La TV “autentica” in classe - For.Indire.It
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3 - Fase II - Approccio al testo - Prove di verifica<br />
<strong>La</strong> condivisione del sapere tra i vari popoli dell’Impero<br />
Come abbiamo già avuto modo di osservare, l’impero di Carlo Magno aveva un forte elemento<br />
di unità nell’adesione al Cristianesimo; a questo fattore religioso era collegato quello culturale<br />
dell’eredità classica. Vi era dunque una cultura comune nelle terre dell’Impero, che andava<br />
dall’Irlanda all’<strong>It</strong>alia, dai Pirenei al fiume Reno. Le sedi privilegiate <strong>in</strong> cui veniva tramandato il<br />
sapere erano le grandi abbazie, dove i monaci trascrivevano e tramandavano i libri sacri, ed<br />
anche, <strong>in</strong> modo m<strong>in</strong>ore, i testi dei poeti antichi. Anche presso le cattedrali delle città vi erano<br />
delle scuole.<br />
Carlo Magno ebbe il merito di volere alla sua corte una schola palat<strong>in</strong>a (scuola di palazzo) e di<br />
riunirvi gli uom<strong>in</strong>i più em<strong>in</strong>enti della cultura del suo tempo, per lo più provenienti dall’ambiente<br />
ecclesiastico; alcuni furono degli storici, come Eg<strong>in</strong>ardo, che scrisse la vita dell’imperatore, o<br />
Paolo Diacono, che raccontò la storia dei v<strong>in</strong>ti Longobardi.<br />
Ma tra tutti, per sapere e <strong>in</strong>gegno, spiccava Alcu<strong>in</strong>o, teologo, filosofo, grammatico e poeta.<br />
Afferma Gianni Granzotto (pp. 149 - 151):<br />
“I banchetti di Aquisgrana erano affollati, succulenti, saporiti [ … ]. <strong>La</strong> benedizione dei<br />
commensali spettava ad Alcu<strong>in</strong>o, il più severo tra gli uom<strong>in</strong>i di tonaca ma anche il più<br />
elegante e composto, con la barba brizzolata, i calzari neri di panno a punta lunga, e<br />
nera la veste con i bordi delle maniche rovesciati. A un cenno di Carlo Magno, leggeva<br />
poesie a voce alta, mentre le portate com<strong>in</strong>ciavano ad essere servite.”<br />
Possiamo immag<strong>in</strong>are la scena leggendo passi di alcune sue composizioni, tra le quali una<br />
dedicata appunto alla benedizione della mensa:<br />
Christe Deus, nostrae benedic convivia mensae,<br />
qua eque tuis servis mitissime dona dedisti,<br />
per te s<strong>in</strong>t benedicta quidem. Tu largiter almus,<br />
omnia tu dederas nobis, iam quicquid habemus.<br />
Sunt bona quippe tua, quia tu bonus omnia condis.(C,p. 327 Dümmler)<br />
(O Cristo Dio, benedici il pasto della nostra mensa e i doni che porgi dolcissimo ai tuoi<br />
servi, siano anche benedetti dalla tua mano. Tu, o div<strong>in</strong>o, desti largamente di tutto a<br />
noi, quello che ora abbiamo. Sono tuoi beni, perché tu buono tutto crei. Trad. Carena)<br />
In molti dei versi recitati alla mensa Carlo Magno viene chiamato David, mentre Alcu<strong>in</strong>o<br />
attribuisce a se stesso il nome lat<strong>in</strong>izzato di Alb<strong>in</strong>o Flacco. Alcuni componimenti parlano delle<br />
stagioni e del loro scorrere, altri descrivono la vita del monaco:<br />
Frigus adest, iuvenes, frondes nunc arripite silvae,<br />
Nix etenim n<strong>in</strong>git, cernite, grando ruit. (LV 8, p. 268 Dümmler).<br />
(È giunto il freddo. O giovani, togliete i rami ai boschi,<br />
poiché la neve nevica, vedete, e la tempesta scroscia. Trad. Carena)<br />
O mea cella, mihi abitatio dulcis, amata,<br />
semper <strong>in</strong> aeternum, o mea cella, vale. (X, pp. 243 Dümmler)<br />
(O mio Convento, dolce e caro abitacolo,<br />
addio, convento mio, per sempre. Trad. Carena)<br />
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