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prodi. Infatti, dice: Erano tre che camminavano bene e ancora: Nessuno si arroghi<br />
l’onore, ma chi è stato chiamato da Dio; e ancora: Essa è stata trasferita, è passata a<br />
mio fratello da parte di Dio...».<br />
133. In seguito, arrivò ai fratelli, da parte di apa Antonio una lettera che li consolava.<br />
Diceva: «Tengo ad informarvi, fratelli, che quando ho appreso che era morto apa<br />
Petronio, lui che era stato posto a capo della congregazione dal nostro padre Pacomio,<br />
mi sono afflitto, temendo che i fratelli diventassero orfani. Mentre ero ancora immerso<br />
in grande tristezza, venni a sapere che Dio aveva suscitato nella sacra congregazione un<br />
altro padre potente, di nome Orsiesi, capace di prendersi cura delle vostre anime e dei<br />
vostri corpi, grazie allo Spirito di Dio che abita in lui. Nella vostra pietà, si trova<br />
compiuta la parola di nostro Signore: Non vi lascerò orfani, tornerò a voi. Ora dunque,<br />
santi fratelli, non chiamatelo Orsiesi, ma l’Israelita cioè colui che vede Dio attraverso<br />
gli occhi interiori come attraverso quelli esteriori. Voi dunque fratelli, siate felici,<br />
perché Dio vi ha resi degni di un padre potente nello Spirito di Dio. Pregate dunque il<br />
Signore, Dio del nostro padre Pacomio, perché vi rinsaldi nella sua pace, e perché gli<br />
siate sottomessi con tutti i santi. A tutti voi, salve!».<br />
In seguito, scrisse un’altra lettera all’atleta di Cristo Teodoro, invitandolo a consolare<br />
anche lui i fratelli, con parole gioviali, della morte sia del loro padre, sia di colui che<br />
aveva stabilito come suo successore. Diceva così: «Non ho bisogno di scriverti,<br />
riguardo ai fratelli che stanno da te, perché Dio ha dato riposo, ricevendoli nella<br />
gloriosa dimora, al loro padre e a colui che aveva stabilito come suo successore. Noi<br />
siamo stati nel dolore per loro, chiedendoci se la congregazione non stava per<br />
disgregarsi, o se i fratelli non diventavano orfani; poi, grazie alle tue preghiere, abbiamo<br />
saputo che apa Petronio aveva stabilito un altro al suo posto, cioè Orsiesi. E noi<br />
abbiamo grande fiducia che questi diventerà un grande luminare della congregazione, e<br />
che molti riceveranno consolazione, forza ed edificazione dalle sue labbra e dalle parole<br />
di grazia, che il Signore vi porrà. Ebbene, costui noi vogliamo chiamarlo l’Israelita. Noi<br />
invitiamo dunque la tua Eminenza a consolare i fratelli che stanno presso di te, e ad<br />
inculcare loro fiducia in apa Orsiesi. Soddisfa in tutto i loro bisogni. Prega per noi, luce<br />
inestinguibile, fonte di intelligenza, orgoglio dei santi. Salve!».<br />
134. Quando arrivò ad Alessandria la lettera che apa Antonio aveva scritto loro per<br />
consolarli, apa Teodoro, apa Zaccheo e gli altri fratelli furono molto contenti, tanto più<br />
che aveva scritto anche all’arcivescovo, padre della fede, per raccomandarli come figli<br />
dell’Israelita, e perché li trattasse con grande benevolenza. I fratelli dissero ad apa<br />
Teodoro: «Siamo beati, poiché meritiamo che questi grandi luminari si interessino di<br />
noi, e si prendano cura delle nostre anime, per il loro grande affetto verso il nostro<br />
padre». Apa Teodoro rispose: «Le pene e le lacrime del nostro padre e quelle del santo<br />
apa Petronio diventano per noi ambasciatori, in ogni luogo; di più, ecco che il nostro<br />
padre Orsiesi diventerà anch’egli il vivificatore delle nostre anime. Vi assicuro che ho<br />
sentito dire dal nostro padre, ed anche gli anziani di quel tempo l’intesero: Attualmente,<br />
nella nostra generazione d’Egitto vedo tre cose di capitale importanza, che prosperano<br />
con l’aiuto di Dio e degli uomini: la prima è il beato atleta, il santo papa Atanasio,<br />
arcivescovo di Alessandria, che combatte fino alla morte per la fede. La seconda è il<br />
nostro santo apa Antonio, che è la forma perfetta della vita anacoretica. La terza è<br />
questa congregazione, modello per chiunque voglia riunire delle anime secondo Dio,