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Marie-Louise von Franz L'Ombra e il male nella fiaba - Giano Bifronte

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Ha scritto Jung che le fiabe consentono di studiare ,meglio l'anatomia comparata della<br />

psiche, in quanto configurano in forma pura i processi dell'inconscio collettivo e<br />

riproducono alcuni modelli archetipici del comportamento umano. Con questo volume, la νοn<br />

<strong>Franz</strong> ci invita α entrare nel mondo della <strong>fiaba</strong> quale via per accostarci α quella dimensione<br />

inafferrab<strong>il</strong>e e irriducib<strong>il</strong>e dell'esperienza umana rappresentata dal <strong>male</strong>. Con la sua<br />

sαggezza realistico e disincontata. la fiabα ρuò infatti offrire un contributo significativo<br />

alla formulazione di una psicologia dell'Ombra; <strong>il</strong> lato oscuro del carattere umano, e in<br />

questo modo avvicinarci α una soluzione individuale. Una soluzione radicato <strong>nella</strong> coscienza<br />

etica del singolo, ma non soffocata da un rigido moralismo, e del pari lontana da un certo<br />

ottimismo cristiano-<strong>il</strong>luministico (l'inessenziblità del <strong>male</strong>, la fede nel progresso) e dal<br />

pessimismo radicale di antropologie f<strong>il</strong>osofico-religiose vecchie e nuove.<br />

<strong>Marie</strong>-<strong>Louise</strong> νοn <strong>Franz</strong> è stato allieva e collaboratrice di Jung ed e oggi una personalità di<br />

spicco dello junghismo internazionale.<br />

<strong>Marie</strong>-<strong>Louise</strong> νοn <strong>Franz</strong><br />

<strong>L'Ombra</strong> e <strong>il</strong> <strong>male</strong> <strong>nella</strong> <strong>fiaba</strong><br />

Bollati Boringhieri<br />

Prima edizione giugno 1995<br />

© 1995 Bollati Boringhieri editore s.r.l., Torino, corso Vittorio Emanuele 86<br />

Ι diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale ο parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microf<strong>il</strong>m e le<br />

copie fotostatiche) sono riservati<br />

Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino<br />

ISBN 88-339-0928-Χ<br />

Titolo originale


Der Schatten und das Böse im Märchen, Kösel, München 1985<br />

© 1974 <strong>Marie</strong>-<strong>Louise</strong> νοn Fran<br />

Versione riveduta dall'autrice di due seminari tenuti in inglese all'Istituto C. G. Jung di Zurigo: The Problem οf the Shadow in Fairy<br />

Tales (inverno 1957) e Dealing with Ev<strong>il</strong> in Fairy Tales (inverno 1964). Prima pubblicazione: Shadow and Ev<strong>il</strong> in Fairy Tales,<br />

Spring Publications, Dallas 1974<br />

Traduzione di S<strong>il</strong>via Stefani<br />

Le fiabe dei fratelli Grimm sono citate, talora in forma leggermente abbreviata e con qualche modifica, <strong>nella</strong> traduzione di Clara Bovero<br />

(Oscar Mondadori, M<strong>il</strong>ano 1984²)<br />

pag. 253 – L. 40.000<br />

Schema grafico della copertina di Federico Luci


INDICE<br />

Prefazione all'edizione tedesca 7<br />

PARTE PRIMA L'OMBRA<br />

1 <strong>L'Ombra</strong> <strong>nella</strong> <strong>fiaba</strong><br />

2 Deposizione ο rinnovamento del re<br />

3 La dominante rinnovata della coscienza<br />

4 L'Anima e <strong>il</strong> rinnovamento<br />

5 La sottomissione dell'Ιο<br />

6 Le difficoltà del ritorno<br />

7 La Grande Madre e l'unità<br />

PARTE SECONDA IL MALE<br />

8 Ι diversi livelli del <strong>male</strong><br />

9 La possessione da parte del <strong>male</strong><br />

10 Incontro con le forze del <strong>male</strong><br />

11 Il <strong>male</strong> freddo e <strong>il</strong> <strong>male</strong> caldo<br />

12 La ricerca del cuore segreto<br />

13 La competizione magica<br />

14 Il nucleo della psiche


Indice analitico


PREFAZIONE ALL'EDIZIONE TEDESCA<br />

Sono passati oltre vent'anni da quando bo tenuto all'Istituto C. G. Jung di Zurigo le due<br />

serie di lezioni raccolte in questo volume. Allora come oggi considero le fiabe modelli<br />

archetipici del comportamento umano generale, e allo stesso tempo 1ο strumento migliore<br />

per chiarire certi problemi psicologici. La presentazione di casi individuali è, in effetti,<br />

sempre un poco fuorviante, poiché gli elementi individuali in essi contenuti vengono<br />

considerati generali e viceversa.<br />

Il confronto con <strong>il</strong> <strong>male</strong> e con <strong>il</strong> lato oscuro del carattere umano è una componente<br />

quotidiana della pratica psicologica; si presentano sempre dei problemi per i quali è<br />

necessaria la comprensione («tout comprendre ι'est tout pardonner») e per i quali occorre<br />

allo stesso tempo stab<strong>il</strong>ire dei limiti. Non credo esista un'analisi sull'esito della quale <strong>il</strong><br />

comportamento dell'analizzando non influisca in modo determinante. Un certo ottimismo<br />

cristiano e, sulla sua scia ma con effetti assai più funesti, la fede <strong>il</strong>luministica nel<br />

progresso ci hanno resi inermi di fronte α1 <strong>male</strong>. Oggi, però, <strong>il</strong> <strong>male</strong> è una realtà così<br />

attuale che nemmeno l'idiota più sentimentale può ignorarla. In quest'ottica, mi sembra<br />

importante <strong>il</strong> contributo che può dare α1 problema 1α saggezza realistica delle fiabe di<br />

tutti i paesi.<br />

L'essere incapaci di far fronte al problema del <strong>male</strong> è particolarmente pericoloso nel mondo<br />

attuale, poiché in ambiti di importanza decisiva dell'economia e della politica <strong>il</strong> sapere<br />

intellettuale è sopravvalutato e 1α statistica trionfa. Tuttavia <strong>il</strong> problema del bene e del<br />

<strong>male</strong> appartiene alla sfera del sentire. Da un punto di vista intellettuale vi sono pro e<br />

contro per quasi ogni tipo di azione, mentre le decisioni essenziali in questo campo possono<br />

essere prese soltanto dal sentimento ο dalla coscienza morale dell'individuo. Α causa della<br />

sovrappopolazione e della massifi cazione che di conseguenza ci minaccia, 1α<br />

8 PREFAZIONE ALL'EDIZIONE TEDESCA<br />

responsab<strong>il</strong>ità individuale è sempre più in pericolo, eppure proprio la decisione etica del<br />

singolo costituisce quell élemento misterioso dal quale dipende, in ultima analisi, <strong>il</strong> destino<br />

del mondo.<br />

La f<strong>il</strong>osofia cinese classica 1ο aveva già visto con chiarezza. L'universo e l'individuo sono<br />

indivisib<strong>il</strong>i; perciò chiedersi ogni giorno se si è agito bene ο <strong>male</strong> nelle piccole cose non<br />

significa eccedere nello scrupolo. Certo, esiste anche una falsa coscienza e m<strong>il</strong>le sono le<br />

possib<strong>il</strong>ità di autoinganno. La <strong>fiaba</strong> non può risolvere questi problemi, ma rivela dimensioni<br />

che ci possono portare più vicini alla soluzione individuale.<br />

Küsnacht, gennaio 1985 <strong>Marie</strong>-<strong>Louise</strong> νοn <strong>Franz</strong>


PARTE PRIMA<br />

<strong>L'Ombra</strong><br />

____________________________________________________<br />

CAPITOLO 1<br />

<strong>L'Ombra</strong> <strong>nella</strong> <strong>fiaba</strong><br />

Prima di accostarci α questo tema, dobbiamo delineare meglio 1α definizione psicologica<br />

dell'Ombra, che non è così semplice come spesso presumiamo. La psicologia junghiana<br />

generalmente definisce l'Ombra come 1α personificazione di certi aspetti della personalità<br />

inconscia, che potrebbero essere aggiunti α1 complesso dell'Ιο, <strong>il</strong> che, però, non avviene per<br />

diversi motivi. Perciò potremmo dire che l'Ombra è <strong>il</strong> lato oscuro, non vissuto e rimosso del<br />

complesso dell'Ιο, la qual cosa è vera, però, solo in parte. Jung, che non poteva sopportare<br />

che i suoi discepoli prendessero troppo alla lettera i suoi concetti e vi si aggrappassero per<br />

ricavarne un sistema, citandolo senza capire esattamente quel che dicevano, un giorno,<br />

mentre si discuteva sull'Ombra, ribaltò tutto quanto, esclamando: «Queste sono<br />

sciocchezze! <strong>L'Ombra</strong> è semplicemente tutto l'inconscio». Dopo di che spiegò che avevamo<br />

dimenticato come erano state scoperte queste nozioni, e come venivano esperite<br />

dall'individuo, e che era sempre necessario tener conto della condizione del paziente di<br />

volta in volta.<br />

Se qualcuno che non sa nulla di psicologia viene in analisi e si cerca di spiegargli che in<br />

fondo alla sua mente sono in atto processi di cui non è cosciente, tutto ciò costituisce per<br />

lui temporaneamente l'Ombra. Perciò, <strong>nella</strong> prima fase di avvicinamento all'inconscio,<br />

l'Ombra è semplicemente 1α denominazione «mitologica» di tutto ciò che di psichico è<br />

racchiuso in noi, e che non possiamo conoscere direttamente. Solo quando ci inoltreremo più<br />

α fondo in questa sfera dell'Ombra, per esplorarne i diversi aspetti, comincerà ad apparire<br />

nei sogni, dopo qualche tempo, un'altra personificazione dell'inconscio, di sesso opposto<br />

rispetto α quello del sognatore. Così si scoprirà che in questa ignota<br />

sfera interiore esiste un'altra forza ancora, 1'Αnimα (1'Animus), che rappresenta


sentimenti, stati d'animo, idee ecc. Inoltre parliamo anche del concetto del Sé. Jung non<br />

riteneva necessario oltrepassare queste tre fasi <strong>nella</strong> pratica analitica, ma vi sono altre<br />

figure tipiche dell'inconscio.<br />

Perlopiù suscita stupore <strong>il</strong> fatto che l'integrazione dell'Anima (del1'Animus) sia uria<br />

questione pratica e non solo teorica. t un'impresa eccezionale e nessuno può affermare di<br />

esservi riuscito. Quando parliamo dell'Ombra, dobbiamo tenere presente, oltre alla<br />

situazione personale, 1α condizione specifica della coscienza e la consapevolezza interiore<br />

dell'analizzando. Perciò, <strong>nella</strong> fase iniziale, possiamo definire ]'Ombra come tutto ciò di cui<br />

egli non è consapevole. Man mano che procediamo nell'indagine, scopriamo in genere che<br />

essa è formata in parte da elementi personali e in parte da elementi collettivi.<br />

<strong>L'Ombra</strong> si forma dunque attraverso 1α rimozione di certe caratteristiche. Darò<br />

un'esemplificazione: uri paziente ha genitori completamente diversi sul piano del carattere,<br />

ed eredita da entrambi determinate caratteristíche che non possono amalgamarsi bene<br />

«chimicamente ». Per esempio, ho avuto un'analizzanda che aveva ereditato dal padre un<br />

temperamento focoso, brutale e dalla madre suscettib<strong>il</strong>ità e ipersensib<strong>il</strong>ità. Come poteva<br />

essere queste due persone allo stesso tempo? Quando qualcuno 1α irritava, viveva queste<br />

due reazioni contrapposte: era assalita dalla collera e contemporaneamente era<br />

profondamente urtata e provava l'impulso di fuggire. Nel corso dello sv<strong>il</strong>uppo si compie in<br />

genere uria scelta, cosicché una parte diventa più ο meno accentuata. In seguito<br />

l'educazione e l'abitudine danno <strong>il</strong> loro contributo, rinforzando questo orientamento, poiché<br />

quando si sceglie ripetutamente un certo atteggiamento, esso diventa uria sorta di seconda<br />

natura, e le altre caratteristiche vengono messe α tacere, anche se continuano α esistere<br />

come prima. Di queste caratteristiche represse, che non vengono riconosciute ο accettate<br />

perché incompatib<strong>il</strong>i cori quelle prescelte, è costituita l'Ombra. Con un certo grado di<br />

discernimento e cori l'aiuto dei sogni è relativamente fac<strong>il</strong>e individuare questi elementi,<br />

vale α dire rendere cosciente l'Ombra. In genere α questo punto termina l'analisi. Ma<br />

questo non è una realizzazione eccezionale, perché si presenta allora <strong>il</strong> problema più arduo,<br />

quello in cui si dibatte gran parte dell'umanità: conosciamo 1α nostra Ombra, ma non<br />

riusciamo α integrarla bene <strong>nella</strong> nostra vita. Naturalmente α coloro che fanno parte del<br />

nostro ambiente immediato non va α genio che noi cambiamo, poiché questo comporta che<br />

anch'essi com<br />

piano lo sforzo di riadattarsi. Una famiglia andrà su tutte le furie quando un membro fino<br />

ad allora mite come uri agnello diventerà improvvisamente aggressivo e risponderà no alle<br />

richieste degli altri. Ciò provocherà delle critiche, e poiché anche queste risulteranno<br />

spiacevoli alla persona in questione, è possib<strong>il</strong>e che l'integrazione fallisca, e <strong>il</strong> problema<br />

ristagni.<br />

Accettare una propria caratteristica sgradita e che è stata volontariamente soffocata per<br />

anni, è un atto che richiede grande coraggio. D'altra parte, se non la si accetta, essa<br />

opererà in modo occulto. Vedere l'Ombra e riconoscerla è uria parte del problema, ma <strong>il</strong><br />

grande problema etico si presenta quando si decide di esprimerla consciamente. Ciò<br />

richiede grande cautela e autoriflessione.<br />

Nella fase iniziale l'Ombra è, dunque, tutto l'inconscio, un torrente di pensieri, emozioni,


giudizi ecc. Nell'esplorare le esplosioni affettive si potrà, però, distinguere 1α figura che<br />

chiamiamo Ombra dalla facoltà di giudizio, che in uria donna viene denominata Animus. Dopo<br />

uri certo tempo si è in grado di scoprire in se stessi queste qualità negative, e non solo di<br />

capirle, ma anche di esprimerle, <strong>il</strong> che significa rinunciare α certi ideali e norme. Per non<br />

distruggere nulla nell'ambiente bisognerà essere molto vig<strong>il</strong>i.<br />

Poiché nei sogni in cui emerge l'Ombra possiamo scoprire anche cose che non sono di<br />

origme personale, dobbiamo presumere che l'Ombra sia costituita da materiale in parte<br />

personale e in parte impersonale e collettivo.<br />

Tutte le civ<strong>il</strong>tà, in particolare quella cristiana, hanno una propria Ombra. È una costatazione<br />

banale, poiché quando si esplorano le altre civ<strong>il</strong>tà, è fac<strong>il</strong>e capire in quali aspetti ci siano<br />

superiori. Gli indiani, per esempio, sono molto più avanti di noi nell'atteggiamento spirituale<br />

e f<strong>il</strong>osofico complessivo, mentre <strong>il</strong> loro comportamento sociale appare sconvolgente ai<br />

nostri occhi. Se si passa per le strade delle città del Bengala, si vede una folla di persone<br />

che stanno chiaramente morendo di fame. Sono alla fine, ma nessuno si cura di loro, poiché<br />

questo è <strong>il</strong> loro karman, e ciascuno deve badare alla propria salvezza: occuparsi degli altri<br />

significherebbe soltanto lasciarsi coinvolgere in fut<strong>il</strong>ità terrene. Per noi euroρei questo<br />

atteggiamento rovina l'intero paese, perché è rivoltante vedere 1α gente morire di fame,<br />

circondata dalla più completa indifferenza. Perciò possiamo definire questo atteggiamento<br />

un'Ombra della civ<strong>il</strong>tà indiana. La loro estroversione è sotto <strong>il</strong> limite, la loro introversione<br />

sopra.<br />

È possib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> lato luminoso non sia cosciente di quello oscuro, che appare invece così<br />

evidente α chi appartiene α un'altra cultura.<br />

Se qualcuno vivesse in totale solitudine, gli sarebbe praticamente impossib<strong>il</strong>e vedere 1α<br />

propria Ombra, poiché nessuno potrebbe osservarlo dall'esterno. È necessario un<br />

osservatore. Quando prendiamo in considerazione 1α reazione di quest'ultimo, possiamo<br />

parlare di un'Ombra delle diverse culture. Per esempio, quasi tutti gli orientali pensano che<br />

<strong>il</strong> nostro atteggiamento di gruppo sia del tutto inconsapevole di certi fatti metafisici e che<br />

siamo ingenuamente prigionieri di un mondo di <strong>il</strong>lusioni. Ecco come appariamo al loro occhi,<br />

senza rendercene conto. Abbiamo dunque un'Ombra che non conosciamo e della quale non<br />

abbiamo ancora coscienza. <strong>L'Ombra</strong> collettiva è particolarmente cattiva, poiché la cecità<br />

scatena l'ost<strong>il</strong>ità fra i popoli. Nelle guerre ο nell'odio contro le altre nazioni si rivela un<br />

aspetto dell'Ombra collettiva.<br />

Questa si manifesta in un'altra forma ancora: determinate nostre caratteristiche<br />

retrocedono quando siamo in un gruppo piccolo ο soli, mentre si rafforzano all'improvviso<br />

appena ci troviamo in un gruppo ρiù esteso. Questo fenomeno compensatorio emerge<br />

tipicamente negli introversi ripiegati su sé stessi, che improvvisamente hanno 1α pressante<br />

esigenza di br<strong>il</strong>lare in un gruppo numeroso, di diventare un «pezzo grosso». Nell'estroverso<br />

si verifica <strong>il</strong> contrario. Quando è solo, l'introverso dice di non essere ambizioso, e di non<br />

avere alcuna smania di affermarsi; desidera soltanto essere sé stesso, appagato dalla sua<br />

introversione. Ma basta che si ritrovi in una folla in cui vi siano estroversi ambiziosi, perché<br />

venga subito contagiato. Si può paragonare questo fenomeno α quel che avviene quando una<br />

donna corre in un negozio per comprare qualcosa α buon mercato, e tutte le altre 1α imitano


per poi chiedersi, una volta tornate α casa: « Perché mai ho fatto questo acquisto?»<br />

Se una persona viene assalita dall'ambizione soltanto quando è in un gruppo, si può dire che<br />

sia stata afferrata dall'Ombra collettiva. Talvolta ci si sente perfettamente in armonia con<br />

sé stessi, ma, se si finisce in un gruppo in cui <strong>il</strong> diavolo è scatenato, si è totalmente turbati,<br />

come accadeva α certi tedeschi quando frequentavano le adunate dei nazisti. Riflettendo α<br />

casa, si sentivano contrari α1 nazismo, ma quando si ritrovavano in gruppo, avveniva una<br />

sorta di mutazione ed erano, come mi è stato detto, «posseduti dal diavolo». Cadevano<br />

temporaneamente in balia dell'Ombra collettiva anziché di quella personale.<br />

Anche da noi <strong>il</strong> demonio collettivo viene personificato nel sistema religioso attraverso la<br />

credenza nel diavolo ο in demoni malvagi. Un uomo medievale, α1 ritorno da un sim<strong>il</strong>e<br />

consesso, avrebbe detto di essere stato posseduto dal diavolo e di essersene ora liberato.<br />

D'altra parte, dobbiamo renderci conto che, se demoni collettivi possono impossessarsi di<br />

noi, qualcosa di loro deve essere presente in noi, altrimenti questo non potrebbe accadere:<br />

1α nostra porta psichica non sarebbe aperta α1 contagio. Quando parti dell'Ombra<br />

personale non sono sufficientemente integrate, l'Ombra collettiva può inf<strong>il</strong>trarsi<br />

attraverso tale porta. Dobbiamo essere consapevoli dell'esistenza di entrambi gli aspetti,<br />

poiché questo è un problema etico, pratico col quale dobbiamo confrontarci costantemente.<br />

Supponiamo che un analizzando si comporti in modo spaventoso all'interno di un gruppo. Se<br />

cerchiamo di fargli capire che è stata tutta colpa sua, egli si sentirà troppo oppresso e,<br />

obiettivamente, questo non sarebbe giusto, perché in parte <strong>il</strong> suo comportamento è stato<br />

provocato dall'Ombra del gruppo. Inoltre verrebbe assalito da un senso di colpa troppo<br />

forte, ed esiste una sorta di norma interiore segreta riguardo alla misura in cui una persona<br />

ρuò sopportare l'Ombra. È malsano non vederla, ma è altrettanto malsano addossarsene<br />

troppa, poiché allora <strong>il</strong> proprio funzionamento psicologico viene compromesso. Quel che è<br />

peggio, spesso si perde di vista 1α propria coscienza morale, che viene ottenebrata quando<br />

si guarda l'Ombra troppo da vicino, e allora <strong>il</strong> problema diventa estremamente delicato.<br />

Nell'esercito svizzero si parla dell'«idiota della compagnia», che viene scelto<br />

inconsciamente come capro espiatorio dei suoi compagni. Costui è generalmente qualcuno<br />

con un debole complesso dell'Io, che viene costretto ad agire l'Ombra collettiva. Ne può<br />

derivare una costellazione molto tragica. Troviamo 1ο stesso modello <strong>nella</strong> «pecora nera»<br />

all'interno di una famiglia, che viene costretta ad accollarsi l'Ombra degli altri.<br />

Ho detto tutto ciò per chiarire che, quando parliamo dell'Ombra, dobbiamo pensare α un<br />

aspetto personale e α un aspetto collettivo, 1'Ombra di gruppo. Quest'ultima, ovviamente,<br />

è in un certo senso 1α somma delle Ombre dei membri del gruppo, e inoltre comprende<br />

qualcosa che non disturba <strong>il</strong> gruppo e che risulta evidente soltanto agli estranei.<br />

Quando, per esempio, si incontrano tre ο quattro tipici intellettuali che hanno in comune gli<br />

stessi interessi, diranno di aver trascorso una meravigliosa serata α discutere, senza<br />

accorgersi che <strong>il</strong> loro contatto<br />

affettivo è stato pessimo; se un uomo di campagna avesse assistito α quell'incontro, 1ο<br />

avrebbe giudicato spaventoso. Quando tutti hanno gli stessi interessi oppure 1ο stesso


problema, le cose funzionano α meraviglia. Probab<strong>il</strong>mente tutti gli europei hanno molte<br />

qualità che non r<strong>il</strong>eviamo, perché noi le diamo per scontate. Questa è 1α nor<strong>male</strong><br />

inconsapevolezza degli individui e dei gruppi.<br />

Vorrei chiarire un altro punto. Ho già detto che un gruppo riconosce 1α propria Ombra solo<br />

quando si trova in conflitto con un altro. Ma non è esatto, poiché in diverse culture esistono<br />

riti religiosi che hanno la funzione di rendere un gruppo consapevole della propria Ombra.<br />

Nella nostra cultura cristiana questo corrisponderebbe alle messe nere, durante le quali si<br />

<strong>male</strong>diceva <strong>il</strong> nome di Cristo, si baciava un ani<strong>male</strong> sull'ano in nome del diavolo, e così via, e<br />

tutto ciò serviva α1 fine di fare esattamente <strong>il</strong> contrasto di quel che era ritenuto santo.<br />

Questi rituali antireligiosi si sono estinti da noi e si tende α dimenticarli, ma<br />

rappresentavano un tentativo di mostrare alle masse 1α propria Ombra. In diverse culture,<br />

per esempio presso gli indiani Sioux, esiste un gruppo di cosiddetti clown, i quali de<strong>von</strong>o<br />

sempre comportarsi in contrasto con le norme del gruppo. Ridono quando si dovrebbe<br />

essere seri, piangono quando gli altri ridono ecc. Sono stati prescelti perché compiano in<br />

modo rituale cose sconvolgenti, antitetiche alle norme del gruppo. Probab<strong>il</strong>mente intuiscono<br />

che anche l'altro lato deve essere portato alla luce. È un rituale di punficazione<br />

dell'Ombra. Per trovare residui autentici di queste usanze in Svizzera, bisogna andare α1<br />

carnevale di Bas<strong>il</strong>ea: qui si potrà sperimentare come i gruppi esprimano 1α loro Ombra di<br />

gruppo in modo genuino, bellissimo.<br />

Questo è quanto per l'Ombra. Ora possiamo occuparci di un altro problema. Che cosa<br />

rappresentano, ο non rappresentano, le fiabe, e fino α che punto possiamo considerarle<br />

materiale psicologico per 1α conoscenza dell'Ombra? Per una migliore comprensione<br />

dobbiamo chiederci quale sia 1α probab<strong>il</strong>e origine delle fiabe e 1α loro funzione all'interno<br />

della nostra società.<br />

Fin verso α1 XVII secolo le fiabe non erano riservate ai bambini, ma venivano raccontate e<br />

ascoltate dagli adulti dei ceti popolari, da boscaioli e contadini, e le donne si divertivano ad<br />

ascoltarle mentre tessevano. Inoltre vi erano (e vi sono tuttora in alcuni v<strong>il</strong>laggi svizzeri)<br />

narratori di professione, che venivano pregati in continuazione di raccontare qualche<br />

storia. Questi narratori sono talvolta individui « originali» e un poco<br />

squ<strong>il</strong>ibrati, nevrotici, talaltra, invece, persone straordinariamente sane e normali. Se si<br />

chiede loro perché narrino le fiabe, alcuni rispondono di aver ereditato questa funzione,<br />

altri dicono di aver appreso quest'arte da qualcuno, oppure di seguire una tradizione che<br />

viene trasmessa da uno all'altro. Ora sappiamo che vi sono fiabe di tipo collettivo che<br />

vengono tramandate di generazione in generazione come le vecchie tradizioni, una sorta di<br />

sapere comune, fondate su esperienze interiori oppure create da «poeti» autentici. Ι<br />

seguenti esempi tipici chiariranno l'origine delle fiabe.<br />

Nelle cronache di una famiglia svizzera c'era questa storia che risaliva ai tempi di<br />

Napoleone: un mugnaio usciva per uccidere una volpe, che cominciò α parlare; gli disse che<br />

non doveva ucciderla, perché l'aveva aiutato α far girare la ruota del suo mulino. Quando <strong>il</strong><br />

mugnaio tornò α casa, scoprì che 1α ruota girava da sola. Poco tempo dopo morì. Non molto<br />

tempo fa uno studioso di folclore andò in quel v<strong>il</strong>laggio e chiese ai vecchi se sapevano<br />

qualcosa del mulino e raccolse varie versioni della storia. Uno riferì la stessa storia,


aggiungendo, però, che 1α volpe era corsa in mezzo alle gambe del mugnaio, provocandogli<br />

un'infezione e un'infiammazione fatali della pelle. In effetti si sospetta in questa regione<br />

che le volpi provochino questo tipo di malattie. Perciò <strong>nella</strong> versione originaria è stato<br />

inserito un elemento nuovo. Secondo un'altra vanante <strong>il</strong> mugnaio si recò α un pranzo; lì <strong>il</strong> suo<br />

bicchiere colmo di vino si ruppe, dopo di che apprese che 1α volpe era l'anima di una zia<br />

morta, una strega. (Α quanto pare, le anime delle streghe vagano nelle anime delle volpi).<br />

Così 1α storia si è arricchita di altro materiale archetipico, proprio come accade nelle<br />

dicerie.<br />

Ciò <strong>il</strong>lustra come si forma una storia: <strong>il</strong> suo nucleo è sempre costituito da un'esperienza<br />

parapsicologica ο da un sogno. Se racchiude un motivo affine α un mito, si manifesta 1α<br />

tendenza ad amplificarla con questo motivo. Infatti esiste anche 1α storia dei mugnaio che<br />

fu inseguito da una strega, che per poco non uccise, e che poi uccise lui. Questa non è una<br />

<strong>fiaba</strong>, ma l'inizio di una saga locale. Il nome del mugnaio viene tramandato inalterato. Ma<br />

supponiamo che una sguattera racconti 1α storia in un altro v<strong>il</strong>laggio; allora è possib<strong>il</strong>e che <strong>il</strong><br />

nome del mugnaio cambi, oppure che sia chiamato semplicemente <strong>il</strong> mugnaio. Tutti gli<br />

elementi che non sono interessanti per questo v<strong>il</strong>laggio verranno abbandonati, e sarà<br />

ricordato solo <strong>il</strong> nucleo archetipico della stona. Rimango sempre incantata dal fatto che<br />

riesco α ricordare meglio <strong>il</strong> materiale<br />

archetipico di altre cose: lascia una sorta di impressione «eterna», cosicché non 1ο si<br />

dimentica. Un giovane insegnante fece un esperimento in proposito. Raccontò due storie,<br />

delle quali una soltanto conteneva elementi mitologici e, tre giorni dopo, le fece trascrivere<br />

entrambe al suoi allievi. Risultò evidente che <strong>il</strong> racconto mitologico era stato ricordato<br />

meglio.<br />

Finché questi strati della popolazione non avranno radio e giornali, le storie continueranno α<br />

suscitare grande interesse. Non intendo comunque respingere 1α teoria secondo 1α quale le<br />

fiabe siano talvolta residui di letteratura deteriorata. Nella Grecia moderna, per esempio,<br />

si può trovare la versione annacquata del mito di Eracle, ridotto alla struttura di fondo; <strong>il</strong><br />

materiale mitico si e preservato. Sono questi elementi delle forme religiose del passato che<br />

ricompaiono nel materiale delle fiabe. Diversi elementi si ricompongono, e le storie vengono<br />

raccontate, perché sono ancora interessanti ed eccitanti, anche quando non vengono più<br />

comprese. Il fatto che siano state ora riservate al bambini rivela un atteggiamento tipico,<br />

e aggiungerei significativo, della nostra società: si considera infant<strong>il</strong>e <strong>il</strong> materiale<br />

archetipico. Se 1α mia teoria sull'origine delle fiabe è corretta, esse rispecchierebbero le<br />

strutture fondamentali dell'umanità assai più dei miti e dei prodotti letterari. Jung disse<br />

una volta che, esplorando le fiabe, si poteva conoscere l'anatomia comparata dell'essere<br />

umano. In genere i miti sono più incorporati <strong>nella</strong> cultura cosciente della società. Non si può<br />

pensare all'epopea di Gílgames α prescindere dalla civ<strong>il</strong>tà sumero-bab<strong>il</strong>onese, così come non<br />

si può pensare all'Odissea senza tener conto della cultura greca. La <strong>fiaba</strong>, invece, può<br />

migrare più agevolmente, perché, ridotta com'è agli elementi strutturali di base, può<br />

piacere a tutti.<br />

Anche sulle fiabe influisce in una certa misura 1α cultura dalla quale sono emerse, ma in<br />

misura assai minore rispetto al miti, poiché sono dotate di una struttura più essenziale.<br />

Sono effettivamente modelli comportamentali umani. Gli studiosi del comportamento hanno


appurato che certi riti <strong>nella</strong> vita degli animali racchiudono elementi strutturali di fondo. Ι<br />

maschi di anatra di tutte le specie compiono prima dell'accoppiamento una certa danza,<br />

costituita da movimenti stereotipati del capo e delle ali e da diversi altri piccoli movimenti.<br />

È la forma rituale di corteggiamento della femmina. Konrad Lorenz si chiese se questo<br />

comportamento potesse essere innato. Riuscì α incrociare maschi d'anatra di specie<br />

diversa, creando una nuova specie, e osservò <strong>il</strong> comportamento<br />

di questi esemplari. Scoprì così che talvolta veniva riprodotta l'antica danza rituale<br />

originaria, anche se non apparteneva α nessuna delle specie incrociate, oppure che la danza<br />

rituale veniva ripetuta da uno dei partner in forma ridotta, oppure si presentava una<br />

combinazione delle due forme. Certi elementi strutturali della danza erano sempre<br />

presenti, mentre altri variavano.<br />

Se trasferiamo tutto ciò <strong>nella</strong> sfera umana, possiamo dire che esistono determinate<br />

strutture di fondo del comportamento psicologico, appartenenti α1 genere umano in<br />

generale, e altre che sono più sv<strong>il</strong>uppate in un gruppo ο in una nazione, mentre sono meno<br />

pronunciate altrove. Poiché le fiabe presentano una struttura molto sim<strong>il</strong>e in tutte le<br />

culture, consentono di studiare gli elementi essenziali del comportamento e di sv<strong>il</strong>uppare 1α<br />

capacità di distinguere quel che, in un certo caso, è individuale da quel che non 1ο è. Se, per<br />

esempio, si studia <strong>il</strong> mito del complesso materno, vale α dire l'attaccamento e <strong>il</strong><br />

comportamento istintivo del figlio maschio nei confronti della madre, così come si<br />

rispecchia nei miti, si potranno individuare i tratti tipici. In tal caso <strong>il</strong> figlio maschio<br />

tenderà α sv<strong>il</strong>uppare i tratti dell'eroe, di un giovane piuttosto effeminato del tipo di Attis<br />

ο Adone ο Balder, che muore giovane ed è incline α rifiutare 1α vita, soprattutto <strong>il</strong> suo lato<br />

oscuro. Secondo questi miti <strong>il</strong> giovane che amava 1α madre veniva ucciso da un essere<br />

masch<strong>il</strong>e oscuro, brutale, ctonio. Ciò significa che, per un giovane in questa situazione,<br />

verrà un momento cruciale in cui sarà ucciso psicologicamente da un «cinghiale» selvaggio<br />

oppure, qualora si rifiuti di accettare 1α sua Ombra, diventerà, <strong>nella</strong> nostra epoca, un p<strong>il</strong>ota<br />

o uno scalatore e precipitera.<br />

Anche se non emerge alcun materiale mitico e i sogni sono personali, sarà ugualmente<br />

possib<strong>il</strong>e individuare i tratti mitologici, come, per esempio, quando un giovane di questo tipo<br />

sogna che un suo caro amico è come Marte. Avrà un nome personale, ma sarà possib<strong>il</strong>e<br />

riconoscere un modello di fondo, così come una possib<strong>il</strong>e soluzione ed evoluzione, purché si<br />

conosca <strong>il</strong> mito. Non bisognerà inculcarglielo, perché questo significherebbe imporre α<br />

qualcuno un'idea mitologica, ma si avrà così una migliore comprensione di base.<br />

Eventualmente si potrà raccontare <strong>il</strong> mito e osservare che ciò ricorda Attis-Adone e così<br />

delineare 1α soluzione. Questo tipo di persona avrà allora 1α sensazione che <strong>il</strong> suo problema<br />

non è unico, insolub<strong>il</strong>e, ma che è già stato risolto decine di volte in diversi modi. Inoltre si<br />

riduce così 1'autosopravvalutazione, poiché<br />

<strong>il</strong> paziente capisce di trovarsi in una situazione generale e di non soffrire di una nevrosi<br />

peculiare. Infine <strong>il</strong> mito ha un Influsso magico su strati della psiche inaccessib<strong>il</strong>i α un<br />

approccio intellettuale. Dà una sensazione di déja νu, e, allo stesso tempo, è sempre nuovo.<br />

La disamina dell'Ombra <strong>nella</strong> <strong>fiaba</strong> non potrà quindi concentrarsi sul livello personale, ma<br />

solo su quello collettivo e sull'Ombra di gruppo. Perciò potremo tracciare solo un quadro


generale del comportamento dell'Ombra, <strong>il</strong> che è, però, α mio parere, molto ut<strong>il</strong>e. Si tende<br />

α pensare α1 proprio lo senza tener conto del fatto che persino l'Ιο è una struttura<br />

generale e un archetipo; ha una struttura di fondo in cui è incorporata una disposizione<br />

bas<strong>il</strong>are, innata α produrre determinate reazioni e rappresentazioni tipiche. Si può dire che<br />

<strong>nella</strong> maggior parte delle culture questa tendenza α sv<strong>il</strong>uppare un complesso dell'Ιο è<br />

presente in forma più ο meno accentuata. Quel che si intende per lo è una disposizione<br />

umana innata generale. Nelle prime fasi dell'infanzia si spende moltissima energia per<br />

costruire <strong>il</strong> complesso dell'Ιο, e se l'ambiente è disturbato, lo sarà anche <strong>il</strong> processo<br />

evolutivo, una situazione che, per inciso, potrà provocare una forma estrema di egoismo<br />

(autismo). La tendenza innata costituisce l'aspetto non-personale del complesso; ma, pur<br />

essendo meno forte, esiste anche un'altra tendenza innata, quella dell'Ιο α scindere da sé<br />

determinati suoi aspetti, dando così origine all'Ombra. Nelle fiabe si rispecchiano solo<br />

queste strutture generali, sulle quali possono inoltre influire le culture in cui <strong>il</strong> racconto si<br />

è formato.<br />

La prima <strong>fiaba</strong> di cui ci occuperemo è dei fratelli Grimm. È intitolata Ι due viandanti.<br />

Ι due viandanti<br />

Le montagne non s'incontrano, ma s'incontrano gli uomini, buoni ο cattivi che siano. Ε così<br />

una volta s'incontrarono un calzolaio e un sarto, in giro per i! mondo. Il sarto era un bel<br />

ragazzo, sempre di buon umore. Vide <strong>il</strong> calzolaio venirgli incontro e, poiché dalla valigia capì<br />

che mestiere facesse, lo mise in burletta con una canzoncina. Ma i! calzolaio non voleva<br />

scherzi, storse 1α faccia, come se avesse bevuto dell'aceto, e fece l'atto di prenderlo per<br />

<strong>il</strong> collo. Il piccolo sarto si mise α ridere, gli porse 1α sua fiaschetta e disse: «L'ho detto<br />

senza cattiva intenzione, bevici sopra e inghiotti !α b<strong>il</strong>e». Il calzolaio<br />

tracannò un bel sorso e <strong>il</strong> suo volto cominciò α rasserenarsi. Restituì la fτaschetta α1 sarto<br />

e disse: «Le ho fatto onore: si ciancia del troppo bere, ma non della gran sete. Vogliamo far<br />

1α strada insieme?» «Va bene» rispose <strong>il</strong> sarto, «purché tu abbia voglia di andare in una<br />

grande città, dove non manchi <strong>il</strong> lavoro».<br />

Poiché <strong>il</strong> sarto era così vispo e allegro, con quel bel viso colorito, tutti gli davan volentieri<br />

qualcosa e persino 1α figlia del mastro gli augurava buon viaggio con un bacio, sull'uscio di<br />

casa. Ε quando incontrava <strong>il</strong> calzolaio, egli aveva sempre qualcosa di più nel suo fagotto.<br />

Quel bisbetico non aveva altrettanta fortuna. Ma <strong>il</strong> sarto si metteva α ridere e α cantare, e<br />

tutto quel che gli davano lo divideva col suo compagno. Dopo aver girovagato un po',<br />

arrivarono in un gran bosco, per cui passava la strada che portava alla capitale. Lo<br />

attraversavano due sentieri: l'uno durava sette giorni, l'altro soltanto due; ma non<br />

sapevano quale fosse <strong>il</strong> più corto. Ι due viandanti sedettero sotto una quercia e pensarono<br />

quali provviste dovevan fare e per quanti giorni portarsi <strong>il</strong> pane. Il calzolaio voleva portarsi<br />

pane α sufficienza per sette giorni, mentre <strong>il</strong> sarto si rimetteva α Dio e alla propria<br />

fortuna. Ι! bosco non finiva mai e α1 terzo giorno i! sarto aveva mangiato tutto <strong>il</strong> suo pane.<br />

Allora <strong>il</strong> calzolaio gli disse: «Oggi ti darò un pezzo di pane, ma in cambio voglio cavarti<br />

l'occhio destro».<br />

Lo sventurato sarto, che ci teneva alla vita, non poté trovare altro scampo, e <strong>il</strong> calzolaio,


che aveva un cuore di pietra, gli cavò l'occhio destro con un coltello aguzzo. Ma <strong>il</strong> giorno<br />

dopo la fame si fece sentire di nuovo e alla mattina del settimo giorno <strong>il</strong> sarto non poté<br />

alzarsi, tant'era sfinito. Disse <strong>il</strong> calzolaio: «Sarò misericordioso e ti darò dell'altro pane,<br />

ma non gratis: in cambio ti cavo l'altro occhio». Allora <strong>il</strong> sarto riconobbe la propria<br />

sventataggine, chiese perdono α1 buon Dio e disse al calzolaio che avrebbe dovuto rendere<br />

conto de! <strong>male</strong> che gli faceva e che da lui non aveva meritato. Aveva sempre diviso con lui<br />

tutto quel che aveva. Lo pregò di non lasciarlo solo, una volta divenuto cieco, poiché<br />

altrimenti gli sarebbe toccato morir di fame. Ma <strong>il</strong> calzolaio, che aveva scacciato Dio dal<br />

suo cuore, prese <strong>il</strong> coltello e gli cavò 1'occhio sinistro. Poi gli dette da mangiare un pezzo di<br />

pane, gli porse un bastone e se 1ο tirò dietro.<br />

Α1 tramonto uscirono dal bosco, e davanti al bosco, in aperta campagna, c'era una forca. Il<br />

calzolaio vi condusse <strong>il</strong> cieco, poi l'abbandonò e se ne andò per i fitti suoi. Sfinito per 1α<br />

stanchezza, <strong>il</strong> dolore e la fame, !'infelice s'addormentò e dormì tutta 1α notte. Allo spuntar<br />

del giorno, si svegliò, ma non sapeva dove fosse. Alla forca erano appesi due malfattori e<br />

ognuno aveva sulla testa una cornacchia. Poi uno prese α parlare e disse che 1α rugiada<br />

caduta dalla forca, quella notte, avrebbe ridato gli occhi ad ognuno che !'adoperasse per<br />

lavarsi. Α queste parole, <strong>il</strong> sarto prese <strong>il</strong> suo fazzoletto, lo premette sul-<br />

l'erba, e quando fu bagnato di rugiada, si lavò le orbite, e subito ebbe un paio d'occhi nuovi<br />

e sani.<br />

Poco dopo <strong>il</strong> sarto vide <strong>il</strong> sole sorgere dietro i monti: davanti α lui, <strong>nella</strong> pianura, giaceva la<br />

grande città regale, con le sue splendide porte e le sue cento torri. Egli distingueva ogni<br />

foglia sugli alberi, vedeva gli uccelli che passavano α volo, e i moscerini che danzavano<br />

nell'aria. Trasse di tasca un ago da cucire e quando riuscì α inf<strong>il</strong>arlo con 1α solita prontezza,<br />

<strong>il</strong> cuore gli balzò di gioia. Cadde in ginocchio, ringraziando Dio per 1α grazia che gli aveva<br />

fatta. Poi si caricò sulla schiena <strong>il</strong> suo fagotto, scordò subito <strong>il</strong> tormento sofferto e<br />

proseguì 1α sua strada cantando e f ischiettando.<br />

Incontrò per primo un puledro baio, che correva libero per la campagna. L'afferrò per 1α<br />

criniera, e voleva saltargli in groppa e cavalcare fino alla città. Ma <strong>il</strong> puledro 1ο pregò di<br />

lasciarlo andare. «Sono ancora troppo giovane» disse, «anche un sarto leggero come te mi<br />

spezza 1α schiena; lasciami andare, f inché mi sia irrobustito! Forse verrà giorno che potrò<br />

ricompensarti ». Ε <strong>il</strong> sarto lo lasciò andare.<br />

Ma non aveva mangiato nulla dal giorno prima. Vide una cicogna, l'afferrò per una gamba, e<br />

voleva tagliarle la testa, per avere finalmente qualcosa da mangiare. «Non farlo» rispose 1α<br />

cicogna, «io sono un uccello sacro α cui' nessuno fa del <strong>male</strong> e che è molto ut<strong>il</strong>e agli uomini.<br />

Se mi lasci' in vita, un'altra volta potrò ricompensarti». Così <strong>il</strong> sarto 1α lasciò andare.<br />

Poi vide alcuni anatroccoli avvicinarsi α nuoto su uno stagno. Ne afferrò uno e voleva<br />

torcergli <strong>il</strong> collo. Allora una vecchia anitra accorse α nuoto col becco spalancato, e 1ο<br />

supplicò di aver pietà dei suoi cari piccini. «Non pensi» diceva, «come piangerebbe tua<br />

madre se qualcuno volesse portarti via e farti 1α pelle?» Il buon sarto le rispose di tenersi i<br />

suoi piccini e rimise in acqua <strong>il</strong> prigioniero.


Voltandosi, si trovò di fronte α un vecchio albero mezzo cavo, e vide le api selvatiche volar<br />

dentro e fuori. «Ecco qui <strong>il</strong> premio per la mia buona azione!» disse <strong>il</strong> sarto. Ma comparve<br />

l'ape regina che 1ο minacciò e disse: «Se tocchi <strong>il</strong> mio popolo e mi distruggi <strong>il</strong> nido, ti<br />

ficchiamo <strong>nella</strong> pelle i nostri pungiglioni, come diecim<strong>il</strong>a aghi roventi. Ma se ci lasci in pace e<br />

vai per 1α tua strada, un'altra volta ti renderemo qualche servizio».<br />

Il sarto si trascinò in città con 1α fame che 1ο rodeva; poiché era appena suonato <strong>il</strong><br />

mezzogiorno, entrò in un'osteria e mangiò. Poi cercò un lavoro e non tardò α sistemarsi<br />

bene. Ε siccome <strong>il</strong> suo mestiere 1ο conosceva α fondo, ben presto divenne famoso e tutti<br />

volevano farsi fare <strong>il</strong> vestito nuovo dal piccolo sarto. Infine <strong>il</strong> re lo nominò addirittura sarto<br />

di corte.<br />

Ma come vanno le cose α questo mondo! Lo stesso giorno, anche <strong>il</strong> suo antico compagno, <strong>il</strong><br />

calzolaio, era diventato calzolaio di corte. Ε quando egli vide <strong>il</strong> sarto e s'accorse che aveva<br />

di nuovo gli occhi sani, 1α coscienza prese α tormentarlo. «Prima che si vendichi di me»<br />

pensò, «devo scavargli la fossa». Una sera andò di nascosto dal re e disse: «Maestà, <strong>il</strong> sarto<br />

è un presuntuoso e si è vantato di saper ritrovare la corona d'oro che andò smarrita tanto<br />

tempo fa». Il mattino dopo <strong>il</strong> re mandò α chiamare <strong>il</strong> sarto e gli ordinò di ritrovar 1α corona<br />

ο di lasciare la città per sempre. Il sarto fece fagotto, ma appena fuor delle mura gli<br />

spiacque dover rinunciar alla sua fortuna e voltar le spalle alla città dov'era stato così<br />

bene. Arrivò allo stagno, dove aveva fatto conoscenza con le anitre; e sulla riva ecco<br />

spuntare la vecchia. Ella lo riconobbe subito e gli domandò perché andasse così α testa<br />

china. Egli le narrò 1α sua avventura. «Se è tutto qui» disse l'anitra, «ci pensiamo noi. La<br />

corona è caduta nell'acqua e giace sul fondo; in un momento 1α ripeschiamo. Intanto tu<br />

stendi <strong>il</strong> fazzoletto sulla riva». Si tufo con i suoi dodici anatroccoli e dopo cinque minuti era<br />

tornata α galla, proprio in mezzo alla corona, che sosteneva con le ali; e i dodici anatroccoli<br />

nuotavano tutt'intorno, e con i becchi sott'acqua aiutavano α portarla. Nuotarono α riva e<br />

deposero la corona sul fazzoletto. Il sarto portò 1α corona al re, che, tutto felice, gli mise<br />

α1 collo una catena d'oro.<br />

Quando <strong>il</strong> calzolaio vide che <strong>il</strong> primo tiro era fallito, ne meditò un secondo, si presentò α1 re<br />

e disse: «Maestà, <strong>il</strong> sarto si è fatto di nuovo così presuntuoso che si vanta di saper rifare<br />

in cera l'intero castello reale, con tutto quel che contiene, di dentro e di fuori». Il re<br />

mandò α chiamare <strong>il</strong> sarto e gli ordinò di rifare in cera l'intero castello reale; e se non ci<br />

fosse riuscito, ο se fosse mancato anche soltanto un chiodo alla parete, per tutta 1α sua<br />

vita l'avrebbe tenuto prigioniero in un sotterraneo. Il sarto pensò: «Di <strong>male</strong> in peggio! Qui<br />

non si può reggere!» Si gettò <strong>il</strong> suo fagotto sulla schiena e se ne andò. Quando arrivò<br />

all'albero cavo, volaron fuori le api e 1α regina gli domandò se aveva <strong>il</strong> torcicollo, che teneva<br />

1α testa così storta. Egli raccontò quel che aveva imposto <strong>il</strong> re. Le api si misero α ronzare e<br />

α mormorare fra di loro e 1α regina disse: «Vα' pure α casa, ma torna domani α quest'ora e<br />

porta un gran fazzoletto». Quando <strong>il</strong> mattino dopo arrivò <strong>il</strong> sarto, lo splendido ed fi cio era<br />

là, completo, e non mancava un chiodo alla parete né una tegola sul tetto. Il re, che non<br />

finiva più di far le meraviglie, regalò al sarto una grande casa di pietra.<br />

Ma <strong>il</strong> calzolaio non si arrese, andò per 1α terza volta dal re e disse: «Maestà, <strong>il</strong> sarto ha<br />

sentito dire che l'acqua non zamp<strong>il</strong>la nel cort<strong>il</strong>e del castello, e si è vantato che, grazie α lui,<br />

proprio 1à in mezzo sarebbe scaturito uno zamp<strong>il</strong>lo, alto quanto un uomo e limpido come


cristallo». Allora <strong>il</strong> re mandò<br />

α chiamare <strong>il</strong> sarto e gli ordinò di far sgorgare lo zamp<strong>il</strong>lo, altrimenti <strong>il</strong> boia 1ο avrebbe<br />

accorciato di una testa. Il povero sarto s'affrettò α uscire dalla città, e gli colavano le<br />

lacrime giù per le guance. Ma s'avvicinò α gran balzi <strong>il</strong> puledro e disse:


CAPITOLO 2<br />

Deposizione ο rinnovamento del re<br />

Α un primo sguardo si potrebbe dire che, nel Due viandanti, <strong>il</strong> piccolo sarto simpatico e<br />

ottimista rappresenti <strong>il</strong> lato cosciente, e quindi l'Io e <strong>il</strong> calzolaio la sua Ombra, <strong>il</strong> lato<br />

compensatorio, e in effetti questa è l'interpretazione data da molti di coloro che lavorano<br />

sulle fiabe. Trattano 1α <strong>fiaba</strong> come una storia tipica, che mette in scena Ι'Ιο e l'Ombra. Da<br />

un certo punto di vista ciò mi sembra corretto, ma, secondo 1α mia espenenza, partendo<br />

subito da una tale ipotesi, prima ο poi ci si arena. Perciò vorrei raccomandare di non<br />

prendere i concetti junghiam e appiccicarli α figure mitiche, dicendo per esempio: questo è<br />

l'Io questa è l'Ombra, questa è l'Anima ecc. Come vedremo, questo modo di procedere<br />

funziona solo in una certa misura, e poi vengono le contraddizioni, e infine perfino le<br />

deformazioni, quando si cerca di costringere i personaggi in questo modello prestab<strong>il</strong>ito.<br />

Anziché trarre conclusioni premature, è di gran lunga preferib<strong>il</strong>e osservare le due figure e<br />

le loro funzioni all'interno della storia stessa, oltre α1 modo in cui vengono messe in<br />

rapporto con gli altri personaggi, e seguire 1α regola di non interpretare nessuna figura<br />

archetipica prima di aver preso visione dell'intero contesto. Dopo di che le nostre<br />

conclusioni saranno abbastanza diverse da quelle che avremmo tratto se avessimo apposto<br />

loro arbitrariamente le etichette di lo e Ombra.<br />

Il sarto è un personaggio ben noto delle fiabe. Vi sono certe analogie <strong>nella</strong> famosa storia<br />

del Saggio piccolo sarto, poiché anche questo è allegro e intraprendente, piccolo e magro,<br />

ma con l'astuzia sconfigge un gigante e poi raggira un unicorno furioso. Da questa<br />

amplificazione possiamo dedurre che <strong>il</strong> calzolaio ha in un certo senso α che fare con<br />

l'archetipo del trickster, che sconfigge i nemici con l'aiuto della sua intelligenza e della sua<br />

prontezza di spirito.<br />

segue da pag. 26

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