IMOLA RIMINI Il Presidente della Sezione, Lgt. Remo D'Alonzo, ha consegnato al Consigliere di Sezione, App. m. Fausto Cinelli, il diploma di merito, concesso dal Comitato Esecutivo per il prestigioso ed encomiabile apporto fornito al Sodalizio. TRIESTE 36 FiammeGialle - Agosto 2<strong>01</strong>2 Ottantesimo compleanno del Fin. Silvio Monti, socio della Sezione, al quale è stato consegnato, a cura del Presidente della Sezione, M.A. Nicola Belardo, l'attestato di benemerenza concesso dal Presidente <strong>Nazionale</strong>. Consegnata, a cura del Presidente della Sezione, M.A. Gianfranco Masia, una targa ricordo al Comm. Sergio Fachin, per il costante ed encomiabile impegno profuso nei confronti del Sodalizio. Benemerenza CERVIGNANO DEL FRIULI Consegnato dal Consigliere <strong>Nazionale</strong>, Ten. Col. Vincenzo Nicola d'Amato, all'App. Romildo Ceccotti, l'attestato di benemerenza concesso dal Presidente <strong>Nazionale</strong>, Gen. C.A. Giovanni Verdicchio. MASSA E CARRARA Il Presidente della Sezione, M.A. Cav. Giuseppe Bellè, alla presenza del Consigliere <strong>Nazionale</strong>, Comm. Marco Mugnaini, ha consegnato al Brig. Giuseppe Mosti ed all'App. Gino Biancardi, l'attestato di benemerenza concesso dal Presidente <strong>Nazionale</strong>. NETTUNO - ANZIO L'8 giugno 2<strong>01</strong>2, il Presidente della Sezione, M.M.A. Cav. Uff. Andrea Guglielmelli ha consegnato all'App. Bernardino Trinchese, una pergamena in occasione dell' 80° compleanno, festeggiando egli stesso il suo 86° compleanno, con viva soddisfazione di tutti i soci.
Recensioni L'ECO DEI MIEI PASSI A KABUL, DI GIUSEPPE AMATO, ED. MURSIA EDITORE, PAGG. 176 €. 15,00. Siamo così abituati a sentir parlare di Kabul, dei talebani, del comando Nato, delle missioni di pace che spesso, forse, dimentichiamo che dietro ci sono delle persone. Per molti di noi sono solo notizie che vengono da posti lontani e riguardano, per lo più, realtà che non hanno nulla a che fare con la nostra. Giuseppe Amato, capitano dell'esercito italiano, ne 'Leco dei miei passi a Kabul dà volto e concretezza a questo mondo. Nel libro, pubblicato da Mursia, sono raccolte venti storie che vengono da Kabul, storie che sono state vissute in prima persona da Amato. Non ci si aspetti chissà quali fatti eclatanti (anche se ci sono, purtroppo, DOGANE, DOGANIERI E FIAMME GIALLE AD ACCIAROLI E PIOPPI (1187 – 1999). GERARDO SEVERINO. EDIZIONI DEL CEN- TRO DI PROMOZIONE CULTURALE PER IL CILENTO Nell'antico Reame di Napoli, le gabelle di minor conto, esercitate a vario titolo, sia dai funzionari statali che dai feudatari locali, erano definite “Doganelle”, in contrapposizione alla cosiddetta “Dogana grande”, alla quale lo Stato percepiva un relazioni di attentati), ma è soprattutto la quotidianità a farla da padrone in queste pagine e a dare alla narrazione un sapore più vero. Con uno stile lontano da fronzoli e maniere di mestiere (a volte sembra di leggere dei verbali “militari” per via dell'essenzialità dello stile e del modo diretto di esprimersi), Giuseppe Amato ci presenta i suoi incontri con i politici di Kabul e, prima ancora, con i loro segretari, le usanze degli afghani, la paura che si prova nel sentirsi tirare per la giacca e le curiosità di alcune abitudini. Soprattutto Amato ne L'eco dei miei passi a Kabul ci racconta la vita che si svolge in quella città. E prova a pennellare dinanzi ai nostri occhi qualche aspetto del carattere degli afghani, forgiato da un territorio arido, duro e a volte inaccessibile che la tradizione culturale locale così spiega: Quando Dio creò la Terra decise anche dove piazzare i diversi Paesi e continenti; alla fine, trovandosi alcuni popoli senza un lembo di terra, Dio si trovò costretto a rivedere i maggior rendimento. Acciaroli e Pioppi non furono attive solo come “Dogane Baronali” gestite cioè direttamente dal feudatario del posto, ma anche “Doganelle della seta e del mare, considerata anche la loro particolare collocazione geografica che ne ha fatto un avamposto della lotta al contrabbando marittimo. Ad Acciaroli, così come a Pioppi, la Dogana non rappresentò solo una fonte di guadagno per la Badia di Cava, alla quale tali località appartenevano, e per i signorotti locali che vi possedettero il feudo dopo il 1410. Essa configurò quel legame con l'esterno, con il nuovo e spesso anche con l'ignoto, avendo ospitato per secoli e secoli, all'ombra della sua antica torre vicereale, nella vecchia “Taberna” e nei suoi uffici genti provenienti da ogni angolo della terra, le quali a stento riuscivano a spiegarsi nella propria lingua madre. La storia di quelle Dogane, dei Doganieri e, ancora più vicino a noi, delle Fiamme Gialle che vi hanno vissuto sino la secolo scorso è davvero affascinante, essendo stati (sia gli uomini che gli uffici che essi stessi rappresentavano) testimoni di un luminoso passato nel quale quasi tutte le terre del Cilento sono state teatro di incredibili traffici mercantili, di straordinari accadimenti militari, ma anche di progressi scientifici e culturali, oltre che mete di grandi scrittori e viaggiatori che ne hanno lasciato lusinghiere testimonianze. FiammeGialle - Agosto 2<strong>01</strong>2 37 confini e, limitandoli e tagliandoli, recuperò vasti, sconfinati brandelli di terraferma. Si trovò quindi con tanti ritagli, li gettò nel buco che sul mappamondo era rimasto vuoto tra l'Asia centrale e il subcontinente indiano, e infine disse: “Questo è l'Afghanistan”. IL CONTRABBANDIERE DI UOMINI. STORIA DEL FINANZIERE GIOVANNI GAVINO TOLIS, UN EROE DEL BENE AL SERVIZIO DELL'UMANITÀ (1919-1944). GERARDO SEVERINO, CARLO DELFINO EDITORE, 2<strong>01</strong>2. “Contrabbandieri di Uomini" è l'appellativo con cui la Polizia di frontiera germanica definiva in atti, dopo l'8 settembre 1943, i "passatori", vale a dire coloro i quali favorivano l'espatrio clandestino in Svizzera, sia di ebrei che di perseguitati dal nazifascismo. Giovanni Gavino, sardo di Chiaramonti (Sassari) si era arruolato nella Guardia di Finanza nel 1938, poco più che ventenne. Destinato al Circolo di Como, venne impiegato in servizio al confine italo-elvetico presso la Brigata di frontiera di Ponte Chiasso. Attraverso quel valico, dal settembre '43 all'aprile del '44 (quando venne catturato e deportato a Mauthausen, ove poi sarebbe morto), grazie a lui e a uomini e donne altrettanto generosi, sarebbero passati molti fuggiaschi, centinaia e centinaia di vite umane che altrimenti avrebbero conosciuto gli orrori dei lager nazisti, prima di subire un'orribile fine. Pur essendo trascorsi oltre sessant'anni da quegli eventi, alcune preziose carte d'archivio ci hanno consentito di restituire alla famiglia d'origine, al suo paese natale, alla Guardia di Finanza ed alla Storia la sua vita, il suo esempio di italianità, il suo estremo sacrificio. Ebbene, Giovanni Gavino Tolis viene, oggi, riconosciuto come un uomo giusto, dal cuore grande, sul cui petto brillasimbolic a m e n t e una Medaglia d'Oro, q u e l l a a l Merito Civile che il Presidente della Repubblica, G i o r g i o Napolitano, gli ha voluto c o n f e r i r e "alla memoria".