nei cibi presenti in natura e sono attualmente testati<br />

per stabilire le loro proprietà chemiopreventive.<br />

BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA<br />

Cohen AM, Winawer SJ (eds): Cancer of the Colon, Rectum, and Anus. New York, Mc-<br />

Graw-Hill, 1995.<br />

Il testo fornisce una revisione completa delle malattie neoplastiche del colon-retto e ano.<br />

Corman ML (ed): Colon and Rectal Surgery. 3rd Philadelphia, JB Lippincott, 1993.<br />

Questo testo classico descrive le procedure chirurgiche della chirurgia loco-rettale con eccellenti<br />

illustrazioni.<br />

Gordon PH, Nivatvongs S (eds): Principles and Practice of Surgery for the Colon, Rectum,<br />

and Anus. St. Louis, Quality Medical, 1992.<br />

Questo testo è utile per gli studi anatomici dettagliati e la descrizione della malattia diverticolare.<br />

Mazier WO, Levien DH, Luchtfeld MA, Senagore AJ (eds): Surgery fo the Colon, Rectum<br />

and Anus. Philadelphia, WB Saunders, 1995.<br />

L’uso degli studi diagnostici è descritto in grande dettaglio.<br />

Phillips SF, Pemberton JH, Shorter RG (eds): The Large Intestine. Physiology, Pathophysiology<br />

and Disease. New York, Raven, 1991.<br />

Uno dei pochi testi interamente dedicati alla fisiologia del colon.<br />

Surg Oncol 7:113-221, 1998.<br />

Il numero speciale di Surgical Oncology contiene nove aggiornamenti relativi ad importanti<br />

argomenti e attuali controversie nella diagnosi e nel successivo trattamento dei pazienti<br />

affetti da carcinoma colo-rettale.<br />

SITI WEB<br />

Colonscopia virtuale: www.cs.synysb.edu/~vislb/projects/colonscopy/.html<br />

Atlante di endoscopia gastrointestinale: www.a+bmindspring.com/~dmmmd/index.html<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

COLON E RETTO 969


970 ADDOME


COLON E RETTO 971


972 ADDOME


COLON E RETTO 973

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