Partecipazione riflessiva: il possibile contributo dell≈etica della ...

Partecipazione riflessiva: il possibile contributo dell≈etica della ... Partecipazione riflessiva: il possibile contributo dell≈etica della ...

web1.sssup.it
from web1.sssup.it More from this publisher
20.06.2013 Views

Partecipazione riflessiva: il possibile contributo dell’etica della responsabilità 139 Partecipazione riflessiva: il possibile contributo dell’etica della responsabilità alla pratica comunitaria della filosofia di Roberto Franzini Tibaldeo I – Comunità di ricerca come pratica di libertà In questo articolo tenterò di sondare alcune possibilità offerte dal fatto di intendere la filosofia alla stregua di una “pratica sociale” e dall’ipotesi per cui il filosofare-con-altri è in grado di produrre risultati apprezzabili anche al di fuori di contesti strettamente scolastici. Circa il significato del termine “filosofia”, assumerei in via preliminare la distinzione proposta da Antonio Cosentino tra “filosofia-come-pratica” e “filosofia-come-disciplina”: 1 con ciò – d’accordo con l’autore – non intendo introdurre alcun dualismo, ma solo riconoscere che la recente vitalità delle cosiddette “pratiche filosofiche” eccede in senso stretto il tradizionale ambito della cosiddetta riflessione teorico-filosofica. Infatti, la domanda di filosofia, che – non solo nel nostro paese – si intreccia a fenomeni culturali di ampia portata, presenta a ben vedere ragioni di carattere extrascientifico: ci si rivolge alla filosofia non in quanto disciplina e non per riceverne in senso stretto un surplus di conoscenza teorica, ma con la speranza di derivare da essa un contributo di senso per l’esistenza. La domanda di filosofia non investe pertanto solamente la teoria, né la sola prassi, ma piuttosto l’articolazione teoricopratica stessa in cui consiste fin dalle proprie origini il “filosofare”, in quanto esperienza di libertà e di riflessione su se stesso da parte dell’essere umano vivente ed esistente. 2 Dato il carattere intrinsecamente relazionale e interpersonale della razionalità e riflessività umane, si comprende come il “senso” ricercato dal “filosofare” trascenda il singolo individuo e assurga a questione politica. Il moto riflessivo e autoriflessivo del “filosofico” riscontrato a livello culturale e sociale rappresenta al tempo stesso un ammonimento e un’opportunità: l’ammonimento a che quell’attività non venga ridotta a mera faccenda teorico-disciplinare; l’opportunità di ridare vita a un’esperienza filosofica in 1 A. COSENTINO, Filosofia come pratica sociale. Comunità di ricerca, formazione e cura di sé, Apogeo, Milano 2008, p. X. 2 Del filosofare Cosentino afferma quanto segue: “quella che qui vogliamo evocare è la condizione in cui la filosofia è ancora soltanto pensiero in azione, dislocamento riflessivo rispetto alla corrente di azioni abitudinarie e di routine, rispetto ai luoghi comuni del linguaggio, rispetto ai pregiudizi consolidati. [...] In questo senso, il filosofare è un’attività che si sviluppa in un contesto di vita, come emergenza che affiora e prende forma di fronte alla problematicità dell’esperienza e, nello stesso tempo, in virtù dell’orizzonte sociale, linguistico e simbolico in cui il corso dell’esperienza si dipana”. (Ivi, p. 4; cfr. anche ivi, p. 25.)

<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 139<br />

<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong><br />

dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità<br />

alla pratica comunitaria <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia<br />

di Roberto Franzini Tibaldeo<br />

I – Comunità di ricerca come pratica di libertà<br />

In questo articolo tenterò di sondare alcune possib<strong>il</strong>ità offerte dal fatto di<br />

intendere la f<strong>il</strong>osofia alla stregua di una “pratica sociale” e dall’ipotesi per cui<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofare-con-altri è in grado di produrre risultati apprezzab<strong>il</strong>i anche al di<br />

fuori di contesti strettamente scolastici.<br />

Circa <strong>il</strong> significato del termine “f<strong>il</strong>osofia”, assumerei in via preliminare<br />

la distinzione proposta da Antonio Cosentino tra “f<strong>il</strong>osofia-come-pratica” e<br />

“f<strong>il</strong>osofia-come-disciplina”: 1 con ciò – d’accordo con l’autore – non intendo<br />

introdurre alcun dualismo, ma solo riconoscere che la recente vitalità delle<br />

cosiddette “pratiche f<strong>il</strong>osofiche” eccede in senso stretto <strong>il</strong> tradizionale ambito<br />

<strong>della</strong> cosiddetta riflessione teorico-f<strong>il</strong>osofica. Infatti, la domanda di f<strong>il</strong>osofia,<br />

che – non solo nel nostro paese – si intreccia a fenomeni culturali di ampia<br />

portata, presenta a ben vedere ragioni di carattere extrascientifico: ci si rivolge<br />

alla f<strong>il</strong>osofia non in quanto disciplina e non per riceverne in senso stretto un<br />

surplus di conoscenza teorica, ma con la speranza di derivare da essa un <strong>contributo</strong><br />

di senso per l’esistenza. La domanda di f<strong>il</strong>osofia non investe pertanto<br />

solamente la teoria, né la sola prassi, ma piuttosto l’articolazione teoricopratica<br />

stessa in cui consiste fin dalle proprie origini <strong>il</strong> “f<strong>il</strong>osofare”, in quanto<br />

esperienza di libertà e di riflessione su se stesso da parte dell’essere umano<br />

vivente ed esistente. 2 Dato <strong>il</strong> carattere intrinsecamente relazionale e interpersonale<br />

<strong>della</strong> razionalità e riflessività umane, si comprende come <strong>il</strong> “senso”<br />

ricercato dal “f<strong>il</strong>osofare” trascenda <strong>il</strong> singolo individuo e assurga a questione<br />

politica. Il moto riflessivo e autoriflessivo del “f<strong>il</strong>osofico” riscontrato a livello<br />

culturale e sociale rappresenta al tempo stesso un ammonimento e un’opportunità:<br />

l’ammonimento a che quell’attività non venga ridotta a mera faccenda<br />

teorico-disciplinare; l’opportunità di ridare vita a un’esperienza f<strong>il</strong>osofica in<br />

1<br />

A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale. Comunità di ricerca, formazione e cura di sé,<br />

Apogeo, M<strong>il</strong>ano 2008, p. X.<br />

2 Del f<strong>il</strong>osofare Cosentino afferma quanto segue: “quella che qui vogliamo evocare è la condizione<br />

in cui la f<strong>il</strong>osofia è ancora soltanto pensiero in azione, dislocamento riflessivo rispetto alla<br />

corrente di azioni abitudinarie e di routine, rispetto ai luoghi comuni del linguaggio, rispetto ai<br />

pregiudizi consolidati. [...] In questo senso, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofare è un’attività che si sv<strong>il</strong>uppa in un contesto<br />

di vita, come emergenza che affiora e prende forma di fronte alla problematicità dell’esperienza e,<br />

nello stesso tempo, in virtù dell’orizzonte sociale, linguistico e simbolico in cui <strong>il</strong> corso dell’esperienza<br />

si dipana”. (Ivi, p. 4; cfr. anche ivi, p. 25.)


140<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

senso pieno. Ciò non può prescindere dall’assunzione preliminare del carattere<br />

intrinsecamente complesso, articolato e ambivalente di tale impresa.<br />

Ciò premesso, interroghiamoci più da vicino sul senso <strong>della</strong> “f<strong>il</strong>osofia in<br />

quanto pratica sociale”. Per come si configurano, da un lato, <strong>il</strong> dibattito teorico-culturale<br />

e, dall’altro, quello suscitato in sede sperimentale a partire dalla<br />

concreta esperienza del “f<strong>il</strong>osofare”, 3 quest’ultimo evidenzia un duplice volto.<br />

Per un verso (pars destruens), si presenta come esperienza decostruttiva in grado<br />

di scardinare automatismi, comportamenti e abitudini individuali e sociali<br />

consolidati e assunti in maniera irriflessa. Sotto questo aspetto, <strong>il</strong> primo passo<br />

del f<strong>il</strong>osofare non consiste in un “fare” o in una “strategia” da reperire, quanto<br />

piuttosto in un “lasciar essere”, un “sospendere” e un “dubitare”; operazione<br />

che la natura in quanto tale interrogativa dell’atteggiamento f<strong>il</strong>osofico consente<br />

di realizzare con relativa fac<strong>il</strong>ità. Il secondo aspetto mi sembra invece<br />

più arduo da esplorare. Si tratta di vedere se e come la pratica f<strong>il</strong>osofica possa<br />

anche dirsi “construens”, vale a dire in che modo si configuri come prassi di ricerca<br />

interessata e orientata a un prodotto. 4 Significa interrogarsi anche sullo<br />

specifico del f<strong>il</strong>osofare rispetto a una prassi non-f<strong>il</strong>osofica, e interrogarsi sulla<br />

riconoscib<strong>il</strong>ità o meno di tale specificità, così come sulla possib<strong>il</strong>ità di oggettivare<br />

e istituzionalizzare la ricerca f<strong>il</strong>osofica, o sulla replicab<strong>il</strong>ità, valutab<strong>il</strong>ità e<br />

prevedib<strong>il</strong>ità dei suoi risultati, ecc. Sempre che, circa la prassi f<strong>il</strong>osofica, abbia<br />

senso porre questi quesiti, che attengono tradizionalmente al fare umano. 5<br />

Mi pare che l’interrogativo circa questo secondo aspetto vada affrontato in<br />

tutta la sua serietà, al fine di allontanare dalla pratica sociale <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia <strong>il</strong><br />

sospetto di ridursi a una forma di spontaneismo fine a se stesso. Riflettere su<br />

questo aspetto significa, credo, ragionare non solo sulla questione <strong>della</strong> “forma”<br />

che tale pratica può assumere, ma anche sul suo carattere intrinsecamente<br />

etico. La pratica <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia è infatti pratica <strong>riflessiva</strong> di libertà, una pratica<br />

che peraltro si esercita “con-altri”. Come tale pratica si rivela potenzialmente<br />

feconda per la propria formazione personale e per <strong>il</strong> surplus di capacità critica,<br />

autocritica e auto<strong>riflessiva</strong> ut<strong>il</strong>e a “mettere in forma” la propria esistenza, così<br />

potrebbe accadere anche a livello di una “Comunità di Ricerca” (CdR) che si<br />

fosse consapevolmente assunta un sim<strong>il</strong>e compito f<strong>il</strong>osofico. In questo senso,<br />

la pratica del “con-f<strong>il</strong>osofare” si presenterebbe come un processo autoriflessivo<br />

di “messa in forma” <strong>della</strong> CdR stessa. Ritengo che questi aspetti eticamente<br />

r<strong>il</strong>evanti <strong>della</strong> pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare possano esplicitarsi a partire da una<br />

sua lettura nei termini di una teoria etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità.<br />

3 In merito al primo, si veda la disputa suscitata a livello pubblico dalle pratiche f<strong>il</strong>osofiche, in<br />

primis, dalla consulenza f<strong>il</strong>osofica (cfr. ad es. A. DAL LAGO, Il business del pensiero. La consulenza<br />

f<strong>il</strong>osofica tra cura di Sé e terapia degli altri, Manifesto Libri, Roma 2007). In merito a discussioni<br />

e approfondimenti a partire dalla sperimentazione <strong>della</strong> pratica sociale <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia in svariati<br />

contesti (scolastico, comunitario, socio-assistenziale, culturale, ecc.), è proprio l’aspetto su cui si<br />

sono concentrati gli sforzi dei ricercatori coinvolti nel progetto “Pensiero in formazione”.<br />

4 Per <strong>il</strong> “prodotto <strong>della</strong> ricerca”, cfr. M. LIPMAN, Educare al pensiero, Vita e Pensiero, M<strong>il</strong>ano<br />

2005, p. 97.<br />

5<br />

La questione teorica di fondo è la legittimità <strong>della</strong> specificità <strong>della</strong> prassi rispetto a ciò che<br />

si può denominare fare.


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 141<br />

I.1 – Crisi del moderno, riflessività e gestione <strong>della</strong> complessità<br />

Per molteplici ragioni i processi di civ<strong>il</strong>izzazione in atto a livello globale si caratterizzano<br />

per un grado di crescente complessità. In effetti, la complessità si<br />

presenta probab<strong>il</strong>mente come la cifra più eloquente e sintetica <strong>della</strong> contemporaneità,<br />

essendo in grado di unificarne caratteri essenziali, quali l’epistemologia,<br />

la scienza, la tecnologia, la politica, l’economia, la cultura, la società, e così<br />

via. La complessità può essere letta come l’effetto <strong>della</strong> modernità o come la<br />

sua più grande creazione. Eppure, proprio la complessità ha anche evidenziato<br />

i limiti intrinseci <strong>della</strong> stessa modernità. 6 Penso all’inadeguatezza del metodo<br />

scientifico moderno, che tra <strong>il</strong> XIX e <strong>il</strong> XX secolo ha dato origine a un processo<br />

di profonda revisione delle scienze naturali; penso all’accantonamento delle<br />

pretese gnoseologiche <strong>della</strong> modernità improntate a chiarezza, distinzione,<br />

semplicità, astrazione e riduzionismo, pretese rivelatesi tristemente velleitarie<br />

e incapaci di gestire efficacemente macrofenomeni di portata mondiale evidenziatisi<br />

nel corso secolo scorso, quali la globalizzazione, le crisi finanziarie,<br />

tensioni ideologiche e geopolitiche, la crisi ecologica, <strong>il</strong> sottosv<strong>il</strong>uppo di parte<br />

del pianeta, sfide bioetiche, ecc. A lungo è poi mancata un’adeguata riflessione<br />

critica circa <strong>il</strong> ruolo giocato in tali questioni dall’estensione <strong>della</strong> capacità<br />

tecnologica umana.<br />

Da un punto di vista politico, l’avvento <strong>della</strong> complessità ha messo in crisi<br />

<strong>il</strong> tradizionale paradigma del government e ha indotto a sperimentare nuove<br />

forme di governab<strong>il</strong>ità riassumib<strong>il</strong>i nel concetto di governance. Nonostante<br />

l’apparente somiglianza lessicale, un vero abisso corre tra questi concetti, così<br />

come tra le relative pratiche politico-gestionali. “Il concetto di ‘governance’<br />

– recita <strong>il</strong> Libro bianco <strong>della</strong> governance europea – designa le norme, i processi<br />

e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate<br />

a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura,<br />

partecipazione, responsab<strong>il</strong>ità, efficacia e coerenza”. 7 La governance indica<br />

dunque una prassi gestionale delle problematiche contemporanee improntata<br />

all’efficacia (di contro alle inefficienze di pratiche di governo calate astrattamente<br />

“dall’alto”) e che intende realizzarsi secondo modalità improntate alla<br />

sussidiarietà e alla multiscalarità (vale a dire con <strong>il</strong> coinvolgimento e <strong>il</strong> concorso<br />

di realtà politiche non necessariamente dello stesso livello). Altro obiettivo è<br />

6 Cfr. E. MORIN, Introduzione al pensiero complesso (1991), Sperling & Kupfer, M<strong>il</strong>ano 1995.<br />

7 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE (CCE), Libro bianco sulla governance europea, 2001, p. 8. Si veda<br />

anche la seguente definizione proposta dai sociologi Ciaffi e Mela: <strong>il</strong> concetto di governance sta a<br />

indicare “un’attività di coordinamento dell’azione di diversi soggetti istituzionali e non istituzionali<br />

(portatori di interessi, associazioni, reti di cittadini, ecc.), messa in atto in modo mult<strong>il</strong>aterale dagli<br />

stessi soggetti interessati e orientata da una visione condivisa del futuro (ad esempio, del possib<strong>il</strong>e<br />

modello di sv<strong>il</strong>uppo di un’area). Così intesa [...] la governance tende a raccordare l’esercizio del<br />

potere da parte degli organismi elettivi e delle agenzie pubbliche con le esigenze e le aspirazioni<br />

diffuse; dunque non sottrae in alcun modo legittimazione al governo ma, semmai, contribuisce ad<br />

accrescerla, riattualizzando – per così dire – <strong>il</strong> significato del mandato elettorale anche nelle fasi<br />

successive al voto” (D. CIAFFI e A. MELA, La partecipazione. Dimensioni, spazi, strumenti, Carocci,<br />

Roma 2006, pp. 49-50).


142<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

l’attuazione di pratiche gestionali rispettose <strong>della</strong> complessità dei processi in<br />

atto e che prevedano la partecipazione attiva <strong>della</strong> cittadinanza. Sotto certi<br />

aspetti la rivoluzione culturale rappresentata dalla governance evidenzia un<br />

paradosso: avviata “dall’alto”, essa non può però affermarsi a prescindere da<br />

una fattiva compartecipazione “dal basso”. Detto altrimenti, <strong>il</strong> passaggio da<br />

logiche di government alla governance per un verso è stata una necessità imposta<br />

dalla complessità di fenomeni epocali di ampio respiro e dall’inefficienza<br />

dei tradizionali metodi di gestione di tale complessità, mentre per altro verso<br />

l’incisività e l’efficacia delle nuove pratiche di governance, nonché l’equità dei<br />

loro risultati a medio e lungo termine, richiedono la consapevolezza e la convinta<br />

adesione da parte di una pluralità di soggetti che spazia dai governanti<br />

per venire ai semplici cittadini.<br />

La tesi che sostengo è che questo metaforico crocevia, in cui una gestione<br />

politica efficiente <strong>della</strong> complessità si incontra con l’esigenza di interloquire<br />

con cittadini consapevoli e responsab<strong>il</strong>i, rappresenti uno dei luoghi eminenti<br />

del f<strong>il</strong>osofare. Riguardo alle sfide evidenziate, la pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare<br />

si colloca infatti come fecondo punto d’incontro tra fori privati e spazi pubblici.<br />

Inoltre, <strong>il</strong> potenziale critico e autocritico, riflessivo e autoriflessivo del<br />

f<strong>il</strong>osofare è in grado di fissare lo sguardo sulle opportunità e sui limiti offerti<br />

dalla situazione presente, in vista <strong>della</strong> costruzione di scenari esistenziali nuovi,<br />

alternativi, innovativi e condivisi.<br />

Un sim<strong>il</strong>e impiego <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia non può prescindere da un plesso di questioni<br />

che si richiamano a vicenda. In primo luogo, poiché <strong>il</strong> “f<strong>il</strong>osofare” non<br />

investe solo ambiti teorico-formali, ma lascia emergere la relazione dinamica<br />

che lega reciprocamente teoria e prassi, ecco che <strong>il</strong> “pensiero f<strong>il</strong>osofico” non<br />

si riduce al solo scheletro logico-formale, ma presenta forme più articolate e<br />

complesse, connotandosi in senso “critico-creativo-affettivo/valoriale”. 8 In<br />

secondo luogo, <strong>il</strong> carattere interpersonale dell’esperienza del f<strong>il</strong>osofare apre a<br />

due ulteriori questioni: da un lato, al potenziale formativo e auto-formativo<br />

di tale esperienza; dall’altro, al suo potenziale politico. In entrambi i casi <strong>il</strong><br />

f<strong>il</strong>osofare si attesta come pratica di libertà. Nella prospettiva qui adottata, la<br />

libertà non si presenta però come un dato acquisito, ma è a sua volta intesa<br />

come un’esperienza formativa e relazionale. Pertanto, circa le precedenti<br />

questioni, per un verso, assumo che l’esperienza del f<strong>il</strong>osofare contribuisca<br />

alla costituzione di una personalità <strong>riflessiva</strong> e in grado di “mettere in forma”<br />

la propria esistenza, così come di dare <strong>il</strong> proprio insostituib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> in<br />

termini di accrescimento di consapevolezza alla comunità cui appartiene; 9 per<br />

8 M. SANTI, “Comunità di ricerca” e democrazia del pensiero: la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren” come<br />

opportunità di internalizzazione del discorso euristico, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica<br />

e società, Liguori, Napoli 2008, pp. 77-93: 80; con riferimento a M. LIPMAN, Educare al pensiero, cit.<br />

Sempre sulla scorta di Lipman, Cosentino ribadisce che l’esperienza non consiste in un processo<br />

soltanto cognitivo, essendo vivificata dalle emozioni (cfr. A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale.<br />

Comunità di ricerca, formazione e cura di sé, cit., p. 24).<br />

9 Per dirla con Marina Santi, “L’ipotesi è che la partecipazione a contesti didattici [...] che priv<strong>il</strong>egiano<br />

uno st<strong>il</strong>e di discorso collaborativo ed euristico/inquisitivo, favorisca l’internalizzazione<br />

delle dinamiche interpersonali, delle forme di interazione e delle regole comunicative proprie di


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 143<br />

altro verso, sottolineo che detta personalità <strong>riflessiva</strong> non si dà per natura e a<br />

prescindere dal contesto interpersonale di riferimento, ma richiede un’attenta<br />

formazione e <strong>il</strong> preliminare appello alla riflessione da parte di quest’ultimo.<br />

Circa tale contesto “politico”, occorre ancora proporre un paio di notazioni introduttive.<br />

In questo articolo se ne parlerà nei termini <strong>della</strong> “comunità”, poiché<br />

termine di confronto delle presenti considerazioni è – per le motivazioni che<br />

si addurrà – la “Comunità di Ricerca” (CdR) proposta da Lipman 10 . In secondo<br />

luogo, data la centralità di concetti quali libertà, dialogo, riflessione, condivisione,<br />

pensiero critico e autocritico, formazione, ecc., si comprenderà come<br />

l’ambito politico di riferimento non possa che essere quello democratico.<br />

Mi avvalgo di queste considerazioni per palesare due opzioni f<strong>il</strong>osofiche<br />

di fondo di cui nelle prossime pagine cercherò di indagare le conseguenze. Per<br />

entrambe mi avvalgo <strong>della</strong> lucida enunciazione proposta da Antonio Cosentino.<br />

La prima: “Se essere democratici implica l’apertura al f<strong>il</strong>osofare, allora,<br />

con ogni probab<strong>il</strong>ità, la f<strong>il</strong>osofia è un diritto-dovere di tutti i cittadini di una<br />

democrazia”. 11 Premessa implicita di questo ragionamento è che sia la condizione<br />

di persona <strong>riflessiva</strong> sia la cittadinanza non sono dotazioni “naturali”, ma<br />

traguardi da raggiungere. 12 Veniamo ora alla seconda delle opzioni f<strong>il</strong>osofiche<br />

annunciate: “Per st<strong>il</strong>e f<strong>il</strong>osofico in questo contesto dobbiamo intendere un<br />

modo di operare in cui la f<strong>il</strong>osofia funge da modello procedurale del ‘pensiero<br />

complesso’”. 13 Come anticipato, si tratta dell’ipotesi di lavoro secondo la quale<br />

<strong>il</strong> “f<strong>il</strong>osofare” avrebbe da offrire un valore aggiunto la cui precisazione può,<br />

a mio avviso, essere chiarita anche a partire dall’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità,<br />

essendo quest’ultima un’etica sensib<strong>il</strong>e alle istanze di complessità del mondo<br />

contemporaneo.<br />

La questione può essere affrontata a partire dalla nozione di “pensiero<br />

riflessivo”, che caratterizza in quanto tale la pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare.<br />

Parto dalla definizione che ne dà John Dewey: “L’attiva, costante e d<strong>il</strong>igente<br />

considerazione di una credenza o di una forma ipotetica di conoscenza alla<br />

luce delle prove che la sorreggono e delle ulteriori conclusioni alle quali essa<br />

tende, costituisce <strong>il</strong> pensiero riflessivo”. 14 La “riflessione” caratterizza una ricerca<br />

impegnata a trascendere in qualche modo ciò che si dà e ogni risultato<br />

eventualmente conseguito. Oltre a ciò, può dirsi “<strong>riflessiva</strong>” una ricerca che<br />

sia anche “responsab<strong>il</strong>e” delle conseguenze <strong>della</strong> conoscenza e dei prodotti<br />

<strong>della</strong> ricerca. Emerge in maniera evidente <strong>il</strong> retroterra pragmatistico di Dewey,<br />

per <strong>il</strong> quale ogni ricerca comincia con una situazione problematica o “cruciale,<br />

una situazione così ambigua da presentare un d<strong>il</strong>emma o proporre delle<br />

questa comunità” (M. SANTI, “Comunità di ricerca” e democrazia del pensiero: la “Ph<strong>il</strong>osophy for<br />

Ch<strong>il</strong>dren” come opportunità di internalizzazione del discorso euristico, cit., p. 81).<br />

10 Come si vedrà, <strong>il</strong> riferimento a questa tipologia di comunità mette al riparo da possib<strong>il</strong>i derive<br />

integraliste, comunitaristiche o organicistiche. Rinvio a questo proposito a quanto ho scritto<br />

nell’articolo a chiusura del primo anno del progetto “Pensiero in formazione”.<br />

11 A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 36.<br />

12 Cfr. ivi, p. 37.<br />

13 Ivi, p. 88.<br />

14 Ivi, p. 68.


144<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

alternative”. 15 La ricerca è dunque ciò che occorre effettuare per risolvere<br />

detta situazione, mentre <strong>il</strong> pensiero (riflessivo) è ciò che “trasforma l’azione<br />

meramente appetitiva, cieca e impulsiva in azione intelligente”, 16 attribuisce<br />

significati e valori, e inoltre espleta i seguenti compiti: “giudicare dell’evidenza<br />

e agire in conformità”. 17<br />

A partire da Dewey e con la mediazione di Matthew Lipman, Cosentino<br />

rielabora come segue la definizione di “pensiero riflessivo”:<br />

lo scavo riflessivo non consiste in un semplice cammino a ritroso che risale dalla<br />

pratica alla corrispondente teoria che la giustifica, ma deve configurarsi come<br />

un’apertura alla complessità: un cammino che da lineare diventa circolare (pratica-teoria-pratica...),<br />

da predefinito diventa costruito su se stesso (ricorsività), da<br />

selettivo diventa inclusivo e trasversale rispetto ai contenuti, da programmab<strong>il</strong>e<br />

incerto e aperto all’imprevedib<strong>il</strong>ità. 18<br />

La riflessività del f<strong>il</strong>osofare ha pertanto assunto nuove sfumature che ne<br />

fanno un interessante e promettente paradigma di ricerca. 19 Contestualmente<br />

all’ampliamento teorico del “riflessivo” mi sembra che anche per l’idea di responsab<strong>il</strong>ità,<br />

tradizionalmente confinata entro i limiti <strong>della</strong> sola ponderazione<br />

delle conseguenze delle azioni umane, si prof<strong>il</strong>ino novità di r<strong>il</strong>ievo. Viviamo<br />

infatti entro scenari contraddistinti da incertezza e imprevedib<strong>il</strong>ità, scenari<br />

in cui, dopo secoli di riduzione <strong>della</strong> realtà a un’astrazione in cui l’elemento<br />

quantitativo la faceva da padrone, ciò che costituisce l’antropologico ha<br />

finalmente la possib<strong>il</strong>ità di venire liberato e “lasciato essere” in tutta la sua<br />

dinamica complessità. Viviamo inoltre in scenari plasmati da un agire individuale<br />

e collettivo che, anche in virtù delle possib<strong>il</strong>ità offerte dalla tecnologia,<br />

sperimenta <strong>il</strong> dramma <strong>della</strong> propria costitutiva ambivalenza e dell’assenza di<br />

punti di riferimento assolutamente certi. Come aveva ben compreso già tre<br />

decenni fa Hans Jonas, sim<strong>il</strong>i scenari finiscono inevitab<strong>il</strong>mente per porre l’uomo<br />

dinanzi a inedite sfide etiche concernenti questioni di senso, sfide che<br />

15 Ivi, p. 74; cfr. anche ivi, pp. 72 e sgg. In un altro passo <strong>della</strong> medesima opera Dewey aggiunge:<br />

“La funzione del pensiero riflessivo è quindi quella di trasformare una situazione in cui si<br />

è fatta esperienza di un’oscurità, un dubbio, un conflitto, o un disturbo di qualche sorta, in una<br />

situazione chiara, coerente, risolta, armoniosa” (ivi, p. 172). Conseguentemente, l’autore procede<br />

a enunciare le fasi in cui si articola <strong>il</strong> pensiero riflessivo: suggestione, intellettualizzazione, ipotesi,<br />

ragionamento, controllo (ivi, pp. 180 e sgg.).<br />

16 J. DEWEY, Come pensiamo (1933), La Nuova Italia, Firenze 1961, p. 79.<br />

17 Ivi, p. 83.<br />

18 A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 93.<br />

19 Sovrapposte all’originaria impronta pragmatista, si notano stratificazioni di matrice costruttivista,<br />

nonché riflessioni provenienti dal modello ecologico e dall’epistemologia <strong>della</strong> complessità<br />

[cfr. ad esempio G. BATESON, Verso un’ecologia <strong>della</strong> mente (1972), Adelphi, M<strong>il</strong>ano 2004; E. MORIN,<br />

Il paradigma perduto: che cos’è la natura umana? (1973), Bompiani, M<strong>il</strong>ano 1974; poi, Feltrinelli,<br />

M<strong>il</strong>ano 1994, 1999; ID., Le vie <strong>della</strong> complessità (1985), in AA.VV., La sfida <strong>della</strong> complessità,<br />

Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1985; ID., Le idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi (1991), Feltrinelli,<br />

M<strong>il</strong>ano 1993; ID., Introduzione al pensiero complesso (1991), cit.,; U. BRONFENBRENNER, Ecologia dello<br />

sv<strong>il</strong>uppo umano (1979), Mulino, Bologna 1986; J. BRUNER, La cultura dell’educazione: nuovi orizzonti<br />

per la scuola, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1996; M. LIPMAN, Educare al pensiero, cit.; cfr. anche A. COSENTINO,<br />

Costruttivismo e formazione, Liguori, Napoli 2002].


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 145<br />

richiedono di mettere a tema <strong>il</strong> nesso esistente tra libertà e responsab<strong>il</strong>ità e<br />

di ampliare <strong>il</strong> significato di quest’ultima al di là <strong>della</strong> mera analisi preventiva<br />

circa le conseguenze dell’agire umano. 20<br />

I.2 – Il sapere critico come pratica: lo scardinamento di logiche<br />

di potere<br />

La complessità è dunque una sfida per <strong>il</strong> pensiero, che deve affinare <strong>il</strong> proprio<br />

acume e reperire strategie adeguate alle problematiche da fronteggiare.<br />

Per dirla con Aldo Visalberghi, c’è infatti bisogno di “esseri umani capaci di<br />

dominare e orientare opportunamente gli sv<strong>il</strong>uppi tecnologici e di operare<br />

valutazioni complessive di estremo impegno e che richiedono, fra l’altro, una<br />

assai consistente ‘massa critica’ di conoscenze di fatto in differenti settori”. 21<br />

Quest’esigenza non può andar disgiunta dall’interrogazione circa gli strumenti<br />

e le strategie da adottare al fine di formare le intelligenze e di come farle<br />

interagire a livello pubblico e istituzionale.<br />

Ancora una volta, ribadirei come la pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare possa<br />

rivestire a tal proposito un ruolo interessante. Data la co-originarietà del rapporto<br />

che lega esercizio riflessivo <strong>della</strong> libertà umana ed esplicazione di un<br />

potere (su se stessi, sul prossimo, sul mondo), <strong>il</strong> valore aggiunto del f<strong>il</strong>osofare<br />

consiste nel fatto che, per un verso, può incentivare la qualità <strong>della</strong> riflessione<br />

su se stessi e, per altro verso, esercitare un’assunzione critica del contesto in<br />

cui si esplica la libertà stessa. 22<br />

In entrambi i casi <strong>il</strong> risultato può venire conseguito mediante la pratica<br />

comunitaria del dialogo e <strong>della</strong> ricerca f<strong>il</strong>osofica, aspetti ai quali da ultimo deve<br />

essere ricondotto l’esercizio del potere. 23 Per essere più precisi, l’attività “f<strong>il</strong>oso-<br />

20 Cfr. H. JONAS, Il principio responsab<strong>il</strong>ità. Un’etica per la civ<strong>il</strong>tà tecnologica, Einaudi, Torino,<br />

1990, 19932 . Sim<strong>il</strong>mente a Jonas si esprime Visalberghi: “La nostra epoca è connotata dal fatto<br />

che l’impiego un<strong>il</strong>aterale delle tecnologie fondate sulla conoscenza scientifica acquisita non solo<br />

risolvono con sempre meno efficacia e sicurezza i problemi reali degli uomini, ma mostrano in<br />

modo sempre più grave di creare nuovi preoccupanti problemi, capaci qualche volta di mettere<br />

in forse la stessa sopravvivenza dell’uomo e di gran parte delle altre forme di vita sulla superficie<br />

terrestre”. A. VISALBERGHI, Insegnare ed apprendere. Un approccio evolutivo, La Nuova Italia, Firenze<br />

1988, p. 151.<br />

21 Ivi, p. 149.<br />

22 Cfr. N. POLLASTRI, Prospettive politiche <strong>della</strong> pratica f<strong>il</strong>osofica, in «Humana.mente», 7, 2008,<br />

pp. 19-33.<br />

23 “Dove <strong>il</strong> potere non è attualizzato, si dissolve, e la storia insegna fin troppo bene che le più<br />

grandi ricchezze materiali non possono compensare questa perdita. Il potere è realizzato solo dove<br />

parole e azioni si sostengono a vicenda, dove le parole non sono vuote e i gesti non sono brutali,<br />

dove le parole non sono usate per nascondere le intenzioni ma per rivelare realtà, e i gesti non<br />

sono usati per violare e distruggere, ma per stab<strong>il</strong>ire relazioni e creare nuove realtà” [H. ARENDT,<br />

Vita activa. La condizione umana (1958), Bompiani, M<strong>il</strong>ano, 20008 , p. 146]. Cfr. anche A. BEBBER,<br />

Ripensare <strong>il</strong> politico: H. Arendt e la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”. Aspetti politici <strong>della</strong> “comunità di<br />

ricerca” alla luce del pensiero arendtiano, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società,<br />

cit., pp. 95-109: 104. Sul rapporto tra società-pubblico e potere politico, cfr. J. DEWEY, Comunità e<br />

potere (1927), La Nuova Italia, Firenze 1971.


146<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

fica può essere connotata come movimento di problem setting, di problematizzazione<br />

incessante, di de-banalizzazione dell’ordinario e di ricerca/costruzione<br />

di sempre nuove cornici, o di irriverente violazione di ogni cornice”. 24<br />

La pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare mostra con ciò <strong>il</strong> proprio potenziale critico<br />

e “sovversivo”. Chiaramente, questi aggettivi non sono da declinarsi in senso<br />

genericamente massimalista o rivoluzionario. Al contrario, essi si riferiscono<br />

all’esercizio attento, rigoroso e non ideologico del pensiero riflessivo in quanto<br />

esperienza di trascendib<strong>il</strong>ità e relatività di ogni specifica datità. Sovvertire<br />

l’esistente significa assumere consapevolezza critica delle ragioni di un certo<br />

sapere (che è anche un potere) circa la realtà. Scardinare l’esistente significa<br />

pertanto mettere in dubbio certe prassi consolidate o abitudini di pensiero e<br />

saper immaginare soluzioni e scenari alternativi. 25 Significa abbandonare determinate<br />

certezze irriflesse e vincere l’<strong>il</strong>lusione di essere un soggetto intatto,<br />

indifferente e disincarnato rispetto al proprio contesto di vita. Come ha efficacemente<br />

scritto Carlo Sini, “Fare f<strong>il</strong>osofia è anzitutto porre questa semplice<br />

questione: la questione <strong>della</strong> pratica f<strong>il</strong>osofica. In essa e per essa <strong>il</strong> soggetto<br />

umano si interroga come ‘soggetto alle pratiche’ che di fatto esercita”. 26<br />

I.3 – La responsab<strong>il</strong>ità “<strong>riflessiva</strong>”<br />

In questa prospettiva, la “sovversione” dell’esistente non intende dunque essere<br />

una pratica fine a se stessa o volta all’instaurazione di un ideale “massimo” in<br />

quanto ciò senza cui non possono darsi felicità o pace. Si tratta invece di una<br />

sovversione <strong>riflessiva</strong> e auto<strong>riflessiva</strong>, vale a dire conscia del fatto che nell’esercizio<br />

<strong>della</strong> propria libertà <strong>il</strong> soggetto (sia esso un individuo o una collettività)<br />

esercita – e non può fare a meno di esercitare – un potere e, al tempo stesso,<br />

è “‘soggetto alle pratiche’ che di fatto esercita”.<br />

Parimenti può dirsi <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità, che assume un analogo carattere<br />

riflessivo: la pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare ha come obiettivo non solo di acuire<br />

la capacità dei singoli e <strong>della</strong> CdR di percepire gli effetti del proprio esercizio di<br />

potere, ma anche di incrementare la loro consapevolezza del fatto di essere al<br />

tempo stesso anche costitutivamente e inevitab<strong>il</strong>mente “soggetti” – in quanto<br />

individui e in quanto collettività – a un certo potere. Il carattere riflessivo <strong>della</strong><br />

responsab<strong>il</strong>ità consiste pertanto nel riconoscere <strong>il</strong> carattere contestualizzato,<br />

relazionale e “appellato” <strong>della</strong> libertà umana. La responsab<strong>il</strong>ità <strong>riflessiva</strong> sancisce<br />

pertanto una volta per tutte l’uscita del soggetto e <strong>della</strong> volontà individuale<br />

dal paradigma moderno dell’autoreferenzialità e dell’autoevidenza. 27<br />

24 A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 17.<br />

25 Per lo sv<strong>il</strong>uppo dell’idea di educazione libertaria come liberazione delle proprie potenzialità<br />

e come percorso di autonomia e fiducia di sé, cfr. P. CASARIN, Prospettive libertarie nel movimento<br />

educativo <strong>della</strong> “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società,<br />

cit., pp. 117-125: 123.<br />

26 C. SINI, F<strong>il</strong>osofia e scrittura, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 86-87.<br />

27 Cfr. ad esempio J. DEWEY, Democrazia ed educazione (1916), La Nuova Italia, Firenze 1992,<br />

p. 171 e pp. 181 e sgg.; H. JONAS, Agostino e <strong>il</strong> problema paolino <strong>della</strong> verità. Studio f<strong>il</strong>osofico


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 147<br />

Le ricadute di queste riflessioni per la pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare possono<br />

chiarirsi allorché si consideri quest’ultima come una “pratica contestualizzata,<br />

dove i valori, prima di diventare inerti materiali da pensare, sono scelte, emozioni<br />

e passioni, norme di condotta e attribuzione di senso. Cosicché la pratica<br />

f<strong>il</strong>osofica in una ‘comunità di ricerca’, in quanto promuove l’esercizio del pensiero<br />

complesso, include necessariamente la valorizzazione dei suoi oggetti e<br />

dello stesso contesto in cui prende corpo”. 28 In questo senso, la “responsab<strong>il</strong>ità<br />

<strong>riflessiva</strong>” e <strong>il</strong> pensiero caring di Lipman sembrano davvero evidenziare istanze<br />

f<strong>il</strong>osofiche comuni.<br />

II – Ricerca f<strong>il</strong>osofica e democrazia: la riflessione di Dewey<br />

Il transito dai concetti di libertà e responsab<strong>il</strong>ità riflessive a quello di partecipazione,<br />

la cui trattazione è l’obiettivo di questo articolo, deve probab<strong>il</strong>mente<br />

prevedere una tappa r<strong>il</strong>evante in corrispondenza di alcune questioni cui per<br />

ora si è fatto cenno solo di sfuggita. Si tratta dei concetti di “democrazia” e<br />

di “educazione”.<br />

Vorrei preliminarmente esplicitare le coordinate di fondo delle argomentazioni<br />

che seguiranno. Con <strong>il</strong> termine “democrazia” non mi riferisco in primis<br />

al sistema politico-deliberativo democratico, ma al “contesto democratico” in<br />

quanto questione etico-culturale e alla “democraticità” in quanto st<strong>il</strong>e politico<br />

che assegna centralità al cittadino. 29 Questo spostamento semantico si giustifica<br />

con <strong>il</strong> fatto che vorrei concentrarmi non tanto su questioni di f<strong>il</strong>osofia<br />

politica, quanto piuttosto su interrogativi in senso lato culturali e di pertinenza<br />

<strong>della</strong> pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare. Tra le tante questioni, una mi sembra<br />

di particolare attualità: poiché la “buona salute” e l’efficacia di un sistema<br />

democratico non si esauriscono nel buon funzionamento dei suoi organismi<br />

rappresentativi, burocratici e politici, ma richiedono – forse addirittura come<br />

condizione preliminare – di avere “individui democratici”, è indispensab<strong>il</strong>e<br />

interrogarsi circa la centralità e i caratteri <strong>della</strong> formazione del cittadino.<br />

Nella prospettiva “<strong>riflessiva</strong>” adottata, l’educazione alla cittadinanza tenderà<br />

a configurarsi non tanto come conseguimento di uno specifico risultato o di<br />

una specifica conoscenza (ahimè, solamente teorica), ma come educazione<br />

reciproca e come tendenza. 30<br />

sulla disputa pelagiana (1930), Morcelliana, Brescia 2007, pp. 129-144; H. ARENDT, Vita activa. La<br />

condizione umana, cit.; H.-G. GADAMER, Verità e metodo (1960), Bompiani, M<strong>il</strong>ano 1983; P. RICOEUR,<br />

Dell’interpretazione. Saggio su Freud (1965), Saggiatore, M<strong>il</strong>ano 1967.<br />

28 A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 112.<br />

29 Cfr. A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia e democrazia, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società,<br />

cit., pp. 69-76: 71-72. Cfr. anche D. CIAFFI e A. MELA, La partecipazione. Dimensioni, spazi,<br />

strumenti, cit.<br />

30 Cfr. P. CASARIN, Prospettive libertarie nel movimento educativo <strong>della</strong> “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”,<br />

cit., p. 122. A questo proposito, si veda anche <strong>il</strong> progetto psicologico-pedagogico – in corso di<br />

svolgimento presso l’Università di Konstanz (Germania) – che si concentra sull’apprendimento<br />

delle competenze morali e democratiche e ha elaborato la metodologia denominata Die Kon-


148<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

In questa direzione si muove John Dewey che in apertura al celebre Democrazia<br />

e educazione (1916) si esprime come segue:<br />

La continuità di qualsiasi esperienza attraverso <strong>il</strong> rinnovamento del gruppo sociale<br />

è un fatto da prendersi letteralmente. L’educazione, nel suo senso più vasto, è<br />

<strong>il</strong> mezzo di questa continuità sociale <strong>della</strong> vita [...]. Gli esseri che nascono, non<br />

solo ignari, ma completamente indifferenti agli scopi e costumi del gruppo sociale,<br />

devono esserne resi consci e attivamente interessati. L’educazione, e solo<br />

l’educazione, può colmare questa distanza. 31<br />

Al posto delle tradizionali idee di educazione in quanto controllo, direzione<br />

o guida, Dewey propone quella di educazione come crescita. 32 In questa<br />

prospettiva, l’educazione non viene intesa come preparazione alla vita adulta,<br />

né si riduce a mera formazione contenutistica, ma viene concepita come un<br />

processo contrassegnato dall’“ab<strong>il</strong>ità a sv<strong>il</strong>upparsi”, dal “potere di crescere” o<br />

dal “potere di sv<strong>il</strong>uppare le disposizioni”. 33 Per Dewey l’educazione, anziché<br />

avere un fine, diventa un fine in sé. Questo si giustifica con <strong>il</strong> fatto che, ad<br />

avviso del pensatore americano, in senso stretto l’esercizio <strong>della</strong> libertà non<br />

può andar separato dall’educazione, che si configura appunto come “la continua<br />

riorganizzazione o ricostruzione dell’esperienza [...], tale da accrescere <strong>il</strong><br />

significato dell’esperienza stessa e da aumentare la capacità a dirigere <strong>il</strong> corso<br />

dell’esperienza seguente”. 34<br />

Relativamente all’idea di educazione, <strong>il</strong> contesto democratico presenta poi<br />

la seguente specificità: “una società, che non solo cambia, ma che ha come<br />

ideale un cambiamento che la migliori, avrà norme e metodi di educazione<br />

diversi da quella che mira solamente alla perpetuazione dei suoi costumi”. 35<br />

Per Dewey, l’ideale democratico consiste nella fiducia con cui viene liberamente<br />

scambiata e riconosciuta una varietà di interessi comuni e condivisi. 36 La democrazia<br />

richiede pertanto “una più libera interazione fra i gruppi sociali”, nonché<br />

“un cambiamento nelle abitudini sociali, o <strong>il</strong> loro riadattarsi continuo”. 37 Lo<br />

st<strong>il</strong>e democratico è dunque intrinsecamente riflessivo e autoriflessivo:<br />

Una democrazia è qualcosa di più di una forma di governo. È prima di tutto<br />

un tipo di vita associata, di esperienza continuamente comunicata. L’estensione<br />

nello spazio del numero di individui che partecipano a un interesse in tal guisa<br />

stanzer Methode der D<strong>il</strong>emma-Diskussion (KMDD). Informazioni all’indirizzo Internet: http://www.<br />

uni-konstanz.de/ag-moral.<br />

31 J. DEWEY, Democrazia ed educazione, cit., pp. 3-4.<br />

32 Cfr. ivi, pp. 53 e sgg.<br />

33 Ivi, p. 54 e p. 57.<br />

34 Ivi, pp. 97-98.<br />

35 Ivi, p. 103.<br />

36 Circa la nozione di “interesse” Dewey osserva innanzitutto che esso etimologicamente significa<br />

ciò che “‘è tra’, [...] ciò che collega due cose altrimenti distanti” (ivi, p. 163). L’interesse rappresenta<br />

dunque “la proprietà stimolante degli oggetti, siano essi percepiti o immaginati, in qualsiasi<br />

esperienza che abbia uno scopo” (ivi, p. 167). L’interesse svolge pertanto un ruolo fondamentale<br />

nell’educazione, perché motiva al raggiungimento di scopi.<br />

37<br />

Ivi, p. 110. L’intero paragrafo è dedicato all’“ideale democratico” (cfr. ivi, pp. 110-112).


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 149<br />

che ognuno deve riferire la sua azione a quella degli altri e considerare l’azione<br />

degli altri per dare un motivo e una direzione alla sua equivale all’abbattimento<br />

di quelle barriere di classe, di razza e di territorio nazionale che impedivano agli<br />

uomini di cogliere <strong>il</strong> pieno significato <strong>della</strong> loro attività”. 38<br />

Chiaramente, la realizzazione dell’ideale democratico richiede che ciascuno<br />

sia <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e consapevole delle proprie azioni: “Essere coscienti vuol<br />

dire accorgerci di quel che facciamo, definisce l’aspetto deliberante, osservante,<br />

calcolante dell’attività”. 39<br />

Che, ad avviso di Dewey, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofare possa e debba rivestire un ruolo<br />

formativo di primaria importanza lo dimostrano le seguenti fondamentali considerazioni:<br />

Il sapere, in quanto sapere fondato, è scienza; denota oggetti che sono stati<br />

stab<strong>il</strong>iti, ordinati, disposti razionalmente. Il pensare, d’altra parte, è prospettico,<br />

rispetto al sapere. È provocato da una non sistemazione e mira a eliminarla. F<strong>il</strong>osofare<br />

è riflettere sulle esigenze postulate da ciò che è noto, sull’atteggiamento<br />

responsivo che esso richiede da noi. È idea di ciò che è possib<strong>il</strong>e, non registrazione<br />

di un fatto compiuto. Perciò è ipotetico, come tutto <strong>il</strong> pensiero. Assegna qualcosa<br />

da fare, qualcosa da provare. Il suo valore non risiede nel fornire soluzioni<br />

(<strong>il</strong> che può avvenire solo nell’azione), ma nel definire difficoltà e nel suggerire<br />

metodi per affrontarle. Si potrebbe quasi affermare che la f<strong>il</strong>osofia è <strong>il</strong> pensiero<br />

divenuto consapevole di se stesso, <strong>il</strong> pensiero che ha generalizzato <strong>il</strong> suo posto,<br />

la sua funzione e <strong>il</strong> suo valore nell’esperienza. 40<br />

Ai fini del presente discorso, sottolineerei con particolare enfasi la r<strong>il</strong>evanza<br />

etica del f<strong>il</strong>osofare, coincidente con <strong>il</strong> fatto di misurarsi praticamente con<br />

la realtà e con l’impegno a conseguire per via di discussione comunitaria – per<br />

citare Lipman – un “pensiero di livello superiore”. 41 Contestualmente, sottolineerei<br />

<strong>il</strong> richiamo di Dewey alla responsab<strong>il</strong>ità del pensare in quanto pratica<br />

sociale, anche se – come anticipato – in definitiva la sua idea di responsab<strong>il</strong>ità<br />

rimane vincolata a un’interpretazione restrittiva: “Essere intellettualmente responsab<strong>il</strong>i<br />

significa considerare le conseguenze di un passo progettato; significa<br />

essere disposti ad accettare quelle conseguenze che seguono ragionevolmente<br />

da una posizione già presa. La responsab<strong>il</strong>ità intellettuale assicura l’integrità,<br />

vale a dire la coerenza e l’armonia nella credenza”. 42<br />

Un’ultima battuta circa la r<strong>il</strong>evanza pubblica del f<strong>il</strong>osofare, che, ad avviso<br />

di Dewey, non si configura mai come un’attività privata. La mente umana<br />

pensante non è infatti un’entità autosufficiente, ma un comportamento pub-<br />

38 Ivi, pp. 110-111.<br />

39 Ivi, p. 132. Chiaramente, la nozione deweyana di responsab<strong>il</strong>ità, così come di quella di riflessione,<br />

rimane ancora inevitab<strong>il</strong>mente relegata entro i confini del calcolo delle conseguenze dell’agire<br />

umano. A suo avviso, infatti, la riflessione consiste nella “scoperta delle connessioni dettagliate<br />

delle nostre attività e di ciò che avviene in conseguenza” (ivi, p. 187).<br />

40 Ivi, p. 418.<br />

41 M. LIPMAN, Orientamento al valore (caring) come pensiero, «Inquiry», 15, 1995; poi in: «Comunicazione<br />

f<strong>il</strong>osofica», 3; ora in: A. COSENTINO (a cura di), F<strong>il</strong>osofia e formazione. 10 anni di Ph<strong>il</strong>osophy<br />

for Ch<strong>il</strong>dren in Italia (1991-2001), cit., pp. 29-46: 29.<br />

42 J. DEWEY, Come pensiamo (1933), La Nuova Italia, Firenze 1961, p. 95.


150<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

blico. “La mente – afferma a chiare lettere A. Guccione Monroy introducendo<br />

l’edizione italiana <strong>della</strong> celebre opera di Dewey Come pensiamo – letteralmente,<br />

emerge, sorge, si fa, perché opera nella comunicazione e nella comunione.<br />

Anche nella sua condizione interiore, essa è veramente, come dice Dewey,<br />

un’assemblea in miniatura”. 43 Il f<strong>il</strong>osofare emerge come attività di riflessione<br />

e autoriflessione che si esplica entro un contesto sociale che richiama alla<br />

responsab<strong>il</strong>ità delle proprie conseguenze. 44 Il f<strong>il</strong>osofare giunge pertanto a realizzazione<br />

allorché questo richiamo alla responsab<strong>il</strong>ità spinge <strong>il</strong> singolo a interrogarsi<br />

sul significato di ciò che si impara. 45<br />

III – Comunità di ricerca e partecipazione <strong>riflessiva</strong><br />

Quanto fin qui esaminato circa la r<strong>il</strong>evanza etico-politica del f<strong>il</strong>osofare come<br />

pratica sociale può, a mio avviso, essere proficuamente interpolato con un’ulteriore<br />

riflessione sul concetto di partecipazione. Ne risulta, come spero di<br />

evidenziare, una duplice fecondità ermeneutica. Da un lato, l’interpretazione<br />

in chiave partecipativa <strong>della</strong> pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare porta in luce aspetti<br />

di quest’ultima non ancora sufficientemente tematizzati. Dall’altro lato, l’inserzione<br />

<strong>della</strong> nozione di partecipazione in un contesto f<strong>il</strong>osofico sottopone<br />

tale concetto a un possib<strong>il</strong>e ampliamento di significato. Detto altrimenti, la<br />

riflessione sul tema <strong>della</strong> CdR a partire dalla nozione di partecipazione vorrebbe<br />

contribuire a esplicitare ulteriormente in che cosa consistano lo specifico<br />

dell’esperienza del f<strong>il</strong>osofare e le sue potenzialità a livello etico-politico-democratico.<br />

Per conseguire questo risultato, però, è necessario sottoporre la<br />

stessa nozione di partecipazione a un contestuale ampliamento di significato.<br />

La questione <strong>della</strong> partecipazione non si esaurisce dunque propriamente con<br />

l’individuazione di procedure, modalità e strategie per attuarla in quanto pratica<br />

sociale condivisa, ma richiede che ci si interroghi f<strong>il</strong>osoficamente intorno<br />

al senso del partecipare e del costruire socialmente <strong>il</strong> proprio conoscere e <strong>il</strong><br />

proprio contesto di vita, vale a dire <strong>il</strong> proprio abitare. Chiaramente, tale costruzione<br />

sociale di senso richiede <strong>il</strong> concorso dell’agire pubblico e di quello<br />

43 A. GUCCIONE MONROY, Introduzione, in ivi, pp. 1-53: 46.<br />

44 Così scrive infatti Guccione Monroy a commento <strong>della</strong> riflessione di Dewey: “La storia <strong>della</strong><br />

mente è la storia dell’educazione a questa responsab<strong>il</strong>ità dei propri risultati. Nel contrasto e nella<br />

cooperazione, nella comunione e nella competizione, sono questi ultimi a stab<strong>il</strong>ire, dice Dewey,<br />

l’importanza dell’atto di deliberare le proprie credenze, le suggestioni, quegli eventi mentali ancora<br />

naturali in cui originariamente si manifestano le idee. Senza questa assunzione di impegni questi<br />

eventi operano impersonalmente in noi, appunto come eventi, non personali deliberazioni” (ivi,<br />

pp. 47-48).<br />

45 Cfr. J. DEWEY, Come pensiamo, cit., p. 96. Lungi dal ridurre <strong>il</strong> pensiero effettivo alla mera logica<br />

formale (le cui rispettive differenze riguardano la materia, <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> pensiero reale è un processo<br />

in evoluzione e <strong>il</strong> fatto che esso “ha sempre riferimento a qualche contesto” (ivi, p. 141), Dewey<br />

sottolinea al contrario che “Le forme logiche non sono usate nel corso del pensiero effettivo, ma<br />

per esporre i risultati del pensiero” (ivi, p. 142). La logica formale non esaurisce dunque <strong>il</strong> campo<br />

<strong>della</strong> razionalità, che ricomprende in sé anche <strong>il</strong> pensiero effettivo, che si caratterizza per essere<br />

“ordinato, razionale, riflessivo” (ivi, p. 144).


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 151<br />

individuale, così come la mob<strong>il</strong>itazione di ogni dimensione del pensiero (critica,<br />

creativa, affettivo-valoriale, simbolica, ecc.).<br />

In quest’indagine partirei dalla proposta f<strong>il</strong>osofica <strong>della</strong> “Ph<strong>il</strong>osophy for<br />

Community” di Matthew Lipman 46 e dalla sua potenziale applicazione anche<br />

in contesti extrascolastici. Questa pratica libertaria, “circolare” 47 e sociale del<br />

f<strong>il</strong>osofare si regge su alcune linee guida che mirano a promuovere “la libertà di<br />

manifestare ed esprimere <strong>il</strong> proprio punto di vista, la opportunità di generare<br />

più prospettive su un problema, la necessità di deliberare tenendo conto delle<br />

alternative, <strong>il</strong> valore delle idee e <strong>il</strong> rispetto delle persone”. 48<br />

La CdR lipmaniana si costituisce nella misura in cui ciascun suo componente<br />

vi partecipa attivamente, mettendosi in gioco. La partecipazione costituisce<br />

pertanto la conditio sine qua non <strong>della</strong> CdR. Poiché però non ogni comunità<br />

di partecipanti che comunicano o riflettono può definirsi una “comunità di<br />

ricerca f<strong>il</strong>osofica”, 49 nel caso <strong>della</strong> CdR la partecipazione dovrà connotarsi<br />

come “<strong>riflessiva</strong>”.<br />

Cercherò ora di mostrare in che senso <strong>il</strong> concetto di “partecipazione <strong>riflessiva</strong>”<br />

derivi la propria legittimità da un’istanza costruttivista. Mi confronto<br />

ancora una volta con Antonio Cosentino, che interrogandosi sulla validità <strong>della</strong><br />

pratica f<strong>il</strong>osofica lipmaniana in contesto scolastico ne evidenzia la compatib<strong>il</strong>ità<br />

con l’epistemologia <strong>della</strong> complessità e con <strong>il</strong> costruttivismo pedagogico<br />

e psicologico (ma, come vedremo, si può notare un vicinanza anche rispetto<br />

all’ermeneutica f<strong>il</strong>osofica contemporanea). Perché sia efficace e consenta a<br />

ciascuno di realizzarsi al meglio, <strong>il</strong> processo educativo deve abbandonare ogni<br />

ideologica pretesa di piegare la realtà a una qualche astratta teoria e deve<br />

preliminarmente assumere <strong>il</strong> dato di fatto che i soggetti non sono entità teoriche<br />

vuote, astratte e autoreferenziali, ma realtà in carne e ossa, dotate di<br />

esperienze biografiche specifiche e irriducib<strong>il</strong>i collocate entro differenti culture<br />

e storie collettive:<br />

Se, infatti, <strong>il</strong> nostro insegnamento vuole prendere le mosse dal punto in cui<br />

ogni studente si trova all’inizio del percorso formativo, sarà opportuno accettare<br />

preliminarmente anche la soggettività più arbitraria nella lettura di un testo e<br />

non porre alcun limite alla gamma di interpretazioni. Questa fase del lavoro sarà<br />

particolarmente ut<strong>il</strong>e. Infatti, consente una diagnosi sulle strutture cognitive e<br />

sulle generali ecologie mentali dello studente. Chiunque tenti di interpretare un<br />

testo non può evitare di fare appello a una pre-comprensione basata sulle sue<br />

aspettative (pre-giudizi ed esperienze precedenti). 50<br />

46 Cfr. M. LIPMAN, Educare al pensiero, cit.<br />

47 Cfr. P. CASARIN, Prospettive libertarie nel movimento educativo <strong>della</strong> “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”,<br />

cit.,, p. 117.<br />

48 M. SANTI, “Comunità di ricerca” e democrazia del pensiero: la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren” come<br />

opportunità di internalizzazione del discorso euristico, cit., p. 80.<br />

49 “Il pensiero riflessivo scaturisce dalla problematicità di una situazione. Ma la riflessività non<br />

è sempre e comunque f<strong>il</strong>osofia anche se la f<strong>il</strong>osofia è sempre riflessività” (A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia<br />

come pratica sociale, cit., pp. 13-14).<br />

50<br />

Ivi, pp. 78-79.


152<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

L’efficacia del processo educativo richiede dunque innanzitutto che ciascuno<br />

si metta in gioco e che metta in gioco le proprie esperienze di libertà<br />

(successi, fallimenti, gioie, dolori, ecc.). Di qui seguiranno poi aggiustamenti,<br />

accomodamenti e revisioni delle credenze iniziali attraverso esperienze di decentramento<br />

del Sé e di incontro con l’altro. Non la mera appartenenza a uno<br />

specifico retroterra biografico e culturale in quanto tale, ma, a partire da esso,<br />

<strong>il</strong> carattere partecipato, libero e aperto del confronto con l’altro costituisce<br />

<strong>il</strong> valore dell’educazione, così come – se estendiamo le considerazioni al di<br />

là del contesto pedagogico-educativo in senso stretto – di ogni incontro con<br />

<strong>il</strong> prossimo che si caratterizzi in senso “riflessivo” e “costruttivo”. Questo è<br />

proprio ciò che accade in una CdR f<strong>il</strong>osofica:<br />

La storia di ognuno, sebbene influente, non costituisce <strong>il</strong> punto di partenza dei<br />

percorsi di ricerca e non è direttamente l’oggetto delle riflessioni. Nella “comunità<br />

di ricerca” i vissuti personali rappresentano uno sfondo ineliminab<strong>il</strong>e e r<strong>il</strong>evante,<br />

ma non sono mai <strong>il</strong> materiale e <strong>il</strong> campo <strong>della</strong> ricerca. Quando elementi del<br />

vissuto personale affiorano e cercano spazio nel dialogo, essi vengono accolti<br />

ma non analizzati; vengono sfumati e dissolti in operazioni di generalizzazione<br />

e di distanziamento. Se ci sono carichi emotivi potenzialmente dirompenti, essi<br />

tendono a essere controllati a livello soggettivo e, quando vengono messi in circolo<br />

nella comunicazione di gruppo, sono già tradotti nel linguaggio condiviso,<br />

f<strong>il</strong>trati concettualmente e riformulati nella logica <strong>della</strong> classificazione e <strong>della</strong><br />

comprensione. In altri termini, possiamo dire che la sfera più propriamente psicologica<br />

non trova spazio direttamente nella pratica di ricerca comunitaria, ma,<br />

ciononostante, essa viene implicata. 51<br />

Lo specifico del partecipare a un’esperienza di ricerca f<strong>il</strong>osofica consiste<br />

nella capacità di fare un passo indietro rispetto alla propria biografia, senza<br />

però metterla tra parentesi. Consiste cioè nella capacità di assumere <strong>il</strong> dato personale<br />

proprio e altrui, così come la tradizione e <strong>il</strong> dato storico, ma sapendoli<br />

trascendere e generalizzare, con un’operazione di costruzione e ricostruzione<br />

sociale di senso che si discosta recisamente da un atto di mera astrazione. 52<br />

Come la pratica <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia si leva da un problema, senza esaurirsi nel mero<br />

reperimento di una soluzione di tale problema, così vale analogamente per la<br />

partecipazione <strong>riflessiva</strong>, la quale si mob<strong>il</strong>ita a partire da una libera disponib<strong>il</strong>ità<br />

del singolo a mettersi in gioco, ma al tempo stesso si scopre intrinsecamente<br />

impegnata e interessata a tematizzare <strong>il</strong> senso complessivo di tale gioco e, con<br />

ciò, a ridisegnarlo e ristrutturarlo.<br />

III.1 – Esperienze di responsab<strong>il</strong>ità <strong>riflessiva</strong> e partecipativa<br />

Per chi ha avuto la possib<strong>il</strong>ità di parteciparvi, questo è proprio quanto è possib<strong>il</strong>e<br />

sperimentare in una comunità che si pone consapevolmente ed esplicitamente<br />

51 Ivi, pp. 119-120.<br />

52 Conclude Cosentino: “la metafora dell’agorà può aiutarci ad aprire un orizzonte di esperienza<br />

di pensiero e di comunicazione [...] fortemente localizzata e, nello stesso tempo, proiettata verso<br />

l’auto-trascendimento” (ivi, p. 121).


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 153<br />

un compito di ricerca f<strong>il</strong>osofica. Personalmente, ho avuto modo di partecipare<br />

a siffatte esperienze sia in contesto scolastico, sia in contesto extrascolastico. 53<br />

In entrambi i casi la metodologia ut<strong>il</strong>izzata consisteva nella “Ph<strong>il</strong>osophy for<br />

Ch<strong>il</strong>dren” (P4C) di Lipman, la quale non è certo l’unica disponib<strong>il</strong>e “sul mercato”,<br />

ma, tra le proposte metodologicamente articolate di pratica sociale del<br />

f<strong>il</strong>osofare, è tra le più interessanti e feconde per <strong>il</strong> presente discorso.<br />

Fare esperienza di ricerca f<strong>il</strong>osofica comunitaria significa prendere posizione<br />

rispetto a se stessi e al prossimo, significa accettare di orientarsi verso<br />

pratiche di inclusione, partecipazione e cognizione condivisa che creano un<br />

contesto loro proprio, la “comunità di ricerca” appunto, che si configura come<br />

“uno schema cognitivo, al pari di un libro. Gli schemi sono strutture gestaltiche<br />

di relazioni che spingono i membri <strong>della</strong> comunità a partecipare, allo stesso<br />

modo in cui un libro interessante conduce <strong>il</strong> lettore a non abbandonare la<br />

lettura”. 54 Per un verso, la CdR incentiva la partecipazione per <strong>il</strong> fatto di costituire<br />

un ambiente motivante e stimolante. Per altro verso, la partecipazione<br />

crea la CdR, la quale si fonda sull’ascolto (operazione che richiede <strong>il</strong> decentramento<br />

del Sé, la messa tra parentesi del proprio punto di vista e l’assunzione<br />

di quello altrui) e sull’attività dialogica. 55 Il f<strong>il</strong>osofare praticato da una CdR<br />

– è stato osservato – assume un andamento “orchestrale” sim<strong>il</strong>e all’improvvisazione<br />

jazzistica. 56 Il ritmo che scandisce un dialogo f<strong>il</strong>osofico può inoltre<br />

essere avvicinato alla creazione di un’opera d’arte collettiva (e, in effetti, una<br />

delle matrici <strong>della</strong> public art contemporanea è proprio la consapevole interrelazione<br />

dell’artista con <strong>il</strong> pubblico e con <strong>il</strong> contesto). 57 Come ogni esperienza<br />

e processo umano, anche <strong>il</strong> “con-f<strong>il</strong>osofare” si caratterizza per un equ<strong>il</strong>ibrio<br />

instab<strong>il</strong>e e per un incessante dinamismo, per la sensib<strong>il</strong>ità al contesto, per la<br />

consapevolezza con cui si sa implicato in una dinamica ermeneutica circolare<br />

e per l’impegno con cui – al di là di soluzioni fac<strong>il</strong>i e rassicuranti – persegue<br />

obiettivi di costruzione e ricostruzione di senso.<br />

La partecipazione <strong>riflessiva</strong> a un processo di ricerca comunitaria è tale<br />

in quanto si accompagna alla consapevolezza <strong>della</strong> libera accettazione di un<br />

impegno e di un compito: quello di contribuire al perseguimento di determinati<br />

prodotti <strong>della</strong> ricerca, essendone dunque in qualche modo responsab<strong>il</strong>i. 58<br />

53 Nello specifico, ci si riferisce a una interessante sessione di ricerca svolta in data 20 gennaio<br />

2009 presso l’Università <strong>della</strong> Terza Età di Fossano (CN), con la partecipazione di circa 45 iscritti<br />

e due formatori del CRIF.<br />

54<br />

M. LIPMAN, Educare al pensiero, cit., p. 110. Cfr. anche A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica<br />

sociale, cit., p. 57.<br />

55 Cfr. ivi, p. 58 e p. 61.<br />

56<br />

Cfr. ivi, p. 59 e p. 118; cfr. anche N. POLLASTRI, Prospettive politiche <strong>della</strong> pratica f<strong>il</strong>osofica,<br />

cit., p. 59.<br />

57 Cfr. ad esempio Nuovi committenti: arte contemporanea, società e spazio pubblico, S<strong>il</strong>vana,<br />

Cinisello Balsamo 2008.<br />

58 Sono “prodotti <strong>della</strong> discussione i movimenti r<strong>il</strong>evanti del logos comune, le operazioni riflessive,<br />

inferenziali, inventive, i passi in avanti nella costruzione dell’identità personale e comunitaria,<br />

nel riconoscimento e nella valorizzazione reciproca dei partecipanti” (A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come<br />

pratica sociale, cit., p. 65) e ancora la definizione, <strong>il</strong> mettere alla prova una teoria, l’esame del<br />

valore di un valore, ecc.


154<br />

III.2 – La costruzione sociale dell’abitare<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

Vorrei riprendere la tesi di fondo di questo articolo cercando, per quanto possib<strong>il</strong>e,<br />

di esplicitarla ulteriormente. Ho insistito in particolare su due aspetti tra<br />

loro legati a doppia mandata: <strong>il</strong> valore aggiunto del f<strong>il</strong>osofare offerto da una<br />

CdR e la nozione di partecipazione <strong>riflessiva</strong>. Ebbene, ritengo che questi due<br />

concetti offrano un <strong>contributo</strong> interessante alla chiarificazione di problematiche<br />

culturali e politiche, quali l’odierna crisi dei sistemi politici democratici e<br />

l’inefficacia con cui essi sembrano affrontare le sfide <strong>della</strong> contemporaneità.<br />

Se <strong>il</strong> rischio corso in special modo dalle democrazie del cosiddetto mondo<br />

avanzato è di vedersi svuotare di significato sotto i colpi di forze e tendenze<br />

che riducono <strong>il</strong> “democratico” alla mera apparenza di una procedura svuotata<br />

di senso e inefficace, allora non si prof<strong>il</strong>a che un’alternativa: lavorare in<br />

vista <strong>della</strong> riattivazione di quel senso, e lavorarci in termini pragmatici e non<br />

ideologici.<br />

Per esigenza di sintesi, vorrei riferirmi a quest’operazione nei termini di un<br />

recupero del senso dell’abitare. Rispetto ad altre scelte lessicali possib<strong>il</strong>i (polis,<br />

agorà, ecc.), mi pare che <strong>il</strong> concetto di “abitare” presenti una maggiore fecondità<br />

e pregnanza. Esso mostra infatti l’intreccio costitutivo dell’umano nelle<br />

sue molteplici dimensioni, quali <strong>il</strong> politico, l’etico-individuale, l’etico-pubblico,<br />

<strong>il</strong> social-relazionale, <strong>il</strong> dialogico, l’affettivo, l’agire comunitario, ecc.<br />

L’approccio costruttivista alla questione significa in sintesi che, dinanzi<br />

all’apparente venir meno del senso (individuale o sociale), si reagisca proponendo<br />

nuove costruzioni di significato. Il fatto che precedenti orizzonti di senso,<br />

poi tramontati, non sembrassero frutto di “costruzione”, non vuol dire che in<br />

realtà non lo fossero. Il fatto è che, al netto delle <strong>il</strong>lusioni poi rivelatesi infondate,<br />

con l’avvento <strong>della</strong> “società trasparente” 59 alla tarda-modernità si sono<br />

presentate inedite opportunità conoscitive di cui abbiamo la possib<strong>il</strong>ità di far<br />

tesoro. Tra queste, spiccano in modo particolare la relatività delle culture e la<br />

costruzione sociale <strong>della</strong> conoscenza. 60 A ben vedere entrambe sono implicate<br />

nella questione, qui affrontata, <strong>della</strong> costruzione sociale dell’abitare.<br />

Quest’espressione implica <strong>il</strong> riferimento a due concetti: quello di comunità<br />

e quello di conoscenza. Per quanto riguarda <strong>il</strong> primo, oltre a quanto già<br />

richiamato, occorre dire che esso presenta varie declinazioni. Si parla infatti di<br />

comunità di discorso, di pratica, degli allievi o di apprendimento, di comunità<br />

socio-culturale e, infine, di comunità di ricerca (quest’ultima riassume in sé<br />

le altre). 61 Per quanto riguarda la nozione di conoscenza, occorre ricordare<br />

come solo a seguito di un sostanziale impoverimento concettuale essa si sia<br />

59 Cfr. G. VATTIMO, La società trasparente (1989), Garzanti, M<strong>il</strong>ano 2000 (edizione accresciuta).<br />

60 Per quanto riguarda la seconda questione, cfr. l’approccio socio-costruttivista [cfr. J. BRU-<br />

NER, La cultura dell’educazione: nuovi orizzonti per la scuola, cit.; A. COSENTINO, Costruttivismo e<br />

formazione, cit.; intervento di Maura Striano alla Tavola rotonda riportata in A. VOLPONE (a cura<br />

di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, cit., pp. 52-53; A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit.,<br />

pp. 39 e sgg.].<br />

61 Cfr. M. SANTI, “Comunità di ricerca” e democrazia del pensiero: la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”<br />

come opportunità di internalizzazione del discorso euristico, cit., p. 78.


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 155<br />

ridotta a mera conoscenza teoretica o teoria. Al contrario, la conoscenza è<br />

una questione assai più complessa:<br />

Quando si ha a che fare con le strutture <strong>della</strong> conoscenza, ossia con i paradigmi<br />

che sovrintendono alla gestione <strong>della</strong> conoscenza ordinaria, non sono in gioco<br />

soltanto fattori di ordine logico, trasparenti, comunicab<strong>il</strong>i, generalizzab<strong>il</strong>i; sono<br />

in gioco, in modo molto più r<strong>il</strong>evante, gli aloni emotivi, i rispecchiamenti sociali<br />

con i vincoli di status, gli interessi, i legami a specifici contesti; sono in gioco <strong>il</strong><br />

senso dell’identità personale e <strong>il</strong> senso generale <strong>della</strong> vita, <strong>il</strong> disagio e <strong>il</strong> benessere<br />

esistenziali. 62<br />

Posto che la costruzione sociale dell’abitare e i concetti di comunità e<br />

conoscenza in essa implicati si configurano sostanzialmente come processi e<br />

pratiche che hanno effettivamente luogo, ci si può a questo punto domandare<br />

quale valore aggiunto possa essere loro apportato dal f<strong>il</strong>osofare.<br />

Data la relazione di mutua implicazione tra teoria e prassi, e alla luce<br />

del fatto che la conoscenza si origina sempre in rapporto a una situazione<br />

problematica da riequ<strong>il</strong>ibrare, ecco che lo spazio e la possib<strong>il</strong>ità per la ricerca<br />

f<strong>il</strong>osofica possono individuarsi in una pratica comunitaria di riflessione e autoriflessione<br />

condotta alla luce di una concezione costruttivista e contestualista,<br />

“secondo la quale la verità di un concetto o di un enunciato non si misura<br />

sulla sua efficacia a rappresentare una presunta dimensione ontologica, bensì<br />

sulla sua condivisib<strong>il</strong>ità e <strong>il</strong> suo ‘uso’ all’interno di un contesto discorsivo e<br />

nell’orizzonte di praticab<strong>il</strong>ità relativo alle forme di vita in cui gli interlocutori<br />

sono collocati”. 63 Non posso qui articolare alcune riserve rispetto a una siffatta<br />

concezione, che a mio avviso insiste troppo un<strong>il</strong>ateralmente sull’istanza<br />

costruttivista del conoscere a scapito di quella – del pari fondamentale – ontologica.<br />

64 Una tale deviazione ci porterebbe fuori tema.<br />

Le righe appena citate insistono però su un punto importante: suscitata<br />

dalla prassi, la conoscenza è impegnata a reperire soluzioni praticab<strong>il</strong>i per<br />

l’esistenza individuale e comunitaria. R<strong>il</strong>evo, en passant, una certa vicinanza<br />

di intenti con alcuni pensatori che, qualche decennio fa, ambivano a riab<strong>il</strong>itare<br />

la f<strong>il</strong>osofia pratica, in quanto dotata di una forma specifica di razionalità. Com’è<br />

noto, queste riflessioni si radicavano a loro volta in istanze squisitamente<br />

ermeneutiche, quali la critica del paradigma oggettivante <strong>della</strong> verità come<br />

adaequatio, la figura originariamente circolare del comprendere e l’impossib<strong>il</strong>ità<br />

del soggetto di giungere a una completa autochiarificazione. Per non<br />

dire dei risultati che ne sarebbero derivati, ad esempio, per <strong>il</strong> recupero del<br />

valore <strong>della</strong> tradizione, <strong>della</strong> storicità del comprendere e <strong>della</strong> r<strong>il</strong>evanza etica<br />

del f<strong>il</strong>osofare.<br />

Relativamente alla costruzione sociale dell’abitare, la pratica <strong>della</strong> f<strong>il</strong>osofia<br />

può dunque richiamare l’attenzione all’impegno di ricerca dinanzi ai problemi<br />

62 A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 47.<br />

63 Ivi, pp. 61-62.<br />

64<br />

In altri autori, tra cui lo stesso G. Bateson, l’impostazione sembra essere più equ<strong>il</strong>ibrata (cfr.<br />

G. BATESON, Verso un’ecologia <strong>della</strong> mente, cit.).


156<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

dell’esistere individuale e collettivo. Tale compito non si esaurisce in mere<br />

discussioni fini a se stesse, ma in dialoghi in cui ciascuno apporta <strong>il</strong> proprio<br />

<strong>contributo</strong> in termini di riflessione, dialoghi che inaugurano forme e st<strong>il</strong>i di<br />

vita riflessivi e innovativi, confronti che hanno la forza di incidere sulla prassi<br />

e di procedere a una “ristrutturazione” del senso individuale e sociale dello<br />

stare al mondo. 65 La pratica sociale del f<strong>il</strong>osofare richiede la partecipazione<br />

responsab<strong>il</strong>e e <strong>riflessiva</strong> dei membri di una comunità. Questo però non può<br />

limitarsi al partecipare per <strong>il</strong> mero gusto di partecipare (o al presenzialistico<br />

“esserci per l’esserci”), deriva che l’attuale società dell’immagine sembra aver<br />

imboccato con particolare convinzione.<br />

Il valore aggiunto del f<strong>il</strong>osofico può portare un <strong>contributo</strong> eversivo proprio<br />

a questo livello: può incoraggiare forme di partecipazione alternative, più costruttive<br />

e responsab<strong>il</strong>i, vale a dire forme di partecipazione contrassegnate da<br />

un più rigoroso impegno di riflessione e soggette in misura minore alle mode<br />

culturali e politiche del momento.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

ARENDT H., Vita activa. La condizione umana (1958), Bompiani, M<strong>il</strong>ano 2000 8 .<br />

BATESON G., Verso un’ecologia <strong>della</strong> mente (1972), Adelphi, M<strong>il</strong>ano 2004 21 .<br />

BEBBER A., Ripensare <strong>il</strong> politico: H. Arendt e la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”. Aspetti<br />

politici <strong>della</strong> “comunità di ricerca” alla luce del pensiero arendtiano, in A.<br />

VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, cit., pp. 95-109.<br />

BRONFENBRENNER U., Ecologia dello sv<strong>il</strong>uppo umano (1979), Mulino, Bologna 1986.<br />

BRUNER J., La cultura dell’educazione: nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano<br />

1996.<br />

CARLETTO S. e FRANZINI TIBALDEO R. (a cura di), Il globo e spada. Scenari futuri dell’Europa<br />

unita, Medusa, M<strong>il</strong>ano 2004.<br />

CASARIN P., Valenze formative e potenzialità emancipative delle pratiche f<strong>il</strong>osofiche,<br />

in A. COSENTINO (a cura di) Pratica f<strong>il</strong>osofica e professionalità <strong>riflessiva</strong>, cit.,<br />

pp. 104-122.<br />

ID., Prospettive libertarie nel movimento educativo <strong>della</strong> “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”,<br />

in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, cit., pp. 117-125.<br />

CIAFFI, D. e MELA A., La partecipazione. Dimensioni, spazi, strumenti, Carocci, Roma<br />

2006.<br />

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE (CCE), Libro bianco sulla governance europea,<br />

2001.<br />

COSENTINO A., Costruttivismo e formazione, Liguori, Napoli 2002.<br />

ID. (a cura di), F<strong>il</strong>osofia e formazione. 10 anni di Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren in Italia<br />

(1991-2001), Liguori, Napoli 2002.<br />

ID., Effetti emancipativi <strong>della</strong> comunità di ricerca, «Pratiche f<strong>il</strong>osofiche / Ph<strong>il</strong>osophy<br />

Practice», 3, 2004, pp. 45-50.<br />

65 Cfr. A. COSENTINO, F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale, cit., p. 49.


<strong>Partecipazione</strong> <strong>riflessiva</strong>: <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e <strong>contributo</strong> dell’etica <strong>della</strong> responsab<strong>il</strong>ità 157<br />

ID. (a cura di), Pratica f<strong>il</strong>osofica e professionalità <strong>riflessiva</strong>, Liguori, Napoli 2005.<br />

ID., La pratica del f<strong>il</strong>osofare per lo sv<strong>il</strong>uppo di una professionalità <strong>riflessiva</strong>, in ivi,<br />

pp. 9-45.<br />

ID., F<strong>il</strong>osofia come pratica sociale. Comunità di ricerca, formazione e cura di sé,<br />

Apogeo, M<strong>il</strong>ano 2008.<br />

ID., F<strong>il</strong>osofia e democrazia, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società,<br />

cit., pp. 69-76.<br />

DAL LAGO A., Il business del pensiero. La consulenza f<strong>il</strong>osofica tra cura di Sé e terapia<br />

degli altri, Manifesto Libri, Roma 2007.<br />

DEWEY J., Democrazia ed educazione (1916), La Nuova Italia, Firenze 1992.<br />

ID., Comunità e potere (1927), La Nuova Italia, Firenze 1971.<br />

ID., Come pensiamo (1933), La Nuova Italia, Firenze 1961.<br />

GADAMER H.-G., Verità e metodo (1960), Bompiani, M<strong>il</strong>ano 1983.<br />

GUCCIONE MONROY A., Introduzione a: J. DEWEY, Come pensiamo, cit., pp. 1-53.<br />

JONAS H., Agostino e <strong>il</strong> problema paolino <strong>della</strong> verità. Studio f<strong>il</strong>osofico sulla disputa<br />

pelagiana (1930), Morcelliana, Brescia 2007.<br />

ID., Il principio responsab<strong>il</strong>ità. Un’etica per la civ<strong>il</strong>tà tecnologica (1979), Einaudi,<br />

Torino 1990, 1993 2 .<br />

LIPMAN M., Pratica f<strong>il</strong>osofica e riforma dell’educazione. La f<strong>il</strong>osofia con i bambini,<br />

«Bollettino SFI», 135, 1988; ora in: A. COSENTINO (a cura di), F<strong>il</strong>osofia e formazione.<br />

10 anni di Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren in Italia (1991-2001), cit., pp. 11-27.<br />

ID., Orientamento al valore (caring) come pensiero, «Inquiry», 15, 1995; poi in:<br />

«Comunicazione f<strong>il</strong>osofica», 3; ora in: A. COSENTINO (a cura di), F<strong>il</strong>osofia e<br />

formazione. 10 anni di Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren in Italia (1991-2001), cit., pp.<br />

29-46.<br />

ID., Educare al pensiero, Vita e Pensiero, M<strong>il</strong>ano 2005.<br />

ID., and SHARP A. M., Some educational presuppositions of Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren,<br />

in «Oxford Review of Education», 4, 1978, pp. 40-58.<br />

MARTENS E., F<strong>il</strong>osofare con i bambini. Un’introduzione alla f<strong>il</strong>osofia (1999), Bollati<br />

Boringhieri, Torino 2007.<br />

MORIN E., Il paradigma perduto: che cos’è la natura umana? (1973), Bompiani, M<strong>il</strong>ano<br />

1974; poi, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano 1994, 1999.<br />

ID., Le vie <strong>della</strong> complessità (1985), in AA.VV., La sfida <strong>della</strong> complessità, Feltrinelli,<br />

M<strong>il</strong>ano 1985.<br />

ID., Le idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi (1991), Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano<br />

1993.<br />

Introduzione al pensiero complesso (1991), Sperling & Kupfer, M<strong>il</strong>ano 1995.<br />

Nuovi committenti: arte contemporanea, società e spazio pubblico, S<strong>il</strong>vana, Cinisello<br />

Balsamo 2008.<br />

POLLASTRI N., Il pensiero e la vita. Guida alla consulenza e alle pratiche f<strong>il</strong>osofiche,<br />

Apogeo, M<strong>il</strong>ano 2004.<br />

ID., Prospettive politiche <strong>della</strong> pratica f<strong>il</strong>osofica, in «Humana.mente», 7, 2008, pp.<br />

19-33.<br />

PULVIRENTI F., Responsab<strong>il</strong>ità e formazione. Epistemologie personali in reti d’incontro:<br />

Bateson, Lipman, Novak, ETS, Pisa 2004.


158<br />

Roberto Franzini Tibaldeo<br />

ID., La pratica f<strong>il</strong>osofica come assunzione di responsab<strong>il</strong>ità individuale, sociale e<br />

politica, in A. VOLPONE (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, cit., pp. 111-<br />

116.<br />

RICOEUR P., Dell’interpretazione. Saggio su Freud (1965), Saggiatore, M<strong>il</strong>ano 1967.<br />

ID., Il conflitto delle interpretazioni (1969), Jaca Book, M<strong>il</strong>ano 1977.<br />

RIEDEL M., Rehab<strong>il</strong>itierung der praktischen Ph<strong>il</strong>osophie, Rombach, Freiburg 1972-<br />

1974.<br />

SANTI M. (a cura di), Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren: un curricolo per imparare a pensare,<br />

Liguori, Napoli 2005.<br />

ID., “Comunità di ricerca” e democrazia del pensiero: la “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”<br />

come opportunità di internalizzazione del discorso euristico, in A. VOLPONE (a<br />

cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, cit., pp. 77-93.<br />

SHARP A. M., F<strong>il</strong>osofia per i bambini: educare un giudizio migliore, in M. SANTI (a<br />

cura di) Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren: un curricolo per imparare a pensare, cit.,<br />

pp. 29-44.<br />

ID., “Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren”. Un percorso educativo attraverso la f<strong>il</strong>osofia, intervista<br />

biografico-teorica a cura di STRIANO M. e OLIVERIO S., «Iride», 20, 2007,<br />

pp. 249-269.<br />

SINI C., F<strong>il</strong>osofia e scrittura, Laterza, Roma-Bari 1994.<br />

STRIANO M., Insegnare a pensare. Un’esperienza di formazione a pensare <strong>il</strong> pensiero,<br />

in A. COSENTINO (a cura di), F<strong>il</strong>osofia e formazione. 10 anni di Ph<strong>il</strong>osophy for<br />

Ch<strong>il</strong>dren in Italia (1991-2001), cit., pp. 137-147.<br />

ID., F<strong>il</strong>osofia e costruzione <strong>della</strong> conoscenza nei contesti di formazione, in M. SANTI<br />

(a cura di) Ph<strong>il</strong>osophy for Ch<strong>il</strong>dren: un curricolo per imparare a pensare,<br />

cit., pp. 45-61.<br />

VATTIMO, G., La società trasparente (1989), Garzanti, M<strong>il</strong>ano 2000 (edizione accresciuta).<br />

VISALBERGHI A., Insegnare ed apprendere. Un approccio evolutivo, La Nuova Italia,<br />

Firenze 1988.<br />

VOLPONE A. (a cura di), F<strong>il</strong>osofare, politica e società, Liguori, Napoli 2008.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!