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Guida per l'insegnante - Palumbo Editore

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sulta che la trattazione della linguistica moderna è rivolta ai problemi generali,<br />

mentre gli studi di latino sono piuttosto preoccupati delle applicazioni pratiche:<br />

segno indubbio della difficoltà in cui ci troviamo.<br />

Anche la mia esposizione si attesterà su questa linea, ben sapendo che, legittimata<br />

o respinta in teoria, la traduzione è difficilmente sostituibile nella prassi scolastica<br />

e, <strong>per</strong> il momento, viene anche riconosciuta nel nostro ordinamento come<br />

prova ufficiale. Tuttavia presenza nella prassi non significa consenso. Anzi affiora<br />

e non si tace un certo dubbio sulle ragioni di sopravvivenza di un atto, che non<br />

sembra inserirsi bene nell’atmosfera di rinnovamento, che <strong>per</strong>vade motivazioni e<br />

metodi anche del latino. Questa crisi nasce, credo, da due condizioni: la stanchezza<br />

<strong>per</strong> un esercizio, che si ripete da troppo tempo <strong>per</strong>ché se ne ricordino le ragioni,<br />

e l’odiosità, che gli deriva dal suo uso prevalentemente fiscale. Ma una prova di<br />

verifica <strong>per</strong>de anche questa sua ragione di esistere se si separa dal corpo vivo della<br />

disciplina, di cui deve accertare l’apprendimento. E più in generale si deve dire<br />

che possiede valore formativo e cognitivo solo ciò che rientra in un sistema disciplinare<br />

organico. Quindi, anche <strong>per</strong> legittimare l’uso fiscale, bisogna ricollocare<br />

la versione nel contesto generale dello studio del latino.<br />

2. La traduzione<br />

Ora a me pare che la traduzione occupi un posto centrale nella materia scolastica<br />

in questione a partire dalle sue stesse motivazioni attuali. Ogni materia nella<br />

scuola è viva, se risponde alle esigenze della cultura contemporanea. La cultura<br />

contemporanea non guarda al passato come a un modello da restaurare o<br />

da imitare, ma come alle radici da cui si proviene, distanziandosene. Quindi continuità<br />

e alterità nello stesso tempo. Questa posizione trova riscontro, non so<br />

quanto consapevole, nell’ordinamento scolastico attuale. La scuola media, attraverso<br />

l’educazione linguistica storica, scopre (o dovrebbe scoprire) le origini<br />

latine dell’italiano; questa «tappa iniziale» viene poi presentata in sincronia nel<br />

biennio (come sistema linguistico) e in diacronia nel triennio (dagli arcaici ai<br />

preludi del romanzo). L’uomo moderno si pone di fronte all’antico con la mentalità<br />

e la cultura di oggi, si mette cioè in comunicazione col passato senza rinunciare<br />

al presente. Lo strumento principe è la lingua, non solo <strong>per</strong>ché tradizionale,<br />

ma anche <strong>per</strong>ché il più disponibile ed economico nella scuola.<br />

In questa prospettiva la traduzione diventa non solo opportuna e necessaria,<br />

ma inevitabile anche in senso non linguistico. Ne discende una didattica interlinguistica,<br />

non endolinguistica (almeno nel biennio), <strong>per</strong>ché si tratta di penetrare<br />

nel mondo antico dalla sponda del moderno. Si vede bene la diversità<br />

dalla didattica delle lingue straniere con le relative limitazioni e specializzazioni.<br />

Oggi lo studio del latino non porta ad ascoltare, parlare o scrivere, ma<br />

solo a leggere, <strong>per</strong>ò anche a riflettere e tradurre. Queste ultime due abilità, da<br />

aggiungere alle quattro tradizionali, potrebbero essere, insieme con la lettura<br />

dello scritto, la funzione didattica specifica della lingua antica. Nella scuola di<br />

latino tutto è traduzione linguistica, nel senso che lo studente usa l’italiano come<br />

metalingua (anche quando parla della grammatica o della civiltà latina), come<br />

lingua strumentale (quando legge i classici), come lingua a contatto (quando<br />

esegue la versione vera e propria).<br />

Elementi di didattica del Latino<br />

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