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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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eve, era a servizio dei malati, finché Dio accordava loro la grazia della guarigione.<br />

Quando furono guariti dalla malattia, pensò tra sé: «Questo compito, il servizio dei<br />

malati nei villaggi, non è degno di un monaco, ma del solo clero e degli anziani. Io da<br />

questo momento non mi occuperò più di tale compito, perché ho paura che altri si<br />

dedichino a questo lavoro e siano trascinati dallo scandalo del mio esempio, e che si<br />

applichi a me la parola vita per vita. Infatti sta scritto: La religione pura e senza<br />

macchia davanti a Dio Padre consiste nel visitare gli orfani e le vedove e nel<br />

mantenersi immuni dal peccato.<br />

Vita anacoretica con Palamone<br />

10. Trascorse tre anni in quel luogo. In seguito, considerando che era circondato da<br />

tanta gente, fino a trovarsi molto infastidito – infatti non gli lasciavano alcuna<br />

tranquillità – cercò da quel momento, di farsi monaco e di dedicarsi alla vita<br />

anacoretica. Mentre rifletteva sul modo di emigrare, sentì parlare di un anziano,<br />

venerabile asceta di nome Palamone: un grande monaco stabilitosi un poco fuori del<br />

villaggio, divenuto il modello e il padre di molti nel circondario. Pacomio affidò allora<br />

ad un altro monaco anziano il suo campo e la cura dei legumi e dei palmizi per i bisogni<br />

dei poveri, poi si levò ed andò dal santo anziano Palamone. Bussò alla porta della sua<br />

casa. L’anziano guardò da uno spiraglio, lo vide e lo apostrofò rudemente: «Ehi, perché<br />

bussi?». Il suo linguaggio, infatti, era un po’ brusco. Pacomio gli disse: «Vorrei che tu<br />

mi permettessi di divenire monaco qui, accanto a te, padre». L’anziano apa Palamone<br />

gli rispose: «Questo che cerchi non è cosa semplice. Molti sono venuti qui per questo,<br />

ma non hanno potuto resistere e sono tornati indietro, vergognosamente, per non aver<br />

voluto soffrire nell’esercizio della virtù. Eppure la Scrittura ce lo ordina in molti passi,<br />

esortandoci a soffrire in digiuni, veglie e numerose preghiere per salvarci. Ora dunque<br />

va, torna a casa tua, tieni fermo quanto hai già acquisito e sarai degno di onore di fronte<br />

a Dio. Oppure esàminati su ogni punto, per sapere se sarai capace di resistere. Allora<br />

potrai tornare di nuovo, e quando sarai tornato, sarò pronto, nei limiti della mia<br />

debolezza, a soffrire con te, finché tu non conosca te stesso. Comunque sia, ti esporrò la<br />

«misura» del monachesimo. Tu te ne andrai, ti esaminerai e vedrai se potrai sopportarla<br />

o no. Questa è la regola del monachesimo, secondo gli insegnamenti dei miei<br />

predecessori: noi passiamo sempre metà della notte – e spesso anche dalla sera alla<br />

mattina – vegliando, recitando la parola di Dio e facendo molti lavori manuali di filo, di<br />

lana, di fibra di palma, perché il sonno non ci sorprenda e per la sussistenza del corpo.<br />

Ciò che eccede i nostri bisogni, lo diamo ai poveri, secondo la parola dell’apostolo:<br />

Soltanto, che ci ricordiamo dei poveri. Condire con olio, bere vino, mangiare cibi cotti,<br />

sono per noi cose sconosciute. In ogni tempo digiuniamo fino a sera: tutti i giorni, in<br />

estate, due o tre giorni di seguito, in inverno. Questa è la regola della colletta : sessanta<br />

orazioni al giorno e cinquanta la notte, senza contare le giaculatorie, che facciamo per<br />

non essere mentitori, perché ci è stato ordinato di pregare senza interruzione e colui che<br />

è triste preghi. Ugualmente, nostro Signor Gesù Cristo ordina ai suoi discepoli: Pregate<br />

per non cadere in tentazione, perché la preghiera è madre di tutte le virtù. Ecco che ti<br />

ho, spiegato la regola del monachesimo; ora vai ed esàminati su ogni punto. Se sei<br />

capace di fare ciò che ti ho spiegato e se non tornerai indietro, mi rallegrerò pienamente<br />

con te».<br />

Quando Pacomio ebbe inteso queste parole dalla bocca dell’anziano Palamone e l’ebbe

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