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Dalla Tabula alimentaria al sito di Veleia: due secoli e ... - ager veleias

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una vasta struttura circolare in pietra – la zona <strong>di</strong> un castellum aquae o <strong>di</strong> un anfiteatro: o<br />

anche <strong>di</strong> uno spazio per ricovero anim<strong>al</strong>i e trattative economiche, oltre <strong>al</strong> forum del<br />

municipium? – sepolta da una t<strong>al</strong>e coltre <strong>di</strong> terra da non essere ancora stata del tutto<br />

riportata <strong>al</strong>la luce nel 1764.<br />

Ma già d<strong>al</strong> 1763 le ricerche si profilavano ormai infruttuose e carenti: come già<br />

detto, <strong>Veleia</strong> pareva non mantenere le promesse, che solo pochi anni prima avevano<br />

condotto <strong>al</strong>l'istituzione del R. Museo d'Antichità. Del resto gli scavi, effettuati da<br />

maestranze loc<strong>al</strong>i, condotti in modo <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato, confuso e senza una re<strong>al</strong>e guida<br />

scientifica, progre<strong>di</strong>vano m<strong>al</strong>amente e secondo i criteri del tempo: che questi ultimi fossero<br />

poi dettati da necessità politiche e <strong>di</strong> pubblica immagine piuttosto che da criteri scientifici<br />

appare chiaramente d<strong>al</strong>l'esame dei documenti che in genere accompagnavano <strong>al</strong>lora le<br />

ricerche.<br />

I Giorn<strong>al</strong>i delle scoperte e dei ritrovamenti (una sorta per lo più <strong>di</strong> elenchi dei<br />

rinvenimenti), gli epistolari e <strong>al</strong>tri scritti vari, questi ultimi relativi anche ai regolamenti<br />

inerenti gli scavi, ci informano che la segretezza più assoluta era fra le preoccupazioni<br />

princip<strong>al</strong>i, come già si è illustrato per le scelte effettuate d<strong>al</strong> Du Tillot.<br />

[10] Parma aveva ormai definitivamente aggiunto <strong>al</strong>le sue ben note attrattive cultur<strong>al</strong>i, si<br />

pensi <strong>al</strong> Correggio o <strong>al</strong> Parmigianino in particolare, i reperti provenienti dagli scavi veleiati,<br />

la TAV e il ciclo giulio-clau<strong>di</strong>o anzitutto, che <strong>di</strong>vennero meta <strong>di</strong> visita da parte del grand<br />

touriste, degli eru<strong>di</strong>ti e degli appassionati <strong>di</strong> antichità, provenienti da tutta Europa. Attirati<br />

appunto d<strong>al</strong>la curiosità che la scoperta <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong> aveva suscitato, <strong>di</strong>versi viaggiatori del<br />

Settecento approdarono anche nella zona scavi, non trovando però sostanzi<strong>al</strong>i progressi<br />

né nuovi rinvenimenti, pur dopo che la gestione dei lavori era passata <strong>al</strong>la più attenta ma<br />

non più fortunata <strong>di</strong>rezione del Paciau<strong>di</strong>.<br />

Le domus e le tabernae dei quartieri residenzi<strong>al</strong>i, circostanti il foro, non offrivano più<br />

"gran<strong>di</strong>" tesori, sembravano non suscitare più molta impressione. M<strong>al</strong>grado spora<strong>di</strong>ci<br />

tentativi <strong>di</strong> ripresa degli scavi (cfr. supra) l'area archeologica <strong>di</strong> Macinesso era ormai quasi<br />

abbandonata a se stessa. Complici in qu<strong>al</strong>che modo, oltre ad umi<strong>di</strong>tà e piogge,<br />

smottamenti e incuria pubblica; ad un famoso esponente della stagione neoclassica<br />

it<strong>al</strong>iana, l'architetto Giovanni (Antonio) Antolini, come del resto ai pochi visitatori e curiosi,<br />

così dovevano apparire, ai primi dell'Ottocento, le reliquie <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>:<br />

«… informi e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nati rimasugli che colà si mostrano, i qu<strong>al</strong>i <strong>di</strong> niuna cosa né bella né buona danno inizio<br />

…».<br />

Se una sorta <strong>di</strong> oblio avvolse dunque il luogo dei ritrovamenti, l'interesse dei cultori <strong>di</strong><br />

antichità e degli eru<strong>di</strong>ti per i suoi materi<strong>al</strong>i archeologici e speci<strong>al</strong>mente per i suoi reperti<br />

bronzei non mutò nel tempo.<br />

La <strong>Tabula</strong> Alimentaria e il suo v<strong>al</strong>ore storiografico – in questa <strong>di</strong>rezione andò la<br />

maggioranza degli stu<strong>di</strong> per tutto il Settecento e Ottocento, e ancor più per il secolo<br />

successivo – furono sempre terreno <strong>di</strong> cimento per un piccolo motivato esercito <strong>di</strong><br />

ricercatori autoctoni e non. Assai meno la Lex Rubria de G<strong>al</strong>lia Cis<strong>al</strong>pina, e il suo<br />

significato giuri<strong>di</strong>co, che aveva avuto le sue prime e<strong>di</strong>zioni a stampa – dopo le <strong>di</strong>scutibili<br />

trascrizioni manoscritte del Costa e nell'anonima, irreperibile Inscrizione della tavola <strong>di</strong><br />

bronzo <strong>Veleia</strong>tense che è nella G<strong>al</strong>leria <strong>di</strong> Parma… (Parma 1770: vista dagli e<strong>di</strong>tori<br />

ottocenteschi del Corpus Inscriptionum Latinarum <strong>al</strong> Museo Archeologico parmense) –<br />

solo <strong>al</strong>la fine del secolo, con l'economista Gian Rin<strong>al</strong>do Carli (1788) e, più atten<strong>di</strong>bili, con<br />

Giuseppe Poggi (La Cecilia), poi esule piacentino in Francia, che la pubblicò<br />

accuratamente in facsimile ridotto in folio nel 1790, e nel 1795 col pioniere dell'epigrafia<br />

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