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Dalla Tabula alimentaria al sito di Veleia: due secoli e ... - ager veleias

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Piacenza), il figlio (e suo successore) Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> Borbone – con un decreto duc<strong>al</strong>e del<br />

28 agosto – pose fine agli scavi, nel medesimo giorno in cui fu rinvenuta una raffinata<br />

iscrizione circolare in marmo lunense venato a nord-est del foro (CIL XI, 1162 = ILS 3870),<br />

commemorante l'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> una struttura idrica a spese del magistrato loc<strong>al</strong>e L.<br />

Granius Priscus, de<strong>di</strong>cata <strong>al</strong>le Ninfe e <strong>al</strong>le Vires Augustae (uno dei pochi reperti oggi<br />

visibili nell'Antiquarium <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>). Non estranei <strong>al</strong>la decisione sia gli <strong>al</strong>ti costi sostenuti sia i<br />

pareri dello stesso Paciau<strong>di</strong> che, data la pochezza dei risultati fin<strong>al</strong>i, reputava inutile<br />

continuare le ricerche sul campo.<br />

La zona appartata e <strong>di</strong>fficilmente raggiungibile in cui si trovava <strong>Veleia</strong> rendeva<br />

<strong>di</strong>fficoltosa la visita <strong>al</strong> <strong>sito</strong> archeologico, anche se non mancarono viaggiatori it<strong>al</strong>iani e<br />

stranieri che nel Settecento includevano la "Pompei" padana nei loro itinerari: meno<br />

entusiasta, invece, risultò l'attività <strong>di</strong> scavo nell'ultimo trentennio del secolo ad opera dei<br />

prefetti del tempo e sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Ambrogio Martelli. Nel 1776 vi fu una ripresa<br />

spora<strong>di</strong>ca della ricerca ad opera <strong>di</strong> Andrea Mazza, <strong>di</strong>scusso bibliotecario della P<strong>al</strong>atina<br />

(1764-1779), che stava preparando – anch'egli! – «un'opera gran<strong>di</strong>osa ed eru<strong>di</strong>ta» mai<br />

conclusa (poi usata da Pietro De Lama); nel 1778/1781 un intervento del Paciau<strong>di</strong>, tornato<br />

<strong>al</strong>la guida delle antichità duc<strong>al</strong>i (1778-1785). Nel 1793, infine, si collocano il progetto<br />

abortito <strong>di</strong> Angelo Schenoni e nel 1804/1805 la ricognizione decisa da Médéric-Élie<br />

Moreau de Saint Méry, administrateur génér<strong>al</strong> <strong>di</strong> Parma, Piacenza e Guast<strong>al</strong>la, per<br />

incarico <strong>di</strong> Napoleone I.<br />

L'interesse per l'area archeologica <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>, pur tuttavia con <strong>al</strong>terne vicende, rappresenta<br />

una costante nel tempo e un elemento <strong>di</strong> v<strong>al</strong>utazione dei criteri <strong>di</strong> scavo e della filosofia<br />

archeologica ad essi relativi. In occasione del I Convegno de<strong>di</strong>cato agli Stu<strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>ti (29-<br />

30 maggio 1954), in apertura Paolo Enrico Arias, <strong>al</strong>lora soprintendente <strong>al</strong>le Antichità per<br />

l'Emilia Romagna, sottolineava come per <strong>Veleia</strong> si ponesse un problema <strong>di</strong> duplice natura,<br />

ossia l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> strategie <strong>di</strong> restauro tese a sod<strong>di</strong>sfare l'aspetto turistico e quello<br />

scientifico del <strong>sito</strong>, fino <strong>al</strong> 1950 quasi del tutto trascurato se si escludono gli interventi del<br />

1938 sotto il patrocinio <strong>di</strong> Giorgio Monaco. Arias ribadì infatti che si doveva non solo<br />

abbandonare un restauro restrittivo, ma anche concepire una ricostruzione più estesa, per<br />

ricreare un contesto urbanistico-archeologico molto vicino <strong>al</strong>l'antico, in risposta <strong>al</strong>le<br />

necessità scientifiche e <strong>al</strong> gusto dei visitatori più o meno occasion<strong>al</strong>i, <strong>di</strong>sposti ad ammirare<br />

monumenti «incostruiti» in loco.<br />

Così Roberto Andreotti (I fattori storici della consistenza urbana <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>) ricolloca<br />

a metà del secolo scorso, in una visione a posteriori e moderna, quello che doveva essere<br />

la pianta del municipium veleiate in età romana, come era emersa dai primi scavi<br />

settecenteschi:<br />

«Intorno ad un foro <strong>di</strong> esigue <strong>di</strong>mensioni dovevano sorgere una basilica, un c<strong>al</strong>cifico, botteghe e se<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

associazioni. Nella serie <strong>di</strong> loc<strong>al</strong>i sul lato settentrion<strong>al</strong>e si è voluto ravvisare, non senza contrasti, un tempio,<br />

la curia, gli uffici dei magistrati citta<strong>di</strong>ni. Intorno a questo nucleo si aggruppavano le terme e <strong>di</strong>more private,<br />

<strong>al</strong>cune <strong>di</strong> tipo romano a cortile centr<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>tre con pianta irregolare <strong>di</strong> carattere in<strong>di</strong>geno ...».<br />

Il 24 aprile 1760, a <strong>di</strong>eci giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza d<strong>al</strong>l'inizio degli scavi, nel portico a<strong>di</strong>acente <strong>al</strong>la<br />

basilica si era rinvenuta la lex Rubria de G<strong>al</strong>lia Cis<strong>al</strong>pina, un ampio frammento bronzeo del<br />

49/42 a.C. [CIL XI, 1146 = CIL I², 592 Add.], «<strong>di</strong>stante circa braccia (piacentine) quattor<strong>di</strong>ci<br />

[7 metri circa] d<strong>al</strong>la lamina Traiana», come testimoniò Giacomo Nicelli in una lettera<br />

<strong>al</strong>l'entusiasta Du Tillot. Un mese dopo, l'area del foro, pavimentata con lastre <strong>di</strong> arenaria<br />

loc<strong>al</strong>e, venne <strong>al</strong>la luce: ulteriori rinvenimenti il 5 agosto, con l'epigrafe plate<strong>al</strong>e (CIL XI,<br />

1184), il 29, con il portico circostante e colonne in laterizio, le mensae – <strong>di</strong>sposte in modo<br />

simmetrico sul lato est e ovest della platea – in marmo rosa veronese. Si evidenziarono<br />

inoltre la struttura <strong>di</strong> raccolta delle acque che delimitava nel complesso la piazza,<br />

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