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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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comunità di Pbow e degli altri monasteri. Dirigeva anche il convento delle monache<br />

riunite nel nome di Dio, mediante un padre giusto, che aveva designato come superiore:<br />

vigilava su di loro santamente, secondo le regole del defunto padre nostro Pacomio.<br />

196. In questo modo, Teodoro incoraggiava i fratelli con la parola e la perfetta dottrina<br />

dell’uomo giusto, il nostro padre Pacomio, durante i giorni della Pasqua del Signore.<br />

Regolava tutti i loro affari conformemente alle tradizioni del nostro padre Pacomio,<br />

mentre celebravano la festa della santa Resurrezione di nostro Signor Gesù Cristo. Poi<br />

pregò per loro e li rimandò in pace, non senza aver spostato da un convento all’altro un<br />

buon numero di fratelli, nell’interesse della loro salvezza.<br />

I fratelli, che fungevano da interpreti per tradurre in greco le sue parole a coloro che non<br />

comprendevano l’egiziano – c’erano anche alcuni stranieri e degli alessandrini – dopo<br />

averlo udito parlare spesso degli esercizi ascetici del nostro padre Pacomio, scrissero<br />

per gli altri tutto ciò che raccontava. Il nostro padre Teodoro, quando cessava di<br />

intrattenerli su Pacomio e di lodarlo per i suoi sforzi eroici, sospirando diceva:<br />

«Ascoltate attentamente ciò che vi dico: verrà certamente il tempo in cui non troverete<br />

nessuno che possa parlarvene».<br />

Arricchimento dei monasteri<br />

197. Nostro padre Teodoro era sempre desolato davanti al Signore; temeva che qualche<br />

anima, a lui affidata, si perdesse. Insegnava ai fratelli ad abbandonare le opere malvagie<br />

e a praticare il bene davanti al Signore. Quando si accorse che, con il pretesto del vitto e<br />

dei bisogni materiali, i monasteri si arricchivano di molti terreni, bestiame, barche, e, in<br />

breve, di molti beni, ne fu fortemente rattristato: capiva chiaramente che i passi di molti<br />

erano scivolati fuori della retta via a causa dei beni e delle vane preoccupazioni di<br />

questo mondo. Volle allora andare ancora a Seneset, dal nostro padre Orsiesi, per<br />

chiedergli consiglio. Spinto dall’ardore dei sentimenti, partì di notte, accompagnato da<br />

due fratelli, e si diresse a Seneset. Appena giunto, abbracciò Orsiesi in mezzo ad<br />

abbondanti lacrime: anche Orsiesi piangeva. Teodoro prese poi Orsiesi per mano, lo<br />

condusse in disparte e, con gli occhi pieni di lacrime, gli disse: «Padre, santo e<br />

venerabile, sei tu che mi hai imposto queste preoccupazioni da parte del Signore, e sai<br />

che fino a questo momento ho fatto tutto il possibile. Sai anche che non ho fatto niente<br />

senza il tuo consenso; siamo infatti un solo corpo, una sola anima e un solo spirito,<br />

secondo Dio, in tutto. Ti chiedo ora, che cosa devo fare in mezzo a questi grandi beni<br />

accumulati. Sappiamo che in essi non c’è alcun giovamento». Dicendo ciò, era triste:<br />

avrebbe desiderato che i beni fossero molto meno. Nostro padre Orsiesi disse: «È il<br />

Signore che ha benedetto la congregazione e l’ha fatta diffondere; è ancora lui che ha il<br />

potere di ridurla, secondo i suoi eccellenti comandi e le sue decisioni giuste e rette».<br />

Teodoro rispose ad Orsiesi: «È giusto: tutto ciò che mi dirai farò ed osserverò, come se<br />

me lo avesse detto il Signore». Levatosi, pregò per lui e lo lasciò pieno di tristezza; si<br />

recò verso sud a Pbow, dai fratelli che vi abitavano.<br />

198. Teodoro rimase così accasciato che spesso esclamava verso il Signore,<br />

supplicandolo tra le lacrime: «Signore mio Gesù Cristo, ti supplico di prendere la mia<br />

anima. Non voglio più vedere anime che vanno alla deriva a causa dei beni materiali e<br />

delle vane preoccupazioni di questo mondo». Spesso indossava abiti di crine, saliva

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