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LA FORTIFICAZIONE D'ALTURA DI MONTE CACUME

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<strong>LA</strong> <strong>FORTIFICAZIONE</strong> D’ALTURA <strong>DI</strong> <strong>MONTE</strong> <strong>CACUME</strong><br />

“…Vassi in Sanleo e discendesi in Noli<br />

montasi su Bismantova e in Cacume<br />

con esso i piè: ma qui convien ch’om voli…” 1<br />

(Purg., IV, 25-27)<br />

Premessa<br />

Nel mese di agosto 2007 ho effettuato una ricognizione<br />

finalizzata all’individuazione delle emergenze murarie di<br />

monte Cacume, quella montagna che per la sua forma così<br />

caratteristica è ben visibile per chi provenga dalla valle del<br />

Liri e si diriga verso Frosinone. Il sito è stato già oggetto di<br />

indagini qualche decennio fa, ma allo stato odierno manca<br />

un’esatta ricostruzione topografica - possibile durante la<br />

stagione più fredda ed in occasione del disfogliamento<br />

arboreo - e storica: solo con una ricerca più attenta negli<br />

archivi, soprattutto quelli ancora inesplorati, o con un esame<br />

critico di quanto già pubblicato, le conclusioni potrebbero<br />

essere sorprendentemente diverse 2 . Il presente lavoro<br />

1 Un approfondimento sull’identificazione del Cacume citato da Dante (Purg., IV, 25-27) nel<br />

monte Cacume dei Lepini è di RICCI E., Il Cacume di Dante, in Dante e la Ciociaria, Roma<br />

1965, p. 71 sgg. Sull’orografia e la geologia cfr. ANGELUCCI A., DEVOTO G., Geologia del<br />

monte Cacume (Frosinone), in “Geologia Romana”, 5 (1966), pp. 177-196.<br />

2 Desidero ringraziare Angelo Gatti, profondo conoscitore di monte Cacume, poiché,<br />

indicandomi i lacerti murari ancora in situ , con il suo indispensabile e generoso aiuto ha<br />

reso possibile la presente ricerca, e Daniele Persi, già assessore alla Cultura di Patrica, per il<br />

gentile interessamento alla pubblicazione di questa nota. Le pubblicazioni sul sito del<br />

Cacume sono le seguenti : GIAMMARIA G., Addò stai meglio? Patrica illustrata e<br />

raccontata, Frosinone 1995, p. 11 sgg. IDEM, Castra diruta e centri di culto medievali<br />

scomparsi sui Lepini orientali, in “Bollettino dell’Istituto di storia ed arte del Lazio<br />

meridionale”, 11, (1979-82), pp. 105-116; IDEM, Note preliminari sul Castrum Cacuminis, in<br />

“Atti del III convegno dei Gruppi archeologici del Lazio”, Roccagorga 8-10 dicembre 1978,<br />

Roma 1980, p. 93 sgg.; IDEM, Castrum Cacuminis, un abitato medievale, in “Lazio ieri ed<br />

oggi”, 29, 1993, 5, p. 107; SCARPIGNATO M., Patrica, in “Lazio Medievale”, Roma 1980,<br />

1


intende essere soltanto un contributo di base per<br />

approfondimenti successivi ed un’analisi dello stato delle<br />

mura, certamente peggiorato negli ultimi anni. Un’indagine<br />

accurata permetterebbe di rintracciare nel sito del monte<br />

Cacume la preesistenza di un circuito in opera poligonale<br />

costruito nell’ambito dell’espansionismo volsco verso il mare,<br />

nell’apogeo della loro potenza (VI-V sec. a. C.), prima del<br />

ripiegamento verso la valle del Liri: difatti qualche blocco<br />

“fuori misura”, utilizzato soprattutto nei piani di posa,<br />

potrebbe provenire dalle mura protostoriche ed essere stato<br />

riutilizzato nella costruzione delle mura medievali, come<br />

avvenuto – ad esempio – nel caso di Sora nella valle del Liri,<br />

e di Vicalvi e Montattico nella valle di Comino.<br />

pp. 179-180. CO<strong>LA</strong>GIOVANNI G., Cacume: che castrum c’era, lassù? In “in Pratica”, 1, 1980<br />

– 1982, ottobre, p. 25 sgg.; QUERCIOLI M., Le città perdute del Lazio, Roma 1992, pp. 101<br />

– 105.<br />

TOUBERT P., Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IX<br />

siècle à la fin du XII siècle, Roma 1973, 1993 u. e.;DELOGU P., Lo studio dei centri rurali<br />

originati dall’incastellamento medievale nel Lazio, in “Benedettini ed insediamenti castrali<br />

nel Lazio meridionale”, Atti del Convegno (Patrica, ottobre 1986), Anagni 1990; DE<br />

RUGGIERO M. G., Rocche e castelli del Lazio meridionale, Patrica, in “Spazio aperto”, 5,<br />

1993, 6, p. 17;PLOYER MIONE L., La valle dell’Amaseno e i suoi castelli, Latina 1986<br />

DE ROSSI G. M., Le fortificazioni della valle dell’Amaseno, in “Castella”, 20. Studi castellani<br />

in onore di Pietro Gazzola, Roma 1980; IDEM, Torri costiere del Lazio, 1971.<br />

2


Foto aerea della zona in esame<br />

3


La vetta di monte Cacume<br />

4


Cause e cronologia della costituzione della rocca nei<br />

documenti storici<br />

Fondazioni di altura come quella di Cacume sorgono in<br />

seguito all’impaludamento della sottostante valle del Sacco e<br />

all’incastellamento longobardo, nello stesso periodo di<br />

formazione di Supino, Morolo e Sgurgola. Forse il primo<br />

insediamento era costituito da edifici lignei, sostituiti poi da<br />

costruzioni in pietra, e munito di mura probabilmente<br />

riutilizzate in seguito. Del resto, la prima attestazione di un<br />

Patricum (cioè di un territorio articolato in più pagi o<br />

fortificazioni) è in una mappa risalente al VI-VII sec., la<br />

Descriptio Orbis Romani.<br />

Ma la certezza dell’esistenza di un abitato nel X e XI secolo<br />

nel Castrum Cacuminis è consolidata dalla notizia secondo<br />

cui san Domenico nei primi anni dell’XI sec. (forse intorno al<br />

1010) avrebbe fondato “su esortazione di un angelo” il<br />

romitorio di S. Michele Arcangelo e la chiesa di S. Angelo in<br />

latere montis qui appellatur Cacumen 3 (il lato del monte cui<br />

3 Un’ecclesia S. Angeli de Cacumine appare nei registri delle decime del XIV sec. (Annales<br />

Ceccanenses 1209, a cura di BETHMANN L. C., in Monumenta Germaniae Historica,<br />

Scriptores, 19, 299, e Rationes Decimarum Italiane nei secc. XIII e XIV: Latium, a cura di<br />

BATTELLI G., Studi e testi, 27, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1946, p.<br />

216, 232 e 242) e nei catasti pontifici conservati presso l’Archivio di Stato di Latina (Catasti,<br />

regg. 782 f. 30 v. e 667 ff. 12, 14; mappa n°1491).<br />

La chiesa di S. Angelo faceva parte del monastero di S. Michele Arcangelo. Essa è<br />

documentata nelle vite scritte da Alberico e dal discepolo Giovanni e sorgeva presso un<br />

rivum, riconoscibile forse nella fonte “Scocciapane”, indicata in un documento del 1475 con<br />

il nome di S. Angelo (a fonte Sancti Angeli). Documenti che testimoniano l’esistenza del<br />

monastero sono forniti dalle notizie secondo cui l’abate Beraldo, in data 4/8/1209,<br />

presenzia come testimone ad una donazione (Chronicon Fossae Novae, in N. COLETI, Italia<br />

sacra, Appendice, Venezia 1772, 10, c. 31. P. F. KEHR, Italia pontificia, Latium, Berlino<br />

1907) e secondo cui Il 22 aprile 1289 papa Nicola IV invita Giovanni de Ceccano a<br />

provvedere all’assegnazione di rettori alla chiesa di Sant’Angelo de Cacumine. Sulla<br />

costruzione del romitorio, cfr. Vita Trisulti XI, in S. Dominici Sorani Abbatis Vita et Miracula<br />

a Coaevis Conscripta, “Analecta Bollandiana” I (1882), 286; Vita di Valva LVI, Note da<br />

Montecassino ms. 141, pubblicate in Anselmo Lentini, La Vita S. Dominici di Alberico<br />

5


si allude era quello rivolto a Giuliano di Roma) e presso un<br />

rivum affinché un’ecclesia castri, necessaria a consolidare il<br />

processo di evangelizzazione locale, servisse l’abitato<br />

montano; insieme alla notizia di frammenti ceramici di X e<br />

XIII-XIV sec. raccolti negli anni ’80, tali dati forniscono il<br />

terminus ante e post quem della frequentazione dell’altura.<br />

Le fondazioni abbaziali normalmente sfruttavano le<br />

persistenza di abbondanti materiali da costruzione, la<br />

presenza di acque e di microprocessi di industrializzazione.<br />

Da notare come i luoghi di culto dedicati a san Michele<br />

Arcangelo sorgano tutti su alture, in concomitanza<br />

dell’espansione longobarda ed in corrispondenza di nodi dei<br />

tratturi usati per la transumanza, come nel caso di<br />

Broccostella ed Arpino, poiché tale culto era simbolo della<br />

guerra benedetta dalla Chiesa e condotta dai Longobardi ad<br />

essa alleati 4 .<br />

Il monastero di S. Angelo passò sotto il dominio dei signori<br />

de Ceccano nel corso del XIII sec.; essi erano nobili di<br />

grande penetrazione locale ma di labile legame con la<br />

nobiltà romana poiché fautori dell’Imperatore, pur essendo<br />

infeudati e soggetti al Papato. Tale acquisizione segna<br />

l’apogeo della loro influenza sulla valle del Sacco e in parte<br />

in quella dell’Amaseno.<br />

L’ambito cronologico di costruzione delle mura può quindi<br />

essere ristretto ipoteticamente negli anni compresi fra la fine<br />

Cassinese, “Benedectina” 5, (1951), 75; Vita di Sora CXVI-CXVII, in DOLBEAU F., Le dossier<br />

de saint Dominique de Sora d’Albéric du Mont-Cassin à Jacques de Voragine, “Mélanges de<br />

l’Ecole francaise de Rome: Moyen age – temps modernes”, 102 (1990), 49; per una sintesi<br />

generale della diffusione dei centri monastici fondati da san Domenico, v. HOWE J.,<br />

Riforma della Chiesa e trasformazioni sociali nell’Italia dell’XI secolo, Centro di Studi Sorani<br />

“Vincenzo Patriarca”, Sora 2007; sul Cacume, ivi p. 59, 111, 186.<br />

4 In particolare sul culto esistente sul monte Cacume, BROCCOLI U., Il culto di Michele<br />

Arcangelo: testimonianze documentali, in “Antichità paleocristiane e altomedievali del<br />

Sorano”, Sora 1985, p. 137 sg.<br />

6


del XIII e l’inizio del XIV sec. per una serie di cause storiche e<br />

di indicatori costruttivi di seguito evidenziati.<br />

Difatti, al fine di controllare il passaggio tra le terre di<br />

Campagna e di Marittima e di tentare la conquista delle terre<br />

settentrionali, i signori de Ceccano fortificano rocche anche<br />

in modo frettoloso, in quanto servono come rifugio dopo le<br />

scorrerie, le guerre rapide e i saccheggi tanto che nel XIII<br />

secolo essi arrivano a detenere sedici insediamenti fortificati<br />

tra cui Gorga, Patrica, Cacume, Arnara, Ceccano, Giuliano,<br />

Monte Acuto e Carpineto 5 . Tra i fortilizi e castelli eretti il più<br />

alto fu appunto quello sul Cacume, a completo controllo<br />

della signoria ceccanese, estesa fra la via Appia e la via<br />

Latina, e in posizione semaforica con le torri costiere 6 . Il<br />

termine castrum lascia intendere che il centro abitato fosse<br />

racchiuso da un recinto murario ad alta e significativa<br />

valenza strategica. Nel 1264 Patrica e il Cacume passano<br />

nelle mani di Giovanni de Ceccano in seguito ad una<br />

divisione ereditaria; alla fine del ‘200 Bonifacio VIII è<br />

interessato al possesso del Cacume, o almeno ritiene un serio<br />

pericolo una fortificazione resa formidabile soprattutto dalla<br />

conformazione naturale, e per questo entra in diretto<br />

conflitto con i de Ceccano, avversi ai Caetani; la guerra,<br />

insieme alla debolezza dei de Ceccano per le guerre<br />

fratricide di spartizione patrimoniale e le efferate incursioni<br />

di un esponente di tale famiglia, un certo Cecco, per questo<br />

esautorato dal Papa, porterà alla dissoluzione del feudo e<br />

5 FALCO G., I comuni della Campagna e della Marittima nel Medioevo, in “Archivio della<br />

R. Società Romana di Storia Patria”, XLII, 1988, pp. 469-470 e p. 587.<br />

6 DYKMANS M., Le Cardinal Annibal de Ceccano ( vers 1282-1350): Etude biografique et<br />

testament du 17 juin 1348, Roma-Bruxelles 1973; PARAVICINI BAGLIANI A., voce Tomasio<br />

da Ceccano, in “Dizionario biografico degli Italiani”, Roma 1979, vol. XXIII, pp. 197-199;<br />

PFAFF V., voce Giordano da Ceccano, ibidem, pp. 190-191; La Contea dei de Ceccano,<br />

Guida alla mostra, a cura di CRISTOFANILLI C., Ceccano 1984.<br />

7


alla sua acquisizione da parte dei Colonna, dei Caetani e dei<br />

de Comitibus.<br />

Difatti il castrum di Cacume risulta in un documento del 1373<br />

fra i possedimenti pontifici, affittato a 200 fiorini annui<br />

insieme alla rocca di Patrica 7 . Nelle Rationes Decimarum del<br />

1328-1329 sono citate le due chiese del Cacume 8 : S. Maria e<br />

S. Angelo, che all’epoca risultano già in abbandono (e difatti<br />

non sono più citate nelle visite pastorali del 1581 e 1585) 9 .<br />

L’indebolimento del ruolo difensivo della rocca nel corso del<br />

XIV sec. è testimoniato dalla notizia di liti con la vicina<br />

Giuliano di Roma per la spartizione del territorio montano e<br />

dall’espansione del sottostante nucleo cittadino nel corso dei<br />

secc. XIV e XV. Del castello non si hanno più notizie dalla<br />

fine di tale secolo: forse per l’epidemia di peste nel 1348 ed il<br />

conseguente declino demografico il luogo fu<br />

progressivamente abbandonato, o forse il castrum fu<br />

distrutto nel corso di liti ereditarie tra diversi rami dei de<br />

Ceccano nella seconda metà del sec. XIV; documenti del 1418<br />

e del 1475 lo danno per diruto, mentre in un accordo del<br />

1475 la parte orientale della montagna e le sue sorgenti<br />

passano a Giuliano di Roma 10 . Il versante occidentale,<br />

appartenente alla universitas di Patrica, fu lasciato a bosco e<br />

pascolo estivo: gli abitanti acquisirono il diritto di uso per il<br />

pascolo, per il legnatico e il ruspo. Nel 1598 il feudo fu<br />

acquistato dai Santacroce e poi dai Colonna nel 1626. Nella<br />

7 In un documento datato fra il 1371 e il 1373 Patrica e Cacume sono tra i castelli in “terre<br />

de novo quesite Ecclesie”, cioè negli abitati strappati ai signori ribelli. Cfr. ERMINI G., La<br />

relazione fra la Chiesa e i comuni di Campagna e Marittima in un documento del XIV<br />

secolo, in “Archivio della Società Romana di Storia Patria”, XLVIII, 1925, pp. 171-200).<br />

8 Cfr. nota 3 del presente contributo.<br />

9 La chiesa di S. Maria forse sorgeva nella valle omonima, presso il fosso oggi denominato “I<br />

Roggi” ma un tempo chiamato S. Maria, posto ad una quota compresa fra 625 e 771 m<br />

s.l.m.<br />

10 Regesta Chartarum, ed. G. Caetani, Perugia, Unione tip., 1925, vol. III, p. 275 (4<br />

dicembre 1478). ASFR Delegazione apostolica, b. 818, rogito del 6 sett. 1475.<br />

8


seconda metà del XVIII sec. lo sfruttamento del Cacume<br />

ritorna in auge per l’aumento demografico che spinge alla<br />

“riconquista” di terre prima abbandonate e allo sfruttamento<br />

delle cese, cioè quei terreni comunali concessi in affitto<br />

perpetuo e spesso destinati al taglio dei boschi pianificato dai<br />

capofamiglia, frazionati dalle macere 11 ; il numero dei cesaroli<br />

raggiungerà l’apogeo nel 1780. Lo sfruttamento economico<br />

del monte è così vantaggioso che con il ricavato delle cese<br />

del Cacume nel 1838 viene istituito il Monte frumentario<br />

comunale. Nel corso del XX sec. il monte fu<br />

progressivamente e definitivamente abbandonato.<br />

Il circuito murario nella campagna di ricognizione degli anni<br />

‘80<br />

Nel 1983 il GAV (Gruppo Archeologico Volsco) individuò la<br />

presenza di lunghi tratti superstiti 12 . Difatti, i tratti rilevati sul<br />

Cacume raggiungevano al momento della rilevazione una<br />

lunghezza di circa 224 m; insieme ai tratti ricostruiti in via<br />

ipotetica, il circuito risultava lungo m 330. L’imprecisione del<br />

rilevamento (la planimetria è infedele per la mancanza di<br />

riferimenti delle curve di livello e delle quote) e la parzialità<br />

della documentazione fotografica richiedono un’indagine più<br />

precisa e condotta con strumenti tecnici più adeguati.<br />

11 AA. VV., Carta di monte Cacume (Patrica, Frosinone) con scala 1:5000, pubblicata nel<br />

1984 dalla Cooperativa di studio ed intervento sul territorio di Frascati. In essa sono<br />

segnalate le caselle agropastorali a pianta circolare e a copertura lignea di forma conica. Cfr.<br />

RIZZELLO M., Costruzioni agro-pastorali della media valle del Liri, Frosinone 1987, p. 10,<br />

55-56 e note 43 e 82.<br />

12 Gruppo Archeologico Volsco, Indagine sui resti medievali nel territorio di Patrica, Patrica<br />

1983; la pianta dei lacerti murari è riportata a pag. 29.<br />

9


La planimetria del circuito murario tracciata dal GAV nel 1980<br />

L’esplorazione recente<br />

In data 4/VIII/2007 ho potuto notare alcuni tratti murari sul<br />

lato sud orientale e sud occidentale del monte all’incirca alla<br />

quota di m 900 s. l. m.; l’esplorazione è stata difficoltosa ed<br />

imprecisa a causa della rigogliosa vegetazione estiva; difatti<br />

mi riprometto di approfondire l’indagine nei mesi invernali,<br />

quando il fogliame sarà diminuito. In tale occasione ho<br />

notato le seguenti emergenze murarie:<br />

-primo tratto: altezza massima m. 2,50, lunghezza di 10 m.,<br />

preceduto da una frana e da un secondo e breve lacerto<br />

murario di 2 m.<br />

-terzo tratto: lunghezza m. 7,60<br />

-quarto tratto: riutilizzato come macera, lungo m. 8, posto<br />

ad una quota più bassa<br />

-quinto tratto: m. 11, interrotto da una frana<br />

-sesto tratto: m. 4<br />

-settimo tratto: m. 6,50<br />

10


-torre a base quadrangolare: altezza m. 3, lato corto m. 3,10,<br />

lato lungo m. 6,10, feritoia alta m. 0,50. Nucleo di spessore<br />

maggiore di quello del circuito murario.<br />

In conclusione, la lunghezza delle mura ancora in situ è oggi<br />

di circa 50 m.<br />

Foto dei tratti superstiti<br />

11


Spessore del piano di posa<br />

18


La torre<br />

La torre – particolare del nucleo costruttivo interno<br />

19


La torre – particolare della feritoia<br />

20


La torre – particolare della feritoia<br />

Considerazioni ed analisi<br />

Il circuito si estende nella zona sud-orientale e sudoccidentale<br />

della costa montana, a protezione della sommità<br />

su cui si ergeva il castello posto a dominio delle valli<br />

sottostanti; le restanti aree settentrionali della sommità non<br />

necessitavano di mura perché naturalmente munite dalla<br />

natura: difatti da tale lato c’è la parete a strapiombo da cui si<br />

domina l’abitato di Patrica. Il fortilizio sommitale e le mura<br />

hanno fornito materiale di spoglio riutilizzato per edificare il<br />

basamento della croce nel 1903 e della chiesa posta all’apice,<br />

la cui costruzione fu conclusa nel 1906. In una foto d’epoca,<br />

scattata durante la cerimonia di inaugurazione della croce, si<br />

21


individuano nelle sostruzioni della spianata ricavata sulla<br />

vetta i resti di una torre quadrangolare. 13<br />

Indicatori cronologici: le fonti storiche e gli elementi<br />

strutturali<br />

Sulla base delle fonti suddette e dell’analisi condotta durante<br />

la ricognizione sono indotta a credere che le fasi di<br />

incastellamento del colle sono state diverse: la prima, come<br />

avamposto volsco nell’ambito del controllo delle vie della<br />

transumanza, poi come torre di avvistamento nella fase<br />

longobarda, quindi come abitato montano (i cui resti<br />

dovrebbero essere quelli individuati a “Case Iennara”, in<br />

13 I documenti relativi alla croce e alla chiesetta dovrebbero essere conservati nell’archivio privato di Eraldo<br />

Simoni (GIAMMARIA 1995, p. 127).<br />

22


direzione sud-est, in loc. Ara Igliano o Ara di Cristo), in<br />

seguito incastellato dai de Ceccano nel corso del XIII secolo,<br />

allorché tali signori tentarono di realizzare il grande sogno di<br />

affrancarsi dal Papato ed ingrandire il feudo.<br />

Tecnica costruttiva: gli elementi datanti<br />

Gli elementi e i criteri validi per tentare di offrire<br />

un’indicazione cronologica sono la lavorazione,<br />

l’apparecchio, cioè il criterio di montaggio della pietra nei<br />

paramenti e nel nucleo murario, lo spessore del giunto di<br />

malta, l’esistenza di corsi di orizzontamento per regolarizzare<br />

le assise, la dimensione degli elementi e il tipo di materiale 14 .<br />

La tecnica e la tipologia muraria dei tratti conservati sul<br />

Cacume sono piuttosto diffuse nella valle del Sacco e<br />

rappresentano una percentuale del 52% delle fortificazioni.<br />

L’apparecchio in bozze calcaree compatte di pezzatura<br />

irregolare e di forma rettangolare presenta dimensioni<br />

ricorrenti (18-20 cm x 12-13 cm), pur con un raro inserimento<br />

di blocchetti in arenaria e di conglomerato grigiastro, reperiti<br />

in loco. Le cortine sono regolarizzate da corsi di<br />

orizzontamento e sono legate al nucleo interno del tipo “a<br />

sacco” o costipato, costituito da malta calcarea non<br />

abbondante – anche se il degrado potrebbe essere<br />

conseguenza delle condizioni climatiche ed orografiche.<br />

L’orizzontalità della disposizione delle bozze calcaree è<br />

aggiustata ad intervalli omogenei grazie anche<br />

all’introduzione di scaglie e scapoli della stessa pietra locale;<br />

14 I riferimenti alla tipologia muraria evidenziata dalle strutture del Cacume sono rilevabili nell’opera di<br />

FIORANI D., Tecniche costruttive murarie medievali, Il Lazio meridionale, ed. “L’Erma” di Bretschneider,<br />

1996.<br />

23


sono invece pochissimi i laterizi riutilizzati, la cui presenza<br />

posticiperebbe la datazione.<br />

Le opere di fondazione sono assenti: i tratti di mura<br />

conservati si innalzano spesso direttamente dalla pietra, la<br />

stessa che ha fornito materiale da costruzione, e si<br />

dispongono in corrispondenza di una piattaforma calcarea<br />

appositamente lavorata secondo la consueta tecnica di<br />

sfruttamento del banco affiorante, come nelle rocche di<br />

Patrica e Supino, poggiando quindi sulla roccia così<br />

“antropizzata”, in quanto frutto della razionalizzazione del<br />

masso su cui si imposta. Le variazioni di quota dei banchi<br />

affioranti furono livellate con la compensazione di piccoli<br />

inserti murari o allettamento di malta, in modo da ottenere<br />

un piano di posa sufficientemente orizzontale. Tale sistema<br />

era praticato ovunque fossero presenti banchi rocciosi<br />

affioranti, in un rapporto di mutua collaborazione tra masso<br />

fondale e struttura, per risparmiare una parte di muro e<br />

sfruttare intelligentemente l’orografia del terreno. La<br />

superficie del masso appare accuratamente spianata per<br />

impedire la scalata.<br />

A quanto è possibile giudicare e sulla base delle tipologie<br />

murarie coeve della valle del Sacco, il rapporto tra spessore<br />

ed altezza è comunemente 1:10 oppure 1:12 per la cinta<br />

muraria e 1:10 per la torre, e quindi le mura dovevano essere<br />

alte all’incirca sei - otto metri, mentre la torre almeno otto -<br />

dieci metri. La torre, a base quadrangolare, ripete una<br />

tipologia ricorrente negli altri esempi esistenti nella valle del<br />

Sacco.<br />

24


Scheda tipologica della muratura in esame (da FIORANI D., op. cit.)<br />

Tutti gli elementi della tessitura muraria e del nucleo interno<br />

portano alla tipologia di murature realizzate nel corso del<br />

XIII secolo (tipologia A 4 II b), simile a quella evidenziata nei<br />

ruderi di monte Acuto: le bozze calcaree sono più o meno<br />

regolari, o almeno lavorate in un tentativo di creare<br />

regolarità nel paramento; sono montate irregolarmente ma<br />

con un buon ingranamento interno e con un’uniforme<br />

distribuzione dimensionale dei pezzi; si intravedono zeppe<br />

nei filari, assai raramente costituite da frammenti fittili –<br />

secondo un uso più tardo, dal XIV sec. in poi -; i giunti sono<br />

arretrati, il nucleo interno è in materiale costipato o a sacco,<br />

la malta è di natura calcarea, cioè composta da un<br />

conglomerato di inerti calcarei e calce, e non<br />

sovrabbondante, per uno spessore di circa 80 cm per le mura<br />

e di oltre il metro per la torre.<br />

25


Il nucleo interno della muratura (da FIORANI D., op. cit.)<br />

La tecnica richiedeva notevole perizia nel montaggio da<br />

parte di maestranze specializzate e diversificate in carpentieri,<br />

muratori, falegnami, scalpellini, addetti alla calcinazione della<br />

pietra e ai trasporti: il mastro addetto alla posa doveva<br />

essere in grado di scegliere le bozze, di assestare i pezzi, e di<br />

tessere legamenti efficaci trai paramenti. Sulla base di<br />

comparazioni con altri circuiti murari coevi e similari e di cui<br />

si abbiano documenti più certi, si può opinare che per<br />

costruire le mura furono necessari almeno due anni. Non si<br />

tratta di un borgo murato, in quanto le mura servivano a<br />

difendere la torre semaforica e solo come extrema ratio<br />

l’abitato montano. Per tutti gli indicatori cronologici e<br />

strutturali indicati, esse – a mio parere – sono databili nello<br />

stretto ambito temporale compreso fra la fine del XIII sec. e<br />

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l’inizio del XIV, in rapporto alle mire espansionistiche dei<br />

conti de Ceccano.<br />

Il terzo tratto murario in uno schizzo<br />

Indicazioni per un lavoro futuro<br />

Il monte Cacume costituisce un raro e prezioso esempio di<br />

abitato e di castrum scomparso, caratterizzato da attività<br />

agricole ed economiche di rilievo nel medioevo. Lo studio<br />

dello sfruttamento del sito e delle sorgenti, l’individuazione<br />

delle vie di trasporto e dei tratturi scomparsi, della<br />

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trasformazione da villaggio di capanne a forme di<br />

insediamento più stabile, aprirebbero nuovi scenari e<br />

permetterebbero la comprensione delle dinamiche storiche e<br />

sociali dell’ultimo millennio.<br />

Nuove prospettive di indagine potrebbero essere aperte<br />

dall’individuazione della fisionomia giuridica e istituzionale<br />

dell’area nell’ambito dei rapporti con il Papato ma,<br />

soprattutto, dalla schedatura dei lacerti murari nell’ambito<br />

dello studio della tecnologia edilizia, posta a confronto con<br />

quella degli altri castra dei de Ceccano, e cioè Gorga, Patrica,<br />

Arnara, Ceccano, Giuliano, Monte Acuto e Carpineto, tanto<br />

da avviare un centro di documentazione dell’incastellamento<br />

della valle del Sacco, contraddistinta originalmente dalla<br />

muratura in bozze descritta. L’indagine delle fotografie aeree<br />

scattate in epoche diverse inoltre renderebbe più agevole<br />

l’individuazione di altre emergenze archeologiche non<br />

facilmente rilevabili su terreno.<br />

Alessandra Tanzilli<br />

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