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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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mi hai portato sia così poco: c’è Dio che giudica e scruta tutto». Rimase così steso e<br />

malato fino a trascorrere due giorni senza mangiare. Ogni tanto si alzava per pregare<br />

secondo l’ardore del suo cuore e del suo amore verso Dio. Il terzo giorno si rimise dal<br />

suo malessere, uscì e mangiò con i fratelli.<br />

48. Un’altra volta, fu malato al punto di trovarsi in pericolo di morte, a causa degli<br />

eccessi della sua ascesi. Lo condussero allora nel locale dove riposavano i fratelli<br />

malati, per farlo mangiare un po’. Era coricato lì un altro fratello, malato a tal punto che<br />

il suo corpo era ridotto a uno scheletro, per la durata della malattia. Questi chiese ai<br />

fratelli che lo servivano un pollo o un piccolo pesce. Ma essi glielo rifiutarono, dicendo:<br />

«Non è nelle nostre abitudini». Il malato, vedendo che non glielo portavano, disse ai<br />

fratelli addetti ai servizi: «Prendetemi e portatemi dai nostro padre». Quando lo ebbero<br />

portato da lui, Pacomio fu sorpreso dallo stato in cui era ridotto. Mentre lo stava<br />

guardando tutto perplesso, gli portarono della verdura da mangiare. Sospirò e disse:<br />

«Voi fate eccezione di persone: dov’è dunque il timore di Dio? Amerai il prossimo tuo<br />

come te stesso. Non vedete che questo fratello è diventato come un cadavere? Perché<br />

non gli date ciò che domanda? Il Signore sa che se non gli date ciò che ha chiesto, io<br />

non mangerò né berrò. Non c’è differenza tra un malato ed un altro. Non è forse tutto<br />

puro per i puri?». Diceva questo con le lacrime agli occhi. Poi riprese: «Per la vita dei<br />

Signore, se mi fossi trovato nel monastero quando domandò ciò che desiderava<br />

(eravamo fuori per la raccolta della canapa) non l’avrei lasciato in così grande<br />

afflizione, con una simile malattia». Subito i fratelli, ascoltate queste parole dalla bocca<br />

del nostro padre Pacomio, mandarono a comperare un pollo, io fecero cucinare bene e<br />

lo diedero al malato che mangiò. Poi diedero al nostro padre Pacomio la sua parte di<br />

verdura. Mangiò anche lui, ringraziando.<br />

I nuovi monasteri<br />

49. Essendo aumentato il numero dei fratelli nel monastero di Tabennesi, il nostro padre<br />

Pacomio si accorse che stavano allo stretto, e si mise ad implorare Dio a questo<br />

riguardo. Fu informato da una rivelazione: «Alzati, e va’ in quel villaggio abbandonato<br />

a nord, che si chiama Pbow; edifica lì un monastero, che diventerà per te una base e sarà<br />

celebre per sempre». Pacomio, insieme ai fratelli, si recò al nord, in quel luogo, e vi<br />

trascorse alcuni giorni, finché ebbe costruito il muro di cinta dei monastero. Più tardi<br />

edificò anche una piccola sala di riunione con il permesso del vescovo di Diospolis.<br />

Costruì le case e ne nominò i superiori, con i loro secondi, secondo l’ordinamento del<br />

primo monastero. Egli stesso, il padre, sorvegliava i due monasteri giorno e notte, in<br />

quanto servo del buon Pastore.<br />

50. In seguito, un anziano asceta di nome apa Ebonh, padre del monastero di Sehneset,<br />

conosciuta la fama del nostro padre Pacomio, gli mandò un messaggio con questa<br />

preghiera: «Desidero che il mio monastero passi sotto la giurisdizione della<br />

congregazione di cui Dio ti ha fatto grazia e che tu stabilisca anche per noi le regole che<br />

ti sono state date dal cielo». Il nostro padre si recò sul posto con alcuni fratelli, e stabilì<br />

le case con i capocasa e i loro secondi, secondo l’ordinamento degli altri due monasteri.<br />

Egli stesso li dirigeva recandovisi spesso e incoraggiandoli nelle leggi divine e nei<br />

lavori dei santi.

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