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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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penitenza per i tuoi peccati? Ora, dunque, vai subito a farti monaco presso Pacomio in<br />

Tabennesi e abbi cura della tua anima, prima di morire e di venire gettato nei tormenti a<br />

causa dei tuoi peccati. Ebbene, reverendo padre, eccomi: vengo a te con l’intenzione di<br />

farmi monaco». Il nostro padre Pacomio disse: «Ci rallegriamo con te perché tu desideri<br />

salvarti, secondo la voce udita dal Signore. Quando avremo veduto che tu procedi nel<br />

modo che ti avrò raccomandato, sarò disposto a prendermi cura di te, come un padre,<br />

secondo quanto esige la tua salvezza. Soltanto, non avere nessuna preoccupazione di<br />

questo mondo, se non il pensiero di Dio e il suo timore nel cuore, e impegnati<br />

unicamente per la salvezza dell’anima». L’uomo rispose: «Quando mi avrai messo alla<br />

prova, credo che Dio ti darà ogni sicurezza su di me, grazie alle tue sante preghiere,<br />

reverendo padre». Il nostro padre Pacomio lo fece immediatamente monaco.<br />

Quest’uomo, entrato nel monastero, vide l’impegno dei fratelli, la loro umiltà secondo<br />

Dio, il loro amore per Lui, e si dedicò anche lui a numerosi esercizi ascetici, a grandi<br />

digiuni e a veglie, umiliandosi come un bambino ingenuo e senza malizia. Se qualcuno<br />

gli rivolgeva una parola dura, lo colpiva o lo insultava, non se ne affliggeva né si<br />

irritava. Diceva tra sé: «Anch’io nella vita passata ho irritato il Signore con le cattive<br />

azioni che commettevo, ed egli non mi rendeva il contraccambio; anzi, mi ha fatto<br />

piuttosto del bene, avendomi riportato sulla via della vita; ed ecco, non saprei<br />

sopportare una piccola pena o un rimprovero rivoltomi! Non saprei sopportare che un<br />

mio fratello mi faccia questo!». Quando vedeva dei fratelli discutere o litigare, si<br />

presentava ad essi con grande umiltà, dicendo: «Perdonatemi, fratelli, sono io che ho<br />

sbagliato». Subito quelli si mettevano a ridere e cessavano di discutere.<br />

116. Nella comunità, viveva pure a quell’epoca un fratello anziano eremita; era in<br />

mezzo ai fratelli, e digiunava un giorno ogni due o tre, portando per tutta la vita una<br />

tunica di sacco, e non mangiando nient’altro che pane o sale. Tuttavia, se un fratello gli<br />

dava pena in qualche modo, lo odiava e conservava contro di lui un continuo<br />

risentimento, fino a rendergli male per male.<br />

Erano tutti e due morti quando il nostro padre Pacomio, come abbiamo raccontato, fu<br />

rapito nel secolo futuro. Vide il giovane sempliciotto, che aveva passato quattro mesi<br />

nell’ascesi, immerso in grande gioia e allegria. Questi, visto il nostro padre Pacomio che<br />

avanzava con l’angelo che lo informava sulla bellezza dell’altro secolo, gli corse<br />

incontro e lo tirò a sé dicendo: «Vieni a vedere la condizione in cui il Signore mi ha<br />

posto, grazie ai buoni insegnamenti con i quali mi hai insegnato a camminare, o mio<br />

santo padre». E gli mostrava i giardini, con i frutti che rimanevano incorruttibili, e il suo<br />

luogo di residenza e le case ivi costruite, di una bellezza inesprimibile: tutto era pieno<br />

della gloria del Signore. Mostrò tutta la sua residenza all’uomo di Dio, questi si rallegrò<br />

fortemente per lui.<br />

Dopo di ciò, un po’ fuori del Paradiso di delizia, videro il vecchio asceta. Si trovava in<br />

un luogo bruciato dal calore, ed era attaccato come un cane ad un albero carico di frutti;<br />

viveva di questi, senza che gli fosse possibile svincolarsi dall’albero. Quando li vide,<br />

abbassò la testa, arrossendo mentre passavano davanti a lui; essi lo osservarono con<br />

grande tristezza. Allora il fratello sempliciotto disse al nostro padre Pacomio: «Hai visto<br />

il vecchio asceta? Tu ti sei fiaccato per istruirlo, ma non ti ha obbedito per camminare<br />

nell’umiltà! Ebbene, ora guardalo; guarda la punizione, che il Signore gli ha inflitto

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