Castagne e tartufi delizie d'autunno - Edit
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<strong>Castagne</strong> e <strong>tartufi</strong><br />
<strong>delizie</strong> d’autunno<br />
Un menù<br />
con i marroni<br />
lauranesi<br />
Pagina 2<br />
Pinguente<br />
e Levade, miniere<br />
di diamanti<br />
Pagina 3<br />
«Capuzi», jota<br />
e sarme: quando<br />
a qualcuno<br />
piace acido<br />
Pagine 4 e 5<br />
Melagrana, frutto<br />
da rivalutare<br />
da tutti i punti<br />
di vista<br />
Pagina 6<br />
Crema, panna<br />
e cioccolata:<br />
sensazioni uniche<br />
col profi teroles<br />
Pagina 7<br />
L’ANTIPASTO<br />
di Fabio Sfi ligoi<br />
Si sono spesi fiumi di inchiostro nel<br />
tentativo di assegnare il titolo di miglior<br />
cucina del mondo ed è innegabile che<br />
a contendersi la palma della migliore<br />
siano Italia e Francia. Si tratta di due<br />
modi di intendere l’arte del mangiare in<br />
maniera del tutto diversa. Più leggera,<br />
meno presenza di burro (a favore dell’olio<br />
extravergine d’oliva), molta diversità<br />
negli abbinamenti degli ingredienti<br />
e dei piatti, da parte italiana; ricette<br />
più elaborate e sofisticate, molta crema<br />
e molto burro, ricerca esasperata della<br />
perfezione, da parte francese. Non saremo<br />
certo noi a stabilire chi merita di<br />
salire sul trono. Ci piace sia l’una che<br />
l’altra, come, penso, la stragrande maggioranza<br />
degli chef di tutto il mondo i<br />
quali, a differenza di noi, per crescere e<br />
migliorare in carriera devono conoscerne<br />
i segreti, farne tesoro e applicarli alle<br />
loro idee. Ma questo discorso non si limita<br />
solo alla cucina italiana e francese,<br />
vale per quella cinese, giapponese, spagnola,<br />
ecc.. Un ventaglio di esperienze<br />
più ampio ti permette di essere innovativo<br />
e competitivo, di conoscere gastroorizzonti<br />
nuovi, di essere al passo con<br />
la globalizzazione... Noi comuni mortali<br />
di questi problemi non ne abbiamo, ma<br />
spesso, consultando riviste specializzate,<br />
ci troviamo di fronte a termini sconosciuti<br />
ed il fatto curioso è che, pur essendo<br />
tutti in francese, sono stati accet-<br />
DEL POPOLO<br />
cucina<br />
www.edit.hr/lavoce Anno III • n. 9 • Sabato, 27 ottobre 2007<br />
Italiano o francese? Cherchez la cuisine...<br />
tati senza batter ciglio a tutte le latitudini<br />
del mondo, Italia compresa, la rivale<br />
più acerrima nella corsa ad un ipotetico<br />
scettro d’oro della cucina mondiale.<br />
Qualcuno l’ha fatto anche notare in<br />
un attacco di “gastronazionalismo”, ma<br />
è rimasto isolato perché chi nella vita<br />
sceglie di fare lo chef di un certo livello,<br />
deve per forza conoscere questo tipo<br />
di terminologia. Quante volte vi sarete<br />
imbattuti in parole tipo julienne, brunoise<br />
o barrique, senza sapere di cosa<br />
si tratta. Ecco che ci è venuta l’idea per<br />
un minicorso di italo-francese applicato<br />
alla cucina, almeno per quelli che sono i<br />
termini maggiormente in voga.<br />
Quando si dice tagliare a julienne, si<br />
parla di una tecnica di taglio in striscioline<br />
molto sottili, riferita nella stragrande<br />
maggioranza dei casi alle verdure. Se<br />
invece sono tagliate a dadini piccolissimi,<br />
parliamo di brunoise. Un altro modo<br />
di tagliare a striscioline molto sottili verdure<br />
a foglia, erbe aromatiche o insalate<br />
viene detto chiffonade.<br />
Il termine barrique riguarda il vino.<br />
All’origine è una botte della regione della<br />
Borgogna fatta di legno di quercia della<br />
capacità di 220 litri. Viene usata per<br />
l’invecchiamento di vini di particolare<br />
pregio. Quindi se si parla di vino “barriqato”,<br />
vuol dire che è stato stagionato in<br />
botti di legno, che a differenza dell’originale,<br />
possono essere anche di rovere.<br />
Ci troviamo a contatto con il francese<br />
anche senza rendercene conto. Pensate<br />
ai canapé, i mini sandwich aperti,<br />
freddi o caldi, la cui guarnizione rimane<br />
alla vista. Il canapè caldo ha sempre<br />
come base il pane arrostito o fritto. Oppure<br />
quante volte vi avranno proposto il<br />
consommé, da “consumato”, quindi un<br />
brodo di carne molto concentrato, una<br />
vera manna per recuparare dopo una serata<br />
da bagordi eccessivi. E poi chi non<br />
conosce la mousse, quella di cioccolata<br />
è una delizia per il palato. Mousse in<br />
francese signifi ca “spuma”, e quindi è<br />
una preparazione molto soffi ce, che può<br />
essere salata o dolce, ma che ha sempre<br />
nei suoi ingredienti la panna montata.<br />
A proposito di dolci, è molto comune la<br />
charlotte, dessert che ha come copertura<br />
esterna pasta biscotto, savoiardi, fette di<br />
panettone, pandoro, brioche e all’interno<br />
una crema o una composta di frutta. Restando<br />
nella terminologia più conosciuta<br />
citiamo la crèpe, la nostra palacinka,<br />
oppure il sac à poche, il cono di stoffa,<br />
carta o plastica con un foro di uscita nel<br />
quale si inseriscono bocchette di diverso<br />
formato. Si usa per farcire o per decorare<br />
sia in cucina che in pasticceria. Vi aggiungiamo<br />
anche l’aspic, pietanza fredda<br />
composta di vari elementi e coperta da<br />
uno strato di gelatina.<br />
Segue a pagina 2
2 cucina<br />
Con l’ultimo atto in programma domani<br />
a Liganj, cala il sipario sulla Marunada,<br />
la tradizionale festa del marrone<br />
che si tiene ogni anno a Laurana (e dintorni).<br />
I marroni che troviamo sui pendi del<br />
Monte Maggiore, sopra Laurana, Abbazia e<br />
Draga di Moschiena, sarebbero nati dall’incrocio<br />
fra i castagni selvatici e alcune specie<br />
provenienti dall’Estremo Oriente (probabilmente<br />
Giappone) portate nel Quarnero<br />
dai marittimi del luogo. È una specie di castagna<br />
di alta qualità, paragonabile solo ai<br />
marroni sloveni della zona di Nova Gorica<br />
e alla castagna denominata “gentile”, originaria<br />
del Torinese. Le prime tracce dei marroni<br />
lauranesi risalgono al XVII secolo e<br />
con olive, vino e ciliegie per anni hanno costituito<br />
una notevole fonte di guadagno per<br />
le genti di queste zone. L’export dei marroni<br />
ha raggiunto il suo apice nel XIX secolo,<br />
specie verso Italia, Austria e Germania.<br />
Ma che differenza c’è fra castagne e<br />
marroni? Le prime sono il frutto del castagno<br />
selvaggio, ogni riccio ne contiene<br />
tre (ecco perché se ne trovano spesso senza<br />
la classica bombatura: è la castagna che<br />
sta nel mezzo), mentre il marrone proviene<br />
da alberi coltivati e sempre migliorati<br />
con successivi innesti, ogni riccio contiene<br />
un solo frutto. La castagna resta uno dei<br />
più richiesti frutti autunnali, estremamente<br />
versatili, poiché si adatta a preparazioni<br />
sia salate sia dolci. La castagna è un alimento<br />
genuino e naturale, poiché le piante<br />
si nutrono esclusivamente di quello che<br />
la terra offre loro spontaneamente, senza<br />
concimi o trattamenti antiparassitari. La<br />
castagna è molto nutriente e costituisce un<br />
alimento ricco: contiene 200 calorie ogni<br />
100 grammi e 370 se il prodotto è secco.<br />
La castagna è ricca di aminoacidi, vitamine<br />
(B1, B2, C, PP1) e minerali (potassio,<br />
fosforo, zolfo, sodio, magnesio, calcio,<br />
cloro), ed è anche antianemica e antisettica.<br />
Le castagne, proprio perché molto caloriche,<br />
sono un eccellente alimento per<br />
combattere la stanchezza e quindi indicate<br />
per chiunque svolge attività fi sica ed intellettuale<br />
intensa, oppure lavori pesanti. Ad<br />
esempio le castagne secche cotte nel latte<br />
sono una cena ideale poiché rinforzano i<br />
muscoli, arricchiscono il sangue e nutrono<br />
le cellule nervose. Sono adatte ai bambini<br />
e agli anziani. I bambini possono mangiare<br />
le castagne a partire dai tre anni, preferibilmente<br />
lessate perché sono più digeribili.<br />
Non vi deve rinunciare neppure chi è<br />
a dieta: l’importante è non ingerire le castagne<br />
dopo un pasto completo, ma come<br />
alternativa ad un primo piatto di pasta o<br />
riso, o ad un contorno a base di patate.<br />
Le castagne hanno anche importanti<br />
proprietà curative per la tosse, per le vari-<br />
Sabato, 27 ottobre 2007<br />
SAPORI D’AUTUNNO Le lontane origini del marrone lauranese<br />
Le castagne con gli occhi a mandorla<br />
Dalla prima pagina<br />
E ora passiamo alle tecniche più sofi<br />
sticate come il court-boullion, liquido<br />
aromatizzato con verdure, grani di<br />
pepe, sale, aceto o vino, limone e erbe<br />
aromatiche nel quale si cuociono pesci<br />
bolliti. Il bouquet garni è un mazzetto<br />
di erbe aromatiche legate insieme per<br />
profumare brodo o altre preparazioni.<br />
Generalmente è composto da gambi<br />
di prezzemolo, foglia di alloro, rametti<br />
di timo e foglie di porro. La tecnica di<br />
cottura a fuoco lento di anatra, oca o<br />
maiale nel loro grasso fatto sciogliere<br />
molto lentamente viene detta confi t. Le<br />
carni vengono poi conservate in terrine<br />
completamente coperte dal grasso. Il<br />
coulis è un frullato di frutta e zucchero<br />
a crudo e poi fi ltrato allo chinoise,<br />
un colino di metallo dalla forma conica.<br />
Può avere maglie più o meno fi ni. Il<br />
coulis all’occorrenza può essere anche<br />
di verdure. In quel caso non si usa lo<br />
zucchero. L’emulsione a base di olio,<br />
sale e succo di limone viene chiamata<br />
citronette. Il termine si usa per indicare<br />
generalmente emulsioni a base di<br />
olio e succo di agrumi (arance, mandarini<br />
e pompelmi). Una preparazione<br />
caratteristica della cucina francese è il<br />
roux, a base di burro e farina in parti<br />
uguali. Viene usato per legare salse,<br />
minestre e fondi di cottura. Il roux è<br />
alla base della besciamella. Si distinguono<br />
tre tipi di roux : bianco, biondo<br />
o bruno a seconda del grado di cottura.<br />
Più lo si cuoce, più diventa scuro. Una<br />
variante della mousse è la mousseline,<br />
una preparazione a base di carne<br />
cruda o pesce crudo frullati ai quali si<br />
aggiungono panna e albumi e che poi<br />
vengono cotti in piccoli stampi in forno<br />
o lessati. Il risultato è compatto ma allo<br />
stesso tempo spumoso per la presenza<br />
della panna.<br />
ci, per le emorroidi; sono consigliate nell’alimentazione<br />
degli anemici e combattono<br />
i reumatismi.<br />
Le gocce ricavate dalle gemme, hanno<br />
proprietà drenanti sui vasi linfatici degli<br />
arti inferiori. Il decotto derivato da foglie<br />
e corteccia di castagno possiede un effetto<br />
sedativo sulla tosse. Nei secoli trascorsi<br />
si raccomandava l’utilizzo delle castagne<br />
secche per porre rimedio alla dissenteria<br />
e all’emottisi; tritate con dell’orzo e<br />
dell’aceto erano ritenute effi caci contro<br />
l’ostruzione dei setti nasali, mentre mescolate<br />
con del sale e del miele guarivano<br />
dai morsi dei cani rabbiosi.<br />
Le castagne sono usate anche nell’allevamento<br />
degli animali: la carne di maiali e<br />
galline acquista un sapore migliore e una<br />
maggiore consistenza, quando nell’alimentazione<br />
entrano castagne e cascami di<br />
sfarinatura.<br />
Un menù tutto con i marroni lauranesi<br />
Insalata con marroni<br />
Ingredienti:<br />
500 grammi di marroni<br />
80 grammi di fi letti d’acciuga sott’olio<br />
Una costola di sedano<br />
Un cucchiaio di senape forte<br />
Il succo di mezzo limone<br />
Olio<br />
Sale<br />
Lessate i marroni profumando l’acqua con la costola di<br />
sedano, sbucciateli ancora bollenti e metteteli in un’insalatiera.<br />
Preparate una salsina emulsionando la senape, il succo<br />
di limone, 4-5 cucchiai d’olio, un pizzico di sale, versate<br />
sulle castagne ancora calde, mescolate delicatamente, sfi -<br />
lettatevi sopra i fi letti d’acciuga e servite. Può essere servita<br />
anche come contorno a carni arrosto.<br />
Marroni gratinati<br />
Ingredienti:<br />
700 grammi di marroni<br />
Mezzo litro di besciamella<br />
150 grammi di formaggio<br />
da fondere (fontina o simile)<br />
Burro<br />
Pangrattato<br />
Sale e pepe q.b.<br />
Lessate i marroni con un<br />
gambo di sedano. Spellateli<br />
mentre sono ancora bollen-<br />
Riso e marroni<br />
Ingredienti:<br />
300 grammi di marroni<br />
300 grammi di riso<br />
50 grammi di prosciutto<br />
crudo in una fetta sola<br />
Una cipolla<br />
Una costa di sedano<br />
Alloro<br />
Un litro di brodo<br />
30 grammi di burro<br />
Sale e pepe q.b.<br />
Sbucciate le castagne,<br />
quindi mettetele in una pentola<br />
ricoperte a fi lo d’acqua<br />
con la cipolla mondata, il<br />
sedano lavato e tagliato a<br />
pezzetti e una foglia di al-<br />
ti, facendo attenzione a non<br />
romperli. Fateli saltare con<br />
poco burro: quando hanno<br />
preso colore trasferiteli in<br />
un solo strato in una pirofi -<br />
la ben unta (o foderata con<br />
carta apposita), copriteli<br />
con la besciamella, cospargeteli<br />
con il formaggio grattugiato<br />
grosso, con il pangrattato,<br />
distribuitevi sopra<br />
qualche fi occhetto di burro<br />
e infornate a forno preriscaldato<br />
a 200° fi nché la superfi<br />
cie sarà ben gratinata.<br />
loro. Fatele cuocere per 20<br />
minuti, quindi eliminate anche<br />
la pellicina interna. Eliminate<br />
l’alloro e tenete da<br />
una parte una dozzina di<br />
castagne intere. Passate le<br />
altre al passaverdura. Rimettete<br />
il passato e le castagne<br />
intere nella pentola,<br />
aggiungete il prosciutto a<br />
dadini e il brodo (meno di<br />
un mestolo) e riportate ad<br />
ebollizione. Aggiungete il<br />
riso e cuocete per circa 20<br />
minuti, mescolando spesso.<br />
Se necessario, unite anche<br />
il brodo tenuto da parte. A<br />
fi ne cottura regolate di sale,<br />
pepate e mantecate con il<br />
burro.<br />
Carrè di vitello<br />
ai marroni<br />
Ingredienti:<br />
1,5 kg di carré di vitello<br />
(unito ma con la carne staccata<br />
dall’osso)<br />
500 grammi di marroni<br />
100 grammi di lardo<br />
Una cipolla<br />
Tre spicchi d’aglio<br />
Una carota<br />
Un gambo di sedano<br />
Un decilitro di latte<br />
Una foglia d’alloro<br />
Un bicchiere di brandy<br />
Due chiodi di garofano<br />
20 grammi di burro<br />
Olio<br />
Sale e pepe q.b.<br />
Incidete il guscio dei<br />
marroni, lessateli per mezz’ora<br />
in abbondante acqua<br />
con la foglia di alloro, eliminate<br />
buccia e pellicine,<br />
passatele allo schiacciapatate<br />
e tenetele da parte. Ta-<br />
Zuppa di marroni<br />
e farro<br />
Ingredienti:<br />
200 grammi di farro<br />
100 grammi di marroni<br />
sbucciati<br />
Tre rametti di rosmarino<br />
Due spicchi d’aglio<br />
Una cipolla<br />
Olio<br />
Sale e pepe q.b.<br />
Sbucciate la cipolla tritatela<br />
fi nemente, e sbucciate<br />
Marroni<br />
all’arancia<br />
Ingredienti:<br />
600 grammi di marroni<br />
150 grammi di zucchero<br />
100 grammi di marmellata<br />
d’arance<br />
Una bustina di vanillina<br />
Vino bianco dolce (moscato)<br />
Lessate i marroni per<br />
mezz’ora, spellateli e metteteli<br />
in una casseruola,<br />
gliate a fettine il lardo e due<br />
spicchi d’aglio, inseriteli tra<br />
la polpa e l’osso del vitello,<br />
richiudete e legate con spago<br />
da cucina, fate due incisioni<br />
e inseritevi i chiodi di<br />
garofano. In un tegame dal<br />
fondo spesso, con sei cucchiai<br />
di olio rosolate la carne<br />
da tutti i lati, quando ha<br />
preso colore aggiungete la<br />
cipolla, l’aglio rimasto, carote<br />
e sedano tritati, quando<br />
hanno preso colore bagnate<br />
con il brandy, salate e pepate,<br />
cuocete per tre quarti<br />
d’ora a calore medio e coperto,<br />
aggiungendo qualche<br />
mestolo di acqua bollente se<br />
dovesse attaccare. Cinque<br />
minuti prima della cottura<br />
della carne, in un tegame<br />
sciogliete il burro, unite la<br />
purea di castagne, il latte,<br />
regolate di sale e pepe, fate<br />
addensare, servite la carne<br />
velata con il suo sugo e la<br />
purea ben caldi.<br />
l’aglio. Unite gli ingredienti<br />
in una casseruola con un<br />
bicchiere d’acqua e cuocete<br />
fi nché la cipolla non è diventata<br />
tenera. Lavate e legate<br />
il rosmarino con dello<br />
spago da cucina e mettetelo<br />
nella casseruola con la cipolla.<br />
Aggiungete il farro,<br />
le castagne sbucciate, e un<br />
litro d’acqua. Fate cuocere<br />
per circa 45 minuti. Eliminate<br />
l’aglio e il rosmarino,<br />
salate e pepate. Servite la<br />
zuppa ben calda con un po’<br />
di olio extravergine d’oliva.<br />
copriteli con il vino bianco<br />
dolce e fi nite di cuocere<br />
fi nché saranno teneri. Sceglietene<br />
una metà tra i più<br />
belli e teneteli da parte, gli<br />
altri passateli e mescolate<br />
la purea con la marmellata<br />
d’arance e la vanillina. Con<br />
lo zucchero e poca acqua<br />
preparate uno sciroppo nel<br />
quale cuocerete per 5 minuti<br />
i marroni interi. Versate<br />
la purea nei piattini, decorate<br />
con i marroni interi<br />
e servite.
Sabato, 27 ottobre 2007<br />
SAPORI D’AUTUNNO<br />
Tartufo, eterna<br />
ricchezza d’Istria<br />
di Fabio Sfi ligoi<br />
In Istria le celebrazioni di sua maestà il tartufo<br />
stanno volgendo al termine. Oggi e<br />
domani Levade ospita la fi era dei prodotti<br />
dell’agricoltura e la rassegna dei prodotti tipici<br />
locali. Domani, sempe nella “capitale del tuber<br />
magnatum pico” è in programma il 14.esimo<br />
Tuberfest, la fi era del tartufo bianco istriano<br />
(rassegna del tubero, scelta del tartufo più bello<br />
e più grande, ricerca dimostrativa e messa<br />
all’asta del tartufo). Il prossimo fi ne settimana<br />
(3-4 novembre) gli amanti della “patata che<br />
spussa” (in passato veniva data da mangiare ai<br />
maiali) sono attesi a Pinguente per il fi ne settimana<br />
del tartufo (fi era del tartufo e di altri prodotti<br />
autoctoni, offerta enogastronomica, piccola<br />
scuola di preparazione dei piatti al tartufo,<br />
la cerca del tartufo, programma culturale di varietà…).<br />
E poi ancora Levade: il 4 novembre<br />
la rassegna del tartufo e il giorno 12 presso il<br />
ristorante “Zigante” grande appuntamento per<br />
l’ottavo anniversario del ritrovamento del più<br />
grande tartufo bianco, entrato nel Guinness dei<br />
primati con i suoi 1.310 grammi.<br />
Come successo già per la produzione di uva<br />
e olive, la siccità dell’estate scorsa ha inciso<br />
anche sulla resa del tartufo. La terra grigia e<br />
argillosa dell’entroterra istriano, i boschi sugli<br />
argini del fi ume Quieto, particolarmente umidi<br />
e il clima mite senza oscillazioni di temperature<br />
dell’Istria interna, rappresentano l’ambiente<br />
ideale per lo sviluppo del “diamante in<br />
cucina”. Il lungo periodo di arsura ha rotto gli<br />
equilibri di questa fetta d’Istria e così di <strong>tartufi</strong><br />
se ne sono trovati di meno. Il mercato, di fronte<br />
a questo stato di cose, è stato implacabile: il<br />
prezzo già di per sé alto, è ulteriormente salito,<br />
raggiungendo livelli di “orbita terrestre”, riservata<br />
solo a persone in possesso di un portafogli<br />
di dimensioni della grandezza di… uno Space<br />
Shuttle. A Levade abbiamo visto un listino<br />
prezzi da far venir i brividi, ma nulla ha fermato<br />
i gourmet più appassionati, in prevalenza<br />
stranieri (italiani, sloveni, tedeschi, francesi),<br />
ospiti fi ssi della kermesse istriana. Un chilo di<br />
<strong>tartufi</strong> di classe “extra” è stato venduto a 5.000<br />
euro (37.000 kune cca). Molto caro anche il<br />
tartufo di “seconda categoria” valutato 31.000<br />
kune al chilo, mentre i <strong>tartufi</strong> di “terza categoria”<br />
sono stati venduti a 18.000 kune al chilogrammo.<br />
Durante il primo Tuberfest di quest’anno<br />
il tartufo più grande ha raggiunto i 280<br />
grammi ed è stato venduto al prezzo di 1.000<br />
euro. Quello più bello, invece, è stato raccolto<br />
dalla PTO Tartuf di Mattuglie (268 grammi),<br />
mentre per qualità è stata premiata la collezione<br />
dell’azienda “Livade <strong>tartufi</strong> ”.<br />
L’origine dell’”andar per <strong>tartufi</strong> ” in Istria<br />
risale al 1929 quando si registrano le prime<br />
uscite nella zona di Lisignano. I primi tartu-<br />
La siccità dell’estate scorsa ha fatto salire i prezzi<br />
fi sarebbero stati scoperti per caso durante gli<br />
scavi per la costruzione dell’acquedotto. I primi<br />
<strong>tartufi</strong> bianchi sono stati raccolti presso il<br />
villaggio di Novaki nel Pisinese. Sono stati gli<br />
italiani Carlo Testoni e Piero Giovanelli nel<br />
1931 a dare inizio alla prima attività legata alla<br />
ricerca dei <strong>tartufi</strong> . Stando a quanto riportato<br />
da Massimo Sella nel libro “Tartufo bianco in<br />
Istria” all’epoca in un giorno sono stati raccolti<br />
3-4 chilogrammi di <strong>tartufi</strong> (diversi esemplari di<br />
200 grammi e più) nella zona vicino alla sor-<br />
gente della Rječica, sotto al villaggio di Brest<br />
nel Pinguentino. Un’ulteriore “battuta di caccia”<br />
lungo la Valle del Quieto ha portato alla<br />
raccolta di 9 chilogrammi di <strong>tartufi</strong> . Nel 1932<br />
l’ultimo podestà di Portole, Emilio Facchini,<br />
avviò la raccolta su scala commerciale a Levade,<br />
ottenendo la prima concessione demaniale.<br />
I <strong>tartufi</strong> venivano acquistati dal Consorzio<br />
Forestale di Pinguente, titolare per quanto riguarda<br />
l’emissione dei permessi per la raccolta<br />
dei tuberi. Dal 1931 al 1960 sul territorio il<br />
numero di tartufai variava dalle venti alle cinquanta<br />
unità. I tartufai più anziani dell’Istria<br />
centrale ricordano sicuramente il 1959, un’annata<br />
straordinaria: si raccolsero qualcosa come<br />
9.000 chilogrammi di <strong>tartufi</strong> ! Per tre volte alla<br />
settimana i <strong>tartufi</strong> venivano portati in Italia e<br />
non c’è da meravigliarsi se gli introiti di questa<br />
vendita erano di gran lunga superiori a quel-<br />
li legati all’attività forestale vera e propria. I<br />
<strong>tartufi</strong> venivano classifi cati in tre categorie:<br />
tre prime classi, due seconde classi e due terze<br />
classi a seconda di grandezza, peso, forma,<br />
odore, condizioni della superfi cie del tartufo<br />
e del tartufo in generale (presenza di vermi).<br />
Controlli più “morbidi” al confi ne (siamo agli<br />
inizi degli Anni Sessanta) hanno coinciso con<br />
l’inizio del mercato nero del tartufo. Passando<br />
lungo la valle del Quieto, di mattino buon’ora,<br />
ai bordi del bosco di Montona si poteva<br />
notare una serie infi nita di macchine con targa<br />
d’auto italiana: tutti a caccia del prezioso tartufo<br />
istriano. Molti appassionati, sì, ma anche<br />
rivenditori non autorizzati, capaci di inventarsi<br />
i sotterfugi più inverosimili per passare il confi<br />
ne. La cosa più diffi cile era ovviamente camuffare<br />
l’odore caratteristico del tartufo. La<br />
vendita illegale ha rappresentato anche per gli<br />
istriani (e non lo nascondono) un modo eccellente<br />
per arrotondare (eccome arrotondare!) il<br />
budget familiare. Qualche anno fa un tartufaio<br />
nei pressi di Levade ci ha confessato di essersi<br />
costruito la casa grazie alle “magie” del tuber<br />
magnatum pico. Anni addietro, invece, un altro<br />
di Zajerce, grazie agli extra guadagnati con la<br />
vendita del tartufo, è riuscito ad acquistarsi un<br />
camion con il quale ha poi avviato un’attività.<br />
La Forestale ha smesso di acquistare i <strong>tartufi</strong><br />
nel 1990, mentre dal 1991 al 2003 ha continuato<br />
a rilasciare i permessi per la raccolta dei<br />
tuberi. Fino agli Anni Ottanta in Istria venivano<br />
trovati dai 10 ai 12.000 chili di <strong>tartufi</strong> all’anno.<br />
Oggi si arriva ai 5-6.000 chilogrammi a<br />
stagione. Due sono i motivi principali che possono<br />
spiegare questa drastica riduzione. L’attività<br />
legata al tartufo (ristorazione, rivendita,<br />
conservazione, lavorazione) ha avuto un boom<br />
incredibile e quindi gran parte del raccolto fi -<br />
nisce nelle mani dei grandi produttori. Quindi<br />
c’è molta più richiesta, di quanto possa rendere<br />
la terra. In secondo luogo la costruzione della<br />
viabile che taglia in due il bosco di Montona<br />
non è stata un’idea felice. In questo modo<br />
l’alveo del Quieto è rimasto senza, o con poca,<br />
acqua e di fatto è venuta a mancare l’umidità<br />
necessaria sia alle radici degli alberi, posto<br />
ideale dove di solito crescono i <strong>tartufi</strong> , sia ai<br />
<strong>tartufi</strong> stessi. Sul calo della resa dei tuberi ha<br />
inciso molto anche la costruzione della diga di<br />
Bottonega. Non bisogna dimenticare neanche<br />
il 1967, anno in cui il terreno su cui sorge il bosco<br />
di Montona è stato assegnato in proprietà<br />
alla Cooperativa agricola per l’allestimento di<br />
colture varie, senza tener conto che i <strong>tartufi</strong> potevano<br />
garantire un profi tto maggiore. In questo<br />
periodo sono andati persi 220 ettari di terreno<br />
boschivo, prevalentemente querce gentili e<br />
frassini, ma soprattutto è stata ridotta di molto<br />
la superfi cie per la crescita dei <strong>tartufi</strong> . Il bosco<br />
di Montona è tornato sotto l’egida della Forestale<br />
di Pinguente nel 1991.<br />
cucina 3<br />
Glossario<br />
Ascus - cavità a forma di otre<br />
o sacchi che contengono le<br />
spore.<br />
Epigean Fungus - il fungo<br />
epigeo.<br />
Hypha fi lament - le cellule, i<br />
fi lamenti del fungo.<br />
Hypogean Fungus - il fungo<br />
sotterraneo.<br />
Gleba - la polpa interna, fi ssa<br />
e carnosa del fungo.<br />
Mycelium - insieme di cellule<br />
che formano la parte vegetativa<br />
del fungo.<br />
Mychorriza - la massa consistente<br />
dalle cellule e dalla radice<br />
vegetale.<br />
Peridium - lo strato superfi -<br />
ciale del fungo che protegge<br />
dai batteri e dai funghi.<br />
Radical Apex - la cima della<br />
radice.<br />
Symbiosis - unione di due organismi<br />
diversi, dalla quale<br />
ambedue i membri hanno dei<br />
vantaggi.<br />
Spore - cellule riproduttive<br />
asessuali di piante minori dalle<br />
quali si sviluppa la nuova<br />
pianta.<br />
Sporocarp - il corpo fruttifero<br />
del fungo oppure il tartufo<br />
nel vero senso della parola.<br />
La passione gastronomica<br />
del buongustaio riceve<br />
una scossa e viene pervasa<br />
da esaltazione quando può<br />
immergersi nel profumo intenso<br />
del tartufo. Mentre per<br />
la scienza botanica le differenze<br />
fra il tartufo bianco e<br />
quello nero sono minime, in<br />
cucina le due specie vengono<br />
nettamente distinte secondo<br />
un principio essenziale:<br />
il tartufo nero va consumato<br />
in quantità, quello<br />
bianco in pratica è un aromatizzante,<br />
che trasmette ai<br />
cibi soprattutto un profumo,<br />
e va quindi impiegato in dosi<br />
minime. Le altre differenze<br />
sono: il nero si consuma cotto,<br />
il bianco quasi esclusivamente<br />
crudo, affettandolo<br />
con l’apposito taglia<strong>tartufi</strong><br />
direttamente sulla vivanda.<br />
Il tartufo più prezioso in<br />
Istria è quello bianco, viene<br />
chiamato “giallo di Levade”.<br />
Di colore ocra, all’interno<br />
(la gleba) può essere rosato,<br />
con delle striature. In Istria<br />
lo si può trovare vicino ai salici,<br />
ai pioppi, alle querce ed<br />
ai tigli. È più friabile e meno<br />
legnoso di quello piemontese<br />
pur avendo le stesse caratteristiche<br />
organolettiche ed un<br />
profumo a volte anche più<br />
intenso. Si trovano, naturalmente,<br />
anche altre varietà,<br />
tra cui il “bianco albidum”<br />
(meno pregiato), il quale<br />
cresce attorno alle radici<br />
dei frassini e dei faggi, ed il<br />
tartufo nero (simile a quello<br />
francese di Perigord), che<br />
nasce accanto al noce ed al<br />
carpino.
4 cucina 5<br />
Sabato 27 ottobre 2007 Sabato 27 ottobre 2007<br />
SAPORI D’AUTUNNO Contorno ideale per «sgrassare» piatti a base di carne (ombolo, luganighe, arrosti…)<br />
«Capuzi garbi», storia delle nostre terre<br />
Piatti con i «capuzi garbi»<br />
Paese che vai<br />
ricetta che trovi<br />
Non c’è una ricetta precisa per la preparazione dei “capuzi garbi”.<br />
Ogni famiglia ha una propria variante, tramandata di generazione in<br />
generazione: cambiano ingredienti, ma resta il fatto che nonostante tutti<br />
i vari aspetti stiamo sempre a parlare di un piatto povero, ma sostanzioso<br />
al tempo stesso perché arricchito con carne o strutto. È quell’arte<br />
straordinaria di sfamare la famiglia con poco, di cui sono state testimoni<br />
le nostre nonne in periodi diffi cilisimi come il dopoguerra, e per<br />
la quale andrebbero premiate con la laurea honoris causa in economia.<br />
Iniziamo questo viaggio nel mondo dei “capuzi garbi” con una ricetta<br />
che arriva da Zlobin. I “capuzi garbi” vanno messi a cottura con un po’<br />
di strutto, dell’aglio e dei pezzi di carne secca (o fresca) di maiale. In<br />
un altra padella si mettono a lessare quattro-cinque patate. Una volte<br />
cotte e pelate, vanno schiacciate con una forchetta e quindi incorporate<br />
ai “capuzi garbi” e alla carne. Aggiungete due pugni di farina di mais,<br />
mescolate bene affi nché si incorpori tutta e lasciate cuocere per una decina<br />
di minuti. Regolate di sale e servite caldo.<br />
Andiamo ora a Tršće per un piatto ancor più ricco. Prendete dei<br />
“capuzi garbi” e metteteli a lessare per un po’ nell’acqua bollente. Togliete<br />
dal fuoco e fate sgocciolare. In una pentola scaldate lo strutto (va<br />
bene anche l’olio) e aggiungete dei ciccioli. Lasciate andare per un po’<br />
e quindi mettete nella padella i “capuzi garbi”. Fate stufare per qualche<br />
minuto, quindi incorporate uno-due cucchiaini di paprika in polvere<br />
(dolce o piccante a seconda dei gusti). Mescolate bene e regolate di<br />
sale. Fate stufare per 10-15 minuti. È un ottimo contorno con le salsicce<br />
o con della carne di maiale arrosta.<br />
Da Viškovo (San Matteo), alle spalle di Fiume, oltre a una ricetta<br />
ci arrivano anche alcuni preziosi consigli. Ad esempio, racconta Jelka<br />
Žilić nel suo libro dedicato alla cucina dello Halubje e del Castuano, ad<br />
un chilo di carne di maiale (secca o fresca che sia) corrisponde un chilo<br />
di “capuzi garbi”. Nella preparazione con i “fasoi” quest’ultimi vanno<br />
preparati separatamente, ma insieme con i “capuzi” dentro i quali,<br />
però, è obbligatoria la carne. In una pentola mettiamo a cottura i “capuzi<br />
garbi” e la carne di maiale (attenzione al sale se si tratta di carne<br />
secca). In un altro recipiente lessiamo i fagioli (un pugno e un “bic’”<br />
in più per persona) che possiamo insaporire con della pancetta. In una<br />
pentola facciamo del soffritto con strutto (o olio) e farina. Quando ha<br />
preso un po’ di colore, aggiungiamo i “capuzi garbi” (senza la carne)<br />
con 4-5 spicchi d’aglio. Lasciamo insaporire. Incorporiamo i fagioli<br />
con tutta l’acqua e cuociamo per una mezz’oretta. Serviamo caldo con<br />
l’aggiunta della carne di maiale cotta con i “capuzi garbi”.<br />
Il nostro viaggio ci racconta ora di un piatto che con i suoi ingredienti<br />
ci parla di Istria. Prendete dei “capuzi garbi” e lavateli bene.<br />
Scegliete una pentola capiente nella quale poggerete metà dei “capuzi”<br />
che avete scelto. Una volta conclusa questa operazione aggiungiamo<br />
un osso di prosciutto istriano, l’ombolo di maiale, della carne di vitellone<br />
a pezzi grossolani e quindi copriamo con il resto dei “capuzi garbi”.<br />
Aggiungete dell’acqua, una foglia d’alloro un rametto di rosmarino.<br />
Con della pancetta e dell’aglio preparate del pesto che incorporerete<br />
ai “capuzi” e alla carne. Mettete a cuocere a fuoco lento per 2-3 ore.<br />
Con l’aiuto di un mestolo togliete il pesto e mettete in tavola cercando<br />
di servire un pezzo di ogni tipo di carne per porzione. E degli ottimi<br />
“capuzi garbi”.<br />
Ed eccoci arrivati a Trieste e a quanto riporta Maria Stelvio nel suo<br />
vademecum sulla cucina del capoluogo giuliano. Prendete un chilo di<br />
“capuzi garbi” e copriteli con dell’acqua fredda, facendoli bollire per<br />
30 minuti. Se sono di qualità troppo acida, è meglio cambiare l’acqua<br />
dopo la prima bollitura. Rosolate il lardo battuto, soffriggete la farina e<br />
l’aglio e incorporate il comino tritato. Aggiungete i “capuzi garbi” con<br />
tutta l’acqua, una foglia d’alloro, pepe e sale. Fateli stufare per due ore.<br />
Prolungando la cottura o riscandandoli riescono più saporiti. I tedeschi<br />
dicono che questa pietanza è buona quando è stata riscaldata almeno<br />
per sette volte. Si suppone che le ragazze tedesche debbano il loro bel<br />
colorito al forte consumo di “capuzi garbi”.<br />
di Fabio Sfi ligoi<br />
La cucina di queste terre, specie nel periodo freddo, è impensabile senza<br />
i “capuzi garbi”, quelli che in lingua vengono chiamati “crauti”,<br />
termine che ci associa all’Oktoberfest di Monaco di Baviera, a qualche<br />
chilometro di wurstel e a un paio di “krügel” di birra. I nostri sono e<br />
restano “capuzi garbi”, fatti in “tecia”, in maniera semplice, ai quali si accompagna<br />
l’ombolo cotto nel vino, qualche ottima “luganiga” istriana, uno<br />
stinco di vitello cotto nella strepigna sotto la brace o della porchetta allo<br />
spiedo. Come si nota, piatti pesanti, nei quali il compito dei “capuzi” è quello<br />
di fungere da contorno e con la loro acidità sgrassare il piatto principale.<br />
Il tutto magari accompagnato da un buon teran… I “capuzi” ci raccontano<br />
anche della storia di queste terre (Istria, Quarnero, Friuli Venezia Giulia), di<br />
una ben marcata infl uenza teutonica sulla nostra cucina, riscontrabile anche<br />
in altri piatti tipici.<br />
I “capuzi” sono cavoli cappucci (quelli di colore bianco) sottoposti a una<br />
particolare tecnica di conservazione che sfrutta le proprietà conservanti del<br />
sale associate a una fermentazione lattica. Questo tipo di tecnica era in uso<br />
presso i cinesi migliaia di anni fa, in Europa appartiene alla tradizione altoatesina<br />
e tedesca.<br />
Preparazione dei «capuzi»<br />
I cavoli capucci vengono lavati, privati del torsolo e delle foglie esterne;<br />
vengono poi tagliati con un’apposita affettatrice e deposti a strati in<br />
un alto contenitore, alternati ad una manciata di sale. Alcuni aggiungono<br />
aromi quali semi di cumino e bacche di ginepro. I futuri “capuzi garbi”<br />
vengono quindi ben pressati e coperti con qualche foglia di cavolo, e fatti<br />
fermentare a temperatura ambiente per una settimana, poi al fresco di una<br />
cantina per almeno 3-4 settimane coperti da una stoffa ed un coperchio di<br />
legno, sormontato da una pietra.<br />
In queste condizioni i fermenti lattici (tra cui quelli dello yogurt) trasformano<br />
gli zuccheri presenti in acido lattico. Si arriva così ad una progressiva<br />
acidifi cazione dell’ambiente fi no alla sua stabilizzazione che favorisce<br />
la conservazione dei “capuzi”per parecchi mesi.<br />
Questo è il metodo tradizionale, ovviamente le industrie alimentari utilizzano<br />
metodi moderni più rapidi e controllati, che garantiscono la standardizzazione<br />
del prodotto e le perfette condizioni igieniche.<br />
Caratteristiche nutrizionali<br />
Nella preparazione dei “capuzi” non vengono<br />
aggiunti alimenti calorici (a parte l’aceto,<br />
che fornisce un contributo calorico tutto<br />
sommato trascurabile) e quindi hanno gli stessi<br />
valori nutrizionali del cavolo, maggiorati dal<br />
fatto che durante la fermentazione perdono acqua<br />
(assorbita dal sale) e quindi vengono concentrati,<br />
un po’ come se fossero cotti. Il valore<br />
nutritivo aumenta di molto poco, infatti i crauti<br />
hanno circa 25 kcal contro le 19 del cavolo<br />
cappuccio crudo. Il sapore piuttosto intenso li<br />
rende molto più appetibili dei cavoli crudi, e<br />
li rende consumabili anche senza aggiunta di<br />
condimenti grassi.<br />
Se si acquistano “capuzi garbi” in scatola,<br />
bisogna controllare che siano “al naturale” e<br />
non conditi con alimenti grassi.<br />
Le origini del piatto sono triestine<br />
La jota, una minestra nata quasi per caso<br />
Uno dei piatti caratteristici delle nostre terre e<br />
del periodo freddo è la jota, la minestra di fagioli<br />
con aggiunta di “capuzi garbi” (e non di rape acide<br />
come molti pensano, quella è un’altra cosa).<br />
L’etimologia del nome è controversa: c’è chi lo<br />
fa derivare dal tardo latino jutta, brodaglia, il quale<br />
a sua volta originerebbe da una radice celtica. Il che<br />
è molto probabile visto che lo stesso significato di<br />
brodo, brodaglia, beverone o mangime lo si ritrova<br />
nel termine cimbro yot, nell’irlandese it e nel gergo<br />
del Poitou jut, mentre in Cecoslovacchia con il<br />
termine jucba s’intende una minestra di cavoli. Ma<br />
la parola è diffusa anche in Emilia: a Parma, Reggio<br />
e Modena, infatti, dzota significa brodaglia. Da<br />
non dimenticare inoltre il corso ghiotta, l’engadinese<br />
giuota e il calabrese jotta, tutti con il significato<br />
di intruglio.<br />
Quanto alle origini vere e proprie del piatto, è<br />
assolutamente certo che non sono austriache. Nelle<br />
minestre austriache i fagioli rossi secchi brillano<br />
per la loro assenza.<br />
È molto probabile, invece, che le origini della<br />
jota siano triestine, anche se sloveni e friulani ne<br />
rivendicano la paternità. I fagioli rossi, infatti, furono<br />
scarsamente usati in Slovenia sino a tempi abbastanza<br />
recenti: le minestre tipiche slovene sono<br />
minestre con orzo, patate, rape, crauti, e talvolta fagioli<br />
bianchi. Altrettanto latitanti, anche se non as-<br />
senti, furono e sono tuttora i “capuzi garbi” in Friuli,<br />
dove si preferisce usare la brovada (rape acide).<br />
Sia i fagioli rossi secchi che i “capuzi garbi” sono<br />
invece in auge a Trieste ormai da secoli.<br />
Come è nata la jota? Probabilmente qualcuno,<br />
partendo con l’idea di preparare una pasta e fagioli,<br />
si è poi trovato, per fretta o per pigrizia, a dover<br />
fare a meno della pasta che, è bene ricordarlo, un<br />
tempo veniva confezionata esclusivamente a mano.<br />
Avendo avuto però a disposizione dei “capuzi garbi”<br />
preparati secondo la classica ricetta, ipotesi largamente<br />
attendibile in tutte le famiglie triestine di<br />
un tempo, può darsi che li abbia semplicemente aggiunti<br />
ai fagioli e, riscaldando il tutto, abbia così ottenuto<br />
la prima jota.<br />
Dalla jota sono derivate diverse versioni in varie<br />
località: abbiamo così la jota triestina, la friulana,<br />
la bisiaca e la slovena. Esistono persino versioni,<br />
diciamo così, letterarie, ossia sorte da errate<br />
interpretazioni da parte di autori non triestini. Così<br />
qualcuno ci suggerisce di prepararla con i cavoli<br />
cappucci freschi, farina di frumento e farina di polenta<br />
aggiungendovi anche “qualche bacca (?) di<br />
comino”, mentre altri la descrivono disinvoltamente<br />
nel capitolo che tratta della polenta.<br />
In Germania, dove sono dei veri maestri quanto<br />
a crauti in tutte le salse, questo minestrone è stranamente<br />
del tutto sconosciuto.<br />
La ricetta della jota<br />
Per prepararla avrete bisogno di tre recipienti distinti:<br />
una casseruola per i “capuzi garbi”, una padella<br />
per il disfritto e una pentola per cuocere i fagioli e<br />
per completare il minestrone.<br />
Ingredienti:<br />
Un cucchiaio d’olio<br />
Un etto di pancetta tagliata a striscioline<br />
un po’ spesse<br />
300 grammi di “capuzi garbi”<br />
300 grammi di fagioli secchi tenuti a mollo nell’acqua<br />
per un’intera notte<br />
Un po’ di maiale affumicato da scegliere tra orecchio,<br />
codino, costine<br />
Un etto di cotenna fresca grassa in un unico pezzo<br />
Una foglia di alloro<br />
Due spicchi d’aglio schiacciati e pelati<br />
Sale e pepe<br />
Mezzo cucchiaio di strutto o un cucchiaio d’olio per<br />
il soffritto<br />
Un altro spicchio d’aglio per il soffritto<br />
Due cucchiai di farina<br />
Mettete i fagioli sul fuoco coprendoli abbondantemente<br />
con acqua fredda, assieme alla cotenna, al<br />
maiale affumicato, alla foglia di alloro e agli spic-<br />
chi d’aglio. L’acqua non deve essere salata. Mentre<br />
i fagioli iniziano a cuocere, versate l’olio in un<br />
tegame e fatevi colorire bene la pancetta, quindi<br />
aggiungete i “capuzi garbi”, salate, pepate, coprite<br />
il recipiente e continuate la cottura a fuoco molto<br />
dolce. Se sarete bravi, “capuzi garbi” e fagioli<br />
saranno cotti assieme, dopo circa un’ora e mezza<br />
di sobbollitura.<br />
I crauti vanno sorvegliati spesso e mescolati per<br />
evitare che si asciughino troppo attaccandosi al<br />
fondo del tegame. Se necessario, bisogna aggiungere<br />
un po’ d’acqua.<br />
Appena prima che i fagioli siano cotti, cioè dopo<br />
poco più di un’ora, preparate il soffritto: fate riscaldare<br />
lo strutto o l’olio in una padella, mettetevi<br />
lo spicchio d’aglio tritato e fatelo colorire,<br />
quindi unite la farina e - mescolando in continuazione<br />
- fatela imbiondire, quindi versate il soffritto<br />
nella pentola dei fagioli. A questo punto unite<br />
ai fagioli anche i “capuzi garbi” e, se necessario,<br />
ripristinate il livello del liquido. Salate moderatamente,<br />
pepate e ultimate la cottura sempre a fuoco<br />
basso. Se volete potete passare parte dei fagioli.<br />
Il piatto non andrebbe servito subito, ma lasciato<br />
a riposare sino al giorno successivo, quando lo si<br />
farà nuovamente bollire prima di distribuirlo nei<br />
piatti. Da notare, inoltre, che i veri intenditori preferiscono<br />
la jota tiepida e non calda: è così, infatti,<br />
che questa pietanza tocca la perfezione.<br />
Piatto di tradizione ottomana<br />
Sarme, un must<br />
di ogni Capodanno<br />
“Dovemo farle, magari una volta sola, ma dovemo farle”: è l’ordine,<br />
più benevolo di quanto sembri, di fronte al quale non si discute<br />
e che arriva dalla bocca di mia madre puntualmente prima delle<br />
festività di Natale e Capodanno. Il riferimento riguarda le sarme, gli<br />
involtini di carne in foglie di “capuzi garbi”, così buone che spesso<br />
e volentieri ritornano sulle nostra tavola anche dopo i bagordi di<br />
fi ne anno, sia per una questione di convenienza, sia per motivi di<br />
praticità. È noto che le sarme, di solito prodotte in quantità “industriali”,<br />
ben si conservano nel freezer e ogni qualvolta vengono tolte<br />
dal frigo per venir riscaldate, risultano sempre più buone. L’origine<br />
di questo piatto è turca, lasciata probabilmente in eredità in<br />
queste terre dall’occupazione ottomana. I turchi usavano preparare<br />
degli involtini di carne arrotolati nelle foglie di vite. Come per altri<br />
piatti, anche per le sarme esistono diversi tipi di preparazione: si<br />
va dal modo di arrotolarle a come viene preparata la farcia (passata<br />
in padella o a crudo, solo carne di manzo o solo carne di maiale,<br />
o tutte due), dall’uso o meno del soffrito fi no all’aggiunta di un po’<br />
di passata di pomodoro o un pizzico di paprika. Insomma ad ognuno<br />
il suo…<br />
Il consiglio è di optare per due tipi di carne: un terzo di carne di<br />
maiale e due terzi di carne di manzo da tritare due volte. Per dare un<br />
sapore particolare alla farcia, al vostro macellaio di fi ducia fate tritare<br />
con la carne anche un po’ di pancetta, meglio se affumicata. Oltre<br />
alla testa del cappuccio acido (due chili cca per 24-26 sarme), vi<br />
servira almeno un altro chilo di “capuzi garbi”. E poi gli altri soliti<br />
ingredienti: aglio, prezzemolo, una tazza di riso, sale e pepe<br />
Separate con delicatezza le foglie del “capuzo” e immergeteli in<br />
un recipiente nel quale avrete messo dell’acqua tiepida, operazione<br />
necessaria per ridurre l’acidità e ammorbidire le foglie per maneggiarle<br />
meglio. Se dovessero restare delle foglie, tritatele fi nemente e<br />
aggiungetele al resto dei “capuzi garbi”.<br />
In un recipiente mettete la carne alla quale aggiungerete del trito<br />
di aglio (secondo i gusti) e prezzemolo, il riso, un uovo per legare,<br />
un cucchiaino di condimento Vegeta, sale e pepe. Lavorate il<br />
tutto per qualche minuto affi nché gli ingredienti si incorporino per<br />
bene. Lasciate riposare un po’ e procedete quindi alla farcitura delle<br />
foglie, partendo da quelle più grandi. Una volta terminata la carne<br />
prendete una pentola capiente. Sul fondo adagiate una parte dei<br />
“capuzi garbi” che avrete precedentemente lavato per togliere l’acidità.<br />
Poi mettete uno strato di sarme, quindi altri “capuzi garbi” e<br />
così via. Fra uno strato e l’altro si può introdurre della pancetta affumicata<br />
per insaporire il tutto. Concludete ricoprendo l’ultima fi la<br />
di sarme con i “capuzi garbi”. Aggiungete abbondante acqua, corpite<br />
la pentola e mettete a cuocere a fuoco lento per tre orette. Buon<br />
appetito.
6 cucina<br />
Uno dei frutti meno popolari in autunno, ma<br />
presente sulle bancarelle dei mercati, è la<br />
melagrana che appartiene alla famiglia delle<br />
Punicaceae. Ha dato il nome alla città di Granada<br />
ed è da sempre considerat<br />
melograno è un albero leg<br />
antica tradizione, sinonim<br />
lenni della fertilità per tu<br />
culture che si sono lasciat<br />
durre dai suoi frutti, ricch<br />
semi di accattivante col<br />
rosso. Le spose romane u<br />
vano intrecciare tra i ca<br />
pelli rami di melograno.<br />
Nella tradizione asiatica<br />
il frutto aperto rappre<br />
senta abbondanza e buo<br />
augurio. Il notevole num<br />
Sabato, 27 ottobre 2007<br />
SAPORI D’AUTUNNO Si merita maggior considerazione: è ricca di vitamine A e B<br />
Melagrana, il frutto della fertilità<br />
Varietà<br />
Esistono molte varieta di questo frutto, la<br />
maggior parte delle quali sono coltivate in Medio<br />
Oriente e in India, dove e apprezzato soprattutto<br />
per il suo succo, utilizzato sia come bevanda (solitamente<br />
dopo essere stato addolcito con zucchero)<br />
sia come condimento. Le melagrane che vengono<br />
coltivate e vendute hanno solitamente una<br />
buccia rosso-gialla e grani di colore rosso acceso,<br />
dal gusto agrodolce, che contengono un seme<br />
bianco oppure giallo, che può essere morbido oppure<br />
duro e viene abitualmente consumato insieme<br />
al frutto.<br />
Caratteristiche qualitative<br />
Non acquistate mai melagrane acerbe o<br />
non pienamente mature: la maturazione avviene<br />
esclusivamente sulla pianta. Preferite i frutti<br />
senza alcuna spaccatura in superfi cie: attraverso<br />
queste fessure possono verifi carsi attacchi di parassiti<br />
o muffe. Il colore della buccia dovrebbe<br />
essere rosso con tracce di giallo, senza macchie<br />
o ammaccature.<br />
Proprietà<br />
La parte commestibile della melagrana è solo<br />
il 59 p.c.. Questo fatto, unito alla laboriosità dell’operazione<br />
di estrazione dei grani, rende l’apporto<br />
alimentare della melagrana quasi trascurabile,<br />
visto che solitamente non ne viene consumata<br />
una quantità suffi ciente ad assorbire dosi<br />
rilevanti di principi nutritivi.<br />
Conservazione<br />
Se riposte in un luogo fresco e asciutto, le melagrane<br />
possono conservarsi anche per una settimana,<br />
a patto che la buccia non presenti spaccature.<br />
dei suoi grani ha ispirato parecchie leggende: in<br />
Vietnam la melagrana si apre in due e lascia venire<br />
cento bambini, le spose turche la lanciano a terra<br />
perché si dice che avranno tanti fi gli quanti sono<br />
i chicchi usciti dal frutto<br />
spaccato. In Dalma- zia invece la tradizione<br />
vuole che lo sposo trasferisca dal giardino del<br />
suocero al suo una pianta di melograno. Di origine<br />
indiana è la credenza che il succo di questo frutto<br />
combatta la sterilità. Nel linguaggio fl oreale non<br />
poteva che esprimere amore ardente.<br />
Il melograno è una pianta originaria della Persia<br />
e dell’Afghanistan, cresce e spontaneo dal sud<br />
del Caucaso al Punjab ed è diffuso fi no in Estremo<br />
Oriente, oltre che nei Paesi del Mediterraneo.<br />
Ricchissimo di vitamine è da millenni fonte di<br />
salvezza per i popoli degli aridi territori dell’Asia,<br />
considerato il re dei frutti anche per il suo particolare<br />
picciuolo a forma di corona. “Punica granatum”<br />
è il suo nome scientifi co, il suo fusto che può arrivare<br />
anche ai 5 metri d’altezza, è molto ramoso,<br />
contorto con una corteccia rosso-grigiastra e rami<br />
spinosi. Le foglie sono decidue, oblunghe, per lo<br />
più opposte, rigide e lucide.<br />
I fi ori scarlatti, sbocciano all’estremità dei rami,<br />
da maggio a luglio.<br />
Il frutto è una grossa bacca coriacea, tondeggiante<br />
di colore giallo-arancio, diviso al suo interno<br />
in 7-15 cavità nelle quali sono posti i semi, avvolti<br />
da una polpa acida o dolce, succosa e trasparente.<br />
La maturazione dei frutti avviene in autunno.<br />
Il melograno viene coltivato spesso a scopo ornamentale<br />
nei giardini e sui terrazzi nelle regioni più<br />
calde, i suoi frutti e i suoi fi ori vengono usati per<br />
decorare le tavole e le pietanze. Eppure il melograno<br />
avrebbe tutti i motivi per meritarsi maggiore<br />
considerazione: i suoi frutti sono ricchi di vitamina<br />
A e B. Nell’antichità era tenuto in grande considerazione<br />
per le sue proprietà terapeutiche. Già<br />
4.000 anni fa gli egizi conoscevano le proprietà<br />
vermifughe della radice del melograno. In Europa,<br />
all’inizio del XIX secolo la scorza di questa radice<br />
era molto usata nella lotta contro la tenia. Recentemente<br />
è stato preso in considerazione il succo<br />
di melagrana per i suoi benefi ci cardiovascolari. Il<br />
frutto contiene in abbondanza tannino che hanno<br />
proprietà astringenti. Oltre che vermifugo la melagrana<br />
è rinfrescante, diuretica e tonica. La corteccia<br />
del frutto è ancora usata in Africa del nord e<br />
in Oriente per conciare il cuoio. Con la buccia essiccata<br />
si ottiene un ottimo colorante: un caratteristico<br />
giallo tendente al verde che è stato ritrovato<br />
perfi no in alcune tombe egizie. In presenza di ferro<br />
essa dà una tinta nera adatta per farne inchiostro,<br />
anche i fi ori possono servire per preparare un inchiostro<br />
rosso.<br />
Il frutto oltre a essere un insolito dessert, è il<br />
protagonista di golose gelatine, bevande dissetanti,<br />
granite, marmellate. Il succo di melagrana è adoperato<br />
in cucina nella preparazione dei dolci ma<br />
anche della carne.<br />
Petti di pollo alla melagrana<br />
Ingredienti:<br />
Due melagrane<br />
250 grammi di porcini<br />
Olio<br />
Sale<br />
Pepe<br />
Pane q.b.<br />
Fate rosolare i<br />
In una terrina, fate una salsa<br />
composta di olio, sale e pepe.<br />
Ingredienti:<br />
400 grammi di formaggio caprino fresco<br />
Quattro melagrane mature<br />
ti a striscioline in una padella<br />
con poco olio. Aggiungete quindi<br />
il sugo di una melagrana, di<br />
un’arancia e il pepe e fate cuocere<br />
a fi amma vivace. Ricordate di salare<br />
solo verso la fi ne della cottura,<br />
perché il sale rende il pollo più<br />
duro. Ultimata la cottura cospargete<br />
con i chicchi di melagrana e<br />
servite subito.<br />
Confettura di malagrane<br />
tugiata e mettete quindi sul fuoco.<br />
Portate a bollitura e lasciate<br />
poi cuocere a fuoco vivace fi no<br />
a quando versando una goccia<br />
su un piatto si rapprenderà velocemente.<br />
Togliete dal fuoco,<br />
mettete nei vasi e coprite. Invasatela<br />
ancora calda fi no ad un<br />
cm dal bordo del vaso, e mettete<br />
il coperchio ermetico. A questo<br />
punto capovolgete il vasetto<br />
per 5 minuti in modo che la marmellata<br />
ancora bollente impregni<br />
l’interno del coperchio. Si effettua<br />
così una specie di autosterilizzazione.<br />
Bruschette alle melagrane<br />
Bagnate le fette di pane, che devono<br />
essere alte un paio di centimetri,<br />
con questa salsa e abbrustolitele.<br />
A parte, in una terrina,<br />
ponete i funghi tagliati a<br />
fette e i chicchi di melagrane, e<br />
condite con sale e pepe e un po’<br />
d’olio. Condite le fette di pane<br />
ancora calde con questo composto,<br />
e servite.<br />
Caprino alla melagrana<br />
Sgranate le melagrane e una volta separati i grani, centrifugatene la<br />
terza parte. Stemperate il caprino col succo lavorandolo delicatamente<br />
ed unitevi i grani. È una preparazione delicata e leggera che può essere<br />
servita come antipasto su crostini o su un letto di lattuga.<br />
Risotto<br />
alle melagrane<br />
Ingredienti:<br />
200 grammi di riso<br />
Una melagrana<br />
30 grammi di pancetta<br />
Una cipolla<br />
1/3 di bicchiere di vino bianco<br />
Brodo vegetale<br />
Olio<br />
Sale<br />
Parmigiano<br />
Rosolate la cipolla in un tegame,<br />
aggiungete la pancetta e fatelo rosolare<br />
per bene, aggiungete il riso. Bagnate<br />
con il vino bianco e fate sfumare<br />
a fi amma viva. Aggiungete a poco a<br />
poco il brodo vegetale, ogni qualvolta<br />
l’acqua viene assorbita dal riso. A fi ne<br />
cottura aggiungete i chicchi della melagrana<br />
e il parmigiano. Per chi vuole<br />
un risotto più ricco, può aggiungere<br />
una noce di burro. Servite caldo.
Sabato, 27 ottobre 2007<br />
DOLCI<br />
Cioccolata-crema-panna ti fanno vivere sensazioni uniche<br />
Oggi vogliamo parlarvi dei profi -<br />
teroles, dessert ad alto contenuto<br />
calorico, ma che va assolutamente<br />
provato perché è capace di destare sensazioni<br />
uniche con la straordinaria combinazione<br />
cioccolata-crema-panna.<br />
Il termine profi teroles deriva dal diminutivo<br />
della parola francese profi t, (cioè<br />
profi tto, guadagno), ed è costituito da una<br />
preparazione composta da una serie di<br />
piccoli bignè che formano un unico dolce<br />
al cioccolato. In Inghilterra il profi teroles<br />
è un dolce molto popolare, che viene preparato<br />
con ripieno di crema, panna o gelato,<br />
ricoperto di cioccolata calda; in Francia<br />
è essenziale in un banchetto nuziale,<br />
dove viene presentato come una “croquembouche”,<br />
cioè una piramide di bignè<br />
ripieni e caramellati.<br />
Trae le sue origini dal Rinascimento.<br />
Caterina de Medici, andando in sposa a<br />
Enrico II di Francia, e diventando in seguito<br />
regina, portò con se dalla sua terra<br />
d’origine (la Toscana) tutte le sue ricette<br />
di gastronomia. Uno dei suoi chef, creò nel<br />
1540 la pasta per choux (per bignè), che<br />
divenne molto famosa in Francia (come<br />
molte altre ricette di origini italiane), e con<br />
essa anche i profi teroles. La fama di questo<br />
dolce si diffuse però dopo il XVII secolo,<br />
periodo in cui si sviluppò la vera arte<br />
pasticcera.<br />
Curiosità<br />
La profi terole (senza la “s” fi nale) in francese è un minuscolo bignè,<br />
cotto al forno, ripieno di una farcia dolce o salata. Se la farcia<br />
è dolce, è generalmente costituita da panna montata, crema, cioccolata,<br />
zabaione, confettura ed è spolverizzata di zucchero o glassata<br />
con fondente o cioccolato.<br />
Può essere consumata così com’è oppure utilizzata come guarnizione<br />
ad un dolce di grande formato come per esempio la torta<br />
Saint Honorè.<br />
Quando la farcia è salata può essere composta da formaggio,<br />
prosciutto cotto, ecc. e generalmente viene servita insieme ad altre<br />
tartine, stuzzichini e salatini come accompagnamento ad un aperitivo<br />
o come antipasto.<br />
Consiglio<br />
Se volete un profi teroles da tenere in frigorifero, e quindi da servire<br />
freddo e non con la salsa calda, potete preparare una copertura<br />
formata da crema Chantilly alla quale aggiungerete del cioccolato<br />
fondente sciolto a bagnomaria (lasciatelo intiepidire). Tuffate poi<br />
uno per uno i bignè già riempiti nella crema così ottenuta e componete<br />
la vostra solita piramide, guarnendola con fi occhetti di panna.<br />
Per variare anche il ripieno dei bignè, potete usare al posto della crema<br />
Chantilly della crema pasticcera.<br />
cucina 7<br />
Profi teroles, dessert lussurioso<br />
Il trucco<br />
È preferibile che i bignè con cui si compone il profi -<br />
teroles siano abbastanza lisci in superfi cie; per ottenere<br />
tale risultato, dopo averli deposti sulla placca del forno,<br />
a mucchietti o a ciuffetti con la tasca per dolci, passatevi<br />
sopra un dito bagnato di acqua per lisciarli.<br />
Dunque per mangiare dei buoni profi teroles bisogna<br />
prima preparare i bignè, vi proponiamo qui di seguito la<br />
ricetta base.<br />
Ingredienti per bignè:<br />
Due bicchieri di acqua<br />
180 grammi di burro<br />
225 grammi di farina<br />
Sei uova<br />
Un pizzico di sale<br />
Mettete l’acqua in una casseruola pesante su fuoco<br />
basso ed unite il burro. Quando il burro sarà completamente<br />
liquefatto, alzate la fi amma e portate ad ebollizione,<br />
poi togliete dal fuoco e versate tutta la farina insieme<br />
al sale.<br />
Mescolate il composto e rimettete la casseruola sul<br />
fuoco, mescolando sempre fi no a quando l’impasto diventerà<br />
solido e si staccherà dalle pareti.<br />
Fate raffreddare per qualche minuto, poi aggiungete al<br />
composto un uovo alla volta, sbattendo con vigore l’im-<br />
pasto. Quando tutte le uova si sono amalgamate disponete<br />
il composto a mucchietti in una teglia imburrata ed infarinata<br />
con l’aiuto di una tasca da pasticciere. Fate cuocere a<br />
fuoco moderato per circa 20 minuti.<br />
Poi si prosegue alla preparazione dei profi teroles<br />
Ingredienti:<br />
100 grammi di cioccolato fondente<br />
30 bignè<br />
Tre tuorli<br />
Mezzo litro di latte<br />
Tre cucchiai di zucchero<br />
Un cucchiaio di farina<br />
Mezzo litro di panna montata<br />
Fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria. In un casseruolino<br />
montate i tuorli con lo zucchero, aggiungete la<br />
farina sempre mescolando e poi il latte lentamente, a fi lo<br />
perché non si formino grumi.<br />
Mettete sul fuoco, portate a bollore mescolando con<br />
energia. Quando la crema comincia ad addensarsi cuocete<br />
un paio di minuti sempre mescolando.<br />
Incorporatevi il cioccolato fuso caldo e mescolate ancora.<br />
Mentre la crema raffredda, tagliate la calotta dei bigné.<br />
Trasferite delicatamente la panna montata in una tasca<br />
da pasticciere e riempite a uno a uno i bignè. Disponeteli<br />
a piramide sul piatto da portata, fatevi colare la crema<br />
al cioccolato ormai fredda e decorate con fi occhetti di<br />
panna.<br />
Profi teroles con<br />
fragole e panna<br />
Ingredienti:<br />
300 grammi di bignè<br />
250 grammi di fragole<br />
4 dl di panna montata<br />
40 grammi di zucchero<br />
Un bicchierino di grand marnier<br />
Pulite le fragole, mettetele in<br />
uno scolapasta e lavatele sotto<br />
l’acqua corrente.<br />
Lasciatele scolare, travasatele<br />
in una terrina, aggiungete il<br />
liquore e lasciatele riposare per<br />
20 minuti. Sgocciolatele e tenetene<br />
sei da parte.<br />
Mettete le altre nel passaverdura,<br />
raccogliete il passato<br />
in una terrina, unite lo zucchero<br />
e rigirate accuratamente. Fate<br />
un foro nei bignè e, servendovi<br />
della tasca da pasticciere, riempiteli<br />
con metà panna montata e<br />
disponeteli su un piatto fondo<br />
da dolci.<br />
Unite la panna rimasta alla<br />
purea di fragole e versate tutto<br />
sui bignè. Decorate la superfi -<br />
cie con le fragole intere tenute<br />
da parte.<br />
Profi teroles al cioccolato<br />
bianco<br />
Ingredienti:<br />
36 bigné<br />
Quattro tuorli<br />
80 grammi di zucchero<br />
Tre bicchieri di latte<br />
60 grammi di cioccolato fondente<br />
125 grammi di cioccolato bianco<br />
Un cucchiaio di burro<br />
Montate i tuorli con lo zucchero, aggiungete<br />
il latte bollente e cuocete per 5 minuti, unite<br />
il cioccolato fon dente grattugiato e fate raffreddare.<br />
Farcite i bignè con l’aiuto di una tasca da<br />
pasticceria. Sistemateli a piramide su un piatto<br />
da portata. Fondete a bagnomaria il cioccolato<br />
bianco con il burro. Versatelo sui bigné prima<br />
di servirli.<br />
Profi teroles al gelato<br />
Ingredienti:<br />
36 bigné<br />
400 grammi di gelato alla frutta<br />
Cinque cucchiai di marmellata d’albicocche<br />
Un cucchiaio di liquore all’arancia<br />
Tagliate la calotta ai bigné e riempteli con il<br />
gelato alla frutta, richiudete le calotta e sistemateli<br />
a piramide su un piatto da portata. Teneteli<br />
in freezer. Scaldate per due minuti la marmellata<br />
con il liquore. Versatela fl uida sui bigné. Decorate<br />
con fragole e fettine di kiwi tra un bignè e<br />
l’altro. Servite subito.
8 cucina<br />
RISTORANTE DEL MESE<br />
«Giovanni», semplicità<br />
e qualità sono di casa<br />
di Sostene Schena<br />
Stuzzichinews<br />
Domani a Colmo<br />
la rassegna della grappa istriana<br />
I migliori produttori dell’Istria si ritrovano domani a Colmo per<br />
la settima edizione della rassegna della grappa istriana. Oltre a quella<br />
tradizionale e alle sempre popolari “biska” (grappa di vischio) e<br />
“medizza” (grappa di miele), verrà proposta tutta una serie di grappe<br />
a base di frutta e erbe aromatiche. La rassegna è in programma<br />
dale 12 alle 23.<br />
Dignano: si celebra l’olio d’oliva<br />
Dal 18 al 16 novembre, su iniziativa<br />
dell’”Agroturist” e del presidente<br />
del comitato organizzatore Sandi<br />
Chiavalon, si celebra a Dignano<br />
l’olio extravergine d’oliva novello.<br />
La terza edizione della manifestazione<br />
assume carattere internazionale.<br />
Grazie al patrocinio di Euroregione,<br />
Regione Istria e Città di Dignano, la<br />
partecipazione è stata estesa ai produttori<br />
di olio EVO di Italia, Slovenia,<br />
Bosnia-Erzegovia, Montenegro<br />
e Albania. L’obiettivo della rassegna<br />
è accomunare i produttori dell’area<br />
dell’Euroregione adriatica e di avvicinare i produttori di olio EVO<br />
della Croazia all’Unione europea. Ad esempio in Croazia il consumo<br />
medio procapite di olio EVO si attesta sulla modesta cifra di un<br />
litro e mezzo, mentre in Grecia e Italia la media è di 22 litri annui per<br />
persona. La manifestazione dignanese si articolerà in presentazioni<br />
dei produttori, degustazioni e conferenze sull’olio EVO.<br />
Appuntamenti<br />
Ecco il caldenario dei principali appuntamenti gastronomici in<br />
Istria. Oggi e domani in centro a Rovigno le “Giornate del pane,<br />
dell’olio d’oliva, del vino e del gioco”, il 10 novembre festa di San<br />
Martino a Pinguente (rassegna del vino novello con degustazione), 8<br />
dicembre esposizione dell’olio extravergine d’oliva a Torre, 8-9 dicembre<br />
Fiera del vino a Gallignana (mostra e vendita).<br />
Alla Kremlin Cup due medaglie<br />
per la nazionale croata dei cuochi<br />
La nazionale croata dei cuochi è rientrata dal Kremlin Culinary<br />
Cup di Mosca con due medaglie in saccoccia (argento e bronzo).<br />
Alla manifestazione hanno preso parte 500 cuochi in rappresentanza<br />
di 20 Paesi. L’argento è andato a Hrvoje Zirojević nella categoria dei<br />
“piatti caldi a base di pollame”. Allo chef del ristorante “Noštromo”<br />
di Spalato è andato anche un riconoscimento per l’originalità nella<br />
preparazione dei piatti di pesce. Grozdana Bohorč si è aggiudicata il<br />
bronzo nella categoria “dessert”.<br />
Appena fuori Cittanova, in direzione<br />
Rovino lo vedi subito<br />
il cartello “Da Giovanni”<br />
e quando arrivi lì, davanti al ristorante,<br />
rimani stupito non per tutte<br />
quelle auto parcheggiate, ma perché<br />
la maggior parte sono targate<br />
Italia. Dentro il locale non è strabiliante,<br />
ma è pulito e sobrio, senza<br />
fronzoli; essenziale, comodo,<br />
luminoso. Così come luminoso è<br />
Valter, il proprietario, fi glio di quel<br />
Giovanni che - si capisce - ha dato<br />
il nome a quell’altro locale che,<br />
una quindicina di anni fa, stava giù<br />
al ponte. Valter, per assicurarsi la<br />
continuità di questa redditizia attività<br />
(che rende solo per chi la sa<br />
fare) ha battezzato anche il fi glio,<br />
col nome del nonno.<br />
Di Giovanni jr. potrete apprezzare<br />
la cortesia e le attenzioni che<br />
ha tra i tavoli oltre al suo interesse<br />
nel capire che cosa il cliente preferisce<br />
e di servirlo nel modo giusto:<br />
cosa abbastanza rara per chi<br />
frequenta indifferentemente tutti i<br />
punti di ristoro istriani.“Giovanni”<br />
è un ristorante decisamente diverso<br />
da tanti altri perché sembra avere<br />
una marcia in più. Lo si sospetta<br />
già quando si prende in mano<br />
il menù che vi fa prevedere come<br />
Anno III / n. 9 27 ottobre 2007<br />
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina<br />
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina<br />
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat<br />
edizione: CUCINA<br />
Redattore esecutivo: Fabio Sfi ligoi / Impaginazione: Tiziana Raspor<br />
Collaboratori: Sostene Schena.<br />
Foto: Graziella Tatalović, Sostene Schena e archivio<br />
Il supplemento esce con il sostegno fi nanziario della Regione Istriana, Assessorato<br />
alla Comunità nazionale italiana e altri gruppi etnici.<br />
Sabato, 27 ottobre 2007<br />
La nostra<br />
pagella<br />
La scheda<br />
Il presente supplemento viene realizzato nell’ambito del Progetto EDIT Più in esecuzione della Convenzione MAE-UPT n. 1868<br />
del 22 dicembre 1992 Premessa 8, supportato fi nanziariamente dall’UI-UPT e dal Ministero Affari Esteri della Repubblica italiana.<br />
Ambiente 88<br />
Atmosfera 88<br />
Servizio 87<br />
Qualità 90<br />
Vino 82<br />
Prezzo 86<br />
Rapporto q/p 88<br />
Giudizio fi nale 89<br />
Nome: “Giovanni”.<br />
Località: Cittanova.<br />
Gestione: Valter Cernogoraz.<br />
Indirizzo: St. Rozelo 30 –<br />
52466 Cittanova.<br />
Tipo di locale: ristorante.<br />
Coperti: 65 all’interno; 60<br />
in terrazza.<br />
Aperto dalle 11 alle 15 e<br />
dalle 18 alle 23. Chiuso:<br />
martedì. Ferie: pochi giorni<br />
a gennaio.<br />
Numeri di telefono: +385-<br />
52-757122; fax: +385-52-<br />
758085.<br />
Lingue parlate: italiano, inglese<br />
e tedesco.<br />
Pagamento: anche con credit<br />
cards (Amex, Diners,<br />
Master).<br />
Prenotazione: consigliabile.<br />
Distanze: un chilometro da<br />
Cittanova; 14 da Parenzo;<br />
15 da Buie; 46 dal valico di<br />
Rabuiese; 68 da Pola; 90 da<br />
Abbazia.<br />
Per arrivarci: dal confi ne di<br />
Rabuiese seguite la direzione<br />
Pola fi no a Buie; qui girate<br />
a destra verso Verteneglio<br />
e proseguite per Cittanova;<br />
arrivati all’incrocio che porta<br />
in centro voi proseguite<br />
diritti verso Parenzo; dopo<br />
circa 600 metri trovate sulla<br />
destra il cartello che vi indica<br />
la stradina per raggiungere<br />
“Giovanni” (100 metri<br />
lontano dalla strada). Parcheggio<br />
più che suffi ciente;<br />
carta dei vini, area per i<br />
bambini.<br />
Mangiare, piacere irresistibile: la colpa è del DNA<br />
Mangi per vivere o vivi per mangiare? La risposta,<br />
con un peso non indifferente sulla bilancia,<br />
è scritta nei geni dai quali dipende il piacere<br />
legato al cibo. Pubblicata sulla rivista “Behavioral<br />
Neuroscience”, la scoperta è di ricercatori<br />
dell’università statunitense di Buffalo e della<br />
State University di New York, diretti da Leonard<br />
Epstein. Gli esperti hanno scoperto che a<br />
fare la differenza nella quantità di cibo si tende<br />
a mangiare è il gene Taq1 A1, che produce i recettori<br />
per il messaggero cerebrale del piacere,<br />
la dopamina.<br />
A seconda del numero di recettori del piacere<br />
presenti nei neuroni, si può trarre più o meno<br />
benessere da una stessa azione o da un’analoga<br />
quantità di cibo. Per cui coloro che, sfortunati,<br />
hanno pochi recettori, hanno bisogno di mangiare<br />
tanto per saziare i sensi. Le sensazioni di<br />
sarà tutto il resto. Un menù che<br />
non vi inganna: è elegante, semplice<br />
e corretto come i piatti che vi<br />
arriveranno sulla tavola. Qui non si<br />
va sul diffi cile; ma se sapete distinguere<br />
la qualità (parliamo soprattutto<br />
di pesce, molluschi e crostacei)<br />
non avrete di che lamentarvi.<br />
E anche al momento, considerato<br />
quello meno piacevole, cioè quello<br />
del conto, il piatto sarà suffi cientemente…<br />
digeribile; e soprattutto<br />
per chi non si limita a confrontare<br />
i prezzi istriani con quelli dei ristoranti<br />
d’oltre confi ne, ma sa confrontare<br />
e distinguere la diversa<br />
qualità dei cibi.<br />
Per entrare nel merito vi consigliamo<br />
di buttarvi sugli antipasti di<br />
pesce e crostacei, anche se la specialità<br />
di Giovanni sono gli spaghetti<br />
all’astice (500 kune al kg);<br />
spaghetti con scampi (50), capesante<br />
- tre (60), cozze, canestrelli<br />
- 14 pezzi (50 kn); dopodiché una<br />
grigliata mista potrebbe soddisfarvi<br />
suffi cientemente (220 kune per<br />
due persone). Non potete saltare il<br />
dolce di mele, la pita, fatto in casa<br />
come, d’altronde, tutto il resto che<br />
è possibile reperire non lontano dal<br />
ristorante. Il vino sfuso è suffi cientemente<br />
buono.<br />
piacere sono indotte nel cervello dalla dopamina:<br />
più dopamina entra in circolo, più si prova<br />
benessere e soddisfazione da un’azione, per<br />
esempio il sesso, o da una cosa, per esempio il<br />
cibo o le droghe. Per rispondere alla dopamina,<br />
il cervello utilizza un gruppo di recettori chiamati<br />
D2.<br />
Meno recettori sono presenti sui neuroni, più<br />
dopamina sarà necessaria per provare una sensazione<br />
di piacere. Analizzando il DNA, le abitudini<br />
alimentari e la passione per il cibo di un<br />
gruppo di volontari, obesi e non, i ricercatori<br />
hanno visto che coloro che mangiano di più, e<br />
quindi molti tra gli obesi, sono quelli con meno<br />
recettori per la dopamina. La scoperta, concludono<br />
gli esperti, potrebbe condurre all’elaborazione<br />
di percorsi di dimagrimento personalizzati<br />
in base a quanto piacere si prova mangiando.