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Guida per l'insegnante - Palumbo Editore

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6. La versione del brano<br />

Solo in presenza di questa strategia diventa <strong>per</strong>altro condivisibile da parte dell’alunno<br />

la consueta proibizione dell’insegnante di gettarsi subito a capofitto<br />

sul vocabolario, e si può evitare che egli continui a farlo fino all’esame di stato<br />

<strong>per</strong> cercarvi ancora agricola o res.<br />

Il migliore uso del vocabolario, comunque congegnato, sarà allora di cercarvi<br />

la verifica ed eventualmente la maggiore articolazione di un’ipotesi già formulata<br />

sulla base delle pre-conoscenze possedute.<br />

Generalmente del resto, ed in qualsiasi ambito ed attività umana, cercare «alla<br />

cieca» serve a poco, e in sede formativa è del tutto diseducativo. In questo<br />

senso la corretta consultazione dei vocabolari può costituire un’ottima palestra<br />

<strong>per</strong> acquisire abilità di consultazione tout court, da quella della guida telefonica<br />

alla navigazione su internet.<br />

In conclusione la via maestra <strong>per</strong> entrare nel lessico latino iuxta propria principia,<br />

<strong>per</strong> focalizzare i suoi rapporti di continuità/alterità con quello italiano e<br />

<strong>per</strong> addestrarsi alla consultazione consapevole ed efficace dei vocaboli è l’organizzazione<br />

di specifici esercizi e ricerche, nei quali <strong>per</strong>altro non deve essere<br />

neppure esclusa, <strong>per</strong> i vocaboli più complessi e più tipici del sistema lessico-culturale<br />

romano, la possibilità di utilizzare sia pur parzialmente (poche colonne<br />

in fotocopia da portare in classe) anche strumenti come il Lexicon totius<br />

latinitatis dell’abate Forcellini, il Thesaurus linguae Latinae, il corpus Inscriptionum<br />

Latinarum, i vocabolari etimologici della lingua latina.<br />

di Oreste Tappi (da L’insegnamento del latino, Torino 2000, pp. 234-238)<br />

Uno degli idola più radicati e <strong>per</strong>vasivi dell’insegnamento del latino è la «versione<br />

del brano», un esercizio in cui si dovrebbero tradurre dieci righe strappate<br />

da qualsiasi contesto sia letterario sia storico, e <strong>per</strong>ciò non a caso chiamate<br />

«brano» (il prodotto dell’azione di «sbranare»): cosa che basterebbe da sola<br />

a rendere incomprensibile (anche se «traducibile»!) qualsiasi testo, antico o<br />

moderno che sia, nella propria o nell’altrui lingua.<br />

Da secoli la versione del brano è il principale strumento didattico e prova di<br />

profitto (fino al concorso a cattedre di insegnamento), e in funzione di essa si<br />

sono consolidate negli anni due lingue «nuove», usate solo a scuola, costruite<br />

su reciproce equivalenze, rassicuranti ed immutabili: il «latino» e l’«italiano»<br />

delle traduzioni rispettivamente dall’italiano e dal latino. Il primo <strong>per</strong> definizione<br />

sempre inadeguato rispetto ai testi antichi; il secondo, <strong>per</strong> altro rimodellato<br />

sul latino letterario stesso, sempre più lontano dalla lingua d’uso in <strong>per</strong>enne<br />

evoluzione.<br />

Le modalità con cui si svolgono questi esercizi e prove di traduzione sono di<br />

<strong>per</strong> sé eloquenti:<br />

a) Si assegnano «brani» tagliati fuori da ogni contesto (spesso tenendo accuratamente<br />

nascosta <strong>per</strong>sino la fonte), senza che l’alunno abbia alcuna conoscenza<br />

della situazione storico-culturale, delle implicazioni e delle presupposizioni<br />

necessarie alla sua comprensione; talvolta i «brani» sono adat-<br />

Elementi di didattica del Latino<br />

5<br />

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