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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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suo interesse secondo Dio; non ho mai reso a nessuno male per male; non ho mai<br />

insultato nessuno che mi avesse insultato, per impazienza o per rabbia, ma lo istruivo<br />

piuttosto con pazienza, dicendo: Che tu pecchi contro di me che sono un uomo, non<br />

importa; solo, guardati, dal peccare contro Dio che ti ha creato. Non mi sono mai<br />

indignato, quando qualcuno mi rivolgeva rimproveri, al contrario, accettavo i suoi<br />

rimproveri per Dio, come se fosse il Signore a rivolgermeli; né, quand’ero sul punto di<br />

partire per una località o monastero, ho mai chiesto, quale detentore d’autorità: Datemi<br />

un asino, che lo monti, al contrario, me ne andavo a piedi con riconoscenza ed umiltà;<br />

se uno di voi, quando ero per strada, mi correva dietro con un asino perché lo montassi,<br />

se sapevo che il mio corpo era sofferente, e che era un caso di necessità, lo prendevo;<br />

ma quando mi sapevo esente da malattia, non l’accettavo. Quanto al mangiare, al bere,<br />

agli unguenti, e alle soddisfazioni corporali, voi sapete che non ne ho avuta alcuna,<br />

come vi ho detto prima».<br />

Mentre il nostro padre diceva queste cose, Teodoro era seduto a poca distanza, con il<br />

corpo raccolto tra le gambe, e piangeva; molti altri fratelli piangevano, conoscendo il<br />

modo servizievole con cui agiva senza tregua verso tutti, e la grande umiltà mediante la<br />

quale si faceva servitore di ciascuno di loro nel timore del Signore come dice Paolo:<br />

Siamo diventati come fanciulli in mezzo a voi; come una nutrice riscalda i suoi piccoli,<br />

vi avremmo dato volentieri non solo il Vangelo, ma anche l’anima, tanto ci eravate<br />

diventati cari. Il nostro padre Pacomio, mentre diceva questo, giaceva malato; era il<br />

terzo giorno che passava senza mangiare. Tutti piangevano perché una grande disgrazia<br />

li avrebbe colpiti, se il Signore l’avesse visitato.<br />

Morte di Pafnuzio<br />

119. Apa Pafnuzio, economo generale dei monasteri e fratello di apa Teodoro, era<br />

ugualmente malato; la sera del sabato della festa del Signore, morì. Subito il nostro<br />

padre Pacomio si ricordò della parola dell’angelo: «Sarà portata via una grossa vittima<br />

nella tua casa, il giorno della festa».<br />

Numerosi fratelli morirono di quella malattia, al punto che ogni giorno ne moriva uno,<br />

certi giorni due, altri giorni tre o quattro. Queste morti avvenivano in tutte le comunità<br />

dei fratelli per ordine del Signore, ed anche molti igumeni dei monasteri soccombettero.<br />

Nel momento in cui la febbre li assaliva, subito cambiavano colore, i loro occhi si<br />

iniettavano di sangue, e diventavano come uomini strangolati, finché non rendevano lo<br />

spirito. Morirono apa Pafnuzio, economo generale dei monasteri e fratello di apa<br />

Teodoro, apa Sourous, igumeno del monastero di Pnoum apa Cornelio, igumeno del<br />

monastero di Thmousons. Il numero totale di coloro che morirono di questa malattia fu,<br />

per quelli che morirono a Pbow, di circa centotrenta uomini.<br />

Morte di Pacomio<br />

120. Nostro padre Pacomio, durante la lunga malattia, era servito da apa Teodoro – da<br />

quaranta giorni era malato e ricoverato nel locale dove si trovavano tutti i fratelli malati<br />

–; era curato in tutto come gli altri fratelli, senza che vi fosse la minima differenza tra<br />

lui e loro, secondo le raccomandazioni che egli aveva fatto precedentemente. Se il suo<br />

corpo era indebolito per la lunga malattia, nondimeno il suo spirito e i suoi occhi

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