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giorno, il 25 di epip. I fratelli passarono tutta la notte a leggere e a recitare salmi intorno<br />
a lui fino all’ora della sinassi. Offrirono per lui la prosfora lo portarono alla montagna<br />
vicina, e lo seppellirono pregando per la sua anima. Ciascuno tornò poi a casa sua<br />
pensando con tristezza alle consolazioni che il santo anziano apa Palamone aveva dato.<br />
Molti dicevano: «Siamo diventati orfani». Pacomio, per parte sua, tornò a sud verso la<br />
propria casa, benedicendo Dio, ma con tristezza e sospiri a causa della morte del<br />
sant’uomo; di nuovo si dedicò a penitenze sempre più grandi.<br />
Pacomio e il fratello Giovanni<br />
18. Quando Giovanni, suo fratello maggiore, seppe che Pacomio viveva solo in qualche<br />
luogo, salì sulla barca e venne al nord da lui – non si erano più visti dal giorno in cui<br />
Pacomio era stato arruolato –. Raggiuntolo a Tabennesi, Giovanni lo abbracciò.<br />
Pacomio gli rivolse la Parola di Dio e lo fece diventare monaco presso di sé. Vivevano<br />
in grandi opere ascetiche portando la croce di Cristo, secondo la parola dell’apostolo<br />
Paolo: Portiamo continuamente nel nostro corpo la morte di Gesù, affinché la vita di<br />
Gesù si manifesti nel nostro corpo mortale.<br />
Camminavano in grande rinuncia; donavano tutto ciò che guadagnavano con i lavori<br />
manuali, salvo lo stretto necessario. Si procurarono un abito monastico, cioè una tonaca,<br />
che divisero in due e ne fecero degli abiti, perché quelli che portavano non erano più<br />
buoni a nulla; comprarono anche delle cocolle. Possedevano, inoltre, un mantello in<br />
comune. Ogni volta che la tonaca era sporca, a turno rivestivano il piccolo mantello,<br />
finché le tonache fossero lavate poi le indossavano di nuovo.<br />
Vivevano tutti e due in mezzo a grandi rinunce, senza tenere nulla in riserva, tranne due<br />
pani al giorno e un po’ di sale. Portavano anche vesti di crine. Si chiudevano in luoghi<br />
afosi, pregavano dalla sera alla mattina, e si mortificavano durante la preghiera, non<br />
muovendo né piedi né mani, che tenevano tese per paura che il sonno pesasse su di loro;<br />
sempre per combattere il sonno. di notte si mettevano raramente in ginocchio, sicché i<br />
loro piedi si gonfiavano a causa della fatica di tenersi dritti tutta la notte; le loro mani<br />
poi erano insanguinate, perché non le sottraevano ai nugoli di zanzare. Se avevano<br />
bisogno di appisolarsi un po’, si sedevano in mezzo al luogo dove pregavano, senza<br />
appoggiare il dorso contro alcuna parete. Se erano occupati durante il giorno in un<br />
lavoro materiale, e se il sole e la grande calura si levavano su di loro, non cambiavano<br />
posto prima di aver terminato il lavoro che stavano facendo compiendo la parola del<br />
Vangelo: Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi<br />
segua.<br />
19. Pacomio e suo fratello si misero ad ampliare la loro dimora, per disporla a forma di<br />
un piccolo monastero, secondo la regola che gli era stata data di ricevere chiunque<br />
venisse a visitarlo e si fermasse a vivere la vita anacoretica presso di lui. Mentre<br />
costruivano le mura del monastero, mentre Pacomio voleva allargare lo spazio, in vista<br />
di tutta la gente che doveva venire da lui, Giovanni, al contrario, non aveva altra idea<br />
che quella di vivere da soli la vita anacoretica. Quando Pacomio vide che Giovanni<br />
distruggeva il muro che egli aveva appena edificato, gli disse: «Giovanni, non fare lo<br />
sbadato e smettila di stringere il muro!». Allora Giovanni fu preso da un moto di rabbia<br />
Pacomio, visto il suo malumore per queste parole, chiese subito scusa: «Ho sbagliato,