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distinse Teodoro in mezzo agli altri e lo abbracciò per primo. Dopo aver pregato,<br />
sedette e disse loro: «Come sta il vero Israelita, in cui non è inganno, nostro padre<br />
Orsiesi, con gli altri fratelli?». Teodoro rispose: «Grazie all’aiuto di Dio e alle tue sante<br />
preghiere stiamo tutti bene. Anche il nostro santo padre e quelli che sono con lui ti<br />
salutano». Prese allora le redini dell’asino dell’arcivescovo, per accompagnarlo, ma<br />
quello glielo impedì. Teodoro disse allora all’arcivescovo: «Santo padre, lasciatemi<br />
fare. Non è forse per noi un favore il poter fare atto di sottomissione a colui che spesso è<br />
morto per noi, a motivo della conservazione della fede di Cristo?». Allora l’arcivescovo<br />
gli permise di prendere le redini. Poi i fratelli, circa un centinaio, lo precedettero<br />
cantando.<br />
L’arcivescovo vide che nostro padre Teodoro, ardente per lo Spirito Santo che abitava<br />
in lui, procedeva con grande slancio e coraggio, non si curava della folla che lo<br />
schiacciava, né della fiamma ardente di molte fiaccole che lo bruciavano. Disse allora ai<br />
vescovi del suo seguito: «È forse conveniente chiamarci padri del mondo? No davvero.<br />
Ecco i nostri padri, che hanno l’umiltà e la sottomissione secondo Dio. Sono davvero<br />
sempre felici e benedetti coloro che portano la croce, che sono celebrati per l’umiltà, e il<br />
cui riposo seguirà le pene, in attesa di ricevere la corona immortale». Lo precedettero<br />
cantando, finché non lo introdussero nella chiesa della città di Smoun. Pregò poi per la<br />
folla che lo accompagnava e ciascuno fece ritorno a casa. Teodoro e i fratelli ricevettero<br />
la benedizione dell’arcivescovo e si recarono nei vicini monasteri per prendervi un po’<br />
di riposo.<br />
202. L’arcivescovo passò alcuni giorni in queste città, esortando mediante la parola di<br />
Dio. Salì poi, con il seguito, ai monasteri di Nouoi e di Kahior per vedere<br />
l’organizzazione dei fratelli. Entrato, ne osservò la discrezione, l’affabilità, lo stato<br />
perfetto, la tranquillità di vita: se ne rallegrò vivamente e glorificò il Signore. Andò in<br />
chiesa, preceduto dai fratelli che cantavano, e pregò; fu poi condotto al refettorio, nelle<br />
dimore e nelle celle; in tutte pregò. Fu preso d’ammirazione per le loro istituzioni e per<br />
l’abitudine di dormire per terra: benedisse Dio, rendendo omaggio alla vita e alle<br />
pratiche dei fratelli. Poi l’arcivescovo disse al nostro padre Teodoro: «Avete davvero<br />
istituito una cosa grande ed unica nel mondo: darà pace a chiunque verrà a voi».<br />
Teodoro rispose all’arcivescovo: «Questo grande favore di Dio ci è stato fatto per il<br />
defunto nostro padre; e soprattutto grazie alle tue sante preghiere, mio signore e padre.<br />
Il Signore sa che, quando abbiamo visto la tua santità, è come se avessimo visto nostro<br />
Signor Gesù Cristo nella Gerusalemme celeste, per la nostra grande fede in te: tu sei il<br />
nostro padre».<br />
L’arcivescovo trascorse alcuni giorni in questo monastero, rendendosi utile ai fratelli<br />
con la parola di Dio. Disse poi a Teodoro: «Se Dio vuole, desideriamo passare alcuni<br />
giorni in questo luogo: la santa Pasqua della nostra salvezza si avvicina. Prendi questa<br />
nostra lettera per Orsiesi: venga anche lui da noi, perché possiamo ricevere la sua santa<br />
benedizione. Vai pure a prenderti cura dei monasteri, come sei solito fare».<br />
203. Venuta la sera, il nostro padre Teodoro si sedette per rivolgere ai fratelli la parola<br />
di Dio. Disse poi ai fratelli della barca: «L’arcivescovo ha detto che passerà qui qualche<br />
giorno, prima di venire a sud a visitarci. Vi prego perciò di mettervi a sua disposizione<br />
con la barca, nel caso ne avesse bisogno; dopo Dio, è lui il nostro padre. Non è solo