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VITA COPTA DI PACOMIO E TEODORO

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perdonami; sono stato pusillanime nei tuoi confronti»; si rattristò molto dicendo: «Non<br />

sono ancora fedele, sono ancora ben lontano da questo Dio cui ho promesso di fare la<br />

sua volontà».<br />

La sera, disceso in un sotterraneo, nel villaggio abbandonato dove abitava, si mise un<br />

mattone sotto i piedi, tese le braccia e pregò Dio piangendo tutta la notte, dalla sera alla<br />

mattina: «Signore, aiutami, toglimi questo pensiero carnale, di modo che io non mi irriti<br />

più, anche se mi picchiassero sul viso. Sono più rispettabile del tuo Figlio prediletto, che<br />

si è fatto uomo per la nostra salvezza, di noi peccatori! Perché lo maledissero ed egli<br />

non malediceva; pativa e non si sdegnava. Quanto più io, peccatore, merito di umiliarmi<br />

sette volte di più, dato che lui, Dio senza peccato, ha sofferto per noi! Ed io, polvere,<br />

opera delle sue mani, perché non soffrirei ogni cosa senza sdegnarmi!».<br />

Per tutta la notte pregò, ripetendo le stesse cose, sicché il mattone su cui stava si sciolse<br />

per il gran sudore. Faceva infatti molto caldo, in fondo a quel locale. E diceva: «Guai a<br />

me, il pensiero della carne è ancora in me, vivo ancora nella carne, dunque devo morire,<br />

come sta scritto: Il pensiero della carne è morte. Che io sia messo alla prova<br />

ingiustamente, o a fin di bene, abbi pietà di me, perché non perisca, Signore! Se il<br />

nemico volta per volta trova qualcosa in me, se non mi soccorri, cadrò nelle sue mani.<br />

Perché se qualcuno osserva tutta la legge, ma cade in una cosa, si rende colpevole di<br />

tutto. Ho fiducia che se la tua abbondante misericordia mi soccorre, imparerò adesso a<br />

camminare per le vie dei santi, proteso verso le cose che mi stanno davanti. Loro sì,<br />

hanno sconfitto il nemico come si conviene, con il tuo aiuto. Come potrei insegnare a<br />

quelli che tu chiami a vivere con me, se non imparo a vincere il pensiero della carne?».<br />

20. Un giorno, mentre mettevano nell’acqua la canapa per farla macerare, un<br />

coccodrillo emerse dal fiume. Giovanni ebbe paura e corse verso la riva gridando al<br />

fratello: «Presto, vieni a riva, altrimenti il coccodrillo ti afferra e ti divora». Ma<br />

Pacomio sorridendo rispose: «Giovanni, credi forse che le bestie siano padrone di se<br />

stesse? No di certo». Il coccodrillo emerse di nuovo sfacciatamente vicino a lui, a soli<br />

tre gomiti di distanza. Pacomio si riempì la mano d’acqua, la gettò sui coccodrillo e<br />

disse: «Il Signore ti condanni a non tornare più qui». Subito il coccodrillo si immerse.<br />

Uscito Pacomio dall’acqua, Giovanni si precipitò verso di lui, gli baciò pieno di gioia la<br />

bocca, le mani e i piedi, dicendo: «Il Signore, sa, o fratello, che io sono tuo fratello<br />

maggiore secondo la carne. Ogni giorno ti dicevo: fratello mio. Da oggi in poi ti<br />

chiamerò padre mio, per la tua grande fede nel Signore». Giovanni si dedicò a grandi<br />

ascesi fino al giorno della morte.<br />

Lotta contro i demoni<br />

21. Pacomio sopportò, con il permesso di Dio, tentazioni multiformi da parte del<br />

demonio, sia per la sua formazione, sia per l’utilità altrui. Durante il tempo della vita<br />

anacoretica con Palamone si allenava molto, non solo alle pratiche esteriori della<br />

preghiera e dell’ascesi, ma anche a custodire il suo cuore dai pensieri cattivi,<br />

ricordandosi delle parole che il nostro Salvatore ha detto nei Vangeli: Beati i puri di<br />

cuore, perché vedranno Dio. La sua più grande preoccupazione era quella di purificare<br />

il cuore per vedere Dio e meritarlo nel secolo futuro. Osservava con cura anche la<br />

parola di Salomone: Custodisci il tuo cuore. I demoni, vedendo questo, furono presi da

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