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Dalla Tabula alimentaria al sito di Veleia: due secoli e ... - ager veleias

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Il Costa, inoltre, tanto era preoccupato <strong>di</strong> raccogliere informazioni e notizie da<br />

Relazioni e stu<strong>di</strong>osi, quanto era <strong>di</strong>sinteressato a vedere <strong>di</strong> persona <strong>Veleia</strong>, dove si<br />

recherà, come già detto, a più <strong>di</strong> un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dell'avvio degli scavi, <strong>al</strong>l'inizio del<br />

settembre 1761, in occasione della visita <strong>di</strong> Filippo I. Quin<strong>di</strong>, le <strong>due</strong> Raccolte parmensi, da<br />

lui redatte nel 1761 e nel 1762/1763, come sottolinea Orsolina Montevecchi (Documenti<br />

ine<strong>di</strong>ti sugli scavi <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong> nel sec. XVIII = in AGER VELEIAS / Mirabilia / Testi 2010<br />

[www.veleia.it]), furono composte senza aver preso visione <strong>di</strong> persona del <strong>sito</strong> e le<br />

descrizioni ad esso relative sono il frutto della fervida immaginazione del canonico, sulla<br />

base dei Giorn<strong>al</strong>i <strong>di</strong> scavi.<br />

La gravosità dell'incarico per l'incapacità del Costa, inesperto <strong>di</strong> ricerca<br />

archeologica e impacciato nella redazione scritta dei risultati, rendeva le richieste del Du<br />

Tillot ancora più pesanti: non era in grado il canonico <strong>di</strong> scrivere un'opera ricostruendo<br />

l'assetto urbanistico <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong> sulla base dei monumenti rinvenuti, come si attendeva<br />

invece il primo ministro, né provvedere <strong>al</strong>la descrizione dei materi<strong>al</strong>i portati <strong>al</strong>la luce.<br />

Da Parma il canonico riceveva materi<strong>al</strong>i per sviluppare le sue ricerche – dai fogli su<br />

cui scrivere, ai testi che non riusciva a trovare nella città <strong>di</strong> Piacenza – e pure utili<br />

in<strong>di</strong>cazioni per avviare una nutrita corrispondenza con vari eru<strong>di</strong>ti it<strong>al</strong>iani e stranieri (i già<br />

citati De Caylus e Paciau<strong>di</strong>, su segn<strong>al</strong>azione del Du Tillot, mentre <strong>al</strong>l'insaputa del ministro<br />

continuavano i contatti con il G<strong>al</strong>letti, già interpellato per la lex Rubria de G<strong>al</strong>lia Cis<strong>al</strong>pina):<br />

ad essi ben presto iniziò a chiedere consigli e ad esporre dubbi, avaro tuttavia <strong>di</strong> idee e<br />

poco propenso a con<strong>di</strong>videre i risultati, riconfermando il timore <strong>di</strong> essere sc<strong>al</strong>zato d<strong>al</strong> ruolo<br />

prestigioso che stava ricoprendo. Nel 1761 il Costa re<strong>al</strong>izzava la stesura del primo volume<br />

delle scoperte del 1760, fiducioso <strong>di</strong> darlo <strong>al</strong>le stampe, con l'idea <strong>di</strong> unire una Memoria (in<br />

traduzione) del De Caylus sulle «terraglie» <strong>di</strong> <strong>Veleia</strong>.<br />

Il Du Tillot attendeva già nella primavera del 1762 il proseguimento dell'opera che il<br />

Costa ritardava a concludere, mentre la sua fortuna a corte incominciava a declinare,<br />

par<strong>al</strong>lelamente <strong>al</strong>la scarsità <strong>di</strong> scoperte nell'area archeologica e <strong>al</strong> <strong>di</strong>ffondersi dell'ipotesi <strong>di</strong><br />

una eventu<strong>al</strong>e sospensione delle ricerche, timore nutrito anche d<strong>al</strong> canonico che in una<br />

lettera del 9 agosto 1762, in<strong>di</strong>rizzata <strong>al</strong> ministro francese, proponeva <strong>di</strong> continuare gli<br />

scavi:<br />

«… sin tanto che si continua trovar dei fabbricati insister debbono quelle forti speranze colle qu<strong>al</strong>i<br />

saggiamente si è cominciato e proseguito fin qui il lavoro».<br />

Non si tratta tanto <strong>di</strong> lungimiranza scientifica del Costa, quanto piuttosto del fatto <strong>di</strong> dover<br />

«s<strong>al</strong>vare le apparenze», dato che agli occhi del panorama cultur<strong>al</strong>e europeo gli scavi e i<br />

relativi rinvenimenti <strong>di</strong>pendevano d<strong>al</strong>la sua <strong>di</strong>rezione. Nel marzo 1763 il Costa comunicava<br />

uffici<strong>al</strong>mente <strong>al</strong> Du Tillot che i fogli del tanto atteso secondo volume erano d<strong>al</strong> rilegatore,<br />

intuendo comunque da parte delle corte parmense l'intenzione <strong>di</strong> provvedere ad una sua<br />

sostituzione, e in una lettera privata <strong>al</strong> ministro (14 marzo 1763) domandava se dovesse o<br />

no presentare le proprie <strong>di</strong>missioni. Nel maggio dello stesso anno la risposta duc<strong>al</strong>e<br />

arrivava «sdossando» il canonico dell'esercizio della «luminosa carica», decretandogli un<br />

vit<strong>al</strong>izio annu<strong>al</strong>e <strong>di</strong> lire 2.000, cifra che provocò le lamentele del beneficiario che si affrettò<br />

subito a richiedere un'integrazione!<br />

Non estranea <strong>al</strong>la decisione duc<strong>al</strong>e la dura critica mossa, nei confronti del primo<br />

manoscritto costiano, d<strong>al</strong> De Caylus e d<strong>al</strong> Paciau<strong>di</strong> (che si espresse in questi termini: «Il<br />

povero canonico non sa cosa si <strong>di</strong>ca […] Non si può assolutamente pensare a stampare<br />

niente <strong>di</strong> ciò che ho veduto …»). Infatti, già nella primavera del 1757 si era avviata una<br />

corrispondenza tra De Caylus e Paciau<strong>di</strong>, dando vita ad un sod<strong>al</strong>izio person<strong>al</strong>e e<br />

profession<strong>al</strong>e t<strong>al</strong>e da concedere ampio spazio a commenti e v<strong>al</strong>utazioni su antiquari e<br />

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