progetto di ricerca - GRal
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Progetto <strong>di</strong> <strong>ricerca</strong><br />
Germana Chemi<br />
Le prove dell’immortalità dell’anima <strong>di</strong> Platone attraverso il<br />
Monobiblon <strong>di</strong> Proclo nell’ Islam Me<strong>di</strong>evale.<br />
La mia <strong>ricerca</strong> verterà sull’analisi del Kitâb al-Fawz al–asġar <strong>di</strong> Miskawayh e sul confronto<br />
tra questo scritto e le Solutiones ad Chosroem <strong>di</strong> Prisciano Lido al fine <strong>di</strong> ricostruire un<br />
trattato <strong>di</strong> Proclo, perduto in greco, sulle prove platoniche dell’immortalità dell’anima;<br />
trattato dal quale <strong>di</strong>pendono probabilmente questi due testi.<br />
STATUS QUAESTIONIS<br />
Nel 529, alla chiusura della scuola <strong>di</strong> Atene, determinata da una legge giustinianea con la<br />
quale veniva vietato l’insegnamento ai pagani, sette filosofi neoplatonici accettarono<br />
l’invito dell’imperatore Cosroe I e si recarono a Ctesifonte alla corte sassanide. L’unica<br />
fonte dell’evento è Agazia, II 30 – 31 ; e<strong>di</strong>zione R. Keydell pp. 80 - 82 (Hoffmann 1994).<br />
Tutti questi filosofi erano <strong>di</strong> origine orientale, come testimoniato dai loro nomi: Damascio<br />
<strong>di</strong> Siria, Simplicio <strong>di</strong> Cilicia, Eulamio <strong>di</strong> Frigia, Prisciano Lido, Ermia e Diogene <strong>di</strong> Fenicia,<br />
Isidoro <strong>di</strong> Gaza. Si tratta <strong>di</strong> filosofi pagani che hanno cercato protezione nell’impero<br />
persiano per sfuggire all’atteggiamento apertamente ostile dell’impero bizantino e hanno<br />
trovato benevolenza e interesse da parte dell’imperatore Cosroe.<br />
Cosroe I , ventesimo sovrano della <strong>di</strong>nastia sassanide dell’Iran, soprannominato<br />
Anûshirwān (anima immortale), regnò dal 531 al 578. Famoso come sovrano saggio e<br />
giusto, e noto in quanto amante della filosofia e delle scienze, la sua fama <strong>di</strong> protettore <strong>di</strong><br />
filosofi e saggi <strong>di</strong> tutte le origini e confessioni è attestata dalle fonti più <strong>di</strong>verse, persino da<br />
una fonte avversa come lo storico bizantino Agazia (Tar<strong>di</strong>eu 1994).<br />
Sono conservati tre trattati <strong>di</strong> filosofia de<strong>di</strong>cati a Cosroe: (i) il Trattato sull’opera logica <strong>di</strong><br />
Aristotele il filosofo, per il re Cosroe <strong>di</strong> Paolo <strong>di</strong> Persia, conservato in siriaco (e<strong>di</strong>zione: Land<br />
1875); (ii) un’introduzione generale alla lettura delle opere <strong>di</strong> Aristotele, sempre <strong>di</strong> Paolo<br />
<strong>di</strong> Persia, che è conosciuta soltanto attraverso una versione araba contenuta nella seconda<br />
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parte del Tartîb al–sa’âdât wa manâzil al–‘ulûm <strong>di</strong> Miskawayh; (iii) le Solutiones ad Chosroem<br />
<strong>di</strong> Prisciano Lido. In quest’ultimo trattato il filosofo neoplatonico risponde ad alcune<br />
questioni sollevate dal sovrano; questioni <strong>di</strong>sparate che danno la misura dell’interesse <strong>di</strong><br />
Cosroe nei confronti della filosofia e della scienza: la natura dell’anima, il sonno ed i sogni,<br />
il clima e le stagioni, le maree, i fenomeni atmosferici, la formazione <strong>di</strong> vegetali ed animali<br />
nei <strong>di</strong>versi paesi.<br />
Le Solutiones sono rimaste solo in latino, nella traduzione fattane, con ogni probabilità, da<br />
Scoto Eriugena (810 – 880 ca.), la figura più rappresentativa e prestigiosa della rinascita<br />
culturale carolingia. Due esemplari manoscritti delle Solutiones risalgono alla seconda metà<br />
del IX secolo: entrambi si trovano a Parigi nel fondo latino della Bibliothèque Nazionale<br />
(lat. 13386 e lat. 2684). Gli altri esemplari della traduzione sono tutti molto più tar<strong>di</strong>; quelli<br />
utilizzati da Bywater per la sua e<strong>di</strong>zione, ad esempio, si trovano in Inghilterra in due<br />
raccolte della fine del XIII – inizio XIV secolo : British Museum (British Library) Cotton<br />
Vespasian A. II. (f. 148 – 157) e British Museum (British Library) Harley 3969 (f. 139 – 160).<br />
Dunque, esistono due manoscritti carolingi del nord–est della Francia; il trattato è stato poi<br />
conosciuto in Inghilterra intorno al 1300. Esistono, inoltre, tre copie italiane della metà del<br />
XV secolo : una copia si trova a Mantova, Biblioteca Comunale, A. IV. 25; le altre due nella<br />
Biblioteca Vaticana (Urbin. Lat. 1412 e Chigi H. VI. 189). I due manoscritti carolingi sono<br />
contemporanei <strong>di</strong> Eriugena, e provengono dalla regione in cui visse. Inoltre, alcune glosse<br />
<strong>di</strong> termini greci corrispondono letteralmente ad alcune delle spiegazioni date da Eriugena<br />
nelle sue opere: nel Periphyseon, nelle Expositiones super Hierarchiam celestem e nelle<br />
traduzioni che con certezza si sa essere state fatte da lui: il Corpus Aeropagiticum, gli<br />
Ambigua <strong>di</strong> Massimo il Confessore e il De opificio hominis <strong>di</strong> Gregorio <strong>di</strong> Nissa. Dunque, il<br />
testo <strong>di</strong> Prisciano Lido deve essere passato dalle sue mani per essere stato glossato in<br />
questa maniera. E ancora, le somiglianze tra questa traduzione e quelle sicuramente<br />
effettuate da Eriugena riguardano lo stile: il testo greco è seguito fedelmente, parola per<br />
parola; cosa che nel caso delle Solutiones, benché l’originale greco sia perduto, è suggerita<br />
dall’uso dei neologismi, che sembrano essere usati per aderire completamente al modello<br />
greco. Oltre a ciò, la triade essentia, operatio e virtus, commentata a più riprese nel<br />
Periphyseon, è presente nella traduzione <strong>di</strong> Prisciano, e questi termini sembrano<br />
corrispondere alle parole greche ούσία, ένέργεια e δύναµις. A questo proposito si deve<br />
notare che il traduttore delle Solutiones utilizza la parola virtus per rendere sia άρετή che<br />
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δύναµις, cosa, questa, caratteristica <strong>di</strong> Scoto Eriugena. Un altro particolare comune<br />
all’autore della traduzione <strong>di</strong> Prisciano e a Scoto Eriugena è l’uso <strong>di</strong> artificalis, invece che<br />
artificialis, per rendere la parola greca τεχνικός. Dunque, da questi e da altri particolari si<br />
vede quanto siano simili la traduzione del testo <strong>di</strong> Prisciano e le traduzioni fatte da Scoto<br />
Eriugena. Perciò, se non è stato lui stesso a effettuare questa traduzione, deve essere stato<br />
qualcuno del suo entourage più imme<strong>di</strong>ato (D’Alverny 1977). La traduzione fu fatta<br />
certamente dal greco. Dunque, è altamente probabile che le Solutiones siano state scritte<br />
originariamente in greco, per essere poi tradotte in pehlevi per l’imperatore. Prisciano,<br />
infatti, benché <strong>di</strong> origine orientale, era <strong>di</strong> lingua greca.<br />
Nelle Solutiones Proclo è citato esplicitamente come fonte. In questo testo si legge infatti:<br />
«… et Proclus in omnibus <strong>di</strong>fferentes singulos libros componens et maxime de Tribus<br />
sermonibus per quos apud Platonem animae immortale osten<strong>di</strong>tur» (42. 19 – 21 Bywater);<br />
e dopo: «Tres autem sunt maxime connexe rationes secundum animam immortalitatis et<br />
incorruptionis» (47. 2 Bywater). Seguono la prova <strong>di</strong> Fedone 102b3 – 106e2: l’anima è<br />
immortale perché essendo ciò che apporta la vita non può accogliere la morte; l’argomento<br />
<strong>di</strong> Repubblica X 608b4 – 611 a2: l’anima non è <strong>di</strong>strutta dal male che le è proprio; e, infine,<br />
l’argomento <strong>di</strong> Leggi X 894b – 899d: l’anima muove se stessa.<br />
Più o meno nello stesso periodo il trattato <strong>di</strong> Proclo dal quale <strong>di</strong>pende Prisciano è stato<br />
tradotto, e quin<strong>di</strong> è stato conosciuto ed ha suscitato interesse anche nel mondo arabo. Dato<br />
che la traduzione delle Solutiones può essere attribuita con ragionevole sicurezza a Scoto<br />
Eriugena, essa è una traduzione del IX secolo, e non fa parte <strong>di</strong> quella grande mole <strong>di</strong> testi<br />
tradotti in latino tra il XII e il XIII secolo (D’Ancona 2005; Brams 2003; Dod 1982); d’altra<br />
parte il Monobiblon <strong>di</strong> Proclo è attestato come opera tradotta nel Kitâb al – Fihrist (Libro del<br />
Catalogo) (e<strong>di</strong>zioni: Leipzig 1871 – 1872; Tehran 1971): tanto in latino quanto in arabo,<br />
dunque, lo scritto <strong>di</strong> Proclo è stato tradotto all’incirca nello stesso periodo, perché il Fihrist<br />
è stato composto entro la fine del X s., e conosce già l’opera. Essa è citata fra le opere <strong>di</strong><br />
Proclo con il titolo <strong>di</strong> Kitâb Šarh Qawl Flâtûn inna al-Nafs Gayr Mâ’ita, Talât Maqâlât ( Libro<br />
dell’esposizione dell’affermazione <strong>di</strong> Platone circa il fatto che l’anima è immortale, tre capitoli). Il<br />
Kitâb al – Fihrist è il più importante documento che posse<strong>di</strong>amo circa la circolazione del<br />
patrimonio scientifico <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione greca nell’Oriente musulmano. Ibn al - Nadîm, infatti,<br />
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nel Fihrist si propose <strong>di</strong> creare un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tutte le opere scritte in arabo <strong>di</strong>sponibili alla<br />
sua epoca.<br />
L’opera è <strong>di</strong>visa in <strong>di</strong>eci sezioni: le prime sei si occupano delle scienze propriamente<br />
islamiche, dalla settima in poi vengono prese in considerazione la filosofia, le scienze<br />
antiche, l’alchimia e la storia delle religioni.<br />
Ibn al - Nadîm descrive lo sviluppo <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>sciplina e le sue fonti, cita la bibliografia per<br />
ogni ambito del sapere e re<strong>di</strong>ge delle notizie biografiche sugli autori. Per quanto riguarda<br />
la filosofia, il Catalogo ci fornisce i nomi degli autori antichi noti al mondo arabo nel X<br />
secolo ed i nomi dei traduttori delle loro opere.<br />
Il trattato <strong>di</strong> Proclo, dunque, è stato tradotto all’interno <strong>di</strong> quel grande movimento <strong>di</strong><br />
traduzione che ha avuto il suo floruit in epoca abbaside (Gutas 2002).<br />
Le prove platoniche dell’immortalità dell’anima, dunque, hanno viaggiato a lungo nello<br />
spazio e nel tempo: elaborate in Grecia da Platone prima e riportate interpretandole da<br />
Proclo poi, sono giunte alla corte sassanide e sono state tradotte in latino ed in arabo più o<br />
meno alla stessa altezza temporale. Il caso è strano e degno <strong>di</strong> interesse.<br />
Non è stato ritrovato nessun manoscritto della traduzione araba del Monobiblon, tuttavia<br />
esso è stato utilizzato come fonte da Miskawayh, un letterato arabo del X secolo.<br />
Le fonti per ricostruire la biografia <strong>di</strong> Abu ‘Alî Ahmad ibn Muhammad ibn Ya’qûb<br />
Miskawayh al–Khâzinî (Arkoun 1982), nato a Rayy, in Persia, nel 935 ca. e morto nel 1030,<br />
sono in primo luogo le sue stesse opere: nel suo lavoro la riflessione sulla propria condotta<br />
è la con<strong>di</strong>zione preliminare per la scrittura. Vi sono poi le testimonianze dei suoi<br />
contemporanei: l’Imtâ’ <strong>di</strong> Tawhîdî; il Siwân al–Hikma <strong>di</strong> Abû Sulaymân al-Sijistânî al-<br />
Mantiqî e le notizie che si possono trarre dagli scambi <strong>di</strong> lettere che Miskawayh ha avuto<br />
con Badî’ al–Zamân al–Hamadânî (967 – 1007) e Abû Bakr al–Hawârizmî (934 – 993),<br />
famosi letterati e maestri <strong>di</strong> prosa letteraria araba.<br />
Infine, vi sono le notizie tarde: il Mu’ jam al–Udabâ’ <strong>di</strong> Yâqut (m. 1239) e il Rawdât al–jannât<br />
<strong>di</strong> al–Hawânsârî.<br />
Miskawayh operò in quel X secolo che è considerato come uno dei perio<strong>di</strong> più brillanti<br />
dell’Islam; in questo secolo, infatti, gli arabo – musulmani raggiunsero l’apice della loro<br />
maturità intellettuale. L’apogeo <strong>di</strong> questo periodo <strong>di</strong> grande fioritura culturale si può<br />
situare nella seconda metà del secolo, quando nel mondo islamico orientale, formalmente<br />
4
governato dal califfato abbaside, il potere era <strong>di</strong> fatto nelle mani della <strong>di</strong>nastia sciita dei<br />
Buyyi<strong>di</strong>. I visr buyyi<strong>di</strong>, infatti, furono gran<strong>di</strong> mecenati delle arti e delle scienze.<br />
Benché l’epoca buyyide sia stata un periodo <strong>di</strong> forte deca<strong>di</strong>mento economico e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffuso<br />
malcontento sociale, nello stesso tempo essa fu una stagione <strong>di</strong> grande rinascita culturale<br />
(Kraemer 1992).<br />
In quest’epoca, che è stata definita il “Rinascimento dell’Islam” (Mez 1922), i testi degli<br />
antichi furono copiati e collazionati, furono prodotte e<strong>di</strong>zioni e fatte traduzioni della<br />
maggior parte delle opere greche. L’intero corpus aristotelico, ad esempio, fu tradotto,<br />
stu<strong>di</strong>ato e commentato.<br />
Fu proprio nel X secolo, dunque, sotto la protezione della <strong>di</strong>nastia buyyide, che si<br />
svilupparono l’interesse per lo stu<strong>di</strong>o e la trasmissione dell’ere<strong>di</strong>tà intellettuale degli<br />
antichi, coltivati con assiduità e metodo.<br />
La figura intellettuale <strong>di</strong> massimo rilievo a cavallo fra X e XI secolo, senza dubbio, è stata<br />
quella del filosofo Avicenna; tuttavia, altri intellettuali vanno ricordati: Abû l-Hasan<br />
al-‘Âmirî (m. 992); Abû Hayyân al–Tawhîdî (m. 1023), Yahyâ ibn ‘ Adî (m. 974), Abû<br />
Sulaymân al-Sijistânî (m. 987) e Abû ‘Alî ‘Îshâq ibn Zur ‘a (m. 1008).<br />
In quest’epoca si <strong>di</strong>ffonde la falsafa (calco del greco φιλοσοφία, è il termine utilizzato per<br />
in<strong>di</strong>care le opere greche <strong>di</strong> argomento filosofico in arabo) ; in questi anni, infatti, come<br />
testimonia il Fihrist <strong>di</strong> Ibn al–Nadîm (m. 995), una considerevole ere<strong>di</strong>tà culturale è<br />
interamente accessibile in arabo.<br />
A partire dalla generazione <strong>di</strong> Yahyâ ibn ‘ Adî (m. 974) il pensiero greco ispira<br />
<strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente la maggior parte della produzione intellettuale dell’epoca.<br />
Mentre nella capitale Bagdad fiorivano i circoli filosofici nei quali, in primo luogo, veniva<br />
praticata l’esegesi dei testi aristotelici, nei circoli letterario – filosofici venivano <strong>di</strong>battuti<br />
temi più generali, tra i quali la questione dell’anima e della sua immortalità . Alle riunioni<br />
<strong>di</strong> questi circoli partecipò anche Miskawayh.<br />
Dunque Miskawayh non fu un filosofo professionista: la sua opera è a metà strada tra la<br />
letteratura – adab (Gabrieli 1991) - e la filosofia.<br />
Miskawayh giunse a Bagdad una prima volta al servizio <strong>di</strong> al–Muhallabî, il quale<br />
cominciò la sua carriera al servizio dei Buyyi<strong>di</strong> e nel 957 ricevette ufficialmente il titolo <strong>di</strong><br />
visir. Alla morte <strong>di</strong> Muhallabî, nel 964, ritornò a Rayy, dove fu bibliotecario <strong>di</strong> Ibn<br />
al–‘Amîd, il visir <strong>di</strong> Rukn al–Dawla, e precettore <strong>di</strong> suo figlio Abû–l–Fath. Il suo lavoro <strong>di</strong><br />
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ibliotecario sicuramente lo aiutò ad avvicinarsi allo stu<strong>di</strong>o delle <strong>di</strong>verse branche della<br />
scienza e della filosofia, attraverso la conoscenza dei testi filosofici greci <strong>di</strong>sponibili in<br />
traduzione. E’ altamente verosimile che Miskawayh abbia avuto a <strong>di</strong>sposizione tutte le<br />
traduzioni arabe dei classici della filosofia greca, da Platone ai commentatori alessandrini,<br />
così come le opere <strong>di</strong> al–Kindî e <strong>di</strong> al Fârâbî, come <strong>di</strong>mostrano i suoi scritti.<br />
Ibn al–‘Amîd morì nel 972. A quell’epoca suo figlio Abû–l–Fath aveva 23 anni e<br />
Miskawayh resterà alla sua corte fino al 978, quando moriranno sia lui che Rukn al–Dawla.<br />
Da questo momento egli guadagnerà la fiducia e conquisterà la confidenza del principe<br />
buyyide ‘Adud al–Dawla, al cui seguito rientrerà a Bagdad.<br />
Dopo la morte <strong>di</strong> ‘Adud al–Dawla la sua presenza è segnalata a Bagdad sotto il regno <strong>di</strong><br />
Samsâm al–Dawla (985 – 989) e poi sotto quello <strong>di</strong> Bahâ’ al–Dawla (992 – 1016).<br />
L’opera <strong>di</strong> Miskawayh è molto varia, sebbene egli sia noto in particolar modo per gli<br />
scritti <strong>di</strong> argomento etico. Le fonti per re<strong>di</strong>gere un inventario completo dei suoi scritti sono<br />
le biografie contenute nel Siwân al–Hikma <strong>di</strong> Abû Sulaymân al–Sijistânî al–Mantiqî, e nelle<br />
opere <strong>di</strong> Yaqut, al–Hawânsârî, al–Qiftî, Ibn Abî Usaybi’a e Ŝahrazûrî.<br />
Solamente sei scritti <strong>di</strong> argomento filosofico sono giunti fino a noi: il Tartîb al–s’âdât wa<br />
manâzil al–‘ulûm; il Kitâb al–fawz al–asġar; il Kitâb al–hawâmil wa–l–sawâmil; le Rasâil al–<br />
falsafiyya; il Tahdîb al–akhlâq, che è la sua opera più celebre, e Al–Hikma al–khâlida.<br />
Miskawayh è l’unico scrittore arabo ad aver coltivato simultaneamente e con successo sia<br />
l’attitu<strong>di</strong>ne filosofica che quella storica; egli, infatti, ha composto anche un’opera <strong>di</strong><br />
argomento storico : il Tajârib al–Umam.<br />
Per quanto riguarda il Kitâb al–fawz al–asġar, il testo nel quale sono riportate le prove<br />
dell’immortalità platoniche tratte dal Monobiblon <strong>di</strong> Proclo, esso è citato due volte<br />
dall’autore nel Kitâb al–hawâmil wa–al–sawâmil come “al–fawz”.<br />
Le fonti attestano due fawz : al – Mantiqî parla <strong>di</strong> Al–fawzan al–kabîr wa-l–saġîr fî ‘ilm al–<br />
awâ’îl; al–Hawânsârî <strong>di</strong> un Kitâb al–fawz al–asġar e <strong>di</strong> un Kitâb al–fawz al–akbar; al–Qiftî <strong>di</strong><br />
un Kitâb al–fawz al–saġîr e <strong>di</strong> un Kitâb al–fawz al–kabîr. Lo stesso Miskawayh, al termine del<br />
Kitâb al fawz al–asġar <strong>di</strong>ce che svilupperà meglio i problemi sollevati troppo<br />
frettolosamente in quest’opera in un trattato più grande: il Fawz al–akbar. Sfortunatamente,<br />
però, quest’ultimo testo non ci è pervenuto.<br />
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Recentemente, tuttavia, E. Wakelning ha tentato una ricostruzione del Fawz al–akbar a<br />
partire da due manoscritti ine<strong>di</strong>ti che contengono una versione alternativa <strong>di</strong> circa la metà<br />
del materiale testuale contenuto nel Kitâb al–fawz al–asġar (Wakelning 2009).<br />
Esistono otto manoscritti del Fawz al–asġar: Escurial, T. II, 609; Patna, II, 273, 2558/14; Br.<br />
Mus., 6335 (DL6); As’ad (Istanbul), 1933î2; Hâli<strong>di</strong>yya (Gerusalemme), 71/21; Mašhad,<br />
64/212; Teheran, Maktabat al – majlis, II, 634/31 e Pechaver, 74/61.<br />
Il testo è sud<strong>di</strong>viso in tre parti e ciascuna parte è composta da 10 capitoli. La prima<br />
questione che viene affrontata è quella dell’esistenza del Creatore, la seconda parte<br />
affronta la questione dell’anima, e la terza parte, infine, si occupa della profezia.<br />
E’ nella seconda sezione <strong>di</strong> quest’opera, più precisamente nei capitoli sei e sette, che<br />
Miskawayh attinge al già citato trattato <strong>di</strong> Proclo, perduto in greco, per <strong>di</strong>mostrare che<br />
l’anima è immortale, come ha <strong>di</strong>mostrato Westerink 1973.<br />
Westerink, basandosi sulla traduzione inglese dei capitoli 6 e 7 della seconda sezione del<br />
Kitâb al-Fawz al–asġar fatta da Rosenthal 1940, ha <strong>di</strong>mostrato che la fonte dalla quale<br />
Miskawayh attinge per comporre questa parte del suo trattato è una monografia <strong>di</strong> Proclo<br />
sulle tre prove platoniche dell’immortalità dell’anima, il cui originale greco non è<br />
conservato, ma che, tuttavia, è ricostruibile a partire dall’arabo e dal latino.<br />
Si è già detto che il trattato <strong>di</strong> Proclo è attestato nel Kitâb al–Fihrist <strong>di</strong> Ibn al–Nadîm, che lo<br />
in<strong>di</strong>ca come: Kitâb Šarh Qawl Flâtûn inna al-Nafs Gayr Mâ’ita, Talât Maqâlât ( Libro<br />
dell’esposizione dell’affermazione <strong>di</strong> Platone circa il fatto che l’anima è immortale, tre capitoli).<br />
Tuttavia, non ne è stato ritrovato nessun manoscritto. Il Fawz al–asġar <strong>di</strong> Miskawayh, però,<br />
nei due capitoli che trattano il tema dell’immortalità dell’anima deriva indubbiamente da<br />
quest’opera perduta, come è possibile provare attraverso il confronto con le Solutiones <strong>di</strong><br />
Prisciano Lido. Il Monobiblon <strong>di</strong> Proclo, infatti, come già è stato notato, è esplicitamente<br />
in<strong>di</strong>cato come fonte da Prisciano Lido nelle sue Solutiones ad Chosroem.<br />
A. Hasnaoui, in «Deux texts en arabe sur les preuves platoniciennes de l’immortalitè de<br />
l’âme», Me<strong>di</strong>oevo 23 (1997), pp. 395 – 408, inoltre, ha <strong>di</strong>mostrato che questo testo <strong>di</strong> Proclo è<br />
stata la fonte <strong>di</strong> altri due testi giunti a noi in forma anonima : le Hujaj Aflatûn ‘ala baqâ’ al-<br />
nafs (Prove <strong>di</strong> Platone sulla permanenza dell’anima ) e la Tamara latîfa min maqâyîs Aflatûn fî<br />
anna al–nafsa lâ tafsud ( Frutto sottile dei sillogismi <strong>di</strong> Platone [sul fatto] che l’anima non è<br />
corruttibile ) .<br />
7
OBIETTIVO DELLA RICERCA<br />
L’obiettivo della mia <strong>ricerca</strong> è quello <strong>di</strong> ricostruire la dottrina originariamente contenuta<br />
nel trattato <strong>di</strong> Proclo ed il suo veicolo letterario, perduto in greco, attraverso il confronto<br />
tra il testo latino e quello arabo. Si tratta, cioè, <strong>di</strong> ricostruire una fonte per comprendere<br />
meglio l’esegesi tardo – neoplatonica del Fedone che conosciamo attraverso i commenti <strong>di</strong><br />
Olimpiodoro e Damascio (L.G. Westerink, 1976 – 1977): il commento <strong>di</strong> Proclo al Fedone,<br />
infatti, c’è stato ma è perduto.<br />
Questo stu<strong>di</strong>o, dunque, si svilupperà secondo tre linee <strong>di</strong>rettrici: la linea dell’esegesi del<br />
Fedone nella scuola <strong>di</strong> Atene, quella della trasmissione al mondo latino nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo<br />
attraverso la traduzione <strong>di</strong> Eriugena, e quella della trasmissione al mondo arabo attraverso<br />
Miskawayh.<br />
Per far questo sarà necessario innanzitutto fornire una traduzione ed un commento del<br />
Kitâb al-Fawz al–asġar , quin<strong>di</strong> confrontare la parte <strong>di</strong> questo testo che contiene le prove<br />
dell’immortalità con il suo parallelo contenuto nelle Solutiones ed infine produrre un<br />
lessico dell’arabo e del latino.<br />
Né Westerink né Hasnaoui, infatti, pur essendosi occupati dell’argomento, hanno prodotto<br />
un confronto <strong>di</strong> questo tipo: il primo perché non aveva accesso al testo arabo, il secondo<br />
perché non ha preso in considerazione quello latino.<br />
8
BIBLIOGRAFIA<br />
Testi.<br />
Opere bio – bibliografiche.<br />
Ibn al-Nadîm, Kitâb al–Fihrist , mit Anmerkungen hrsg. von G. Flügel, Leipzig 1871 – 1872;<br />
Kitâb al–Fihrist li-n-Nadîm, ed. R. Taĝaddud, Tehran 1971. Trad. inglese: B. Dodge, al-<br />
Nadîm. The Fihrist, a tenth-Century Survey of Muslim Culture, Columbia UP, New York –<br />
London 1970.<br />
Agazia.<br />
Agathiae Myrinaei Historiarum Libri Quinque, coll. «Corpus Fontium Historiae Byzantinae»,<br />
e<strong>di</strong>zione: R. Keydell, Berlino 1967; traduzione: J. D. Frendo, Agathias. The Histories, coll.<br />
«Corpus Fontium Historiae Byzantinae», Berlino / New York 1975.<br />
Damascio.<br />
Damascio, In Phaedonem, L.G. Westerink, The Greek Commentaries on Plato’s Phaedo, vol. II,<br />
Amsterdam 1977.<br />
Miskawayh.<br />
Abû ‘Ali Ahmad ibn Muahmmad Miskawayh, Al-Fawz al-asġar li-Miskawayh, haqqaqahû<br />
wa-qaddama lahû A. ‘Udayma; Le Petit Livre du Salut, trad. française et notes par R.<br />
Arnaldez, Maison Arabe du Livre, Tunis 1987.<br />
Olimpiodoro.<br />
Olimpiodoro, In Phaedonem, L. G. Westerink, The Greek Commentaries on Plato’s Phaedo, vol.<br />
I, Amsterdam 1976.<br />
Prisciano Lido.<br />
Solutiones eorum de quibus dubitavit Chosroes Persarum rex, e<strong>di</strong>zione critica: I. Bywater, CAG,<br />
Supplementum Aristotelicum I 2, Berlino 1886, XII.<br />
9
Stu<strong>di</strong>.<br />
M. Arkoun, L’humanisme arabe au IV – X siécle. Miskawayh philosophe et historien, Vrin, Paris<br />
1982 ;<br />
J. Brams, La riscoperta <strong>di</strong> Aristotele in Occidente, Jaca Book, Milano 2003;<br />
M. - Th. D’Alverny, «Les Solutiones ad Chosroem de Priscianus Lydus et Jean Scot», in Jean<br />
Scot Erigène et l’histoire de la phiolosophie. Actes du Coll. International ( ... ), ed. du<br />
CNRS, Paris 1977, pp. 145 – 160 ;<br />
C. D’Ancona (a cura <strong>di</strong>), Storia della filosofia nell’Islam me<strong>di</strong>evale, Einau<strong>di</strong>, Torino 2005 ;<br />
B. Dod, «Aristoteles Latinus», in N. Kretzmann – A. Kenny – J. Pinborg (ed.), The<br />
Cambridge History of Later Me<strong>di</strong>eval Philosophy, Cambridge U.P., Cambridge 1982, pp.<br />
45 – 79;<br />
F. Gabrieli, Adab, in EI, I, pp. 175 – 176;<br />
D. Gutas, Pensiero greco e cultura araba, a cura <strong>di</strong> C. D’Ancona, trad. italiana <strong>di</strong> C. Martini,<br />
Einau<strong>di</strong>, Torino 2002;<br />
A. Hasnaoui, «Deux texts en arabe sur les preuves platoniciennes de l’immortalité de<br />
l’âme», Me<strong>di</strong>oevo 23 (1997), pp. 395 – 408 ;<br />
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