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tutte le cose sono al tuo servizio».<br />
Pregava pure «per i re e per tutti coloro che sono costituiti in autorità, come dice<br />
l’Apostolo, secondo le parole che Salomone attribuisce al Signore: È a causa mia che i<br />
re regnano, che i tiranni hanno in mano la terra; affinché il Signore li custodisca<br />
nell’amore per Dio e per gli uomini, e rendano giustizia agli oppressi, e camminino<br />
anch’essi con fiducia fra i santi che hanno compiuto la volontà di Dio e possano ripetere<br />
anch’essi le parole di Isaia: Il Signore è nostro Dio, il Signore è nostro giudice, il<br />
Signore è nostro capo, è il Signore che ci vivifica». Pregava perché disprezzassero il<br />
regno di questo mondo, che non è se non temporaneo, per divenire eredi del regno dei<br />
cieli, che dura in eterno; perché assomigliassero ai re giusti, Davide, Ezechia, Giosia e<br />
gli altri che, come loro, praticarono la giustizia.<br />
Infine pregava pure per il clero della chiesa cattolica, dicendo: «Sebbene siano miei<br />
padri, pure è mio dovere ricordarli e pregare per loro, come ci invita l’Apostolo:<br />
Fratelli miei, pregate per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola. Era questo<br />
il modo in cui Pacomio pregava per tutti.<br />
Negligenza di dieci monaci<br />
102. A Pbow, dieci fratelli vivevano in modo negligente: il loro cuore era<br />
continuamente in preda a pensieri di impurità ispirati da Satana. A causa di questi<br />
pensieri impuri, non avevano fede negli insegnamenti del nostro padre Pacomio, e gli<br />
resistevano in molte cose. Il nostro padre se ne affliggeva e pregava Dio giorno e notte<br />
per la salvezza delle loro anime; ricordava la grande pena che si era data per loro fin dal<br />
tempo della giovinezza; soprattutto, sapeva che non avevano sporcato il corpo con<br />
azioni impure. Mentre stava pregando perché fossero salvi, una collera proveniente dal<br />
Signore investi, a causa di quei negligenti, tutti i fratelli; due angeli vendicatori gli<br />
piombarono addosso, durante la preghiera, cercando di togliergli l’anima, poiché<br />
pregava per degli individui che disprezzavano i suoi insegnamenti. Uno degli anizani si<br />
rivolse al nostro padre, e chiese: «Perché ti dai tanta pena per costoro? Ecco che, a<br />
causa loro, per poco non ti viene tolta l’anima. Sarebbe meglio cacciarli via, piuttosto<br />
che vedere Dio adirato con te, per la tua pazienza verso di loro, che non fanno nulla per<br />
sfuggire alla collera di Dio». Pacomio gli rispose: «Spirito misero e limitato! Che<br />
significa cacciarli via? Non hai sentito dire ciò che fece a suo tempo Mosè – i santi,<br />
infatti, sono i nostri modelli –, come diede la propria anima per il popolo che aveva<br />
peccato e disse: Signore, ecco che li vuoi distruggere: distruggi me, invece di<br />
condannare loro». Così il nostro padre Pacomio soffriva per loro, perché si pentissero,<br />
facessero penitenza e si mettessero a lavorare per la propria salvezza.<br />
Dopo qualche tempo, il nostro padre incontrò uno di quei fratelli e gli chiese<br />
allegramente: «Figlio mio, come stai, tu e i tuoi fratelli?». Gli rispose: «Grazie a Dio e<br />
alle tue sante preghiere, in questi giorni il mio cuore è tranquillo». L’uomo di Dio<br />
riprese: «Nei giorni in cui credevi di soffrire a causa nostra, i demoni ti combattevano,<br />
perché non riuscivano a trovare un luogo di riposo in te. Come un soldato, che vuole<br />
penetrare in una casa per prendervi dimora, si accanisce brutalmente senza riuscirvi,<br />
finché la casa è barricata. Se però quelli che sono dentro si spaventano e gli aprono, una<br />
volta dentro, non è più turbolento, ma si riposa tranquillamente. È così anche per te: una