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Relatore:<br />

FACOLTA’ DI INGEGNERIA<br />

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA<br />

CARATTERIZZAZIONE STATICA E DINAMICA DEL<br />

COMPORTAMENTO VERTICALE DI PNEUMATICI DA<br />

Chiar.mo Prof. Ing. GIANNI NICOLETTO<br />

Correlatori:<br />

Chiar.mo Prof. Ing. MARCO AMABILI<br />

Ing. ANDREA BURZONI<br />

COMPETIZIONE<br />

Anno Accademico 1999/2000<br />

Tesi di Laurea di:<br />

LUCA COLLINI


Introduzione e scopo del lavoro<br />

Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato in collaborazione con Dallara Automobili S.p.A., azienda<br />

costruttrice di vetture da competizione da più di venti anni.<br />

In particolare è stata analizzata la dinamica verticale di una vettura da FORMULA 3, categoria con<br />

la quale si disputano combattuti campionati in molti paesi europei, tra cui l’Italia.<br />

La necessità di una caratterizzazione del comportamento del pneumatico da FORMULA 3 è<br />

scaturita dall’importanza che tale componente riveste nella progettazione e nella regolazione su<br />

pista della vettura, e al contempo dalla scarsità di dati e di notizie forniti a riguardo dalle Case<br />

Costruttrici. In una prima serie di prove è stata indagata la risposta verticale statica dei pneumatici<br />

anteriore e posteriore (di misure differenti) PIRELLI F3, con test non in rotolamento. Lo scopo del<br />

lavoro è stato la determinazione della rigidezza statica dei pneumatici e l’influenza esercitata su di<br />

essa da parte dei parametri più significativi, tra cui la temperatura. Tale rigidezza riveste un ruolo<br />

fondamentale nella scelta dell’assetto e nel bilanciamento della vettura.<br />

La caratterizzazione sperimentale della dinamica verticale del pneumatico si è avvalsa invece di uno<br />

degli strumenti più interessanti e sofisticati utilizzati nel mondo delle corse, ed ha avuto lo scopo di<br />

caratterizzare il comportamento di un sistema che presenta di norma una certa complessità, ed il cui<br />

ruolo nella dinamica dell’intera vettura è tutt’altro che trascurabile.<br />

Il lavoro qui presentato segue in qualche modo il filone delle due sperimentazioni: i due capitoli<br />

introduttivi sono di carattere teorico-descrittivo; in particolare nel Capitolo 1 viene presentato il<br />

pneumatico, le sue funzionalità e caratteristiche meccaniche, i possibili modelli adottabili per<br />

descriverne il comportamento. Nel Capitolo 2 viene introdotto il ruolo del pneumatico nella<br />

globalità della vettura, e la sua importanza dal punto di vista statico e dinamico. Viene analizzata<br />

quindi la dinamica verticale della vettura da competizione, e gli aspetti in cui essa si deve<br />

differenziare rispetto alle automobili di serie.<br />

I


Nel terzo capitolo viene descritto il banco di prova utilizzato alla Dallara Automobili per il test<br />

dinamico delle vetture da competizione, mentre nel Capitolo 4 sono contenuti i risultati delle prove<br />

sperimentali, le metodologie impiegate per ottenerli ed una loro analisi e discussione.<br />

Il Capitolo 5 presenta infine lo sviluppo di due modelli matematici di diversa complessità, in grado<br />

di simulare la dinamica verticale di una FORMULA 3, in cui viene sottolineato il ruolo attivo del<br />

pneumatico, avvalendosi dei risultati ottenuti nelle due campagne di prove.<br />

II


Indice<br />

Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico…………….. pag. 1<br />

1.1 Funzioni del pneumatico……………………………………………………………………..” 1<br />

1.2 Sistema di riferimento SAE…………………………………………………………………..” 2<br />

1.3 La gomma: proprietà…………………………………………………………………………” 3<br />

1.4 Cenni al meccanismo di aderenza e dipendenza dal carico……………………………..” 4<br />

1.5 Costruzione del pneumatico………………………………………………………………….” 8<br />

1.6 Pressioni di contatto e rigidezza statica del pneumatico…………………………………” 9<br />

1.7 Raggi caratteristici del pneumatico………………………………………………………...” 11<br />

1.8 Modelli descrittivi del comportamento verticale del pneumatico non in rotolamento.” 14<br />

Capitolo 2. Il pneumatico nella dinamica verticale della vettura da competizione……. pag. 19<br />

2.1 Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico…………………………” 19<br />

2.1.1 La ricerca delle massime prestazioni……………………………………………………” 19<br />

2.1.2 Il bilanciamento della vettura…………………………………………………………….” 23<br />

2.2 Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico………………………” 40<br />

2.2.1 Introduzione: il problema acustico-vibrazionale………………………………………” 40<br />

2.2.2 Le forzanti…………………………………………………………………………………..” 41<br />

2.2.3 Risposta dinamica del veicolo……………………………………………………………” 45<br />

2.2.4 Ruolo della massa non sospesa e del pneumatico nella vettura da competizione…” 53<br />

2.2.5 La sperimentazione al banco………………………………………………………………” 58<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig……………………………………………………………. pag. 59<br />

3.1 Introduzione…………………………………………………………………………………” 59<br />

3.2 Descrizione dell’apparato sperimentale…………………………………………………” 60<br />

3.3 Il software di controllo DCS……………………………………………………………… ” 70<br />

3.4 Utilizzo e funzionalità dello strumento……………………………………………………” 72<br />

Capitolo 4. Prove sperimentali sui pneumatici PIRELLI F3…………………………. pag. 79<br />

4.1 Prove di rigidezza verticale statica……………………………………………….. ” 79<br />

4.1.1 Introduzione……………………………………………………………………………… ” 79<br />

4.1.2 Descrizione della procedura di prova………………………………………………… ” 80<br />

4.1.3 Taratura della cella di carico…………………………………………………………… ” 83<br />

III


4.1.4 Risultati delle prove…………………………………………………………………… pag. 86<br />

4.1.5 Analisi dei risultati………………………………………………………………………. ” 94<br />

4.2 Caratterizzazione dinamica dei pneumatici………………………………………... ” 97<br />

4.2.1 Introduzione………………………………………………………………………………. ” 97<br />

4.2.2 Descrizione della procedura di prova………………………………………………… ” 99<br />

4.2.3 Acquisizione dei dati e costruzione della risposta in frequenza del sistema……… ” 103<br />

4.2.4 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 114.7 kg… ” 108<br />

4.2.5 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 posteriore. Massa 137.2 kg… ” 118<br />

4.2.6 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 67 kg………” 124<br />

4.2.7 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 90 kg………” 125<br />

4.3 Analisi e discussione dei dati sperimentali………...………………………………. ” 126<br />

4.3.1 Osservazioni……………………………………………………………………………… ” 126<br />

4.3.2 Calcolo della rigidezza e dello smorzamento con modello a contatto …………… ” 127<br />

4.3.3 Il metodo della larghezza di banda…………………………………………………… ” 129<br />

4.3.4 Risultati delle prove sperimentali………………………………………………………” 131<br />

Capitolo 5. Sviluppo di un modello matematico a parametri concentrati per la vettura<br />

F3.………………………………………………………………………………… pag. 141<br />

Introduzione…………………………………………………………………………………… ” 141<br />

5.1 Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà………….. ” 142<br />

5.1.1 Ipotesi semplificative e modello adottato…………………………………………… ” 142<br />

5.1.2 Influenza dei parametri del modello sul comportamento dinamico della vettura ” 147<br />

5.2 Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà……….. ” 156<br />

5.2.1 Il modello a quattro gradi di libertà: caratteristiche e potenzialità……………… ” 156<br />

5.2.2 I movimenti verticale (bounce) e di beccheggio (pitch) della vettura……………. ” 157<br />

5.2.3 Frequenze di bounce e di pitch…………………………………………………………” 158<br />

5.2.4 Modello a quattro gradi di libertà …………………………………………………… ” 161<br />

5.2.5 Identificazione sperimentale dei parametri e taratura del modello……………… ” 165<br />

5.2.6 Risultati della simulazione e confronto con i test reali………………………………” 167<br />

Conclusioni………………………………………………………………………………….. pag. 175<br />

Allegati………………………………………………………………………………………. ” 177<br />

Riferimenti bibliografici……………………………………………………………………... ” 187<br />

IV


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 1<br />

Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico.<br />

1.1 Funzioni del pneumatico<br />

La funzione di un pneumatico, stradale o da competizione, è essenzialmente quella di garantire il<br />

contatto tra il corpo del veicolo ed il terreno. Tutte le forze di controllo o di disturbo cui il veicolo è<br />

sottoposto, fatta eccezione per quelle di natura aerodinamica, sono infatti generate dall’area di<br />

contatto tra battistrada e terreno, la cosiddetta contact patch, la cui estensione è paragonabile a<br />

quella del palmo di una mano.<br />

Figure 1.1 (a). Il pneumatico PIRELLI anteriore da FORMULA 3<br />

(b). Forze e momenti cui è sottoposto un pneumatico in marcia.<br />

In generale un pneumatico viene progettato e dimensionato per essere in grado di:<br />

• sopportare il carico verticale statico e dinamico FZ agente sul mozzo della ruota<br />

• sviluppare le necessarie forze longitudinali (dirette cioè nel senso di marcia), le quali<br />

garantiscono l’accelerazione e la decelerazione del veicolo (FX e MY in Figura 1.1 (b))<br />

• sviluppare le adeguate forze laterali, generate nel moto curvilineo, che permettono di tenere in<br />

strada il veicolo (MX e MZ di Figura 1.1 (b))<br />

• garantire una bassa trasmissibilità al telaio delle irregolarità presenti sul manto stradale.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 2<br />

Nel mondo delle corse i primi tre concetti, soprattutto quello di aderenza, rivestono grande<br />

importanza, mentre quest’ultimo aspetto, che definisce il comfort di un autoveicolo, viene perlopiù<br />

trascurato, in quanto altri sono gli obiettivi nel progetto di un’auto sportiva; l’assetto viene irrigidito<br />

a discapito del comfort, per ottenere la massima aderenza in ogni condizione di utilizzo e per<br />

ottimizzare l’aerodinamica della vettura minimizzando la variazione di altezza da terra del telaio.<br />

1.2 Sistema di riferimento SAE<br />

Figura 1.2. Il sistema di riferimento SAE J670.<br />

Il sistema di riferimento convenzionalmente adottato per descrivere la dinamica del veicolo e le<br />

forze agenti sul pneumatico è mostrato in Figura 1.2. Il sistema di assi cartesiani ha origine O nel<br />

centro dell’impronta del battistrada (a ruota ferma), nel punto di intersezione tra l’asse Z e il piano<br />

stradale, considerato una superficie piana. L’asse X è data dall’intersezione tra il suolo e il piano del


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 3<br />

pneumatico, l’asse Y è perpendicolare a X e Z e<br />

giace nel piano stradale. L’angolo γ in figura<br />

definisce l’inclinazione del pneumatico, vedi<br />

Figura 1.3 sopra, nel piano verticale (detta campanatura o angolo di camber), mentre α è l’angolo<br />

di scorrimento (slip angle) o di deriva, tra l’asse X e la direzione del moto del pneumatico, definito<br />

positivo per scorrimenti verso destra rispetto alla direzione di marcia.<br />

1.3 La gomma: proprietà<br />

L’uso della gomma come costituente principale del pneumatico si è mantenuto nel corso degli anni<br />

a causa delle sue caratteristiche meccaniche, le quali garantiscono aderenza, durata nel tempo e<br />

grande adattabilità alle più svariate condizioni di impiego. La gomma possiede una densità di circa<br />

1100 kg/m 3 , ed è presente nel pneumatico sempre in una mescola con altri componenti, come olio,<br />

zolfo, polvere di grafite, che conferiscono specifiche caratteristiche meccaniche.<br />

La mescola possiede spiccate proprietà viscoelastiche, e se sottoposta a caricamento la sua risposta<br />

dinamica varia al variare della frequenza con cui la forza viene applicata. Un modello elementare a<br />

parametri concentrati che descriva in modo semplice il comportamento<br />

meccanico viscoelastico della gomma è quello riportato a lato in<br />

Figura 1.4; esso è costituito dalla serie di una rigidezza con un gruppo<br />

rigidezza-smorzamento in parallelo.<br />

A basse frequenze l’effetto dello smorzatore è trascurabile, e la<br />

rigidezza apparente del sistema è data dalla serie delle due molle.<br />

Eccitando l’estremo A di figura a frequenze elevate lo smorzatore<br />

oppone invece una forte resistenza al moto, e la rigidezza globale del<br />

sistema risulta maggiore. Per ciascuna delle due situazioni estreme<br />

l’energia che viene dissipata dallo smorzatore è piccola, e presenta un<br />

Figura 1.4. massimo ad una frequenza intermedia.


1.4 Cenni al meccanismo di aderenza e dipendenza dal carico<br />

Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 4<br />

Test di laboratorio condotti sopra superfici vetrose pulite mostrano che il coefficiente d’attrito della<br />

gomma dipende dalla velocità di strisciamento e dalla temperatura di esercizio, come riportato dalla<br />

Figura 1.5, in cui è T3 > T2 > T1. In particolare per una determinata temperatura si ha un andamento<br />

a campana del coefficiente d’attrito in funzione della velocità espressa in scala logaritmica, ed<br />

aumentando la temperatura il picco della campana trasla verso velocità di strisciamento maggiori.<br />

Figura 1.5. Coefficiente d’attrito delle gomma in funzione della velocità di scorrimento a diverse temperature.<br />

Dai semplici diagrammi sopra esposti si può intendere l’importanza della temperatura di esercizio<br />

dei pneumatici nelle loro caratteristiche. In modo particolare nel mondo delle competizioni, in cui è<br />

Figura 1.6. Curve del tipo WLF per differenti superfici d’attrito.<br />

costante la ricerca della massima aderenza, il pneumatico deve essere progettato con particolare<br />

cura per offrire le massime prestazioni.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 5<br />

Le curve coefficiente attrito-velocità a diversa temperatura possono essere rappresentate mediante<br />

una sola curva, detta di Williams-Landel-Ferry (WLF, vedi Figura 1.6), nell’ipotesi di assumere un<br />

modello viscoelastico per descrivere il comportamento del materiale elastomerico.<br />

La stretta correlazione tra le equazioni che descrivono il comportamento viscoelastico e il<br />

meccanismo di attrito della gomma suggerisce una probabile origine comune dei due fenomeni, e la<br />

possibilità che proprio la viscoelaticità sia responsabile della capacità della gomma di aderire a<br />

diversi tipi di superficie.<br />

In Figura 1.6 vengono riportate curve del tipo WLF rappresentative di test su vetro e su superficie<br />

ruvida, nel caso specifico sopra del carburo di silicio. L’evidente picco di forma acuminata è dovuto<br />

alla distorsione della gomma sulle asperità della superficie ruvida, mentre il fenomeno di adesione<br />

molecolare, presente a basse velocità di strisciamento, risulta molto meno evidente.<br />

L’aggiunta di polvere di grafite oltre ad incrementare la rigidezza e la resistenza meccanica della<br />

mescola, abbassa drasticamente il valore di picco, che è scarsamente controllabile, e di conseguenza<br />

il valore medio del coefficiente d’attrito. L’aggiunta di olio nella mescola inoltre aumenta il valore<br />

massimo del coefficiente d’attrito, traslandolo verso velocità di scorrimento minori.<br />

Per una più attenta analisi del fenomeno di aderenza al suolo, si considerino le Figure 1.7 e 1.8, in<br />

cui è rappresentato il contatto tra il battistrada di un pneumatico e un’ideale superficie ruvida.<br />

Nell’ipotesi che tale superficie sia lubrificata, essa non è in grado di generare forze di taglio sul<br />

battistrada; è comunque presente il fenomeno dell’attrito a causa dalle differenti pressioni che<br />

agiscono sulle superfici inclinate per via dell’isteresi di natura viscoelastica della gomma.<br />

Figura 1.7. Schema semplificato del contatto battistrada-suolo.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 6<br />

Figura 1.8. Dettaglio di Figura 1.7.<br />

Aumentando il carico verticale FZ agente sul pneumatico (ad esempio durante il trasferimento di<br />

carico della vettura nel percorrere una curva), si ha un incremento, non lineare, dell’area di contatto,<br />

ed un aumento della pressione media di contatto. Questo comporta l’aumento della forza d’attrito,<br />

ma il coefficiente d’attrito, come l’esperienza conferma, diminuisce, tipicamente in proporzione alla<br />

pressione media di contatto elevata alla potenza di -0.15 (grafico di Figura 1.9).<br />

Figura 1.8 mostra inoltre che il coefficiente d’attrito non dipende dall’estensione delle superfici di<br />

contatto, bensì dalla loro inclinazione rispetto all’orizzontale.<br />

Friction coefficient<br />

Figura 1.9. Andamento qualitativo del coefficiente d’attrito in funzione della pressione media di contatto.<br />

Un elemento la cui proiezione ha area A genera infatti la forza d’attrito<br />

FA Ph<br />

=<br />

Asenϑ<br />

diretta orizzontalmente, dove Ph è la differenza di pressione data dall’isteresi della gomma e ϑ<br />

l’angolo in figura che le due superfici di contatto formano con l’orizzontale.<br />

Da ciò ne deriva che una superficie con una microruvidità più accentuata (angoli ϑ più elevati),<br />

permette una maggiore aderenza.<br />

1<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0<br />

f = pm -0,15<br />

Mean contact pressure


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 7<br />

Si spiega allora come il coefficiente d’attrito sia, seppure indirettamente, dipendente dal carico<br />

applicato (esso diminuisce se il carico aumenta), e come una più estesa area di contatto, a parità di<br />

carico verticale, abbassando la pressione media permetta una più elevata forza di frizione in quanto<br />

è alto il coefficiente d’attrito.<br />

La rigidezza verticale dei pneumatici, che ha un ruolo attivo nell’assetto e nel bilanciamento della<br />

vettura e nei trasferimenti di carico, è quindi influente in modo non diretto anche sul fenomeno di<br />

microaderenza del pneumatico al terreno.<br />

Il secondo meccanismo di aderenza della gomma comporta la formazione di legami molecolari tra<br />

la mescola e la superficie stradale, e viene mostrato in Figura 1.10.<br />

Figura 1.10. I due meccanismi responsabili dell’aderenza della gomma al suolo stradale.<br />

Per rompere questi legami è necessaria una certa quantità di energia, la cui dissipazione è causa<br />

della resistenza al rotolamento e allo strisciamento del pneumatico. Tale componente d’attrito è<br />

significativa nel caso di manto stradale asciutto, mentre diventa preponderante il primo tipo di<br />

frizione dovuta all’isteresi nella mescola, in condizioni di bagnato, dove molecole d’acqua si<br />

possono interporre tra le due superfici di contatto ostacolando l’adesione.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 8<br />

In Figura 1.10 vengono schematizzati entrambi i meccanismi responsabili dell’aderenza del<br />

battistrada di un pneumatico al terreno, la frizione per differenza di pressione e l’adesione a livello<br />

molecolare.<br />

1.5 Costruzione del pneumatico<br />

Un pneumatico moderno è costituito essenzialmente da una carcassa in gomma rinforzata al suo<br />

interno da svariati fasci di cordami in nylon, rayon, poliestere o fibra di vetro, che possono essere<br />

sovrapposti con un certo angolo tra di loro o disposti radialmente (si parla in questo caso di<br />

pneumatico radiale), cioè a 90° rispetto alla direzione circonferenziale.<br />

Figura 1.11. Costruzione dei pneumatici a tele incrociate e radiali.<br />

Le dimensioni tipiche che definiscono la struttura del pneumatico, Figura 1.12, sono il diametro del<br />

cerchio, l’altezza della spalla, la sezione trasversale, la larghezza del battistrada.<br />

Figura 1.12. Dimensioni caratteristiche del pneumatico.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 9<br />

Il battistrada, cui è affidato il contatto con il terreno, può essere intagliato (per permettere il<br />

drenaggio dell’acqua e il raffreddamento della gomma) o liscio (ad uso delle competizioni), ed è<br />

generalmente rinforzato al suo interno da fili in acciaio. Nel pneumatico di tipo radiale, ormai<br />

universalmente adottato, per garantire una buona stabilità direzionale sono inoltre presenti delle<br />

fasciature di rinforzo sotto il battistrada che formano un angolo di circa 20° con le fasce della<br />

carcassa.<br />

Consistenza e rigidezza globali vengono conferite al pneumatico dal gonfiaggio con aria, ad una<br />

pressione variabile tipicamente tra 1.2 e 2.2 bar; i rinforzi annegati nella mescola, possedendo<br />

modulo elastico di gran lunga maggiore rispetto a quello della gomma, sopportano la tensione data<br />

dalla pressione interna, mentre la gomma della carcassa, di elevata resistenza a fatica, ha<br />

essenzialmente la funzione di “recipiente” per l’aria.<br />

Dalla costruzione della carcassa e dalle sue dimensioni dipendono le caratteristiche meccaniche del<br />

pneumatico; in particolare la tendenza odierna è quella di ridurre il rapporto tra le dimensioni<br />

altezza spalla e larghezza battistrada per incrementare la rigidezza laterale della gomma e limitarne<br />

la deformazione ottenendo sensibili incrementi nelle proprietà di controllo del mezzo.<br />

Ovviamente nel campo delle competizioni viene spinta al massimo la ricerca delle prestazioni in<br />

fatto di aderenza e rigidezza, e vengono tralasciati necessariamente aspetti secondari, come durata o<br />

rumorosità del pneumatico.<br />

1.6 Pressioni di contatto e rigidezza statica del pneumatico<br />

Il pneumatico non in rotolamento esercita sul suolo una pressione normale σz la cui risultante è pari<br />

alla forza Z di contatto tra ruota e suolo, e le pressioni tangenziali τx e τy, le cui risultanti sono nulle<br />

nel caso in cui la ruota non eserciti forze in direzione longitudinale o trasversale.<br />

La distribuzione delle pressioni σz, τx e τy non è costante; il suo andamento dipende dalla rigidezza<br />

del pneumatico oltre che da altri fattori, quali carico applicato e pressione di gonfiaggio.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 10<br />

In Figura 1.13 sono riportati gli andamenti tipici delle pressioni normali, longitudinali e trasversali<br />

σz, τx e τy che la ruota, da ferma, esercita sul suolo.<br />

Figura 1.13. Pressioni di contatto ruota-suolo σσσσz (a), ττττx (b) e ττττy (c) a ruota ferma.<br />

Le pressioni τx sono dirette verso la mezzeria della zona di contatto; la ruota tende cioè a<br />

compattare, per così dire, il suolo in direzione longitudinale verso il centro dell’orma. L’effetto<br />

opposto si ha invece in direzione trasversale.<br />

Le caratteristiche elastiche statiche del pneumatico dipendono da molti fattori, quali la pressione, lo<br />

stato di usura, la velocità di rotolamento, l’angolo di camber, la temperatura di esercizio.<br />

Inoltre notevoli differenze di comportamento si possono notare tra i pneumatici a tele incrociate e<br />

quelli radiali: a ruota ferma i pneumatici radiali possiedono minore rigidezza in tutte le direzioni.<br />

Se caricata sul mozzo la gomma si deforma, e tale deformazione assume tipicamente valori<br />

compresi tra il 18 e il 24 % dell’altezza della spalla.<br />

La rigidezza verticale statica, come verrà mostrato ampiamente nei risultati delle prove<br />

sperimentali, per un pneumatico da competizione risulta praticamente costante all’aumentare del<br />

carico applicato durante la prova, per cui si ha dipendenza lineare tra deformazione e carico.<br />

In Figura 1.14 sono riportate le curve forza normale Z in funzione della deformazione verticale ∆z<br />

per un pneumatico di tipo radiale in rotolamento, relative ad un ciclo di applicazione e di rimozione<br />

del carico verticale.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 11<br />

Esse mettono in evidenza un vero e proprio ciclo di isteresi, che denota uno smorzamento dei moti<br />

verticali da parte del pneumatico, che è però particolarmente sensibile a ruota ferma in quanto<br />

l’ampiezza del ciclo di isteresi generalmente diminuisce al crescere della velocità di rotolamento.<br />

Figura 1.14. Caratteristica forza normale-deformazione verticale per un pneumatico radiale.<br />

Il coefficiente di smorzamento di un pneumatico è comunque un parametro non lineare, in quanto<br />

dipende dall’ampiezza e dalla frequenza di applicazione del carico.<br />

Il comportamento verticale del pneumatico fermo, sottoposto a sollecitazioni anch’esse in senso<br />

verticale, è schematizzabile quindi con una semplice molla di rigidezza opportuna e massa<br />

trascurabile. Le prove statiche condotte sul pneumatico hanno avuto lo scopo di trovare il valore di<br />

tale rigidezza e la sua variazione in funzione dei parametri fisici e ambientali.<br />

1.7 Raggio del pneumatico<br />

Si consideri una ruota in rotolamento su strada piana senza che su di essa agisca alcuna coppia<br />

motrice o frenante. Vengono solitamente distinti tre diversi raggi del pneumatico: Ru, raggio a<br />

pneumatico scarico, Rl, raggio a pneumatico caricato non in movimento, e il raggio effettivo o in<br />

rotolamento Re.<br />

Quest’ultimo è semplicemente definito dal rapporto tra la velocità V di traslazione del centro ruota e<br />

la velocità angolare Ω della ruota:


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 12<br />

=<br />

Ω<br />

V<br />

Re Tale definizione non è significativa se il pneumatico, bloccato, striscia solamente (Re infinito), o se<br />

ruota senza traslare (Re nullo).<br />

Dato che il contatto ruota-suolo non è puntiforme, il raggio di rotolamento non coincide con<br />

l’altezza Rl del centro ruota sul suolo ed il centro di istantanea rotazione non coincide con il centro<br />

della contact patch. Si può dimostrare che<br />

l<br />

e<br />

.<br />

R ≤ R ≤ R<br />

Ciò per il fatto che, a causa delle deformazioni a cui la fascia battistrada della ruota è soggetta, la<br />

u<br />

.<br />

velocità periferica di ciascun<br />

elemento esterno della ruota non è<br />

costante, ma varia ciclicamente.<br />

In Figura 1.15 di lato è schematizzata<br />

una ruota in rotolamento su strada<br />

piana a cui viene applicata una coppia<br />

motrice MT, con la configurazione<br />

della distribuzione di forza<br />

longitudinale e della velocità<br />

periferica della fascia battistrada<br />

(sliding velocity).<br />

Ogni elemento della fascia battistrada<br />

rallenta all’approssimarsi del contatto<br />

con il suolo e di conseguenza risulta<br />

Figura 1.15. compresso in direzione circonferenziale.<br />

Nella zona di contatto si hanno strisciamenti molto piccoli; la velocità periferica di tale zona,<br />

relativa al centro della ruota, coincide in modulo con la velocità assoluta del centro della ruota V.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 13<br />

Dopo aver lasciato la zona di contatto l’elemento assume nuovamente la sua lunghezza iniziale e la<br />

sua velocità periferica ritorna al valore ΩRu.<br />

La velocità angolare di una ruota dotata di pneumatico risulta pertanto minore di quella propria di<br />

una ruota rigida con pari altezza del centro sul suolo e pari velocità di traslazione.<br />

Il raggio di rotolamento è influenzato da molti fattori, alcuni dipendenti dal pneumatico, quali il tipo<br />

di struttura della carcassa e delle tele, lo stato di usura del battistrada; altri dalle condizioni di<br />

impiego, quali pressione, carico, velocità ed altri ancora.<br />

Inoltre il raggio effettivo ha una leggera dipendenza, poco significativa nei pneumatici radiali a<br />

causa della loro costituzione, dalla velocità angolare, in quanto per effetto della forza centrifuga si<br />

ha una piccola deformazione della carcassa. I pneumatici a struttura radiale sono caratterizzati da un<br />

minore valore di Rl rispetto a pneumatici a tele incrociate di pari raggio indeformato Ru a causa<br />

della loro maggiore flessibilità radiale, ma, a causa della maggior rigidezza della fascia battistrada,<br />

dovuta alla presenza delle tele di cintura, il valore del raggio di rotolamento Re, risulta meno<br />

lontano dal valore di Ru.<br />

Gli effetti di un aumento del carico verticale Z e di una diminuzione della pressione di gonfiaggio p<br />

sono simili e si manifestano in una diminuzione sia di Rl che di Ru.<br />

Al crescere della velocità il pneumatico tende ad espandersi sotto l’azione della forza centrifuga,<br />

per cui si ha un aumento di tutti i raggi caratteristici.<br />

Tale aumento è notevole nel caso di pneumatici di struttura convenzionale mentre è molto<br />

contenuto, a causa della notevole rigidezza circonferenziale della cintura, nei pneumatici radiali.<br />

In Figura 1.16 si riportano, a titolo di esempio, gli andamenti del raggio di rotolamento in funzione<br />

della velocità ottenuti per un pneumatico 7,60-15 a tele incrociate e per un pneumatico 155 SR 15 di<br />

tipo radiale.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 14<br />

Figura 1.16. Raggio di rotolamento Re in unzione della velocità di rotolamento V.<br />

1.8 Modelli descrittivi del comportamento verticale del pneumatico non in rotolamento<br />

Lo scopo del lavoro qui proposto è quello di trovare un modello comportamentale del pneumatico,<br />

non in rotolamento, in grado di caratterizzarne e descriverne la dinamica verticale, sulla base di<br />

prove condotte sperimentalmente.<br />

Il pneumatico si presenta come un sistema continuo, complesso nella costruzione e vario nelle<br />

proprietà meccaniche dei materiali impiegati; lo studio del suo comportamento dinamico è a priori<br />

molto complesso da analizzare e da inquadrare in modo globale, e in aggiunta le condizioni di<br />

utilizzo reali e le sollecitazioni cui un pneumatico da competizione è sottoposto sono difficilmente<br />

quantificabili e riproducibili.<br />

Nonostante ciò può essere adottato un modello a parametri concentrati del tipo “ingresso-uscita”;<br />

l’idea fondamentale di tale assunzione consiste nel modellare solo la reazione che intercorre tra<br />

l’ingresso al sistema dinamico e l’uscita, senza introdurre tutte le variabili indipendenti che<br />

definiscono il moto del sistema in esame ma solo quelle del comportamento delle grandezze esterne<br />

al sistema stesso.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 15<br />

Ad esempio, per quantificare la rigidezza verticale globale, si può analizzare la deformazione tra un<br />

punto di riferimento e il suolo senza condurre l’analisi particolareggiata dei contributi a tale<br />

rigidezza da parte di tutti i costituenti del sistema.<br />

Si parla poi di sistema lineare tempo invariante (LTI) per poterne descrivere il comportamento<br />

dinamico con una o più equazioni differenziali ordinarie o tramite il concetto di funzione di risposta<br />

in frequenza (FRF).<br />

Nel primo caso si parla di dominio del tempo, nel secondo di dominio delle frequenze.<br />

La descrizione della dinamica in senso verticale del pneumatico mediante un modello del tipo<br />

ingresso-uscita basato sul concetto di funzione di risposta in frequenza, presenta il notevole<br />

vantaggio che tale funzione è facilmente valutabile sperimentalmente, a differenza dell’equazione<br />

(o delle equazioni) differenziale descrittiva che per essere caratterizzata necessita oltre ad una fase<br />

sperimentale anche spesso di complesse metodologie di identificazione dei parametri.<br />

Come già specificato nelle prove di rigidezza verticale statica si è assunto semplicemente un<br />

modello costituito da una molla di rigidezza incognita.<br />

Figura 1.17. Deformata FEM del pneumatico e modello adottato per il comportamento statico.<br />

Le prove hanno avuto lo scopo di calcolare tale rigidezza al variare dei parametri fisici del<br />

pneumatico normalmente modificati in pista, e di verificarne la linearità nella risposta di<br />

schiacciamento (quantità d in Figura 1.17) al caricamento verticale (Fv).


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 16<br />

Dalla letteratura (Szilard) la rigidezza verticale dinamica risulta un parametro non lineare, in quanto<br />

risente del carico applicato, dell’ampiezza di deformazione, della frequenza. Analogo discorso vale<br />

per lo smorzamento interno del sistema. Un tipico modello utilizzato per lo studio del<br />

comportamento dinamico verticale del pneumatico è quello riportato in Figura 1.18 (a); esso si<br />

adatta a descrivere la dinamica della gomma su superficie liscia o scarsamente corrugata, comunque<br />

priva di ostacoli o bruschi avvallamenti.<br />

Figura 1.18. Due tipici modelli di pneumatico per superfici lisce.<br />

l’equazione differenziale relativa al primo modello è:<br />

(a) Massa, molla, smorzatore. (b) Modello di Maxwell.<br />

+ • ••<br />

m z c z+<br />

Kz =<br />

F(t).<br />

Nel modello di Maxwell lo smorzamento è posto in serie alla rigidezza K2 per tenere conto del fatto<br />

che alle basse frequenze si ha la massima dissipazione di energia da parte dell’elemento smorzante,<br />

mentre per le sollecitazioni ad alta frequenza l’energia assorbita viene limitata dal movimento della<br />

seconda rigidezza in serie.<br />

In questo caso è necessario introdurre un secondo grado di libertà per rappresentare la forza sullo<br />

smorzatore:<br />

••<br />

⎧<br />

⎪m<br />

z1<br />

+ K1(<br />

z1<br />

− F(<br />

t))<br />

+ K 2 ( z1<br />

− z2<br />

) = 0<br />

⎨ •<br />

⎪<br />

⎩c(<br />

z 2 − F'(<br />

t))<br />

− K 2 ( z1<br />

− z2<br />

) = 0.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 17<br />

Uno degli svantaggi dei modelli mostrati è quello di non poter considerare la deformazione del<br />

pneumatico nel superamento di ostacoli o avvallamenti, in quanto si presuppone un contatto<br />

puntuale; tali modelli possono comunque dare buoni risultati se vengono soddisfatte in buona<br />

misura le condizioni:<br />

a) nessun gradino nella superficie contatto<br />

b) lunghezza d’onda dell’avvallamento superficiale maggiore di tre volte la lunghezza di contatto<br />

c) il piano di appoggio definisce adeguatamente la superficie di contatto.<br />

Modelli più evoluti, come quelli mostrati di seguito in Figura 1.19, sono stati sviluppati per tenere<br />

conto della deformazione del battistrada e della curvatura del pneumatico.<br />

Figura 1.19. Modelli di pneumatico che tengono conto del contatto non puntuale.<br />

In tutti questi modelli il punto di contatto genera, assieme alla forza verticale, una reazione laterale<br />

che si scarica sul mozzo della gomma; nel primo si ha contatto puntuale, nel secondo è presente una<br />

ruota rigida che segue l’andamento del profilo stradale, nel terzo il battistrada è rappresentato da un<br />

numero finito e fissato di elementi elastici e smorzanti, il quarto è costituito da un insieme di molle<br />

disposte radialmente ognuna delle quali viene compressa/stirata localmente dal suolo.


Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 18<br />

In generale l’uso di modelli a parametri concentrati è preferibile, in quanto consente una<br />

semplificazione radicale del problema di caratterizzazione, e permette al contempo, per le basse<br />

frequenze, una buona descrizione della dinamica verticale e radiale del pneumatico.<br />

In accordo con Bakker e altri, risultati ottenuti sperimentalmente possono venire rappresentati in tre<br />

modi:<br />

1. rappresentazione con tabelle<br />

2. rappresentazione con grafici<br />

3. rappresentazione con formule.<br />

La rappresentazione mediante modello a parametri concentrati può essere considerata una speciale<br />

esposizione con formule, ma con l’ulteriore vantaggio di una significativa interpretazione e fisica<br />

del sistema.<br />

Spesso in passato si è assunto che il comportamento del pneumatico fosse lineare, cioè che i<br />

parametri del modello adottato fossero invarianti. In questo caso tali parametri si possono ottenere<br />

operando un FIT lineare dei risultati sperimentali di risposta dinamica. Tuttavia, conducendo una<br />

più attenta analisi, si può affermare che generalmente, anche per le basse frequenze (fino a 50 Hz),<br />

il comportamento della gomma non sia lineare, e che quindi i parametri modali caratteristici siano<br />

funzione della frequenza e di altri parametri del pneumatico.<br />

Avendo condotto le prove a pneumatico fermo, i parametri considerati influenti in questa sede sono<br />

stati il precarico L dato al pneumatico, la frequenza ω, l’ampiezza Ain dell’eccitazione, la pressione<br />

p di gonfiaggio, la temperatura di esercizio T.<br />

Pur mantenendo un modello a parametri concentrati, i parametri identificativi vengono in tale caso<br />

descritti non più da una funzione lineare, bensì da funzioni G e H polinomiali in più variabili:<br />

⎧K<br />

= G<br />

⎨<br />

⎩c<br />

= H<br />

( L,<br />

ω,<br />

Ain<br />

, p,<br />

T )<br />

( L,<br />

ω,<br />

A , p,<br />

T )<br />

in<br />

.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 19<br />

Capitolo 2. Il pneumatico nella dinamica verticale della vettura da competizione<br />

2.1 Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico<br />

2.1.1 La ricerca delle massime prestazioni<br />

Nella storia delle corse, per qualunque categoria di competizioni, si è assistito alla costante e<br />

incessante ricerca delle massime prestazioni ottenibili, alla luce delle conoscenze tecniche e dei<br />

metodi di analisi e di progettazione disponibili.<br />

I fattori che determinano le prestazioni di un’auto da corsa non sono certo cambiati nel corso degli<br />

anni; e non è mutata la passione e la forza che ha mosso e muove l’uomo verso la ricerca di limiti<br />

sempre più spinti, e verso la comprensione totale dei fenomeni fisici, delle proprietà dei materiali,<br />

delle tecnologie, che accompagnano l’ideazione e la progettazione di una vettura destinata alle<br />

competizioni.<br />

Sono molteplici e interdipendenti i fattori che rendono un’auto da corsa veloce e vincente; tuttavia,<br />

volendo riassumere i concetti decisivi per ottenere le massime prestazioni su pista, si possono<br />

fissare due principi fondamentali.<br />

Per ottenere i risultati attesi da una vettura da competizione è necessario:<br />

1. Disporre della massima velocità possibile alla fine dei rettilinei<br />

2. Disporre di un’elevata velocità nei tratti curvilinei.<br />

Questi due concetti sembrerebbero banali e quasi scontati, tuttavia essi rivestono grande importanza<br />

nel processo di analisi dei fattori il cui miglioramento garantisce la progressione nelle prestazioni<br />

dell’auto su un dato circuito.<br />

Volendo analizzare da vicino tali fattori, la velocità in rettilineo è determinata da:<br />

1.1 Potenza del motore<br />

1.2 Resistenza (drag) all’avanzamento (rotolamento + aerodinamica)<br />

1.3 Velocità massima di uscita dalla curva che precede il rettilineo.


La velocità in curva è invece determinata da:<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 20<br />

2.1 Aderenza (il grip in gergo) della vettura, data dalla combinazione pneumatico + asfalto e dal<br />

carico verticale presente<br />

2.2 Carico aerodinamico<br />

2.3 Bilanciamento, o assetto, della vettura.<br />

Una rappresentazione a blocchi riassuntiva dei concetti esposti, risulta significativa nella<br />

comprensione dei principi che regolano le prestazioni di un auto da corsa e nei fattori decisivi per il<br />

loro miglioramento.<br />

Figura 2.1.1 Diagramma a blocchi dei fattori che definiscono le prestazioni di un’auto da corsa.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 21<br />

Dal diagramma riportato si intende chiaramente come tali fattori si possano influenzare tra loro<br />

(concetto di interdipendenza), e che spesso la macchina vincente è quella per cui si ha un ottimo<br />

compromesso, nell’ipotesi che tutti i piloti siano veloci, tra carico aerodinamico e resistenza<br />

all’avanzamento, tra bilanciamento della vettura e aderenza al suolo.<br />

Se viene fissata la potenza massima fornita dal motore, la velocità in rettilineo risulta sensibilmente<br />

influenzata dalla resistenza RA all’avanzamento, data dalla somma della resistenza al rotolamento<br />

dei pneumatici RR e della resistenza aerodinamica RW:<br />

R = R + R .<br />

Se si trascura la portanza aerodinamica si può scrivere<br />

in cui<br />

m = massa totale della vettura<br />

f0 = coefficiente di rotolamento a velocità nulla<br />

K = coefficiente della resistenza al rotolamento<br />

R<br />

A<br />

A<br />

R<br />

W<br />

2 1 2<br />

( f0<br />

+ Kv ) + ρv<br />

SC X<br />

= mg<br />

(2.1-1)<br />

2<br />

v = velocità di avanzamento (velocità dell’aria nulla)<br />

ρ = densità dell’aria<br />

S = superficie frontale della vettura<br />

Cx = coefficiente di resistenza aerodinamica.<br />

La resistenza di rotolamento è preponderante alle basse velocità, mentre la resistenza aerodinamica<br />

diviene importante a velocità elevate, come quelle raggiunte nei rettilinei di un circuito. La (2.1-1) è<br />

valida solamente fino alla velocità critica dei pneumatici, al di sopra della quale la resistenza al<br />

rotolamento cresce tanto bruscamente da poter divenire anche maggiore della resistenza<br />

aerodinamica. Nel progetto del pneumatico da competizione viene tenuto conto anche di questo.<br />

La massima velocità ottenibile in rettilineo è funzione anche della velocità di uscita dalla curva che<br />

lo precede, e qui entra in gioco in grande misura l’abilità e la sensibilità del pilota.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 22<br />

La velocità di percorrenza in curva è uno dei fattori più delicati da ottimizzare nel progetto e nella<br />

messa a punto di una vettura da competizione. Si è visto che essa è essenzialmente funzione, in<br />

ordine crescente per importanza, della massima aderenza che i pneumatici possono garantire,<br />

dell’assetto o bilanciamento della vettura, dell’abilità del pilota.<br />

Si pensi di trascurare il fattore umano, che è nella maggior parte dei casi il fattore di gran lunga più<br />

determinante.<br />

La forza laterale FY di aderenza che un pneumatico può offrire nel moto curvilineo, nell’ipotesi di<br />

angolo α di scorrimento costante e quindi di coefficiente di attrito µ costante, è esprimibile nella<br />

semplice forma<br />

Y<br />

Z<br />

( W F )<br />

F = µ F = µ + (2.1-2)<br />

in cui W è il peso della vettura che si scarica sul pneumatico e FA la componente verticale del carico<br />

aerodinamico. Si può comprendere allora, almeno qualitativamente, come un aumento del carico<br />

aerodinamico comporti questa volta un miglioramento delle prestazioni.<br />

L’ultimo aspetto che caratterizza il comportamento e le prestazioni della vettura in curva è il suo<br />

bilanciamento (o assetto o setup), che definisce la distribuzione e la ripartizione dei carichi.<br />

È importante sottolineare a questo punto l’importanza del ruolo del pneumatico, unico tramite tra la<br />

vettura e il terreno, nel diagramma a blocchi esposto: esso è presente praticamente in tutti i fattori<br />

che determinano le prestazioni su pista.<br />

Infatti è decisivo disporre di un’elevata potenza, e lo è altrettanto poterla scaricare senza perdita di<br />

trazione; una bassa resistenza al rotolamento del pneumatico favorisce le velocità di punta, mentre<br />

l’aderenza al suolo determina tutte le prestazioni nei tratti curvilinei. Essa è molto importante anche<br />

nella frenata del veicolo. Il processo di usura inoltre che subisce la mescola del battistrada durante<br />

la competizione è decisivo per il degradamento della performance su pista.<br />

Nella scelta del bilanciamento da adottare e nella messa a punto della vettura, assume un ruolo<br />

attivo anche la rigidezza verticale statica del pneumatico.<br />

A


2.1.2 Il bilanciamento della vettura<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 23<br />

Per comprendere il concetto di bilanciamento, o assetto, della vettura, viene introdotto il modello<br />

dinamico a due assi, di cui uno, in figura sia l’anteriore, sterzante (Figura 2.1.2 sotto).<br />

Figura 2.1.2. Modello cinematico a due assi (modello bicicletta).<br />

Con riferimento allo schema sopra riportato, le velocità Va e Vp del centro di ciascuna ruota<br />

(anteriore e posteriore) siano contenute nel piano medio delle ruote stesse; la velocità del baricentro<br />

G sia VG, diretta perpendicolarmente al raggio di curvatura R, considerato costante con centro in O.<br />

Il baricentro dista la quantità a dall’asse anteriore, e b da quello posteriore, e sia L = a + b il passo<br />

del veicolo. L’angolo δ compreso tra l’orientamento della ruota sterzante e la congiungente i due<br />

centri ruota è definito angolo di sterzo, mentre β è l’angolo tra la direzione della velocità<br />

baricentrica VG e la congiungente i due centri ruota.<br />

Gli angoli αa e αp sono i cosiddetti angoli di deriva (o scorrimento o slip angle) dei pneumatici, e<br />

sono compresi tra l’asse longitudinale del pneumatico e la sua direzione di moto.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 24<br />

Come verrà esposto più avanti, essi permettono il meccanismo di aderenza e la comparsa di una<br />

forza laterale in grado di tenere in strada la vettura in curva.<br />

Con semplici considerazioni geometriche si può scrivere<br />

e se αp e β sono piccoli:<br />

Inoltre, essendo valida la<br />

⎧β<br />

→ 0<br />

⎨ ⇒<br />

⎩α<br />

p → 0<br />

b − Rsen<br />

β<br />

= tgα<br />

p<br />

Rcos<br />

β<br />

b<br />

R<br />

− β ≈ α ⇒ β ≈<br />

a + Rsen<br />

β<br />

= tg<br />

Rcos<br />

β<br />

p<br />

( δ −α<br />

)<br />

nell’ipotesi che anche αa sia piccolo, si può scrivere che se<br />

a<br />

b<br />

R<br />

b<br />

β → 0 a β ≈ −α<br />

p<br />

R<br />

⇒ + β ≈ δ −α<br />

a ⎯ ⎯⎯<br />

α a → 0 R<br />

⎧<br />

⎨<br />

⎩<br />

(2.1-3)<br />

−α<br />

⎯ →<br />

p<br />

(2.1-5)<br />

a<br />

R<br />

a b<br />

⇒ δ ≈ + β ≈ −α<br />

p + α a<br />

R R<br />

L<br />

⇒ δ ≈ + ∆α<br />

R<br />

(2.1-6)<br />

(2.1-4)<br />

+ β ≈ δ −α<br />

in cui ∆ α = α a −α<br />

p è la differenza, maggiore, uguale o minore di zero, tra le derive anteriore e<br />

posteriore.<br />

Se si verifica la condizione<br />

α = α<br />

a<br />

L<br />

⇒ ∆α<br />

= 0 ⇒ δ = . (2.1-7)<br />

R<br />

L’angolo δ trovato viene detto in questo particolare caso angolo di sterzo teorico, o angolo di sterzo<br />

di Ackermann, e il moto del veicolo si definisce “sterzata cinematica” su una traiettoria curva,<br />

determinata dal puro rotolamento delle ruote.<br />

p<br />

a


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 25<br />

Calcolato l’angolo di sterzo in funzione del passo del veicolo L, del raggio di istantanea curvatura<br />

R, della differenza tra le due derive anteriore e posteriore, può essere definito il comportamento<br />

stradale della vettura in funzione dell’angolo di sterzo δ. Per un data geometria della macchina e un<br />

dato raggio di curvatura R, si possono avere tre distinte condizioni:<br />

∆∆∆∆αααα = ααααa - ααααp ANGOLO δδδδ VETTURA<br />

= 0 = L/R (teorico) NEUTRA<br />

> 0 > L/R SOTTOSTERZANTE<br />

< 0 < L/R SOVRASTERZANTE<br />

Il comportamento della vettura in curva è stato così definito e classificato in funzione dei parametri<br />

geometrici e teorici che descrivono la geometria e la direzione delle forze agenti nel moto<br />

curvilineo del veicolo. Nella realtà si possono avere delle discrepanze più o meno marcate dal<br />

modello comportamentale teorico, ed il carattere della vettura può essere in gran parte oggetto del<br />

giudizio e delle sensazioni personali del pilota. Per questo non esiste un’univocità di giudizio nel<br />

classificare una vettura sottosterzante o sovrasterzante.<br />

Tuttavia esistono criteri, nel bilanciare la vettura, generalmente adottati dalla maggior parte dei<br />

piloti, la cui tendenza è evitare un comportamento su strada estremo, che si tradurrebbe in una<br />

perdita nelle prestazioni. I problemi legati al bilanciamento della macchina sono:<br />

ECCESSIVO SOTTOSTERZO: La macchina fatica ad inserirsi in curva, il pilota è costretto ad<br />

aumentare l’angolo di sterzo più del dovuto. Si perde la traiettoria ideale, le gomme si sporcano e<br />

cala il grip disponibile, aumenta la tyre drag (resistenza all’avanzamento del pneumatico) a causa<br />

dell’aumento dello scorrimento (angolo α), in uscita dalla curva il pilota non può spalancare<br />

repentinamente il gas per non andare in testa-coda.<br />

ECCESSIVO SOVRASTERZO: La macchina, nell’inserimento in curva, ha una spiccata tendenza<br />

ad accentuare la sterzata più di quanto il pilota abbia impostato, perdendo il posteriore, soprattutto<br />

alla fine di una brusca staccata, e costringendo ad una repentina correzione.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 26<br />

Il sovrasterzo in uscita è un fenomeno presente invece anche per una macchina ben bilanciata nel<br />

centro curva: aprendo bruscamente l’acceleratore in uscita di curva, ai pneumatici in trazione, già al<br />

limite del grip laterale, viene richiesta una brusca tenuta longitudinale data dalla coppia motrice<br />

applicatagli: il punto di lavoro delle gomme esce dall’ellisse d’attrito (mostrato in Figura 2.1.3) e la<br />

macchina perde di aderenza.<br />

Figura 2.1.3. Semi-ellisse d’attrito per un<br />

pneumatico da competizione nella<br />

sterzata verso destra. In ascissa è<br />

riportata la forza laterale FY sviluppata,<br />

in ordinate quella longitudinale, positiva<br />

(trazione) o negativa (frenata).<br />

In genere la macchina preferita è NEUTRA con leggero sottosterzo, pur rimanendo il bilanciamento<br />

oggetto del giudizio e delle preferenze di ogni singolo pilota.<br />

Vengono ora analizzati i fattori che definiscono e modificano il bilanciamento della vettura su<br />

strada. Essi vengono riassunti in un diagramma a blocchi.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 27<br />

Figura 2.1.4. Diagramma a blocchi dei fattori che influenzano il bilanciamento della vettura.<br />

Il bilanciamento della vettura da competizione, che ne definisce il comportamento su strada, è<br />

influenzato fondamentalmente da quattro fattori; in ordine decrescente si può elencare:<br />

1. PILOTA.<br />

La situazione in cui si trova la macchina a centro curva dipende da ciò che è successo dal punto di<br />

massima velocità nel rettilineo precedente in poi, e cioè dalla guida e dalla traiettoria impostata dal<br />

pilota, che agisce su sterzo, acceleratore, freni. Una stessa traiettoria può essere infatti percorsa con<br />

differenti posizioni di questi comandi.<br />

2. DISTRIBUZIONE DEI PESI.<br />

Il rapporto<br />

W a = (Peso sull’anteriore)/(Peso sul posteriore)<br />

W<br />

p


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 28<br />

risulta decisivo in quanto influenza il comportamento dei pneumatici. Infatti gli angoli di deriva αa<br />

e αp dipendono dalle distanze a e b degli assali anteriore e posteriore dal baricentro.<br />

Se ad esempio si avverte un eccessivo sottosterzo, per diminuire la quantità ∆α si può diminuire la<br />

deriva anteriore e/o aumentare quella posteriore. E ciò è possibile diminuendo la distanza a<br />

dell’asse anteriore dal baricentro e/o aumentando quella b dell’asse posteriore, e cambiando quindi<br />

la distribuzione dei pesi e il rapporto<br />

W a . Di seguito viene riportato l’andamento teorico<br />

W<br />

p<br />

approssimato degli angoli di deriva dei pneumatici anteriore e posteriore, riferito al modello<br />

bicicletta di Figura 2.1.2, per un angolo δ di sterzo fissato, R costante par a 12 metri, L = a + b =<br />

2.678 metri e β fissato (si trascuri Cα), in funzione del rapporto b/L.<br />

Angolo di deriva aa [deg]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

alfa a<br />

alfa p<br />

d costante, b costante<br />

R = 12 m.<br />

0,2 0,3 0,4 0,5 0,6<br />

b/L<br />

Figura 2.1.5. Andamento di ααααa e ααααp in funzione del rapporto b/L.<br />

Per un angolo di sterzo δ fissato ed un dato raggio di curvatura, all’aumentare del rapporto b/L si ha<br />

l’aumento della deriva posteriore e la diminuzione di quella anteriore. Viene quindi incrementata la<br />

tenuta sul pneumatico anteriore, in grado di offrire una maggiore forza laterale, e diminuita quella<br />

sul posteriore, andando a correggere l’eccessivo sottosterzo. Per una migliore comprensione di


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 29<br />

questo concetto si rimanda al punto successivo, in cui si presentano nel dettaglio le caratteristiche di<br />

tenuta del pneumatico da competizione.<br />

3. CARICO VERTICALE SULL’ASSALE.<br />

La forza laterale che un pneumatico da competizione caricato con una forza verticale FZ è in grado<br />

di sviluppare, è funzione del suo angolo α di deriva, come mostrato in Figura 2.1.6.<br />

Figura 2.1.6. diagramma di FY in funzione dell’angolo di deriva a carico fissato.<br />

Per piccoli angoli di deriva si ha un comportamento lineare, e si può definire la cornering stiffness:<br />

C<br />

α<br />

dFL<br />

=<br />

dα<br />

che rappresenta la pendenza della retta tangente alla curva di FY nell’origine. Per angoli di<br />

scorrimento maggiori si ha una zona di transizione in cui si perde la linearità, che conduce fino al<br />

punto di massima aderenza. Per un’ulteriore aumento di α si giunge alla condizione per cui tutta la


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 30<br />

zona di contatto del battistrada striscia sul suolo, le prestazioni subiscono un calo repentino e si<br />

giunge velocemente alla mancanza di aderenza.<br />

Il valore della rigidezza Cα è determinato della costruzione del pneumatico (in particolare dal<br />

rapporto spalla/larghezza battistrada, molto basso per l’uso su pista), dalla pressione di gonfiaggio e<br />

dal carico verticale FZ.<br />

In Figura 2.1.7 (a) riportata sotto è evidenziato quest’ultimo aspetto, la dipendenza della cornering<br />

stiffness dal carico verticale applicato alla gomma.<br />

Figure 2.1.7. (a) Forza laterale in funzione dell’angolo di deriva per diversi carichi.<br />

(b) Forza laterale normalizzata rispetto al carico in funzione di αααα per diversi carichi.<br />

Si vede facilmente come Cα aumenti all’aumentare del carico verticale applicato, e come il picco<br />

nella curva di FY in funzione di α trasli verso angoli di deriva maggiori. In Figura 2.1.7 (b) viene<br />

invece riportato l’andamento del coefficiente d’attrito laterale che lega forza laterale e carico<br />

verticale:<br />

Lateral ⋅ force FY<br />

µ =<br />

= = Lateral Force Coefficient<br />

Load ⋅on<br />

⋅tyre<br />

F<br />

Z


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 31<br />

in funzione dell’angolo di deriva per tre differenti carichi verticali. Si assiste questa volta ad un<br />

abbassamento del coefficiente d’attrito all’aumentare del carico, e tale effetto, molto importante<br />

nelle competizioni, rappresenta la cosiddetta tyre load sensitivity.<br />

Ora, tornando all’effetto del carico verticale sull’assale sul bilanciamento della vettura, si può<br />

comprendere come, ragionando a FY necessaria fissata, la variazione del carico influisca sul valore<br />

degli angoli di scorrimento. In particolare, a parità di forza laterale sviluppata, una maggiore Cα,<br />

data da un maggiore carico sull’assale, permette al pneumatico un minore slip angle, mentre si ha<br />

l’esatto opposto nel caso vi sia una diminuzione di carico verticale.<br />

In questo modo viene modificato il bilanciamento della vettura, che è in stretta dipendenza con gli<br />

angoli di deriva dei pneumatici anteriori e posteriori.<br />

4. RIPARTIZIONE DEL MOMENTO DI ROLLIO.<br />

Figura 2.1.8. Semplice modello della vettura per il calcolo della ripartizione del momento di rollio.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 32<br />

La ripartizione del momento di rollio agente sulla vettura nel percorrere una traiettoria curvilinea è<br />

l’ultimo fattore che influenza e definisce il bilanciamento su pista.<br />

Si consideri a tale proposito il semplice modello di veicolo riportato in Figura 2.1.8, in cui viene<br />

schematizzata la geometria della vettura sottoposta ad un momento totale di rollio MT lungo l’asse<br />

longitudinale.<br />

Il momento di rollio si genera nella percorrenza della curva poiché il baricentro della macchina è<br />

posto ad una certa altezza d da terra, ed esso vale:<br />

M T = mC<br />

⋅ aY<br />

⋅ d<br />

in cui mC è la massa della vettura e aY l’accelerazione laterale baricentrica.<br />

Si consideri ora lo schema semplificativo sotto riportato in Figura 2.1.9.<br />

Figura 2.1.9. Schema semplificato della ripartizione dei momenti di rollio.<br />

Il momento totale di rollio MT si ripartisce sugli assi anteriore e posteriore nei contributi MF e MR,<br />

per cui si può scrivere:<br />

M = M + M (2.1-8).<br />

T<br />

F<br />

Gli angoli di rollio ϕ di ciascun assale possono inoltre essere espressi in funzione dei rispettivi<br />

momenti dalle relazioni:<br />

R


Definite le rigidezze di rollio<br />

kF<br />

kR<br />

kT<br />

asse anteriore<br />

asse posteriore<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 33<br />

ϕ =<br />

M<br />

F<br />

F k F<br />

ϕ =<br />

M<br />

.<br />

R<br />

R k R<br />

Figura 2.1.10. Ripartizione del momenti totale di rollio.<br />

rigidezza del telaio dall’asse anteriore all’asse posteriore,<br />

la relazione che lega le rotazioni sugli assi è<br />

b<br />

L<br />

1 M R 1 M F<br />

ϕ F = ϕ R + ∫ dx − ∫ dx (2.1-9).<br />

L k L k<br />

0<br />

T<br />

Assumendo ora che MF/R e kT siano delle costanti nel dominio di integrazione, la (2.1-9) diviene<br />

dove<br />

M b M L − b M<br />

= + − = ϕ +<br />

b<br />

R<br />

F<br />

R F<br />

ϕ F ϕ R<br />

R<br />

(2.1-10)<br />

kT<br />

L kT<br />

L kTR<br />

kTF<br />

k<br />

L<br />

L − b<br />

T<br />

L<br />

b<br />

M<br />

−<br />

TF = kT<br />

k TR = kT<br />

sono le rigidezze torsionali della vettura all’avantreno e sul posteriore.<br />

Ricordando che vale ϕ = M/k, la relazione che intercorre tra gli angoli di rollio anteriore e<br />

posteriore e la rigidezza torsionale globale, (2.1-10), fornisce:


ovvero<br />

in cui<br />

M<br />

1<br />

*<br />

F<br />

k<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 34<br />

F<br />

⎛ 1 1<br />

⎜ +<br />

⎝ k F k<br />

F<br />

*<br />

F<br />

TF<br />

⎞ ⎛ 1 1 ⎞<br />

⎟ = M R ⎜ + ⎟<br />

⎠ ⎝ k R kTR<br />

⎠<br />

M M<br />

= (2.1-11)<br />

k k<br />

1 1<br />

= +<br />

k k<br />

rappresentano delle rigidezze equivalenti.<br />

F<br />

TF<br />

R<br />

*<br />

R<br />

1<br />

*<br />

R<br />

k<br />

1<br />

=<br />

k<br />

R<br />

1<br />

+<br />

k<br />

Sostituendo la (2.1-11) nell’equazione (2.1-8) dell’equilibrio dei momenti si trova in definitiva:<br />

k<br />

*<br />

*<br />

M F<br />

F<br />

= M<br />

* * T<br />

k F + k R<br />

M R<br />

R<br />

M<br />

* * T<br />

k F + k R<br />

TR<br />

k<br />

= .<br />

Volendo ora considerare anche il contributo dei pneumatici alla rigidezza torsionale, le espressioni<br />

di<br />

*<br />

k F e<br />

*<br />

k R divengono:<br />

1<br />

1<br />

=<br />

k<br />

1<br />

+<br />

k<br />

+<br />

k<br />

1<br />

*<br />

k F F TF F , TIRE<br />

1<br />

1 1 1<br />

= + + ,<br />

k k k<br />

*<br />

k R R TR R,<br />

TIRE<br />

espressioni in cui compaiono le rigidezze torsionali statiche dei pneumatici anteriori e posteriori,<br />

k F , TIRE e k R,<br />

TIRE<br />

. È molto importante evidenziare il fatto che tra tutte le rigidezze presenti nelle<br />

espressioni sopra riportate, quella del pneumatico è nettamente la minore.<br />

Ciò significa che, nella serie delle rigidezze, la più cedevole è quella della gomma, ed è quindi<br />

quella che maggiormente influenza il valore della rigidezza torsionale equivalente. Anche piccole<br />

variazioni nella rigidezza verticale statica del pneumatico, causate da sbalzi di temperatura o<br />

variazioni nella pressione di gonfiaggio o nell’angolo di camber, vengono in definitiva avvertite<br />

dalla rigidezza globale, e, più globalmente, dal bilanciamento della vettura.<br />

La ripartizione del momento totale di rollio tra anteriore e posteriore può infatti influire il<br />

bilanciamento globale; per comprenderlo si definisca, con riferimento questa volta al modello<br />

cinematico di veicolo a quattro ruote, un angolo di deriva dell’assale, dato in prima


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 35<br />

approssimazione dalla media delle derive della ruota interna alla curva (αint) e di quella esterna<br />

(αext), le quali sono necessariamente diverse in quanto esse vengono sollecitate da carichi diversi:<br />

α<br />

ASSALE<br />

αint<br />

+ α ext = (2.1-12).<br />

2<br />

Figura 2.1.11. Influenza del momento di rollio sulla deriva dell’assale.<br />

Facendo riferimento alla Figura 2.1.11 sopra riportata, si supponga che l’assale (anteriore o<br />

posteriore), sia sollecitato da un certo momento di rollio MR1. Sia F * Y la forza laterale richiesta ai<br />

pneumatici per tenere in strada il veicolo; la ruota interna alla curva, meno caricata, risponde con la<br />

caratteristica di figura e il pneumatico ha deriva αint, quella esterna, con maggior carico, ha deriva<br />

αext. La caratteristica dell’assale, data in qualche modo dalla somma delle caratteristiche delle due<br />

ruote che lo costituiscono, interseca quindi la F * Y nel punto di lavoro, che individua una certa deriva<br />

αASSALE.<br />

Si supponga ora che avvenga una diversa ripartizione del momento di rollio totale tra i due assali, in<br />

modo che sull’assale in esame si ritrovi un momento di rollio MR2 < MR1.


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 36<br />

È dimostrabile che l’angolo di deriva dell’assale diminuisce, ovvero che la curva caratteristica (FY,<br />

α) aumenta la sua pendenza (curva in rosso di Figura 2.1.11)). Traslando il punto di lavoro, cambia<br />

quindi la quantità nella (2.1-12), la differenza tra le derive dei due assali, e in definitiva il<br />

bilanciamento della vettura.<br />

Se ad esempio il pilota avverte eccessivo sottosterzo, se la temperatura delle gomme è quella di<br />

esercizio, sarà necessario ripartire il momento di rollio in modo da alleggerire l’avantreno<br />

abbassando MF; ed è possibile ottenere tale effetto montando barre antirollio più morbide<br />

sull’anteriore, abbassando la pressione delle gomme anteriori in modo da abbassarne la rigidezza, o<br />

effettuando le regolazioni opposte al retrotreno.<br />

Si è dimostrato quindi con una serie di passaggi come la rigidezza verticale statica del pneumatico<br />

influenzi il comportamento su pista della vettura attraverso il suo bilanciamento.<br />

La rigidezza del pneumatico è un parametro che riveste grande importanza anche nella fase di<br />

progetto della vettura.<br />

Viene ora riportato un esempio pratico del calcolo della ripartizione tra anteriore e posteriore del<br />

momento totale di rollio. In particolare si mette in evidenza il parametro rigidezza verticale dei<br />

pneumatici e la sua notevole influenza sulla rigidezza torsionale dell’assale.<br />

I dati indicati sono molto vicini a quelli relativi ad una vettura Dallara FORMULA 3:<br />

Esempio<br />

Rigidezza torsionale asse anteriore (da misura sperimentale)<br />

kF = rigidezza barra antirollio + rigidezza molle ammortizzatori + rigidezza bracci sospensioni +<br />

cedimenti attacchi = 12750 [N/deg]<br />

Rigidezza torsionale asse posteriore (da misura sperimentale)<br />

kR = 7060 [N/deg]<br />

Rigidezza torsionale telaio F3 (da misura sperimentale)<br />

kT = 31300 [N/deg]


Ripartizione pesi<br />

b/L = 0.42 (42 % sull’anteriore, 58% sul posteriore)<br />

Ripartizione rigidezza torsionale telaio<br />

kTF = 31300/(1-0.42) = 53965 [N/deg]<br />

kTR = 31300/0.42 = 74523 [N/deg]<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 37<br />

Per il calcolo della rigidezza torsionale dei pneumatici anteriori e posteriori si può procedere<br />

considerando lo schema dell’assale sollecitato dal momento di rollio M riportato sotto:<br />

Figura 2.1.12. Schema di assale per il calcolo del contributo alla rigidezza torsionale dei pneumatici.<br />

Sia ∆z lo spostamento dei due mozzi delle ruote (si considera infinita la rigidezza dell’assale), e ψ<br />

la rotazione di rollio dell’assale; schematizzando il pneumatico come una molla, la forza che è in<br />

grado di opporre vale<br />

FTYRE = kV<br />

, TYRE ⋅ ∆z<br />

in cui kV,TYRE è la rigidezza verticale statica del pneumatico, ed il corrispondente momento di rollio<br />

di reazione vale<br />

Per piccoli angoli ψ si può scrivere<br />

in cui t è la carreggiata dell’assale.<br />

t t<br />

M = FDX<br />

⋅ + FSX<br />

= F ⋅t.<br />

2 2<br />

∆z<br />

≅<br />

t<br />

2<br />

ψ<br />

La rigidezza torsionale equivalente cercata vale quindi


M k<br />

= =<br />

ψ<br />

Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 38<br />

⋅∆z<br />

⋅t<br />

2∆z<br />

t<br />

1<br />

2<br />

V , TYRE<br />

kT , TYRE<br />

= kV<br />

, TYRE<br />

⋅t<br />

2<br />

(2.1-13).<br />

Tornando al calcolo della ripartizione del momento di rollio dell’esempio, assumendo<br />

t = 1500 [mm] kV,TYRE ant = 17 [kg/mm] = 166770 [N/m]<br />

si ottengono le rigidezze torsionali dei pneumatici:<br />

Le rigidezze torsionali equivalenti valgono quindi<br />

kV,TYRE post = 18 [kg/mm] = 176580 [N/m]<br />

kT,TYRE ant = 3273 [N/deg]<br />

kT,TYRE post = 3465 [N/deg].<br />

* ⎛ 1 1 1 ⎞<br />

kF = ⎜ + + ⎟ = 2484 [N/deg]<br />

⎝12750<br />

53965 3273 ⎠<br />

* ⎛ 1 1 1 ⎞<br />

kR = ⎜ + + ⎟ = 2254 [N/deg]<br />

⎝ 7060 74523 3465 ⎠<br />

e la ripartizione del momento di rollio cercata vale<br />

M<br />

M<br />

F<br />

T<br />

*<br />

k F = *<br />

k + k<br />

F<br />

*<br />

R<br />

−1<br />

−1<br />

2484<br />

=<br />

= 52.4 %<br />

2484 + 2254<br />

M R M F = 1− = 47.6 %.<br />

M M<br />

T<br />

Tale ripartizione del momento tra anteriore (52.4 %) e posteriore (47.6 %) implica determinati<br />

angoli di deriva e quindi un determinato bilanciamento della vettura in curva.<br />

Supponiamo ora che il pilota lamenti un eccessivo sovrasterzo; ciò significa che va ridotta la deriva<br />

dell’assale posteriore e/o aumentata quella dell’anteriore. L’ingegnere di pista decide allora di<br />

intervenire sui pneumatici anteriori innalzando la loro pressione di gonfiaggio in modo da portare il<br />

valore di rigidezza verticale statica da 17 a 17.6 [kg/mm].<br />

Il contributo alla rigidezza torsionale dell’assale anteriore da parte dei pneumatici passa allora da<br />

3273 a 3390 [N/deg], e la nuova rigidezza torsionale varrà:<br />

T


Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 39<br />

* ⎛ 1 1 1 ⎞<br />

kF = ⎜ + + ⎟ = 2552 [N/deg].<br />

⎝12750<br />

53965 3390 ⎠<br />

La ripartizione del momento di rollio assumerà i nuovi valori<br />

M<br />

M<br />

F<br />

T<br />

*<br />

k F = *<br />

k + k<br />

F<br />

*<br />

R<br />

−1<br />

2552<br />

=<br />

= 53.1 %<br />

2552 + 2254<br />

M R M F = 1− = 46.9 %.<br />

M M<br />

T<br />

Una lieve variazione della rigidezza dei pneumatici anteriori ha decisamente modificato la<br />

ripartizione tra i due assali, alleggerendo il posteriore e caricando l’anteriore.<br />

L’assale posteriore risponderà con un valore di αASSALE minore, andando ad incrementare il valore di<br />

∆α. La regolazione effettuata si è dimostrata efficace.<br />

Di seguito viene riportato l’andamento della ripartizione del momento di rollio inerente all’esempio<br />

considerato, in cui si agisce sulla pressione di gonfiaggio dei pneumatici anteriori per modificare il<br />

bilanciamento del veicolo. Si può vedere come irrigidendo i pneumatici in seguito a gonfiaggio a<br />

pressione maggiore, si ripartisca significativamente il momento di rollio sull’assale anteriore.<br />

% Momento sull'assale<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

Ripartizione Momento di Rollio<br />

Mf/Mt<br />

Mr/Mt<br />

30<br />

0,5 0,7 0,9 1,1 1,3 1,5 1,7 1,9<br />

Figura 2.1.13. Andamento della ripartizione del momenti di rollio per l’esempio considerato.<br />

T<br />

Pressione pneumatico anteriore [bar]


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 40<br />

2.2 Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico<br />

2.2.1 Introduzione: il problema acustico-vibrazionale<br />

Il comfort acustico e vibrazionale rappresenta in genere uno degli aspetti principali della qualità di<br />

un veicolo, in quanto riguarda la capacità di isolare i passeggeri dalle vibrazioni e dal rumore che si<br />

generano durante la marcia su strada. Migliorare il comfort vibrazionale significa quindi ridurre le<br />

vibrazioni e il rumore trasmessi ai passeggeri e da essi percepiti.<br />

Lo studio del comfort acustico e vibrazionale si occupa di analizzare le forzanti che causano le<br />

vibrazioni, la dinamica vibrazionale del veicolo, la sua risposta a tali sollecitazioni, e la risposta<br />

dell’uomo alle vibrazioni, secondo quanto riportato dal diagramma sotto.<br />

Figura 2.2.1. Diagramma dello studio alle vibrazioni del veicolo.<br />

I disturbi acustico-vibrazionali del veicolo vengono solitamente suddivisi in quattro categorie.<br />

• Ride: vibrazioni di bassa frequenza (fino a 5 Hz) del corpo vettura come corpo rigido<br />

• Shake (scuotimento): vibrazioni di media frequenza (5÷25 Hz) del corpo vettura come corpo<br />

flessibile<br />

• Harshness (ruvidezza): vibrazioni di più alta frequenza (25÷100 Hz) della struttura e/o dei<br />

componenti, percepite come sensazioni tattili e/o acustiche


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 41<br />

• Noise (rumore): tutti i fenomeni vibro-acustici del veicolo al di sopra dei 100 Hz, percepiti<br />

quasi esclusivamente dall’udito.<br />

Figura 2.2.2. Disturbi acustico-vibrazionali della vettura.<br />

Nell’ambito delle competizioni l’aspetto comfort vibrazionale o acustico viene perlopiù trascurato;<br />

l’attenzione è focalizzata sulla risposta dinamica del veicolo non tanto per valutare quali<br />

sollecitazioni il pilota deve subire, quanto per analizzare la tenuta di strada della vettura e le forze<br />

che si scambia con il terreno attraverso i pneumatici. Questo principalmente è il ruolo del<br />

pneumatico, il quale funzionalmente deve garantire una bassa trasmissibilità al telaio delle<br />

sollecitazioni esterne per evitare oscillazioni eccessive, e mantenere costante l’assetto.<br />

Ciò ha una duplice importanza: da una parte tende a non variare la configurazione aerodinamica<br />

studiata in galleria del vento, dall’altra ha il compito di mantenere il più costante possibile il valore<br />

della forza di contatto a terra, di grande rilevanza nella conduzione del veicolo.<br />

2.2.2 Le forzanti<br />

Le forzanti che agiscono sulla vettura rappresentano la causa di vibrazioni e rumori; tutte le<br />

tipologie di forzanti, riassunte nello schema di Figura 2.2.1, vedono il coinvolgimento diretto o<br />

indiretto del pneumatico in quanto unico elemento interposto tra il veicolo e la strada.<br />

FORZANTI DOVUTE ALLA STRADA<br />

Sono le forze scambiate con il terreno attraverso i pneumatici, dovute alle irregolarità della<br />

superficie stradale, le quali in genere sono di tipo random. È possibile tuttavia operare una<br />

classificazione delle irregolarità stradali:


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 42<br />

• Lunghe ondulazioni: variazioni altimetriche del profilo stradale aventi lunghezza d’onda non<br />

inferiore al passo del veicolo. Il profilo varia in modo progressivo e in genere simmetrico<br />

(uguale profilo tra lato destro e lato sinistro).<br />

• Asperità: variazioni altimetriche isolate del profilo stradale aventi dimensioni longitudinali<br />

confrontabili con il raggio delle ruote. Il profilo varia in modo brusco e spesso non simmetrico.<br />

Sono dovute a giunzioni, riporti o danneggiamenti del manto stradale. L’asperità tipica della<br />

vettura da competizione in pista è il cordolo, il cui profilo dipende dalla traiettoria impostata dal<br />

pilota. Si raggiungono altezze dell’ordine di 60 mm, e vengono generate bruscamente forze<br />

verticali, longitudinali e trasversali.<br />

• Sconnesso: variazioni continue del profilo stradale aventi dimensioni inferiori alla lunghezza<br />

dell’orma di contatto pneumatico-terreno. Il profilo varia in modo brusco e casuale, anche se si<br />

possono presentare delle regolarità. Sono dovute a danneggiamenti superficiali del manto di<br />

asfalto o alla presenza di superfici non asfaltate.<br />

Gli spettri dei vari profili stradali variano, ma presentano in media un andamento simile. Per<br />

questo motivo sono stati introdotti modelli matematici che descrivono l’andamento medio dello<br />

spettro stradale utilizzando un numero ristretto di<br />

parametri. Ad esempio la PSD (contenuto<br />

energetico) del profilo stradale può essere descritto<br />

con buona approssimazione (vedi Figura 2.2.3 a<br />

lato) dalla funzione<br />

G<br />

( )<br />

υ 0<br />

= C υ<br />

−n<br />

con ν = wavenumber [cicli/m] oppure<br />

G<br />

( υ)<br />

⎛υ<br />

0 ⎞<br />

1+<br />

⎜ ⎟<br />

υ<br />

= G<br />

⎝ ⎠<br />

0<br />

( ) n<br />

2πυ<br />

con n e C0 costanti opportune.<br />

n


FORZANTI DOVUTE AL ROTOLAMENTO<br />

Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 43<br />

Sono forze e momenti generati dalla presenza di non uniformità del gruppo ruota (pneumatico +<br />

cerchio-ruota + mozzo + freno) variabili periodicamente nel tempo (armoniche multiplo del giro<br />

ruota).<br />

Le non uniformità sono dovute principalmente a squilibri di massa, irregolarità geometriche anche<br />

lievi e irregolarità nella distribuzione di rigidezza.<br />

Figura 2.2.4. Modi di vibrare del pneumatico causa la presenza di irregolarità.<br />

Un’irregolarità geometrica causa di un’imperfetta cilindricità del pneumatico e del cerchione, può<br />

provocare ad esempio la vibrazione nel piano longitudinale del pneumatico, come mostrato in<br />

Figura 2.2.4.<br />

Figura 2.2.5. Variazione della forza radiale nel pneumatico causa la presenza di irregolarità.


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 44<br />

L’effetto di tale eccentricità è sostanzialmente l’ins<strong>org</strong>ere di forze verticali (Figura 2.2.5) la cui<br />

ampiezza dipende dalla rigidezza dinamica del pneumatico, longitudinali e trasversali. Per tutte la<br />

frequenza è quella corrispondente alla rotazione della ruota più le varie armoniche.<br />

Il pneumatico in sé è inoltre un elemento strutturale dotato di dinamiche proprie evidenti già a<br />

media frequenza (a partire da 40÷50 Hz in direzione laterale e longitudinale). In Figura 2.2.6 viene<br />

riportata, a titolo di esempio, un possibile andamento in frequenza della rigidezza verticale del<br />

pneumatico, con un picco marcato alla frequenza di risonanza della struttura in senso verticale e le<br />

tipiche oscillazioni di minore entità dovute alle varie armoniche.<br />

Figura 2.2.6. Esempio di rigidezza verticale dinamica del pneumatico.<br />

FORZANTI DOVUTE AL PROPULSORE<br />

Le forzanti dovute al propulsore sono rappresentate da coppie e forze generate per effetto della<br />

combustione nei cilindri e del moto alternativo del manovellismo.<br />

La frequenza delle varie armoniche della velocità di rotazione del motore si ottiene tramite la<br />

semplice relazione<br />

RPM<br />

f n = n<br />

60<br />

in cui n è l’armonica di interesse e RPM i giri dell’albero motore al minuto.


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 45<br />

Il campo di frequenza delle armoniche del II ordine, le più importanti nei motori 4 cilindri 4 tempi,<br />

è compreso tra 25÷30 Hz con motore al minimo e 200÷250 Hz al regime di massima rotazione.<br />

FORZANTI DOVUTE ALL’AERODINAMICA<br />

È noto che il distacco di vortici dalle superfici lambite dall’aria può provocare forti vibrazioni nelle<br />

strutture, soprattutto nelle appendici aerodinamiche. Inoltre le oscillazioni delle superfici dovute ad<br />

altri tipi di input possono combinarsi con il vento incidente dando origine ad oscillazioni<br />

autoeccitate (flutter).<br />

Su vetture da competizione sono stati messi in evidenza fenomeni vibratori caratterizzati da<br />

oscillazioni scarsamente smorzate probabilmente legate all’interazione dei moti di cassa con il<br />

vento incidente, come mostrato nella figura di seguito.<br />

Figura 2.2.7. Oscillazioni del carico aerodinamico posteriore per una vettura da competizione.<br />

2.2.3 Risposta dinamica del veicolo<br />

Le varie forze dinamiche a cui è soggetta la vettura durante la marcia su strada produrrebbero<br />

accelerazioni e sollecitazioni insopportabili per i passeggeri e la struttura se agissero direttamente<br />

sulla cassa del veicolo senza alcun tipo di attenuazione. A questo scopo sono previste le<br />

sospensioni, cioè dei sistemi elastici e smorzanti che isolano il telaio dalle principali fonti di<br />

eccitazione.


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 46<br />

Le sospensioni, tramite i bracci che collegano le ruote alla cassa, devono<br />

• sopportare i carichi sviluppati nel contatto ruota-terreno<br />

• assicurare precisi movimenti relativi ruota-telaio per sfruttare in modo ottimale l’aderenza<br />

ruota-terreno e per evitare un’usura prematura dei pneumatici.<br />

Per l’isolamento delle vibrazioni le vetture da competizione sono dotate di elementi elastici (molle,<br />

barre di torsione, pneumatici) che fungono da isolanti veri e propri, e di elementi smorzanti<br />

(ammortizzatori) che hanno lo scopo di limitare le escursioni dinamiche che si creano per la<br />

presenza delle elasticità.<br />

Mentre il comportamento delle molle e delle barre antirollio è perfettamente lineare nella curva<br />

forza-deformazione, gli ammortizzatori, di cui viene riportato uno schema costruttivo in Figura<br />

2.2.8, sono caratterizzati da una specifica curva di risposta forza-velocità di applicazione del carico.<br />

Figura 2.2.8. Ammortizzatore mono e bi-tubo.<br />

In figura viene riportata la costruzione degli<br />

ammortizzatori mono e doppio-tubo, che<br />

differiscono per il numero di camere e di<br />

valvole a disposizione dell’olio; nel doppio-<br />

tubo si ha una camera per i grandi movimenti<br />

(interna) ed una per i piccoli movimenti<br />

(esterna), e si riesce ad ottenere una<br />

maggiore precisione nella risposta.<br />

Ogni tipo di ammortizzatore viene scelto in<br />

base alla sua caratteristica; in Figura 2.2.9 si<br />

riporta una curva forza-velocità BR per un<br />

ammortizzatore KONI del tipo B1R1 impiegato nella vettura Dallara da FORMULA 3.<br />

Tale curva è stata ottenuta sperimentalmente su apposito banco di prova per ammortizzatori. Nella<br />

caratterizzazione degli ammortizzatori vengono solitamente riportate due curve sullo stesso


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 47<br />

diagramma, una relativa alla risposta di schiacciamento (bound), l’altra a quella di stiramento<br />

(rebound); i segni della forza che l’ammortizzatore oppone sono necessariamente opposti.<br />

Forza [N]<br />

Figura 2.2.9. Caratteristica di un ammortizzatore KONI per FORMULA 3.<br />

Volendo esprimere con c il coefficiente di smorzamento dell’ammortizzatore, sarà<br />

FB,<br />

R<br />

c = [Ns/m]<br />

v<br />

in cui FB,R è la forza di bound o rebound e v la sua velocità di applicazione.<br />

Poiché i dati ottenuti dalle prove sperimentali sono interpolabili molto bene con una curva di<br />

secondo grado nella forma<br />

2<br />

FB , R = c1B,<br />

Rv<br />

+ c2B<br />

, Rv<br />

+ K<br />

il coefficiente di smorzamento c si può considerare come somma di due termini di smorzamento,<br />

c1B,R proporzionale al quadrato della velocità, c2B,R lineare con la velocità.<br />

La sospensione filtra le vibrazioni assorbendo arte dell’energia immessa dalla s<strong>org</strong>ente sotto forma<br />

di energia elastica, energia cinetica delle masse non sospese (ruote + parte delle sospensioni stesse)<br />

ed energia termica.<br />

1000<br />

750<br />

500<br />

250<br />

0<br />

-250<br />

-500<br />

-750<br />

-1000<br />

BOUND<br />

F = -0,0009v 2 + 2,8973v<br />

0 50 100 150 200 250 300 350<br />

REBOUND<br />

F = 0,0013v 2 - 3,0656v<br />

Velocità [mm/s]


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 48<br />

Tale effetto si verifica su vibrazioni di a frequenza superiore alla prima frequenza propria di corpo<br />

rigido della massa sospesa (corpo della vettura). In termini molto semplificati e qualitativi si può<br />

affermare che la risposta del veicolo (output) prodotta da una data eccitazione (input) sia espressa<br />

dalla relazione:<br />

Eccitazione x Trasmissibilità della sospensione = Risposta.<br />

Figura 2.2.10. Spettro di profilo stradale (input), trasmissibilità del veicolo, risposta (output).<br />

Nel caso illustrato, relativo ad una eccitazione di tipo random, lo spettro della risposta è<br />

qualitativamente simile alla trasmissibilità del veicolo.<br />

Per comprendere meglio l’azione di isolamento dalle vibrazioni è possibile fare riferimento a<br />

modelli interpretativi molto semplificati della dinamica verticale del veicolo.<br />

L’espressione della trasmissibilità per il sistema ad un grado di libertà di Figura 2.2.11 vale<br />

in cui<br />

x = movimento della base<br />

Y<br />

X<br />

0<br />

0<br />

=<br />

⎛ ω ⎞<br />

1+<br />

⎜<br />

⎜2ζ<br />

⎟<br />

⎝ ω n ⎠<br />

2 ⎡ ⎛ ω ⎞ ⎤<br />

⎢1−<br />

⎜<br />

⎟ ⎥<br />

⎢⎣<br />

⎝ω<br />

n ⎠ ⎥⎦<br />

2<br />

2<br />

⎛ ω ⎞<br />

+ ⎜ 2ζ<br />

⎟<br />

⎝ ω n ⎠<br />

2<br />

(2.2-1)


y = movimento della massa sospesa<br />

m = massa sospesa<br />

K = rigidezza della molla<br />

c = smorzamento della sospensione<br />

ω = 2πf = pulsazione del sistema<br />

K<br />

ω n = = pulsazione naturale o di risonanza<br />

m<br />

Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 49<br />

c<br />

ζ = = coefficiente di smorzamento. Figura 2.2.11. Modello di sospensione a 1 g.l.<br />

2 Km<br />

Un grafico della trasmissibilità in funzione della frequenza al variare del parametro adimensionale ζ<br />

viene riportato di seguito; è importante sottolineare il fatto che valori più alti del coefficiente di<br />

smorzamento riducono l’ampiezza del picco alla frequenza di risonanza, ma garantiscono meno<br />

attenuazione alle alte frequenze.<br />

Figura 2.2.12. Trasmissibilità per il modello a 1 g.l. a diversi ζζζζ.<br />

Progettare l’isolamento dalle vibrazioni significa quindi posizionare correttamente le frequenze<br />

proprie, specialmente la prima, ed assicurare uno smorzamento sufficiente ad impedire livelli


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 50<br />

eccessivi di vibrazione in condizione di risonanza (condizione in cui l’eccitazione ha frequenza<br />

uguale a quella propria della massa sospesa).<br />

Considerazioni analoghe si possono fare per la funzione di trasferimento carico a terra/input di<br />

spostamento. Si nota in questo caso che lo smorzamento controlla l’ampiezza di forza in condizioni<br />

di risonanza ma aumenta notevolmente i livelli di forza in alta frequenza.<br />

L’evoluzione del modello a 1 grado di libertà di Figura 2.2.11 per lo studio della dinamica verticale<br />

del veicolo, è rappresentata dal modello De Carbon a due gradi di libertà detto modello del quarto<br />

di macchina.<br />

Il modello schematizza una massa sospesa<br />

M connessa tramite la sospensione di<br />

rigidezza KS e smorzamento cS alla massa<br />

non sospesa m dell’asse. In prima<br />

approssimazione il pneumatico viene<br />

rappresentato solo dalla sua rigidezza<br />

dinamica Kt.<br />

Figura 2.2.13. Modello De Carbon. La rigidezza equivalente delle due rigidezze<br />

in serie è il cosiddetto parametro “ride rate”, determinato dalla relazione<br />

R<br />

K<br />

K<br />

S t<br />

R = .<br />

K S + Kt<br />

In assenza di smorzamento cS la frequenza naturale di risonanza di ciascun quarto di macchina è<br />

facilmente determinabile dall’espressione<br />

ω n =<br />

mentre considerando lo smorzamento della sospensione la frequenza naturale smorzata (damped) è,<br />

in analogia al modello ad 1 grado di libertà,<br />

RR M<br />

2<br />

ω d = ω n 1− ζ .


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 51<br />

Le grandezze che generalmente interessano sono lo spostamento della massa sospesa rispetto<br />

all’input stradale, e la forza scambiata con la sospensione e tra il terreno e il pneumatico.<br />

Alcune curve qualitative di risposta in frequenza del modello a due gradi di libertà vengono<br />

proposte in Figura 2.2.14.<br />

Figura 2.2.14. Trasmissibilità alla massa sospesa per il modello a 2 g.l. per diversi ζζζζ.<br />

È evidente come lo smorzamento della sospensione vada ad attenuare notevolmente il picco di<br />

risonanza della massa sospesa, mentre rimane quasi invariata l’ampiezza della risonanza delle ruote,<br />

e il guadagno del sistema addirittura aumenta nelle frequenze comprese tra le due risonanze.<br />

Scrivendo e manipolando le equazioni differenziali del moto per tale sistema, si possono esaminare<br />

le vibrazioni prodotte sulla massa sospesa a causa delle forzanti della strada, del rotolamento o di<br />

forze esterne, come quelle di natura aerodinamica. La risposta del sistema ad ogni tipo di forzante<br />

sarà funzione della frequenza (vedi Figura 2.2.15 pagina seguente).<br />

Per le forzanti date dal profilo stradale il guadagno è il rapporto tra i parametri del moto della massa<br />

sospesa (accelerazione, velocità o spostamento) e l’equivalente (Zr) del manto stradale; in figura è<br />

rappresentato l’andamento del rapporto<br />

dell’eccitazione.<br />

Ż<br />

̇<br />

tra le accelerazioni al variare della frequenza<br />

Ż<br />

̇<br />

r


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 52<br />

Figura 2.2.15. Risposta del modello a forzanti stradali, di rotolamento ed esterne.<br />

Alle bassissime frequenze il guadagno è unitario, cioè la massa sospesa si muove seguendo il<br />

profilo stradale. Alla frequenza di 1 Hz si ha la risonanza, dove l’input stradale viene amplificato, di<br />

un fattore che risente molto del coefficiente di smorzamento della sospensione. Dopo la risonanza le<br />

sconnessioni e le vibrazioni stradali vengono sempre più attenuate, e un lievissimo picco si<br />

riconosce a 10÷12 Hz a causa della risonanza della massa non sospesa.<br />

La risposta del sistema a forzanti derivate dal rotolamento del pneumatico vede come input la forza<br />

d’eccitazione della ruota FW, come output l’accelerazione della massa sospesa moltiplicata per la<br />

massa stessa per avere il rapporto adimensionale<br />

Ż ̇ ⋅ M<br />

. Tale rapporto vale zero per la frequenza<br />

F<br />

nulla, cresce e mostra un picco alla frequenza di risonanza e raggiunge il massimo alla frequenza di<br />

risonanza della ruota, attorno ai 10 Hz. A questa frequenza il guadagno è unitario: la forza prodotta<br />

dalla non uniformità della ruota viene interamente trasmessa alla cassa del veicolo.<br />

La risposta della massa sospesa a forzanti esterne FB può essere espressa ancora con il rapporto<br />

Ż ̇ ⋅ M<br />

adimensionale ; la risposta in questo caso è simile, ma mostra una maggiore influenza della<br />

F<br />

B<br />

risonanza della massa sospesa. Alle alte frequenze il guadagno approssima l’unità in quanto gli<br />

spostamenti diventano così piccoli che la forza trasmessa dalla sospensione non cambia e la forza<br />

W


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 53<br />

viene dissipata come accelerazione della massa M. Di conseguenza, almeno virtualmente, tutte le<br />

forze esterne agenti sul corpo del veicolo contribuiscono allo smorzamento delle vibrazioni.<br />

2.2.4 Ruolo della massa non sospesa e del pneumatico nella vettura da competizione<br />

Dopo il corpo del veicolo, la massa degli assali, di parte delle sospensioni e delle ruote costituisce la<br />

seconda grande massa in grado di generare risonanza come corpo rigido. Ogni ruota possiede una<br />

frequenza di risonanza che può venire eccitata dalle forzanti del suolo stradale o dalle vibrazioni<br />

presenti sul veicolo, e in corrispondenza di tale frequenza le accelerazioni e le forze trasmesse al<br />

veicolo vengono amplificate, o, più precisamente, non vengono filtrate.<br />

La frequenza di risonanza della massa non sospesa è maggiore di quella del corpo del veicolo, ed<br />

una sua valutazione di massima può essere effettuata mediante la relazione:<br />

Kt + K S<br />

ω a = .<br />

m<br />

Il modello De Carbon di quarto di macchina può essere impiegato per indagare qualitativamente<br />

l’influenza della massa non sospesa sulla trasmissibilità al corpo del veicolo delle asperità stradali;<br />

in Figura 2.2.16 vengono diagrammati diversi andamenti del rapporto Z/Zr al variare del valore<br />

della massa non sospesa: quello nominale (Typical, circa il 10 % del totale), due volte il nominale<br />

(Heavy) e metà del valore indicativo (Light).<br />

Figura 2.2.16. Effetto della massa non sospesa sull’isolamento delle vibrazioni.


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 54<br />

L’incidenza della massa non sospesa sulla risonanza principale del corpo della vettura è pressoché<br />

nulla, mentre essa sposta la seconda risonanza verso frequenze minori o maggiori a seconda del<br />

maggiore o minore peso rispettivamente.<br />

In particolare un aumento della massa non sospesa amplifica la risposta del sistema, andando a<br />

peggiorare le qualità di conduzione del veicolo, mentre una massa minore oltre ad abbassare la<br />

trasmissibilità alle medie frequenze, genera la risonanza ad una frequenza più alta e quindi<br />

maggiormente controllabile e filtrabile.<br />

Nella dinamica verticale del veicolo da competizione riveste grande importanza la scelta del gruppo<br />

ammortizzatore della sospensione. L’elevata rigidezza delle molle e dei pneumatici, unita al valore<br />

molto contenuto della massa sospesa e non sospesa, fanno si che tutte le frequenze di risonanza<br />

analizzate traslino vero valori più elevati. Anche le frequenze di eccitazione sono maggiori, a causa<br />

delle maggiori velocità raggiunte.<br />

Le molle vengono dimensionate in base alla rigidezza di cui necessità l’assetto della vettura; più<br />

delicata è la scelta dello smorzamento. Nelle auto per passeggeri lo smorzamento viene ottimizzato<br />

in vista del comfort, valutato in base all’accelerazione subita dai passeggeri stessi. Un compromesso<br />

viene raggiunto per evitare un’eccessiva trasmissibilità nella frequenza di risonanza e per le alte<br />

frequenze. Un coefficiente di smorzamento ζ pari a 0.25 rappresenta ad esempio un buon<br />

compromesso tra le due esigenze.<br />

Per una vettura da competizione il coefficiente di smorzamento deve essere considerevolmente più<br />

alto, per limitare movimenti eccessivi del veicolo ed avere un buon controllo su pista. Questo va<br />

bene per le basse frequenze, ma alle alte frequenze un elevato coefficiente ζ implica uno<br />

smorzamento più basso, attenuando in minore misura le oscillazioni della massa non sospesa e in<br />

contrasto con l’esigenza di mantenere le ruote incollate a terra.<br />

Si è visto che la trasmissibilità della massa non sospesa viene definita dal rapporto<br />

Z u ; se tale<br />

rapporto vale 1 il movimento ruota uguaglia il profilo altimetrico della strada, e la forza scambiata<br />

Z<br />

r


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 55<br />

tra pneumatico e suolo è semplicemente il carico statico. Se invece assume valori elevati, la massa<br />

non sospesa trasmette delle forze al corpo del veicolo, e la forza di contatto con il terreno si riduce.<br />

Quindi una misura della tenuta di strada della vettura si può rifare alla trasmissibilità della massa<br />

non sospesa; in riferimento al modello dinamico del quarto di macchina si definisce il parametro di<br />

oscillazione del carico (load fluctuation rate) come<br />

Kt<br />

R =<br />

( M + m)<br />

in cui in cui σ = valore quadratico medio di Zu – Zr.<br />

In modo analogo si può definire il parametro P che individua l’accelerazione media del corpo della<br />

vettura e, tenendo conto della sensibilità dell’uomo, fornisce una misura della bontà della guida.<br />

In Figura 2.2.17 vengono diagrammati gli andamenti di P e R adimensionalizzati in funzione del<br />

g<br />

× σ<br />

coefficiente di smorzamento ζ per una vettura da competizione.<br />

Figura 2.2.17. Andamenti dei parametri P e R in funzione di ζζζζ.<br />

Come previsto un buon coefficiente di smorzamento per la tenuta di strada si aggira attorno al<br />

valore di 0.45, mentre per avere una bassa trasmissibilità al pilota ζ deve assumere valori<br />

decisamente più bassi, attorno a 0.15. È interessante notare inoltre che il range di optimum per la


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 56<br />

tenuta è decisamente più esteso di quello di ottimizzazione della guida in termini di sollecitazioni<br />

trasmesse al pilota.<br />

Un ulteriore modo di definire la tenuta di strada per il veicolo da competizione è quello di<br />

considerare in percentuale il contatto battistrada-terreno e la fluttuazione di carico sul pneumatico.<br />

Lo schema di lato mostra il calcolo del<br />

parametro η di contatto, definito come la<br />

percentuale della distanza coperta mantenendo il<br />

contatto con il terreno (T-ΣTi) sul totale.<br />

La fluttuazione di carico è invece inteso come il<br />

rapporto tra il valore efficace dell’oscillazione<br />

Figura 2.2.18. Definizione di ηηηη. del carico sul pneumatico e il carico stesso.<br />

Valori di η e di oscillazione del carico sono stati sviluppati nell’ambito della simulazione della<br />

dinamica della vettura e delle sospensioni, e di un generico profilo stradale. Le Figure 2.2.19 (a) e<br />

(b) mostrano due diagrammi relativi al calcolo di questi parametri per strada liscia e sconnessa.<br />

Figure 2.2.19. Oscillazioni nella forza di contatto a terra e accelerazioni del corpo del veicolo per superficie<br />

stradale liscia (a) e sconnessa (b).


Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 57<br />

Nel caso di strada liscia il contatto battistrada-terreno è del 100 %, e la fluttuazione di carico<br />

approssima lo zero (figura (a)); la scelta del coefficiente di smorzamento ideale è indirizzata quindi<br />

verso l’ottimizzazione delle accelerazioni del telaio, per ottenere un buon compromesso tra<br />

accelerazione anteriore e posteriore.<br />

Nel caso più probabile in cui il suolo presenti delle sconnessioni, il coefficiente η si avvicina al 100<br />

% solo per alti valori dello smorzamento, fino a 20 volte quello lo smorzamento ideale per il primo<br />

caso (si noti il cambiamento di scala nella figura (b)). Lo smorzamento ideale, di 1 kNs/m nel caso<br />

in figura (vetture da competizione possono arrivare a smorzamenti di 80 kNs/m) è questa volta un<br />

compromesso tra le due esigenze.<br />

Da tutto quanto esposto in merito alla<br />

dinamica verticale del veicolo e ai<br />

parametri che ne regolano il<br />

comportamento vibratorio, risulta evidente<br />

l’importanza del pneumatico, inteso come<br />

unico elemento di contatto tra il corpo<br />

della vettura ed il terreno. L’esplorazione<br />

della dinamica del pneumatico trova<br />

quindi la sua ragione nella possibilità di Figura 2.2.20.<br />

meglio comprendere quale sia il meccanismo di trasmissione delle forze e delle accelerazioni tra il<br />

terreno e la macchina (Figura 2.2.20), essendo la gomma dotata di una dinamica propria e di una<br />

struttura in grado di variare le proprie caratteristiche meccaniche in funzione delle condizioni in cui<br />

si trova ad operare.


2.2.5 La sperimentazione al banco<br />

Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 58<br />

La sperimentazione al banco si colloca per alcuni versi in una posizione intermedia tra la<br />

sperimentazione su strada e la sperimentazione numerica. Viene infatti provata la vettura reale e<br />

non un suo modello matematico, e al contempo le condizioni di prova sono più controllate e<br />

ripetibili che durante la sperimentazione su strada.<br />

La sperimentazione al banco trova quindi la sua naturale collocazione quando non sia disponibile un<br />

modello di calcolo adatto per le prove che si intende effettuare, e nel caso in cui la sperimentazione<br />

su strada non consenta la misura di alcuni segnali ritenuti importanti. In particolare su strada non è<br />

possibile misurare i segnali di ingresso alle ruote e ciò non permette la valutazione delle funzioni di<br />

trasferimento. La possibilità di controllare le condizioni di eccitazione consente, oltre che di<br />

riprodurre le normali sollecitazioni stradali, anche di eccitare la struttura con i segnali più adatti per<br />

lo studio dinamico della vettura. Le prove al banco inoltre possono essere utilizzate per la verifica e<br />

la taratura dei modelli di calcolo o per il test di componenti isolati della vettura, come potrebbe<br />

essere il pneumatico.<br />

Nel capitolo a seguire viene presentato il banco di prova a sette assi verticali, detto Seven-Poster<br />

Rig, utilizzato dalla Dallara Automobili per le prove dinamiche sulle vetture da competizione. Lo<br />

stesso banco è stato poi utilizzato per l’analisi e la caratterizzazione della dinamica dei pneumatici<br />

della vettura da FORMULA 3.


3.1 Introduzione<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Uno degli aspetti più delicati e decisivi nel mondo delle corse è rappresentato dal setup (o assetto)<br />

della macchina ad ogni corsa e per ogni diversa condizione del tracciato. Negli ultimi anni, accanto<br />

all’indispensabile esperienza degli ingegneri di pista e dei meccanici e alle sensazioni di guida del<br />

pilota, si sono sviluppati strumenti di indagine e di affinamento basati sulla simulazione, in<br />

ambienti chiusi con banco di prova o via software mediante lo sviluppo di modelli matematici, del<br />

comportamento dinamico della vettura.<br />

Un prezioso strumento per testare i componenti attivi del veicolo (ammortizzatori, pneumatici,<br />

bilanciamento pesi) in vista di una ottimizzazione del comportamento globale su strada, è il banco<br />

di prova detto Four o Seven-Poster Rig. La dinamica verticale della vettura viene studiata<br />

riproducendo con il movimento di attuatori oleodinamici (quattro o sette) le eccitazioni del tracciato<br />

della pista fornite da rilevamenti telemetrici e i carichi aerodinamici agenti.<br />

Figura 3.1. Il banco di prova Seven-Poster Rig.<br />

59


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Attraverso un complesso sistema di sensori per l’acquisizione dati e un insieme di software dedicati<br />

all’elaborazione si ottengono una vasta serie di risultati da interpretare ed analizzare.<br />

Lo sviluppo di un modello matematico che caratterizzi il sistema e ne preveda il comportamento<br />

può essere un valido strumento, veloce ed economico, da affiancare al banco sperimentale. Poiché<br />

in molte categorie di corse le differenze tra una macchina vincente ed una di prestazioni medie sono<br />

attualmente assai ridotte in percentuale, un buon modello deve essere strutturato correttamente e<br />

contenere in sé i parametri del sistema in esame, come corpo macchina, sospensioni, gomme,<br />

caratterizzati con il minimo errore rispetto al reale. Da ciò può scaturire l’esigenza e la possibilità di<br />

un utilizzo parallelo del Poster Rig per calibrare e validare i parametri in gioco mediante accurati<br />

test sperimentali.<br />

Il Seven-Poster Rig, con cui si sono condotte le prove dinamiche sui pneumatici, viene<br />

rappresentato in Figura 3.1; sono ben visibili i quattro attuatori principali su cui la vettura viene<br />

appoggiata per il test e gli altri tre pistoni oleodinamici disposti centralmente il cui azionamento,<br />

regolato da specifiche mappature, simula i carichi aerodinamici.<br />

3.2 Descrizione dell’apparato sperimentale<br />

Il banco di prova Seven-Poster Rig, realizzato dall’inglese Servotest LTD per Dallara Automobili<br />

S.p.A., è costituito essenzialmente da quattro piccole piattaforme rivestite in teflon che fanno capo<br />

ai rispettivi pistoni (vedi Figura 3.2 pagina seguente) su cui il veicolo viene appoggiato.<br />

I pistoni sono fissati, mediante serraggio con bulloni, a quattro piastre in acciaio fissate a terra e<br />

munite di guide; in questo modo è possibile spostare ogni attuatore per la regolazione delle distanze<br />

di passo e carreggiata anteriore e posteriore adattando il banco a diversi tipi di vetture da corsa.<br />

Per simulare il profilo del tracciato stradale ogni pistone può essere mosso indipendentemente dagli<br />

altri nella sola direzione verticale, in controllo di spostamento o di accelerazione.<br />

Ciò avviene mediante la regolazione, da parte di un complesso sistema di controllo a retroazione,<br />

della pressione dell'olio che scorre all’interno degli attuatori con l’ausilio di servovalvole.<br />

60


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

61


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

L’olio che circola nel sistema è mandato in pressione da una pompa a pistoni munita di sistema di<br />

raffreddamento e valvole di controllo; le prestazioni del sistema in pressione sono alte, ma si<br />

riscontrano spesso problemi legati all’ins<strong>org</strong>ere di risonanze, vibrazioni e rumori.<br />

Due condotti ad alta pressione ed ampia sezione, uno di andata e uno di ritorno, collegano la pompa<br />

ad un distributore centrale, e da questo si diramano altri 14 condotti di andata e ritorno che<br />

alimentano i quattro attuatori principali e quelli aerodinamici.<br />

Le servovalvole che regolano l’afflusso di olio nei pistoni sono montate a ridosso del corpo dei<br />

cilindri, per ottenere la massima precisione nella risposta evitando fenomeni di inerzia dell’olio o di<br />

distorsione elastica dei condotti. Per ogni attuatore è presente un set di tre servovalvole Moog<br />

controllate via software, il quale può confrontare il segnale di posizione con quello desiderato<br />

tramite un sistema di retroazione e correggerlo in tempo reale indipendentemente dal carico<br />

applicato o da disturbi di natura termica o dinamica.<br />

Gli attuatori, in dettaglio in Figura 3.3, sono costituiti<br />

da servo-cilindri idraulici, muniti di sensori ad alta<br />

precisione (del tipo LVDT) montati all’interno dei<br />

cilindri in una camera ad olio, in grado di fornire il<br />

segnale di posizione per il loop di retroazione. Tutti<br />

gli attuatori sono del tipo “Double-Ended”, nel senso<br />

che garantiscono uguale forza e velocità in entrambi i<br />

sensi di funzionamento.<br />

Sono presenti inoltre due accumulatori in pressione,<br />

uno di andata e uno sulla linea di ritorno, muniti di<br />

membrane, le quali evitano effetti di “martellamento”<br />

o di vibrazioni nel caso di improvvise e violente<br />

Figura 3.3. Attuatore oleodinamico. variazioni della portata del flusso d’olio.<br />

62


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

In Tabella 3.1 di seguito riportata si evidenziano le caratteristiche peculiari dei quattro attuatori<br />

principali per la simulazione del tracciato stradale.<br />

Attuatore Specifica<br />

Tipo di attuatore 080R-150-25<br />

Diametro pistone 80 mm<br />

Corsa ± 150 mm<br />

Forza sviluppata 25 kN<br />

Pressione di esercizio (HP) 210 bar<br />

Servovalvole SV 75/760<br />

Trasduttore di posizione LVDT: D5/6000 TMO367<br />

Filtri HH9021 K12 DDT SWD (74-0016)<br />

Accumulatori Mandata: 01 100A-00-341 (1 litro)<br />

Ritorno: HC0E-00A-17 (0,5 litri)<br />

Tabella 3.1. Specifiche dei componenti meccanici degli attuatori principali.<br />

Valvole di sicurezza di fondo corsa<br />

Per impedire il danneggiamento dei componenti o della vettura stessa oggetto del test, nel caso in<br />

cui ad uno o più attuatori venga richiesta la massima corsa ad elevata velocità, entrano in funzione<br />

Figura 3.4. Dispositivo per il fondo corsa.<br />

63


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

delle valvole di sicurezza; il disegno del collettore che porta l’olio in pressione nei cilindri prevede<br />

infatti una camera “morta” a fine corsa in cui l’olio viene compresso senza via d’uscita dal pistone,<br />

il quale è velocemente rallentato senza poter entrare in contatto con il fondo del cilindro.<br />

Si ritorna nelle normali condizioni di esercizio quando il sistema di controllo DCS (Digital Control<br />

System) riceve un appropriato segnale di fondo corsa e comanda lo svuotamento della camera<br />

opposta a quella con la funzione di cuscinetto.<br />

Tenute idrostatiche<br />

Ciascun attuatore è munito di tre gruppi di tenuta e guida del pistone; due sono ricavate all’interno<br />

del cilindro, una è disposta sulla testa del corpo dell’attuatore. Il suo principio di funzionamento<br />

viene schematizzato in Figura 3.5; l’utilizzo di guide di tipo idrostatico è giustificato dal<br />

Figura 3.5. Schema del principio di funzionamento delle tenute idrostatiche.<br />

bassissimo attrito che esse offrono, dal fatto che si abbia il centraggio automatico del pistone e dalla<br />

possibilità di contenere efficacemente gli elevati carichi laterali che si sviluppano nei test di<br />

simulazione. Quando l’olio viene mandato in pressione il pistone viene posto nella sua posizione<br />

64


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

centrale dalle guide laterali (prima illustrazione, le dimensioni del gioco non sono in scala).<br />

L’applicazione di un carico laterale tende a sbilanciare la distribuzione di pressione attorno al<br />

pistone (seconda illustrazione); si avrà una diminuzione di pressione dove il gioco<br />

dell’accoppiamento aumenta, un aumento nei punti in cui il pistone si avvicina al cilindro. La<br />

distribuzione di pressioni che si è venuta a creare tenderà a riportare l’attuatore nella posizione<br />

centrale.<br />

Condotti e servovalvole<br />

I condotti dell’olio in pressione sono disegnati per garantire le minime perdite di carico e una<br />

bassissima deformabilità. Le servovalvole Moog SV65/760 sono montate direttamente sul corpo<br />

dell’attuatore attraverso un collettore munito di tutte le entrate e le uscite necessarie per alimentare<br />

e svuotare il cilindro. La loro capacità è pari a 65 litri/min, e il loro disegno permette alte<br />

prestazioni. Il gruppo di alimentazione comprende anche i due accumulatori e un’unità di filtraggio<br />

dell’olio (capacità 15µm), per impedire pericolose contaminazioni del fluido all’interno del cilindro.<br />

Figura 3.6. Il gruppo di alimentazione dell’attuatore.<br />

65


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

In Figura 3.6 è rappresentato il particolare del gruppo di alimentazione; sono visibili il corpo del<br />

collettore con i due condotti di andata e ritorno, le servovalvole (sviluppate in verticale), l’unità di<br />

filtraggio (cilindro sulla linea di mandata), i due accumulatori (il più grosso sull’alimentazione, il<br />

più piccolo sul ritorno).<br />

Accumulatori<br />

Gli accumulatori di cui è fornito ogni attuatore sono costituiti da piccoli recipienti cilindrici che<br />

contengono azoto in pressione separato dall’olio da una membrana flessibile. Quando si avvia la<br />

pompa e il sistema viene mandato in pressione, l’olio comprime il gas fino ad eguagliare le due<br />

pressioni nell’interfaccia tra i due fluidi; nel caso si abbia un improvviso picco nella domanda di<br />

fluido da parte dell’attuatore, la pressione nel condotto diminuisce, il gas può espandersi e<br />

l’accumulatore fornisce una portata aggiuntiva di olio. L’accumulatore funziona invece da<br />

smorzatore nel caso si abbia un picco di pressione nella mandata, prevenendo effetti di<br />

martellamento e regolarizzando la portata del fluido.<br />

Due grossi accumulatori da 50 litri ciascuno, contenenti questa volta olio in pressione, sono istallati<br />

inoltre sulle linee di mandata e di ritorno che collegano la pompa al banco di prova. La loro<br />

funzione è quella di far fronte a improvvisi cali di pressione per mantenere la stabilità del sistema;<br />

inoltre funzionano da polmoni e smorzatori delle onde pressorie dovute al naturale funzionamento a<br />

intermittenza del sistema di pompaggio e al rapido susseguirsi (le frequenze di funzionamento<br />

possono arrivare a 50 Hz) di apertura-chiusura delle servovalvole.<br />

Solenoid Control Manifold (SCM)<br />

Il distributore centrale è progettato per una portata massima di 450 litri/min per condotto; valvole a<br />

solenoide contenute in esso possono portare il fluido negli attuatori dalla pressione nulla a quella<br />

media (adottata nella fase di riscaldamento del sistema) a quella massima d’esercizio pari a 210 bar.<br />

L’SCM è inoltre in grado di pilotare, durante un test di simulazione, i quattro attuatori<br />

indipendentemente l’uno dall’altro pur provenendo il fluido in pressione da un’unica s<strong>org</strong>ente,<br />

senza che vi sia reciproca interferenza.<br />

66


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Anche su questo componente sono presenti due accumulatori della capacità di 10 litri con la<br />

funzione di riserva di fluido in pressione nel caso di irregolarità nella portata di alimentazione.<br />

Attuatori aerodinamici<br />

Tre ulteriori attuatori disposti sotto la scocca della vettura (uno anteriormente, due posteriormente)<br />

hanno la funzione di simulare i carichi aerodinamici di cui la vettura, in funzione della sua velocità,<br />

risente durante la competizione.<br />

Figura 3.7. I due attuatori oleodinamici posteriori fissati alla campana della vettura in prova.<br />

Le loro caratteristiche meccaniche vengono riassunte in Tabella 3.2; la costruzione e il<br />

funzionamento sono del tutto analoghi a quelli degli attuatori principali.<br />

Il segnale fornito dalla cella di carico permette all’attuatore di operare in condizioni di controllo di<br />

carico e di riprodurre una sequenza di carichi in funzione del tempo. Il ciclo di feedback retroattivo<br />

presenta in questo caso qualche difficoltà, poiché il movimento della vettura provoca variazioni nel<br />

67


Attuatore Specifica<br />

Tipo di attuatore 050R-200-20<br />

Diametro pistone 50 mm<br />

Corsa 200 mm<br />

Forza sviluppata 20 kN<br />

Pressione di esercizio (HP) 210 bar<br />

Servovalvole SV 250<br />

SV 5/770<br />

Trasduttore di posizione LVDT: D5/6000 TMO367<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Tabella 3.2. Specifiche dei componenti meccanici degli attuatori aerodinamici.<br />

carico applicato. Per questo sono stati realizzati degli elementi smorzanti (i grossi cilindri in acciaio<br />

di Figura 3.7) che, con buona approssimazione, seguono il movimento della vettura senza influire<br />

sul valore di carico applicato. Essi conferiscono inoltre maggiore stabilità all’anello di retroazione,<br />

in cui viene incrementato anche il guadagno per minimizzare l’errore tra il carico misurato e quello<br />

desiderato. Poiché le forze non desiderate sono proporzionali alla velocità imposta all’attuatore,<br />

l’errore può essere ridotto utilizzando un segnale retroattivo di velocità per il comando dell’apertura<br />

e chiusura delle servovalvole. Tale segnale viene ottenuto dall’integrazione numerica nel dominio<br />

del tempo del segnale di accelerazione fornito dagli accelerometri posti negli attuatori stessi.<br />

Trasduttori e sensoristica<br />

Tutti gli attuatori sono muniti al loro interno di trasduttori di posizione, accelerazione e carico in<br />

grado di fornire i segnali necessari per il feedback retroattivo e per l’analisi del comportamento<br />

dinamico del veicolo oggetto del test.<br />

L’analisi dinamica viene integrata dall’impiego di potenziometri e accelerometri esterni posizionati<br />

in più punti del telaio e sui mozzi della vettura.<br />

68


• Linear Variable Displacement Transformer (LVDT)<br />

Type D5/6000 TMO367 by RDP. Corsa nominale ±100 mm.<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

I trasduttori di posizione LVDT forniscono un accurato segnale di feedback per il pistone,<br />

relativo alla sua posizione centrale (zero). Tale segnale è nella forma di una tensione<br />

elettrica, di intensità e segno dipendenti appunto dalla posizione.<br />

Nota la posizione dell’attuatore il comando elettronico invia il segnale di movimento<br />

richiesto; quindi viene nuovamente confrontato il segnale di posizione ottenuto con quello<br />

desiderato e si ottiene l’errore di posizione che il sistema tende a correggere. Il ciclo avviene<br />

svariate volte al secondo.<br />

• Celle di carico<br />

Sia gli attuatori principali che quelli aerodinamici possono fornire, tramite delle celle di<br />

carico interne, la lettura istantanea del carico applicato. Il fondo scala è di 25 kN per i<br />

quattro attuatori principali, di 20 kN per i tre aerodinamici.<br />

• Elementi esterni: accelerometri e potenziometri<br />

La sensoristica del sistema comprende una serie di potenziometri e di accelerometri che<br />

vengono disposti sui punti di interesse della vettura in prova. I potenziometri ad asta, che<br />

rilevano gli spostamenti relativi delle due estremità, vengono solitamente posizionati sui<br />

quattro mozzi della vettura e sul telaio in posizione anteriore e posteriore. Tali spostamenti<br />

sono tutti relativi a quello del pistone. Vengono inoltre rilevati gli schiacciamenti delle<br />

molle degli ammortizzatori sull’avantreno e sul posteriore.<br />

Gli accelerometri possono essere applicati su qualsiasi porzione della vettura; di maggiore<br />

interesse sono le accelerazioni dei mozzi (massa non sospesa) e del telaio (massa sospesa),<br />

anteriore e posteriore. Tutti i dati registrati vengono inviati al sistema elettronico di<br />

acquisizione che provvede all’elaborazione.<br />

69


3.3 Il software DCS<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Gli attuatori vengono comandati e controllati in tempo reale dall’ultima versione di Controllo<br />

Digitale Servotest, che consiste in un Pentium 200 PC compatibile con un sottosistema ad alta<br />

risoluzione grafica e monitor 21”. L’elaboratore è dotato del Digital Signal Processor (DSP) Real<br />

Time Control Card, che genera i segnali digitali di controllo del banco di prova.<br />

Il software di controllo dell’intero sistema è stato appositamente sviluppato dai tecnici di MatLab, e<br />

presenta una struttura aperta facilmente integrabile dall’utente con altre funzioni o routines<br />

personalizzate.<br />

Figura 3.8. Diagramma a blocchi del DCS 2000 Servotest.<br />

70


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

L’architettura del software si presenta costituita da più moduli, dedicati a specifiche funzioni:<br />

• DCS datalogger – modulo di acquisizione<br />

• DCS scope – oscilloscopio virtuale<br />

• DCS replay – modulo per la riproduzione di files esterni<br />

• DCS filter – modulo di filtraggio dati<br />

• DCS Wavegen – generatore del segnale in ingresso<br />

• DCS Block Prog – modulo di sequenza segnale<br />

• ICS (Interactuve Control System) – genera il segnale di un profilo stradale (in controllo di<br />

accelerazione) a partire da registrazioni telemetriche esterne (ad esempio accelerazione della<br />

massa non sospesa).<br />

In Figura 3.8 viene riportato lo schema a blocchi del funzionamento del Sistema di Controllo<br />

Digitale, mentre in Figura 3.9 riportata sotto è rappresentato lo schema dell’hardware del sistema.<br />

Figura 3.9. Architettura Hardware del DCS 2000.<br />

71


3.4 Utilizzo e funzionalità dello strumento<br />

Figura 3.10. La vettura da FORMULA 3 sul banco di prova.<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

In Figura 3.10 è mostrata una vettura FORMULA 3 sul banco di prova Seven-Poster. Si possono<br />

notare i tre attuatori aerodinamici ancorati alla scocca, i potenziometri di spostamento sui mozzi, un<br />

accelerometro sul telaio in corrispondenza dell’asse anteriore. L’olio è in pressione, gli attuatori<br />

sono caldi, tutto è pronto per l’inizio di un test di simulazione per caratterizzare il comportamento<br />

dinamico della vettura sul tracciato in questione.<br />

Figura 3.11. Andamenti nel tempo delle accelerazioni reali dei quattro mozzi.<br />

Caricate le informazioni relative alla pista oggetto della prova, il sistema di controllo muove gli<br />

attuatori in modo da ottenere sui quattro mozzi le accelerazioni riscontrate in pista con rilevamenti<br />

72


telemetrici, di cui viene riportato un esempio in Figura 3.11.<br />

Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Nella Figura 3.12 vengono invece riportati, nell’ordine, gli spostamenti in direzione verticale dei<br />

quattro mozzi, la velocità e le accelerazioni longitudinale e laterale della vettura relativi ad un giro<br />

dello stesso tracciato.<br />

Figura 3.11. Andamenti reali nel tempo delle accelerazioni dei quattro mozzi.<br />

Una volta concluso il test, tramite il sistema di acquisizione dati e l’elaborazione degli stessi, è<br />

possibile determinare il comportamento dinamico della vettura con quel determinato setup, in<br />

termini di funzioni di trasferimento nel dominio delle frequenze tra le quantità di interesse.<br />

Nel caso di sistemi lineari, e si suppone che nel complesso il veicolo sia un sistema di questo tipo,<br />

risulta infatti molto comodo utilizzare tale approccio.<br />

La funzione di trasferimento tra due funzioni u(t) e h(t) definite nel dominio del tempo è una<br />

funzione G(s) nel campo della variabile complessa s =α+iβ e definita dall’espressione:<br />

U ( s)<br />

G ( s)<br />

=<br />

H ( s)<br />

in cui U(s) e H(s) sono le trasformate di Laplace delle u(t) e h(t):<br />

U ( s)<br />

= L[<br />

u(<br />

t)]<br />

=<br />

H ( s)<br />

= L[<br />

h(<br />

t)]<br />

=<br />

+∞<br />

∫<br />

0<br />

+ ∞<br />

u(<br />

t)<br />

e<br />

∫<br />

0<br />

h(<br />

t)<br />

e<br />

−st<br />

−st<br />

dt<br />

dt.<br />

73


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Da un punto di vista metodologico la trasformata di Laplace è analoga alla trasformata di Fourier<br />

mediante la sostituzione jΩ a s, variabile complessa di Laplace.<br />

Si ricorda che si può passare dalla trasformata di Laplace a quella di Fourier, ottenendo la funzione<br />

di trasferimento armonica, mediante la sostituzione inversa; ciò è naturalmente possibile anche in<br />

senso opposto ovvero dalla trasformata di Fourier a quella di Laplace. Questo permette la<br />

valutazione sperimentale della funzione di trasferimento armonica F(jΩ) e la trasformazione,<br />

mediante la sostituzione sopra citata, nel dominio di Laplace F(s).<br />

Le funzioni di trasferimento solitamente analizzate sono quelle relative alle accelerazioni anteriore e<br />

posteriore del telaio rispetto a quella degli attuatori, e allo spostamento in direzione verticale del<br />

telaio o dei mozzi delle ruote. Quest’ultima grandezza definisce la deformazione del pneumatico e<br />

l’eventuale distacco da terra con l’annullarsi della contact patch.<br />

Figura 3.12. Sweep in frequenza utilizzato per l’analisi dinamica della vettura.<br />

Notevole importanza riveste infatti l’analisi delle forze di contatto a terra tra i pneumatici e il suolo<br />

(nella simulazione i piattelli di appoggio), valutate mediante le celle di carico poste negli attuatori.<br />

74


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Le finalità di un buon setup della macchina sono infatti quelle di garantire la minor variazione<br />

possibile dell’altezza da terra del veicolo, oltre a mantenere costante nei limiti del possibile il valore<br />

della forza di contatto a terra per ottenere una buona aderenza, a costo di non offrire una bassa<br />

trasmissibilità al pilota da parte di sospensioni e pneumatici delle irregolarità e delle sollecitazioni<br />

presenti su strada.<br />

Mediante l’analisi e il confronto delle funzioni di trasferimento e delle loro fasi, di cui viene<br />

riportato un esempio nelle Figure 3.13 e 3.14, viene data un’interpretazione della qualità del setup<br />

della macchina. Variando la taratura delle sospensioni, l’assetto della vettura o le pressioni dei<br />

pneumatici è possibile ricercare il migliore compromesso per ottenere il comportamento ideale.<br />

Figura 3.13. Funzioni di trasferimento delle accelerazioni dei mozzi anteriore e posteriore.<br />

75


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

In Figura 3.12 viene riportata una curva nel dominio del tempo, che rappresenta la legge di<br />

spostamento di ogni singolo attuatore, generalmente adottata per la caratterizzazione globale della<br />

vettura. Mediante tale curva, detta a velocità costante, vengono infatti indagate più frequenze con<br />

un’unica prova; nel caso di figura si va da 1 Hz con ampiezza attorno ai 16 mm a 40 Hz con<br />

ampiezza di spostamento sotto il millimetro. Il tutto nel tempo di 100 secondi.<br />

Figura 3.14. Fasi delle due funzioni di trasferimento di Figura 3.13.<br />

Si può in questo modo ottenere la risposta in frequenza del sistema, che presenta uno o più<br />

risonanze alle frequenze caratteristiche della massa sospesa (il telaio e parte dei braccetti delle<br />

sospensioni) e di quella non sospesa (pneumatici, mozzo ruota, pinze dei freni).<br />

76


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Si può notare come oltre i 10÷11 Hz il segnale non si presenti particolarmente pulito, a causa<br />

dell’ins<strong>org</strong>ere di rumore e disturbi nel sistema di acquisizione dati.<br />

In ogni caso il primo picco in frequenza rappresenta la risonanza del telaio, il secondo quella del<br />

movimento di pitch (vedi Capitolo 2); la risonanza della massa non sospesa si dovrebbe trovare a<br />

frequenze più elevate, tra i 15 e 18 Hz, ma è evidentemente troppo smorzata per risultare<br />

individuabile. Il movimento assoluto del telaio è quindi rilevante nelle basse frequenze, mentre le<br />

alte frequenze vengono in gran parte filtrate dai pneumatici; modificando la pressione dei<br />

pneumatici, la taratura degli ammortizzatori o l’assetto (bilanciamento dei pesi) della vettura si può<br />

variare anche sostanzialmente la risposta in frequenza del sistema, in quanto vengono modificati<br />

rigidezza e smorzamento dei parametri del sistema.<br />

Un’altra applicazione del banco di prova Poster Rig impiegata per lo studio del gruppo<br />

ammortizzatore prevede l’impiego di una sollecitazione impulsiva del tipo di Figura 3.15 da parte<br />

Spostamento [mm]<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0<br />

Tempo [s]<br />

Figura 3.15. Simulazione dell’impatto con un cordolo.<br />

di un singolo attuatore, con lo scopo di simulare l’impatto della vettura con un cordolo.<br />

Lo studio della risposta del veicolo e il confronto con altri tipi di tale componente può fornire<br />

preziose indicazioni sull’impiego di un ammortizzatore piuttosto che di un altro, utili anche<br />

nell’ottimizzare la progettazione della catena cinematica.<br />

77


Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig<br />

Una completa caratterizzazione dei parametri del sistema, analizzati singolarmente, può risultare in<br />

generale molto utile per comprendere a pieno la loro influenza sul comportamento dinamico globale<br />

del veicolo.<br />

Mentre per il gruppo ammortizzatore si hanno dati esaurienti sulla dinamica di bound e rebound<br />

ottenuti con uno specifico banco di prova per ammortizzatori, i pneumatici PIRELLI anteriore e<br />

posteriore presentano una certa incertezza nella loro caratterizzazione; da qui l’esigenza, vista anche<br />

la notevole influenza e importanza di tale componente, di ricercare un modello di comportamento<br />

dapprima per sollecitazioni di tipo statico, in seguito per sollecitazioni dinamiche, che possa mettere<br />

in luce la risposta della gomma.<br />

Si ritiene particolarmente significativa anche la variabilità dei parametri significativi (rigidezza e<br />

smorzamento) in funzione della temperatura d’esercizio. Durante la corsa le gomme vanno infatti in<br />

temperatura, mentre le prove sul Seven-Poster Rig vengono condotte “a freddo”, e risulta quindi di<br />

una certa rilevanza l’indagine degli effetti della temperatura sul comportamento del pneumatico, in<br />

vista di un ulteriore affinamento nella corrispondenza tra risultati della simulazione su banco di<br />

prova e riscontri su pista.<br />

All’interno del Capitolo 5 verrà presentato lo sviluppo di un modello matematico a parametri<br />

concentrati in grado di descrivere con buona approssimazione la dinamica della vettura Dallara da<br />

FORMULA 3 ed indagare l’influenza dei componenti sul sistema.<br />

In particolare verrà analizzata l’influenza della risposta in frequenza del pneumatico in tale modello,<br />

con lo scopo di comprendere quale sia il suo peso nella dinamica globale della vettura e nei test sul<br />

banco di prova Seven-Poster, in cui le gomme sono a temperatura ambiente.<br />

78


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 79<br />

Capitolo 4. Prove sperimentali sui pneumatici PIRELLI F3<br />

4.1 Prove di rigidezza verticale statica<br />

4.1.1 Introduzione<br />

La rigidezza verticale è una caratteristica propria del pneumatico, in quanto dipende strettamente<br />

dalla struttura della carcassa e del battistrada, dalla mescola utilizzata nella costruzione, dalle<br />

dimensioni della gomma.<br />

I parametri fisici che possono apportare anche grosse variazioni nel valore di rigidezza sono invece<br />

la pressione di gonfiaggio, l’angolo di camber con cui è montato il pneumatico, la temperatura di<br />

esercizio, la deformabilità del suolo su cui la gomma appoggia. Ritenendo che nella realtà tale<br />

deformabilità sia trascurabile, con un banco di prova appositamente allestito sono stati condotti una<br />

serie di test sperimentali per determinare la rigidezza verticale statica di pneumatici PIRELLI<br />

anteriore e posteriore montati su vetture da competizione della categoria FORMULA 3.<br />

Variando la natura delle prove si è potuta valutare l’influenza di ciascun parametro sul<br />

comportamento verticale del pneumatico. In particolare l’attenzione è stata concentrata sul fattore<br />

forse più significativo e al contempo meno riproducibile e valutabile: la temperatura. Le variazioni<br />

termiche, cui la gomma è particolarmente sensibile, sono state considerate infatti particolarmente<br />

significative per meglio comprendere i possibili cambiamenti nella risposta della vettura sul banco<br />

di prova “a freddo” del Poster Rig. In pratica per valutare in termini non solo qualitativi l’errore che<br />

si commette nel simulare su banco il comportamento stradale della vettura, nella piena<br />

consapevolezza dell’impossibilità di riprodurre fedelmente le condizioni reali.<br />

I test di caricamento statico sono stati condotti quindi sia a temperatura ambiente che a caldo, ad<br />

una temperatura del pneumatico corrispondente a quella media di esercizio durante una<br />

competizione.<br />

Nel corso delle prove in temperatura è stata inoltre dimostrata l’inaffidabilità del metodo di misura<br />

adottato nelle prove a freddo; la bilancia utilizzata per la lettura del carico applicato, del tipo per


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 80<br />

bilanciamento dell’assetto in pista, nell’esercizio a caldo non sembrava fornire risultati attendibili.<br />

Si è optato quindi per l’impiego di una cella di carico montata lontano da ogni fonte di calore, che è<br />

stata opportunamente tarata con l’ausilio della bilancia stessa.<br />

4.1.2 Descrizione della procedura di prova<br />

I pneumatici oggetto dei test sono stati montati su una pressa da 50 tonnellate mediante una trave ad<br />

U fissata al cilindro oleodinamico e due flange fissate al mozzo del cerchione. A causa della<br />

differente larghezza dei pneumatici anteriore e posteriore, rispettivamente 200 e 250 millimetri, i<br />

due supporti laterali sono stati muniti di registri che ne consentissero l’adattamento.<br />

Tra la trave in acciaio e il pistone è stata posizionata la cella di carico, sensibile ai carichi di<br />

compressione. La gomma ha trovato l’appoggio inferiore su una piastra in alluminio dello spessore<br />

di 50 mm, praticamente indeformabile, la cui inclinazione è stata modificata con il riscontro di una<br />

bolla elettronica per le prove ad angolo di camber variabile.<br />

Fig. 4.1.1. Il pneumatico PIRELLI anteriore sul banco di prova.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 81<br />

La strumentazione è stata completata con due comparatori centesimali montati direttamente sulla<br />

piastra, in grado di valutare con una certa precisione i valori di abbassamento verticale di una barra<br />

passante in alluminio fissata al cerchione. Il banco di prova completo è illustrato in Figura 4.1.1,<br />

mentre particolari dell’apparato di misura sono visibili nelle Figure 4.1.2 (a) e (b).<br />

Figura 4.12 (a) e (b). Particolari dei comparatori centesimali destro e sinistro.<br />

La prova per la determinazione della rigidezza verticale ha consistito semplicemente nel caricare,<br />

agendo sul distributore dell’olio in pressione della pressa, il pneumatico attraverso la trave ad U in<br />

senso verticale, mentre venivano annotati i due abbassamenti destro e sinistro e il corrispondente<br />

valore di carico applicato (vedi schema semplificato di Figura 4.1.3).<br />

Figura 4.13. Schema dell’attrezzatura utilizzata per le prove.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 82<br />

Un valore unico di abbassamento della gomma è stato ricavato dalla media algebrica dei due<br />

abbassamenti degli estremi della barra in alluminio; il carico applicato, variabile tra 0 e 700 kg, è<br />

stato rilevato in un primo set di prove dalla bilancia per assetto, in un secondo tempo, per il motivo<br />

già discusso, dalla cella di carico sul pistone della pressa.<br />

La rigidezza è stata espressa nella forma<br />

∆F<br />

K = [kg/mm]<br />

∆u<br />

dove F è il carico in kg e u l’abbassamento del pneumatico in mm.<br />

All’inizio di ogni prova è stato applicato ai pneumatici, sia anteriore che posteriore, un precarico di<br />

100÷110 kg prima di portare a zero le letture di comparatori e cella di carico. Con tale operazione ci<br />

si è posti nelle condizioni di deformazione iniziale dei fianchi e della carcassa in corrispondenza del<br />

carico statico che la macchina trasmette alle ruote. Lo step di ogni singola prova è stato riferito<br />

all’abbassamento di uno dei comparatori, ed ha previsto una deformazione verticale, in millimetri,<br />

di 1, 3, 5, 7 e così via fino in genere a 12÷13 millimetri corrispondenti al carico massimo. Inoltre<br />

per ogni test a pressione, temperatura e angolo di camber costante, sono stai svolti 4 cicli di carico<br />

per avere a disposizione più risultati sovrapponibili e diagnosticare la ripetibilità delle misure.<br />

Nello svolgimento delle prove in temperatura sono state impiegate delle termocoperte per uso in<br />

pista da avvolgere al pneumatico, per mandare in temperatura la carcassa e il battistrada (Figura<br />

4.1.4), ed una piastra in alluminio riscaldata da tre resistenze elettriche per simulare il riscaldamento<br />

nell’area di contatto del pneumatico con il suolo.<br />

Per ottenere stabilmente le temperature desiderate, 65÷75°C per il battistrada, 38÷45°C per la spalla<br />

del pneumatico, le termocoperte e la piastra sono state lasciate agire per un’ora e mezza circa prima<br />

di procedere nei test in modo da avere una buona uniformità nella distribuzione di calore.<br />

Nelle prove in temperatura si è mantenuto un angolo di camber costante, pari a zero, mentre è stata<br />

variata la pressione di gonfiaggio.


4.1.3 Taratura della cella di carico<br />

Figura 4.1.4. Impiego delle termocoperte.<br />

Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 83<br />

In seguito ad una serie di prove condotte in temperatura è stata rilevata un’evidente incoerenza tra i<br />

valori di rigidezza verticale trovati con quelli calcolati a temperatura ambiente. In particolare si è<br />

notato, contro ogni aspettativa, un aumento della rigidezza col crescere della temperatura, dal quale<br />

ci si dovrebbe aspettare l’effetto inverso.<br />

Da una più attenta analisi del funzionamento della bilancia per assetto è stato rilevato un<br />

abbassamento del piano di appoggio durante il caricamento del pneumatico, che rappresentando<br />

un’effettiva rigidezza aggiunta andava a falsare la misura della rigidezza propria della gomma. Tale<br />

effetto è stato sensibilmente accentuato dal crescere della temperatura di esercizio durante le prove<br />

a caldo, dando una completa spiegazione del fenomeno fittizio di indurimento della gomma.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 84<br />

In Figura 4.1.5 viene riportato l’abbassamento della faccia superiore della bilancia (piano di<br />

appoggio del battistrada) per due diverse temperature, misurato con l’impiego di un comparatore<br />

centesimale.<br />

Si può notare come l’andamento non sia lineare (e quindi come non si possa a rigore parlare di un<br />

valore di rigidezza univocamente definito) e sia in qualche modo dipendente dalla temperatura.<br />

Abbassamento del piatto [mm]<br />

3<br />

2,5<br />

2<br />

1,5<br />

1<br />

0,5<br />

Rigidezza della bilancia di misura<br />

0<br />

0 200 400 600 800<br />

Carico [kg]<br />

T = 40°C<br />

T = 26 °C<br />

Fig. 4.1.5. Comportamento della bilancia a freddo e in temperatura.<br />

In particolare con l’aumentare della temperatura si assiste ad un irrigidimento della bilancia;<br />

trattandosi in effetti di due molle in serie, pneumatico e bilancia, di costante elastica equivalente<br />

1<br />

K<br />

e<br />

1<br />

=<br />

K<br />

è comprensibile come l’aumento della rigidezza della bilancia Kb abbia un peso maggiore della<br />

diminuzione della rigidezza Kp del pneumatico, provocando un innalzamento nel valore Ke di<br />

p<br />

1<br />

+<br />

K<br />

rigidezza equivalente che rappresenta l’oggetto di misura.<br />

b


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 85<br />

Constata l’inadeguatezza di un ulteriore impiego di tale strumento di misura, è stata utilizzata una<br />

cella di carico montata direttamente sulla testa del pistone lontano dalle fonti di calore, in seguito<br />

opportunamente tarata con l’ausilio della bilancia, dotata di maggiore precisione, mediante una<br />

simultanea misura di un carico statico di entità variabile.<br />

Lo scostamento dei dati forniti dalla cella di carico rispetto alle misure effettuate con la bilancia è<br />

risultato ben approssimabile con un andamento lineare in funzione del carico applicato. Tale<br />

andamento viene riportato in Figura 4.1.6.<br />

Di questo scostamento è stato in seguito tenuto conto correggendo i valori di carico rilevati durante<br />

le prove.<br />

Scostamento tra le letture [kg]<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

Taratura della cella di carico<br />

y = 0,0184x + 1,298<br />

R 2 = 0,9409<br />

0<br />

0 200 400 600 800<br />

Carico [kg]<br />

Fig. 4.1.6. Taratura della cella di carico.<br />

Essendo infatti pari a 0.0184 il coefficiente angolare della retta interpolante i punti trovati<br />

sperimentalmente, con una certa approssimazione si può affermare che in pratica per ogni 100<br />

chilogrammi applicati la cella di carico risulta in errore, rispetto alla bilancia, di 1.84 kg in eccesso.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 86<br />

I valori di carico L* trovati nel corso delle prove sono stati dunque corretti per ottenere quelli<br />

effettivi Le:<br />

L e<br />

= ( 1−<br />

0.<br />

0184)<br />

⋅ L*<br />

= 0.<br />

9816⋅<br />

L*<br />

.<br />

Nelle Figure 4.1.7 e 4.1.8 vengono riportati a confronto i due strumenti di misura con le differenti<br />

utilizzazioni.<br />

Figura 4.1.7. Bilancia per assetto.<br />

4.1.4 Risultati delle prove<br />

Figura 4.1.8. Cella di carico.<br />

Per ottenere il valore di rigidezza verticale relativo ad ogni singola prova sono stati diagrammati in<br />

un foglio elettronico i valori di carico applicato in funzione dei corrispondenti abbassamenti della<br />

gomma forniti dalla lettura dei comparatori; i punti così ottenuti si sono sempre interpolati<br />

linearmente con buonissima approssimazione (coefficiente R 2 vicino all’unità), e la rigidezza è stata<br />

valutata come il coefficiente angolare della retta interpolante. Poiché è stato rilevato un leggero<br />

ciclo di isteresi nel caricare e scaricare il pneumatico, benché non fossero immediati i passaggi da<br />

un carico all’altro, la rigidezza effettiva è frutto della media delle due rigidezze, poco differenti tra<br />

loro, relative al ciclo di carico e di scarico.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 87<br />

Un tipico grafico di rigidezza statica, comprensivo delle due rette di carico e scarico, è<br />

rappresentato in Figura 4.1.9.<br />

Carico [kg]<br />

Fig. 4.1.9. Diverse rigidezze nei cicli di carico e scarico.<br />

I risultati numerici globalmente ottenuti vengono di seguito riassunti nelle due Tabelle 4.1.1 e<br />

4.1.2: nella prima si riportano i dati relativi al pneumatico anteriore PIRELLI F3 200/50, a freddo e<br />

in temperatura, nella seconda si riportano i risultati relativi a quello posteriore PIRELLI F3 250/55.<br />

Per ogni tabella nella prima colonna è riportata la pressione di gonfiaggio, nelle tre successive i<br />

corrispettivi valori di rigidezza verticale espressa in kg/mm relativi ai tre angoli di camber<br />

considerati, pari a 0, 2.5 e 5 gradi. Nell’ultima colonna sono presenti le rigidezze del pneumatico<br />

provato in temperatura a camber nullo; una tipica distribuzione media di temperature è stata:<br />

Temperatura ambiente = 30°C<br />

Temperatura battistrada = 70°C<br />

Temperatura spalla = 42°C<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

Temperatura cerchione = 40°C<br />

Temperatura piastra d’appoggio = 95°C.<br />

50<br />

0<br />

Rigidezze statiche di carico e di scarico<br />

Kc = 19,571u + 0,8254<br />

R 2 = 0,9999<br />

CARICO<br />

Ks = 18,92u - 8,1919<br />

R 2 = 0,9983<br />

SCARICO<br />

0 5 10 15<br />

Abbassamento [mm]


Pressione di<br />

gonfiaggio<br />

[bar]<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

A Camber = 0°<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

a Camber = 2.5°<br />

Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 88<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

a Camber = 5.0°<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

In temperatura<br />

0.8 13,2 14,2 13,6 13,4<br />

0.9 14,7 15,3 14,9 14,1<br />

1.0 15,9 16,3 15,8 15,2<br />

1.1 16,7 17,3 16,8 16,4<br />

1.2 17,6 18,3 17,7 17,2<br />

1.3 18,7 19,2 18,6 18,2<br />

1.4 19,6 19,6 19,5 18,9<br />

1.5 20,4 20,4 20,0 19,9<br />

Pressione di<br />

gonfiaggio<br />

[bar]<br />

Tabella 4.1.1. Risultati delle prove sul pneumatico PIRELLI F3 anteriore.<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

A Camber = 0°<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

a Camber = 2.5°<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

a Camber = 5.0°<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

In temperatura<br />

0.8 14,5 14,8 12,9 14,1<br />

0.9 15,8 16,0 14,7 15,1<br />

1.0 17,2 17,0 16,0 16,2<br />

1.1 18,5 18,2 16,9 17,3<br />

1.2 19,4 19,1 18,4 18,4<br />

1.3 20,7 20,3 19,0 19,2<br />

1.4 22,1 21,3 19,8 20,4<br />

1.5 23,6 21,8 20,9 21,7<br />

Tabella 4.1.2. Risultati delle prove sul pneumatico PIRELLI F3 posteriore.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 89<br />

Per una più facile e significativa interpretazione, i risultati delle prove effettuate sono stati<br />

diagrammati in funzione della pressione di gonfiaggio. Nelle tre Figure 4.1.10, 4.1.11 e 4.1.12<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

Ko = -3,1149p 2 + 17,162p + 1,6442<br />

R 2 = 0,9968<br />

13,2<br />

14,7<br />

15,9<br />

16,7<br />

17,6<br />

18,7<br />

19,6<br />

20,4<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

Figura 4.1.10. Rigidezza verticale statica a camber 0°, pneumatico anteriore.<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

K2,5 = -4,4908p 2 + 19,226p + 1,6276<br />

R 2 = 0,9985<br />

14,2<br />

15,3<br />

16,3<br />

17,3<br />

18,3<br />

19,2<br />

19,6<br />

20,4<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

Figura 4.1.11. Rigidezza verticale statica a camber 2.5°, pneumatico anteriore.


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 90<br />

vengono diagrammati gli andamenti della rigidezza verticale per i tre angoli di camber considerati<br />

in riferimento al pneumatico anteriore.<br />

Figura 4.1.12. Rigidezza verticale statica a camber 5.0°, pneumatico anteriore.<br />

In ognuno dei diagrammi viene riportata la linea di tendenza dei valori trovati con la relativa<br />

equazione, che esprime l’andamento della rigidezza K in funzione della pressione p, e la stima<br />

(parametro R 2 ) di quanto l’approssimazione nell’interpolare i punti sperimentali sia corretta. Con il<br />

simbolo K0 viene indicata la rigidezza a camber nullo, con K2.5 quella a camber di 2.5°, con K5.0 a<br />

camber di 5°.<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

13,6<br />

È possibile diagrammare, per agevolare un confronto più diretto, le tre serie di risultati relative alla<br />

rigidezza statica del pneumatico anteriore, in un unico grafico, che viene riportato in Figura 4.1.13.<br />

Nei tre colori vengono evidenziati gli andamenti della rigidezza per i tre differenti angoli di camber<br />

con cui le prove sono state eseguite.<br />

K5,0 = -3,7188p 2 + 17,705p + 1,8757<br />

R 2 = 0,9984<br />

14,9<br />

15,8<br />

A seguire vengono diagrammati i risultati delle prove in temperatura assieme a quelli a freddo a<br />

16,8<br />

camber nullo, sempre in riferimento al pneumatico anteriore.<br />

17,7<br />

18,6<br />

19,5<br />

20,0<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]


Rigidezza verticale [kg/mm]<br />

Rigidezza verticale [kg/mm]<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 91<br />

Andamento della rigidezza verticale al variare dell'angolo di camber per il<br />

pneumatico PIRELLI F3 anteriore.<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

Camber 0°<br />

Camber 2,5°<br />

Camber 5,0°<br />

Figura 4.1.13. Confronto delle rigidezze verticali a differenti angoli di camber, pneumatico anteriore.<br />

21<br />

20<br />

19<br />

18<br />

17<br />

16<br />

15<br />

14<br />

Rigidezza verticale statica del pneumatico PIRELLI F3 anteriore a freddo e in temperatura<br />

Rigidezza a freddo<br />

Rigidezza in temperatura<br />

14,7<br />

14,1<br />

15,9<br />

15,2<br />

Kf = -3,1149p<br />

18,7<br />

18,2<br />

2 + 17,162p + 1,6442<br />

R 2 = 0,9968<br />

16,7<br />

16,4<br />

Figura 4.1.14. Confronto delle rigidezze verticali a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.<br />

17,6<br />

17,2<br />

19,6<br />

18,9<br />

20,4<br />

19,9<br />

Kt = -1,4765p 2 + 12,866p + 3,8968<br />

R 2 = 0,9979<br />

13<br />

13,2<br />

13,4<br />

0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 92<br />

Di seguito vengono riportati, nella Figure 4.1.15 e seguenti, diagrammi analoghi ai precedenti<br />

relativi al pneumatico posteriore.<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

24,0<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

14,5<br />

15,8<br />

17,2<br />

18,5<br />

19,4<br />

20,7<br />

22,1<br />

Ko = 0,8536p 2 + 10,749p + 5,4443<br />

R 2 = 0,9982<br />

23,6<br />

12,0<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

Figura 4.1.15. Rigidezza verticale statica a camber 0°, pneumatico posteriore.<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

24,0<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

K2,5 = -3,2429p 2 + 17,781p + 2,5818<br />

14,8<br />

16,0<br />

R 2 = 0,998<br />

17,0<br />

Figura 4.1.16. Rigidezza verticale statica a camber 2.5°, pneumatico posteriore.<br />

18,2<br />

19,1<br />

20,3<br />

21,3<br />

21,8<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]


Rigidezza verticale [kg/mm]<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

Rigidezza [kg/mm]<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

12,9<br />

14,7<br />

16,0<br />

Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 93<br />

Figura 4.1.17. Rigidezza verticale statica a camber 5,0°, pneumatico posteriore.<br />

Figura 4.1.18. Confronto delle rigidezze verticali a differenti angoli di camber, pneumatico posteriore.<br />

16,9<br />

18,4<br />

19,0<br />

19,8<br />

20,9<br />

K5,0 = -6,5952p 2 + 26,197p - 3,7217<br />

R 2 = 0,9956<br />

0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

Andamento della rigidezza verticale al variare dell'angolo di camber per il pneumatico<br />

PIRELLI F3 posteriore.<br />

Camber 0°<br />

Camber 2,5°<br />

Camber 5,0°<br />

0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]


Rigidezza [kg/mm]<br />

25<br />

23<br />

21<br />

19<br />

17<br />

15<br />

Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 94<br />

Rigidezza verticale statica del pneumatico PIRELLI F3 posteriore a freddo e in temperatura<br />

Rigidezza a freddo<br />

14,5<br />

14,1<br />

Figura 4.1.14. Confronto delle rigidezze verticali a freddo ed in temperatura per il pneumatico posteriore.<br />

4.1.5 Analisi dei risultati<br />

Rigidezza in temperatura<br />

15,8<br />

15,1<br />

Dall’analisi dei risultati ottenuti sono state dedotte le seguenti osservazioni:<br />

1. L’abbassamento del mozzo della gomma sotto carico, sia anteriore che posteriore,<br />

espresso in funzione del carico applicato è risultato perfettamente approssimabile con<br />

una retta per ogni condizione di prova; il coefficiente angolare di tale retta ha fornito i<br />

valori di rigidezza statica. È quindi possibile dedurre che il pneumatico abbia un<br />

comportamento lineare nella risposta a sollecitazioni statiche in senso verticale.<br />

2. All’aumentare della pressione di gonfiaggio si trova sempre un corrispettivo aumento<br />

della rigidezza verticale; ciò è facilmente giustificabile con un irrigidimento della<br />

struttura del pneumatico dovuto alla maggiore tensione della carcassa portante indotta<br />

dalla pressione interna.<br />

17,2<br />

16,2<br />

Kf = 0,8536p 2 + 10,749p + 5,4443<br />

R 2 = 0,9982<br />

18,5<br />

17,5<br />

19,4<br />

18,4<br />

20,7<br />

19,2<br />

22,1<br />

20,4<br />

Kt = 0,1613p 2 + 10,376p + 5,6912<br />

R 2 = 0,9971<br />

13<br />

0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6<br />

Pressione [bar]<br />

23,6<br />

21,7


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 95<br />

3. L’andamento della rigidezza in funzione della pressione è approssimabile molto bene<br />

con una curva del secondo grado per tutti i casi esaminati (anche le prove in<br />

temperatura). La concavità di tali curve risulta sempre negativa, e la rigidezza minima,<br />

corrispondente alla pressione di 0.8 bar, subisce un incremento significativo (fino al 62%<br />

per il pneumatico posteriore a camber 5°) alla pressione di 1.5 bar.<br />

4. Un aumento dell’angolo di camber provoca effetti differenti sui pneumatici anteriore e<br />

posteriore; nel primo caso si ottengono le rigidezze più elevate per un’inclinazione<br />

intermedia (2.5°) in quanto a 5° si ha una diminuzione della rigidezza, che ritorna a<br />

valori molto vicini a quelli corrispondenti al camber nullo.<br />

Per il pneumatico posteriore invece un aumento dell’angolo di camber provoca un<br />

decadimento delle prestazioni; tale fatto può essere semplicemente imputato al differente<br />

meccanismo di deformazione della carcassa, che trovandosi caricata in modo<br />

asimmetrico da una spalla all’altra non è in grado di presentare il massimo valore di<br />

rigidezza riscontrato a camber nullo.<br />

5. Mandando in temperatura battistrada e spalle del pneumatico, si nota una decisa<br />

diminuzione (fino al 9% per il pneumatico posteriore alla pressione di 1.5 bar) della<br />

rigidezza verticale, a causa del cambiamento delle caratteristiche meccaniche della<br />

gomma, che si conferma un materiale particolarmente sensibile alle condizioni<br />

ambientali. Anche per le prove in temperatura l’andamento della rigidezza verticale in<br />

funzione della pressione di gonfiaggio è comunque ben approssimabile con una curva<br />

parabolica.<br />

6. La “spring sensitivity”, parametro che identifica la “sensibilità” della rigidezza verticale<br />

rispetto alla pressione di gonfiaggio (viene espresso in [kg/mm/bar]), risulta variabile in<br />

funzione dell’angolo di camber, e sembrerebbe avere un leggero aumento per piccoli<br />

angoli di inclinazione per poi calare. Per le prove in temperatura si nota invece una<br />

diminuzione decisa di tale parametro per entrambe i pneumatici, la quale indica una


Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 96<br />

maggiore stabilità nella risposta del pneumatico al variare della pressione. Per il<br />

pneumatico in temperatura si ha in sostanza un leggero appiattimento delle<br />

caratteristiche, che risentono in minore misura della variazione di pressione interna.<br />

7. Un confronto con i dati forniti dalla casa costruttrice risulta quasi impraticabile in quanto<br />

non sono note con precisione le condizioni di prova dei test effettuati.<br />

Le rigidezze PIRELLI, misurate con il pneumatico in rotolamento e che si aggirano<br />

attorno ai 17 kg/mm, risultano comunque confrontabili con quelle trovate nelle prove<br />

sperimentali condotte.


4.2 Caratterizzazione dinamica dei pneumatici<br />

4.2.1 Introduzione<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 97<br />

Una completa serie di prove è stata condotta per la determinazione dei parametri che regolano la<br />

dinamica verticale dei pneumatici da competizione PIRELLI F3 anteriore e posteriore. In seguito<br />

alla semplice modellazione a parametri concentrati mostrata in Figura 4.2.1, sono stati identificati<br />

la rigidezza dinamica K e lo smorzamento c, posto in parallelo.<br />

In tale modello dinamico ad un grado di libertà si sono considerati due soli parametri che tengano<br />

conto delle proprietà, rigidezza e smorzamento, di un continuo ben più complesso per costruzione e<br />

comportamento; il movimento in senso verticale del pneumatico infatti non sempre è disgiunto, o è<br />

scindibile, da altri movimenti e vibrazioni in senso laterale e longitudinale.<br />

Fig. 4.2.1. Schematizzazione ad un<br />

grado di libertà a parametri<br />

concentrati del pneumatico per<br />

sollecitazioni dinamiche.<br />

In accordo con le scarse informazioni fornite a riguardo dalla Casa Costruttrice e presenti in<br />

letteratura, è stata assunta l’ipotesi che rigidezza e smorzamento fossero dipendenti sia dai<br />

parametri fisici e ambientali del pneumatico, come pressione di gonfiaggio, carico applicato e<br />

temperatura del battistrada e della carcassa, che da quelli caratteristici della forzante adottata nelle<br />

prove dinamiche: forma d’onda, frequenza di eccitazione, ampiezza dello spostamento.<br />

In poche parole a priori il sistema è stato considerato non lineare, e in vista di una conferma o di<br />

una smentita di tale ipotesi si è pianificata la campagna di prove.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 98<br />

Il primo passo, non senza poche difficoltà, è stata la realizzazione di un’attrezzatura sperimentale in<br />

grado di testare i pneumatici senza interferire eccessivamente sul loro movimento libero.<br />

Per eccitare in direzione verticale il pneumatico nell’area di contatto con il suolo, si è pensato<br />

all’impiego di uno dei quattro attuatori principali del banco di prova Seven-Poster Rig, per sfruttare<br />

le capacità e le possibilità di tale strumento.<br />

Una prima soluzione di vincolamento della gomma, che viene riportata per completezza, non ha<br />

fornito risultati apprezzabili; si è passati quindi necessariamente alla realizzazione di un altro tipo di<br />

vincolamento dimostratosi convincente per semplicità ed efficacia.<br />

Ai pneumatici è stata applicata una zavorra in piombo di peso corrispondente al carico statico della<br />

vettura agente sul mozzo; le motivazioni di tale scelta sono essenzialmente due, una di carattere<br />

tecnico, l’altra più teorica. Dal punto di vista pratico la gomma va necessariamente zavorrata per<br />

impedire, sebbene le forzanti abbiano ampiezze molto contenute, un eccessivo rimbalzo e lo<br />

spostamento longitudinale e laterale della stessa. Concettualmente invece il fatto di riprodurre<br />

proprio il carico reale a vettura ferma, significa porsi nell’intorno della deformazione statica iniziale<br />

della carcassa e del battistrada del pneumatico. Come verrà in seguito dimostrato, i parametri<br />

dinamici, soprattutto la rigidezza, dipendono infatti in larga misura da tale deformazione; in linea di<br />

principio per ogni valore di schiacciamento il pneumatico presenta caratteristiche differenti di<br />

elasticità e smorzamento.<br />

Sul pneumatico anteriore si sono condotte anche prove con masse di zavorra e conseguenti<br />

deformazioni differenti, in modo da poter analizzare la dipendenza del comportamento dinamico dal<br />

carico applicato.<br />

Le forzanti adottate per la caratterizzazione dinamica sono state di tipo sinusoidale in controllo di<br />

spostamento, sebbene nella realtà si presentino sollecitazioni ben più complesse.<br />

Effettuate le prove, si è passati all’analisi dei risultati sperimentali, condotta con lo scopo di<br />

validare il modello di dinamica verticale del pneumatico proposto, e di ottenere quindi gli


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 99<br />

andamenti dei parametri K e c in funzione della frequenza d’eccitazione, della sua ampiezza, della<br />

pressione di gonfiaggio della gomma.<br />

Mediante la costruzione per punti della risposta in frequenza della gomma per ogni condizione di<br />

prova, è stato possibile ricavare i valori cercati, e completare una “mappatura” del comportamento<br />

dinamico del sistema.<br />

È stato possibile inoltre completare con una certa precisione la caratterizzazione dei parametri del<br />

modello dinamico dell’intera vettura di FORMULA 3, valutando l’influenza del pneumatico sul<br />

comportamento del sistema globale.<br />

4.2.2 Descrizione della procedura di prova<br />

Dopo aver schematizzato il pneumatico come un sistema dinamico a un grado di libertà definito da<br />

due parametri concentrati, lo scopo delle prove sperimentali è stato quello di definire tali parametri<br />

e validare con i risultati trovati il semplice modello.<br />

Il pneumatico anteriore è stato zavorrato con una massa di 114.7 kg, pari alla percentuale della<br />

massa totale della vettura che si scarica su metà dell’asse anteriore (vedi dettagli in Figura 4.2.2).<br />

Figure 4.2.2 (a) e (b). Il pneumatico PIRELLI F3 anteriore zavorrato.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 100<br />

La zavorra è stata realizzata in piombo con due differenti tecniche per il lato esterno ed interno del<br />

cerchione; su quello interno, figura (b), è stata fissata una campana circolare in lamierino d’acciaio<br />

saldato in cui è stato fuso del piombo per una massa totale di 50 chilogrammi.<br />

Sul lato esterno del cerchione, riportato nella figura (a), si sono impacchettate una serie di lastre di<br />

piombo dello spessore di 2 millimetri, appositamente sagomate, ciascuna di massa pari a 2.2 kg. In<br />

questo modo è stato possibile effettuare le prove con masse differenti semplicemente scegliendo il<br />

numero di lastre da applicare. Le due zavorre sono state tenute assieme da una barra filettata in<br />

acciaio del diametro di 22 mm, avvitata direttamente nella campana da una parte, munita di bullone<br />

di serraggio dall’altra. Il pacchetto di lastre sull’esterno del cerchione è stato ulteriormente<br />

assicurato dal serraggio di due viti a prigioniero sulla flangia di supporto (traversa in nero di Figura<br />

4.2.2 (a)). È stato calcolato il baricentro della distribuzione di massa delle due zavorre, e distanziali<br />

di diverse misure sono stati interposti tra il piano d’appoggio del cerchione e le due flange, in modo<br />

da equilibrare staticamente il pneumatico per impedire l’ins<strong>org</strong>ere di moti in direzioni che non<br />

fossero quella verticale.<br />

La prima soluzione di vincolamento adottata ha previsto l’utilizzo di un supporto in acciaio reso<br />

Figure 4.2.3 (a) e (b). Vincolamento del pneumatico con guida e supporto.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 101<br />

solidale al corpo dell’attuatore oleodinamico tramite una serie di bulloni, e munito di<br />

un’incastellatura con due guide verticali; i particolari sono mostrati nelle Figure 4.2.3 (a) e (b).<br />

La gomma è tenuta in posizione da due perni in grado di scorrere nelle guide, e un braccio in<br />

acciaio saldato al fondo della campana ne impedisce i movimenti laterale e longitudinale; il<br />

movimento verticale del pneumatico è invece reso possibile dalle due guide, che durante le prove<br />

sono state periodicamente lubrificate.<br />

Il maggiore inconveniente che tale soluzione concettualmente molto semplice ha presentato, è stato<br />

quello legato all’ins<strong>org</strong>ere di martellamenti dei perni sulle guide e di conseguenti disturbi, rilevanti<br />

per le frequenze di risonanza, nel moto libero del pneumatico; a poco è servito stringere<br />

maggiormente i bulloni dei perni per ridurre i giochi presenti, in quanto la gomma ha cominciato a<br />

muoversi descrivendo un semiarco nel piano verticale con centro in prossimità dei due perni.<br />

La seconda soluzione adottata, dimostratasi vincente, ha previsto l’impiego di alcune funi munite di<br />

tiranti per regolarne la tensione, ancorate da una parte al pneumatico, in modo da impedirne il<br />

rotolamento o il movimento laterale, dall’altra a due supporti fissi.<br />

Tale soluzione, mostrata nelle due figure<br />

seguenti, ha permesso il movimento nel senso<br />

esclusivamente verticale, o quasi, del<br />

pneumatico, eccitato alla base dal movimento<br />

controllato dell’attuatore. La rigidezza delle<br />

funi in tensione, essendo queste disposte<br />

orizzontalmente, non ha influenzato<br />

significativamente quella del sistema oggetto<br />

del test. Regolando la tensione tramite i tiranti<br />

(Figura 4.2.5 pagina seguente), si è potuta<br />

inoltre ottenere una soddisfacente condizione<br />

di moto anche nelle Figura 4.2.4. Impiego delle funi.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 102<br />

frequenze di risonanza, particolarmente delicate da questo punto di vista in quanto in<br />

corrispondenza di tali forzanti il pneumatico ha presentato evidenti saltellamenti e rimbalzi sulla<br />

pedana di appoggio con conseguente perdita di contatto del battistrada.<br />

Figura 4.2.5. Le funi con i tiranti per regolarne la tensione.<br />

Infine, per valutare l’influenza dei parametri fisici e ambientali sul comportamento dinamico della<br />

gomma, è stata variata la pressione di gonfiaggio e sono state impiegate delle termocoperte, dello<br />

Figura 4.2.6. Il pneumatico riscaldato per le prove in temperatura.<br />

stesso tipo di quelle usate per le prove statiche, per mandare in temperatura la carcassa e il<br />

battistrada del pneumatico. Come già puntualizzato, le prove a caldo rivestono grande importanza<br />

nella valutazione dello scostamento tra il banco di prova e le condizioni di impiego su pista.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 103<br />

4.2.3 Acquisizione dei dati e costruzione della risposta in frequenza del sistema<br />

Il sistema di acquisizione dati ha previsto l’impiego di due accelerometri, uno disposto sulla<br />

gomma, l’altro sul piattello dell’attuatore, di un potenziometro per acquisire il segnale di<br />

spostamento relativo tra mozzo del pneumatico e attuatore, e della cella di carico posta nel corpo<br />

dell’attuatore per rilevare la contact patch load (forza di contatto a terra) del pneumatico.<br />

Un esempio di tutti questi segnali, acquisiti alla frequenza di 4 Hz per il pneumatico anteriore, è<br />

riportato nelle Figure 4.2.7.<br />

La risposta in frequenza del sistema è stata costruita per punti utilizzando i segnali di accelerazione<br />

della massa sospesa (pneumatico + zavorra) e della base eccitatrice (piattello dell’attuatore).<br />

Con riferimento al modello di Figura 4.2.1, l’equazione che descrive il comportamento del sistema<br />

oscillante lineare a parametri concentrati e un grado di libertà, con eccitazione alla base, si scrive:<br />

••<br />

•<br />

•<br />

M p x+<br />

c(<br />

x−<br />

y)<br />

+ K(<br />

x − y)<br />

= 0 (4-1)<br />

dove x = coordinata di spostamento verticale del mozzo del pneumatico [mm]<br />

y = coordinata di spostamento verticale del piattello [mm]<br />

z = x – y spostamento relativo [mm]<br />

Mp = massa totale pneumatico [kg]<br />

c = c(z, ω, Ain, p, T) smorzamento del pneumatico [Ns/m]<br />

K = K(z, ω, Ain, p, T) rigidezza del pneumatico [N/m] oppure [kg/mm]<br />

f = frequenza dell’eccitazione [Hz]<br />

ω = 2πf = pulsazione dell’eccitazione [rad/s]<br />

2 ⎛ cω<br />

⎞<br />

ϕ = arctg ⎜<br />

⎟ angolo di sfasamento tra ingresso e uscita [rad]<br />

2<br />

⎝ K − Mω<br />

p ⎠<br />

Ain = ampiezza della forzante [mm]<br />

p = pressione di gonfiaggio del pneumatico [bar]<br />

T = temperatura del pneumatico [°C].


Mediante la sostituzione z = x – y, la (4-1) può essere scritta<br />

••<br />

•<br />

M z c z+<br />

Kz = −M<br />

p<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 104<br />

••<br />

p + y (4-2).<br />

È molto importante notare che le equazioni differenziali a coefficienti non costanti (indagine della<br />

ricerca) (4-1) e (4-2), sono relative al modello di Figura 4.2.1 se e solo se il vincolo di contatto<br />

battistrada - suolo è bilatero, non permette cioè il distacco da terra del pneumatico. Di tale ipotesi si<br />

terrà conto in seguito.<br />

La risposta del sistema in termini di rapporto tra le accelerazioni e sfasamento tra entrata ed uscita,<br />

è stata costruita per punti, ognuno relativo alla frequenza di prova, presupponendo che per ognuno<br />

di tali punti il sistema fosse lineare. Di conseguenza, per ogni ϖ fissata, sia l’eccitazione della base<br />

che la risposta del sistema si possono scrivere in forma sinusoidale:<br />

⎪⎧<br />

y = A<br />

⎨<br />

⎪⎩ x = A<br />

in<br />

out<br />

sen<br />

sen<br />

( ϖt)<br />

⎯<br />

( ϖt<br />

−ϕ<br />

)<br />

⎯→ eccitazione<br />

⎯⎯→<br />

risposta<br />

in cui Ain e Aout sono le ampiezze delle oscillazioni, ϕ lo sfasamento tra le due grandezze.<br />

Per costruire la risposta del sistema si è quindi calcolato il rapporto β tra le due accelerazioni:<br />

β =<br />

passando attraverso la funzione di trasferimento tra i due segnali valutata alla frequenza di interesse.<br />

In modo analogo è stato ricavato lo sfasamento ϕ espresso in radianti per la costruzione per punti<br />

del diagramma della fase, andando cioè a leggere la parte immaginaria della funzione di<br />

trasferimento nel punto corrispondente a ϖ, dove la coerenza si presentava di valore unitario.<br />

Di seguito viene riportata la metodologia di acquisizione dati e costruzione della risposta in<br />

frequenza del sistema adottata, nel caso relativo al pneumatico PIRELLI anteriore, con<br />

̇x<br />

̇<br />

̇y<br />

̇<br />

Mp = 114.7 kg p = 1.05 bar<br />

Ain = 1 mm T = Tamb = 24 °C.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 105<br />

1. Con la gomma zavorrata e le funi di contenimento in posizione, si avvia il banco di prova<br />

Seven-Poster mandando in temperatura l’olio in pressione nell’attuatore. Viene azzerato il<br />

valore letto dalla cella di carico prima di appoggiare con l’ausilio di un paranco il pneumatico<br />

sulla pedana.<br />

2. Viene impostata la campagna di prove, che prevede in questo caso una legge di spostamento y<br />

dell’attuatore della forma<br />

per f = 1÷20 Hz con il seguente step:<br />

( 2 ft)<br />

y = 1∗sen<br />

π [mm]<br />

f [Hz] 1 2 3 4 5 5.5 5.7 6 6.5 7 7.3 7.7<br />

8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20<br />

Il tempo t è stato generalmente pari a 20÷30 secondi, mentre l’acquisizione dei segnali è stata<br />

limitata agli ultimi 10 secondi; questo per escludere dall’analisi un breve transitorio iniziale.<br />

Nelle Figure 4.2.7 si riportano gli andamenti nel tempo acquisiti delle accelerazioni, (a) e (b), dello<br />

spostamento relativo z, (c), della forza di contatto a terra (d) per la frequenza di 4 Hz.<br />

Figure 4.2.7 (a) e (b). Accelerazioni della massa sospesa e della base a f = 4 Hz.<br />

Nelle Figure 4.2.7 (e) ed (f) vengono diagrammati invece gli andamenti temporali del movimento<br />

sinusoidale del piattello e della sua velocità, calcolata semplicemente derivando lo spostamento<br />

rispetto al tempo.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 106<br />

Figure 4.2.7 (c) e (d). Spostamento relativo z = x - y e forza di contatto a terra a f = 4 Hz.<br />

Figure 4.2.7 (e) ed (f). Spostamento e velocità del piattello a f = 4 Hz.<br />

3. Per ogni frequenza analizzata si è valutato il valore della funzione di trasferimento tra<br />

accelerazione del mozzo e accelerazione del piattello alla frequenza corrispondente, ricavando il<br />

rapporto β. La funzione di trasferimento è stata calcolata con un programma dedicato sviluppato<br />

nell’ambiente di MatLab.<br />

Da un’analoga analisi sulla fase dei due segnali sono stati ottenuti i valori dello sfasamento ϕ,<br />

che hanno permesso la costruzione per punti del diagramma di fase del sistema.<br />

Tale diagramma si rivela particolarmente importante per valutare la presenza di risonanze nella<br />

funzione di risposta in frequenza, evidenziate da repentini e più o meno drastici cambiamenti<br />

della fase.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 107<br />

4. Con i punti ottenuti si costruiscono i diagrammi di ampiezza e fase, riportati di seguito a titolo<br />

di esempio, e relativi allo specifico caso considerato.<br />

Figura 4.2.8. Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI anteriore, per Ain = 1 mm, p =1,05 bar.<br />

-1,57<br />

ffff [rad]<br />

-3,14<br />

bb<br />

10<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

f [Hz]<br />

f [Hz]<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

Figura 4.2.9. Andamento della fase della risposta di Figura 4.2.8.<br />

Nella curva di risposta del sistema è evidente una prima netta risonanza alla frequenza di 6<br />

Hz, ed un secondo picco di ampiezza molto più contenuta in corrispondenza di 19 Hz; il<br />

diagramma della fase conferma la presenza di queste due risonanze con un cambiamento di<br />

π radianti in corrispondenza del picco principale, e una “campana” alla frequenza di 19 Hz.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 108<br />

4.2.4 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 114.7 kg<br />

Nelle figure da 4.2.10 a 4.2.21 si riportano le curve di risposta in frequenza del pneumatico<br />

anteriore PIRELLI F3, di massa globale pari a 114.7 kg, costruite seguendo la metodologia esposta<br />

al punto precedente.<br />

Si ricorda che in ascisse viene riportata la frequenza f di eccitazione in Hz, in ordinate il rapporto<br />

adimensionale β tra l’accelerazione rilevata sperimentalmente del mozzo e quella dell’attuatore;<br />

ogni diagramma di β in funzione di f, è seguito dalla relativa rappresentazione della fase.<br />

I parametri che sono stati variati sono la pressione di gonfiaggio p espressa in bar e l’ampiezza<br />

dell’eccitazione Ain in millimetri, secondo lo schema riassuntivo sotto riportato:<br />

Pneumatico PIRELLI F3 anteriore, 200/50-13’. Massa 114.7 kg.<br />

Pressione<br />

[bar]<br />

Ampiezza di y(t)<br />

[mm]<br />

1.05 1.25 1.50<br />

1 1 1<br />

1.5 1.5 1.5<br />

2 2 2<br />

Le prime tre coppie di diagrammi sono relativi alle prove condotte a temperatura ambiente, ovvero<br />

a freddo, mentre gli altri sei diagrammi alle prove con il pneumatico in temperatura con la<br />

termocoperta attivata (vedi Figura 4.2.6). La distribuzione di temperatura rilevata in quest’ultimo<br />

caso è risultata molto simile a quella delle prove statiche condotte sulla pressa (Capitolo 4.1),<br />

ovvero battistrada a circa 60÷70°C, spalle e cerchione a 40÷45°C.<br />

Le pressioni durante le prove in temperatura sono state mantenute agli stessi valori dei test a freddo<br />

per poter avere un riscontro diretto.


Prove a freddo.<br />

9<br />

b<br />

Angolo di sfasamento f<br />

f [rad]<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 109<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.05 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 2 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 1 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.10. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Tamb, pressione 1.05 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 2 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 1 mm<br />

Figura 4.2.11. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.<br />

f [Hz]


7<br />

bb<br />

Angolo di sfasamento ff [rad]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 110<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.25 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.12. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Tamb, pressione 1.25 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.13. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.<br />

f [Hz]


7<br />

b<br />

Angolo di sfasamento f<br />

f [rad]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 111<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.50 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.14. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.50 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Tamb, pressione 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.15. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.50 bar.<br />

f [Hz]


Prove a caldo.<br />

8<br />

b<br />

Angolo di sfasamento ff [rad]<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 112<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.05 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.16. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.05 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Thot, pressione 1.05 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.17. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.05 bar.<br />

f [Hz]


9<br />

b<br />

Angolo di sfasamento f [rad]<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 113<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.25 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.18. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.25 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Thot, pressione 1.25 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.19. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.25 bar.<br />

f [Hz]


7<br />

b<br />

Angolo di sfasamento ff [rad]<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 114<br />

Pneumatico anteriore, pressione 1.50 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.20. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.50 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico anteriore, T = Thot, pressione 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.21. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.50 bar.<br />

f [Hz]


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 115<br />

Un confronto tra le risposte del pneumatico al variare della pressione si può ottenere sovrapponendo<br />

i diagrammi relativi ad una specifica ampiezza di ingresso Ain a differenti pressioni di gonfiaggio.<br />

b<br />

bb<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Pneumatico anteriore a freddo al variare della pressione<br />

Ain = 1 mm.<br />

p = 1.05 bar<br />

p = 1.25 bar<br />

p = 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.22. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1 mm.<br />

P n e u m a tic o a n te r io r e a fr e d d o a l v a r ia r e d e lla p r e s s io n e<br />

A in = 1 .5 m m .<br />

p = 1 .0 5 b a r<br />

p = 1 .2 5 b a r<br />

p = 1 .5 0 b a r<br />

0 2 4 6 8 1 0 1 2 1 4 1 6 1 8 2 0<br />

f [H z ]<br />

Figura 4.2.23. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1.5 mm.


7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

b<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 116<br />

Pneumatico anteriore a freddo al variare della pressione<br />

Ain = 2 mm.<br />

p = 1.05 bar<br />

p = 1.25 bar<br />

p = 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.24. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 2 mm.<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Pneumatico anteriore a caldo al variare della pressione<br />

Ain = 1 mm.<br />

p = 1.05 bar<br />

p = 1.25 bar<br />

p = 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.25. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1 mm.


b<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 117<br />

Pneumatico anteriore a caldo al variare della pressione<br />

Ain = 1.5 mm.<br />

p = 1.05 bar<br />

p = 1.25 bar<br />

p = 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.26. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1.5 mm.<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Pneumatico anteriore a caldo al variare della pressione<br />

Ain = 2 mm.<br />

p = 1.05 bar<br />

p = 1.25 bar<br />

p = 1.50 bar<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.27. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 2 mm.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 118<br />

4.2.5 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 posteriore. Massa 137.2 kg<br />

Prove a temperatura ambiente<br />

b<br />

Angolo di sfasamento [f ]<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.05 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.28. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pne umatico poste riore , pressione 1.05 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.29. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.


Angolo di sfasamento [ff ]<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 119<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.25 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.30. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico posteriore, pressione 1.05 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.31. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.


9<br />

b<br />

Angolo di sfasamento [ff ]<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 120<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.50 bar<br />

T = Tamb<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.32. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico posteriore, pressione 1.50 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.33. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.


Prove con il pneumatico in temperatura<br />

.<br />

b<br />

Angolo di sfasamento [ff]<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 121<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.05 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain =1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.34. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.05 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico posteriore, pressione 1.05 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain =2 mm<br />

Figura 4.2.35. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.05 bar.


Angolo di sfasamento [f ]<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 122<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.25 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.36. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.25 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico posteriore, pressione 1.25 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.37. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.25 bar.


Angolo di sfasamento [f ]<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 123<br />

Pneumatico poseriore, pressione 1.50 bar<br />

T = Thot<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

f [Hz]<br />

Figura 4.2.38. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.50 bar.<br />

0<br />

-1,57<br />

-3,14<br />

Pneumatico posteriore, pressione 1.50 bar<br />

f [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.39. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.50 bar.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 124<br />

4.2.6 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 67 kg<br />

Angolo di sfasamento ff [rad]<br />

b<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Risposta in frequenza del pneumatico anteriore<br />

m = 67 kg, p=1.05 bar<br />

T = Tamb<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

Frequenza [Hz]<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.40. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo con m = 67 kg, p = 1.05 bar.<br />

3,14<br />

2,36<br />

1,57<br />

0,79<br />

0,00<br />

Fase del pneumatico anteriore con m= 67 kg.<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

Frequenza [Hz]<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.41. Diagrammi delle fasi per il pneumatico anteriore a freddo con m = 67 kg, p = 1.05 bar.


Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 125<br />

4.2.7 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 90 kg<br />

b<br />

Angolo di sfasamento f [rad]<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Figura 4.2.42. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo con m = 90 kg, p = 1.05 bar.<br />

3,14<br />

2,36<br />

1,57<br />

0,79<br />

0,00<br />

Fase delpneumatico anteriore con m = 90 kg.<br />

Risposta in frequenza del pneumatico anteriore<br />

m = 90 kg, p = 1.05 bar<br />

T = Tamb<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

Frequenza [Hz]<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22<br />

Frequenza [Hz]<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Figura 4.2.43. Diagrammi delle fasi per il pneumatico anteriore a freddo con m = 90 kg, p = 1.05 bar.


4.3 Analisi e discussione dei dati sperimentali<br />

4.3.1 Osservazioni<br />

Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 126<br />

Una prima analisi visiva delle curve in frequenza esposte alla sezione precedente ha portato alle<br />

seguenti osservazioni:<br />

1. La risposta in frequenza del sistema presenta una netta risonanza, il cui valore non si mantiene<br />

costante al variare dell’ampiezza di eccitazione e della pressione di gonfiaggio del pneumatico<br />

2. Altri picchi in frequenza, di ampiezza molto più attenuata, sono in genere presenti nelle risposte<br />

sperimentali; la loro origine è stata associata al visibile traballamento in senso laterale della<br />

gomma posta sull’attuatore, all’uscita dalla risonanza. La causa di ciò è stata imputata allo<br />

sbalzo della zavorra, non perfettamente centrata, e al sistema di vincolamento del pneumatico. I<br />

punti che definiscono questi picchi, pur essendo stati riportati interamente in quanto parte<br />

dell’acquisizione sperimentale, non sono stati considerati in fase di analisi<br />

3. Il sistema evidenzia le sue caratteristiche di non-linearità, in quanto non si ha mai la coincidenza<br />

delle curve relative a diversi valori di Ain, ampiezza della forzante sinusoidale. L’analisi è stata<br />

condotta quindi punto per punto.<br />

4. L’analisi delle curve di risposta nel tempo ha confermato l’andamento sinusoidale periodico del<br />

segnale di uscita, il quale, se sovrapposto a quello di ingresso, mostra uno smorzamento<br />

nell’ampiezza ed un ritardo di fase<br />

5. Nell’intorno della frequenza di risonanza il pneumatico mostrava evidenti saltellamenti sul<br />

piattello dell’attuatore oleodinamico, con conseguente perdita di contatto temporaneo. I valori<br />

calcolati con il modello proposto, che non considera la possibilità di una perdita di contatto tra il<br />

battistrada e il suolo, non sono quindi da ritenersi attendibili per le frequenze in cui il<br />

pneumatico saltella. Queste sono state stimate attraverso l’analisi della curva nel dominio del<br />

tempo della forza di contatto gomma-piattello, per ciascuna frequenza. Le frequenze in cui la<br />

forza si annulla (perdita del contatto), non possono essere incluse nel calcolo effettuato con il


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 127<br />

modello a contatto. Rigidezza e smorzamento sono stati calcolati quindi con un altro metodo,<br />

detto della larghezza di banda.<br />

6. Il segnale che si ha in uscita per le frequenze lontane dalle risonanza è molto basso, essendo<br />

molto ridotto il valore di β.<br />

4.3.2 Calcolo della rigidezza e dello smorzamento con modello a contatto<br />

Il calcolo dei parametri del modello dinamico di pneumatico considerato, la rigidezza K e lo<br />

smorzamento c, è stato in un primo tempo effettuato analizzando per punti le curve di risposta in<br />

frequenza; per ciascun punto sperimentale si sono applicate le formule relative alla vibrazione di un<br />

sistema ad un grado di libertà. La risposta in frequenza per tale sistema vale<br />

in cui<br />

̇x<br />

̇ A<br />

β = =<br />

̇y<br />

̇ A<br />

ζ =<br />

out<br />

2<br />

in<br />

c<br />

=<br />

Km<br />

1+<br />

( 2ζω<br />

/ ω n )<br />

2 2<br />

( ω / ω ) + 2<br />

[ ] ( ) 2<br />

1−<br />

ζω / ω<br />

Inoltre tra lo smorzamento e la rigidezza è valida la relazione:<br />

n<br />

2 ( K mω<br />

)<br />

2<br />

n<br />

K<br />

ω n = .<br />

m<br />

1<br />

c = tgϕ<br />

− (4.3-2).<br />

ω<br />

(4.3-1)<br />

Per cui tramite i valori della risposta β e dello sfasamento ϕ per ciascuna frequenza è stato possibile<br />

calcolare la rigidezza e lo smorzamento del pneumatico in funzione della frequenza nel campo di<br />

indagine e dell’ampiezza di spostamento in ingresso.<br />

In Figura 4.3.1 viene riportato un esempio di calcolo della rigidezza dinamica per punti espressa in<br />

[kg/mm]; è evidenziato l’intervallo in cui il modello considerato non può essere impiegato, in<br />

quanto per tali frequenze la gomma perde il contatto con la base eccitatrice, nella fattispecie il<br />

piattello d’appoggio dell’attuatore oleodinamico. Di seguito, in Figura 4.3.2, è diagrammato lo<br />

smorzamento c in [Ns/m]; il suo andamento si rivela crescente al crescere della frequenza.


Smorzamento [Ns/m]<br />

2000<br />

1800<br />

1600<br />

1400<br />

1200<br />

1000<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

Figura 4.3.1 Metodo di calcolo della rigidezza dinamica per punti.<br />

Ain = 1 mm<br />

Ain = 1.5 mm<br />

Ain = 2 mm<br />

Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 128<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16<br />

Frequenza [Hz]<br />

Figura 4.3.2 Smorzamento per il pneumatico anteriore con il metodo di calcolo per punti.<br />

Una serie di critiche oggettive è stata in seguito mossa verso il metodo di calcolo dei parametri a<br />

partire dall’analisi puntuale della risposta; le curve di rigidezza in funzione della frequenza che ne<br />

risultano dimostrano che il sistema è di tipo softening, diminuisce cioè in rigidezza all’aumentare<br />

della ampiezza di eccitazione. D’altra parte l’andamento complessivo della rigidezza mostra un<br />

carattere non definito che è stato considerato e poco attendibile: la zona di maggiore segnale, quella<br />

attorno alla risonanza, viene immancabilmente scartata, in quanto mostra una cuspide nel punto di


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 129<br />

risonanza; inoltre alle basse frequenze, dove il pneumatico si muove pochissimo, si hanno valori<br />

molto elevati della rigidezza, la quale, contrariamente a quanto ci si aspetti, sembrerebbe calare<br />

all’aumentare della frequenza.<br />

La presenza di altri picchi di minore entità (si vedano a riguardo le curve relative al pneumatico<br />

anteriore con masse di 67 e 90 kg), legati all’ins<strong>org</strong>ere di un altro modo di vibrare del pneumatico,<br />

seppure trascurata nel calcolo, va sicuramente a sporcare in modo tutt’altro che quantificabile la<br />

risposta del modo verticale.<br />

Per tali motivi è stato impiegato un altro metodo, riportato di seguito, per il calcolo dei parametri<br />

dinamici; esso è stato scelto per la semplicità che lo contraddistingue e per il fatto che restringe<br />

l’analisi ai punti maggiormente significativi attorno alla risonanza.<br />

4.3.3 Il metodo della larghezza di banda<br />

La forma della risposta in frequenza di un sistema monodimensionale è strettamente correlata al<br />

valore del coefficiente di smorzamento. Diagrammando la risposta in frequenza del sistema in<br />

funzione del parametro adimensionale<br />

ω<br />

r = il valore β della risposta è esprimibile nella forma<br />

ω<br />

n<br />

1<br />

β = (4.3-3).<br />

( ) ( ) 2<br />

2 2<br />

1−<br />

r + 2rζ<br />

Il metodo, detto anche half-power method, si basa sul calcolo del valore di r in corrispondenza di β<br />

pari a ( / 2)<br />

1 volte il valore massimo, quello cioè in corrispondenza della risonanza.<br />

Poiché per r = 1 (condizione di risonanza naturale) è<br />

sostituendo nella (4.3-3) si ottiene<br />

1<br />

2<br />

1<br />

ζ =<br />

2β<br />

r=<br />

1<br />

1 1<br />

=<br />

2ζ<br />

r<br />

( ) ( ) 2<br />

2 2<br />

1−<br />

r + 2 ζ


espressione che quadrata da entrambe le parti porta alla<br />

2 2<br />

2<br />

( 2ζ<br />

−1)<br />

r + ( 1−<br />

8 ) = 0<br />

4<br />

r + 2<br />

ζ (4.3-4).<br />

Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 130<br />

Nell’ipotesi che il coefficiente di smorzamento sia molto piccolo, le radici della (4.3-4), trascurando<br />

gli ordini di ζ superiori al secondo, sono<br />

r<br />

r<br />

1<br />

2<br />

=<br />

=<br />

( )<br />

( ) 2 / 1<br />

2 1/<br />

2<br />

1−<br />

2ζ<br />

− 2ζ<br />

2<br />

1+<br />

2ζ<br />

− 2ζ<br />

Elevando al quadrato e sottraendo la seconda equazione alla prima si ottiene infine<br />

2 2 ( r − r )<br />

1<br />

ζ = 2 1 (4.3-5)<br />

4<br />

che è l’espressione dello smorzamento cercata. L’intervallo di frequenze comprese tra r1 e r2 viene<br />

chiamato banda di frequenza a mezza potenza, per il fatto che il lavoro dissipato ad ogni ciclo per<br />

effetto dell’attrito viscoso del materiale in corrispondenza di r1 o r2, è approssimativamente la metà<br />

di quello dissipato in condizioni di risonanza.<br />

In Figura 4.3.3 viene mostrato il metodo della larghezza di banda per la valutazione di ζ; tracciando<br />

la retta parallela all’asse delle ascisse per il valore di = ( 1 / 2)<br />

β r=<br />

1<br />

risposta i due valori r1 ed r2, ed è possibile l’utilizzo della (4.3-5).<br />

Figura 4.3.3 Metodo delle larghezza di banda.<br />

β si trovano sulla curva della


Per il calcolo della rigidezza si ha poi<br />

K<br />

ω d = ω n<br />

−<br />

m<br />

2<br />

2<br />

1− 2ζ<br />

= 1 2ζ<br />

Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 131<br />

Figura 4.3.4 Metodo delle larghezza di banda applicato ad una curva sperimentale.<br />

4.3.4 Risultati delle prove sperimentali<br />

I valori di rigidezza e di smorzamento sono stati diagrammati in funzione della ampiezza della<br />

forzante Ain espressa in millimetri e della pressione di gonfiaggio p in bar.<br />

Non essendo stato possibile calcolare i due parametri per tutte le frequenze investigate, è stato<br />

effettuato un raffronto con le prove del pneumatico con zavorra di 67 e 90 chilogrammi, in modo<br />

tale da traslare la frequenza di risonanza. Dall’analisi di tali valori, seppure scarsi in numero, si è<br />

dedotto che la rigidezza dinamica e lo smorzamento non subiscono, nell’intorno delle frequenze in<br />

esame, apprezzabili cambiamenti.<br />

.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 132<br />

È possibile quindi costruire i diagrammi di K e c non considerando l’influenza della frequenza<br />

senza commettere un grande errore, in quanto le risonanze sono molto vicine tra loro. In tabella<br />

vengono riportati i risultati delle prove sperimentali.<br />

Pneumatico Anteriore, massa = 114.7 kg<br />

A temperatura ambiente<br />

p [bar] 1,05 1,25 1,5<br />

Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2<br />

K [kg/mm] 20,1 19,2 17,0 21,0 20,2 18,3 22,1 21,4 20,3<br />

fd [hz] 6,0 6,0 5,5 6,5 6,0 5,7 6,5 6,5 6,0<br />

c [Ns/m] 341,7 410,0 547,9 408,0 426,8 486,3 444,5 600,8 710,2<br />

In temperatura<br />

p [bar] 1,05 1,25 1,5<br />

Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2<br />

K [kg/mm] 18,2 17,6 16,6 19,0 18,2 17,0 21,0 20,2 18,3<br />

fd [hz] 5,7 5,5 5,5 6,0 5,7 5,5 6,5 6,0 5,7<br />

c [Ns/m] 274,1 405,0 549,9 324,5 401,0 507,9 526,3 689,4 754,2<br />

Pneumatico Posteriore, massa = 137,2 kg<br />

A temperatura ambiente<br />

p [bar] 1,05 1,25 1,5<br />

Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2<br />

K [kg/mm] 20,5 19,8 18,0 21,1 20,4 19,3 22,3 21,4 19,6<br />

fd [hz] 5,7 5,5 5,5 6,0 5,7 5,5 6,5 6,0 5,7<br />

c [Ns/m] 346,6 526,3 620,0 511,5 574,9 638,6 666,6 657,0 689,9<br />

In temperatura<br />

p [bar] 1,05 1,25 1,5<br />

Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2<br />

K [kg/mm] 20,0 19,1 17,8 20,6 19,6 18,9 21,6 20,8 18,6<br />

fd [hz] 5,7 5,5 5,5 6,0 5,7 5,5 6,0 5,7 5,7<br />

c [Ns/m] 469,6 557,2 711,9 422,3 514,9 656,0 477,7 546,3 722,2<br />

Pneumatico Anteriore, massa = 67 kg Pneumatico Anteriore, massa = 90 kg<br />

A temperatura ambiente A temperatura ambiente<br />

p [bar] 1,05 p [bar] 1,05<br />

Ain [mm] 1 2 Ain [mm] 1 2<br />

K [kg/mm] 21,0 17,2 K [kg/mm] 20,2 17,0<br />

fd [hz] 7,4 6,8 fd [hz] 6,6 6,2<br />

c [Ns/m] 459,9 643,8 c [Ns/m] 413,3 599,9


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 133<br />

Figura 4.3.5. Rigidezza verticale in [kg/mm]del pneumatico anteriore in funzione della frequenza.<br />

Figura 4.3.6. Smorzamento in [Ns/m] del pneumatico anteriore in funzione della frequenza.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 134<br />

Figura 4.3.7. Rigidezza verticale del pneumatico anteriore a temperatura ambiente in funzione di Ain della<br />

forzante e della pressione di gonfiaggio.<br />

Figura 4.3.8. Smorzamento del pneumatico anteriore a freddo in funzione di Ain della forzante e della pressione.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 135<br />

Figura 4.3.9. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 anteriore in temperatura in funzione di Ain della<br />

forzante e della pressione di gonfiaggio.<br />

Figura 4.3.10. Smorzamento del pneumatico anteriore a caldo in funzione di Ain della forzante e della pressione.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 136<br />

Figura 4.3.11. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 posteriore a temperatura ambiente in funzione di<br />

Ain della forzante e della pressione di gonfiaggio.<br />

Figura 4.3.12. Smorzamento del pneumatico posteriore a freddo in funzione di Ain e della pressione.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 137<br />

Figura 4.3.13. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 posteriore in temperatura in funzione di Ain della<br />

forzante e della pressione di gonfiaggio.<br />

Figura 4.3.14. Smorzamento del pneumatico posteriore a caldo in funzione di Ain e della pressione.


Rigidezza [kg/mm]<br />

Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 138<br />

Figura 4.3.15. Confronto tra le rigidezze a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.<br />

Smorzamento [Ns/m]<br />

22,0<br />

20,0<br />

18,0<br />

16,0<br />

14,0<br />

12,0<br />

10,0<br />

800,0<br />

700,0<br />

600,0<br />

500,0<br />

400,0<br />

300,0<br />

200,0<br />

Figura 4.3.16. Confronto tra gli smorzamenti a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.<br />

Discussione dei risultati<br />

Temperatura<br />

ambiente<br />

Temperatura di<br />

esercizio<br />

p=1.05 bar<br />

0 0,5 1 1,5 2 2,5<br />

Ampiezza Ain [mm]<br />

Temperatura<br />

ambiente<br />

Temperatura di<br />

esercizio<br />

p=1.05 bar<br />

0 0,5 1 1,5 2 2,5<br />

Ampiezza Ain [mm]<br />

I risultati ottenuti per i due pneumatici PIRELLI F3 anteriore e posteriore sono stati ricavati dalle<br />

prove sperimentali condotte su uno degli attuatori del Seven-Poster Rig. Le prove sono state<br />

condotte con i pneumatici a temperatura ambiente e a caldo ad una temperatura prossima a quella di<br />

esercizio su pista. È stata variata la pressione di gonfiaggio, l’ampiezza dello spostamento<br />

sinusoidale del piattello dell’attuatore e, per il pneumatico anteriore, il carico applicato.


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 139<br />

Per la caratterizzazione del comportamento dinamico verticale del pneumatico è stato adottato un<br />

semplice modello a due parametri concentrati che tengano conto della rigidezza e dello<br />

smorzamento del sistema. In generale tali parametri hanno dimostrato, in accordo con le ipotesi di<br />

non-linearità del sistema, di essere funzione di tutti i parametri in ingresso; in particolare la<br />

deformazione verticale del pneumatico si è rivelato il fattore più incisivo. Una prima metodologia<br />

impiegata per il calcolo di K e di c non ha portato a risultati apprezzabili per una serie di motivi: il<br />

pneumatico perdeva di contatto nell’intorno di frequenze vicino a quella della risonanza, e la sua<br />

risposta non poteva essere valutata. Per le altre frequenze, a causa della tipologia di modello ad un<br />

grado di libertà impiegato, non è stato possibile valutare l’influenza che altri modi di vibrare insorti<br />

hanno causato nella risposta, ed il segnale si è presentato molto debole lontano dalle risonanze.<br />

Una valutazione approssimata del comportamento dinamico dei pneumatici è stata tuttavia allora<br />

analizzando i picchi di risonanza della funzione di risposta in frequenza con il metodo della<br />

larghezza di banda a mezza potenza, il quale ha fornito rigidezza e smorzamento per ogni valore<br />

dell’ampiezza della curva di eccitazione in ingresso.<br />

Le prove a massa differente, effettuate solamente sul pneumatico anteriore, hanno dimostrato che la<br />

rigidezza, nell’intorno delle frequenze in esame, non subisce grandi variazioni, ed il suo valore è<br />

leggermente superiore a quello statico. Questo fatto ha permesso di analizzare il comportamento<br />

dinamico del sistema per le frequenze attorno alla risonanza, valutando l’influenza degli altri<br />

parametri. La deformazione statica iniziale attorno alla quale il pneumatico oscilla, corrisponde in<br />

ogni caso a quella presente sulla vettura non in movimento.<br />

L’analisi dei risultati può essere soggetta alle seguenti conclusioni:<br />

1. Entrambi i pneumatici PIRELLI hanno mostrato un calo di rigidezza, accompagnato da un<br />

aumento dello smorzamento, all’aumentare dello spostamento della base eccitatrice<br />

(comportamento di tipo softening)<br />

2. Un aumento della pressione di gonfiaggio provoca l’irrigidimento del pneumatico, e l’effetto è<br />

più marcato per una maggiore ampiezza dell’eccitazione della base


Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 140<br />

3. I pochi punti a disposizione per l’analisi della dipendenza dal carico per il pneumatico anteriore<br />

mostrano un leggero aumento di rigidezza all’aumentare della frequenza. Questo fatto è peraltro<br />

in linea con il comportamento viscoelastico della gomma. Per le frequenze di indagine, pari a 6,<br />

6.6 e 7.4 Hz, il pneumatico mostra inoltre una rigidezza molto simile. Tale rigidezza si mantiene<br />

comunque vicina ai valori di rigidezza statica.<br />

4. L’effetto della temperatura, coeteris paribus, è quello di abbassare i valori di rigidezza per<br />

entrambi i pneumatici ed innalzarne lo smorzamento. Le rigidezze dinamiche in temperatura<br />

sono quindi del tutto paragonabili a quelle calcolate nelle prove di caricamento statico.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 141<br />

Capitolo 5. Sviluppo di un modello matematico a parametri concentrati per la<br />

Introduzione<br />

vettura F3<br />

Lo scopo di un modello matematico che simuli un certo fenomeno fisico, è essenzialmente quello di<br />

comprendere in modo veloce ed economico i parametri che regolano il fenomeno stesso, ed il ruolo<br />

ricoperto da ognuno di essi nella dinamica del sistema.<br />

Alla base dello sviluppo di uno strumento di simulazione realistico e flessibile, c’è il processo di<br />

modellazione del sistema in esame; viene preso in considerazione ogni componente autonomo dal<br />

punto di vista dinamico, ed ogni <strong>org</strong>ano in grado di trasmettere forze e accelerazioni. La<br />

modellazione si basa poi su determinate ipotesi più o meno semplificative, che si rivelano nella<br />

maggior parte dei casi i limiti del modello stesso. Mediante la rimozione di talune ipotesi si può<br />

comunque portare l’evoluzione di ogni modello a livelli più spinti che forniscono risultati più<br />

attendibili o più significativi.<br />

L’idea che sta alla base di ogni modellazione è però comune: un modello non va inteso come un<br />

esercizio matematico fine a se stesso, bensì come uno strumento da tarare con dati sperimentali la<br />

cui finalità è in fondo quella di supportare e completare l’interpretazione di fenomeni fisici reali.<br />

Con tale spirito, con l’ausilio di due modelli matematici di diversa complessità, è stata<br />

schematizzata ed analizzata la dinamica verticale vibratoria della vettura Dallara da FORMULA 3.<br />

Vista laterale della monoposto Dallara FORMULA 3.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 142<br />

5.1 Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà<br />

5.1.1 Ipotesi semplificative e modello adottato<br />

Il modello è stato sviluppato con il modulo SIMULINK di MATLAB versione 5.1 che permette la<br />

simulazione di fenomeni fisici anche complessi.<br />

Lo schema di riferimento è quello della monosospensione di Figura 2.2.13 (modello De Carbon),<br />

detto anche modello del quarto di macchina, qui riportato per comodità.<br />

Per lo sviluppo della simulazione sono state formulate le seguenti ipotesi:<br />

H1. Il modello è a parametri concentrati<br />

H2. I movimenti della vettura sono esclusivamente in direzione verticale<br />

H3. Il modello è lineare<br />

H4. Vengono trascurate le forze aerodinamiche<br />

H5. Non si ha distacco del pneumatico dal suolo.<br />

Figura 5.1.1. Modello a due gradi di libertà relativo a metà vettura.<br />

Secondo quanto riportato nello schema di figura, i parametri che caratterizzano il modello sono:<br />

M = massa sospesa sull’anteriore o sul posteriore [kg]<br />

m = massa non sospesa (ruote e parte delle sospensioni) [kg]<br />

Ka = costante elastica delle molle dell’ammortizzatore [N/m]<br />

ca = costante di smorzamento dell’ammortizzatore [Ns/m]<br />

Kt = costante elastica dei pneumatici anteriore o posteriore [N/m].


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 143<br />

Viene quindi trascurato, in prima approssimazione, il parametro di smorzamento dei pneumatici, i<br />

quali vengono schematizzati come una semplice molla.<br />

Le coordinate che definiscono il moto del sistema sono invece:<br />

xM = spostamento verticale della massa sospesa<br />

xm = spostamento verticale della massa non sospesa<br />

x = eccitazione data dal profilo altimetrico della strada.<br />

Le equazioni del moto delle due masse si scrivono<br />

..<br />

.<br />

.<br />

M x M = −ca<br />

x M + ca<br />

x m − K a xM<br />

+<br />

..<br />

.<br />

.<br />

m x m = ca<br />

x M − ca<br />

x m + K a xM<br />

− ( K a + K t ) xm<br />

+ K t x<br />

K<br />

a<br />

x<br />

m<br />

(5.1-1)<br />

(5.1-2)<br />

che sono due equazioni differenziali accoppiate in cui compaiono spostamenti, velocità e<br />

accelerazioni delle coordinate xM e xm.<br />

La contact patch load (CPL, forza di contatto a terra), che rappresenta la forza che si scambia il<br />

pneumatico con il terreno, è la quantità<br />

CPL t m<br />

[ x ( t)<br />

− x(<br />

) ]<br />

( t)<br />

= −K<br />

t<br />

(5.1-3)<br />

mentre la strut force (SF, forza sugli ammortizzatori) che si scambiano massa sospesa e massa non<br />

sospesa, è definita da<br />

.<br />

.<br />

⎡<br />

⎤<br />

( t)<br />

= −K<br />

a [ xM<br />

( t)<br />

− xm<br />

( t)<br />

] − ca<br />

⎢<br />

x M ( t)<br />

− x ( t)<br />

⎣<br />

⎥<br />

(5.1-4).<br />

⎦<br />

SF m<br />

Più semplicemente allora le (5.1-1) e (5.1-2) si possono scrivere<br />

..<br />

M x M =<br />

..<br />

SF<br />

m x m = CPL − SF<br />

(5.1-5)<br />

(5.1-6).<br />

Passando dal dominio del tempo a quello delle frequenze ed effettuando le trasformate di Laplace<br />

delle due equazioni (5.1-5) e (5.1-6) si ottengono facilmente le funzioni di trasferimento Hm(s) e<br />

HM(s) nel dominio della variabile complessa s di Laplace, tra gli spostamenti assoluti xM della massa<br />

sospesa e xm di quella non sospesa (output) e lo spostamento della base x (input):


H<br />

H<br />

X<br />

( s)<br />

Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 144<br />

Ms<br />

+ c s + K<br />

m ( s)<br />

=<br />

m<br />

X ( s)<br />

2<br />

a a<br />

=<br />

Mm 4 M + m 3 K t + K a K a 3<br />

s + ca<br />

s + ( M + m)<br />

s + ca<br />

s + K a<br />

K t K t<br />

K t K t<br />

(5.1-7)<br />

X<br />

( s)<br />

c s + K<br />

M<br />

a a<br />

M ( s)<br />

= =<br />

(5.1-8).<br />

X ( s)<br />

Mm 4 M + m 3 K t + K a K a 3<br />

s + ca<br />

s + ( M + m)<br />

s + ca<br />

s + K a<br />

K t K t<br />

K t K t<br />

Le due relazioni (5.1-7) e (5.1-8) sono alla base della costruzione del modello, in quanto operando<br />

una loro integrazione numerica secondo il metodo Runge-Kutta, il programma di simulazione<br />

calcola la risposta nel tempo del sistema ad un determinato input.<br />

Di seguito viene mostrata la costruzione a blocchi del modello nell’ambiente di SIMULINK: la<br />

C:\matlab\work\input<br />

entrata<br />

Ma.s 2+caa.s+Kaa<br />

as 4+bs 3+cs 2+caa.s+Kaa<br />

Tr fcn Xma<br />

caa.s+Kaa<br />

as 4+bs 3+cs 2+caa.s+Kaa<br />

Tr fcn XMa<br />

Figura 5.1.2. Il modello elementare a due gradi di libertà sviluppato con SIMULINK.<br />

funzione di trasferimento viene calcolata nel dominio della frequenza, mentre l’uscita torna ad<br />

essere nel dominio del tempo. L’output di ogni segnale di interesse può essere visualizzato tramite<br />

un oscilloscopio virtuale e salvato nel workspace di MATLAB per la sua elaborazione.<br />

Mux<br />

Mux1<br />

du/dt<br />

1<br />

Mux<br />

Mux2<br />

du/dt<br />

3<br />

du/dt<br />

2<br />

du/dt<br />

4<br />

xma(t)<br />

vma(t)<br />

ama(t)<br />

xMa(t)<br />

vMa(t)<br />

aMa(t)


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 145<br />

Nell’esempio di Figura 5.1.2 gli output sono spostamenti, velocità e accelerazioni delle masse<br />

sospesa e non sospesa.<br />

Una volta tarato con i valori nominali dei parametri, quali masse, rigidezze e smorzamenti, il<br />

modello è pronto per la simulazione. L’aspetto maggiormente interessante è quello di poter<br />

cambiare velocemente i valori dei parametri in gioco, analizzando le conseguenze che si hanno sulle<br />

curve delle funzioni di trasferimento.<br />

In un unico programma sviluppato nell’ambito di MATLAB (Programma 1 negli allegati), vengono<br />

dichiarati i valori dei parametri omogenei nelle dimensioni, viene lanciata la simulazione, si<br />

calcolano le funzioni di trasferimento tra le grandezze di interesse e se ne costruisce il diagramma.<br />

Nel paragrafo successivo si riportano i risultati relativi ad una campagna di prove effettuate<br />

sull’assale anteriore; l’ingresso è definito da un’onda sinusoidale che nel tempo di 100 secondi,<br />

mantenendo la sua ampiezza unitaria costante, passa dalla frequenza di 0.1 Hz alla frequenza di 25<br />

Hz (chirp signal). Le funzioni di trasferimento e le relative fasi diagrammate sono relative a:<br />

xM 1. = spostamento o accelerazione massa sospesa/spostamento o accelerazione della base in nero<br />

x<br />

xm 2. = spostamento o accelerazione massa non sospesa/spostamento o accelerazione della base in<br />

x<br />

rosso<br />

3.<br />

CPL<br />

= forza sulla massa non sospesa/forza di contatto a terra in blu.<br />

K x<br />

t<br />

Si riportano di seguito i digrammi delle tre funzioni di trasferimento e delle tre fasi per i valori dei<br />

parametri della vettura Dallara ricavati sperimentalmente:<br />

Ma = 191 [kg] MASSA SOSPESA<br />

Ma = 44 [kg] MASSA NON SOSPESA<br />

Ra = 0.91 Rapporto cinematico movimento molla/movimento ruota<br />

Caa = 3000/Ra^2 Ns/m SMORZAMENTO AMMORTIZZATORE riportato a terra<br />

Kaa = 800 lb/in RIGIDEZZA SOSPENSIONE


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 146<br />

Kta = 17 [kg/mm] RIGIDEZZA PNEUMATICO<br />

ζ = 0.3186 Coefficiente di smorzamento<br />

Figura 5.1.3. Funzioni di trasferimento e fasi per l’asse anteriore a ζζζζ = 0.3186.<br />

La prima osservazione riguarda la risposta in frequenza della massa sospesa: essa ha una prima<br />

netta risonanza alla frequenza di 4 Hz ed una seconda risonanza, molto meno evidente, alla<br />

frequenza di 14 Hz. Quest’ultima è dovuta alla risonanza della massa non sospesa, ben visibile nella<br />

seconda curva in rosso, di cui anche il telaio risente.<br />

La curva in blu, che indica la tendenza ad oscillare della forza di contatto a terra, assume valore<br />

nullo per la frequenza nulla, ha una risonanza in corrispondenza del picco principale della massa<br />

sospesa per l’effetto di “trascinamento” della massa stessa ed un altro picco molto meno accentuato<br />

in corrispondenza della risonanza del gruppo ruota.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 147<br />

È importante che tale curva si mantenga entro determinati valori per assicurare sempre il contatto a<br />

terra da parte del pneumatico e per non fare cadere in difetto l’ipotesi H5.<br />

5.1.2. Influenza dei parametri del modello sul comportamento dinamico della vettura<br />

Lanciando la simulazione per svariati valori dei parametri che compaiono nel modello, è possibile<br />

comprendere a fondo l’influenza di ogni cambiamento sulla dinamica verticale della vettura.<br />

In particolare l’ottimizzazione del parametro di smorzamento degli ammortizzatori, per i motivi<br />

ampiamente discussi al Capitolo 2.2, è mirata ad ottenere un compromesso tra l’ampiezza del picco<br />

della prima risonanza e il valore massimo della funzione di trasferimento della forza di contatto.<br />

Si vedrà infatti che i due aspetti sono in controtendenza.<br />

EFFETTO DELLA RIGIDEZZA DELLE SOSPENSIONI<br />

Figura 5.1.4. Effetto della rigidezza delle molle della sospensione sull’anteriore.<br />

In figura viene rappresentato l’effetto che un irrigidimento delle sospensioni, a smorzamento<br />

costante, provoca sulla risposta della massa sospesa: si ha una maggiore amplificazione dell’input e<br />

la risonanza trasla verso frequenze più alte.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 148<br />

Figura 5.1.5. Effetto della rigidezza della sospensione sulla TRF della forza di contatto a terra.<br />

L’effetto invece che l’irrigidimento della sospensione ha sulla funzione di trasferimento della forza<br />

di contatto a terra, vedi Figura 5.1.5, è più limitato, e sembrerebbe indicare un peggioramento nella<br />

zona di risonanza della massa sospesa ed un miglioramento per le frequenze maggiori, dove la<br />

curva relativa alla rigidezza di 950 lb/in sta al di sotto delle altre.<br />

EFFETTO DELLA RIGIDEZZA DEI PNEUMATICI<br />

Figura 5.1.6. Effetto della rigidezza dei pneumatici sulla risposta della massa sospesa.<br />

Aumentando la rigidezza dei pneumatici, di quelli anteriori nel caso considerato, si ha un maggiore<br />

smorzamento del movimento della massa sospesa alla frequenza di risonanza, mentre per la alte<br />

frequenze l’effetto del cambiamento di rigidezza è trascurabile.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 149<br />

Figura 5.1.7. Effetto della rigidezza dei pneumatici sulla risposta della forza di contatto a terra.<br />

La risposta in frequenza della fluttuazione della forza di contatto a terra ha un andamento molto<br />

simile, ma per le alte frequenze il pneumatico più rigido si dimostra meno efficace di quello con<br />

rigidezza di 14 kg/mm.<br />

Si può concludere che l’irrigidimento dei pneumatici sortisce effetti opposti a quelli dati<br />

dall’irrigidimento della sospensione.<br />

EFFETTO DELLA MASSA SOSPESA<br />

Figura 5.1.8. Effetto della massa sospesa sulla risposta del sistema.<br />

L’effetto di un diminuzione della massa della vettura nella risposta del sistema è evidente: il picco<br />

di risonanza si sposta verso frequenze più alte e si attenua in ampiezza.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 150<br />

Figura 5.1.9. Effetto della massa sospesa sulla risposta del sistema.<br />

La forza di contatto a terra presenta un andamento simile; l’effetto della massa sospesa si fa sentire<br />

nell’intorno della prima risonanza, in cui è preferibile un corpo vettura più pesante (notare la curva<br />

rossa e la nera), mentre non sembra influenzare significativamente le curve ad alta frequenza.<br />

EFFETTO DELLA MASSA NON SOSPESA<br />

Per meglio apprezzare l’effetto di questo parametro sulla dinamica del sistema, la risposta in<br />

frequenza della massa sospesa è stata diagrammata in scala semilogaritmica.<br />

Figura 5.1.10. Effetto della massa non sospesa sulla vibrazione della massa sospesa.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 151<br />

Si nota chiaramente l’effetto della massa non sospesa sulla seconda risonanza, la quale, in seguito<br />

ad una diminuzione della stessa, viene traslata verso frequenze maggiori e smorzata notevolmente.<br />

Figura 5.1.11. Effetto della massa non sospesa sulla forza di contatto a terra.<br />

Ecco un buon motivo per mantenere basso il valore della massa non sospesa, soprattutto nell’ambito<br />

delle competizioni, dove i cerchi in lega leggera vengono universalmente adottati. Scavando nel<br />

passato della FORMULA 1, si trova che Lotus e Ferrari sperimentarono ed adottarono in gara i<br />

dischi dei freni posteriori “on board”, solidali cioè al corpo della vettura, per alleggerire le ruote.<br />

Un altro ottimo motivo per mantenere basso il valore della massa sospesa è rappresentato in Figura<br />

5.1.11, in cui si apprezza il maggiore smorzamento nella curva della forza di contatto a terra relativa<br />

alla massa di 25 kg, sia nel primo che soprattutto nel secondo picco.<br />

EFFETTO DELLO SMORZAMENTO DELLE SOSPENSIONI<br />

Lo smorzamento della sospensione rappresenta il parametro più delicato e forse di maggior peso<br />

nella taratura e messa a punto della vettura, sia da strada che da competizione. Si è visto che la<br />

vettura da corsa viene dotata di ammortizzatori con smorzamento molto alto, con coefficiente ζ<br />

attorno a 0.45, per avere una bassa trasmissibilità delle sollecitazioni stradali ed esterne; tuttavia lo<br />

smorzamento non può essere troppo elevato per non irrigidire eccessivamente la vettura, e sortire in<br />

questo modo l’effetto opposto. La forza di contatto a terra , molto importante per la tenuta di strada,<br />

ne risentirebbe, in quanto i pneumatici diventerebbero l’unica rigidezza presente nel sistema.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 152<br />

Figura 5.1.12. Risposta in frequenza della massa sospesa per diversi valori del coefficiente di smorzamento.<br />

In Figura 5.1.12 vengono riportate in scala semilogaritmica cinque funzioni di trasferimento della<br />

massa sospesa per cinque valori di smorzamento della sospensione:<br />

Colore curva Smorzamento sospensione [Ns/m] Coeff. di smorzamento ζ<br />

NERO 800 0.0850<br />

ROSSO 1600 0.1699<br />

VERDE 2500 0.2655<br />

TURCHESE 4000 0.4248<br />

BLU 5500 0.5841<br />

Come mostrano le curve riportate, un valore di smorzamento alto è decisamente preferibile, in<br />

quanto le due risonanze vengono parecchio attenuate, sebbene per le frequenze comprese tra i due<br />

picchi e per quelle maggiori del secondo picco si abbia un’attenuazione minore.<br />

Inoltre, contrariamente a quanto accade per il modello ad un grado di libertà, aumentando il valore<br />

di ζ il primo picco di risonanza della massa sospesa trasla verso frequenze più alte, passando,<br />

nell’esempio considerato, da 4 a 4.6 Hz. La seconda risonanza, relativa alla massa non sospesa, si<br />

sposta invece nel verso opposto.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 153<br />

Diagrammando le curve della funzione di trasferimento della forza di contatto battistrada-suolo per<br />

gli stessi valori del coefficiente di smorzamento, si ritrovano andamenti analoghi.<br />

Figura 5.1.13. Funzioni di trasferimento della forza di contatto per diversi valori di ζζζζ.<br />

Aumentando lo smorzamento i due picchi nella risposta in frequenza della forza si abbassano<br />

notevolmente, in modo particolare quello relativo alla prima risonanza. Ma non è così per tutto lo<br />

spettro delle frequenze: in particolare si nota come per le frequenze intermedie, tra le due risonanze,<br />

un valore elevato dello smorzamento peggiori la trasmissione della forza a terra, in quanto si ha un<br />

grande spostamento relativo tra la base eccitatrice e la massa non sospesa.<br />

Va cercato quindi un compromesso per trovare una situazione di equilibrio tra le due esigenze,<br />

smorzare le oscillazioni delle masse sospesa e non sospesa e mantenere entro certi limiti le<br />

oscillazioni della forza tra pneumatico e strada. Il modello De Carbon a due gradi di libertà<br />

purtroppo non è in grado di fornire degli indici valutativi in merito, e questo a causa della sua<br />

semplicità intrinseca. Alle alte frequenze infatti, secondo questo modello, il movimento della massa<br />

sospesa è bassissimo, e l’input alla base si traduce in movimento della massa non sospesa, la quale<br />

agisce da filtro.<br />

Nella realtà ciò non accade, o accade molto meno, e lo smorzamento delle sospensioni non viene<br />

scelto eccessivamente grande per non alterare il filtraggio alle alte frequenze.


RISPOSTA AD INPUT DI TIPO RANDOM<br />

Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 154<br />

Un’interessante applicazione del modello matematico a due gradi di libertà esposto è quella che<br />

prevede un input di tipo random in grado di meglio rappresentare un possibile profilo stradale.<br />

L’input del tipo chirp signal è stato adottato in precedenza per determinare in modo pulito la<br />

risposta del sistema ad una sollecitazione sinusoidale di frequenza crescente ed ampiezza costante; i<br />

parametri che regolano l’ingresso random sono invece più generici, in quanto viene definito il<br />

valore medio dell’ingresso (zero) e la varianza della distribuzione gaussiana della frequenza di<br />

eccitazione. Nel tempo della simulazione, il calcolatore genera poi un segnale casuale la cui<br />

ampiezza varia entro determinati limiti, e contenente molte delle frequenze appartenenti<br />

all’intervallo specificato.<br />

Figure 5.1.14. Spostamento adimensionalizzato della massa sospesa in risposta all’ingresso di tipo chirp (a) e<br />

all’ingresso di tipo random (b).<br />

Nelle Figure 5.1.14 (a) e (b) vengono paragonate le uscite nel dominio del tempo, nella fattispecie<br />

lo spostamento della massa sospesa, per i due tipi di ingresso.<br />

Nonostante l’estrema diversità della risposta nel dominio del tempo all’ingresso random, tutte le<br />

funzioni di trasferimento, ovvero le risposte del sistema nel dominio della frequenza, considerate<br />

(masse sospesa e non sospesa, forza di contatto pneumatico-suolo) sono praticamente uguali a<br />

quelle calcolate in precedenza.


Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 155<br />

Questo lascia intendere l’utilità del modello a parametri concentrati come strumento in grado di<br />

predire e sperimentare il comportamento dinamico qualitativo della vettura FORMULA 3 anche con<br />

segnali di ingresso puramente teorici, come il chirp signal, senza perdere di generalità ed<br />

affidabilità.<br />

Figura 5.1.15. Funzioni di trasferimento del sistema rispetto all’ingresso random.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 156<br />

5.2 Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà<br />

5.2.1 Il modello a quattro gradi di libertà: caratteristiche e potenzialità<br />

L’evoluzione del modello dinamico a parametri concentrati presentato nella sezione precedente, è<br />

rappresentata dallo sviluppo di un modello a quattro gradi di libertà che schematizza l’intera vettura<br />

da FORMULA 3.<br />

Un modello a quattro gradi, riportato in Figura 5.2.1, rappresenta infatti in modo semplificato la<br />

dinamica vibrazionale della vettura nel piano X-Z di figura, in quanto sono esclusi i moti di rollio.<br />

I gradi di libertà sono relativi alla<br />

traslazione z in senso verticale della massa<br />

sospesa, alla traslazione delle due masse<br />

non sospese anteriore e posteriore (x1 e x2),<br />

ed alla rotazione Ry di beccheggio della<br />

massa sospesa. Gli spostamenti verticali<br />

dei punti dati dall’intersezione degli assali<br />

anteriore e posteriore con l’asse<br />

longitudinale X di figura, sono facilmente<br />

ricavabili da considerazioni geometriche.<br />

Figura 5.2.1. Il modello a 4 g.l. Con tale modello a parametri concentrati,<br />

che presuppone una rigidezza infinita del telaio, è quindi possibile rappresentare il movimento di<br />

beccheggio della vettura, ed indagare l’influenza che l’assale anteriore ha sul posteriore e viceversa,<br />

non essendo più disgiunti come nel modello De Carbon a due gradi di libertà. Inoltre è prevista una<br />

modellazione più completa dei pneumatici, in quanto viene incluso un parametro di smorzamento<br />

oltre a quello che definisce la rigidezza. È possibile quindi utilizzare i risultati delle prove<br />

sperimentali condotte per la caratterizzazione dinamica del pneumatico, introducendo<br />

l’identificazione di tale parametro in modo completo. I risultati della simulazione possono essere<br />

poi confrontati con i dati reali ricavati sul banco di prova Seven-Poster Rig.


5.2.2 I movimenti verticale e di beccheggio della vettura<br />

5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 157<br />

La semplice meccanica del modello del quarto o di metà macchina non rappresenta integralmente i<br />

movimenti della vettura nel piano verticale. A causa della distanza tra i due assali, essa è<br />

sostanzialmente un sistema multi-input in gradi di rispondere con movimenti verticale (bounce<br />

motion) e di beccheggio (pitch motion). Tali movimenti non sono generalmente disgiunti, e la loro<br />

presenza dipende dalle condizioni del manto stradale e dalla velocità del veicolo.<br />

La comprensione del movimento di pitch è in ogni caso importante, poiché assieme al movimento<br />

di bounce è responsabile dell’accelerazione verticale e longitudinale di ogni punto del veicolo.<br />

Inoltre nella vettura da competizione il beccheggio va tenuto in grande considerazione in quanto<br />

esso determina l’angolo di incidenza delle appendici aerodinamiche con il vento.<br />

Nella marcia su strada o su pista, le sollecitazioni di cui risente l’asse anteriore non sono<br />

indipendenti da quelle sull’asse posteriore, il quale viene approssimativamente sollecitato dalle<br />

stesse forzanti solo sfasate di un tempo pari al rapporto (passo della vettura)/(velocità di marcia).<br />

Questo ritardo di tempo in genere smorza l’ampiezza dei due movimenti. Si immagini infatti che i<br />

due movimenti siano disgiunti (Figura 5.2.2); sarà presente solamente bounce del veicolo se le<br />

sollecitazioni stradali, schematizzate come un’onda regolare, possiedono una lunghezza d’onda pari<br />

al passo della vettura o a sottomultipli interi. Analogamente vi sarà soltanto pitch nel caso di<br />

avvallamenti con lunghezza d’onda pari al doppio del passo del veicolo o ai suoi sottomultipli<br />

interi.<br />

Figura 5.2.2. Movimenti di bounce e di pitch della vettura.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 158<br />

Di conseguenza per determinate frequenze il veicolo non mostra movimenti verticali, per altre<br />

quelli di beccheggio, come risulta dai diagrammi di Figura 5.2.3, in cui si riporta la risposta in<br />

frequenza di una vettura con risonanza della massa sospesa a 1.25 Hz, calcolata con il modello di<br />

quarto di macchina e con il modello a quattro gradi di libertà.<br />

In corrispondenza dei punti in cui tale risposta si annulla, non si hanno movimenti verticali o di<br />

beccheggio, per cui la lunghezza d’onda dell’eccitazione soddisfa le due condizioni esposte al punto<br />

precedente. Nella curva relativa al movimento di pitch si è assunto, come generalmente accade, che<br />

la risonanza sia alla stessa frequenza del picco di bounce.<br />

Figura 5.2.3. Risposta verticale simulata della vettura con modelli a due e quattro gradi di libertà.<br />

5.2.3 Frequenze di bounce e di pitch<br />

Nella maggior parte dei veicoli i movimenti verticale e di beccheggio sono accoppiati; il<br />

comportamento del veicolo, in termini di frequenze naturali e centri di moto, può essere determinato<br />

analiticamente direttamente dalle equazioni differenziali del moto.<br />

Facendo riferimento allo schema sotto riportato, in cui per semplicità le sospensioni e i pneumatici<br />

vengono considerati semplici molle e le masse non sospese vengono trascurate, le equazioni del<br />

movimento verticale z e della rotazione di beccheggio θ si scrivono:<br />

dove α = ( + K ) / M<br />

K f r<br />

̇z<br />

̇+<br />

αz<br />

+ βθ = 0<br />

̇<br />

2<br />

θ̇<br />

+ βz<br />

/ k + γθ = 0<br />

(5.2-1)<br />

2 2 2<br />

β = ( c − K b)<br />

/ M γ<br />

= ( b + K c ) / Mk<br />

K r f<br />

K f r


e Kf = rigidezza assale anteriore<br />

Kr = rigidezza assale posteriore<br />

b = distanza baricentrale dell’asse anteriore<br />

c = distanza baricentrale dell’asse posteriore<br />

Iy = momento di inerzia di beccheggio<br />

k = raggio giratore di inerzia = I y / M .<br />

5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 159<br />

Figura 5.2.4. Schema di vettura utilizzato per il calcolo.<br />

Tra tutti coefficienti che compaiono nelle (5.2-1), solamente β compare in entrambe le equazioni, e<br />

per questo è detto coefficiente di accoppiamento.<br />

Quando β è nullo, non vi è accoppiamento tra i due moti, e il centro di rotazione coincide con il<br />

centro di massa. Questo significa che una forza verticale dovunque applicata provoca solo<br />

movimento di bounce, ed una coppia di beccheggio applicata al telaio produce solo un movimento<br />

di pitch.<br />

Scrivendo le soluzioni z(t) e θ(t) in forma sinusoidale, in quanto idealmente non vi è smorzamento,<br />

e sostituendole nelle (5.2-1), si trova l’equazione risolvente delle due frequenze naturali:<br />

le cui due soluzioni reali sono:<br />

ω =<br />

1<br />

ω =<br />

2<br />

2<br />

2 2<br />

( α + γ ) ω + αγ − β / = 0<br />

4<br />

ω − k<br />

( α + γ )<br />

2<br />

( α + γ )<br />

2<br />

+<br />

−<br />

( α −γ<br />

)<br />

2<br />

2<br />

/ 4 + β / k<br />

2 2 2<br />

( α −γ<br />

) / 4 + β / k<br />

2<br />

(5.2-2)<br />

che rappresentano le due frequenze naturali nel generico caso in cui esse siano accoppiate.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 160<br />

Valutando i rapporti z/θ in corrispondenza delle frequenze date dalle (5.2-2), si nota che uno è<br />

positivo, l’altro negativo. Nel primo caso il centro del moto sarà davanti al baricentro ad una<br />

distanza x = z/θ abbastanza grande affinché esso cada fuori dalla lunghezza del veicolo, e si avrà la<br />

predominanza del movimento di bounce (Figura 5.2.5 (a)).<br />

Figure 5.2.5 (a) e (b). I due modi di vibrare del veicolo nel piano di beccheggio.<br />

Nel secondo caso, che rappresenta la risonanza di beccheggio, il centro del moto sarà invece dietro<br />

il baricentro, sempre alla distanza x = z/θ, ma questa volta vicino al centro di massa, e il movimento<br />

più evidente sarà quello di pitch (Figura 5.2.5 (b)).<br />

La locazione del centro di moto dipende dal valore relativo delle frequenze naturali dell’avantreno e<br />

del posteriore; quando tali frequenze, che ovviamente dipendono dalla massa su ciascun asse e dalla<br />

rigidezza della sospensione corrispondente, sono uguali, si ha il disaccoppiamento dei due modi di<br />

vibrare, si assiste al puro movimento verticale e al puro beccheggio, ed un centro di moto coincide<br />

con il baricentro, l’altro è posto all’infinito.<br />

Nel caso in cui l’asse anteriore abbia frequenza naturale più elevata, i moti sono accoppiati, il centro<br />

di bounce è davanti all’asse anteriore, il centro di pitch verso l’asse posteriore. Una minore<br />

frequenza naturale all’anteriore pone il centro del movimento verticale dietro l’asse posteriore, e<br />

quello del beccheggio vicino all’asse anteriore stesso.<br />

Quest’ultimo caso, secondo quanto sperimento fin dagli anni ’30 dal pioniere della dinamica del<br />

veicolo Maurice Olley, è preferibile per avere una buona conduzione del mezzo.


5.2.3 Modello a quattro gradi di libertà adottato<br />

5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 161<br />

In Figura 5.2.6 viene riportato lo schema del modello a parametri concentrati adottato per lo studio<br />

della dinamica della FORMULA 3.<br />

Figura 5.2.6. Rappresentazione del modello a quattro gradi di libertà.<br />

Le ipotesi di base formulate sono le stesse del modello De Carbon a due gradi di libertà, per cui per<br />

una loro consultazione si rimanda alla sezione 5.1.1; le quantità rappresentate, che definiscono i<br />

parametri concentrati, sono:<br />

MC = massa sospesa<br />

mtf = massa non sospesa anteriore<br />

mtr = massa non sospesa posteriore<br />

IC = momento di inerzia lungo l’asse uscente dal piano di figura<br />

Kf = rigidezza della sospensione anteriore<br />

cf = smorzamento della sospensione anteriore<br />

Kr = rigidezza della sospensione posteriore<br />

cr = smorzamento della sospensione posteriore<br />

Ktf = rigidezza pneumatici anteriori


cf = smorzamento pneumatici anteriori<br />

Ktr = rigidezza pneumatici posteriori<br />

cr = smorzamento pneumatici posteriori<br />

a = distanza dell’asse anteriore dal baricentro<br />

b = distanza dell’asse posteriore dal baricentro<br />

L = a + b = passo della vettura.<br />

Le coordinate utilizzate per definire lo stato del sistema sono:<br />

5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 162<br />

YG = spostamento verticale del baricentro, positivo verso il basso<br />

Ytf = spostamento verticale della massa non sospesa anteriore, positivo verso il basso<br />

Ytr = spostamento verticale della massa non sospesa posteriore, positivo verso il basso<br />

θ = angolo di rotazione del telaio nel piano di figura<br />

Yf = spostamento verticale del telaio in corrispondenza dell’asse anteriore, positivo verso il basso<br />

Yr = spostamento verticale del telaio in corrispondenza dell’asse posteriore, positivo verso il basso<br />

Zp = spostamento della base, che rappresenta l’input al sistema.<br />

Le quattro equazioni differenziali accoppiate che definiscono il moto del sistema si scrivono:<br />

..<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞<br />

⎛ ⎞<br />

( y − z ) + c y − z p − K ( y − y ) − c y − y = 0<br />

m tf y tf + Ktf<br />

tf p tf ⎜ tf ⎟ f f tf f ⎜ f tf ⎟ (5.2-3)<br />

⎝ ⎠<br />

⎝ ⎠<br />

per la massa non sospesa anteriore<br />

..<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞<br />

⎛ ⎞<br />

( y − z ) + c y − z p − K ( y − y ) − c y − y = 0<br />

m tr y tr + Ktr<br />

tr p tr ⎜ tr ⎟ r r tr r ⎜ r tr ⎟ (5.2-4)<br />

⎝ ⎠<br />

⎝ ⎠<br />

per la massa non sospesa posteriore<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞<br />

⎛ ⎞<br />

( y − y ) + c y − y + K ( y − y ) + c y − y = 0<br />

mc ̇ ẏ<br />

G + K f f tf f ⎜ f tf ⎟ r r tr r ⎜ r tr ⎟ (5.2-5)<br />

⎝ ⎠<br />

⎝ ⎠<br />

per la massa sospesa<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞⎤<br />

⎡<br />

⎛ ⎞⎤<br />

( y − y ) + c y − y − b K ( y − y ) + c y − y = 0<br />

.. ⎡<br />

I c θ + a⎢K<br />

f f tf f ⎜ f tf ⎟⎥<br />

⎢ r r tr r ⎜ r tr ⎟⎥<br />

(5.2-6)<br />

⎣<br />

⎝ ⎠⎦<br />

⎣<br />

⎝ ⎠⎦<br />

per la rotazione del telaio.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 163<br />

Poiché le funzioni di trasferimento calcolate mediante la simulazione sono state confrontate con i<br />

risultati sperimentali delle prove condotte su Poster-Rig, in sostituzione dello spostamento della<br />

massa sospesa e della rotazione della vettura attorno all’asse Y, si sono scelte le coordinate di<br />

spostamento del telaio in corrispondenza degli assi anteriore e posteriore, Yf e Yr.<br />

Con considerazioni geometriche, e nell’ipotesi di angoli di rotazione θ abbastanza piccoli perché si<br />

possa ammettere θ ≈ tgθ<br />

, nelle (5.2-5) e (5.2-6) sono state effettuate le seguenti sostituzioni:<br />

..<br />

y<br />

G<br />

=<br />

a<br />

L<br />

..<br />

y<br />

r<br />

+<br />

b<br />

L<br />

..<br />

y<br />

.. ..<br />

⎛ ⎞<br />

θ = ⎜ y f − y r ⎟ .<br />

L ⎝ ⎠<br />

.. 1<br />

f<br />

In tale modo le (5.2-5) e (5.2-6) si possono scrivere:<br />

m<br />

⎛ a<br />

⎜<br />

⎝ L<br />

c<br />

I .. ⎛<br />

⎜ y<br />

L ⎝<br />

b<br />

L<br />

⎞<br />

⎟ = −K<br />

⎠<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞<br />

⎛ ⎞<br />

( y f − ytf<br />

) − c f ⎜ y f − y tf ⎟ − K r ( yr<br />

− ytr<br />

) − cr<br />

⎜ y r − y ⎟<br />

⎝ ⎠<br />

⎝ ⎠<br />

.. ..<br />

y r + y f<br />

f<br />

tr<br />

⎞ ⎡<br />

⎟ = −a<br />

⎠<br />

⎢K<br />

⎣<br />

. .<br />

. .<br />

⎛ ⎞⎤<br />

⎡<br />

⎛ ⎞⎤<br />

( y f − ytf<br />

) + c f ⎜ y f − y tf ⎟⎥<br />

+ b⎢K<br />

r ( yr<br />

− ytr<br />

) + cr<br />

⎜ y r − ⎟<br />

⎝ ⎠<br />

⎥<br />

⎦ ⎣<br />

⎝ ⎠⎦<br />

..<br />

c<br />

f − y r<br />

f<br />

y tr<br />

(5.2-7)<br />

(5.2-8).<br />

La integrazione numerica delle equazioni del moto scritte è stata effettuata secondo il metodo<br />

Runge-Kutta dal programma di calcolo MATLAB. A differenza del modello a due gradi di libertà,<br />

questa volta le equazioni sono state impostate, nella sezione di modellazione SIMULINK, non più<br />

passando attraverso le trasformate di Laplace, oltremodo laboriose ed ingombranti per quattro<br />

equazioni accoppiate, bensì direttamente nel dominio del tempo, seguendo sempre la costruzione a<br />

blocchi, così come appaiono scritte. Questa soluzione si è dimostrata molto valida per la flessibilità<br />

che offre, in quanto permette successive modifiche ed integrazioni.<br />

Nella pagina seguente viene riportato lo schema della costruzione a blocchi delle quattro equazioni<br />

differenziali del modello matematico nella sua forma più avanzata.<br />

Si possono distinguere quattro gruppi di blocchi intercomunicanti, ognuno dei quali è l’integrazione<br />

di una delle coordinate di spostamento che definiscono lo stato del sistema in ogni istante.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 164<br />

Figura 5.2.7. Schema della modellazione nell’ambiente di Simulink.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 165<br />

Una folta schiera di guadagni fanno capo, per ognuno di questi blocchi, ad un operatore di somma,<br />

il quale, moltiplicato per una costante, fornisce mediante l’integrazione numerica l’accelerazione.<br />

Mediante l’utilizzo di blocchi integrativi, dalle accelerazioni è possibile passare alle velocità e<br />

quindi agli spostamenti, i quali possono essere diagrammati nel dominio del tempo. Sono stati<br />

introdotti infatti nove oscilloscopi virtuali, in cui è possibile visualizzare e salvare la relativa curva<br />

di uscita nel tempo.<br />

Il blocco in giallo al centro è il riferimento al file di input, e può venire sostituito a seconda del test<br />

che si desidera condurre con altri tipi di curve predefinite nelle library di SIMULIK. Due<br />

derivazioni aggiunte “prelevano” i segnali necessari per il calcolo delle due forze di contatto a terra<br />

sui pneumatici anteriori e posteriori; i blocchi in arancio rappresentano i due pesi statici da<br />

sommare alle curve delle due CPL.<br />

I coefficienti di smorzamento delle sospensioni sono stati identificati mediante le prove sperimentali<br />

condotte sugli ammortizzatori (vedi Capitolo 2 sezione 2.2.3), per cui la forza FB,R che essi<br />

oppongono in funzione della velocità v di deformazione è stata modellata nella forma:<br />

2<br />

FB , R = c1B,<br />

Rv<br />

+ c2B<br />

, Rv<br />

+ K .<br />

Nella definizione dei parametri dei pneumatici anteriori e posteriori sono stati utilizzati i risultati<br />

delle prove sperimentali condotte, statiche in un primo tempo, dinamiche successivamente,<br />

introducendo la dipendenza della rigidezza e dello smorzamento dalla frequenza di eccitazione.<br />

5.2.5 Identificazione sperimentale dei parametri e taratura del modello<br />

I parametri concentrati che compaiono nel modello di dinamica verticale sono stati identificati con<br />

una serie di prove sperimentali sulla vettura Dallara da FORMULA 3.<br />

Tali prove sono state effettuate con l’ausilio degli attuatori aerodinamici e la strumentazione di<br />

acquisizione dati, in dotazione al banco di prova Seven Poster-Rig, ed hanno avuto lo scopo di<br />

determinare le rigidezze dei componenti elastici.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 166<br />

Con alcuni cicli di caricamento statico attraverso gli attuatori, si sono infatti determinate le<br />

rigidezze delle sospensioni anteriore e posteriore, e dei pneumatici (per un confronto con i risultati<br />

delle prove statiche), semplicemente diagrammando le relazioni forza-spostamento e calcolandone<br />

la pendenza. Gli spostamenti si sono valutati con i potenziometri posti sul telaio e sui mozzi-ruota,<br />

le forze mediante la lettura dei valori indicati dalle quattro celle di carico poste negli attuatori<br />

principali.<br />

Inoltre è stato possibile calcolare il rapporto cinematico R, peraltro fornito già in sede di progetto,<br />

che definisce di quanto si muove l’ammortizzatore dato uno spostamento assoluto del mozzo della<br />

ruota. Esso è dato dal rapporto:<br />

X<br />

R =<br />

X<br />

dove XS = schiacciamento delle molle degli ammortizzatori<br />

XCW = spostamento relativo telaio-mozzo ruota.<br />

Tale rapporto non risulta costante, in quanto dipende dalla geometria delle sospensioni in ciascun<br />

istante; ne è stato preso quindi il valor medio, che all’anteriore vale 0.91 e al posteriore 1.21.<br />

La taratura degli ammortizzatori è stata invece effettuata operando il confronto tra le funzioni di<br />

risposta in frequenza fornite dalle simulazioni e quelle reali, in seguito alla messa a punto di un<br />

programma di calcolo sviluppato con MATLAB che viene riportato negli allegati. Tale programma,<br />

mediante due cicli for annidati, è in grado di operare la minimizzazione dello scarto quadratico<br />

medio tra le due curve, sperimentale e simulata, lanciando più volte la simulazione per svariate<br />

coppie di valori degli smorzamenti anteriore e posteriore.<br />

Nel grafico di Figura 5.2.8 viene diagrammata la funzione di errore calcolata dopo qualche routine<br />

con uno step di calcolo sempre minore per affinare la ricerca del minimo. La superficie, che è stata<br />

interpolata per poter disporre di più valori, presenta un solo minimo, in corrispondenza della coppia<br />

di valori di smorzamento degli ammortizzatori anteriore e posteriori che garantiscono il minimo<br />

scarto tra le due funzioni di trasferimento oggetto del confronto.<br />

S<br />

CW


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 167<br />

Figura 5.2.8. Grafico tridimensionale della funzione di errore.<br />

L’asse Z riporta l’errore, gli assi X e Y i valori dello smorzamento; per la ricerca del minimo della<br />

superficie è stata utilizzata l’apposita funzione definita in MATLAB.<br />

5.2.6 Risultati della simulazione e confronto con i test reali<br />

Una lunga serie di simulazioni è stata condotta per esaminare la sensibilità del modello rispetto alle<br />

variazioni dei parametri che lo compongono.<br />

Nelle figure seguenti vengono riportati, a titolo esemplificativo, gli andamenti temporali dello<br />

spostamento verticale della massa sospesa e delle due forze di contatto a terra, frutto di una<br />

simulazione lanciata con un valore del coefficiente di smorzamento uguale sui due assi, pari a 0.47.<br />

Figura 5.2.9. Spostamento nel tempo della massa sospesa all’ingresso sweep in frequenza.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 168<br />

Figure 5.2.10. Forze di contatto a terra anteriore (a) e posteriore (b) nel tempo, per ζζζζ = 0.47.<br />

L’ingresso al sistema è il medesimo per le quattro ruote, ed è rappresentato dallo sweep in<br />

frequenza introdotto al Capitolo 3, lo stesso utilizzato nelle prove dinamiche della FORMULA 3 su<br />

banco di prova. Nel tempo di 100 secondi la curva di ingresso diminuisce in modo logaritmico la<br />

sua ampiezza, ed aumenta in frequenza, mentre la sua velocità si mantiene costante e pari ad un<br />

valore fissato. Analiticamente la curva x(t) di ingresso è esprimibile nella forma::<br />

v<br />

x π<br />

2πf<br />

( t)<br />

= sen(<br />

2 f )<br />

in cui v è la velocità fissata e la frequenza f è in funzione del tempo:<br />

f<br />

2 / 30t<br />

= 2 .<br />

In questo modo il modello matematico di vettura è stato posto in diretto confronto con le risposte in<br />

frequenza calcolate dai dati sperimentali.<br />

Nella risposta temporale della massa sospesa, è possibile sc<strong>org</strong>ere una prima risonanza attorno ai 4<br />

Hz, ed una seconda amplificazione del segnale di ingresso, dovuto al movimento di pitch del<br />

veicolo, a frequenze più elevate; lo stesso discorso vale per la forza di contatto anteriore. In<br />

particolare nelle due curve di Figura 5.2.10 si può notare il fatto che i valori diagrammati sono<br />

sempre positivi, il che significa che non vi è distacco dalla base di eccitazione da parte dei<br />

pneumatici, ed il modello interpreta correttamente il fenomeno vibratorio reale.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 169<br />

Nelle tre figure seguenti vengono riportati i diagrammi delle funzioni di trasferimento dello<br />

spostamento del telaio in corrispondenza degli assi anteriore e posteriore, per tre differenti<br />

combinazioni degli smorzamenti cf1 e cr1; i diagrammi sono in scala lineare.<br />

Figura 5.2.11. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = 5000 Ns/m e cr1 = 3000 Ns/m.<br />

I due picchi di risonanza principale, associati al movimento di bounce della vettura, non cadono alla<br />

stessa frequenza: l’avantreno, pur essendo più leggero, ha risonanza ad una frequenza leggermente<br />

minore, e questo perché è sensibilmente meno rigido del posteriore; il picco ha poi ampiezza minore<br />

a causa del maggiore smorzamento presente su quest’asse.<br />

Inoltre l’asse anteriore risente molto più spiccatamente del movimento di beccheggio, e quindi il<br />

centro di rotazione, secondo la simulazione, si trova spostato verso l’asse posteriore. Viene<br />

rispettato quindi il principio di Olley sulla ripartizione dei moti di traslazione e di rotazione.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 170<br />

Figura 5.2.12. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = cr1 = 3000 Ns/m.<br />

Figura 5.2.13. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = 3000 Ns/m e cr1 = 5000 Ns/m.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 171<br />

A causa dell’elevato smorzamento delle sospensioni, in nessuno dei casi considerati sono visibili le<br />

risonanze delle due masse sospese.<br />

In Figura 5.2.12 lo smorzamento ai due assi è stato parificato: si nota l’attenuazione del movimento<br />

di beccheggio all’anteriore, mentre l’ampiezza del picco principale è aumentata. Nella figura<br />

successiva lo smorzamento della sospensione posteriore è maggiore di quello all’anteriore, e<br />

scompare il beccheggio della vettura mentre le ampiezze dei picchi di risonanza vengono attenuate.<br />

Da queste semplici considerazioni risulta evidente l’importanza dell’interazione tra i due assi del<br />

veicolo nello studio della dinamica verticale, di cui il modello a quattro gradi di libertà riesce a<br />

tenere conto.<br />

Figura 5.2.14. Confronto tra le funzioni di trasferimento reali (in nero) e simulate.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 172<br />

L’aspetto più interessante del modello sviluppato consiste però nella possibilità di effettuare un<br />

confronto diretto con le curve frutto dell’indagine sperimentale, come mostrato in Figura 5.2.14.<br />

Diagrammando le due funzioni di trasferimento sovrapposte, in scala bilogaritmica, è possibile<br />

infatti comprendere quale sia la bontà del modello e dove esso non sia realistico. In linea di<br />

massima, con i parametri nominali della vettura, vengono centrati i picchi di risonanza e la loro<br />

ampiezza. L’anteriore risulta tuttavia leggermente sottosmorzato, e il posteriore sovrasmorzato per<br />

le alte frequenze.<br />

Figura 5.2.15. Confronto delle fasi delle funzioni di trasferimento reale e simulata.<br />

Facilmente la causa di ciò, per via dell’interazione dei due assali, è unica, ed è da ricercarsi nella<br />

presenza di attriti e disuniformità nella vettura reale che non possono rientrare nella modellazione.<br />

Il diagramma delle fasi all’anteriore e al posteriore bene approssima quello reale, confermando la<br />

coincidenza delle risonanze. Nei grafici seguenti vengono riportate due funzioni di trasferimento<br />

particolarmente interessanti; esse rappresentano l’andamento in frequenza della forza che si<br />

scambiano i pneumatici con il terreno, rispetto all’accelerazione dei mozzi anteriore e posteriore


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 173<br />

(primo grafico) e rispetto all’accelerazione della base (secondo grafico). In entrambe i casi la FRF<br />

del posteriore sta sopra a quella dell’anteriore, a causa della differente amplificazione dell’input da<br />

parte dei due assali. Nel primo caso le curve mostrano un andamento più appiattito poiché risentono<br />

della risonanza di pitch, mentre nella seconda coppia di curve è evidente l’influenza della massa<br />

sospesa. Per le alte frequenze le curve si abbassano notevolmente.<br />

Figura 5.2.16. Funzioni di risposta in frequenza della forza di contatto a terra.<br />

Questo significa sostanzialmente che per le sollecitazioni di bassa-media frequenza, fino a 10 Hz, è<br />

predominante il movimento verticale del telaio, e i mozzi delle ruote seguono tale movimento<br />

essendo minimo lo spostamento relativo massa sospesa-massa non sospesa. Per le frequenze<br />

maggiori si assiste invece ad un effetto di filtraggio da parte dei pneumatici, che trasmettono in<br />

minima parte le forzanti stradali al telaio, il quale di conseguenza ha un movimento molto limitato.


5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 174<br />

In conclusione, il modello più complesso di vettura intera a quattro gradi di libertà, nonostante le<br />

limitazioni imposte dalle ipotesi che ne stanno alla base, si rivela un valido strumento per l’indagine<br />

qualitativa della dinamica verticale della vettura. L’interazione ed il confronto con i risultati ottenuti<br />

su Poster-Rig e l’identificazione dei parametri con i dati reali, è sicuramente l’aspetto più<br />

interessante ed utile della simulazione, ed essendo le curve reali perfettamente confrontabili con<br />

quelle simulate, suggerisce un utilizzo del modello anche di tipo quantitativo ed estimativo.<br />

Ulteriori sviluppi ed integrazioni possono venire pensate per una migliore modellazione dei<br />

componenti attivi della vettura e del meccanismo con cui essi si scambiano le forze in gioco.<br />

Sarebbe possibile inoltre tenere conto del fatto che il rapporto cinematico R, sia all’avantreno che al<br />

posteriore, a causa della geometria delle sospensioni e del loro cinematismo, non si mantiene<br />

costante.


Conclusioni<br />

Conclusioni 175<br />

I risultati delle prove sperimentali condotte sui pneumatici PIRELLI F3 anteriore e posteriore hanno<br />

fornito valori di rigidezza confrontabili per le condizioni di sollecitazione statica e dinamica. La<br />

caratterizzazione statica del comportamento verticale dei pneumatici ha trovato pieno accordo con il<br />

semplice modello a molla adottato; nella fase di caratterizzazione dinamica invece, i parametri di<br />

rigidezza e smorzamento considerati non sono stati determinati in tutto il campo di frequenze<br />

indagate nelle prove sperimentali: l’analisi è stata ristretta all’intorno delle frequenze di risonanza<br />

del pneumatico, caricato con una zavorra pari al peso statico della vettura. Il modello ad un solo<br />

grado di libertà proposto non si è rivelato esauriente nella descrizione del comportamento dinamico<br />

del sistema, a causa della presenza di altri picchi di disturbo nella risposta in frequenza e della<br />

perdita di contatto da parte del battistrada con la base eccitatrice alle frequenze di risonanza. Un<br />

modello a più gradi di libertà, o in grado di considerare il saltellamento della gomma, potrebbe<br />

fornire sicuramente risultati interessanti per tutto lo spettro di frequenze considerato.<br />

Una mappatura del comportamento dinamico della gomma è stata comunque completata in funzione<br />

dell’ampiezza della forzante sinusoidale e della pressione, parametro quest’ultimo in grado di<br />

fornire preziose indicazioni per la regolazione della monoposto su pista. Il valore della rigidezza<br />

dinamica si è tuttavia dimostrato maggiore rispetto a quella statica, confermando un irrigidimento<br />

strutturale del pneumatico se sollecitato con forzanti di tipo dinamico.<br />

Con i valori di rigidezza e smorzamento trovati è stato possibile implementare due modelli<br />

matematici a parametri concentrati che simulano la dinamica verticale della vettura. Un confronto<br />

diretto con i risultati di prove condotte su Poster Rig ha evidenziato un buon accordo tra le risposte<br />

in frequenza simulate e reali, lasciando tuttavia un margine di miglioramento e affinamento del<br />

modello a quattro gradi di libertà impiegato.


RINGRAZIAMENTI<br />

Un sentito ringraziamento va rivolto all’azienda Dallara Automobili S.p.A., che ha messo a<br />

disposizione il tempo e le attrezzature necessari per lo svolgersi delle prove sperimentali. La messa<br />

a punto dei macchinari utilizzati per condurre i test statici e dinamici sui pneumatici ha occupato<br />

una grande parte dell’intero lavoro. In particolare vorrei ringraziare per la disponibilità e<br />

l’efficienza mostrate i tecnici E. Savoia e M. Spirelli, che mi hanno seguito nella lunga ed<br />

impegnativa fase di ideazione, allestimento e modifica dei test sperimentali sul banco di prova e sul<br />

Poster Rig. Un grande ringraziamento va agli ingegneri del dipartimento Ricerca e Sviluppo della<br />

Dallara Automobili: A. Burzoni, che sempre mi è stato vicino nello svolgimento del lavoro di<br />

sperimentazione e nell’analisi dei dati raccolti, e L. Conversi, con il quale si sono svolti gli<br />

impegnativi test sul Seven-Poster Rig.<br />

Vorrei ringraziare il mio relatore Chiar.mo Prof. Ing. G. Nicoletto, grazie al quale ho potuto vivere<br />

la mia prima esperienza di lavoro, in contatto con un’azienda all’avanguardia nel settore delle<br />

costruzioni automobilistiche, e il Chiar.mo Prof. Ing. M. Amabili, il cui aiuto si è dimostrato<br />

preziosissimo nell’interpretazione dei dati delle prove dinamiche sui pneumatici.

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