Agnello delle isole delizia sopraffina - Edit

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20.06.2013 Views

Agnello delle isole delizia sopraffi na Anche preparare una frittata è un’arte Asparago bianco candida delicatezza Pagina 3 Quiche Lorraine e Pasqualina: torte salate come spuntino Pagina 6 L’aroma e il profumo inebriante della vaniglia Dipendenza da dolci simile a quella da sigarette L’ANTIPASTO di Fabio Sfi ligoi Gli organizzatori del festival enologico “Vinistra” hanno avuto un’idea brillante e a mio avviso azzeccatissima: il 15 aprile il Palasport “Žatika” (quello costruito a Parenzo per i Mondiali di pallamano e tristemente noto per alcuni casi di legionella) ospiterà la prima edizione di un “Mondo di Malvasia”. Si tratta di una rassegna dedicata interamente alla specie d’uva (e di vino) maggiormente diffusa nella penisola istriana e anche in altre parti del mondo. L’intenzione è quella di raccogliere a Parenzo il maggior numero di tipi di vino Malvasia e in questo senso gli organizzatori hanno inoltrato gli inviti di partecipazione a circa 700 produttori sparsi in tutto il mondo e in diversi continenti. Come obiettivo un “Mondo di Malvasia” vuole promuovere specifi cità, caratteristiche e qualità di un vino che sotto lo stesso nome nasconde facce e sfumature differenti che in effetti ne rappresentano la maggior ricchezza. Inoltre la rassegna servirà a conoscere trend e metodologie di preparazione diverse, ottimo banco di prova per uno scambio di esperienze indispensabili per garantire alla Malvasia un’ulteriore crescita a tutte le latitudini. Come sarà un importante banco di prova per i produttori istriani: dopo aver conquistato il mercato nazionale (nel 1998 la Malvasia è stata proclamata miglior sorta autoctona in Croazia, un anno più tardi DEL POPOLO cucina www.edit.hr/lavoce Anno V • n. 41 • Sabato, 28 marzo 2009 Pagina 2 Alla scoperta di un mondo di Malvasia Pagina 7 Pagina 8 le è stato assegnato il titolo di miglior vino bianco), ora lo step seguente è far breccia a livello internazionale, cosa molto più diffi cile, nonostante l’eccelsa qualità del prodotto e i continui progressi che si registrano grazie anche all’etichetta IQ (Istrian Quality), una vera e propria garanzia di bontà. Un “Mondo di Malvasia”, alla fi ne, si propone con forza per far diventare l’Istria un punto di riferimento importante per produttori, esperti e consumatori amanti di questo vino le cui radici affondano nella notte dei tempi. La premiazione delle migliori Malvasie è prevista per il 29 aprile in occasione della 16.esima edizione di “Vinistra”. Da segnalare anche domani e lunedì a Capodistria l’undicesimo festival “Malvasia, il gusto raffi nato del Mediterraneo 2009”, presso Palazzo Pretorio e nella sede dell’Università del Litorale. L’origine della Malvasia è legata ad un luogo chiamato Monembasia posto nel sud della Grecia, nel Poloponneso per la precisione, e il cui nome venne storpiato in Monovaxia e poi in Malvasia. I Veneziani conquistarono questi territori, produttori di vini di qualità eccelsa, a metà del 1200 e trasferirono i vitigni, per aumentarne la produzione, nell’isola di Creta, chiamata allora Candia e che occupavano già all’epoca della quinta crociata. Quei territori furono dominati dai Veneziani fi no alla metà del XVII secolo e l’attivi- tà di coltivazione delle viti, della produzione e dell’esportazione dei vini di Malvasia non ebbe sosta. Il commercio cessò a causa delle invasioni turche e al declino della Repubblica Veneziana. Il vino comunque era ricercato per la sua gran qualità, un vino “esotico”, non importava se fosse bianco o rosso, dolce o secco, aromatico o neutro: era semplicemente Malvasia. Perfi no le osterie della Serenissima, dove ne avveniva la mescita, erano chiamate Malvasie. Ancora oggi Venezia ospita tra la suggestiva toponomastica il termine Malvasia. I primi cenni sulla coltivazione di Malvasia in Istria risalgono al 1891 quando alcuni campioni vennero portati alla fi era vinicola di Zagabria. Nel 1900, in un articolo fi rmato F. Blasig dedicato alla vendemmia, alla Malvasia vengono collegati i territori di Pirano e Pedena. Una prima, ma breve, descrizione della Malvasia è stata realizzata nel 1913 da D. Libutti nell’articolo “Cenni su alcuni vitigni indigeni coltivati in Istria” pubblicato su “L’Istria Agricola”. Scrive Libutti. “È una specie d’uva dalle buone proprietà, va consigliata per la coltivazione”. Non ci sono, però, cenni sulle prospettive future per questa sorta d’uva. Libutti supponeva che in Istria si coltivassero diverse specie di Malvasia, ma non ha specifi cato quali. Segue a pagina 3

<strong>Agnello</strong> <strong>delle</strong> <strong>isole</strong><br />

<strong>delizia</strong> sopraffi na<br />

Anche preparare<br />

una frittata<br />

è un’arte<br />

Asparago bianco<br />

candida<br />

delicatezza<br />

Pagina 3<br />

Quiche Lorraine<br />

e Pasqualina:<br />

torte salate<br />

come spuntino<br />

Pagina 6<br />

L’aroma<br />

e il profumo<br />

inebriante<br />

della vaniglia<br />

Dipendenza<br />

da dolci simile<br />

a quella<br />

da sigarette<br />

L’ANTIPASTO<br />

di Fabio Sfi ligoi<br />

Gli organizzatori del festival enologico<br />

“Vinistra” hanno avuto un’idea<br />

brillante e a mio avviso azzeccatissima:<br />

il 15 aprile il Palasport “Žatika”<br />

(quello costruito a Parenzo per i Mondiali<br />

di pallamano e tristemente noto per alcuni<br />

casi di legionella) ospiterà la prima edizione<br />

di un “Mondo di Malvasia”. Si tratta<br />

di una rassegna dedicata interamente<br />

alla specie d’uva (e di vino) maggiormente<br />

diffusa nella penisola istriana e anche<br />

in altre parti del mondo. L’intenzione è<br />

quella di raccogliere a Parenzo il maggior<br />

numero di tipi di vino Malvasia e in questo<br />

senso gli organizzatori hanno inoltrato<br />

gli inviti di partecipazione a circa 700 produttori<br />

sparsi in tutto il mondo e in diversi<br />

continenti. Come obiettivo un “Mondo di<br />

Malvasia” vuole promuovere specifi cità,<br />

caratteristiche e qualità di un vino che sotto<br />

lo stesso nome nasconde facce e sfumature<br />

differenti che in effetti ne rappresentano<br />

la maggior ricchezza. Inoltre la rassegna<br />

servirà a conoscere trend e metodologie<br />

di preparazione diverse, ottimo banco<br />

di prova per uno scambio di esperienze<br />

indispensabili per garantire alla Malvasia<br />

un’ulteriore crescita a tutte le latitudini.<br />

Come sarà un importante banco di prova<br />

per i produttori istriani: dopo aver conquistato<br />

il mercato nazionale (nel 1998 la<br />

Malvasia è stata proclamata miglior sorta<br />

autoctona in Croazia, un anno più tardi<br />

DEL POPOLO<br />

cucina<br />

www.edit.hr/lavoce Anno V • n. 41 • Sabato, 28 marzo 2009<br />

Pagina 2 Alla scoperta di un mondo di Malvasia<br />

Pagina 7<br />

Pagina 8<br />

le è stato assegnato il titolo di miglior vino<br />

bianco), ora lo step seguente è far breccia<br />

a livello internazionale, cosa molto più diffi<br />

cile, nonostante l’eccelsa qualità del prodotto<br />

e i continui progressi che si registrano<br />

grazie anche all’etichetta IQ (Istrian<br />

Quality), una vera e propria garanzia di<br />

bontà. Un “Mondo di Malvasia”, alla<br />

fi ne, si propone con forza per far diventare<br />

l’Istria un punto di riferimento importante<br />

per produttori, esperti e consumatori<br />

amanti di questo vino le cui radici affondano<br />

nella notte dei tempi. La premiazione<br />

<strong>delle</strong> migliori Malvasie è prevista per il 29<br />

aprile in occasione della 16.esima edizione<br />

di “Vinistra”. Da segnalare anche domani<br />

e lunedì a Capodistria l’undicesimo festival<br />

“Malvasia, il gusto raffi nato del Mediterraneo<br />

2009”, presso Palazzo Pretorio e<br />

nella sede dell’Università del Litorale.<br />

L’origine della Malvasia è legata ad un<br />

luogo chiamato Monembasia posto nel sud<br />

della Grecia, nel Poloponneso per la precisione,<br />

e il cui nome venne storpiato in<br />

Monovaxia e poi in Malvasia. I Veneziani<br />

conquistarono questi territori, produttori<br />

di vini di qualità eccelsa, a metà del<br />

1200 e trasferirono i vitigni, per aumentarne<br />

la produzione, nell’isola di Creta,<br />

chiamata allora Candia e che occupavano<br />

già all’epoca della quinta crociata. Quei<br />

territori furono dominati dai Veneziani<br />

fi no alla metà del XVII secolo e l’attivi-<br />

tà di coltivazione <strong>delle</strong> viti, della produzione<br />

e dell’esportazione dei vini di Malvasia<br />

non ebbe sosta. Il commercio cessò a causa<br />

<strong>delle</strong> invasioni turche e al declino della<br />

Repubblica Veneziana. Il vino comunque<br />

era ricercato per la sua gran qualità,<br />

un vino “esotico”, non importava se fosse<br />

bianco o rosso, dolce o secco, aromatico o<br />

neutro: era semplicemente Malvasia. Perfi<br />

no le osterie della Serenissima, dove ne<br />

avveniva la mescita, erano chiamate Malvasie.<br />

Ancora oggi Venezia ospita tra la<br />

suggestiva toponomastica il termine Malvasia.<br />

I primi cenni sulla coltivazione di<br />

Malvasia in Istria risalgono al 1891 quando<br />

alcuni campioni vennero portati alla<br />

fi era vinicola di Zagabria. Nel 1900, in un<br />

articolo fi rmato F. Blasig dedicato alla<br />

vendemmia, alla Malvasia vengono collegati<br />

i territori di Pirano e Pedena. Una prima,<br />

ma breve, descrizione della Malvasia è<br />

stata realizzata nel 1913 da D. Libutti nell’articolo<br />

“Cenni su alcuni vitigni indigeni<br />

coltivati in Istria” pubblicato su “L’Istria<br />

Agricola”. Scrive Libutti. “È una specie<br />

d’uva dalle buone proprietà, va consigliata<br />

per la coltivazione”. Non ci sono, però,<br />

cenni sulle prospettive future per questa<br />

sorta d’uva. Libutti supponeva che in<br />

Istria si coltivassero diverse specie di Malvasia,<br />

ma non ha specifi cato quali.<br />

Segue a pagina 3


2 cucina<br />

UOVA<br />

È ritenuto un piatto semplice, ma non sempre è così...<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

L’arte di preparare una frittata<br />

di Fabio Sfi ligoi<br />

in tutte le sue forme, è il grande protagonista in cucina<br />

in questo periodo dell’anno che tra poco più di una decina di<br />

L’uovo,<br />

giorni ci porterà al culmine <strong>delle</strong> festività pasquali. Una <strong>delle</strong><br />

forme più antiche di preparare l’uovo è la frittata: le uova in fi n dei<br />

conti rappresentavano uno degli alimenti principali già fi n dalle prime<br />

civiltà e nel tempo lo sono sopravvissute in tutte le culture. Le frittate<br />

inoltre sono spesso sottovalutate perchè ritenute un piatto troppo semplice,<br />

mentre invece possono essere realizzate con ingredienti particolari<br />

e rappresentare una portata di sicuro effetto. In particolar modo in<br />

questo periodo dell’anno quando con il fi orire della primavera (sigh,<br />

più lento del previsto dopo un inverno brutto e freddo) ci fa trovare nei<br />

campi dell’Istria gustose erbe (tarassaco, cicoria, asparagi selvatici, fi -<br />

nocchietto, scalogno selvatico, salvia, timo...) capaci di trasformare la<br />

nostra frittata in piatto ricco di profumi ed essenze aromatiche.<br />

Preparare una frittata non è proprio così semplice come sembra.<br />

Troppo riduttivo pensare a sbattere un paio d’uova, buttarci dentro<br />

quello “che trovo in frigorifero” e quindi versare in tutto in padella<br />

a friggere. Anche la preparazione della frittata deve seguire alcune<br />

regole, la prima <strong>delle</strong> quali è la scelta <strong>delle</strong> materie prime. Al primo<br />

posto va messa le freschezza <strong>delle</strong> uova che andrete ad usare. Chi<br />

bazzica in cucina conosce benissimo i metodi per verifi care la bontà<br />

di un uovo. Ricordiamo una prova credo nota a tutti che consiste nel<br />

versare l’uovo in un recipiente contenente dell’acqua salata. Se un<br />

uovo è fresco, questo scenderà velocemente sul fondo. Se l’uovo tende<br />

ad andare verso la superfi cie o addirittura se vi galleggia, allora è<br />

da scartare. Nella vostra scelta preferite le uova più piccole. Sarebbe<br />

bene anche che, nel preparare la frittata, vengano usate uova a temperatura<br />

ambiente. Come condimenti della frittata nella maggior parte<br />

dei casi vengono usati burro e olio, possibilmente extravergine d’oliva.<br />

Per quanto riguarda il primo è bene versare il composto della frittata<br />

quando ha assunto un color nocciola. Nel secondo caso, invece,<br />

il punto giusto è quando l’olio EVO diventa ben caldo. Qualcuno usa<br />

anche lo strutto, pronto per le uova quando è sciolto del tutto. Da non<br />

sottovalutare il ruolo della padella di cottura: è preferibile che questa<br />

sia anti-aderente.<br />

E veniamo ora alla preparazione. Quando si sbattono le uova è<br />

consigliabile non far prendere schiuma al composto. Lavoratelo fi nché<br />

l’albume e il tuorlo non saranno un tutt’uno e fi no a che non si sarà<br />

sciolto il sale. Ci sono a questo punto diversi trucchi per rendere la<br />

frittata più morbida o più delicata e variano a seconda <strong>delle</strong> tradizioni<br />

di famiglia. In casa nostra è d’uso aggiungere un po’ d’acqua minerale<br />

per renderla più alta. Altri preferiscono aggiungerci del latte o della<br />

panna liquida da cucina per ottenere un gusto delicato (un cucchiaio<br />

scarso per ogni uovo usato). Un altro segreto è quello di montare gli<br />

albumi a neve a parte e unirli poi ai rossi sbattuti. Qualcuno, per dare<br />

maggior consistenza, aggiunge un po’ di farina. Un errore, in questo<br />

modo la frittata si rovina e anche se usata in presenza minima, la farina<br />

può dare fastidio al momento dell’assaggio.<br />

É consigliabile preparare la frittata con tutti gli ingredienti a freddo.<br />

Una volta versato il composto nella padella ben calda, questa va<br />

coperta, abbassando il fuoco al minimo. La frittata va girata quando la<br />

parte superiore si presenta ben soda, nel farlo aiutatevi con un piatto.<br />

È pronta quando entrambe le parti sono dorate. Volendo si può appoggiarla<br />

su della carta assorbente in modo da farle perdere il grasso. Uno<br />

dei grandi vantaggi della frittata è rappresentato dal fatto che può venir<br />

consumata calda, tiepida e fredda.<br />

Le frittate si possono fare anche in forno. In questo caso è fondamentale<br />

stufare le verdure che useremo, mentre alle uova che andremo<br />

a sbattere aggiungeremo un po’ di latte, sale, formaggio grana e pecorino.<br />

Spalmate d’olio una teglia non molto grande, e versate le uova<br />

composte, infornate fi no a che la frittata non avrà una bella crosticina<br />

dorata. La teglia non deve essere grande, altrimenti la frittata verrà<br />

bassa, invece usando una media, verrà fuori una “frittorta”.<br />

Frittata con cipolle<br />

Ingredienti:<br />

otto uova<br />

quattro cucchiai di olio<br />

extravergine d’oliva<br />

due grosse cipolle affettate<br />

e poco rosolate<br />

due cucchiai di pane<br />

ammollato nel latte<br />

due cucchiai di parmigiano<br />

prezzemolo, erba cipollina<br />

basilico (a piacere)<br />

sale e pepe<br />

La frittata di cipolle, una <strong>delle</strong> più classiche, cambia decisamente<br />

di sapore a seconda del grado di rosolatura e del rapporto uova/<br />

cipolle.<br />

Mescolate il pane con il parmigiano, le uova sbattute, i profumi,<br />

sale e pepe. Aggiungete le cipolle. Nella padella mettete due<br />

cucchiali d’olio e una volta caldo versate il composto. Appena la<br />

frittata comincia a solidifi care scuotete leggermente la padella per<br />

staccarla. A questo punto potete voltare la frittata facendola saltare<br />

o capovolgendola su un piatto. Ponete un po’ di olio nel tegame e<br />

fate rapprendere anche dall’altra parte.<br />

Frittata con spinaci e patate<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

150 grammi di spinaci<br />

100 grammi di patate<br />

un po’ di burro<br />

tre cucchiai di olio extravergine d’oliva<br />

una cucchiaiata di prezzemolo<br />

Frittata con ricotta<br />

e prosciutto crudo<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

due cucchiai di olio<br />

150 grammi di ricotta<br />

100 grammi di prosciutto crudo a listerelle<br />

due cucchiaiate colme di parmigiano grattugiato<br />

Si riduce in granelli la ricotta schiacciandola<br />

con una forchetta, si uniscono gli altri componenti<br />

e si procede come al solito. Appena la frittata<br />

comincia a solidifi care scuotete leggermente la<br />

padella per staccarla. A questo punto potete voltare<br />

la frittata facendola saltare o capovolgendola<br />

su un piatto grande. Ponete un po’ di olio nel<br />

tegame e fate rapprendere anche dall’altra parte.<br />

Eseguite tutto a calore vivo, la frittata deve essere<br />

dorata all’esterno, morbida all’interno e non impegnata<br />

di grasso. Servite calda o tiepida.<br />

(le ricette sono state tratte dal libro “In principio<br />

fu... l’uovo” di Daniela Mosena, Francesco<br />

Gottardi e Sostene Schena)<br />

un cucchiaino di maggiorana<br />

sale e pepe<br />

Lessate (ma non troppo) le patate e tagliatele a<br />

fettine; mettetele in padella dove avete fatto sciogliere<br />

un cucchiaio di burro e poco sale. Lessate<br />

ora gli spinaci in poca acqua salata; strizzateli e<br />

fateli insaporire in padella con un po’ di burro e<br />

un po’ di sale.<br />

In una terrina sbattete le uova (con sale e pepe<br />

a seconda del vostro gusto); aggiungete gli spinaci,<br />

le patate, il trito di prezzemolo e maggiorana e<br />

mescolate. Scaldate nella padella metà della dose<br />

dell’olio e quando sarà calda aggiungetevi il composto.<br />

Appena la frittata comincia a solidifi care<br />

scuotete leggermente la padella per staccarla. A<br />

questo punto potete voltare la frittata facendola<br />

saltare o capovolgendola su un piatto grande. Ponete<br />

un po’ di olio nel tegame e fate rapprendere<br />

anche dall’altra parte.<br />

Frittata con frutti di mare<br />

Ingredienti:<br />

sei uova<br />

due cucchiai di olio extravergine d’oliva<br />

600 grammi di telline<br />

500 grammi di vongole<br />

400 grammi di cozze (pedoci)<br />

due fette di pan carrè<br />

prezzemolo, aglio<br />

un po’ di vino bianco secco<br />

pepe e sale<br />

Fate aprire i frutti di mare in una padella con<br />

poco olio ed un aggiunta di prezzemolo solo alla<br />

fi ne. Si consiglia in questo caso l’aggiunta di<br />

vino.<br />

Sgusciare i frutti di mare e porli su un colino<br />

perché rimangano asciutti. In un po’ del liquido rilasciato<br />

dall’apertura dei frutti di mare far ammollare<br />

due fette di pan carrè. Strizzarle bene e ridurla<br />

in una pasta omogenea. Unire il tutto e procedere<br />

come al solito: appena la frittata comincia a solidifi<br />

care scuotete leggermente la padella per staccarla.<br />

Voltate la frittata facendola saltare o capovolgendola<br />

su un piatto grande. Ponete un po’ di<br />

olio nel tegame e fate rapprendere anche dall’altra<br />

parte. Eseguite tutto a calore vivo, la frittata deve<br />

essere dorata all’esterno, morbida all’interno.


Sabato, 28 marzo 2009<br />

SPECIALITÀ Viene raccolto quando si trova ancora sotto terra<br />

Asparago bianco,<br />

candida delicatezza<br />

Negli anni scorsi, più o meno in questo periodo,<br />

abbiamo dato ampio spazio sia all’asparago<br />

coltivato, quello che riconosciamo sotto<br />

alla denominazione “verde”, sia all’asparago selvatico,<br />

forse il top fra tutti per il suo sapore intenso. In<br />

questo numero andiamo a completare la trilogia proponendovi<br />

l’asparago bianco, prodotto che giunge assai<br />

raramente sulle nostre bancarelle, ma che può venir<br />

acquistato anche nei supermarket della vicina Italia.<br />

Del resto il Friuli è uno dei maggiori produttori di<br />

questo prelibato ortaggio. Un’altra zona nota a livello<br />

mondiale per l’asparago bianco è quella di Bassano<br />

del Grappa (Veneto).<br />

L’assenza di colorazione, caratteristica fondamentale<br />

dell’asparago bianco, deriva dal particolare metodo<br />

di coltivazione della pianta dalla quale l’asparago<br />

viene raccolto quando ancora si trova sotto il cumulo<br />

Tortino di patate<br />

e asparagi bianchi<br />

Ingredienti:<br />

200 grammi di asparagi bianchi<br />

200 grammi di patate<br />

quattro uova<br />

un dl di panna<br />

80 grammi di grana padano<br />

sale e pepe<br />

Per la vellutata:<br />

150 grammi di asparagi<br />

50 grammi di burro<br />

50 grammi di farina<br />

sale, semi di papavero<br />

Un antipasto caldo, di semplice esecuzione,<br />

fragrante e croccante grazie alla presenza <strong>delle</strong><br />

patate, ben legato dalla morbidezza della vellutata.<br />

Sbucciate, lavate e affettate molto sottilmente<br />

le patate; lavate e spellate gli asparagi e tagliate<br />

anch’essi molto fi nemente.<br />

Disponente entrambe le verdure, alternando a<br />

strati, in stampini di alluminio precedentemente<br />

imburrati e coprite il tutto con un composto, detto<br />

in gergo appareil, ottenuto sbattendo le uova con<br />

la panna e il grana grattugiato; salate e pepate. Infornate<br />

i tortini a 160° per 40’.<br />

Confezionate intanto la vellutata: mondate e<br />

spellate gli asparagi, tagliateli a tronchetti e bolliteli<br />

per 15’. In una casseruola fate fondere il burro,<br />

aggiungetevi la farina e gli asparagi bolliti e<br />

frullati. Amalgamate il tutto e fi ltrate infi ne al colino.<br />

Versate a specchio su ciascun piatto la vellutata<br />

di asparagi, sformatevi al centro un tortino<br />

e guarnite infi ne coi semi di papavero.<br />

Nidi di crespelle con<br />

asparagi caramellati<br />

Ingredienti:<br />

quattro crespelle dolci<br />

200 grammi di frutti di bosco a piacere<br />

100 grammi di asparagi bianchi<br />

120 grammi di zucchero<br />

succo di limone<br />

brandy<br />

Ottime anche per un buffet, queste crespelle<br />

propongono in maniera vincente il contrasto tra i<br />

dolci e morbidi frutti di bosco e le croccanti e dolci-amare<br />

note degli asparagi.<br />

Confezionate le crespelle. Saltate in padella i<br />

frutti di bosco, precedentemente mondati, lavati e<br />

ben asciugati, con il brandy e un po’ di zucchero.<br />

Togliete quindi dal fuoco e lasciate intiepidire.<br />

Nel frattempo sciogliete lo zucchero in una<br />

padella nella quale caramellerete gli asparagi<br />

mondati e tagliati a tocchetti; fate raggiungere al<br />

caramello la temperatura di 120°, quindi spegnete<br />

il fuoco. Servite disponendo in ciascun piatto<br />

una crespella nella quale adagerete un cucchiaio<br />

di frutti di bosco e gli asparagi caramellati.<br />

di terra con cui gli agricoltori hanno ricoperto all’inizio<br />

della primavera le asparagiaie. Questa tecnica consente<br />

all’asparago bianco di mantenere quel delicato<br />

sapore che lo contraddistingue, mentre gli amanti dei<br />

gusti più marcati sanno di trovare negli asparagi verdi<br />

quei sapori decisi che solo la luce del sole riesce a<br />

infondere ai germogli raccolti dopo la loro fuoriuscita<br />

dal terreno. Gli asparagi bianchi vengono raccolti a<br />

mano, tagliandoli alla base con un apposito coltello.<br />

Quindi vengono refrigerati in acqua e sono commercializzati<br />

in mazzi legati manualmente tra loro con un<br />

succhione di salìce chiamato “stroppa”. I turioni (le<br />

punte, per intenderci) dell’asparago bianco sono di<br />

forma allungata, di colore bianco-rosato, ben formati,<br />

dritti, interi, con apice serrato. Al consumo i turioni<br />

non devono mostrarsi vuoti, né spaccati, né pelati,<br />

né spezzati. Devono inoltre presentare bassa fi brosità<br />

e devono essere teneri, in quanto non sono ammessi i<br />

turioni con principi di lignifi cazione.<br />

Delicatezza e fragranza dell’asparago bianco permettono<br />

al consumatore di gustarlo in tutta la loro lunghezza.<br />

Proprio per la sua qualità e delicatezza è altamente<br />

deperibile e quindi va conservato in maniera<br />

corretta e consumato entro pochi giorni dal raccolto.<br />

Per mantenerne inalterate le pregiate caratteristiche,<br />

occorre osservare alcune avvertenze come l’immersione<br />

in acqua a una temperatura tra i 6 e gli 8 gradi<br />

per rallentare l’ossidazione. Meglio anche evitare<br />

l’esposizione prolungata alla luce e all’aria. Gli asparagi<br />

bianchi se sono freschi si spezzano ma non si piegano.<br />

L’asparago bianco si può cucinare in vari modi<br />

e sarà sempre un pasto regale, basti pensare che i dogi<br />

di Venezia ne avevano provviste nelle loro mense, da<br />

questo si suppone che lo gustassero piacevolmente.<br />

Comunque i veneti consigliano che il modo migliore<br />

per gustare l’asparago bianco sia quello di cucinarlo<br />

nel modo più semplice cioè un giusto bollore in acqua<br />

e una salsa all’uovo perché è così che vuole la tradizione.<br />

In un altra preparazione sugli asparagi bianchi<br />

lessati viene versarto un composto fatto con del burro<br />

fuso e del pangrattato. Ma l’asparago bianco è particolarmente<br />

adatto in abbinamento a risotti, minestre,<br />

paste e insalate.<br />

Citazioni storiche<br />

Bassano e il suo<br />

«dono più gradito»<br />

Lombatina di agnello con panur<br />

alle erbette e charlotte all’asparago bianco<br />

Ingredienti:<br />

4 carré d’agnello<br />

30 grammi di prezzemolo<br />

10 grammi di erba cipollina<br />

50 grammi di aglio<br />

50 grammi di pinoli<br />

50 grammi di pane in cassetta<br />

sale e pepe<br />

olio<br />

Per la charlotte:<br />

300 grammi di asparagi bianchi già<br />

cotti<br />

150 grammi di uova<br />

100 grammi di mascarpone<br />

30 grammi di grana padano<br />

300 grammi di asparagi sottili<br />

Tostate le ossa di agnello in forno<br />

per circa 15’; mettetele quindi in<br />

una casseruola con carota, sedano e<br />

scalogni precedentemente mondati<br />

e tritati fi nemente e bagnate il tutto<br />

con il vino rosso; lasciate che il vino<br />

Dalla prima pagina<br />

cucina 3<br />

La Serenissima stimava l’asparago cibo nobile in quanto se ne<br />

trova traccia nella contabilità di banchetti offerti ad ospiti di gran riguardo<br />

già nel primo Cinquecento. Dal Seicento lo si coltivava diffusamente<br />

negli Orti di Terraferma. I padri, in viaggio per il Concilio<br />

della Controriforma di Trento (1545-1563), transitando da Bassano,<br />

ebbero modo di gustare il prodotto locale e ci fu chi, tra loro,<br />

lasciò scritto dei suoi pregi dietetici. In una leggenda trascritta si racconta<br />

che San Antonio da Padova aveva portato dall’Africa sementi<br />

di asparago. Recatosi a Bassano per ammansire il tiranno Ezzelino,<br />

concludeva positivamente l’incontro. Tornando verso Padova, percorrendo<br />

la strada che congiungeva Bassano a Rosà, cospargeva tra<br />

le siepi le sementi che rendono tuttora quella terra come la più indicata<br />

e feconda per la coltura del turione.<br />

In un famoso dipinto del pittore veneziano Giovambattista Piazzetta<br />

(1682-1754) “La Cena di Emmaus” - Claveleur Museum of Art<br />

- è ben visibile il piatto di asparagi preparato secondo la tradizionale<br />

ricetta bassanese: “Sparasi e ovi, sale e pevare, oio e aseo” (asparagi<br />

e uova, sale e pepe, olio e aceto). Nel 1847 il prof. Terrazzi, in “Alcuni<br />

cenni dell’Agronomia e della Industria Bassanese”, descrivendo le<br />

qualità <strong>delle</strong> produzioni agricole locali, affermava “gli asparagi bassanesi<br />

sì candidi, sì buoni, sì saporosi, non vogliono essere altrimenti<br />

lodati; sono il dono più bello e gradito della nuova stagione”.<br />

evapori e versatevi infi ne dell’acqua<br />

fredda. Fate bollire a fuoco dolce per<br />

circa 3 ore; a cottura ultimata fi ltrate<br />

la salsa, aggiustatela di sale e tenetela<br />

da parte.<br />

In una casseruola con dell’olio rosolate<br />

il carrè d’agnello; salate, pepate<br />

e passatelo quindi nella panur che<br />

avrete ottenuto frullando il prezzemolo,<br />

l’erba cipollina, l’aglio, i pinoli tostati<br />

e il pane in cassetta e mettete a<br />

cuocere in forno a 180° per 8’.<br />

Confezionate infi ne la charlotte.<br />

Frullate con il cutter il mascarpone, le<br />

uova, il grana grattugiato e gli asparagi<br />

bolliti; salate, pepate e versate il<br />

composto così ottenuto in stampini<br />

precedentemente imburrati e rivestiti<br />

con gli asparagi sottili; cuocete a vapore<br />

per 25’ a 85°. Servite disponendo<br />

su ciascun piatto una charlotte e il<br />

carré d’agnello scaloppato e nappato<br />

con salsa.<br />

All’uva coltivata nel Parentino ha<br />

dato il nome di “Malvasia bianca”. Venendo<br />

ai tempi moderni dal 1946 al 1957<br />

Vitolović ha effettuato un’accurata ricerca<br />

ampelografi ca in Istria descrivendo<br />

198 specie d’uva, <strong>delle</strong> quali 91 autoctone.<br />

È giunto alla conclusione che<br />

in Istria viene coltivata solo quel tipo di<br />

Malvasia descritto da Libutti, con tre sottospecie:<br />

Malvasia grande (“vela”), Malvasia<br />

piccola e Malvasia dal grappolo<br />

scosso. La prima era la più diffusa, molto<br />

più rare le ultime due. Le ricerche vennero<br />

incentrate sulla Malvasia grande che<br />

Vitolović denominò Malvasia Istriana.<br />

Elencare oggi tutti i vitigni chiamati<br />

Malvasia sarebbe un compito diffi cile.<br />

Descriverli ancor più. Un esempio: quale<br />

relazione c’è tra la Malvasia di Candia,<br />

la Malvasia del Chianti e le Malvasie di<br />

Casorzo, di Castelnuovo Don Bosco o<br />

<strong>delle</strong> Lipari? Le prime due danno vini<br />

secchi, le altre vini dolci. Ma le varietà<br />

sono innumerevoli come la Malvasia di<br />

Madeira conosciuta come Malsmey, oppure<br />

la Malvasia Nera coltivata in Alto<br />

Adige, ma anche e soprattutto in Puglia.<br />

In Corsica c’è la Malvoise, vicino, anche<br />

la Sardegna ha una sua Malvasia. In<br />

Portogallo si coltiva la Malvasia Rey per<br />

produrre il White Port. Per non parlare<br />

della vasta diffusione della Malvasia nei<br />

vigneti californiani. Discreta la coltivazione<br />

anche nelle Isole Canarie, in Grecia<br />

nelle <strong>isole</strong> Paros e Syros e in Germania<br />

(Malvasier). Chissà, magari ne assaggeremo<br />

qualcuna tra poco più di due<br />

settimane a Parenzo, magari abbinata ad<br />

antipasti, primi piatti, formaggi, pesci di<br />

scoglio, salumi, ma anche carni bianche<br />

e cacciagione...


4<br />

Sabato, 28 marzo 2009 cucina<br />

ASPETTANDO PASQUA<br />

Uno tra i piatti tradizionali per le festività<br />

di Pasqua, è senza dubbio l’agnello,<br />

un tipo di carne di facile digestione e di<br />

alto valore nutritivo, con basso contenuto calorico.<br />

La sua particolarità è data dal fatto che<br />

può essere cucinato in mille modi diversi. Naturalmente,<br />

come per tutte le altre pietanze e<br />

per tutti gli altri tipi carne, c’è “carne e carne”<br />

o, per la precisione “agnello e agnello”. Dalle<br />

nostre parti, la più rinomata e conosciuta è<br />

quella proveniente dalle <strong>isole</strong> di Cherso e Lussino<br />

legate per antonomasia, oltre a tutte le sue<br />

caratteristiche turistiche, appunto alla carne<br />

d’agnello. Per sapere qualcosa di più in questo<br />

senso, abbiamo incontrato due persone che “di<br />

agnelli se ne intendono”: Zvonko Šalov, proprietario<br />

e cuoco nel ristorante “Poljana”, situato<br />

nell’omonimo campeggio lussignano, e<br />

il macellaio Ivan Burić di Lussinpiccolo. I loro<br />

greggi, sono disseminati in varie zone dell’isola<br />

ma anche negli isolotti circostanti ossia nelle<br />

aree di Palzol, Oruida, Canidole (Srakane),<br />

Stivan, Plata, Srem, Orlez e Krčina.<br />

Per quale motivo l’agnello isolano è ritenuto<br />

il migliore?<br />

“Ma è presto detto, esordisce Šalov. Principalmente<br />

per il fatto che le pecore (e quindi<br />

gli agnelli) non vivono al chiuso in qualche<br />

stalla. Sono sempre all’aperto, in natura<br />

– come se fossero bestie selvatiche. La specifi<br />

cità della nostra isola, che si nutrono con un<br />

migliaio di tipi di erbe tra le quali tantissime<br />

aromatiche e mediche… Non va dimenticato<br />

il fatto che considerate le caratteristiche del<br />

terreno vicino al mare, le erbe sono ricoperte<br />

di salsedine. Farò un esempio, nell’isolotto<br />

di Palazol, non c’è acqua. Le pecore, quindi,<br />

bevono quella marina, infi ltratasi tra le rocce.<br />

Gli ovini, quindi, sono sani sotto tutti i punti<br />

di vista visto che non bisogna nemmeno dimenticare<br />

il clima mediterraneo che è molto<br />

importante.<br />

Non vorrei togliere nulla alla carne di<br />

agnello dalle altre parti del Paese, quale quella<br />

della Lika ad esempio, ma l’isolana ha anche<br />

un odore e, di conseguenza, un sapore del<br />

tutto particolare. Si tratta di caratteristiche<br />

imparagonabili. Vorrei soffermarmi un attimo<br />

sul fatto che le nostre pecore bevono acqua<br />

marina. Succede molto spesso che quelle<br />

adulte, che hanno raggiunto anche i dieci anni<br />

e quindi destinate unicamente al macello,<br />

hanno le interiora come se fossero… agnellini<br />

di un anno. Il principale motivo è appunto<br />

l’acqua che non è quella potabile o stagnante,<br />

piena di batteri”.<br />

Quando la carne d’agnello è più prelibata?<br />

“Senza dubbio, quello di un agnellino tra<br />

il mese e mese e mezzo fi no ai sei mesi di vita<br />

anche se la sua qualità non viene meno se si<br />

tratta di un esemplare più anziano per tutte<br />

le caratteristiche citate più sopra”, afferma<br />

Zvonko Šalov.<br />

“Mi sia permesso di aggiungere – interviene<br />

Ivan Burić – che la gente, in primo luogo<br />

gli stranieri, hanno riconosciuto la qualità<br />

della carne d’agnello isolana. Quest’ultimi,<br />

non si lasceranno sicuramente ingannare…<br />

i ‘nostri’ agnellini non hanno la carne<br />

grassa. La vendita in macelleria? Mah, non è<br />

che vada proprio bene… Forse manca anche<br />

l’abitudine”.<br />

Veniamo ora alla parte più… “interessante”<br />

per il palato e per i buongustai. In<br />

quanti e in quali modi si può preparare la<br />

carne d’agnello?<br />

“Ma in… mille maniere. Ai ferri, allo<br />

spiedo, lesso, goulasch, fritta e chi più ne ha<br />

più ne metta. In poche parole: secondo i gusti<br />

e le abitudini…”<br />

Quali parti dell’agnello sono le migliori<br />

e come possono venire utlizzate in cucina?<br />

“A mio avviso – dice Burić– la parte migliore<br />

è quella anteriore dove ci sono più ossa<br />

ma ci sono coloro che preferiscono più carne.<br />

Lo ripeto, i gusti son gusti… I veri buongustai<br />

pretendono più carne anche se le costole<br />

non vanno da meno. Gli ossicini sono così<br />

piccoli da poter fare degli… stecchini”.<br />

Vediamo più da vicino le varie parti dell’agnello<br />

e per che cosa sono consigliate.<br />

Bracioline d’agnello: vengono ricavate<br />

dal lombo degli animali giovani, il cui dorso<br />

è abbastanza piccolo<br />

Il collo: il collo è ben venato di grasso<br />

ed è per questo motivo che durante la cottura<br />

questi pezzi rimangono molto sugosi e<br />

saporiti<br />

Costata d’agnello: è il nome dato a questo<br />

taglio inglese ricavato dall’intero pezzo di<br />

braciola, ma senza l’ultima costola. Questo<br />

pezzo è delizioso arrostito, ma attenzione: il<br />

grasso deve essere eliminato dopo la cottura.<br />

Bracioline di carrè d’agnello: molto<br />

buone da scottare in padella o alla griglia.<br />

Lonza: è molto buona d’arrostire intera.<br />

Tagliata in tranci è eccellente fatta scottata in<br />

padella o alla griglia.<br />

Il petto d’agnello: è uno dei tagli di questa<br />

carne più a buon mercato. Con o senza<br />

osso, può essere arrostito o grigliato. Disossato<br />

può essere utilizzato per arrosti arrotolati.<br />

Coscia d’agnello: può essere preparato<br />

in diversi modi. Intero, disossato, tagliato in<br />

tranci, arrosto, brasato, bollito o grigliato.<br />

Punta di petto d’agnello: ideale da cuocere<br />

alla griglia o da farcire.<br />

Coscia aperta: possono essere separati<br />

o anche essere tagliati in pezzi più piccoli.<br />

Attenzione , dopo la cottura il grasso va<br />

eliminato.<br />

Pancetta: da essa si ricava un’ottima carne<br />

arrotolata, che si può utilizzare come arrosto<br />

o grigliare in tranci.<br />

Posteriore con punta intero: se si arrostisce<br />

bisogna poi conoscere bene l’anatomia<br />

dell’agnello per poterlo tagliare correttamente.<br />

Spalla dell’agnello: costituisce al massimo<br />

il 17 o 18 p.c. del peso complessivo della bestia.<br />

Vista la taglia esile dell’animale raramente<br />

viene tagliata.<br />

L’agnello “sacrifi cale” è, da tempo immemorabile,<br />

la cifra distintiva <strong>delle</strong> tavole<br />

pasquali. La Pasqua greca non è concepibile<br />

senza il mitico “arnì sto souvla”,<br />

agnello intero arrostito allo spiedo, la<br />

cui cottura, lentissima, accompagnata da<br />

canti e danze tradizionali, occupa tutto il<br />

giorno di resurrezione. “Christos anésti”,<br />

“Cristo è risorto” inneggia il popolo greco,<br />

infi lzando fragranti bocconi di tenerissimo<br />

“agnus dei” cotto a puntino. È così che il<br />

dramma divino diviene teatro profano, pittoresco<br />

boccascena carnascialesco. Le sacre<br />

are trasformate, secondo i dettami di<br />

una laica, godereccia liturgia, in banchetti<br />

dionisiaci dominati più dal pathos che dalla<br />

pietas mistica. Il cibo diviene così indispensabile<br />

mezzo per conquistare il paradiso.<br />

Nei rituali pasquali, in modo particolare,<br />

l’alimentazione si viene ad intrecciare<br />

continuamente con la mitologia, pagana,<br />

cristiana o ebraica che sia. Lo stesso sacrifi<br />

cio dell’agnello attraversa, trasversalmente,<br />

tutte le cu Da quella mesopotamica<br />

alla greca, dalla cristiana alla<br />

giudaica e fenicia, il sangue dell’animale<br />

sacrifi cato ha, insieme, un valore purifi -<br />

catorio e propiziatorio. “Ecco l’agnello di<br />

Dio – esclama Giovanni il Battista – ecco<br />

colui che lava i peccati del mondo”, riferendosi<br />

al Gesù “sotiros”, al Gesù salvatore<br />

dell’umanità. Tra gli animali domestici,<br />

l’agnello era quello che maggiormente rispondeva<br />

ai canoni sacrifi cali, così mansueto<br />

e senza difese, senza artigli e senza<br />

corni, era ritenuto l’ideale per gli altari<br />

votivi.<br />

La festività pasquale ha tutte le caratteristiche<br />

<strong>delle</strong> mediterranee feste di primavera,<br />

plasmate, infl uenzate dal dramma<br />

di “morte-rinascita” insito nelle leggi<br />

Spalla di taglia maggiore: possono essere<br />

tagliate a livello dell’articolazione ed è ottimo<br />

arrostite o brasate.<br />

Cosciotto d’agnello: è molto magro. Delizioso<br />

se arrostito e speziato con erbe aromatiche.<br />

Le frattaglie<br />

La testa: non ha interesse a eccezione per<br />

i tagli di guanciale.<br />

Cervella: si deteriorano molto velocemente<br />

e si consumano soprattutto arrostite.<br />

Lingua: è di grande qualità. Nella maggior<br />

parte dei casi viene cotta o talvolta conservata<br />

salata.<br />

Animelle: sono il timo dell’animale, una<br />

ghiandola costituita da tessuto connettivo<br />

molle e delicato ed apprezzata sia per il sapore<br />

assai gustoso sia per la facile digeribilità.<br />

Sono deliziose se arrostite.<br />

Cuore: è eccellente da saltare in padella.<br />

Prima di cucinarlo bisogna eliminare minuziosamente<br />

ogni residuo di sangue.<br />

Fegato: ottimo da saltare in padella o d’arrostire<br />

allo spiedo.<br />

Torniamo ai modi di preparare la carne<br />

d’agnello. Alle specialità insomma…<br />

“Ma ecco. Nel mio ristorante offro l’agnello<br />

allo spiedo, sotto la campana , in guazzetto,<br />

ma anche un piatto che, in questo periodo,<br />

va per la maggiore: sugo di agnello con asparagi<br />

e fusi (oppure ‘šurlice’). Naturalmente si<br />

tratta di asparagi selvatici. Noi a Lussinpiccolo,<br />

tramite la Comunità turistica, prepariamo<br />

mensilmente specialità diverse che vengono<br />

offerte nei vari ristoranti. Ultimo nell’ordine,<br />

l’agnello al rosmarino….”.<br />

Usi e tradizioni<br />

Agnus Dei, cibo<br />

simbolo della Pasqua<br />

di Madre Natura. Pensiamo al mito, fortemente<br />

radicato nella cultura mediterranea,<br />

del Dio che muore e rinasce, come<br />

l’anatolico Attis o il fenicio Adone: due<br />

divinità perite di morte violenta, dal cui<br />

sangue versato risorgerà la vita. L’analogia<br />

con il mitologema salvifi co della<br />

Pasqua cristiana è quasi impressionante.<br />

Sarà proprio sul retaggio di questi antichissimi<br />

culti agrari che il popolo ebraico<br />

indirà la festa di Pesah, coincidente,<br />

come le Adonie (celebranti dal resurrezione<br />

del dio Adone), con il primo plenilunio<br />

successivo all’equinozio primaverile.<br />

Una festività che celebra, dunque,<br />

il passaggio dall’inverno alla primavera<br />

(la parola “pesah” vuol dire “passare oltre”).<br />

Come tutti i riti di passaggio, anche<br />

la Pesah era caratterizzata da offerte e<br />

sacrifi ci al dio, tra cui l’immolazione degli<br />

agnelli appena nati. Un’usanza, questa,<br />

ripresa e cristianizzata nell’Antico<br />

Testamento. Il libro dell’Esodo fa chiaro<br />

riferimento al sacrifi cio di “un agnello<br />

maschio, nato nell’anno”, da immolare<br />

al quattordici del mese di nisan, ossia<br />

dopo l’equinozio di primavera, tra marzo<br />

e aprile. “In questa notte ne mangeranno<br />

la carne arrostita al fuoco: la mangeranno<br />

con azzimi ed erbe amare” scandisce<br />

il Signore a Mosé e ad Aronne. Da allora,<br />

saranno questi i cibi rituali della cena<br />

pasquale ebraica o “haggadah”. Il sangue<br />

dell’agnello sacrifi cato, contrassegnando<br />

le abitazioni degli ebrei, segnerà<br />

la salvezza del popolo d’Israele in terra<br />

d’Egitto. A proposito dell’”agnus dei”, il<br />

Signore si raccomanda di non spezzarne<br />

alcun osso, ma di arrostirlo intero “con<br />

la testa, le gambe, le viscere”. Mai la parola<br />

di Dio sarà più esplicita di così in<br />

campo culinario.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

A Lussinpiccolo con due esperti in materia: Zvonko Šalov, proprietario e cuoco nel ristorante «Poljana», e il macellaio Ivan Burić<br />

Erbe, sale e clima: i tre segreti dell’agnello isolano<br />

di Silvano Silvani<br />

Il macellaio Ivan Burić assieme all’aiutante<br />

Zvonko Šalov con una <strong>delle</strong> cuoche del ristorante “Poljana”<br />

Alcune tra la moltitudine di ricette per preparare la carne d’agnello<br />

Guazzetto d’agnello alla Belej<br />

con asparagi e fusi<br />

Ingredienti per quattro persone: 1 kg di agnello,<br />

mezzo kg di cipolla, 2 dcl di vino bianco, concentrato<br />

di pomodoro, 2 cucchiai di farina, sale e pepe q.b., un<br />

rametto di rosmarino, 2 foglie d’alloro, 1 dcl di olio<br />

d’oliva, 1 dcl di olio di semi, mezzo kg di fusi, asparagi.<br />

Preparazione: tagliare la carne d’agnello a pezzeti; tritare<br />

la cipolla e farla soffriggere nell’olio. Quando imbiondisce,<br />

aggiungere la carne e dopo un paio di minuti<br />

aggiungere la farina, il concentrato di pomodoro, le foglie<br />

di alloro e gli altri ingredienti. Cospargere il tutto con<br />

l’olio e con il vino e cuocere per una ventina di minuti.<br />

Aggiungere gli asparagi e lasciare fi no a quando diventano<br />

teneri. Servire con i fusi precedentemente lessati.<br />

<strong>Agnello</strong> con piselli<br />

Ingredienti per 4 persone: 700<br />

grammi di agnello disossato, 450<br />

grammi di piselli (freschi o surgelati),<br />

70 grammi di pancetta, prezzemolo<br />

q.b., 4 spicchi d’aglio, una<br />

cipolla, 400 grammi di pelati, 200<br />

grammi di patate, olio d’oliva, sale,<br />

pepe.<br />

Preparazione: preparare il “pesto”<br />

con la pancetta sminuzzata e l’aglio.<br />

In una pentola, scaldare l’olio d’oliva<br />

e aggiungere la cipolla sminuzzata, salare<br />

e fare imbiondire. Aggiungere la<br />

carne tagliata a pezzetti. Mescolare i<br />

pelati (senza sugo) e il pesto, peperare<br />

e cucinare per una quarantina di minuti<br />

a fuoco lento aggiungendo un po’<br />

d’acqua. Indi, aggiungere il sugo dei<br />

pomodori, le patate tagliate a fettine e,<br />

quando ammorbidiscono, aggiungere i<br />

piselli. Cucinare ancora un paio di minuti<br />

e servire. <strong>Agnello</strong> lesso<br />

<strong>Agnello</strong> arrosto<br />

con patate<br />

Ingredienti: carne d’agnello, sale<br />

q.b., carote, sedano, cipolla, rosmarino,<br />

patate.<br />

Preparazione: tagliare la carne a dadi,<br />

salarla e soffriggerla. Aggiungere le carote<br />

affettate, il sedano, la cipolla e il rosmarino.<br />

Aggiungere le patate tagliate a<br />

pezzi e cospargere di tanto in tanto con il<br />

sugo. Arrostire per circa un’ora.<br />

Finora abbiamo parlato di piatti “classici”.<br />

Ci saranno, probabilmente, anche altri.<br />

Quelli che solitamente vengono preparati<br />

esclusivamente per uso domestico nel<br />

rispetto di tradizioni…<br />

“Certamente. Un’antica specialità paesana,<br />

d’antichissima tradizione, è il cosiddetto<br />

‘udić’. Di che si tratta? Una volta mangiata<br />

la carne, le ossa rimaste vengono fate bollire<br />

nell’acqua nella quale si aggiunge la polenta<br />

che deve restare molto liquida tanto da man-<br />

<strong>Agnello</strong> allo spiedo<br />

Preparazione:<br />

cospargere<br />

con abbondante<br />

sale l’agnello<br />

intero e lasciare<br />

insaporire per<br />

alcune ore. “Girarlo”<br />

vicino ad<br />

un abbondante<br />

brace (senza<br />

fumo) ottenuta<br />

dal legno di<br />

quercia per almeno<br />

tre ore.<br />

Guazzetto d’agnello<br />

Frittata con “prosciutto” d’agnello<br />

Ingredienti: mezzo kg di carne, una carota,<br />

una cipolla, radice di sedano, pomodori,<br />

una testa piccola di cappuccio, qualche foglia<br />

d’alloro, un piccolo porro, 4 spicchi d’aglio,<br />

un piccolo cucchiaio di chiodi di garofano, un<br />

rametto di rosmarino, un piccolo cucchiaio di<br />

pepe in grano, foglie di prezzemolo, sale.<br />

Preparazione: mettere la carne in una padella<br />

e coprirla con acqua fredda. Aggiungere le carote<br />

tagliate a fettine, le foglie di prezzemolo e sedano,<br />

l’alloro, gli spicchi d’aglio e il concentrato di pomodoro. Salare. Cuocere a<br />

fuoco lento per circa un minuto. Nel frattempo, coprire i pomodori con acqua bollente,<br />

toglierli, sbuccrali e tagliarli in piccoli pezzetti. Nell’olio, soffriggere l’aglio<br />

e quando imbiondisce aggiungere i pomodori. Salare e pepare. Quando la carne<br />

ammorbidisce, toglierla e tagliarla a pezzettini. Servire con patate salate.<br />

giarla con il cucchiaio. Semplicissimo da un<br />

gusto molto particolare. Non va nemmeno dimenticato<br />

il latte di pecora. Una volta fatta la<br />

ricotta è ideale per una buona ‘polenta alla<br />

Belej’. Forse sarò soggettivo, visto che mia<br />

moglie è di Belej, ma si tratta di una specialità<br />

sotto tutti i punti di vista. La polenta viene<br />

tagliata a fette e tra di esse si pongono <strong>delle</strong><br />

fette di ricotta. Potrei continuare con un altro<br />

piatti forse un po’ insoliti ma che sono ugualmente<br />

ricercati. Mi riferisco alle frattaglie e<br />

<strong>Agnello</strong> sotto la campana<br />

Ingredienti: 2 kg di agnello, 2 kg di<br />

patate, cipolla, rosmarino, foglie di alloro,<br />

strutto, olio d’oliva, sale e pere q.b.<br />

Preparazione: lavare la carne, asciugarla<br />

e tagliarla in due o tre pezzi. Soffregarla<br />

col sale e metterla nel recipiente inferiore<br />

unto della campana. Accerchiarla di patate<br />

tagliate a metà e di cipolla tagliata a fette.<br />

Aggiungere i rametti di rosmarino, le foglie<br />

di lauro, il sale, il pepe, versare l’olio<br />

e coprire con la campana. Rincalzare con<br />

la brace ed arrostire sul focolare un’ ora e<br />

mezzo - due.<br />

5<br />

specialmente alla trippa. Annualmente, durante<br />

la stagione, noi macelliamo dai trecento<br />

ai quattrocento agnelli e la trippa… sparisce<br />

subito”.<br />

E per fi nire. Esiste anche il “prosciutto”<br />

d’agnello?<br />

“Certo che esiste. Viene prodotto in quantità<br />

minime ed è prettamente per uso domestico.<br />

Lo si produce dalla coscia, nel modo usato<br />

per fare quelli ‘veri’, ossia di maiale. Particolarmente<br />

saporito con una buona frittata”...


6 cucina<br />

IDEE Bella stagione, è tempo di passeggiate e magari anche pic-nic<br />

Primavera e Pasqua: tempo di gite<br />

fuori porta, tempo di scampagnate<br />

e passeggiate, tempo di pic-nic...<br />

Non volendo andar a spendere in trattorie<br />

e ristoranti, vista anche l’aria (di crisi)<br />

che tira, è quindi consigliabile portarsi<br />

dietro qualche spuntino. In questo numero<br />

vi consigliamo le torte salate che hanno<br />

il pregio di poter essere preparate in<br />

anticipo e consumate anche fredde. Inoltre<br />

si prestano benissimo per consumare<br />

gli avanzi del giorno prima o magari per<br />

svuotare il frigorifero da quei fastidiosi rimasugli<br />

di “un po’ di tutto”.<br />

La mossa più semplice, e soprattutto<br />

più veloce, per confezionare una torta salata<br />

è quella di acquistare un rotolo di pasta<br />

già pronta, fresca o surgelata. In questo<br />

senso l’industria alimentare ha fatto<br />

grossi progressi e i prodotti in commercio<br />

sono affi dabili, buoni e anche già stesi. Il<br />

che signifi ca facilitare il compito a chiunque<br />

si appresti a cucinare. Certo le paste<br />

pronte tolgono un po’ di piacere a chi ama<br />

avere proprio “le mani in pasta” e magari<br />

vanno a limitare le possibilità di dare<br />

anche alla pasta un tocco personale. Per<br />

questi restano indispensabili le ricette dalla<br />

pasta brisée e della pasta sfoglia.<br />

La pasta brisée è un impasto friabile<br />

di farina e burro, ideale per rivestire i ripieni<br />

per le torte salate a base d’uovo o<br />

formaggio. Con aggiunta di zucchero la<br />

brisée serve anche nella pasticceria dolce.<br />

La pasta sfoglia è una preparazione<br />

abbastanza complessa adatta a pasticceria<br />

dolce o salata. Prevede un tempo piuttosto<br />

lungo di lavorazione, durante il quale<br />

si formano <strong>delle</strong> sfoglie che conferiscono<br />

alla sfoglia elasticità e leggerezza. Esiste<br />

anche la pasta fi llo (dal greco “sfoglia”):<br />

molto sottile e dalla cottura breve.<br />

Ingredienti:<br />

Per la pasta:<br />

250 grammi di farina più quella necessaria<br />

per stendere la sfoglia<br />

un uovo<br />

140 grammi di burro.<br />

Per la copertura:<br />

175 grammi di pancetta affumicata<br />

30 grammi di burro<br />

quattro uova<br />

un bicchiere di panna<br />

pepe, sale, noce moscata<br />

Disponete la farina a fontana sulla spianatoia e spolverizzatela<br />

di sale; nell’incavo centrale mettete l’uovo e il burro a pezzetti.<br />

Lavorate gli ingredienti fi no ad ottenere una pasta omogenea.<br />

Formate un panetto e lasciatelo riposare per 10 minuti.<br />

Intanto imburrate lo stampo con 16-20 g di burro.<br />

Ora stendete la pasta sulla spianatoia infarinata, in una sfoglia<br />

larga a suffi cienza per rivestire il fondo e le pareti della tortiera.<br />

Adagiate la pasta nello stampo, premendola sul fondo per<br />

farla aderire bene; poi ripiegate tutt’intorno quella in eccedenza,<br />

formando un cordoncino, che pizzicherete con le dita Pungete la<br />

pasta con i rebbi di una forchetta, quindi copritela e tenetela in<br />

frigorifero per 3-4 ore.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

Torte salate, spuntino di primavera<br />

Preparare il ripieno<br />

I ripieni per le torta salate hanno<br />

come base uova o ricotta. Quelle<br />

a base d’uovo sono le quiche: vere e<br />

proprie frittate che cuociono in forno,<br />

arricchite con formaggio e prosciutto.<br />

Le torte a base di ricotta richiamano la<br />

Pasqualina con erbette, spinaci o carciofi<br />

, mescolati a un impasto di ricotta,<br />

parmigiano grattugiato, erbe aromatiche<br />

e un fi lo d’olio extravergine d’oliva.<br />

Ma come succede spesso in cucina<br />

anche nel caso <strong>delle</strong> torte salate tutto e<br />

lasciato all’inventiva di chi cucina. Vi<br />

presentiamo le ricette <strong>delle</strong> due torte<br />

salate più famose.<br />

Torta Pasqualina<br />

Ingredienti:<br />

200 grammi di farina<br />

cinque cucchiai di olio extravergine<br />

500 grammi di carciofi<br />

250 grammi di ricotta<br />

10 grammi di burro<br />

mezza cipolla affettata<br />

uno scalogno affettato<br />

due cucchiai di succo di limone<br />

quattro uova<br />

due cucchiai di grana grattugiato<br />

sale, pepe nero<br />

Mescolate la farina con il sale e disponetela a fontana. Versate<br />

al centro un cucchiaio d’olio, mezzo bicchiere d’acqua e impastate<br />

gli ingredienti fi no a ottenere un composto ben omogeneo.<br />

Dividetelo in quattro pezzi, copritelo con un canovaccio inumidito<br />

e lasciatelo riposare per un’ora.<br />

Nel frattempo lavate i carciofi sotto l’acqua corrente.<br />

Eliminate le punte e le foglie più dure, tagliateli in quattro<br />

parti e fateli bollire per circa 20 minuti a fuoco dolce in acqua<br />

leggermente salata e con l’aggiunta di qualche goccia di limone.<br />

Quando saranno teneri, scolateli e rosolateli insieme a un trito di<br />

cipolla e scalogno in due cucchiai d’olio. In seguito salate gli ingredienti,<br />

travasateli in una terrina e mescolateli insieme con la<br />

ricotta, il grana, un uovo, sale e pepe. Lavorate con il mattarello<br />

Quiche Lorraine<br />

Torta campagnola Torta di spinaci e formaggio<br />

Ingredienti:<br />

400 grammi di pasta sfoglia surgelata<br />

sei patate<br />

150 grammi di fontina<br />

150 grammi di salsiccia<br />

quattro spicchi d’aglio<br />

un cucchiaio di prezzemolo tritato<br />

un po’ di paprica dolce<br />

un uovo<br />

sale<br />

Scongelate la pasta sfoglia. Lessate le patate<br />

con la buccia in acqua salata; quando saranno<br />

cotte, scolatele, lasciatele raffreddare un po’, poi<br />

sbucciatele e tagliatele a fettine.<br />

Tagliate a fette sottili il formaggio e la salsiccia<br />

privata del budello. Stendete la pasta sfoglia e<br />

ricavatene due dischi, di cui uno più grande dell’altro.<br />

Adagiate quest’ultimo in uno stampo, alternandoli,<br />

formaggio, salsiccia, un pizzico di<br />

prezzemolo, di aglio tritato e qualche pizzico di<br />

paprica.<br />

Coprite la torta con l’altro disco, pizzicate con<br />

le dita i bordi tutt’intorno in modo da saldarli alla<br />

pasta sottostante. Pennellate la pasta con l’uovo<br />

sbattuto e mettete a cuocere in forno caldo a<br />

180°C per circa 40 minuti.<br />

Servire calda.<br />

Ingredienti:<br />

125 grammi di farina<br />

un pizzico di senape in polvere<br />

un uovo<br />

30 dl di latte<br />

25 grammi di burro fuso<br />

olio di semi, sale<br />

Per la farcia:<br />

450 grammi di spinaci surgelati tritati<br />

220 grammi di ricotta<br />

220 grammi di formaggio emmenthal<br />

220 grammi di formaggi caprini<br />

due pezzi di pasta fi no a ottenere due dischi sottili. Foderate con<br />

il primo una teglia precedentemente unta, oliatene la superfi cie<br />

e poi sovrapponetene il secondo disco. Distribuite il ripieno in<br />

un solo strato uniforme, formando tre fossette. In ognuna di esse<br />

metterete un pezzetto di burro e un uovo intero crudo, badando a<br />

non rompere il tuorlo. Preparate con la rimanente pasta altri due<br />

dischi. Adagiate il primo sul ripieno, oliatelo e sistematevi sopra<br />

il secondo.<br />

Premete leggermente l’ultimo disco di pasta lungo il bordo e<br />

ripiegate verso l’interno la pasta eccedente.<br />

Scaldate il forno a 200° e cuocete la torta pasqualina per<br />

un’ora. Potete servirla ancora calda o a temperatura ambiente.<br />

Al momento opportuno, mettete la pancetta sul tagliere, liberatela<br />

della cotenna e tagliatela a striscioline.<br />

Fate scaldare sul fuoco una padella di ferro e ponetevi le striscioline<br />

di pancetta, che dovranno buttare tutto il loro grasso.<br />

Poi levate la pancetta dal recipiente, eliminate il grasso e<br />

asciugate la padella con una carta assorbente. Fate fondere, nella<br />

stessa padella, il burro e gettatevi di nuovo le strisce di pancetta:<br />

lasciatele tostare, quindi levatele dal fuoco.<br />

Disponete le strisce di pancetta sulla base di pasta.<br />

Rompete le uova in una terrina e stemperatele con la panna,<br />

sbattendo con una frusta; poi insaporitele con abbondante pepe<br />

e con un pochino di noce moscata grattugiata. Rovesciate lentamente<br />

il miscuglio sulla pancetta e introducete la quiche in forno,<br />

lasciandola cuocere per 45 minuti a circa 200 gradi.<br />

mezzo litro di panna da cucina<br />

tre uova<br />

un pizzico di noce moscata<br />

due cucchiai di formaggio parmigiano grattugiato<br />

sale e pepe<br />

Accendete il forno a 180 gradi. Setacciate la farina, la senape<br />

in polvere e il sale in una ciotola.<br />

Aggiungete poco per volta l’uovo sbattuto e il latte, mescolando<br />

fi no a ottenere una crema densa e morbida. Unite il<br />

burro fuso e mescolate ancora. Lasciate riposare. Preparate la<br />

farcia: fate sgelare gli spinaci in un padellino, per dieci minuti,<br />

mescolando spesso. Schiacciateli ed eliminate l’acqua in<br />

eccesso. Aggiungete la ricotta, i caprini, 150 g di emmenthal<br />

grattugiato, la panna e le uova sbattute. Salate, pepate, profumate<br />

con la noce moscata e mescolate bene. Ungete leggermente<br />

con olio dì semi una padella antiaderente di 18 cm di<br />

diametro. Versatevi impasto suffi ciente a coprirne il fondo<br />

con uno strato sottile. Cuocete per uno o due minuti a fuoco<br />

medio fi nché la crespella sarà dorata da un lato, quindi rigiratela<br />

e cuocete per altri due minuti sull’altro lato.<br />

Ripetete con il resto dell’impasto e fate otto crespelle.<br />

Sistemate una crespella su una teglia leggermente unta e<br />

distribuitevi sopra un poco della crema di spinaci. Coprite<br />

con un’altra crespella e proseguite a strati fi no a esaurimento<br />

degli ingredienti. Cospargete l’ultima crespella con il parmigiano<br />

e il resto dell’emmenthal grattugiati e cuocete in forno<br />

per quindici minuti.


Sabato, 28 marzo 2009<br />

SPEZIE<br />

È senza dubbio la più usata nella realizzazione di dolci<br />

Vaniglia, profumo e aroma<br />

inebrianti<br />

La vaniglia, con il suo aspetto candido e il suo profumo inebriante<br />

è uno degli aromi più utilizzati in cucina per la realizzazione dei<br />

dolci. Forse non tutti sanno che la vaniglia è in realtà una varietà<br />

di orchidea che, rispetto alle altre specie, viene coltivata non a fi ni<br />

ornamentali ma esclusivamente per la produzione della famosa spezia<br />

dall’aroma dolce e la profumazione intensa. Originaria del Messico,<br />

è coltivata in tutte le regioni tropicali (le <strong>isole</strong> Mauritius, le Comore,<br />

le Seychelles e l’Indonesia), in Africa e in Oceania; ma quella più<br />

pregiata (la vaniglia Bourbon) proviene dall’isola della Reunion e dal<br />

Madagascar (il maggior produttore mondiale).<br />

La pianta ha foglie carnose di color verde scuro e, per tutta l’estate,<br />

produce dei bellissimi fi ori di colore giallo molto grandi, la cui durata,<br />

però, non supera i due giorni; ma sono proprio i suoi frutti, comunemente<br />

detti baccelli, quelli che vengono utilizzati per aromatizzare<br />

le nostre portate. Occorrono 3 anni prima che una pianta fi orisca ma,<br />

se ben curata, continuerà poi a produrre fi ori per almeno altri 10 anni,<br />

con una media di 100 baccelli per anno.<br />

Tartellette al caffè<br />

e alla vaniglia Arance alla vaniglia<br />

Ingredienti:<br />

130 grammi di burro<br />

130 grammi di zucchero<br />

130 grammi di farina<br />

due cucchiaini di lievito<br />

due uova<br />

poche gocce di essenza di vaniglia<br />

due cucchiaini di latte<br />

due cucchiaini di caffè solubile<br />

Per la glassa:<br />

un cucchiaino di caffè solubile<br />

180 grammi di zucchero a velo<br />

chicchi di caffè di cioccolato<br />

Accendete il forno a 190 gradi.<br />

Preparate 16 pirrottini di carta<br />

per cottura in forno. Lavorate<br />

il burro (che deve essere a temperatura<br />

ambiente) con lo zucchero<br />

poi unite la farina, il lievito<br />

e le uova. Mescolate bene e<br />

dividete il composto in due par-<br />

Per la pasta:<br />

100 grammi di burro<br />

70 grammi di zucchero<br />

un pizzico di sale<br />

un baccello di vaniglia<br />

un uovo<br />

un tuorlo d’uovo<br />

una punta di lievito<br />

200 grammi di farina<br />

otto cucchiai di latte magro<br />

Per decorare:<br />

40 grammi di cioccolata<br />

Per la pasta: mescolate insieme<br />

il burro a temperatura<br />

ambiente, lo zucchero, il sale e<br />

il baccello di vaniglia fi no ad<br />

ottenere un composto cremoso.<br />

Sbattete l’uovo ed il tuorlo incorporandoli<br />

alla farina setacciata<br />

con il lievito e al latte.<br />

ti: a una mescolate la vaniglia<br />

e il latte, all’altra incorporate il<br />

caffè diluito con due cucchiaini<br />

di acqua calda. Distribuite i due<br />

composti a piccole cucchiaiate<br />

nei pirrottini e mescolateli poco<br />

per creare un effetto marmorizzato.<br />

Usate uno stecco o la lama<br />

di un coltello.<br />

Cuocete nel forno per 15-<br />

20 minuti. Quando i dolcetti<br />

saranno ben cresciuti e dorati,<br />

fateli raffreddare distribuendoli<br />

su una gratella. Per la glassa<br />

sciogliete il caffè solubile in 2<br />

cucchiai di acqua calda e unitevi<br />

zucchero a velo suffi ciente<br />

a formare una glassa che veli il<br />

dorso di un cucchiaino. Decorate<br />

ogni tartelletta con un poco di<br />

glassa e disponete al centro un<br />

chicco di caffè di cioccolato.<br />

Lasciate riposare mezz’ora prima<br />

di servire.<br />

Biscottini alla vaniglia<br />

Con una siringa da pasticciere<br />

dalla bocchetta a forma<br />

di stella, strizzate la pasta ottenendo<br />

dei biscotti che disporrete<br />

su una teglia rivestita di carta<br />

da forno. Cuoceteli per circa 20<br />

minuti a 200 gradi in forno già<br />

caldo. Una volta cotti toglieteli<br />

subito dalla teglia e fateli raffreddare.<br />

Fondete la cioccolata a bagnomaria<br />

e riempite con essa un<br />

imbuto di pergamena e decorate<br />

i biscotti.<br />

Suggerimento: i biscotti<br />

sono ottimi appena sfornati.<br />

Se volete conservarli, metteteli<br />

nel congelatore: all’occorrenza<br />

li potrete scongelare in<br />

un attimo.<br />

con whisky<br />

Ingredienti:<br />

otto arance<br />

400 grammi di zucchero semolato<br />

una confezione panna<br />

un baccello di vaniglia<br />

whisky<br />

Con un coltello affi latissimo sbucciate le arance<br />

togliendo, nel fare questa operazione, contemporaneamente<br />

alla buccia, anche la pellicina che<br />

riveste gli spicchi. A lavoro ultimato le arance<br />

dovranno riuscire completamente pelate.<br />

Senza aprirle asportate anche la pellicina<br />

bianca che è tra uno spicchio e l’altro.<br />

Via via che le arance sono pronte mettetele<br />

in una terrina facendo un solo strato. Ponete sul<br />

fuoco in una casseruolina circa mezzo litro di acqua,<br />

il baccello di vaniglia e 300 grammi di zucchero<br />

sempre mescolando fate alzare il bollore,<br />

poi abbassate il fuoco e lasciate bollire lo sciroppo<br />

per circa dieci minuti. Aggiungetevi allora un<br />

bicchiere circa di whisky, mescolate, versate tutto<br />

sulle arance e tenetele al fresco per circa due<br />

ore. Nel frattempo, con un coltellino asportate<br />

alla metà abbondante <strong>delle</strong> scorze d’arance che vi<br />

sono rimaste tutta la pellicina bianca, poi tagliate<br />

quanto vi rimane a striscioline, mettetele in una<br />

casseruolina, copritele d’acqua, ponete sul fuoco<br />

e lasciate bollire per circa dieci minuti. Immergete<br />

poi le scorzette in acqua fredda corrente e lasciatele<br />

raffreddare. Solo allora rimettetele nella<br />

casseruolina, unite il restante zucchero e una cucchiaiata<br />

circa del liquido nel quale sono immerse<br />

le arance, ponete il recipiente sul fuoco e lasciatevelo,<br />

mescolando di tanto in tanto con una forchetta,<br />

sino a che le scorzette si sono caramellate<br />

e ben rivestite di zucchero (non devono indurirsi<br />

molto), quindi stendetele su un piatto e lasciatele<br />

raffreddare.<br />

Mettete in frigorifero anche una coppa grande<br />

(o <strong>delle</strong> coppette individuali) che userete per servire<br />

le arance ai commensali. Poco prima di portarle<br />

in tavola montate la panna e mettetela in una<br />

ciotola. Sistemate le arance nella coppa, irroratele<br />

con lo sciroppo rimasto nel recipiente (meno<br />

la vaniglia) distribuite sulle arance le scorzette<br />

candite e servite accompagnando con la panna<br />

montata.<br />

cucina 7<br />

Varietà<br />

Ci sono molte varietà di vaniglia ma la più conosciuta<br />

e senz’altro la vaniglia Bourbon. I lunghi<br />

baccelli della Vaniglia Bourbon dell’isola<br />

Reunion, sono di una qualità eccezionale. La tecnica<br />

di trasformazione della vaniglia Bourbon è<br />

molto complessa; al fi ne di evitare la perdita dell’olio<br />

essenziale, è richiesta al produttore una lunga<br />

esperienza. Si sposa perfettamente con la cannella,<br />

l’anice, il chiodo di garofano, lo zenzero...<br />

Come scegliere<br />

Il baccello della vaniglia deve essere nero,<br />

morbido e di aroma intenso.<br />

Conservazione<br />

Un consiglio per acquistare i baccelli di vaniglia:<br />

se sono di qualità devono poter essere attorcigliati<br />

intorno a un dito senza danneggiarsi.<br />

Vanno poi conservati in un vaso di vetro chiuso<br />

ermeticamente, possibilmente al buio e mai<br />

in frigorifero. E come maneggiarli? Se la ricetta<br />

prevede l’uso di un baccello intero, affi nché sprigioni<br />

tutto il suo sapore bisogna inciderlo per il<br />

lungo con un coltello. In altri casi bisogna usare<br />

i semini interni al baccello che si ricavano (dopo<br />

l’incisione per il lungo) raschiandoli via con un<br />

coltellino affi lato. Con il baccello privo di semini<br />

si può aromatizzare lo zucchero usato per il caffè<br />

ponendolo direttamente all’interno della zuccheriera<br />

o del barattolo.<br />

Proprietà<br />

La vaniglia ha proprietà stimolanti ed antisettiche,<br />

è altamente afrodisiaca ed è da molti considerata<br />

la più deliziosa tra tutte le spezie. Alla<br />

vaniglia vennero presto attribuite virtù afrodisiache,<br />

sia per le origini esotiche che esponendo altre<br />

tesi. La vaniglia si affermò come nutrimento<br />

eccitante soprattutto nel ‘700, quando con la<br />

cioccolata divenne di gran moda. Nel secolo successivo,<br />

gli studiosi ne identifi carono le proprietà<br />

stimolanti ed antisettiche che agivano su stomaco<br />

e organismo.<br />

Secondo studi più recenti la vaniglia agirebbe<br />

anche da antidepressivo per la presenza di molecole<br />

molto affi ni ai feromoni umani.<br />

Curiosità<br />

Gli Aztechi usavano le stecche di vaniglia per<br />

aromatizzare il loro “cibo degli dei”, la cioccolata,<br />

ed in seguito alla scoperta <strong>delle</strong> Americhe gli<br />

Spagnoli introdussero l’aroma di questa orchidea<br />

in Europa.<br />

Cosmesi<br />

C’è chi ama il borotalco e chi no, ma una polvere<br />

assorbente è un vero toccasana quando il<br />

caldo diventa inclemente. Questa ricetta serve a<br />

produrre in casa un borotalco tutto naturale profumato<br />

alla vaniglia. Questo talco è ottimo per<br />

addolcire e lenire la pelle, essendo molto delicato.<br />

Il profumo di vaniglia e quello di arancio dolce<br />

aiutano a rilassarsi e liberano la mente dagli<br />

infl ussi negativi dello stress.<br />

Ingredienti:<br />

una confezione di amido di mais<br />

due stecche intere di vaniglia<br />

due gocce di olio essenziale di arancio dolce<br />

due gocce di olio essenziale di vaniglia<br />

Mettete in un contenitore l’amido di mais, poi<br />

aggiungete gli oli essenziali e mescolate bene il<br />

tutto. In seguito aggiungete le stecche di vaniglia<br />

immergendole bene nell’amido; chiudete il coperchio<br />

e lasciate riposare il talco per tre settimane.<br />

Otterrete un talco leggermente profumato e<br />

delicato sulla pelle, grazie alla sua composizione<br />

naturale ed essenziale. Usatelo dopo la doccia o<br />

dopo il bagno sulla pelle appena asciugata: la vostra<br />

pelle risulterà asciutta, vellutata e profumata<br />

perché il talco assorbe l’umidità residua che rimane<br />

sul corpo anche dopo averlo asciugato.


8 cucina<br />

IL RISTORANTE DEL MESE<br />

Orsera, al Trošt buoni cibi<br />

e un bellissimo panorama<br />

di Sostene Schena<br />

Nel momento in cui Ivan<br />

Trošt è riuscito a comperare<br />

i muri di quel ristorante<br />

in cui aveva lavorato da<br />

gestore per tanti anni, ha deciso<br />

di cambiagli il nome. Il motivo<br />

non è mai stato chiaro comunque<br />

è sintomatico che abbia voluto<br />

dargli il suo cognome. Per<br />

il cliente dovrebbe assumere una<br />

signifi cato positivo. Tenere alto<br />

il buon nome della famiglia e,<br />

naturalmente, della buona cucina<br />

è l’obiettivo che Ivan e la moglie<br />

Gracijela si sono proposti con<br />

passione fi n dall’inizio e quindi<br />

mettere in gioco il proprio nome<br />

non è stato un problema.<br />

D’altronde la felice posizione<br />

su quel belvedere, su quella<br />

specie di radura davanti a quella<br />

selva di alberi e fuoribordo richiedono<br />

una cucina che valga la<br />

pena di fermarsi anche per chi<br />

Tesi di studiosi neozelandesi<br />

Dipendenza da dolci<br />

simile a quella da sigarette<br />

I dolci possono dare una vera<br />

dipendenza fi sica. Questo almeno<br />

sostiene una ricerca neozelandese,<br />

secondo la quale i dolci<br />

agirebbero in modo non molto<br />

diverso, per esempio, dalle sigarette.<br />

Per Simon Thornley,<br />

ricercatore del servizio di salute<br />

pubblica regionale di Aukland,<br />

“i carboidrati fortemente<br />

trasformati, come taluni fi occhi<br />

d’avena, i dolci e le brioche aumentano<br />

rapidamente la quantità<br />

di zucchero nel sangue, e ciò<br />

stimola le stesse aree del cervello<br />

che sono coinvolte dalla dipendenza<br />

da nicotina e da altre<br />

droghe”.<br />

Molti di coloro che hanno<br />

problemi di obesità, secondo i<br />

ricercatori, non sarebbero quindi<br />

solo “avidi” di dolci, ma, letteralmente,<br />

dipendenti. “I tossicodipendenti<br />

- spiega Thornley<br />

- non riescono a fermarsi perché,<br />

anche se sono consci <strong>delle</strong><br />

conseguenze negative del loro<br />

comportamento, hanno un bisogno<br />

fi sico <strong>delle</strong> sostanze da cui<br />

dipendono. Esattamente come<br />

fanno molti fra coloro che mangiano<br />

troppi dolci”. Lo scienziato<br />

si spinge a proporre iniziative<br />

di salute pubblica analoghe<br />

a quelle messe in campo contro<br />

il tabagismo, a partire da scritte<br />

sulle confezioni di dolciumi che<br />

avvertano sui potenziali rischi.<br />

Le conclusioni dei ricercatori<br />

neozelandesi sarebbero<br />

corroborate dai studi condotti<br />

all’Università di Princeton<br />

(USA), dove sono stati “creati”<br />

veri e propri topi “zucchero-di-<br />

pendenti”, che soffrono fi sicamente<br />

se si sottrae loro il dolce,<br />

e si riprendono rapidamente<br />

quando hanno di nuovo a disposizione<br />

lo zucchero. In un altro<br />

studio, questa volta su “umani”<br />

sono state offerte a un gruppo di<br />

donne in sovrappeso due bevande<br />

che sembravano identiche,<br />

con il medesimo sapore, ma solo<br />

una conteneva carboidrati e zuccheri,<br />

mentre l’altra aveva alcune<br />

proteine. Chiedendo alle donne<br />

come si sentissero, il gruppo<br />

che ha avuto la bevanda zuccherata<br />

si è dichiarato notevolmente<br />

più allegro di quello che aveva<br />

quella “proteica”. “Il modo<br />

in cui queste donne si sono<br />

comportate in risposta ai carboidrati<br />

è simile a modelli che<br />

vediamo nel tossicodipendenti”,<br />

spiega il capo dei ricercatori<br />

Bonnie Spring, professore di<br />

medicina preventiva all’Università<br />

di Chicago. Ma l’aspetto più<br />

affascinante e inesplorato della<br />

ricerca riguarda il collegamento<br />

tra gli effetti dell’aumento dello<br />

zucchero nel sangue e gli effetti<br />

del fumo. Pompare rapidamente<br />

lo zucchero nel sangue provoca<br />

cambiamenti in vari ormoni e<br />

sostanze chimiche, tra cui l’insulina<br />

e un aminoacido del cervello.<br />

Questo crea più benessere<br />

di quello creato nel cervello dalla<br />

serotonina. Che è la sostanza<br />

sollecitata dalla nicotina. Ecco<br />

perchè, secondo gli scienziati,<br />

mangiare dolci può dare un temporaneo<br />

sollievo se ci si sente irritabili<br />

e nervosi, proprio come<br />

fumare una sigaretta.<br />

arriva dal mare. E allora ecco che<br />

anche la carta dei vini (il menù che<br />

dovremmo chiedere per primo una<br />

volta risolto il problema: carne o<br />

pesce?) è abbondante e rappresentativa:<br />

oltre a tutti i nomi conosciuti<br />

dei produttori croati, troviamo<br />

presenti anche alcuni vini francesi,<br />

australiani, sudafricani e…<br />

perfi no italiani più o meno noti…<br />

ma buoni.<br />

A tre metri dal mare troverete<br />

naturale l’offerta di tutte le specialità<br />

dell’Adriatico, a cominciare<br />

dall’astice (500 kune al chilo,<br />

vale a dire 70 euro circa), al pesce<br />

di prima qualità al forno (290), alla<br />

pasta ai frutti di mare (veramente<br />

buona e a buon prezzo (45-70 kn)<br />

al branzino al sale, cotto sotto la<br />

peka (meglio comunque prenotare!).<br />

Tutto preparato nel miglior<br />

dei modi come sa fare lo chef<br />

Željko Brajković.<br />

Ma Ivan Trošt ha pensato anche<br />

a coloro che a Orsera ci stan-<br />

L’albergo Le Meridien Lav a Spalato ha ospitato<br />

la Conferenza europea dell’Associazione mondiale<br />

Federcuochi. All’iniziativa hanno aderito i cuochi<br />

di una ventina di Paesi che oltre ai lavori previsti<br />

dal programma hanno potuto conoscere le bellezze<br />

di Spalato e della Dalmazia nonché le tradizioni del<br />

patrimonio culinario regionale e nazionale.<br />

Dopo i discorsi introduttivi di Damir Crleni,<br />

presidente della Federcuochi croata, e Srečko<br />

Koklič (Slovenia), responsabile del settore Sud<br />

Europa dell’organizzazione, la parola è stata presa<br />

dall’islandese Gissur Gudmundsson, a capo della<br />

WACS. Il suo discorso si è incentrato soprattutto<br />

sul progetto “Food Waste and Safety” che si pone<br />

come obiettivo di sfruttare al massimo gli ingredienti<br />

usati nei locali di ristorazione e la riduzione<br />

del cibo da buttare dopo la preparazione e la consumazione<br />

dei piatti. Il problema della fame nei Paesi<br />

in via di sviluppo è un problema da considerare<br />

e la WACS, con i suoi 8 milioni di membri in tutto<br />

Anno V / n. 41 del 28 marzo 2009<br />

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />

IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina<br />

Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat<br />

edizione: CUCINA<br />

Redattore esecutivo: Fabio Sfi ligoi / Impaginazione: Tiziana Raspor<br />

Collaboratori: Sostene Schena e Silvano Silvani<br />

Foto: Goran Žiković e archivio.<br />

Il supplemento esce con il sostegno fi nanziario della Regione Istriana, Assessorato<br />

alla Comunità nazionale italiana e altri gruppi etnici.<br />

no per parecchi giorni e, alla fi ne,<br />

si stufano anche di mangiare sempre<br />

e soltanto pesce; e così c’è anche<br />

una grande varietà di piatti di<br />

carne: dal fi letto alla tartara (110)<br />

al piatto di carne mista alla griglia,<br />

varia e suffi ciente, per il giusto<br />

prezzo di 45 kune. I vari fi letti<br />

(magari con contorno di pasta,<br />

prosciutto e funghi tanto da costituire<br />

un piatto unico) non costano<br />

molto di più di una pizza.<br />

Se vi piace l’agnello, la porchetta<br />

o il capretto… dovete solo ordinare<br />

prima con una telefonata: il caminetto<br />

è sempre in funzione ma<br />

- come - si sa la migliore <strong>delle</strong> cotture<br />

è quella lenta!<br />

Per fi nire i frutti di stagione:<br />

asparagi, tartufi , erbe sono ingredienti<br />

che compaiono abitualmente<br />

nel menu. Dopo l’immancabile<br />

dessert (palacinche a volontà) ecco<br />

arrivarvi un ottimo “pelinkovac”<br />

della casa omaggio per farvi uscire<br />

con la bocca ancora buona.<br />

Sabato, 28 marzo 2009<br />

La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano<br />

con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004<br />

La nostra<br />

pagella<br />

Ambiente 91<br />

Atmosfera 88<br />

Servizio 85<br />

Qualità 84<br />

Vino 84<br />

Prezzo 80<br />

Rapporto q/p 88<br />

Giudizio fi nale 89<br />

La scheda<br />

Nome: Trošt. Località: Orsera.<br />

Gestione: Ivan Trošt.<br />

Indirizzo: Obala M. Tita 1a –<br />

52450 Orsera<br />

Tipo di locale: ristorante.<br />

Coperti: 150 all’interno 200 in<br />

terrazza.<br />

Aperto dalle 10 alle 24. Chiuso:<br />

mai. Ferie: mai.<br />

Sito Internet: www.restorantrost.hr<br />

Numeri di telefono: +385-52<br />

445197; fax+385-52- 441107.<br />

Lingue parlate: italiano, inglese,<br />

tedesco.<br />

Pagamento: anche con credit<br />

card (tutte).<br />

Prenotazione: consigliabile.<br />

Distanze: 10 km da Parenzo;<br />

28 da Rovigno; 43 da Pola, 82<br />

da Rabuiese, 90 da Abbazia.<br />

Per arrivarci: da Trieste seguite<br />

la direzione Pola. A Baderna<br />

voltate a destra verso Parenzo e<br />

prima di entrare in città girate a<br />

sinistra; altri 9 km e siete a Orsera.<br />

Scendete al porto e girate a<br />

sinistra fi n dove potete arrivare,<br />

cioè proprio sotto il Trošt. Nella<br />

buona stagione qualche diffi -<br />

coltà per trovare un parcheggio.<br />

Se arrivate da Pola o Rovigno<br />

alla fi ne della salita che trovate<br />

dopo il canale di Leme girate a<br />

sinistra per poco più di 10 chilometri.<br />

Tema il recupero dei cibi<br />

Conferenza della WACS a Spalato<br />

il mondo, è convinta di poter fare importanti passi<br />

avanti e dare il proprio contributo a migliorare la<br />

situazione. (fas)

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