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1 Università degli Studi della Tuscia di Viterbo Dipartimento di ...

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osco, aumentano anche, in maniera sincrona, l’accumulo <strong>di</strong> necromassa e la sua<br />

decomposizione. In occasione <strong>di</strong> eventi climatici estremi (trombe d’aria, forte vento), come per la<br />

lettiera, si possono verificare aumenti <strong>della</strong> caduta <strong>di</strong> rami e <strong>degli</strong> schianti delle piante<br />

strutturalmente indebolite. A questo proposito, anche la neve gioca un ruolo <strong>di</strong> “selezione<br />

naturale” sulle strutture con minore vigoria. Infine, un ultimo fattore che influisce positivamente<br />

sulla velocità <strong>di</strong> decomposizione, è il regolare passaggio del bestiame che con il calpestio<br />

frantuma i pezzi al suolo favorendo l’aggressione da parte <strong>degli</strong> agenti climatici e dei<br />

decompositori (Marziliano, 2009).<br />

4.1.4.1 La necromassa e la gestione forestale<br />

La presenza del legno morto è connessa con l’intensità <strong>degli</strong> interventi selvicolturali e alle<br />

modalità <strong>di</strong> realizzazione del taglio (Marchetti e Lombar<strong>di</strong>, 2006). In generale lo stock <strong>della</strong><br />

necromassa nelle foreste gestite può variare tra il 2 ed il 30% <strong>di</strong> quello misurato in foreste a<br />

libera evoluzione (Marchetti e Lombar<strong>di</strong>, 2006). I risultati che riguardano la relazione tra<br />

accumulo, decomposizione <strong>di</strong> necromassa e gestione sono comunque ancora insufficienti e<br />

contrastanti (Woodall e Liknes, 2008) e decisamente mancanti per quanto riguarda i boschi<br />

dell’area me<strong>di</strong>terranea (La Fauci et al., 2006).<br />

In passato, secondo i canoni classici <strong>della</strong> selvicoltura tra<strong>di</strong>zionale, la presenza <strong>di</strong> alberi morti in<br />

bosco rappresentava un fenomeno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo (La Fauci et al., 2006) ed era inoltre abitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong>ffusa quella <strong>di</strong> bruciare le ramaglie ed i residui delle attività <strong>di</strong> taglio per ridurre al minimo la<br />

presenza <strong>di</strong> ostacoli fisici alle attività selvicolturali (Marchetti e Lombar<strong>di</strong>, 2006). Ancora oggi,<br />

spesso, si tende a rimuovere gran parte <strong>della</strong> necromassa al suolo, in particolare quella prodotta<br />

con il taglio, soprattutto nei cedui. Nella cerreta <strong>di</strong> Feudozzo, in seguito al taglio del Luglio 2009,<br />

sono stati asportati tutti gli alberi morti e il residuo grosso (CWD) è stata raggruppato in fascine<br />

per essere venduto come combustibile per forni a legna.<br />

Nel mondo forestale è comunque tuttora in corso un <strong>di</strong>battito per mettere a punto delle<br />

prescrizioni selvicolturali che riguar<strong>di</strong>no la quantità <strong>di</strong> legno morto da rilasciare con l’esbosco.<br />

Infatti, se da un lato la necromassa è importante per tutto ciò <strong>di</strong> cui si è <strong>di</strong>scusso sopra, dall’altro<br />

essa può rappresentare un facile combustibile per gli incen<strong>di</strong> boschivi e può comportare<br />

l’incremento <strong>della</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> fitopatologie. Secondo lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> La Fauci e colleghi (2006) per<br />

salvaguardare gli obiettivi <strong>di</strong> conservazione e incremento <strong>della</strong> bio<strong>di</strong>versità e quelli legati al<br />

rischio fitosanitario e al rischio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>, bisogna trovare un compromesso, che va valutato <strong>di</strong><br />

volta in volta, sulla base <strong>di</strong> considerazioni ecologiche ed economiche, e tenendo presente che<br />

essa sarà quantitativamente <strong>di</strong>fferente a seconda del tipo <strong>di</strong> popolamento forestale e del suo<br />

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