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Pe 8-2009 - Agesci

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RAGAZZI<br />

Ma anche il fatto che invecchiando<br />

si diventa brontoloni<br />

non è una novità. Forse però,<br />

specie per chi ormai si trova a<br />

occidente della propria partenza,<br />

c’è un modo più intrigante<br />

di porre la questione:<br />

chiedersi se forse non abbiamo<br />

buttato via del tempo a<br />

cercare di innovare la nostra<br />

proposta educativa sulla base<br />

del mondo che si evolve intorno<br />

alle nostre sedi e alle nostre<br />

tane. Se infatti la tecnologia<br />

fosse soltanto una carta “imprevisti”,<br />

invece che “opportunità”,<br />

avrebbe davvero avuto<br />

più senso andare per la soluzione<br />

facile, costruire il solito<br />

muretto di divieti dogmatici, e<br />

continuare per la nostra strada<br />

negando ogni innovazione<br />

successiva alla bussola. E invece<br />

ancora una volta abbiamo<br />

voluto mettere i piedi oltre la<br />

frontiera, esplorare il nuovo,<br />

vedere come il progresso tecnologico<br />

si potesse integrare<br />

con l’impostazione tradizionale<br />

dello scautismo. Nel tempo<br />

che ci separa dal primo “Jamboree<br />

On The Air” del 1958, sono<br />

nate una gamma di soluzioni,<br />

dai portali scout giù a cascata<br />

fino all’uso dei telefoni in attività<br />

di hiking e al fatto che<br />

oggi fate un campo all’estero e<br />

vi tornano tutti quanti con trecento<br />

amici su Facebook dei<br />

quali, inerzialmente, leggeranno<br />

la vita quotidiana nella propria<br />

bacheca per un po’ di tempo<br />

a venire. Ma rimane qualcosa<br />

di tutti questi sforzi? Capovolgendola,<br />

la domanda diventa<br />

ancora più interessante: co-<br />

sa rimane tra le pagine chiare e<br />

le pagine scure di una vita<br />

scout, qual è il segno più importante<br />

che ci si porta con sé<br />

per la vita, quel fazzolettone<br />

segreto che generazioni di capi<br />

hanno lavorato per costruire<br />

nei propri ragazzi? Si direbbe<br />

che la risposta sia stranamente<br />

legata a questa vecchia tensione<br />

favorevole o avversa alla<br />

tecnologia, e all’educazione al<br />

suo uso consapevole: quando<br />

non c’é da tuffarsi nel fiume<br />

per salvare la vita al malcapitato<br />

annegante, quando la strada<br />

è carente di vecchiette da scortare<br />

dall’altro lato, ciò che rende<br />

uno scout riconoscibile è la<br />

sua capacità di vedere nella<br />

realtà gli strumenti per portare<br />

progresso, e saperli usare senza<br />

rimanere schiavo della loro<br />

potenza. Il che equivale a dire<br />

che una educazione scout sia<br />

una specie di estensione della<br />

tappa del vecchio percorso<br />

E/G, la responsabilità, che in<br />

molti reparti era il momento in<br />

cui un esploratore poteva iniziare<br />

a utilizzare l’accetta. Il<br />

mondo è più complesso di<br />

un’accetta, d’accordo, ma la dinamica<br />

è simile: la quotidianità<br />

si presenta a noi sotto forma di<br />

strumenti a doppio taglio. E lo<br />

scautismo è un allenamento<br />

formidabile proprio perché insegna<br />

a dare il senso giusto<br />

agli strumenti, richiedendo<br />

quel continuo esercizio di es-<br />

senzialità dello zaino e della<br />

tenda, mostrando che nulla è<br />

importante se non per i sentimenti<br />

che crea. Alla fine della<br />

giornata, infatti, l’importante è<br />

non dimenticare che è la natura<br />

umana il vero motore della<br />

civiltà, a monte di qualsiasi<br />

strumento, e si riconosce per<br />

quella scintilla che somiglia alla<br />

capacità divina di creare, che<br />

non a caso chiamiamo fantasia:<br />

dal greco , comparire.<br />

Ecco perché il metodo scout è<br />

molto adatto al ventunesimo<br />

secolo della rivoluzione telematica<br />

e della modernità liquida:<br />

ti fa vedere che c’è del buono<br />

in un computer come c’è<br />

del buono in un’accetta o in<br />

uno scalpello, e che tuttavia ciò<br />

che davvero reputiamo di valore,<br />

ovvero le emozioni che ci legano,<br />

sono amplificate, facilitate,<br />

comunicate, ma non create<br />

dagli strumenti. Ci vuole ancora<br />

quella scintilla, ci vuole fantasia.<br />

Noi e le nostre route in cima<br />

ai monti le cui avventure e<br />

disavventure sfuggono a qualsiasi<br />

equazione, noi e le nostre<br />

scenette intorno al fuoco: ecco<br />

come riconoscerete uno scout<br />

Lo scautismo è un allenamento<br />

formidabile proprio perché insegna<br />

a dare il senso giusto agli strumenti,<br />

richiedendo quel continuo esercizio<br />

di essenzialità dello zaino e della tenda,<br />

mostrando che nulla è importante<br />

se non per i sentimenti che crea<br />

in giro per il mondo, è uno che<br />

sa evocare quella scintilla, anche<br />

nei contesti più inaspettati.<br />

Un manager con un occhio<br />

di riguardo per la crescita dei<br />

propri dipendenti; un operaio<br />

che fa il turno di notte per il<br />

collega malato; quell’infermiera<br />

che stringeva la mano con<br />

un calore che da solo poteva<br />

guarire la solitudine di un<br />

ospedale; quel ricercatore che<br />

ha fatto una scerta importante<br />

capovolgendo modelli dati da<br />

tutti per scontati. A volte le loro<br />

scelte appariranno imprevedibili,<br />

perché immersi in società<br />

in cui coraggio e fantasia<br />

non sembrano avere cittadinanza;<br />

ma chiederanno spesso<br />

alle emozioni di parlare e guidarli,<br />

perché solo in questo<br />

modo potranno dominare la<br />

macchina invece di soccombere<br />

ad essa. È bello pensare che<br />

li riconoscerete così i vostri<br />

scout, sotto qualsiasi cielo,<br />

quando i loro calzoncini, da<br />

corti, diventeranno lunghi.

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