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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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Dopo che il nostro padre Orsiesi ebbe così parlato agli igumeni dei monasteri ed ai<br />

fratelli riuniti, levatosi, pregò. Essi lo abbracciarono con grande gioia, come se<br />

vedessero il nostro padre Pacomio e Teodoro in mezzo a loro. Parteciparono al<br />

sacrificio del terzo giorno di Teodoro. Orsiesi salutò i fratelli e ciascuno tornò al proprio<br />

monastero in pace. Egli si recava spesso a visitare i fratelli per rafforzarli nella legge del<br />

Signore e nei precetti del nostro padre.<br />

209. Un altro giorno rivolse così ai fratelli la parola di Dio: «Il nostro padre rafforzava<br />

le anime per mezzo delle sante Scritture e della perfetta scienza del Signore. Io credo<br />

che se l’uomo non sorveglia bene il cuore, dimenticherà ciò che ha udito, e per la sua<br />

negligenza il nemico lo vincerà e lo abbatterà. Vi racconterò una parabola che vi<br />

stupirà. Se si trascura una fiaccola accesa, a poco a poco la fiamma si spegne e in casa<br />

viene il buio. I topi si radunano intorno ad essa e vedendo la casa oscura e senza calore,<br />

afferrano lo stoppino e lo divorano; fanno cadere la fiaccola e la danneggiano. Se la<br />

fiaccola è di bronzo, il padrone di casa la troverà e l’accenderà di nuovo, ed essa<br />

illuminerà la casa; se invece è d’argilla, si rompe e viene gettata via. Così accade<br />

dell’anima: se è negligente, lo Spirito santo si allontana; senza la sua luce scendono le<br />

tenebre. Il nemico divora allora l’ardore dell’anima e degrada anche il corpo con<br />

iniquità, impurità e abominazioni di desideri cattivi perché non è stata vigilante e non ha<br />

combattuto il nemico. Si è invece abbandonata a trascurare la salvezza ed è divenuta<br />

estranea al regno di Dio e ai beni eterni. Nel caso che qualcuno sia naturalmente buono<br />

davanti a Dio e semplicemente trascinato dalla negligenza, Dio misericordioso gli<br />

ispirerà il suo amore ardente e la memoria dei castighi, perché si penta e si custodisca<br />

poi con grande stabilità fino al giorno della morte» Fu così utile ai fratelli, spiegando<br />

loro la parabola che aveva esposta; poi si alzò e pregò per tutti. Ciascuno si ritirò poi<br />

nella sua dimora, recitando la parola di Dio.<br />

210. Atanasio, arcivescovo di Alessandria, si trovava nella diocesi di Smoun, quando<br />

venne a sapere della morte di Teodoro. Si affrettò allora a scrivere la seguente lettera,<br />

per consolare Orsiesi e tutti i fratelli: «Atanasio, arcivescovo di Alessandria, scrive<br />

mandando il saluto all’amato figlio Orsiesi e a tutti i fratelli della congregazione, saldi<br />

nella fede di nostro Signor Gesù Cristo: salute! Quando sono venuto a sapere che il<br />

beato Teodoro era morto, sono stato grandemente impressionato, conoscendo il ruolo<br />

importante che ricopriva presso di voi, con la sua grande attività. Perciò, se veramente<br />

Teodoro – cioè il nostro amatissimo Orsiesi – non esistesse più, vi avrei scritto a lungo e<br />

con molte lacrime, su ciò che sarebbe accaduto dopo la sua morte. Ma Teodoro, cioè<br />

Orsiesi che ben conosciamo, è ancora oggi in mezzo a voi; perché, benché due, non<br />

sono che un solo uomo. Quando, infatti, uno dei due andava lontano, l’altro ne prendeva<br />

il posto in casa. Beato Teodoro, che non ha camminato secondo il consiglio dell’empio,<br />

cioè del diavolo e dei suoi perversi demoni! E ora, non dobbiamo piangere colui che se<br />

ne è andato nel luogo dove non sono più lacrime, tristezza e sospiri, e che riposa con i<br />

suoi padri e dice: Abiterò questo luogo, perché l’ho scelto Non dobbiamo rattristarci per<br />

colui che ha fatto approdare la barca al porto della sicurezza, del riposo e della gioia.<br />

Piaccia al cielo che ciascuno di noi si slanci, fino ad attraccare la propria barca a quel<br />

porto! Infatti, Teodoro non è morto, ma dorme, di buon sonno, davanti al Signore!».

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