accordi di villa madama
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VII.<br />
LA POSIZIONE GIURIDICA<br />
DELLA CHIESA CATTOLICA SECONDO<br />
LE VIGENTI NORME CONCORDATARIE<br />
(ACCORDI DI VILLA MADAMA):<br />
LIBERTÀ DELLA CHIESA, PERSONE,<br />
CIRCOSCRIZIONI DIOCESANE,<br />
EDIFICI DI CULTO<br />
SOMMARIO: 1. Le connotazioni sostanziali e ideologiche dell’Accordo.<br />
L’in<strong>di</strong>pendenza e la sovranità reciproca <strong>di</strong> Chiesa e Stato, la piena laicità<br />
dello Stato e l’altrettanto piena libertà della Chiesa come principio <strong>di</strong><br />
fondo <strong>di</strong> un nuovo rapporto <strong>di</strong> collaborazione basato sulla rigorosa au -<br />
tonomia e <strong>di</strong>stinzione degli ambiti. – 2. L’articolo 2 dell’Accordo: la garanzia<br />
delle libertà della Chiesa e dei cattolici. – 3. La circoscrizione delle<br />
<strong>di</strong>ocesi e la nomina dei titolari degli uffici ecclesiastici. – 4. Le norme<br />
sul clero. – 5. Gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto.<br />
Una particolare posizione è riservata alla Chiesa cattolica dal<br />
Concordato del 1984, sia a livello <strong>di</strong> libertà che <strong>di</strong> ministri <strong>di</strong> culto,<br />
<strong>di</strong> urbanistica ed e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto, <strong>di</strong> enti e finanziamento,<br />
scuola e cultura e infine <strong>di</strong> matrimonio. T ratteremo i vari argomenti<br />
lasciando a parte, per ragioni <strong>di</strong> una sua organicità, la materia<br />
matrimoniale.<br />
Gli Accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Villa Madama del 18 Febbraio 1984 si presentano<br />
composti da un Accor do in 14 articoli e da un pr otocollo<br />
ad<strong>di</strong>zionale in sette punti. Alcuni <strong>di</strong> tali ar ticoli, come l’art. 7<br />
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(enti), l’art. 9 (insegnamento della religione), l’art. 12 (beni d’arte<br />
e storia), rinviano a ulteriori <strong>accor<strong>di</strong></strong> o intese.<br />
Siamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fr onte a un tipo sostanzialmente nuovo, al -<br />
meno per i tempi in cui è stato stipulato, <strong>di</strong> Concordato, che <strong>di</strong>fferisce<br />
sia dalla tipologia concordataria degli <strong>accor<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong>stinti per<br />
materia (come nel caso spagnolo), sia da quella tra<strong>di</strong>zionale dei<br />
Concordati organici ed esaustivi, che trattano <strong>di</strong> tutta la materia<br />
dei rapporti tra Chiesa e Stato.<br />
Ulteriori e interessanti novità vengono dall’art. 13 che al suo<br />
numero due consente <strong>di</strong> estender e la regolamentazione pattizia,<br />
per materie per le quali si ravvisi un’esigenza <strong>di</strong> collaborazione tra<br />
Chiesa e Stato, anche a tematiche extraconcordatarie sia attraverso<br />
<strong>accor<strong>di</strong></strong> tra la Santa Sede e lo Stato sia tramite accor <strong>di</strong> tra lo<br />
Stato e la Confer enza Episcopale Italiana, anche se non è chiar o<br />
se intese <strong>di</strong> questo ultimo tipo <strong>di</strong>ano vita a norme concordatarie o<br />
(come appare più probabile) a norme <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico interno.<br />
1. Le connotazioni sostanziali e ideologiche dell’Accordo. L ’in<strong>di</strong>pendenza<br />
e la sovranità reciproca <strong>di</strong> Chiesa e Stato, la piena laicità<br />
dello Stato e l’altrettanto piena libertà della Chiesa come<br />
principio <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> un nuovo rapporto <strong>di</strong> collaborazione basato<br />
sulla rigorosa autonomia e <strong>di</strong>stinzione degli ambiti<br />
Dopo che nel preambolo sono stati richiamati i principi conciliari<br />
e costituzionali circa i rapporti tra Chiesa e Stato e la libertà<br />
religiosa, l’articolo primo così esor <strong>di</strong>sce: «La Repubblica<br />
Italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica<br />
sono, ciascuno nel proprio or<strong>di</strong>ne, in<strong>di</strong>pendenti e sovrani,<br />
impegnandosi al pieno rispetto <strong>di</strong> tale principio nei loro rapporti<br />
e alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e<br />
il bene del paese».<br />
Come il lettore può notare, la lettera dell’art. 1 degli Accor<strong>di</strong><br />
riprende quella dell’art. 7 della Costituzione «Lo Stato e la Chiesa<br />
cattolica sono, ciascuno nel proprio or<strong>di</strong>ne, in<strong>di</strong>pendenti e sovrani».<br />
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Dopo più <strong>di</strong> un trentennio la Repubblica Italiana e la Santa<br />
Sede «riaffermano tale principio», aggiungendovi però qualcosa<br />
<strong>di</strong> nuovo, almeno in campo concordatario, e cioè l’afermazione,<br />
tratta dal Concilio Vaticano II (Gau<strong>di</strong>um et Spes 76) della necessità,<br />
qui vista come un impegno <strong>di</strong> Chiesa e Stato, <strong>di</strong> collaborare<br />
nel pieno rispetto della r eciproca in<strong>di</strong>pendenza «per la pr omozione<br />
dell’uomo e il bene del paese». È evidente che tale impegno<br />
non può avere un valore giuri<strong>di</strong>co preciso e cogente. Se infatti<br />
Chiesa e Stato sono in<strong>di</strong>pendenti e sovrani non potranno<br />
essere costretti a tenere un comportamento che essi non desiderano<br />
assumere sia pure «per il bene del paese», anche per ché<br />
possono benissimo non essere d’accordo su quale sia il bene del<br />
paese e su quali siano le necessità <strong>di</strong> promozione umana. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un impegno su un piano eminentemente etico-sociale, che<br />
tuttavia può avere anche qualche riscontro concreto. Esso potrebbe<br />
rendere ad esempio criticabile, se non illegittimo, dal<br />
punto <strong>di</strong> vista della leale ottemperanza agli obblighi che nascono<br />
dal Concordato, l’atteggiamento dello Stato che per ragioni<br />
ideologiche rifiutasse l’aiuto e la <strong>di</strong>sinter essata collaborazione<br />
della Chiesa in campo socio-assistenziale o in situazione <strong>di</strong> calamità,<br />
come anche l’atteggiamento della Chiesa qualora, pur potendolo,<br />
rifiutasse in modo aprioristico <strong>di</strong> collaborar e con lo<br />
Stato in questi campi.<br />
A completare il nuovo quadro dei rapporti Chiesa-Stato occorre<br />
ancora menzionare la fine dell’Istituto della Religione dello<br />
Stato. Il punto primo del Protocollo ad<strong>di</strong>zionale stabilisce infatti<br />
che «non si considera più in vigor e il principio, originariamente<br />
richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica<br />
come sola religione dello Stato». A parte l’imperfezione della<br />
formulazione (ma sarebbe assurdo interpretare la norma nel<br />
senso che ci possano essere più religioni dello Stato o ad<strong>di</strong>rittura<br />
che tutte le religioni siano oggi «religione dello Stato»), è<br />
chiara l’intenzione <strong>di</strong> superar e questo principio già paventato,<br />
nell’ambito delle <strong>di</strong>scussioni alla Costituente sull’art. 7, come un<br />
momento <strong>di</strong> confessionalizzazione del nostro or<strong>di</strong>namento. Tale<br />
istituto della Chiesa <strong>di</strong> Stato è vissuto, nell’or<strong>di</strong>namento pie-<br />
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montese e poi italiano, conducendo vita ora florida ora grama,<br />
dal 1848 (quando apparve nell’art. 1 dello Statuto Albertino), fino<br />
al marzo del 1985; quin<strong>di</strong> per quasi un secolo e mezzo.<br />
Ibernato e ridotto ai minimi termini nell’Italia liberale del secondo<br />
Ottocento e del primo Novecento, riprende vita con la sua<br />
riconferma nell’art. 1 del Trattato del 1929 e nella protezione penale,<br />
assicurata dal co<strong>di</strong>ce penale del 1930 alla religione cattolica,<br />
vista appunto come r eligione <strong>di</strong> Stato, per poi per dere progressivamente<br />
importanza con la laicizzazione subita dalla so -<br />
cietà italiana dopo il 1968 e cader e sotto la forbice dei r evisori<br />
del Concordato, non rimpianto relitto <strong>di</strong> un passato <strong>di</strong> alleanza<br />
tra trono e altare che si fa sempre più lontano.<br />
Posti i rapporti Chiesa-Stato su un piano <strong>di</strong> leale parità e in<strong>di</strong>pendenza,<br />
basata sulla libertà, finita l’era del clero sovvenzionato<br />
dallo Stato e del clero palatino, che compie cerimonie per<br />
la fortuna del re e la prosperità della nazione, per l’Istituto della<br />
Chiesa <strong>di</strong> Stato non vi era più posto.<br />
L’unico e non semplice problema è stato risolto con l’abrogazione,<br />
avutasi in forza <strong>di</strong> una recente sentenza della Corte Costituzionale<br />
(sent. 13 novembre 2000 n. 508), del reato <strong>di</strong> vilipen<strong>di</strong>o<br />
(art. 402 c.p.), che tutelava la religione dello Stato, sulla base<br />
della considerazione per cui, in ossequio al principio <strong>di</strong> laicità<br />
e nel rispetto degli ar ticoli 3 e 8 della Costituzione, l’atteggia -<br />
mento dello Stato deve essere improntato, rispetto al fenomeno<br />
religioso, all’imparzialità ed all’equi<strong>di</strong>stanza, senza che debba<br />
assumere alcuna rilevanza il dato quantitativo dell’adesione, più<br />
o meno <strong>di</strong>ffusa, ad una data confessione (sentenze nn.925/1988,<br />
440/1995, 329/1997). Ciò mentre è stato depenalizzato il reato <strong>di</strong><br />
bestemmia, la cui fattispecie era stata ristr etta da un’altra sen -<br />
tenza della Corte Costituzionale alla bestemmia del nome <strong>di</strong><br />
Dio.<br />
Con ciò si è in pratica tornati, anche grazie ad altre recenti<br />
decisioni della Corte Costituzionale circa l’illegittimità <strong>di</strong> <strong>di</strong>f ferenze<br />
sanzionatorie per il caso <strong>di</strong> vilipen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> fedeli e ministri<br />
<strong>di</strong> culto e cose destinate al culto in ambito cattolico o acattolico<br />
(sentenze 329/1997, 327/2002), al Co<strong>di</strong>ce Zanardelli che puniva<br />
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in modo eguale le offese e i comportamenti turbativi contro tutte<br />
le confessioni religiose (attualmente sanzionati dagli artt. 403,<br />
404 e 405 del co<strong>di</strong>ce penale).<br />
È da ultimo intervenuta a livellare il trattamento sanzionatorio<br />
delle condotte <strong>di</strong> turbativa ed impe<strong>di</strong>mento dell’esercizio <strong>di</strong><br />
funzioni, cerimonie e pratiche religiose verso le confessioni, eliminando<br />
ogni riferimento nei confronti dell’istituto della religione<br />
<strong>di</strong> Stato, la l. 24 febbraio 2006 n. 85.<br />
La caduta del principio della religione dello Stato non sembra<br />
in pratica suscitare altre questioni, a parte qualche problema (da<br />
più <strong>di</strong> un decennio al centro dell’attenzione dei «me<strong>di</strong>a»), quali la<br />
legittimità o meno dell’esposizione del crocefisso sulle pareti delle<br />
scuole o dei tribunali o dell’effettuazione <strong>di</strong> riti religiosi in occasione<br />
<strong>di</strong> inaugurazioni <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici o inizi <strong>di</strong> corsi o attività.<br />
Di fronte a tutto ciò e cioè al tenore dell’art. l, letto alla luce<br />
del nuovo rapporto tra Chiesa e Stato, ci si può chieder e come<br />
vada connotato il sistema italiano, che potrebbe essere sintetizzato<br />
nello slogan «Collaborazione nella separazione degli ambiti».<br />
Certo si tratta ancora <strong>di</strong> un sistema concordatario e non separatista;<br />
un sistema concordatario però non confessionista,<br />
che prende atto del grande rilievo sociale e istituzionale della<br />
Chiesa cattolica come, in misura minore, del rilievo delle altre<br />
confessioni, senza rinunciare a essere patria religiosamente<br />
neutrale <strong>di</strong> tutti i suoi citta<strong>di</strong>ni e alla sua <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> laicità.<br />
2. L’articolo 2 dell’Accordo: la garanzia delle libertà della Chiesa e<br />
dei cattolici<br />
L’articolo 2 dell’Accordo contiene, nei suoi numeri 1 e 2, un<br />
catalogo dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> libertà della Chiesa cattolica, al numero 3<br />
la sanzione delle libertà concesse ai cattolici e alle loro associazioni<br />
od organizzazioni, e al numero 4 una norma relativa al riconoscimento<br />
del «particolare significato <strong>di</strong> Roma».<br />
Questo articolo riprende quin<strong>di</strong> la materia trattata negli articoli<br />
1 e 2 del Concordato del 1929 con la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> una mag-<br />
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giore ampiezza attribuita alle libertà della Chiesa, della menzione,<br />
che là non vi era, della libertà dei cattolici e invece <strong>di</strong> una riduzione<br />
a posizione <strong>di</strong> principio <strong>di</strong> quello che nell’art. 1 del Concordato<br />
veniva definito «il carattere sacro <strong>di</strong> Roma», carattere<br />
sacro che doveva essere rispettato dallo Stato, impedendo il venire<br />
in essere in Roma <strong>di</strong> ciò che potesse turbare tale carattere.<br />
Nel n. 1 la Chiesa cattolica ottiene la piena libertà <strong>di</strong> esplicare<br />
i suoi tre compiti fondamentali, <strong>di</strong> insegnare, santificare e governare,<br />
assicurandosi altresì la libertà <strong>di</strong> corrispondenza e comunicazione<br />
all’interno della Chiesa, la libertà <strong>di</strong> <strong>di</strong>f fondere e<br />
pubblicare gli atti e documenti relativi alla sua missione e specificatamente<br />
la libertà <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione in materia ecclesiastica.<br />
Per quanto riguarda tale giuris<strong>di</strong>zione in materia ecclesiastica,<br />
rimane in vigore anche la par te dell’art. 23 del Trattato Lateranense<br />
che <strong>di</strong>spone: «Avranno invece senz’altro piena ef ficacia<br />
giuri<strong>di</strong>ca, anche agli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provve<strong>di</strong>menti<br />
emanati da autorità ecclesiastiche ed uf ficialmente<br />
comunicati alle autorità civili circa persone ecclesiastiche o religiose<br />
e concernenti materie spirituali o <strong>di</strong>sciplinari».<br />
Tale norma però va interpr etata secondo il punto n. 2. del<br />
Protocollo ad<strong>di</strong>zionale nel senso che «La Santa Sede prende occasione<br />
dalla mo<strong>di</strong>ficazione del Concordato Lateranense per <strong>di</strong>chiararsi<br />
d’accordo, senza pregiu<strong>di</strong>zio dell’or<strong>di</strong>namento canonico,<br />
con l’interpretazione che lo Stato italiano dà dell’ar t. 23 secondo<br />
comma del Trattato Lateranense, secondo la quale gli effetti<br />
civili delle sentenze e dei pr ovve<strong>di</strong>menti emanati da auto -<br />
rità ecclesiastiche, previsti da tali <strong>di</strong>sposizioni, vanno intese in<br />
armonia con i <strong>di</strong>ritti costituzionali garantiti ai citta<strong>di</strong>ni italiani».<br />
Di fronte a questa normativa viene da chiedersi che ambito <strong>di</strong><br />
espansione abbia la «Libertas Ecclesiae» nel nostro or<strong>di</strong>namento.<br />
Tale è la garanzia della libertà della Chiesa garantita dall’art.<br />
2 degli Accor<strong>di</strong>, che amplia indubbiamente gli ambiti <strong>di</strong> libertà<br />
assicurati ad essa dal vecchio Concordato Lateranense agli articoli<br />
1 e 2.<br />
Tale libertà non è ovviamente illimitata. Esistono infatti, per<br />
esempio, limiti dettati dalle nor me penali, che ovviamente sa -<br />
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anno sempre da rispettarsi, non essendo i ministri <strong>di</strong> culto «supra<br />
leges» ed essendo essi tenuti al rispetto delle nor me penali<br />
alla pari <strong>di</strong> tutti i citta<strong>di</strong>ni. V i è però una particolare norma penale<br />
che crea non pochi problemi, ed è quella che r eprime gli<br />
abusi in materia elettorale dei ministri <strong>di</strong> culto che, abusando<br />
delle loro funzioni, cer chino <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare il voto degli elettori<br />
verso destinate liste o can<strong>di</strong>dati (il c.d. abuso in materia elettorale<br />
dei ministri <strong>di</strong> culto). Alla luce del principio della libertà della<br />
Chiesa e dalla reciproca in<strong>di</strong>pendenza tra Chiesa e Stato ha<br />
ancora un senso tale norma? È ancora compatibile con il dettato<br />
costituzionale letto alla luce dei nuovi <strong>accor<strong>di</strong></strong>? È una risposta<br />
che potrebbe dare solo la Corte Costituzionale. Stante però la<br />
benevola applicazione (estremamente restrittiva) fatta <strong>di</strong> tale<br />
norma dalla giurisprudenza, non pare che in merito possano<br />
sorgere problemi <strong>di</strong> particolare gravità.<br />
Un altro problema è sorto <strong>di</strong> recente in rapporto all’applicazione<br />
delle <strong>di</strong>sposizioni delle norme sul processo penale (in particolare<br />
sulle perquisizioni e sulle intercettazioni telefoniche nei<br />
confronti <strong>di</strong> un vescovo). Nel caso si trattava della celebre vicenda<br />
del car<strong>di</strong>nale arcivescovo <strong>di</strong> Napoli, il cui telefono fu posto<br />
sotto controllo, effettuandosi anche una perquisizione presso la<br />
curia napoletana nel corso delle indagini nell’ambito <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento<br />
penale per reati economici. Nonostante il clamor e<br />
suscitato dal caso, scoppiato nell’estate del 1998, non paiono<br />
però sussistere norme che possano impe<strong>di</strong>re il normale iter processuale<br />
in merito, in quanto i locali della curia non sono pr otetti<br />
da alcuno status <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>plomatico, come non lo è la persona<br />
<strong>di</strong> un car<strong>di</strong>nale anche se in possesso della citta<strong>di</strong>nanza vaticana.<br />
Abbracciando la tesi opposta finiremmo infatti per sottrarre<br />
alla possibilità <strong>di</strong> contr ollo in sede giu<strong>di</strong>ziaria l’attività<br />
dell’episcopato cattolico, il che creerebbe una situazione <strong>di</strong> privilegio<br />
per i medesimi <strong>di</strong>f ficilmente giustificabile alla luce dell’art.<br />
3 della Costituzione.<br />
Non molto rilevanti, contrariamente alle <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> cui<br />
al numero precedente, sembrano quelle del n. 2 dell’ar ticolo 2,<br />
che sostanzialmente riproducono cose già dette nel vecchio Con-<br />
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cordato e d’altronde esplicitano <strong>di</strong>ritti che nessuno potr ebbe<br />
contestare (la libertà <strong>di</strong> corrispondenza e <strong>di</strong> pubblicazione e <strong>di</strong>ffusione<br />
<strong>di</strong> atti e documenti) neanche alla più piccola delle confessioni<br />
né a qualsiasi formazione sociale che non abbia finalità<br />
illecite.<br />
Lo stesso <strong>di</strong>scorso è da farsi circa il n. 3 dell’articolo, e cioè la<br />
garanzia delle libertà <strong>di</strong> associazione, organizzazione, riunione<br />
e manifestazione del pensiero dei cattolici, già tutte garantite<br />
dagli artt. 17, 19 e 21 della Costituzione. Dato che è impensabile<br />
e sarebbe in aperto contrasto con l’ar t. 3 Cost. che i <strong>di</strong>ritti ga -<br />
rantiti ai cattolici siano un «quid pluris» rispetto ai <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> libertà<br />
garantiti a tutti i citta<strong>di</strong>ni, non resta che pensare trattarsi<br />
qui <strong>di</strong> una riaffermazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti, fatta in vista del crearsi <strong>di</strong> situazioni<br />
conflittuali tra Chiesa e Stato e conflittuali al punto da<br />
far uscire l’azione statale dai binari della legittimità costituzionale.<br />
Nel caso però le cose giungessero a tal punto è da chiedersi<br />
quale reale protezione potrebbe assicurare alla Chiesa e ai cat -<br />
tolici questa norma.<br />
Ultima e interessante norma dell’art. 2 è quella relativa al riconoscimento<br />
da parte della Repubblica Italiana del particolare<br />
significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha<br />
per la «cattolicità».<br />
Questa norma costituisce l’e<strong>di</strong>zione «riveduta e cor retta» <strong>di</strong><br />
quella che si ritrovava nell’art. 1 del vecchio Concor dato e che<br />
obbligava lo Stato a impe<strong>di</strong>re in Roma tutto ciò che potesse essere<br />
in contrasto col carattere sacro della città «centro del mondo<br />
cattolico e meta <strong>di</strong> pellegrinaggi».<br />
Tale norma aveva avuto scarsissima applicazione e talora, da<br />
parte statale, non si erano recepite le istanze ecclesiastiche, come<br />
in occasione delle doglianze fatte dal V aticano al Governo<br />
Italiano per l’imban<strong>di</strong>eramento <strong>di</strong> Roma con croci uncinate durante<br />
una visita <strong>di</strong> Hitler. L’unico episo<strong>di</strong>o che può ricordarsi <strong>di</strong><br />
applicazione <strong>di</strong> essa è quello del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> rappr esentazione <strong>di</strong><br />
un dramma <strong>di</strong> un autore tedesco, «Il Vicario», in cui si accusava<br />
Pio XII <strong>di</strong> non essersi opposto con la dovuta energia al nazismo.<br />
49
Ora il riferimento non più al carattere sacro ma al «significato<br />
particolare» <strong>di</strong> Roma non comporta più alcun obbligo preciso<br />
da parte dello Stato. Che valore quin<strong>di</strong> può avere tale riconoscimento?<br />
È solo un’af fermazione <strong>di</strong> un principio astratto? Al -<br />
cuni ritengono che il medesimo possa avere qualche esplicitazione,<br />
ad esempio nel caso che fosse concesso uno «statuto particolare»<br />
al comune <strong>di</strong> Roma. È da ritenersi che la questione non<br />
si ponga tanto sul piano giuri<strong>di</strong>co-istituzionale, quanto su quello<br />
della prassi amministrativa, soprattutto a livello comunale e<br />
regionale, nel senso della opportunità <strong>di</strong> tenere in particolare rilievo<br />
alcune istanze e bisogni, che pone il particolare carattere <strong>di</strong><br />
Roma come Sede vescovile del Capo della Cattolicità, anche sotto<br />
il profilo del potenziamento dei servizi d’or<strong>di</strong>ne per le visite<br />
del Pontefice alla sua città e <strong>di</strong>ocesi, per i servizi logistici in supporto<br />
ai pellegrinaggi, da cui l’economia della città riceve un notevole<br />
vantaggio, ecc. Tale norma ha assunto un particolare rilievo<br />
come «ratio giustificatrice» della normativa posta in essere,<br />
con notevole stanziamento <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>, in occasione del giubileo<br />
celebrato nell’anno 2000.<br />
3. La circoscrizione delle <strong>di</strong>ocesi e la nomina dei titolari degli uffici<br />
ecclesiastici<br />
In questo ambito prende rilievo il nuovo concetto della piena<br />
libertà della Chiesa nella sua organizzazione.<br />
Abolito ogni controllo sulla nomina dei vescovi e dei parroci,<br />
l’unico obbligo che grava sulle autorità ecclesiastiche è quello <strong>di</strong><br />
notificare allo Stato la nomina dei vescovi (e soggetti equiparati<br />
in quanto esercenti giuris<strong>di</strong>zione vescovile), nonché dei parroci<br />
e dei soggetti titolari <strong>di</strong> uffici ecclesiastici rilevanti per lo Stato.<br />
Non è detto quali essi siano ma si può pr esumere che possano<br />
essere coloro che, secondo il <strong>di</strong>ritto canonico, possono sostituire<br />
i vescovi e i par roci, in caso <strong>di</strong> assenza o <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento, e<br />
tutti i titolari <strong>di</strong> uf fici ecclesiastici i cui atti possono assumer e<br />
una certa rilevanza civile.<br />
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