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RAGAZZI<br />
Ma anche il fatto che invecchiando<br />
si diventa brontoloni<br />
non è una novità. Forse però,<br />
specie per chi ormai si trova a<br />
occidente della propria partenza,<br />
c’è un modo più intrigante<br />
di porre la questione:<br />
chiedersi se forse non abbiamo<br />
buttato via del tempo a<br />
cercare di innovare la nostra<br />
proposta educativa sulla base<br />
del mondo che si evolve intorno<br />
alle nostre sedi e alle nostre<br />
tane. Se infatti la tecnologia<br />
fosse soltanto una carta “imprevisti”,<br />
invece che “opportunità”,<br />
avrebbe davvero avuto<br />
più senso andare per la soluzione<br />
facile, costruire il solito<br />
muretto di divieti dogmatici, e<br />
continuare per la nostra strada<br />
negando ogni innovazione<br />
successiva alla bussola. E invece<br />
ancora una volta abbiamo<br />
voluto mettere i piedi oltre la<br />
frontiera, esplorare il nuovo,<br />
vedere come il progresso tecnologico<br />
si potesse integrare<br />
con l’impostazione tradizionale<br />
dello scautismo. Nel tempo<br />
che ci separa dal primo “Jamboree<br />
On The Air” del 1958, sono<br />
nate una gamma di soluzioni,<br />
dai portali scout giù a cascata<br />
fino all’uso dei telefoni in attività<br />
di hiking e al fatto che<br />
oggi fate un campo all’estero e<br />
vi tornano tutti quanti con trecento<br />
amici su Facebook dei<br />
quali, inerzialmente, leggeranno<br />
la vita quotidiana nella propria<br />
bacheca per un po’ di tempo<br />
a venire. Ma rimane qualcosa<br />
di tutti questi sforzi? Capovolgendola,<br />
la domanda diventa<br />
ancora più interessante: co-<br />
sa rimane tra le pagine chiare e<br />
le pagine scure di una vita<br />
scout, qual è il segno più importante<br />
che ci si porta con sé<br />
per la vita, quel fazzolettone<br />
segreto che generazioni di capi<br />
hanno lavorato per costruire<br />
nei propri ragazzi? Si direbbe<br />
che la risposta sia stranamente<br />
legata a questa vecchia tensione<br />
favorevole o avversa alla<br />
tecnologia, e all’educazione al<br />
suo uso consapevole: quando<br />
non c’é da tuffarsi nel fiume<br />
per salvare la vita al malcapitato<br />
annegante, quando la strada<br />
è carente di vecchiette da scortare<br />
dall’altro lato, ciò che rende<br />
uno scout riconoscibile è la<br />
sua capacità di vedere nella<br />
realtà gli strumenti per portare<br />
progresso, e saperli usare senza<br />
rimanere schiavo della loro<br />
potenza. Il che equivale a dire<br />
che una educazione scout sia<br />
una specie di estensione della<br />
tappa del vecchio percorso<br />
E/G, la responsabilità, che in<br />
molti reparti era il momento in<br />
cui un esploratore poteva iniziare<br />
a utilizzare l’accetta. Il<br />
mondo è più complesso di<br />
un’accetta, d’accordo, ma la dinamica<br />
è simile: la quotidianità<br />
si presenta a noi sotto forma di<br />
strumenti a doppio taglio. E lo<br />
scautismo è un allenamento<br />
formidabile proprio perché insegna<br />
a dare il senso giusto<br />
agli strumenti, richiedendo<br />
quel continuo esercizio di es-<br />
senzialità dello zaino e della<br />
tenda, mostrando che nulla è<br />
importante se non per i sentimenti<br />
che crea. Alla fine della<br />
giornata, infatti, l’importante è<br />
non dimenticare che è la natura<br />
umana il vero motore della<br />
civiltà, a monte di qualsiasi<br />
strumento, e si riconosce per<br />
quella scintilla che somiglia alla<br />
capacità divina di creare, che<br />
non a caso chiamiamo fantasia:<br />
dal greco , comparire.<br />
Ecco perché il metodo scout è<br />
molto adatto al ventunesimo<br />
secolo della rivoluzione telematica<br />
e della modernità liquida:<br />
ti fa vedere che c’è del buono<br />
in un computer come c’è<br />
del buono in un’accetta o in<br />
uno scalpello, e che tuttavia ciò<br />
che davvero reputiamo di valore,<br />
ovvero le emozioni che ci legano,<br />
sono amplificate, facilitate,<br />
comunicate, ma non create<br />
dagli strumenti. Ci vuole ancora<br />
quella scintilla, ci vuole fantasia.<br />
Noi e le nostre route in cima<br />
ai monti le cui avventure e<br />
disavventure sfuggono a qualsiasi<br />
equazione, noi e le nostre<br />
scenette intorno al fuoco: ecco<br />
come riconoscerete uno scout<br />
Lo scautismo è un allenamento<br />
formidabile proprio perché insegna<br />
a dare il senso giusto agli strumenti,<br />
richiedendo quel continuo esercizio<br />
di essenzialità dello zaino e della tenda,<br />
mostrando che nulla è importante<br />
se non per i sentimenti che crea<br />
in giro per il mondo, è uno che<br />
sa evocare quella scintilla, anche<br />
nei contesti più inaspettati.<br />
Un manager con un occhio<br />
di riguardo per la crescita dei<br />
propri dipendenti; un operaio<br />
che fa il turno di notte per il<br />
collega malato; quell’infermiera<br />
che stringeva la mano con<br />
un calore che da solo poteva<br />
guarire la solitudine di un<br />
ospedale; quel ricercatore che<br />
ha fatto una scerta importante<br />
capovolgendo modelli dati da<br />
tutti per scontati. A volte le loro<br />
scelte appariranno imprevedibili,<br />
perché immersi in società<br />
in cui coraggio e fantasia<br />
non sembrano avere cittadinanza;<br />
ma chiederanno spesso<br />
alle emozioni di parlare e guidarli,<br />
perché solo in questo<br />
modo potranno dominare la<br />
macchina invece di soccombere<br />
ad essa. È bello pensare che<br />
li riconoscerete così i vostri<br />
scout, sotto qualsiasi cielo,<br />
quando i loro calzoncini, da<br />
corti, diventeranno lunghi.