Ambiente_e_Sicurezza..

PRIMOPIANO 

INSERTO/RIFIUTIEBONIFICHE 

l SISTRI 

Alviaildoppioregime:riepilogoeistruzionioperative 

COMMENTOAPAGINAIV;TESTOAPAGINAVI;ARTICOLOAPAG.IX 

PREVENZIONEEPROTEZIONE 

l Sicurezzadellavoro 

DalMinLavoroichiarimentisulregistroinfortuni 

ARTICOLOAPAG.17 

Enti:lanaturapubblicisticanonesonerada“responsabilità231” 

COMMENTOAPAG.23;TESTOAPAG.22 

RIFIUTIEBONIFICHE 

l Inapertura/Bonifiche 

Dall’OsservatorioalForumnuovispuntiperglioperatoridisettore 


l Rifiuti 

Nuovi“limitidiquantificazione”peririfiuticontenentiidrocarburi 


Sedimentidragati:lagestionenelladirettiva2008/98/CE 


FORUM DELLE BONIFICHE 

Continuano le iscrizioni al Forum delle Bonifiche che si terrà presso la fiera Ecomondo 

di Rimini, giovedì 4 novembre. La partecipazione all’evento è libera e gratuita fino 

ad esaurimento posti, previo ingresso in fiera. Per iscrizioni e maggiori informazioni 

www.formazione.ilsole24ore.com/forumbonifiche o si veda la locandina a pagina 3. 

Tuttigliabbonati 

chedevono 

ancoraregistrarsi 

possonofarlo 

direttamentenel 

sitodi 

ambiente&sicurezzacliccandosu 

“registrati”, 

“nuovoutente”, 

ericordarsiche 

percompletare 

laregistrazione 

occorreil“codice 

utente”stampato 

sulcellophane 

dellarivista. 

Perulteriori 

Informazioni 

Rivolgersial 

Servizioclienti 

02o06 

30225680 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 5 ILSOLE24ORE

NOVITÀ 

GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 15 GIORNI 

ILSOLE24ORE 6 

GAZZETTAUFFICIALEREPUBBLICAITALIANA 

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO IN 

Finanziamenti Decreto del Ministero 

dell’Economia 

e delle finanze 

26 luglio 2010 

Rifiuti Comunicato del Ministero 

dell’Ambiente e della tutela 

del territorio e del mare 

Tutela 

ambientale 

D.P.R. 

7 settembre 2010, n. 168 

Decreto del Presidente 

del Consiglio dei Ministri 

16 aprile 2010 

«Cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione 

delle attività dell’Agenzia nazionale per le nuove 

tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile 

(ENEA) per il programma Euratom, anno 2009. (Decreto 

n. 24/2010). (10A12191)» 

«Consultabilità sul sito internet dell’albo nazionale gestori 

ambientali della deliberazione 19 maggio 2010. 

(10A12532)» 

«Regolamento in materia di servizi pubblici locali di 

rilevanza economica, a norma dell’articolo 23bis, comma 

10, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, 

con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» 

«Approvazione delle Varianti del Piano stralcio per l’assetto 

idrogeologico “Variante delle fasce fluviali del fiume Po a 

Pancalieri”, e “Delimitazione delle Fasce Fluviali dei corsi 

d’acqua del reticolo minore in Provincia di Alessandria”, 

adottate dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino 

del Po con delibere del 22 luglio 2009, numeri 7 e 8. 

(10A12514)». 

GAZZETTAUFFICIALEDELLECOMUNITÀEUROPEE 

Gazzetta Ufficiale 

del20dicembre2010,n.246 

@Gazzetta Ufficiale 

del20ottobre2010,n.246 



In sintesi a pag. 84 



ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATO IN 

Aria «Regolamento (UE) n. 920/2010 della Commissione del 7 ottobre 2010 relativo ad G.U.C.E. L 

un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87/CE del14ottobre2010.n.270 

del Parlamento europeo e del Consiglio e della decisione n. 280/2004/CE del 

Parlamento europeo e del Consiglio» 

Tutela ambientale «Regolamento (UE) n. 911/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 G.U.C.E. L 

settembre 2010 relativo al programma europeo di monitoraggio della terra del20ottobre2010,n.276 

(GMES) e alla sua fase iniziale di operatività (20112013)» 

Sicurezza 

dei trasporti 

«Regolamento (UE) n. 913/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 G.U.C.E. L 

settembre 2010 relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci del20ottobre2010,n.276 

competitivo» 

@Iltestoèdisponibileonlineall’indirizzowwww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 9novembre2010N.21


l Inserto/SISTRI 


lSicurezzadellavoro 

SOMMARIO 

SISTRI.Alviaildoppioregimepergliadempimenti 

diPaoloPipere....................................................................................................................IV 

DecretodelMinisterodell’Ambienteedellatuteladelterritorioedelmare 

28settembre2010.............................................................................................................VI 

SISTRI:soloobbligooancheopportunità? 

diRobertoConforto...........................................................................................................IX 

Registrodegliinfortuni:ichiarimentiministerialisull’obbligodellatenuta 

diMarioGallo......................................................................................................................17 

Lanaturapubblicisticanonècondizionesufficienteperl’esonero“231”dell’ente 

diAntonioSalvatore............................................................................................................23 

CortediCassazionepenale,sez.II,21luglio2010,n.28699................................................22 

lSicurezzaincantiere 

Sicurezzaincantiere:diecipuntididiscussione 

diCarmeloG.Catanoso.......................................................................................................28 

Lavoriinquota:isistemidiprotezionecontrolecadutedall’alto 

diLucaRossi........................................................................................................................35 

GRANDIRISCHI 

lAntincendio 

Sistemidicollegamentotraattivitàricettive/Serbatoirimovibilidigasolio/ 

Aumentodicapienzadiunlocaledipubblicospettacolo 

acuradiMarioAbate.........................................................................................................42 

SOMMARIO 


SOMMARIO 

ILSOLE24ORE 8 


lBonifiche 

Dall’OsservatorioalForumnuovispuntidiriflessioneperglioperatoridisettore 

diGianniSquitieri...............................................................................................................46 

Bonificadeisiticontaminati:contrattodiappaltostipulato 

conleimpreseiscritteall’Albo 

diEugenioOnori................................................................................................................51 

lDannoambientale 

Riparazionedannoambientale:valutazionetecnica/economica 

diAndreaCampioni,JoeNicoletteeVictorMagar..............................................................57 

lRifiuti 

Rifiuticontenentiidrocarburi: 

introdottiulteriorichiarimentisui“limitidiquantificazione” 

diMarinaZalin...................................................................................................................61 

Sedimentidragati:lagestionenelladirettiva2008/98/CE 

diFedericoPeres................................................................................................................66 

AMBIENTEERISORSE 

lAcqua 

Usociviledellerisorseidriche: 

l’indaginecondottadaISTATfotografalostatodell’arte 

diMariaLuisaFelici............................................................................................................69 

lEnergia 

Energiaelettricadarinnovabili: 

le“lineeguida”illustranol’iterperlarealizzazionediimpianti 

diDavideManzoni.............................................................................................................74 

lTutelaambientale 

FunzionieregolamentoISPRA: 

terminatoilprocessoistitutivoconilD.M.n.123/2010 

diGiovanniFantini.............................................................................................................80 


RASSEGNE 

Rassegnadilegislazione 

acuradiMarcoFabrizio.....................................................................................................83 

Rassegnadigiurisprudenza 

acuradiPierguidoSoprani.................................................................................................85 

acuradiMariaMelizzi........................................................................................................89 

Rassegnadidelibereeleggiregionali 

acuradiSabrinaApicella...................................................................................................93 

RUBRICHE 

UltimeinGazzettaUfficiale............................................................................................5 

Insintesi..........................................................................................................................10 

Scadenzario 

acuradiMarcoFabrizio.....................................................................................................15 

SOMMARIO 


SINTESI 

Commento 

apag.IV 

Testo 

apag.VI 

Articolo 

apag.IX 

Articolo 

apag.17 

Articolo 

apag.22 

Articolo 

apag.28 

ILSOLE24ORE 10 


lInserto 

IN SINTESI 

SISTRI. Al via il doppio regime per gli adempimenti Il D.M. 28 settembre 2010 ha 

prorogato il periodo transitorio di operatività del SISTRI; in particolare, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2010, il 

nuovo sistema telematico per la tracciabilità dei rifiuti si affianca ai tradizionali registri di carico e scarico e ai 

formulariditrasporto.Leimpreseeglientigiàdotatideidispositivielettronicisonotenutiautilizzarli,siapurein 

viasperimentale,mentredal1°gennaio2011isoggettiobbligatiadimpiegareilSISTRInonpotrannopiùservirsi 

di registri e formulari. La pubblicazione del decreto e della relativa nota esplicativa è il pretesto anche per 

tracciareunquadroriepilogativoefornirequalchespuntooperativo(inGazzettaUfficialedel1°ottobre2010,n. 

230). 


IchiarimentidelMinLavorosull’obbligodellatenutadelregistroinfortuniIlD.Lgs.n. 

81/2008,all’art.53,comma6,haprevistochefinoaseimesisuccessiviall’adozionedeldecretointerministeriale 

chedovràdisciplinareilnuovoSINP,previstodall’art.8,restanoinvigoreledisposizionirelativealregistroinfortuni 

nonché quelle relative ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici. Tuttavia, non è stata prevista 

nessunanormatransitoriae,mentreèstatoespressamenteabrogatoilD.Lgs.n.626/1994,èstataprevistauna 

disposizioneprovvisoriadicoordinamentoinbaseallaquale,qualoraledisposizionifaccianoriferimentoalD.Lgs. 

n. 626/1994, lo stesso riferimento deve intendersi al nuovo D.Lgs. n. 81/2008, ma solo fino a quando non 

saranno definiti appositi decreti integrativi. Questi provvedimenti dovevano essere emanati ai sensi dell’art. 1, 

comma6,leggen.123/2007,e,poichéladelegaèscadutaeilD.Lgs.n.106/2009nonhadisciplinatoquesto 

adempimento,l’obbligodellatenutadelregistroinfortunideveessereconsideratoancoravigente. 

La natura pubblicistica è condizione non sufficiente per l’esonero ex 231 dell’ente 

LasentenzadellaSupremaCorten.28699/2010haprecisatol’ambito“soggettivo”diapplicazione 

dellaresponsabilitàamministrativadell’entenelramodeglientioperantinelsettoresanitario,chenegliultimi 

tempiharichiamatosemprepiùl’attenzionedicoloroche,avariotitolo,sioccupanodelD.Lgs.n.231/2001.A 

dispetto dell’apparente chiarezza dell’art. 1, D.Lgs. n. 231/2001, la formulazione del disposto ha lasciato, 

soprattuttoinquestosettore,ampiezoned’ombranell’individuazionedeisoggettidestinataridellanormativa. 

Perilfattochel’attivitàmedicochirurgicaèsvolta,semprepiùfrequentemente,informa“associata”,nonè 

realmente possibile non “fare i conti” con la responsabilità “amministrativa” dell’ente “struttura sanitaria” 

discendentedallacommissione,dapartedeisoggettiqualificati,diunodeireaticontenutinel“catalogo”(in 

perennecrescita)dicuiagliartt.24eseguenti,D.Lgs.n.231/2001. 

Sicurezzaincantiere:diecipuntididiscussioneNel1996,conilD.Lgs.n.494/1996erastata 

recepita la direttiva 92/57/CEE, cosiddetta “direttiva cantieri”. Il testo di recepimento, così come strutturato, 

aveva bisogno di modifiche significative per riavvicinare realmente la norma ai principi e ai contenuti della 

“direttivacantieri”.IlsuccessivoD.Lgs.n.528/1999avevaapportatoalcunemodificheeliminando,tral’altro,sia 

l’obbligodiredazionedelpianogeneraledisicurezza,siarivedendo,masoloinparte,gliobblighidelcoordinatoreperl’esecuzione.IlsuccessivoD.P.R.n.222/2003avevastabilitoicontenutiminimidelpianodisicurezzae 

coordinamento,delpianooperativodisicurezzaedelpianosostitutivononchéavevadefinitolatipologiaele 

modalitàdicalcolodeicostiperlasicurezza.ConilD.Lgs.n.81/2008,l’interoTitoloIVèstatodedicatoaicantieri 

temporaneiomobili,prevedendounaseriedimodifichealprecedenteespecificocorpusnormativo,ilcuiscopo 

eraquellodimigliorarel’efficaciadell’azioneprevenzionaleinquestoparticolaresettore.Infine,conlapubblicazionedeldecretocorrettivoD.Lgs.n.106/2009,nonostantesignificativieimportanticambiamenti,ancorauna 

volta,èstatapersal’occasioneperfarechiarezzasualcunipuntinodalivenutiallalucenegliultimiquattordici 

annicontinuandocosìamantenereancorainsolutialcuniimportantiproblemiapplicativi. 


Lavori in quota: i sistemi di protezione contro le cadute dall’alto I sistemi che 

impedisconolacadutaliberadevonoesserepreferitiaquellichearrestanolacadutaliberainquantononpermettono 

lacadutadall’alto.Ildatoredilavoro,sullabasedelleindicazionidelTUsicurezzadicuiall’art.79,comma2,deve 

fornireailavoratoriiDPIe/oisistemiconformiairequisitiprevistidall’art.76.L’AllegatoVIIIhafornitounelencodelle 

attivitàedeisettoridiattivitàperlequalipuòrendersinecessariomettereadisposizioneiDPIe/oisistemiedelle 

indicazioni non esaurienti per la loro valutazione. Il datore di lavoro deve assicurare la formazione adeguata e 

organizzarelospecificoaddestramentoobbligatoriocircal’usocorrettoel’utilizzopraticodelsistemadiprotezione 

individualedallecaduteinquantoditerzacategoria.Ilavoratoridevonosottoporsialprogrammadiformazioneedi 

addestramentoorganizzatodaldatoredilavoroeutilizzareiDPIe/oisistemimessialorodisposizione. 

VigilanzaeresponsabilitàdeldatoredilavoroDeveascriversiallaresponsabilitàdeldatore 

di lavoro un comportamento lassista e, comunque, omissivo sotto il profilo del controllo, imposto dalla 

normativaantinfortunistica,circal’utilizzodapartedeilavoratorideidispositividiprotezioneindividuale,anche 

in occasione di lavori di breve durata. (Cassazione penale, sez. IV, 15 gennaio 2010, n. 1829 e nella sezione 

“Documentazioneintegrativa”delsitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com) 

ResponsabilitàdelRSPPIlResponsabiledelserviziodiprevenzioneeprotezione,ancheinassenzadi 

poteridiinterventoedispesa,puòessereritenutocorresponsabiledelverificarsidiuninfortuniosullavoro,pur 

rimanendofermalaposizionedigaranziadeldatoredilavoro,tuttelevolteincuil’eventosiaoggettivamente 

riconducibile ad una sua omissione ”sensibile”; segnatamente in relazione alla mancata individuazione e 

segnalazionediunoopiùfattoridirischioinerentiallelavorazioni,allamancataelaborazionedelleproceduredi 

sicurezza,edingenereconriguardoadognisituazionepericolosacheegliavrebbeavutol’obbligodiconoscere 

e di segnalare al datore di lavoro. (Cassazione penale, sez. IV, 15 gennaio 2010, n. 1834 e nella sezione 

“Documentazioneintegrativa”delsitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com) 

MinimizzazionedelrischioTragliobblighifacenticapoaldatoredilavoroinmateriadiprevenzione 

degliinfortuni,ècompresoquellodinondiscostarsidall’obbligodellamassimariduzionedeirischi(fattispeciedi 

operaiointrodottosinelvanoinferiorediunavascadiimmissionedimaterialecalcareopereffettuarelavoridi 

pulizia,decedutoaseguitodellarovinosacadutasulsuocorpodipietreedaltromateriale,versatodall’altodai 

colleghidilavoroattraversolaboccasuperioredellatramoggia,inassenzadimisuredisicurezzapiùadeguate 

(segnaliluminosiesonori)inluogodell’apposizionedidueassidilegnosullagratasuperioredellatramoggia,al 

finediindicarecheeranoincorsolavoriall’internodellavasca).(Cassazionepenale,sez.IV,15gennaio2010,n. 

1841enellasezione“Documentazioneintegrativa”delsitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com) 

GRANDIRISCHI 

Sistemidicollegamentotraattivitàricettive/Serbatoirimovibilidigasolio/Aumento 

dicapienzadiunlocaledipubblicospettacoloInquestonumeroAmbiente&Sicurezzapropone 

alcuni chiarimenti in materia di progettazione antincendio. In primo luogo, è analizzato il caso di un albergo 

esistente,nelparticolarelecaratteristichechedevepossedereilsistemadicollegamentotralacucinaalimentataa 

gaselasaladapranzo.Inunsecondoquesitoèaffrontatol’ampliamentodellacapienzadiunlocaledipubblico 

spettacoloperilquale,però,nonèprevistaalcunaoperamurariasostanzialeoampliamentidellastrutturastessa. 


Inapertura/Dall’OsservatorioalForumnuovispuntidiriflessioneperglioperatori 

disettoreIlsistemadelleBonificheinItaliaoscillaancoratrasegnalipositivi,comelacrescentedisponibilità 

dellapubblicaamministrazioneadaccettarel’applicazioneditecnologieinnovative,anchesespessosolocome 

misuradisupporto,eilfattochel’utilizzoditecnologieeprocessidirisanamentoinnovativisiaspessoostacolatoda 

procedure e previsioni normative che non riescono a seguire l’evoluzione tecnologica. Proprio la difficoltà di 

introdurre innovazioni verdi nel mercato delle bonifiche è una delle criticità che sono emerse da un’indagine 

compiuta recentemente e i cui risultati saranno presentati giovedì 4 novembre presso il Forum delle Bonifiche, 

giornatagratuitainteramenteorganizzatadalGruppo24OREpressolaFieraEcomondodiRimini,durantelaquale 

sarà anche dato avvio all’Osservatorio delle Bonifiche, iniziativa finalizzata ad aprire un tavolo di confronto 

permanentetraoperatorieistituzioni. 

SINTESI 

Articolo 

apag.35 

Massimaenota 

apag.85 

Massimaenota 

apag.86 

Massimaenota 

apag.87 

Quesiti 

sull’antincendio 

apag.42 

Articolo 

apag.46 


SINTESI 

Articolo 

apag.51 

Articolo 

apag.57 

Articolo 

apag.61 

Articolo 

apag.66 

Massimaenota 

apag.89 


Bonificadeisiticontaminati:stipulatoilcontrattodiappaltosoloconleimpreseiscritteall’AlboLeaziendechesvolgonoleoperazionidibonificadisiticontaminatisonoobbligate,secondol’art.30,D.Lgs.n.22/1997,el’art.212,D.Lgs.n.152/2006,all’iscrizioneall’Albodeigestoriambientali. 

Questa iscrizione ha valore di abilitazione. Secondo la legge n. 109/1994, inoltre, il conseguimento della 

qualificazionedapartedell’impresaèilrequisitonecessariochel’abilitaapartecipareallegareperl’affidamento 

e l’esecuzione di lavori pubblici. L’attestazione di qualificazione è rilasciata da organismi di diritto privato, 

denominatiSOA.L’attestazioneSOA,dunque,costituiscerequisitoindispensabileesufficienteperlapartecipazioneagliappaltidilavoripubblici,l’iscrizioneall’Albodeigestoriambientali,invece,èdaconsiderarsirequisitodi 

esecuzioneequindipresuppostolegittimanteallastipulazionedelcontratto. 

Ibandipergliaffidamentidiappaltiriguardantilabonificadeisiti,dunque,devonoprevederespecificaclausolain 

baseallaqualenonsiprocederàallastipulazionedelcontrattoincasodimancatopossessodell’iscrizioneall’Albo. 

Riparazionedannoambientale:valutazionetecnica/economica L’Allegato3,Parte 

VI, D.Lgs. n. 152/2006 introduce due importanti strumenti di valutazione tecnica e di risoluzione del danno 

ambientale,ovverol’analisidirischioperlasaluteumanaelastimadellerisorsenaturaliedeiservizipersiacausa 

del danno adottando metodi di equivalenza in modo da definire le misure di riparazione complementari e 

compensative.Mamentrel’analisidirischiosanitariaèunostrumentoormaidiusofrequentenelladefinizione 

dellabonificadeisiticontaminati,imetodipervalutarel’entitàdeldannoambientaleinterminediperditaed 

equivalenzadellerisorseedeiservizisonoancoraaiprimordiinItaliaeinEuropa.Ènecessario,quindi,metterea 

puntoquestimetodi,sullafalsarigadiquellimessiapuntodatemponegliUSA,inmododadefinirelemisuredi 

riparazionecomplementariecompensative. 

Rifiuti contenenti idrocarburi: introdotti ulteriori chiarimenti sui “limiti di 

quantificazione”ConilD.M.4agosto2010,èstatamodificatalatabellaA2dell’AllegatoAalD.M.7 

novembre 2008, relativa alla classificazione dei rifiuti contenenti idrocarburi. L’Istituto Superiore di Sanità 

afferma che la necessità di classificare un rifiuto di questo tipo, con la caratteristica di pericolo cancerogeno, 

vieneeffettuatamediantelaricercadeimakersdicancerogenicità,dicuialladirettiva67/548/CEEesucc.modd. 

eint.,cioèdialcunesostanzespecificheassuntecomeindicatori.IlMinisterodell’Ambienteedellatuteladel 

territorioedelmare,connotadel14marzo2010,prot.n.6123/TRI/DI,chiarisceche,conformementealparere 

reso dall’ISS, le concentrazioni indicate nella tabella A2, D.M. 7 novembre 2008, sono inequivocabilmente 

riferite ai limiti di quantificazione che il metodo di analisi utilizzato dal laboratorio deve essere in grado di 

raggiungere e non indicano, pertanto, la concentrazione limite dei marker superata la quale il rifiuto è da 

classificare pericoloso. Questa classificazione deve essere effettuata attraverso il rilevamento della presenza e 

concentrazionediunoopiùmarkerdicancerogenesidicuialladirettiva67/548/CEEesucc.modd.eint. 

Quest’ultimo assunto è attualmente contenuto nelle note alla tabella A2, di cui al modificato D.M. 7 

novembre2008. 

Sedimenti dragati: la gestione nella direttiva 2008/98/CE Lo «schema di decreto 

legislativorecantenormeperilrecepimentodelladirettiva2008/98/CE»inmateriadirifiutiescludedall’ambito 

diapplicazioneisedimentispostatiall’internodiacquesuperficiali,apattochequestinonsianopericolosielo 

“spostamento”sialegatoagestionerisorseidriche,prevenzioneinondazionioripristinodeisuoli.Ilsignificato 

deltermine“spostamento”diventa,quindi,diimportanzacruciale,perché,asecondadell’interpretazione,può 

arrivarearendereinapplicabilelanorma.Lapropostainterpretativaaderenteallacosiddettaratiolegis(volontà 

del legislatore) prevede l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti dei sedimenti smossi (rimossi o tecnicamente, 

dragati)all’internodiacquesuperficiali,apattochenonsianopericolosiechel’esigenzadirimuoverlidalfondo 

siadettatapersoddisfarelefinalitàindicatedallegislatore. 

GestionedeirifiutiIllegislatore,nell’attribuireallagiurisdizioneamministrativaesclusivalecontroversie 

attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, ha, innanzitutto, individuato una particolare materia, 

rappresentatadallagestionedeirifiuti,ehaconsideratol’attivitàamministrativapreordinataall’organizzazione 

oall’erogazionedelserviziopubblicodiraccoltaedismaltimentodeirifiuti.(Cassazionecivile,sezioniunite,9 

settembre2010,n.19253,enellasezione“Documentazioneintegrativa”delsitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com) 


MaterialidirisultaIricorsiincidentali,coniqualivengonoprospettatecensurediomessapronunciada 

partedisoggettitotalmentevittoriosineigradidimerito,sonoconseguentementeinammissibilipercarenzadi 

interesse,specialmentequando,comenellaspecie,conilricorsoincidentale«lapartevittoriosasollevicensure 

chenonsonodirettecontrounastatuizionedellasentenzadimerito,bensìabbianoadoggettoquestionisulle 

quali il giudice d’appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite atteso che tali questioni, in caso di 

accoglimentodelricorsoprincipale,possonoessereripropostedavantialgiudicedirinvio».(Cassazionecivile, 

sezione tributaria, 24 settembre 2010, n. 20206, e nella sezione “Documentazione integrativa” del sito 

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com). 


Usociviledellerisorseidriche:l’indaginecondottadall’ISTATfotografalostato 

dell’arte L’ISTAT, nel 2008, ha effettuato rilevazioni nell’ambito dei servizi idrici integrati con l’obiettivo di 

fornireinformazionistatistichesull’usodellerisorseidricheascopopotabile,sultrattamentodelleacquerefluee 

sui gestori del servizio idrico. Per quanto riguarda i prelievi e la potabilizzazione, i maggiori quantitativi sono 

riscontratialcentronordeinBasilicata.Ilvaloremediodiimmissionedell’acquainreterimanepressochéinvariato 

intuttietregliannidicomparazione.Ladepurazionedeireflui,invece,èinaumentoconunincrementodegli 

impiantiditrattamentodicuiquelliprimaririmangonoipiùdiffusi. 

Energiaelettricadarinnovabili:le“lineeguida”illustranol’iterperlarealizzazionediimpianti 

ConildecretodelMinisterodelleSviluppoeconomico,10settembre2010,sonostate 

pubblicate le linee guida per l’autorizzazione alla costruzione degli impianti alimentati a fonti rinnovabili, che 

illustrano,indettaglio,l’iterriservatoalleistallazionisopralesoglieditagliaprevistadalD.Lgs.n.387/2003,eil 

percorsosemplificatopergliimpiantipiùpiccoli.Èposta,inoltre,particolareattenzioneagliimpiantieoliciperi 

qualièpresenteunallegatocheillustraleanalisiambientalipreliminaridaeffettuare.Leregioni,secondoilD.M. 

10settembre2010,potrannoindividuareareeesitinonidoneiall’installazionedispecifichetipologiediimpianti, 

perchélegatiallatuteladell’ambiente,delpaesaggioedelpatrimonioculturale.Apriori,nessunsitopotràessere 

consideratoinidoneo,masidovrannoverificarealcunicriterispecifici. 

Sebbene gli operatori del settore siano soddisfatti, non mancano critiche relative al fatto che non sono state 

ancoraapplicatetuttelenovitàprevistenelladirettiva2009/28/CE,come,adesempio,l’applicazionedell’autorizzazioneunicasoloperimpiantisopra1MWdipotenzaelettrica. 

Funzioni e regolamento ISPRA: terminato l’iter di istituzione con il D.M. n. 

123/2010Dopounlungoiterdiapprovazione,acausadeirilieviformulati,insedeconsultiva,dalConsigliodi 

Stato,èstatopubblicato,inGazzettaUfficiale,ilD.M.n.123/2010,recanteilregolamentodiorganizzazionedi 

ISPRA.IlnuovodecretodisciplinalemodalitàdifusionedelnuovoIstitutoelastruttura,cheverràulteriormente 

regolamentatamediantel’approvazionediunostatutochedovrebbeoccuparsididefinirel’organizzazionedei 

diversi settori di ISPRA, in modo tale da separare le diverse attività dell’Istituto. Rimangono, invece, aperte le 

questionirelativeairapportitraISPRAeilsistemaARPAAPPA.SecondoilD.M.n.123/2010,l’Istitutosaràl’ente 

tecnicoscientificodiriferimentodirettodelMinistro. 

Ildecretocostituisce,difatto,lafasediavviodiunariformachenonpuòritenersiesaurita. 

Entieistituzioni.SUAPInattuazionedell’art.38,comma3,D.L.n.112/2008(progetto“impresainun 

giorno”), il D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, reca la disciplina di riordino e aggiornamento della normativa in 

materiadiSportellounicoperleattivitàproduttive(SUAP),attualmenteinteso«qualeunicosoggettopubblicodi 

riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e di 

prestazioni di servizi» nonché per «quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, 

ristrutturazioneoriconversione,ampliamentootrasferimento,nonchécessazioneoriattivazionedellesuddette 

attività»(inS.O.n.227allaGazzettaUfficialedel30settembre2010,n.229). 

Entieistituzioni.ServizipubbliciInattuazionedell’articolo23bis,comma10,D.L.n.112/2008,il 

D.P.R.7settembre2010,n.168,recaladisciplinaperl’affidamentodeiservizipubblicidi“rilevanzaeconomica”, 

denominati«servizipubblicilocali»,fermarestandol’espressadichiarazione,quantoallagestionedelservizio 

idrico integrato, di autonomia gestionale del soggetto gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica delle 

risorseidrichenonchélaspettanzaesclusivaalleistituzionipubblichedelgovernodellerisorsestesseexart.15, 

comma1ter,D.L.n.135/2009(inGazzettaUfficialedel12ottobre2010,n.239). 

SINTESI 

Massimaenota 

apag.91 

Articolo 

apag.69 

Articolo 

apag.74 

Articolo 

apag.80 

Sintesi 

apag.83 

Sintesi 

apag.84 


OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZE 

acuradiMarcoFabrizio,avvocatoinRoma 

Relazionemensileinquinamentoacusticoaeroportuale 

Entro questa data le regioni devono trasmettere al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 

nonché al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la relazione mensile sul monitoraggio del rumore aeroportuale,alfinediverificareilrispettodapartedeglieventualivolinotturnicompresinellafasciaorariadalleore23.00 

alle ore 6.00 locali, dei requisiti acustici previsti dal capitolo 3, Parte II, volume I, Allegato XVI alla Convenzione 

relativa all’aviazione civile internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 e ratificata in Italia con legge n. 

561/1956. Dalle citate prescrizioni risultano esentati i voli di Stato, sanitari e di emergenza. (Art. 1, D.P.R. 9 

novembre1999,n.476) 

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA 

Regioni Mensile 30novembre2010 

Energia.Efficienzaenergeticasuedificipubblici.Contributiefinanziamenti 

In data odierna scade il termine entro il quale è possibile inviare domande di ammissione al finanziamento per la 

realizzazione di «interventi per l’efficientamento energetico degli edifici» di proprietà dei comuni fino a 15.000 

abitanti,compresiiborghiantichiedipregio,eleloroformeassociative,delleregioniSicilia,Calabria,Campaniae 

Puglia.Iltestocompletodell’avvisoelarelativamodulisticasonodisponibilisulsitodelprogrammawww.poienergia.it, 

nonché sul sito istituzionale www.minambiente.it oltre che sui siti istituzionali delle regioni a obiettivo 

convergenza. L’iniziativa in questione dovrà consentire di sperimentare e realizzare forme avanzate di efficienza 

energetica su edifici pubblici, prioritariamente con pregio architettonico, paesaggistico, storico e culturale, 

promuovendo nel contempo iniziative volte a ridurre i consumi energetici, con conseguenti positivi effetti 

ambientaliedeconomicisuiterritoriinteressati. 


Comunifinoa15.000abitanti(eloroformeassociative)localizzati 

nelleregioniSicilia,Calabria,CampaniaePuglia 

 

Denunciainfortunisettoreestrattivo 

Entro questa data il “titolare” ex art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 624/1996, deve trasmettere all’autorità di 

vigilanzaunprospettoriassuntivo,anchesenegativo,degliinfortuniverificatisinelmeseprecedenteecheabbiano 

comportatoun’assenzadallavorodialmenotregiorni.(Art.25,comma8,D.Lgs.25novembre1996,n.624) 


Titolareexart.2,comma1,letterab),D.Lgs.n.624/1996 Mensile 15dicembre2010 

Denunciaperiodicaimballaggimeseprecedente 

Ultimo giorno per i produttori o utilizzatori di imballaggi iscritti al Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) e in 

regime di dichiarazione mensile per presentare la denuncia e calcolare, sulla base delle fatture emesse o dei 

documentiricevuti,ilcontributoprelevatoodovutonelmeseprecedente,distinguendogliimportirelativiaciascuna 

tipologia di materiali e indicando il relativo consorzio di appartenenza. Gli importi relativi alla dichiarazione 

presentata dovranno essere versati al CONAI entro i successivi 90 giorni su uno o più dei sei conti correnti bancari, 

ognuno relativo a una tipologia di materiali (acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro). (Art. 7, cc. 910, 

regolamentoCONAI) 


ProduttorioutilizzatoridiimballaggiiscrittialConsorzionazionale 

imballaggi(CONAI)einregimedidichiarazionemensile 

Mensile 20dicembre2010 

SCADENZARIO 

31 

OTTOBRE 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 15 ILSOLE24ORE 

8 

NOVEMBRE 

15 

NOVEMBRE 

2 

20 

NOVEMBRE

SCADENZARIO 

30 

NOVEMBRE 


SISTRI.DistribuzionechiavetteUSBeinstallazioneblackbox 

Scade il termine prorogato per addivenire alla completa distribuzione dei dispositivi USB e all’installazione delle 

blackboxaisensidelpunto5,AllegatoIAalD.M.17dicembre2009,comedaultimomodificatoexart.1,comma1, 

letteraa),D.M.28settembre2010. 


CamerediCommercioeAlbonazionalegestoriambientali(previa 

collaborazionedeisoggettitenutiadaderirealSISTRIexartt.1e2, 

D.M.17dicembre2009) 

 

Produzionedienergiaelettricadabiomasse.Documentazioneperaccederealcoefficientemoltiplicativo 

Indataodiernascadeiltermineentroilqualeiproduttoridienergiaelettricadabiomasseinteressatiadaccedereal 

coefficientemoltiplicativok = 1,8(perilqualeèstatapresentatadomandadiqualificaIAFRconlemodalitàdicuial 

D.M.18dicembre2008)devonoinoltrare,alMinisterodellePoliticheagricolealimentarieforestali,ladocumentazioneindicatainAllegatoIalD.M.2marzo2010,relativamenteaciascunatipologiadibiomassaindicataintabella 

A,D.M.18dicembre2008. 


Produttoridienergiaelettricadabiomasseinteressatiadaccedere 

alcoefficientemoltiplicativok=1,8(perilqualeèstatapresentata 

domanda di qualifica IAFR con le modalità di cui al D.M. 18 

dicembre2008) 

Annuale 30novembre2011 

Acquedibalneazione.Classificazioneeazioniantinquinamento 

In data odierna scade il termine previsto dall’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 116/2008, quanto all’obbligo, in capo alle 

regioni, di inviare al Ministero della Salute, le informazioni relative alla classificazione delle acque di balneazione di 

cuiall’art.8,D.Lgs.n.116/2008,equelleconcernentileazionivolteallarimozionedellecausediinquinamentoeal 

miglioramentodelleacquedibalneazione,comunicando,altresì,ancheirisultatidelleattivitàdimonitoraggio. 


Regioni Annuale 30novembre2011 

RelazioneannualesullostatodiattuazionedeiprogrammiattuatividelProtocollodiKyoto 

Scade il termine annuale entro il quale il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare deve 

presentare al Parlamento una relazione illustrativa sullo stato di attuazione dei programmi pilota nazionali e 

internazionali per la riduzione delle emissioni e l’impiego di piantagioni forestali per l’assorbimento di carbonio. Si 

tratta dei programmi caratterizzati dall’obiettivo di definire i modelli di intervento più efficaci dal punto di vista dei 

costi,siaalivellointernochenell’ambitodelleiniziativecongiunteprevistedaimeccanismiistituitidalProtocollodi 

Kyoto. (Art. 2, commi 3 e 4, legge 1° giugno 2002, n. 120, «Ratifica ed esecuzione del protocollo di Kyoto alla 

ConvenzionequadrodelleNazioniUnitesuicambiamenticlimatici,fattoaKyotol’11dicembre1997») 


Ministerodell’Ambienteedellatuteladelterritorioedelmare Annuale 30novembre2011 

Relazionemensileinquinamentoacusticoaeroportuale 

Entro questa data le regioni devono trasmettere al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 

nonché al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la relazione mensile sul monitoraggio del rumore aeroportuale,alfinediverificareilrispettodapartedeglieventualivolinotturnicompresinellafasciaorariadalleore23.00 

alle ore 6.00 locali, dei requisiti acustici previsti dal capitolo 3, Parte II, volume I, Allegato XVI alla Convenzione 

relativa all’aviazione civile internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944, e ratificata in Italia con legge n. 

561/1956. Dalle citate prescrizioni risultano esentati i voli di Stato, sanitari e di emergenza. (Art. 1, D.P.R. 9 

novembre1999,n.476) 


Regioni Mensile 31dicembre2010 



Articolo 

l Necessario il coordinamento tra la precedente legislazione e il Testo unico 

Registro degli infortuni: 

i chiarimenti ministeriali 

sull’obbligo della tenuta 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in seguito a un quesito proposto il 1° settembre 

2010, ha fornito alcuni chiarimenti sulla gestione del registro infortuni. Il problema nasce dalla 

mancanza di chiarezza dovuta a un non adeguato coordinamento tra la disciplina del D.Lgs. n. 

626/1994, abrogato, e del D.Lgs. n. 81/2008 che lo ha sostituito. 

Infatti, l’art. 53, comma 6, D.Lgs. n. 81/2008, ha previsto che fino a sei mesi successivi 

all’adozione del decreto interministeriale che dovrà disciplinare il nuovo SINP, previsto dall’art. 8, 

restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni nonché quelle relative ai registri degli 

esposti ad agenti cancerogeni e biologici. Tuttavia, l’art. 304 non ha previsto nessuna norma 

transitoria e, mentre il comma 1, lettera a), ha espressamente abrogato il D.Lgs. n. 626/1994, il 

comma 3 ha previsto una disposizione provvisoria di coordinamento in base alla quale, qualora le 

disposizioni facciano riferimento al D.Lgs. n. 626/1994, lo stesso riferimento deve intendersi al 

nuovo D.Lgs. n. 81/2008, ma solo fino a quando non saranno definiti appositi decreti integrativi. 

Questi provvedimenti dovevano essere emanati ai sensi dell’art. 1, comma 6, legge n. 123/2007, 

e, poiché la delega è scaduta e il D.Lgs. n. 106/2009 non ha disciplinato questo adempimento, 

l’obbligo della tenuta del registro infortuni deve essere considerato ancora vigente. 

l diMarioGallo,docentediDirittodellavoro 

La riforma della disciplina antinfortunistica 

operata con il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, se 

daunlatohacontribuito a un miglioramento 

dell’organicità della materia e a orientare il 

modelloprevenzionaleintrodottonell’ordinamentogiuridicoitalianodalD.Lgs.19settembre1994,n.626,versolafilosofiadellacosiddettavigilanzarafforzata,dall’altrohagenerato 

anche alcuni difetti normativi dovuti alla 

mancanzadiunadeguatocoordinamento.Un 

esempio emblematico, in tal senso, è rappresentatodalregistrodegliinfortunichehafinalità 

statistiche e riepilogative dell’andamento 

del fenomeno infortunistico all’interno dell’impresa;infatti,l’art.53,comma6,D.Lgs.n.81/2008,haprevistochefinoaseimesisuccessivi 

all’adozione del decreto interministeriale 

che dovrà disciplinare il nuovo sistema 

informativo nazionale per la prevenzione nei 

luoghi di lavoro (SINP), previsto dall’art. 8, 

restanoinvigoreledisposizionirelativealregistro 

infortuni nonché quelle relative ai registridegliespostiadagenticancerogeniebiologici. 

Tuttavia, l’art. 304 non ha previsto in 

merito nessuna norma transitoria e mentre il 

comma 1, lettera a), ha dichiarato espressa 




Articolo 

mentel’abrogazionedelD.Lgs.n.626/1994, 

ilcomma3haprevistounadisposizioneprovvisoria 

di coordinamento in base alla quale, 

qualoraledisposizionidileggeoregolamentarifaccianoriferimentoalD.Lgs.n.626/1994, 

lostessoriferimentodeveintendersialnuovo 

D.Lgs.n.81/2008,masolofinoaquandonon 

saranno definiti appositi decreti integrativi. 

Questi provvedimenti dovevano essere emanati 

ai sensi dell’art. 1, comma 6, legge n. 

123/2007, e, poiché la delega è scaduta e il 

D.Lgs.n.106/2009nonhadisciplinatoquesto 

adempimento, si perviene al risultato che 

l’obbligo della tenuta del registro infortuni richiamato 

dal comma 6, art. 53, deve essere 

ritenuto ancora vigente anche se sussistono 

alcune zone d’ombra che riguardano soprattutto 

il profilo sanzionatorio. Questa conclusione 

sulla sussistenza ancora dell’obbligo 

d’istituzione e di tenuta di questo registro è 

confermata anche dal Ministero del Lavoro e 

dellePolitichesocialiche,fornendounarispostaaunquesitodel1°settembre2010,«Quali 

sono gli obblighi del datore di lavoro in ordine 

alle modalità di tenuta e vidimazione del registro 

infortuni?» [1] (si veda il riquadro 1), ha fornito 

alcuniimportantiindicazionioperativecheoffrono 

uno spunto anche per richiamare e approfondire 

alcuni ulteriori aspetti di quest’intricatoregimeallelucedelleinnovazioniintrodottedalD.Lgs.n.81/2008. 

L’obbligatorietà 

elemodalitàditenuta 

NellarispostailMinisterodelLavorohaprecisato,inprimoluogo,chel’obbligodellatenuta 

ricadesututteleazienderientrantinelcampo 

applicativodelcosiddettoTestounicosicurezza. 

Pertanto, il registro infortuni deve essere 

istituito da parte di tutti i datori di lavoro, 

pubblici e privati, che impiegano lavoratori 

secondo la definizione contenuta nell’art. 2, 

comma 1, lettera a), ossia un prestatore di 

lavoro che «indipendentemente dalla tipologia 

contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito 

dell’organizzazione di un datore di lavoro 

pubblico o privato, con o senza retribuzione, 

anche al solo fine di apprendere un mestiere, 

un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai 

servizi domestici e familiari». Inoltre, ricadono 

nelcampoapplicativoanchequellefattispecie 

nelle quali sono impiegati soggetti equiparati 

ailavoratori,comedefinitidall’art.2,come,tra 

glialtri,isocilavoratori,l’associatoinpartecipazione 

d’opera di cui all’art. 2549, c.c., i 

lavoratoriaprogetto(art.61eseguenti,D.Lgs. 

n. 276/2003) e i collaboratori coordinati e 

continuativi (art. 409, c.p.c.) che prestano la 

loro attività nei luoghi di lavoro del committente 

[2] . È opportuno sottolineare inoltre, che, 

allalucediquestoprincipio,l’obbligod’istituzione 

del registro opera anche nei confronti 

deiseguentidatoridilavoro: 

l glistudiprofessionali,informaindividuale 

oassociata; 

l lescuole,diogniordineegrado,siapubblichecheprivate; 

l le associazioni riconosciute e non e le fondazioni; 

l le onlus; 

l glientireligiosi; 

l lecooperativesociali; 

l le società di persone (S.a.s, S.n.c., S.s.), di 

capitali(S.r.l.,S.p.A.),elesocietàcooperative 

anche se occupano solo soci lavoratori 

(ancheilsolosocioamministratore). 

Chiarito questo primo aspetto, il Ministero ha 

ricordato che questo registro deve essere redatto 

conformemente al modello approvato 

conD.M.12settembre1958,comemodificato 

dal D.M. 5 dicembre 1996, vidimato presso 

l’ASL competente per territorio e conservato, 

adisposizionedell’organodivigilanza,sulluogodilavoro 

[3] .Tuttavia,appareopportunopre 

1) Il quesito èonline sul sito ufficiale del Ministero del Lavoro nella sezione FAQ dedicata alla sicurezza sul lavoro. 

2) Devono essere ritenuti esclusi dall’obbligo dell’istituzione del registro degli infortuni gli artigiani che non utilizzano 

lavoratori subordinati ed equiparati. Sembrano esonerate anche le imprese familiari ex art. 230bis, c.c., in virtù del 

disposto dall’art. 3, comma 12, D.Lgs. n. 81/2008; è opportuno osservare che, in relazione ai collaboratori dell’impresa 

familiare, il Ministero del Lavoro già in passato è intervenuto ripetutamente sottolineando che in mancanza di un regolare 

contratto di assunzione o di un intervento dell’autorità giudiziaria deve essere presunta la semplice collaborazione tra 

familiari (circolare 19 novembre 1996, n. 154; circolare 5 marzo 1997, n. 28; circolare 5 marzo 1998, n. 30). 

3) È necessario osservare che sul luogo di lavoro deve essere conservato l’originale del registro degli infortuni; infatti, le 

disposizioni previste per il libro unico del lavoro (LUL) dell’art. 39, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con 

modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (si veda anche, del Ministero del Lavoro,VademecumsulLibroUnico 

del Lavoro, 5 dicembre 2008, e le circolari INAIL 10 settembre 2008 e 9 dicembre 2008) non sono estendibili alla 

tenuta del registro il quale, pertanto, non può essere conservato presso lo studio del consulente. 


•Il regime del registro degli infortuni nel D.Lgs. n. 81/2008 

Presupposti Impiego di lavoratori tutelati dall’art. 2, 

D.Lgs. n. 81/2008 


Articolo 

Tabella1 

•lavoratori subordinati (art. 2094, cod. 

civ.); 

•lavoratori a progetto e coordinati e 

continuativi che svolgono la prestazione 

presso la sede del committente; 

•altri soggetti equiparati dall’art. 2 (per 

esempio, i soci lavoratori, associati in 

partecipazione ecc.). 

Esistenza di un’unità produttiva stabilimento o struttura finalizzati alla produzione 

di beni o all’erogazione di servizi, 

dotati di autonomia finanziaria e tecnicofunzionale 

(art. 2, comma 1, lettera t), 

D.Lgs. n. 81/2008). 

Regole di tenuta Vidimazione presso l’azienda sanitaria locale territorialmente 

competente, prima di essere posto 

in uso (questo obbligo non è più in vigore 

nella Regione Lombardia dal 7 aprile 2007, 

per effetto della L.R. n. 8/2007). 

Registrazione e conservazione •nel registro devono essere annotati cronologicamente 

tutti gli infortuni che comportano 

l’assenza dal lavoro per almeno 

un giorno, escluso quello dell’evento (D.M. 

5 dicembre 1996); 

•deve essere tenuto senza spazi in bianco, 

senza abrasioni e scritto con inchiostro 

indelebile; 

•deve essere tenuto in originale sul luogo 

di lavoro; 

•deve essere conservato per 4 anni dall’ultima 

registrazione o dalla data di vidimazione. 

Datori di lavoro obbligati •imprenditori privati e pubblici; 

•studi professionali, scuole sia pubbliche 

che private, associazioni onlus, enti religiosi, 

cooperative, società di persone 

(S.a.s., S.n.c., S.s.) o di capitali (S.r.l., 

S.p.A.), con soli soci lavoratori, enti pubblici 

non economici. 

Accesso ai dati del registro • rappresentante dei lavoratori (RLS); 

•responsabile del servizio di prevenzione e 

protezione (RSPP); 

•medico competente; 

•l’originale del registro può essere consultato 

solo in azienda. 

Vigilanza vigilanza: ASL e per alcuni settori di attività 

DPL e altri enti (art. 13, D.Lgs. n. 81/2008). 




Articolo 

cisare che l’obbligo della vidimazione iniziale 

non opera nella Regione Lombardia; infatti, 

l’art.2,L.R.2aprile2007,n.8 [4] ,inun’otticadi 

semplificazione amministrativa, ha soppresso 

dal7aprile2007questoadempimento,fermi 

restandotuttiglialtriobblighid’istituzioneedi 

tenuta sul luogo di lavoro [5] . In relazione alla 

nozione di «luogo di lavoro» occorre anche 

ricordare che, sia in dottrina sia in giurisprudenza, 

è pacifico che il significato di questo 

termine coincide sostanzialmente con quello 

diunitàproduttiva,ossiastabilimentoostruttura 

finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione 

di servizi, dotati di autonomia finanziaria 

e tecnicofunzionale (art. 2, comma 1, 

lettera t), D.Lgs. n. 81/2008). Pertanto, deve 

esserevidimatoprimadell’usopressol’azienda 

sanitaria locale territorialmente competente 

un registro per ogni unità produttiva, a esclusione,peresempio,didepositiodiufficidistaccati 

non autonomi. In ordine alle modalità di 

tenutaoccorrericordarechenellostessodevono 

essere annotati cronologicamente tutti gli 

infortunichecomportanol’assenzadallavoro 

per almeno un giorno, escluso quello dell’evento 

(si veda la tabella 1) [6] . La ratio della 

normaapparechiara,consentireilmonitoraggio 

continuo dell’andamento infortunistico 

nell’unità produttiva, anche con riferimento 

aglieventidiminoregravità. 

Icasiparticolari:leattivitàmobili 

epressopiccolesedi 

Il Ministero del Lavoro, inoltre, ha affrontato 

opportunamenteancheilregimeapplicabilein 

alcunefattispecieparticolarimamoltodiffuse. 

Infatti,riprendendogliorientamentigiàespressi 

precedentemente [7] , ha affermato che con 

riferimentoallecosiddetteattivitàdibrevedurata, 

caratterizzate da mobilità o svolte in sedi 

conpochilavoratorieprivediadeguatestrutture 

amministrative, l’obbligo dell’istituzione del 

registrodegliinfortunièassoltoanchenell’ipotesiincuisiatenutonellasedecentraledell’im 

presa,semprechequesteattivitànonsianodislocateoltrel’ambitoprovinciale.Invece,qualora 

si tratti di imprese che svolgono attività 

prevalentemente fuori della propria sede per 

un periodo non breve, deve essere istituito un 

registroperciascuna“unitàproduttiva”vidimato 

presso l’ASL territorialmente competente. 

Sul concetto di «lavoro di breve durata» nella 

disamina ministeriale non è fornito nessun 

chiarimento; tuttavia, occorre osservare che il 

decretodelMinisterodelLavoroedellaPrevidenza 

sociale 12 dicembre 2000, all’art. 10, 

comma6,hafissatoilterminedi15giorniper 

stabilireseunlavoropuòesserequalificatocomedibrevedurataomeno 

[8] . 

Conclusioni 

Nella risposta del Ministero del Lavoro sono 

contenuti ulteriori richiami alla disciplina in 

materia di “semplificazione” della tenuta del 

registrodegliinfortuni,contenutanelD.M.10 

agosto 1984, attraverso sistemi automatizzati 

dirilevazione,dielaborazioneediregistrazione 

dei dati mediante schede individuali vidimate 

preventivamente dall’ASL competente 

perterritorio.Tuttavia,destamolteperplessità 

il fatto che il Ministero non abbia fornito nessunelementointerpretativoinordineall’aspetto 

sanzionatorio. In effetti, alla luce del groviglio 

normativo, la questione si presenta come 

un vero ginepraio. Infatti, l’obbligo d’istituzioneeditenutadelregistrosembrerebbesprovvisto 

di sanzione; in merito occorre precisare 

cheilD.Lgs.n.626/1994avevaprevisto,per 

la sua omessa istituzione o conservazione sul 

luogo di lavoro, la sproporzionata sanzione 

amministrativapecuniariadaeuro2.580,00a 

euro15.490,00(art.89,comma3,comeelevati 

dall’art. 1, comma 1177, legge n. 296/ 

2006,dal1°gennaio2007),importiperaltro 

non rivisti nemmeno con il D.Lgs. n. 106/ 

2009,mapereffettodiquestamancataarmonizzazionesonostategeneratemolteincertezze 

interpretative che richiedono quantomeno 

unchiarimentoministerialeintempibrevi. l 

4) InS.O.n.1alB.U.R.L.del6aprile2007,n.14. 

5) Si veda anche la circolare esplicativa della Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia 6 aprile 2006, n. 

11/SAN/2007. 

6) SivedailD.M.5dicembre1996. 

7) SivedalacircolaredelMinisterodelLavoroedellePolitichesocialin.537/1959. 

8) È opportuno sottolineare che nella circolare 30 maggio 1997, n. 73, richiamata anche nella risposta al quesito, il 

MinisterodelLavoroedellePolitichesocialihaprecisatocheleimpresechelavoranofuoriprovinciaperperiodiridotti 

(peresempio,installatoridiimpianti,lavoristradaliecc.)possonotenereilregistronellasedecentraleubicatafuoridalla 

provinciadovesisvolgonotemporaneamenteilavori. 


Box1 


Articolo 

lRispostadelMinisterodelLavoroedellePolitichesocialialquesitodel1°settembre2010 

«Quali sono gli obblighi del datore di lavoro in ordine alle modalità di tenuta e vidimazione del registro 

infortuni?» 

Ariscontrodelquesitosuemarginato,perquantodicompetenzadellascriventedivisione,sentitoilpareredellaDirezione 

Generale per l’Attività Ispettiva, si rende noto che, in attesa dell’emanazione del nuovo decreto interministeriale di cui 

all’art.8,comma4,delD.Lgs.9aprile2008,n.81esuccessivemodificheointegrazioni,anchenotocome“Testounicodi 

saluteesicurezzasullavoro”,sonosoggetteallatenutadelregistroinfortunitutteleaziendechericadononellasferadi 

applicazionedellostesso.TaleregistrodeveessereredattoconformementealmodelloapprovatoconD.M.12settembre 

1958 (come modificato dal D.M. 5 dicembre 1996), istitutivo dello stesso e tuttora in vigore, vidimato presso l’A.S.L. 

competente per territorio e conservato, a disposizione dell’organo di vigilanza, sul luogo di lavoro. In particolare, sulla 

basedelleconsiderazioniespressenellecircolaridelloscriventeMinisterodel5marzo1997,n.28,e30maggio1997,n. 

73(cherecepisconolacircolare3febbraio1959,n.537),èopportunoprecisareche,nelcasodiattivitàdibrevedurata, 

caratterizzatadamobilità,osvoltainsediconpochilavoratorieprivediadeguatestruttureamministrative,l’obbligoin 

questionesiritieneassoltoanchenell’ipotesiincuiilregistroinesamesiatenutonellasedecentraledell’impresa,sempre 

chetaliattivitànonsianodislocateoltrel’ambitoprovinciale. 

Nelcasoincui,invece,sitrattidiimpresechesvolgonoattivitàprevalentementefuoridellapropriasedeperunperiodo 

non breve, ogni unità produttiva deve conservare un proprio registro che deve far vidimare dall’ASL territorialmente 

competente. 

In ogni caso, al fine di rendere meno gravosa la suddetta incombenza, il D.M. del 10 agosto 1984, integrativo del su 

richiamatoD.M.del1958,haintrodottolafacoltàperidatoridilavorodiutilizzaresistemiautomatizzatidirilevazione, 

elaborazione e registrazione dei dati del registro infortuni mediante l’utilizzo di schede individuali conformi al modello 

riportatoinallegatoaldecretostesso.Ancheinquestocasoleschedeutilizzatedevonoesserepreventivamentevidimate 

dalla ASL competente per territorio. Per le aziende che utilizzano procedure automatizzate, previa autorizzazione, è 

ammessol’accentramentodelleregistrazionipressounitàaziendalidotatediadeguatestruttureamministrative.L’autorizzazioneall’accentramentodovràessererichiestaalloscriventeMinistero. 

L’art.53,comma6,delTU,poi,prevedecheledisposizioniriguardantiiregistridegliinfortuniedegliagenticancerogeni 

ebiologicinonsarannopiùinvigoredoposeimesidall’emanazionedeldecretointerministeriale(previsto,comesidiceva, 

dall’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2008) per la realizzazione ed il funzionamento del Servizio informativo nazionale per la 

prevenzioneneiluoghidilavoro(SINP). 

Fonte:http://www.lavoro.gov.it/lavoro/sicurezzalavoro/MD/FAQ/ 

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9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 21 ILSOLE24ORE 

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Giurisprudenza 

l La Suprema Corte discute il caso di un reato in una struttura sanitaria 

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione penale (ud. 9 luglio 2010) 21 luglio 2010, n. 28699, ha 

definito l’ambito soggettivo di applicazione della responsabilità amministrativa dell’ente. Per la Corte, l’art. 

1, D.Lgs. n. 231/2001, è inequivocabile nel reputare la natura pubblicistica dell’ente condizione necessaria 

ma non sufficiente per l’esonero da responsabilità amministrativa derivante da reato. L’altro requisito, 

negativo, è rappresentato dal mancato esercizio, da parte dell’ente, di attività economica. In presenza di un 

ente costituito in forma di società, difetta il requisito della natura pubblicistica dell’ente, dal momento che 

ogni società (anche “mista”) è costituita, ai sensi dell’art. 2247, codice civile, allo scopo di esercitare 

un’attività economica per dividerne gli utili, a prescindere dalla destinazione di questi ultimi, se realizzati. 

Svolgimentodelprocesso 

Motividelladecisione 

Nell’ambito del procedimento a carico di V.A., M.M., 

B.C.,C.F.eB.A.,indagatiperilreatoditruffae,aisensi 

del decreto legislativo 231 2001, a carico dell’Istituto 

C.P.S.p.A.(strutturaospedalieraspecializzata)edellaG. 

S.p.A. (partecipante alla prima), con decreto 28.1.10 il 

GIP del Tribunale di Belluno disponeva il sequestro 

preventivo di Euro 2.760.006,11 sul bilancio delle 

predettesocietà. 

Cameradiconsiglio 

Con ordinanza 26.2.10 il Tribunale di Belluno, sezione 

riesame, annullava la misura cautelare sul presupposto 

dell’inapplicabilitàdelcit.D.Lgs.n.231del2001all’IstitutoC.P. 

S.p.A.inquantoentepubblico. 

Ricorre il PM presso il Tribunale di Belluno contro la 

summenzionataordinanza,dicuichiedel’annullamento 

peraverilTribunaledelriesametrascuratochel’Istituto 

C.P.,purriconosciutoconD.M.31gennaio1995,come 

ospedalespecializzatointerregionale,operavacomunque 

informadis.p.a.“mista”,inquantopartecipataal49%da 


La natura pubblicistica 

non è condizione sufficiente 

per l’esonero “231” dell’ente 

Corte di Cassazione penale, 

sez. II, 21 luglio 2010, n. 28699 

capitaleprivato(dellaG.iS.p.A.)eperlarestantepercentualeacapitalepubblico;ciònonponeval’IstitutoC.P.aldifuoridell’ambitodioperativitàdelcit.D.Lgs.,prevalendolanaturaprivatisticadellesocietàmisteallastreguadi 

quantostatuitodalleS.U.civilidiquestaS.C.consentenza 

n.4989/95.IncontrarioproseguivailPMricorrentenon 

potevano valere gli argomenti spesi dall’impugnato 

provvedimentosullanaturadiinteressepubblicodell’attività 

sanitaria dell’Istituto C.P. S.p.A. (atteso che essa era 

esercitata anche in forma puramente privata) e sui controllisvoltidallaUlssn.(…)diBelluno,inrealtàmancanti.Néilperseguimentodiunoscopodilucroeraincompatibile 

con la gestione di servizi pubblici o comunque di 

interesse pubblicistico, tanto che la stessa Giunta Regionale 

del Veneto, con Delib. n. 3966 del 2007, aveva 

invitato le società partecipate dalla Regione ad adottare 

modelli organizzativi D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 6. 

Infineariprovadell’applicabilitàditalenormativaanche 

adentimunitidisoggettivitàprivata,machesvolgevano 

pubbliciservizidovevaconsiderarsichelaresponsabilità 

amministrativadareatodellepersonegiuridicheerapre 


vistainconnessioneancheconreaticomelaconcussione, 

incuilanecessariaqualificasoggettivadelsoggettoagentepostulavalanaturapubblicisticadell’attivitàespletata.Nellemorel’IstitutoC.P.elaG.hannodepositatomemoriaconcuihannochiestoilrigettodell’impugnazione. 

1Ilricorsoèfondato. 

Sono esonerati dall’applicazione del D.Lgs. n. 231 del 

2001aventeadoggettoladisciplinadellaresponsabilità 

amministrativa delle persone giuridiche, delle società e 

delle associazioni anche prive di personalità giuridica 

soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che 

svolgonofunzionidirilievocostituzionaleegli“altrienti 

pubblicinoneconomici”(cfr.art.1u.c.). 

Dunque, il tenore testuale della norma è inequivocabile 

nelsensochelanaturapubblicisticadiunenteècondizionenecessaria,manonsufficiente,all’esonerodalladisciplinaindiscorso,dovendoaltresìconcorrerelacondizionechel’entemedesimononsvolgaattivitàeconomica.Nelcasodispeciedifettaquantomenolaprimacondizione,valeadirel’assenzadiattivitàeconomica,contraddetta 

dalla veste stessa di società per azioni dell’Istituto 

C.P.: ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur 

sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di 

dividerne gli utili (v. art. 2247 c.c.), a prescindere da 

quellachesaràpoiladestinazionedegliutilimedesimi, 

serealizzati. 

Ciòassorbeognialtraconsiderazionesull’effettivanatura 

dellesocietà“miste”,sucui,peraltro,leSezioniUnitecivili 

diquestaS.C.sisonopronunciate(cfr.sentenze26.8.98 

n.8454e6.5.95n.4989)ravvisandonaturaprivatistica 

nellesocietàcostituiteL.n.142del1990,exart.22,perla 

gestionediservizipubbliciattraversosocietàpartecipate 

dacapitalepubblico. 

Nelchiedereilrigettodelricorsoladifesadell’IstitutoC.P. 

ha insistito, sia nella memoria depositata che nel corso 

della discussione, sull’inapplicabilità della disciplina del 

D.Lgs. n. 231 del 2001, in quanto l’istituto medesimo 

sarebbe qualificabile non solo come ente pubblico, ma 

comeentechiamatoasvolgerefunzionidirilievocostituzionale. 

COMMENTO 

l diAntonioSalvatore,avvocato 

La sentenza della Suprema Corte n. 

28699/2010haprecisatol’ambito“soggettivo” 

di applicazione della responsabilità 

amministrativadell’entenelramodeglienti 

operantinelsettoresanitario,chenegliultimitempiharichiamatosemprepiùl’attenzionedicoloroche,avariotitolo,sioccupanodelD.Lgs.n.231/2001. 


Commento 

L’assunto,osservaquestaSupremaCorte,èmanifestamenteinfondatoperchélaratiodell’esenzioneèquelladipreservareentirispettoaiqualilemisurecautelarielesanzioniapplicabiliaisensidelD.Lgs.n.231del2001,sortirebbero 

l’effetto di sospendere funzioni indefettibili negli 

equilibri costituzionali, il che non accade rispetto a mere 

attivitàdiimpresa. 

In realtà non può confondersi il valore pur indubbiamentedispessorecostituzionaledellatuteladellasalute 

con il rilievo costituzionale dell’ente o della relativa funzione,riservatoesclusivamenteasoggetti(almeno)menzionatinellaCartacostituzionale(esuciòdottrinacostituzionalistica 

e giurisprudenza sono pacifiche); né si può 

qualificare come di rilievo costituzionale la funzione di 

una s.p.a., che è pur sempre quella di realizzare un utile 

economico. 

D’altrocanto,supporrechebastiperl’esonerodalD.Lgs. 

n.231del2001lamerarilevanzacostituzionalediuno 

deivaloripiùomenocoinvoltinellafunzionedell’enteè 

opzione interpretativa che condurrebbe all’aberrante 

conclusione di escludere dalla portata applicativa della 

disciplinaunnumeropressochéillimitatodientioperanti 

nonsolonelsettoresanitario,mainquellodell’informazione, 

della sicurezza antinfortunistica e dell’igiene del 

lavoro,dellatutelaambientaleedelpatrimoniostoricoe 

artistico, dell’istruzione, della ricerca scientifica, del risparmio 

e via enumerando valori (e non “funzioni”) di 

rangocostituzionale. 

Inconclusione,ilricorsomeritaaccoglimento.Deve,dunque,annullarsil’impugnatoprovvedimentoconrinvioal 

Tribunale di Belluno per nuovo esame. In quella sede 

verrannoesaminatiiprofili,rimastiassorbitinelladecisioneannullata,relativiallalegittimitàdelsequestroeffettuatoneiconfrontidellaG.S.p.A.(dicuisiparlanellarelativa 

memoria). 

P.Q.M. 

LaCorteSupremadiCassazione,SecondaSezionePenale,annullal’ordinanzaimpugnataconrinvioalTribunale 

diBellunopernuovoesame. l 

A dispetto dell’apparente chiarezza dell’art.1,D.Lgs.n.231/2001(sivedailriquadro 

1), la formulazione del disposto ha 

lasciato, soprattutto in questo settore, 


Riquadro1 

lArt.1,D.Lgs.n.231/2001 

ampie zone d’ombra nell’individuazione 

deisoggettidestinataridellanormativa. 

Per il fatto che l’attività medicochirurgica 

è svolta, sempre più frequentemente, 

in forma “associata”, non è 

possibile non “fare i conti” con la responsabilità 

“amministrativa” dell’ente 

“struttura sanitaria” discendente dalla 

commissione, da parte dei soggetti 

qualificati,diunodeireaticontenutinel 

“catalogo” (in perenne crescita) di cui 

agli artt. 24 e seguenti, D.Lgs. n. 231/ 

2001. 

Questosiainconseguenzadell’introduzione,nel“catalogo”,difattispeciecriminose 

tipiche (di norma di scarsa applicazione, 

macheinambitosanitariotrovanoil“propriumapplicativo”)naturaliterafferentiallastrutturasanitaria(èilcasodellacommissionedelreatodicuiall’art.583bis,codicepenale,inseritonell’art.25quaterdallalegge9gennaio2006,n.7,inerentealle“pratiche 

di mutilazione” degli organi genitali 

femminilicommesseall’internodellastrutturasanitaria),siainrelazioneallapossibilità 

che, all’interno della struttura sanitaria, 

sianocommessialtritipidireato,suscettibilidigenerareresponsabilità“amministrativa”dellastruttura. 

In merito a questi “altri tipi” di reato, 

quellicontrolapubblicaamministrazione 

(artt.24e25,D.Lgs.n.231/2001)appaiono 

costituire la tipologia elettiva nel 



Commento 

«Soggetti» 

1.Ilpresentedecretolegislativodisciplinalaresponsabilitàdeglientipergliillecitiamministratividipendentidareato. 

2.Ledisposizioniinessoprevistesiapplicanoaglientifornitidipersonalitàgiuridicaeallesocietàeassociazioniancheprive 

dipersonalitàgiuridica. 

3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che 

svolgonofunzionidirilievocostituzionale. 

contesto della struttura sanitaria; basti 

pensare allo scandalo “Malasanità” dei 

primi anni Novanta e, tra i più recenti, 

quello degli interventi, effettuati presso 

strutture sanitarie, non necessari (nel 

sensochealcuniinterventichirurgici,come 

l’inserimento di valvole cardiache, 

erano effettuati nonostante le situazioni 

cliniche dei pazienti fossero affrontabili 

con cure solo farmacologiche), allo scopodiottenereilrimborsodell’interventodallaregione;intalecaso,allaresponsabilitàpenaleindividualeincapoallegale 

rappresentante della struttura si è 

affiancata quella “amministrativa” a carico 

della struttura ex D.Lgs. n. 231/2001, 

discendentedallacommissionedelreato 

ditruffaaggravataaidannidellaregione. 

La truffa, del resto, costituiva il “reato 

presupposto”anchedellaresponsabilità 

amministrativaoggettodellasentenzan. 

28699/2010. 

In particolare, nell’ambito del procedimentopenaleacaricodi“X”(legalerappresentante 

della società per azioni “mista” 

Alfa, ospedale specializzato interregionale 

riconosciuto) e di “Y” (legale 

rappresentante della società per azioni 

Beta, partecipante alla società Alfa nella 

misura del 49%; per il restante 51% la 

società Alfa era partecipata da capitale 

pubblico), indagati per il reato di truffa, e 

dellesocietàAlfaeBetaaisensidelD.Lgs. 

n.231/2001,ilGiudiceperleindaginipreliminariavevadisposto,aisensidell’art.54, 

D.Lgs.n.231/2001(sivedailriquadro2),il 

sequestropreventivodi2.760.000,00euroacaricodelbilanciodellestessesocietà.IlTribunaledelriesameavevaemessoordinanza 

con la quale aveva annullato la 

misuracautelarerealesullabasedellanaturapubblicisticadellasocietàAlfa. 

IlricorsodelPM 

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale 

del riesame aveva interposto ricorso 

per Cassazione, domandando l’annullamentodell’ordinanzasullabasedelleseguentiargomentazioni: 

l nonostante il riconoscimento, con 

decretoministeriale,dellasocietàAlfacomeospedalespecializzatointerregionale, 

questo ente operava pur 

sempreinformadisocietàperazioni 

“mista”,inquantopartecipataal49% 

da capitale privato (della società Beta) 

e, per la restante percentuale, da 

capitalepubblico; 

l sulla scorta di quanto stabilito da 

Cass. civ., sezioni unite, 6 maggio 

1995,n.4989 [1] ,nellesocietà“miste” 

(cioè partecipate da capitale pubblicoeprivato)deveprevalerelanatura 

privatistica, con conseguente assoggettamentodell’entealladisciplinadi 

1) Contalesentenza,leSezioniUnitedellaCassazioneCivilehannostabilitocheunavoltaeffettuatal’opzione,dapartedell’ente 

pubblico, di gestire i pubblici servizi a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale, il rapporto tra l’ente 

(segue) 


Riquadro 2 

lArt.54,D.Lgs.n.231/2001 

cuialD.Lgs.n.231/2001eapplicabilità 

delle misure cautelari e delle sanzioniprevistedaquestanormativa; 

l nessuna rilevanza deve essere attribuitaallacircostanzachel’attivitàdellasocietàAlfaabbianaturadiinteresse 

pubblico (dal momento che era 

esercitata “anche” in forma puramenteprivata)eaquellapercuiquesta 

società fosse controllata dalla 

USL, controllo in realtà solo formale 

manellasostanzainsussistente; 

l il perseguimento di uno scopo di 

lucro non è incompatibile con la 

gestione di pubblici servizi o, comunque, 

di interesse pubblicistico, 

dal momento che la stessa Giunta 

Regionaleavevainvitatocondelibera 

le società partecipate dall’ente 

territoriale ad adottare modelli organizzativi 

ai sensi dell’art. 6, D.Lgs. 

n.231/2001; 

l il fatto che la responsabilità amministrativadeglientidiscendeanchedallacommissionedireaticomelaconcussione, 

in cui la necessaria qualifica 

soggettiva del reo postula la natura 

pubblicistica dell’attività espletata, 

costituiscechiaroindicedelfattoche 

la normativa di cui al D.Lgs. n. 231/ 

2001èapplicabileancheaentimuniti 

di soggettività privata ma svolgenti 

pubbliciservizi. 

La Suprema Corte ha accolto il ricorso 

del Pubblico Ministero affermando che 

l’art. 1, D.Lgs. n. 231/2001, sarebbe inequivocabile 

nel reputare la natura pubblicistica 

dell’ente, condizione necessaria 

ma non sufficiente per l’esonero da 

responsabilità amministrativa derivante 

dareato. 

L’altrorequisito,perlaCorte,ènegativo 

ed è rappresentato dal mancato esercizio,dapartedell’ente,diattivitàeconomica. 

Ad avviso del Supremo Collegio, nel 

caso esaminato difetterebbe già il requisito 

della natura pubblicistica dell’ente, 

non già in virtù del richiamo alla 

giurisprudenzadellesezioniunitecivili, 

richiamata dal Pubblico Ministero [2] 

ma, ancor prima, per il fatto che Alfa 

avevaformadisocietàperazionieche 

ognisocietà(anche“mista”)ècostituita 

allo scopo di esercitare un’attività 

economica allo scopo di dividerne gli 

utili(sivedailriquadro3),aprescindere 

dalla destinazione di questi ultimi, se 

realizzati. 

PerlaCassazione,nonapparepiùpropi 


Commento 

«Sequestroconservativo» 

1.Sevièfondataragionediritenerechemanchinoosidisperdanolegaranzieperilpagamentodellasanzionepecuniaria, 

dellespesedelprocedimentoediognialtrasommadovutaall’erariodelloStato,ilpubblicoministero,inognistatoegrado 

del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili dell’ente o delle somme o cose allo 

stessodovute.Siosservanoledisposizionidicuiagliarticoli316,comma4,317,318,319e320delcodicediprocedura 

penale,inquantoapplicabili. 

zial’ulterioreargomentazionedelladifesa 

della società Alfa, secondo la quale 

questo ente sarebbe qualificabile non 

solo come ente pubblico, ma anche comeentechiamatoasvolgerefunzionidi 

rilievocostituzionale(nellafattispecie,la 

tutela della salute ai sensi dell’art. 32, 

Costituzione). 

Neconseguirebbe,perladifesadell’ente, 

l’inapplicabilità allo stesso della disciplina 

delD.Lgs.n.231/2001,sullabasedelcomma3,art.1(sivedailriquadro1). 

La Cassazione ha reputato infondato 

questoassunto,inquantofondatosulla 

confusione tra il valore della tutela 

dellasaluteconilrilievocostituzionale 

dell’ente o della relativa funzione, riservati 

esclusivamente a soggetti (almeno)menzionatinellaCostituzione. 

Non sarebbe possibile, per il Supremo 

Collegio, nemmeno reputare di rango 

costituzionalelafunzionediunasocietà 

per azioni (che è pur sempre quella di 

realizzareunutileeconomico). 

La Corte ha concluso che, ragionando 

diversamente(valeadire,ritenendosufficiente, 

per l’esonero dall’applicabilità 

delD.Lgs.n.231/2001,lamerarilevanza 

costituzionale dei valori coinvolti nella 

funzionedell’ente),siperverrebbeall’as 

pubblicoelapersonagiuridicaprivatapartecipantiallasocietàperazioni“mista”èdiassolutaautonomia,elasocietà“mista” 

opera come persona giuridica privata, nell’esercizio della propia autonomia negoziale propria, senza alcun collegamento con 

l’entepubblicopartecipante,delqualehaassuntol’obbligodigestireilservizio. 

2) Sivedalanota1. 


Riquadro 3 

lArt.2247,codicecivile 

surdo di sottrarre alla portata applicativadellaresponsabilitàamministrativaun 

elevatissimonumerodientioperantinei 

più disparati settori (oltre che a quello 

sanitario, quelli dell’istruzione, della ricerca 

scientifica, della tutela ambientale 

ecc.enumerandoquellichelaCorteha 

definito valori e non funzioni di rango 

costituzionale). 

LasentenzadellaCorteècondivisibile, 

anchesullabasedell’attualetendenzaa 

mettere in discussione l’esclusione degli 

enti sanitari di natura pubblicistica 

dalnoverodeisoggettidestinataridella 

normativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001, 

soprattutto alla luce del superamento 

della risalente qualificazione dell’ASL 

quale“entestrumentaleregionale”(ex 

art. 3, D.Lgs. n. 502/1992), con l’introdotta 

definizione (a opera dell’art. 3, 

comma 1bis, D.Lgs. n. 502/1992, novellato 

dal D.Lgs. n. 229/1999) di «ente 

conpersonalitàdidirittopubblico,sebbenedotatodiautonomiaimprenditorialee 

professionalità, nonché operante in base 

allenormedeldirittoprivato». 

Questa “metamorfosi” [3] è dovuta al 

processo di “depubblicizzazione” della 



Commento 

Conilcontrattodisocietàdueopiùpersoneconferisconobenioserviziperl’esercizioincomunediunaattivitàeconomicaalloscopodidividernegliutili. 

ASL e delle aziende ospedaliere, processo 

registrato anche dalla giurisprudenza 

[4] . 

Tuttavia,permangonodifficoltàsostanziali 

per ricondurre alla categoria degli 

enti pubblici economici le ASL e le 

aziendeospedaliere,consistenti: 

l nellacarenzadieserciziodipoteriautoritativi(prerogativadellaregione); 

l nel fatto di erogare un servizio di 

interesse pubblico a prescindere da 

finalità lucrative, atteso il vincolo di 

pareggiodelbilanciotracosti/ricavie 

la natura pubblica del sistema di finanziamento, 

nonché la fissazione 

amministratadelprezzodelleprestazioni. 

Tuttavia, è necessario ricordare che 

l’esclusionedellanaturadientepubblico 

economico è stata mitigata, in parte, 

dall’esperienza di alcune regioni, 

come la Lombardia(condeliberadella 

Giunta regionale 11 giugno 2004, n. 

VII/17864),chehannoritenutoopportuno 

adottare volontariamente strumenti 

di prevenzione e organizzativi 

mutuati dal modello organizzativo ex 

D.Lgs.n.231/2001. 

In altri termini, hanno ritenuto di mu 

tuare i criteri contenuti nel D.Lgs. n. 

231/2001, dando avvio al progetto 

sperimentale riguardante l’introduzione 

nelle aziende sanitarie pubbliche 

lombarde di un codice etico comportamentale, 

con finalità di prevenzione 

della realizzazione degli illeciti amministrativi 

dipendenti dai reati previsti dal 

D.Lgs.n.231/2001. 

Un codice etico che risponde all’aspettativa 

della Regione Lombardia 

di avere aziende sanitarie dove lo sviluppo 

del rapporto di fiducia con i 

propri stakeholders sia funzionale al 

perseguimento degli obiettivi di una 

sanitàpubblica. 

Questo “avvicinamento” al D.Lgs. n. 

231/2001nonrivestecertonaturasimbolica,inconsiderazionedelfattochela 

delibera regionale lombarda ha promosso 

la sperimentazione per l’applicazione 

di un Codice «la cui osservanza è 

finalizzata alla prevenzione di eventuali 

illeciti». 

Dunque, una finalità coincidente 

con la ratio del modello organizzativo 

ex D.Lgs. n. 231/2001, vale a dire 

l’organizzazione in chiave penalepreventiva. 

l 

3) Sull’esperienza sperimentale delle ASL e Aziende Ospedaliere lombarde, si veda di S. Bartolomucci, Il comparto della sanità: 

analisidiscenariotraazionepenalpreventivaexD.Lgs.n.231/2001eclinicalgovernance,inLaresponsabilitàamministrativadellesocietàedeglientin.3/2009,pag.43. 

4) TAR Toscana 17 settembre 2003, n. 5101, che in ragione dell’attuale natura di soggetto giuridico autonomo di natura 

imprenditoriale,hanegatol’applicazionealleASLdell’art.2,R.D.14aprile1910,n.639,qualespecialestrumentodiingiunzione 

fiscaleriservatoaisolientiterritorialiestrumentaliperilrecuperocoattivodeipropricrediti,chedovrebbetenderealladirettae 

definitiva qualificazione di essi quali enti pubblici economici, come tali rientranti tra i soggetti ai quali si applica il D.Lgs. n. 

231/2001(lihacosìqualificatiilTARCalabria,sezioneII,5aprile2002,n.809). 


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Sicurezza sul Lavoro e 

Analisi dei Rischi 

Obiettivo formare Ingegneri della Sicurezza esperti in Progettazione 

e Organizzazione della Sicurezza e Analisi dei Rischi, 

pronti ad operare in ambito industriale, cantieristico e 

infrastrutturale 

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a possessori di Laurea Magistrale o equivalente, in discipline 

tecnico-scientifiche 

Titoli acquisibili Master di secondo livello Università Roma 

TRE, Modulo A, B, C percorso formativo RSPP, abilitazione 

allo svolgimento di Coordinatore della sicurezza in fase di 

Progettazione ed Esecuzione nei Cantieri Mobili e Temporanei, 

Attestato di Safety Expert sui Sistemi di gestione secondo 

la BS OHSAS 18001/07 

Struttura didattica durata annuale full time (60 CFU/1500 ore) 

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Comune 

di Roma 

Guidonia 

Montecelio


Articolo 

l Dal D.Lgs. n. 494/1996 al TU, ancora non risolti alcuni problemi applicativi 

Nell’agosto del 1996, era stato emanato il D.Lgs. n. 494/1996, riguardante il recepimento 

della direttiva 92/57/CEE meglio conosciuta come “direttiva cantieri”. I commenti degli 

addetti ai lavori erano stati piuttosto concordi nel ritenere che il testo di recepimento, così 

come strutturato, aveva bisogno di modifiche significative per riavvicinare realmente la norma ai 

principi e ai contenuti della direttiva cantieri. 

Il successivo D.Lgs. n. 528/1999 aveva apportato alcune modifiche sia eliminando, tra l’altro, 

l’obbligo di redazione del piano generale di sicurezza, sia rivedendo, ma solo in parte, gli obblighi 

del coordinatore per l’esecuzione. 

Il successivo D.P.R. n. 222/2003 aveva stabilito i contenuti minimi del piano di sicurezza e 

coordinamento, del piano operativo di sicurezza e del piano sostitutivo nonché aveva definito la 

tipologia e le modalità di calcolo dei costi per la sicurezza. 

Nel2008,illegislatore,nelD.Lgs.n.81/2008,avevadedicatol’interoTitoloIVaicantieritemporanei 

o mobili, apportando una serie di modifiche al precedente e specifico corpus normativo, con 

l’intento di migliorare l’efficacia dell’azione prevenzionale in questo particolare settore. 

Infine, nel D.Lgs. n. 106/2009, accanto a significativi e importanti cambiamenti, è stato possibile 

constatare come, ancora una volta, si sia persa l’occasione per fare chiarezza su alcuni punti 

nodali venuti alla luce negli ultimi quattordici anni continuando così a mantenere ancora insoluti 

alcuni importanti problemi applicativi. 


Sicurezza in cantiere: 

dieci punti di discussione 

l diCarmeloG.Catanoso,ingegnere 

Le conseguenze di quanto avvenuto in 

quasi tre lustri, dal 1996, sono quelle che 

portanogliaddettiailavoriascontrarsicon 

interpretazioni variegate delle norme ma 

che, in concreto, non forniscono chiare indicazioni 

sulla loro concreta applicabilità; 

per avere conferma di quanto affermato, 

basterebbe contare le linee guida che sono 

state emanate in Italia negli ultimi anni in 

materia di “sicurezza in cantiere” da associazioni 

di imprese, da enti di vigilanza, da 

enti paritetici, da ordini e da collegi professionaliecc. 

Inquestianniinambientilavoratividifferenti, 

sia per localizzazione geografica sia per 

tipologiadioperedaeseguire,èstatopossibile 

constatare, relazionandosi con i diversi attori 

della prevenzione nei cantieri edili, le 

differenti interpretazioni e applicazioni delle 

stesseregoleinmateriadisicurezzaedituteladellasalute. 

Tra le principali tematiche che sono continuamenteoggettodidiscussione,spessoscatenando 

forti conflittualità, tra gli addetti ai 

lavori dieci risultano essere quelle più problematiche. 


1.Rischiinterferenziali, 

rischiaggiuntivierischispecifici 

opropridell’impresa 

Una prima trattazione riguarda l’affermazione, 

piuttosto diffusa, che il Coordinatore per 

l‘esecuzione(CSE)debbaoccuparsinonsolo 

dei rischi interferenziali e/o aggiuntivi ma 

anchedeirischispecificiopropridelleimpreseesecutrici.Un’affermazionediquestotipodenotailperduraredell’incapacitàdicomprendereladifferenza 

esistente tra la gestione dei «rischi 

interferenzialie/oaggiuntivi»edei«rischispecificiopropri». 

È importante chiarire, quindi, come prima 

cosa, la sostanziale differenza esistente tra 

rischiinterferenziali,rischiaggiuntivierischi 

specifici o propri, al fine di definire gli attori 

che sono obbligati alla loro individuazione e 

valutazione e alla successiva adozione delle 

misure di prevenzione e di protezione atte a 

eliminarlioaridurlialminimo. 

I rischi interferenziali derivano da una situazionedipresenzasimultaneaosuccessiva 

dipiùimpreseodilavoratoriautonominella 

medesima area di lavoro; pertanto, sono generati 

non da singole attività lavorative ma 

dalla suddetta situazione di promiscuità e 

dalle ricadute esterne delle attività stesse. 

Possono anche derivare dalla specifica interazione 

tra le diverse attività presenti nel 

cantiere come, per esempio, durante l’utilizzazionecomunediattrezzature,diimpiantie 

diareedilavoro. 

Perrischiaggiuntivis’intendonoquelliderivanti 

dalle specifiche condizioni dell’area di 

cantiere, come le condizioni idrogeologiche, 

o dalle particolari condizioni della zona dei 

lavoriedell’ambientecircostante. 

I rischi specifici o propri derivano dalla 

natura delle attività svolte dalle singole impreseesecutrici. 

Al riguardo, è necessario ricordare che, rispettoairischispecificiopropri,laposizionedigaranziacontinuaaesserequelladeldatore 

di lavoro che, tramite la sua catena gerarchica, 

è chiamato a soddisfare gli obblighi 

postiasuocaricodallegislatorefindaglianni 

’50 del secolo scorso con il D.P.R. n. 164/ 

1956,ilD.P.R.n.547/1955ecc.Ognidatore 

di lavoro ha la sua autonomia organizzativa, 

mapiùdatoridilavoro,nellostessoambiente 

e ciascuno con la sua autonomia, possono 


Articolo 

crearedellesituazionidirischiochenonsono 

governabilidaciascunodiloromachenecessitanodiunaregia. 

Per questo motivo l’UE aveva emanato la 

direttiva92/57/CEEenoncertoperaggiungereunulteriorelivellodicontrollosuirischi 

propridell’impresa. 

Il legislatore italiano non ha certo brillato 

per chiarezza nel recepimento delle disposizioni 

comunitarie e ha innescato, negli enti 

di vigilanza, soliti rilevare i reati di puro 

pericolo, la convinzione che una situazione 

di reato concretizzatasi in seguito alla mancata 

adozione di una misura prevenzionale 

previstadaunobbligo“proprio”(quindi,posto 

a carico di ben determinati soggetti che, 

nelcasoesaminato,sonoildatoredilavoro,i 

dirigentieipreposti),siasempreaddebitabileanchealCSE. 

Occorre anche aggiungere che questo approcciodimostralapaleseincapacitàacomprendere 

quale sia la “condotta penalmente 

esigibile”dapartedeiCSE.Ammessochelo 

stesso CSE possa essere sempre presente in 

cantiere,questinonpotrebbemaiconseguire 

il risultato di assicurare la completa adozione 

di tutte le misure prevenzionali in 

quanto, fisicamente, non potrebbe mai vigilaresututtoilcantiere. 

Infatti,nonèuncasochelostessolegislatore, 

findaglianni’50,abbiadefinitolafiguradel 

“preposto”qualequelsoggetto,appartenente 

alla sfera imprenditoriale, addetto a vigilare 

sulla concreta applicazione delle misure prevenzionaliadottatedaldatoredilavoro. 

Pertanto, con l’introduzione della figura del 

CSE,èungraveerrorepensarecheicompiti 

(e le responsabilità) del preposto siano integralmentepassatisullespalledelcoordinatore 

e che quest’ultimo sia sempre chiamato a 

rispondere per la mancata attuazione degli 

obblighi di sorveglianza posti a carico del 

primo. 

Delresto,basterebbeleggereicontenutidell’Allegato 

XV al D.Lgs. n. 81/2008, «Contenutiminimideipianidisicurezza»,perrendersi 

conto che l’oggetto dell’azione dei coordinatori 

sono i rischi interferenziali e quelli 

derivanti dalle particolarità dell’area di cantiereedellarelativaorganizzazionedeilavorimanonquellipropriospecifici.Inconclusione, 

pensare che il coordinatore debba occuparsi 

anche dei rischi propri o specifici delle 




Articolo 

imprese esecutrici altro non è che l’applicazionedistortadelprecettonormativo 

[1] . 

2.Progettazioneesicurezza 

Un altro aspetto problematico del cantiere 

riguarda le critiche mosse ai coordinatori riguardo 

la mancata azione di ricerca prevenzionaleinfaseprogettualeconl’integrazione 

delle scelte conseguenti nella progettazione 

dell’opera visto che il PSC diviene un documento 

che viene allegato a posteriori alla 

progettazionedell’operao,addirittura,acantiere 

già aperto; di conseguenza la predisposizionediqualsiasimisuradisicurezzadiventadifficilee,talvolta,impossibile. 

Inquestocaso,basterebbericordarechenon 

è certo un obbligo di un professionista, in 

possesso dei requisiti per svolgere le funzionidicoordinatore,andaredalcommittentee 

proporsiperlanominaacoordinatoreperla 

progettazione (CSP). È sufficiente ricordare 

quantogiàprevistoprimanelD.P.R.n.222/ 

2003 e poi ripreso nell’Allegato XV al 

D.Lgs.n.81/2008,quandosiparladi«scelte 

progettuali ed organizzative»; infatti, sarebbe 

benfacilecomprenderecheilsoggettodeputato 

a informare il committente sui suoi obblighiè,innanzitutto,ilprofessionistaalqualesirivolgeperlepraticheautorizzativeela 

progettazione o lo stesso imprenditore (nei 

casi in cui il committente si è direttamente 

rivolto allo stesso). I PSC diventano documenti“appiccicati”soloperchéilcommittente 

non ha proceduto alla nomina del CSP o 

perché non lo sapeva o perché non voleva 

procedere in tal senso per una sua precisa 

scelta. Eppure sarebbe bastato che, al momentodellarichiestadeltitoloautorizzativo 

all’amministrazione concedente, il legislatore 

avesse imposto anche la comunicazione 

dell’avvenuto affidamento dell’incarico di 

CSP. Così come concepita la norma (l’obbligodinominadelcoordinatorescattaquando 

incantiereèprevistalapresenza,anchenon 

contemporanea, di più imprese esecutrici) 

permette al committente privato, per esempio, 

di poter attendere fino all’ultimo momento 

per l’affidamento dell’incarico di co 

ordinatore,vistochel’appaltoperl’esecuzione 

dell’opera è assegnato, quasi sempre, ad 

un’unica impresa (esclusi gli appalti scorporati) 

mentre sarà solo in fase successiva che 

l’impresa affidataria subappalterà parte dei 

lavori ad altre imprese e lavoratori autonomi. 

Quindi, se si volesse rimuovere la causa 

principale dei “PSC appiccicati a posteriori”, 

basterebbe prevedere questa modalità di 

procedere perché, in concreto, attualmente 

gliappaltiperlacuiesecuzioneincantiereè 

presente una sola impresa sono praticamenteinesistenti.Infine,vistalanecessitàdisensibilizzazionedelcommittente,sucuituttigli 

attori sono d’accordo, non si può ritenere 

chequestocompitosiadiesclusivapertinenza 

di professionisti (al fine di procacciarsi 

l’incarico professionale) ma dovrà anche essere 

svolto, tramite specifiche campagne informativesugliobblighidelcommittente,siadagliorganismiprepostiallavigilanzaecontrollo,siadaglientilocali. 

3.Chideveeffettuare 

eimporrelescelteprevenzionali? 

Moltospessosisentedirecheilcoordinatore 

debba effettuare e imporre ai datori di lavorodelleimpreselescelteprevenzionalieffettuate.Fareprevenzionevuoldireintervenire 

diminuendoleprobabilitàdiaccadimentodi 

unevento;leazionipreventivedevonoessere 

messe in atto, in termini di scelte progettuali 

e organizzative, dal progettista supportato 

dal CSP (dove esistente/operante perché 

temporalmente nominato in modo 

corretto) durante lo sviluppo di tutta la fase 

progettuale. Le scelte progettuali e organizzative, 

definite per eliminare o per ridurre i 

rischi,sarebberocosìgiàdentroilprogettoe 

il capitolato. È necessario anche ricordare 

che non è certo il CSE e neanche il CSP che 

può, fin dall’inizio del processo costruttivo 

(inizio inteso come concezione dell’opera), 

farincamminareilcommittentelungoilpercorsovirtuosodefinitodallegislatore,maèilprogettistachepuò,ovviamente,anchecoincidereconilCSP. 

Ingenerale,quindi,asserirechedebbaessere 

1) QuantoespostoinquestoparagrafoèstatoribaditodallarecentesentenzadellaCortediCassazione,sez.IV,14gennaio 

2010,n.1490. 


ilcoordinatoreaobbligareidatoridilavoro 

ad adottare le scelte prevenzionali effettuate 

denota, ancora una volta, che non si riesce a 

comprenderecomesidebbaorganizzarel’attività 

prevenzionale all’interno del processo 

costruttivo. 

Per esempio, dovendo realizzare una villetta 

conduepianifuoriterra,occorreràeseguirei 

solai. Nella fase progettuale e nell’ipotesi di 

percorso virtuoso intrapreso dal committente,ilprogettistaeilCSPdovrebberoanalizzare 

e valutare il rischio di caduta dall’alto e, 

conseguentemente,scegliere,peresempio,di 

realizzare la posa delle pignatte realizzando 

un impalcato sul quale si muoveranno gli 

operai per la posa delle stesse. In questo 

modosarebberidottoalminimoilpericolodi 

cadutadall’alto.Inaltreparole,conunamisuraprogettualeeorganizzativadefinitainfase 

diprogetto,siriducel’entitàdelrischiopergli 

addettiallaposamanonsieliminacompletamenteilrischiostesso. 

Ilrischiodicadutadall’altocherimane,pergli 

addettiallaposa,deveessereancoraanalizzato 

per comprendere se si tratta di un rischio 

interferenzialeoppure“specificooproprio”e, 

quindi,afferenteesclusivamentelelavorazionidell’impresacheeseguiràilsolaio. 

Nel primo caso, dovrà essere gestito con il 

PSC individuando le “regole” conseguenti; 

nelsecondocaso,dovràesseregestitodall’impresacheeseguiràilavoriconilproprioPOS. 

Per quanto riguarda i relativi costi, la scelta 

dell’impalcato non potrà che essere considerata 

come un costo della sicurezza e, quindi, 

computatacomeuncostoprevistonelPSCe 

nonsoggettoaribasso. 

IlCSE,quandoinizierannoilavori,verificheràche: 

l la posa delle pignatte avvenga mediante 

l’utilizzo dell’impalcato e il rispetto di 

quanto scritto nel PSC per rischi interferenziali(peresempio,ildivietodieseguirequalunquetipodilavorazionee/odipassare 

al di sotto dell’area di posa pignatte, il 

posizionamento di barriere fisiche e della 

segnaletica di divieto d’accesso al piano 

sottostanteecc.); 

l quanto definito nel POS dell’impresa esecutrice 

(montaggio dell’impalcato, modalità 

di accesso allo stesso ecc.), sia correttamenteattuatodallastessa. 

Questaultimaverifica,però,nonpotràessere 


Articolo 

eseguita con continuità da parte del CSE, e 

questoperalmenotremotivi: 

l laposadellepignattenonpuòritenersiuna 

fasecosìcriticadanecessitaredellapresenzastabiledelCSEincantieredurantetutto 

ilsuosviluppo; 

l non è concretamente possibile che il CSE 

effettui con continuità una attività di vigilanza 

sul rispetto di obblighi propri della 

catenagerarchicadell’impresadurantetuttalafasedilavorodiposadellepignatte; 

l laleggeindividuaneldatoredilavoro,nel 

dirigente e nel preposto i soggetti deputati 

all’attuazione e al controllo di quanto previstonelPSCenelPOS. 

Anche se la norma non lo richiede espressamente,èopportunocheilCSE,alfinedidareevidenzadelpropriooperato,producaspecifiche 

evidenze documentali (verbali di coordinamentoecc.)chedevonoesseredivulgate 

a tutti i soggetti interessati (imprese affidatarie, 

esecutrici, lavoratori autonomi, nonché 

direttoredeilavoriecommittente).Inoltre,è 

consigliabile che questa attività produca ancheevidenzefotografichecontenentinonsolole“nonconformità”maancheesoprattutto 

le “conformità” rilevate durante l’espletamento 

dell’attività, al fine di dimostrare il 

rispettodiquantoprevistonelPSCenelPOS 

in quel preciso momento temporale in cui il 

sopralluogoèstatoeffettuato. 

4.Coordinatori 

edeticaprofessionale 

Un’altra corrente di pensiero afferma che, 

ancheselenormenonsonochiareeleinterpretazionisonovariegate,l’obiettivoèquellodicontribuireaelevarelecondizionidisicurezza 

nei cantieri. Quindi, queste regole raggiungono 

l’obiettivo quando qualificano e 

specializzanoitecniciincaricati(CSPeCSE) 

sesonoeticamentespintidaunamotivazione 

prevenzionistica. 

Ilproblemaècheleregoledicomportamento 

devono essere scritte con il pieno coinvolgimentodegliattoricheledovrannoapplicare. 

Fino a oggi alcuni soggetti hanno inquadrato 

il problema “sicurezza cantieri” sulla 

basedelleconoscenzeesperenzialimaturate, 

peresempio,inuncontestoparticolarecome 

quello dell’area della vigilanza. Queste indubbie 

e qualificate conoscenze, però, permettono 

di avere solo una visione parziale 




Articolo 

del problema. La conseguenza è che tutto 

quello che viene prodotto non abbraccia la 

complessità del fenomeno, non è aderente 

alla realtà, non può essere condiviso e applicato 

e, quindi, non può raggiungere l’obiettivoprefissato. 

La visione del CSE che tutto sa, tutto vede e 

tutto può, fa parte della logica tutta italiana 

dellaricercadelcaproespiatorioo,meglio,è 

ilfruttodimeccanismidiproiezionechesono 

originatidallaconstatazionedell’estremadifficoltà 

a modificare i comportamenti dei 

committenti e, soprattutto, delle imprese e 

dei lavoratori autonomi i quali, vale la pena 

ricordarlo,sonogliattoriprincipalidellasicurezzaodellanonsicurezzaincantiere. 

Poiché, adesso, il legislatore europeo e, poi, 

quello italiano, hanno definito la figura del 

CSE,eccoprontoil“caproespiatorio”alquale 

attribuire, a prescindere, la responsabilità 

diqualunqueeventoincantiere. 

In altre parole, si costruisce il seguente schemalogicosequenziale: 

l la vigilanza da parte degli organi preposti 

puòessereassicuratasolonel510%dei 

cantieri per problemi di carenza di risorse 

(umaneedeconomiche); 

l il CSE è nominato in ogni cantiere e ha 

risorse in termini economici e di tempo, 

per«coordinare»e«verificare»(purtroppo, 

un termine che sottintende l’azione del 

“vigilare”) su tutto quello che succede in 

cantiere; 

l quandoincantieresuccedequalcosa(reatodipuropericolood’evento),vistocheil 

CSE è nominato, ha tempo, ha risorse, 

deve «coordinare» e «verificare» (quindi, 

“vigilare” nel senso distorto ormai comune), 

allora non può non essere almeno 

coresponsabilediquellocheèsuccesso. 

5.Il“dovere”delcoordinatore 

Un altro tema oggetto di discussione è se 

debbaessereilcoordinatoreilsoggettoche, 

avendo un livello di formazione e di conoscenzetecnichedifferentiepiùaltidiquello 

di un committente, di cui deve fare gli interessiecuraregliaspettiall’internodeilavori 

commissionati, prioritariamente abbia comedoverequellodievitarel’accadimentodi 

infortuni. In linea di principio è possibile 

essere d’accordo con questa affermazione; 

quando, però, è necessario definire gli stru 

menti e le modalità con cui tradurla in concreto, 

bisognerebbe ricordare che se c’è un 

imprenditore che esercisce un’attività imprenditoriale,sulqualegravanounaseriediobblighipropri,dovrebbeesserepresumibile 

che sia anche al corrente degli obblighi 

minimialuiimpostidallanormativavigente 

in tema di sicurezza e di salute dei propri 

dipendenti nell’ambito del suo esercizio 

d’impresa e non sia necessario, quindi, il 

continuo controllo sull’operato dello stesso 

e dei suoi collaboratori da parte del CSE. 

Quindi,lasicurezzasullavoroinizianelben 

più ampio ambito dell’esercizio d’impresa e 

non certo solo in cantiere con l’operato del 

CSE. Per cui il problema principale è quello 

di creare meccanismi affidabili di valutazione 

delle imprese ai fini dell’accesso e della 

permanenzasullospecificomercato. 

6.IlCSEeicontenutidelPOS 

Un’altra criticità è quella che riguarda i contenutidelPOS.Secondoalcuni,nelcaso,peresempio,diesecuzionediunoscavo,l’impresa 

dovrà indicare nel suo POS le schede 

d’uso delle attrezzature di lavoro che saranno 

utilizzate, l’adozione delle necessarie misuredisicurezzainrelazionealleattrezzature 

stesse, l’espletamento della specifica formazione 

per gli utilizzatori, le modalità di 

posizionamento dell’attrezzatura in modo 

stabileecc.NelPSC,invece,dovrannoessere 

indicate le modalità specifiche per eseguire 

questalavorazioneinsicurezza. 

Queste affermazioni non sono condivisibili. 

Infatti,nelPSCilprogettistaeilCSPdovrannoanalizzareirischiderivantidall’esecuzione 

dello scavo in quella particolare situazione, 

effettuare tutte le scelte (progettuali ed 

organizzative) in grado di eliminarli o di ridurli 

al minimo, esplicitandole nel PSC. Per 

esempio,sedovesseessereeseguitounoscavo,ilprogettistaeilCSPpotrebberoscegliere,alfinediridurreilrischiodiseppellimento, 

di aumentare l’angolo di natural declivio 

(e, quindi, i volumi di scavo) invece di ricordare 

all’impresa solo quanto previsto a suo 

carico dall’art. 118, D.Lgs. n. 81/2008 (armatura 

dello scavo). L’impresa esecutrice 

dello scavo dovrà indicare nel POS come 

effettueràillavoro(comescaveràperrispettareleprevisionidelPSC),cosautilizzeràper 


farlo(attrezzaturedilavorocomel’escavatore)ecc. 

7.IlCSEelaverifica 

d’idoneitàdelPOS 

Un’altratematicaoggettodidiscussioneèquella 

riguardante il poteredovere, del CSE, di 

intervenire nella fase di verifica dell’idoneità 

del POS apportando, se del caso, modifiche 

anchedisostanzachedevonotrovareintegrazione 

con quanto previsto nel PSC. Anche in 

questo caso devono essere fatte delle precise 

distinzioni. Il CSE non può apportare alcuna 

modifica al POS ma può e deve attuare due 

differentiobblighi: 

l verificarel’idoneitàdelPOS; 

l assicurarelacoerenzadelPOSconilPSC. 

Nel primo caso, l’uso del verbo “verificare” 

derivadalfattocheillegislatoreharichiestoal 

CSE solo la verifica dell’idoneità del POS, 

proprioperchél’obbligodirisultatointermini 

d’idoneità del POS spetta solo al datore di 

lavorodell’impresaesecutrice.SeilPOSnonè 

idoneo,ilCSEnondovràfarealtrocherispedirloalmittenterichiedendogliadeguamenti 

allo standard costituito dai contenuti indicati 

dall’AllegatoXValD.Lgs.n.81/2008. 

Quindi, non è certo corretto pensare che il 

legislatore abbia voluto individuare un profilo 

di responsabilità del CSE anche per i 

rischi specifici o propri dell’attività d’impresa, 

perché in caso contrario si rischierebbe 

di attivare l’automatica chiamata in causa 

del CSE per qualunque reato di “puro pericolo”, 

contravvenzionalmente sanzionato 

dall’ente di vigilanza, a carico dell’impresa 

esecutrice. 

Nel secondo caso, l’uso del verbo “assicurare”,adifferenzadelprimo,imponeunobbligo 

di risultato al CSE e deve essere inteso, 

quindi,comeaspettofondamentaledelleattività 

funzionali di questa figura. Il CSE, quindi,deveesseregarantecheilPOSsiacoerenteconilPSCecioèchel’impresaabbiarecepito,coerentemente,leindicazionicontenute 

nel PSC.Questa“garanzia”,però,deveriguardare 

solo la parte programmatica 

del POS e non certo la condotta dell’impresa 

che ne è concreta espressione durante 

l’esecuzione delle lavorazioni in 

2) Sivedalanota1. 


Articolo 

cantiere. Se il POS non è coerente con il 

PSC,ilCSEnondovràfarealtrocherispedirlo 

al mittente richiedendo gli adeguamenti 

necessari. 

8.IlCSE:“regista” 

o“controlloreaggiunto”? 

Sempre nell’ambito delle attività del CSE, si 

sostiene,inoltre,chequestidebbametterein 

campo tutte le azioni per lui previste dalla 

normativa, mirate al rispetto della legge, che 

non si limitano ad una attività semplice di 

monitoraggio di “non conformità” riscontrate,inquantoilCSEèchiamatoadunruolodi 

guidaallasicurezzaperidiversisoggettiche 

intervengonoincantiere,dalmomentodella 

progettazione alla fine dell’esecuzione dell’opera. 

Innanzi tutto va chiarito che le “non 

conformità riscontrate”, ovviamente, sono 

quelle derivanti dal mancato rispetto di 

quantoprevistonelPSCenelPOS. 

Ilproblemaèchespessononsiriesceacapire 

che non è possibile verificare con continuità 

quantosopra.Questoperchélesituazioniedi 

comportamenti che si discostano da quanto 

definito nei documenti citati si possono concretizzareintempirapidissimiquandoilCSE 

non è presente in cantiere. Visto che ci sono 

datoridilavoro,dirigentiepreposti,conspecifici 

obblighi propri a loro carico, previsti 

dalla normativa fin dagli anni ’50 del secolo 

scorso,nonsicomprendeperchénondebbanoessereloroperprimiaverificareconcontinuitàilrispettoel’applicazionedeicontenutidelPSCedelPOS,vistochesonoodovrebberoessere,lorosì,sempreincantiere. 

Nel caso in cui si volesse avere un CSE sempre 

presente in cantiere, le scelte non possonocheessereleseguenti: 

l si cambia la legge permettendo la nomina 

di un CSE dipendente dell’impresa affidataria(equestoconbuonapacedelconflitto 

d’interessi); 

l si cambia la legge in modo che il committente 

paghi al professionista la parcella 

commisurata all’impegno esclusivo imposto, 

direttamente a questi o versandolo in 

anticipo all’amministrazione concedente il 

titolo abilitativo (nei casi in cui questo è 

richiesto) che lo girerà successivamente al 

coordinatore [2] . 




Articolo 

9.CSEincantiere:garantireuna 

presenzaminimaobbligatoria? 

Altro argomento è quello della presenza 

minima del CSE in cantiere in modo da 

evitare che la nomina di CSP e CSE e la 

stesura del PSC siano solo delle coperture 

formali di un obbligo che, altrimenti, lascerebbe 

totalmente scoperte le responsabilità 

delcommittente. 

In concreto, è possibile quantificare la presenza 

minima in cantiere di un CSE sulla 

basedituttaunaseriedivariabili,maquesto 

non implica automaticamente l’adozione di 

condotte virtuose da parte delle imprese. 

Insomma, un imprenditore non ha bisogno 

disentirelepressionidelCSEperrispettare 

lalegge,altrimenti,conquestalogica,chiunque 

operasse in cantiere dovrebbe essere 

controllato perché pronto a delinquere alla 

primaoccasione. 

Un CSE che fa con professionalità il suo 

lavoro, valutata la complessità dell’opera e 

le future attività del cantiere, si proporrà al 

committentenonsoloconunapropostaeconomica 

ma con un disciplinare d’incarico 

dove scriverà, nero su bianco, come svolgerà 

la sua attività, magari garantendo la sua 

presenza tutti i giorni in cantiere o almeno 

una volta alla settimana, due oppure tre 

ecc.,infunzionedelleparticolaritàdeilavori 

daeseguire. 

10.Quandodeveesserepresente 

ilCSEincantiere? 

Un’altra affermazione diffusa è quella che 

vuoleunCSEprontoainterveniresempre, 

dall’inizio lavori alla chiusura del cantiere, 

senzalimitarel’interventoaisolicasiincui 

si verifichino situazioni che mettano gravementearischiol’incolumitàdegliaddettiailavori.Affermazionicomequesta,purtroppomoltodiffuse,denotanocheancora 

una volta non si è compreso che, in cantiere, 

il CSE ci va sulla base di una sua 

valutazione che è soltanto sua ed è basata 

sucriterioggettivichetengonocontodelle 

diverse variabili tipiche del cantiere; in 

definitiva, il CSE in cantiere può andarci 

tutti i giorni, due volte al giorno, una volta 

alla settimana ecc., così come ritiene meglio 

fare per garantire l’espletamento dei 

propri compiti. 

Esistono, però, delle fasi particolarmente 

critiche durante il cui svolgimento la presenzadelCSEèindispensabile. 

Quando si parla di “fase critica” s’intende 

una fase dell’attività in cui si possono concretizzare, 

a causa della particolarità della 

stessa, situazioni e comportamenti in grado 

di alterare il livello di sicurezza atteso (già 

fruttodell’analisideirischiedelladefinizione 

delle misure prevenzionali previste nel 

PSC), rendendolo non più accettabile. In 

altre parole, parlando di criticità non si sta 

lasciando alle imprese l’onere di inventarsi 

delle soluzioni a rischi non valutati in fase 

di progetto e di coordinamento progettuale 

echenonhannoportatoall’adozionediben 

precisemisuredieliminazioneodicontenimento 

del rischio, ma si sta chiedendo al 

CSE, al verificarsi di queste criticità, una 

presenza in cantiere al fine di coordinare 

l’applicazione, in “tempo reale”, insieme all’impresaaffidatariaealleimpreseesecutrici, 

di una serie di soluzioni concrete e condivise 

che permettano l’esecuzione dei lavori 

in sicurezza. Quindi, deve essere 

chiaritochenonsistacertoaffermandoche 

una“fasecritica”èunmomentodell’attività 

in cui si devono accettare rischi oltre il 

consentito. 

Peresempio,nelcasodiuncantiereperl’esecuzionediuncavalcaviaferroviariodovesonopresentialcunelineeelettricheaereenon 

sezionabili (l’alimentazione elettrica della lineaferroviaria),purprevedendonelPSCunaseriedimisuretecniche,organizzativeeprocedurali,rimanelanecessitàdidoveroperare 

sia per l’esecuzione delle spalle che, in particolare,perlaposadelletravi,aldisopradelle 

linee elettriche in tensione non eliminabili/ 

spostabili. Queste fasi critiche richiedono la 

presenzadelCSE: 

l prima dell’inizio dei lavori, per una riunionedicoordinamentocon,ovviamente, 

tutte le imprese incaricate dell’esecuzione 

di questi lavori, al fine di richiamare 

tutte le scelte progettuali e organizzative 

ele“regole”definitepreventivamentenel 

PSC; 

l successivamente, durante la vera e propriaposadelletravialdisopradellalineainesercizio,alfinediverificarelaconcretaapplicazionediquantoprevisto. 

l 



OsservatorioINAILArticolo 

LAVORI IN QUOTA: I SISTEMI DI PROTEZIONE 

CONTRO LE CADUTE DALL’ALTO 

l di Luca Rossi, 

Ricercatore, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza, ex-ISPESL 

Osservatorioacuradell’UfficioRelazioniconilPubblico 

DipartimentoProcessiOrganizzativi 

L’esecuzione in sicurezza dei lavori in quota è subordinata, nella maggior parte 

dei casi, all’impiego di dispositivi di protezione collettiva. Qualora questo non sia 

possibile, é necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione 

composti da diversi elementi. L’art. 115, D.Lgs. n. 81/2008, ha elencato 

gli “elementi” ma non ha evidenziato i “sistemi”. Per comprendere meglio il dettato 

della norma può essere utile fare riferimento alla UNI EN 363:2008, «Dispositivi 

individuali per la protezione contro le cadute - Sistemi individuali per la protezione 

contro le cadute». 

I lavori in quota nei cantieri temporanei 

o mobili devono essere eseguiti 

in condizioni di sicurezza ed 

ergonomiche adeguate nel rispetto 

delle misure generali di tutela previste 

dagli artt. 15 e 95, D.Lgs. n. 

81/2008. 

A queste attività, particolarmente 

pericolose, il legislatore ha dedicato 

il Capo II, «Norme per la prevenzione 

degli infortuni sul lavoro nelle 

costruzioni e nei lavori in quota». 

Nell’ambito di queste “norme” 

rientra l’utilizzo dei DPI e dei sistemi 

(si veda la tabella 2). Questi 

ultimi appartengono a due categorie 

fondamentali: 

l i sistemi che impediscono la caduta 

libera; 

l i sistemi che arrestano la caduta 

libera. 

Un corpo è in caduta libera quando, 

non essendo trattenuto, è 

soggetto alla accelerazione di 

gravità e percorre una traiettoria 

verticale. 

I sistemi che impediscono la caduta 

libera sono da preferirsi, ovviamente, 

a quelli che arrestano la 

caduta libera in quanto, limitando 

il percorso che può compiere il lavoratore, 

non permettono la caduta 

dall’alto. 

Il datore di lavoro ai fini della scelta 

dei DPI e/o dei sistemi (art. 77): 

«a) effettua l’analisi e la valutazione 

dei rischi che non possono 

essere evitati con altri mezzi; 

b) individua le caratteristiche dei 

DPI necessarie affinché questi siano 

adeguati ai rischi di cui alla 

lettera a), tenendo conto delle 

eventuali ulteriori fonti di rischio 

rappresentate dagli stessi DPI; 

c) valuta, sulla base delle informazioni 

e delle norme d’uso fornite 

dal fabbricante a corredo dei 

DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili 

sul mercato e le raffronta 

con quelle individuate alla lettera 

b); 

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta 

intervenga una variazione significativa 

negli elementi di valutazione». 

Il datore di lavoro, sulla base delle 

indicazioni del decreto di cui al- 




l’art. 79, comma 2, deve fornire ai 

lavoratori i DPI e/o i sistemi conformi 

ai requisiti previsti dall’art. 

76. Nell’Allegato VIII è presente un 

elenco delle attività e dei settori di 

attività per le quali può rendersi 

necessario mettere a disposizione i 

DPI e/o i sistemi (punto 3.9, «Attrezzatura 

di protezione anticaduta 

– Imbracature di sicurezza») e 

delle indicazioni non esaurienti per 

la loro valutazione (punto 4.9, «Dispositivi 

di protezione contro le 

cadute dall’alto – Rischi da cui proteggere»). 

Il datore di lavoro deve assicurare 

la formazione adeguata e organizzare 

lo specifico addestramento 

obbligatorio circa l’uso corretto e 

l’utilizzo pratico del sistema di 

protezione individuale dalle cadute 

in quanto di terza categoria. 

I lavoratori devono sottoporsi al 

programma di formazione e di addestramento 

organizzato dal datore 

di lavoro e utilizzare i DPI e/o 

i sistemi messi a loro disposizione 

conformemente all’informazione, 

alla formazione e all’addestramento 

ricevuto (art. 78). 

I SISTEMI 

DI PROTEZIONE INDIVIDUALE 

I sistemi di protezione individuale 

dalle cadute proteggono il lavoratore 

dalle cadute dall’alto impedendo 

o arrestando la caduta libera 

e comprendono: 

l i sistemi di trattenuta; 

l i sistemi di posizionamento sul 

lavoro; 

l i sistemi di accesso su fune; 

l i sistemi di arresto caduta; 

l i sistemi di salvataggio. 

Un sistema di protezione individuale 

dalle cadute è costituito da 

un insieme di componenti collegati 

tra loro, separatamente o no, 

e include un dispositivo di presa 


del corpo collegato a un punto di 

ancoraggio sicuro attraverso un 

sistema di collegamento, che consiste 

in uno o più componenti, 

normalmente inclusi nel sistema, 

in conformità all’uso previsto 

(per esempio, cordini, connettori, 

assorbitori). 

TIPOLOGIE 

SISTEMA DI TRATTENUTA 

Un sistema di trattenuta è un sistema 

di protezione individuale dalle 

cadute che impedisce le cadute 

dall’alto, limitando il percorso che 

può compiere il lavoratore. 

L’utilizzo del sistema di trattenuta 

permette al lavoratore di trovarsi 

nella situazione in cui si realizza la 

condizione di impedimento di caduta 

dall’alto, in quanto non permette 

al lavoratore di raggiungere 

la zona pericolosa. 

Un sistema di trattenuta: 

l limita il movimento del lavoratore, 

in modo che allo stesso sia 

impedito di raggiungere zone in 

cui potrebbe verificarsi una caduta 

dall’alto; 

l non è destinato ad arrestare una 

caduta dall’alto; 

l non è destinato a situazioni di 

lavoro in cui il lavoratore ha 

bisogno di un dispositivo di presa 

del corpo (per esempio, per 

impedirgli di scivolare o di cadere). 

SISTEMA DI POSIZIONAMENTO 

SUL LAVORO 

Un sistema di posizionamento sul 

lavoro è un sistema di protezione 

individuale dalle cadute che permette 

al lavoratore di lavorare sostenuto, 

in tensione o in sospensione, 

in maniera tale che sia prevenuta 

la caduta libera. 

L’utilizzo del sistema di posizio- 

namento sul lavoro permette al 

lavoratore di trovarsi nella situazione 

in cui si realizza la condizione 

di prevenzione dal rischio caduta 

dall’alto, in quanto riduce al 

minimo la probabilità di accadimento. 

Un sistema di posizionamento sul 

lavoro: 

l previene la caduta libera del lavoratore; 

l permette al lavoratore di posizionarsi 

nel luogo di lavoro sostenuto, 

in tensione o in sospensione. 

SISTEMA DI ACCESSO SU FUNE 

Un sistema di accesso su fune è un 

sistema di protezione individuale 

dalle cadute che permette al lavoratore 

di accedere al o dal posto di 

lavoro sostenuto, in tensione o in 

sospensione, in maniera tale che 

sia prevenuta o arrestata la caduta 

libera. 

L’utilizzo del sistema di accesso su 

fune permette al lavoratore di trovarsi 

nella situazione in cui si realizza 

la condizione di prevenzione 

dal rischio caduta dall’alto, in 

quanto riduce al minimo la probabilità 

di accadimento o arresta la 

caduta. 

Un sistema di accesso su fune: 

l permette l’accesso al o dal posto 

di lavoro in tensione o in sospensione; 

l riduce al minimo il rischio o arresta 

la caduta libera del lavoratore; 

l consente al lavoratore di spostarsi 

tra le posizione superiore 

e inferiore e può consentire l’attraversamento; 

l utilizza un punto di attacco 

basso sull’imbragatura per il 

collegamento alla fune di lavoro; 

l comprende una fune di lavoro e 


Tabella1 

•Normativa di riferimento 

D.Lgs. 4 dicembre 1992, 

n. 475 

D.Lgs. 9 aprile 2008, 

n. 81 

Legislazione 



«Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di 

ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai Dispositivi di protezione 

individuale» 

«Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della 

salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» 

Norme tecniche 

UNI EN 341:1993 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Dispositivi di discesa» 

UNI EN 341/A1:1998 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Dispositivi di discesa» 

UNI EN 353/1:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Dispositivi anticaduta di 

tipo guidato comprendenti una linea di ancoraggio rigida». La norma è stata cancellata 

dall’elenco delle norme armonizzate alla direttiva 89/686/CEE con decisione della 

Commissione 19 marzo 2010. 

UNI EN 353/2:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Dispositivi anticaduta di 

tipo guidato comprendenti una linea di ancoraggio flessibile» 

UNI EN 354:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Cordini» 

UNI EN 355:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Assorbitori di energia» 

UNI EN 358:2001 «Dispositivi di protezione individuale per il posizionamento sul lavoro e la prevenzione delle 

cadute dall’alto Cinture di posizionamento sul lavoro e di trattenuta e cordini di 

posizionamento sul lavoro» 

UNI EN 360:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Dispositivi anticaduta di 

tipo retrattile» 

UNI EN 361:2003 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Imbracature per il corpo» 

UNI EN 362:2005 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Connettori» 

UNI EN 363:2008 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Sistemi individuali per la 

protezione contro le cadute» 

UNI EN 364:1993 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Metodi di prova» 

UNI EN 365:2005 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Requisiti generale per le 

istruzioni per l’uso, la manutenzione, l’ispezione periodica, la riparazione, la marcatura e 

l’imballaggio» 

UNI EN 795:2002 «Protezione contro le cadute dall’alto Dispositivi di ancoraggio. Requisiti e prove» 

UNI EN 813:2008 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Cinture con cosciali» 




UNI EN 1496:2007 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Dispositivi di sollevamento per 

salvataggio» 

UNI EN 1497:2008 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Imbracature di salvataggio» 

UNI EN 1498:2007 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Cinghie di salvataggio» 

UNI EN 1868:2000 «Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto Lista dei termini 

equivalenti» 

UNI EN 1891:2001 «Dispositivi di protezione individuale per la prevenzione delle cadute dall’alto Corde con 

guaina a basso coefficiente di allungamento» 

UNI EN 12841:2007 «Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute Sistemi di accesso con fune 

Dispositivi di regolazione della fune» 

una fune di sicurezza fissate 

separatamente alla struttura; 

l può essere utilizzato per il posizionamento 

sul lavoro, dopo che 

è stato raggiunto il posto di lavoro. 

La fune di lavoro e la fune di sicurezza 

sono fissate alla stessa imbragatura. 

SISTEMA DI ARRESTO CADUTA 

Un sistema di arresto caduta è un 

sistema di protezione individuale 

dalle cadute che arresta la caduta 

libera e che limita la forza d’urto 

sul corpo del lavoratore durante 

l’arresto caduta. 

L’utilizzo del sistema di arresto 

caduta permette al lavoratore di 

trovarsi nella situazione in cui si 

realizza la condizione di prevenzione 

dal rischio caduta dall’alto, 

in quanto arresta la caduta e limita 

la forza trasmessa al corpo. 

Un sistema di arresto caduta: 

l non impedisce la caduta libera; 

l limita la lunghezza della caduta; 

l permette al lavoratore di raggiungere 

le zone o le posizioni 

in cui esiste il rischio di caduta 

libera ed è arrestato quando si 

verifica la caduta libera; 


l prevede la sospensione dopo 

l’arresto caduta. 

SISTEMA DI SALVATAGGIO 

Un sistema di salvataggio è un sistema 

di protezione individuale 

dalle cadute con il quale il lavoratore 

può salvare sé o altri, in maniera 

tale che sia prevenuta la caduta 

libera. 

L’utilizzo del sistema di salvataggio 

permette al lavoratore e/o altri 

di trovarsi nella situazione in cui si 

realizza la condizione di prevenzione 

dal rischio caduta dall’alto, 

in quanto riduce al minimo la probabilità 

di accadimento. 

Un sistema di salvataggio: 

l previene la caduta libera del 

soccorritore e della persona 

soccorsa durante il salvataggio; 

l permette il sollevamento in alto 

o la discesa in basso della 

persona soccorsa verso un luogo 

sicuro. 

REQUISITI 

Un sistema di protezione individuale 

dalle cadute è un DPI, quindi 

un prodotto che ha la funzione 

di salvaguardare la persona che lo 

indossa o, comunque, lo porta con 

sé da rischi per la salute e la sicu- 

rezza. Questi dispositivi sono coperti 

da direttiva di prodotto 89/ 

686/CEE, recepita in Italia con il 

D.Lgs. n. 475/1992, che stabilisce 

che i DPI che rispondono ai requisiti 

previsti dalle norme armonizzate 

si presumono conformi ai requisiti 

essenziali di sicurezza (art. 

2, comma 5, D.Lgs. n. 475/1992). 

Dunque, devono essere marcati 

CE nonché: 

l essere adeguati ai rischi da prevenire, 

senza comportare di per 

sé un rischio maggiore; 

l essere adeguati alle condizioni 

esistenti sul luogo di lavoro; 

l tenere conto delle esigenze ergonomiche 

o di salute del lavoratore; 

l poter essere adattati all’utilizzatore 

secondo le sue necessità. 

I DPI destinati alla protezione dei 

lavoratori contro le cadute dall’alto 

sono disciplinati dall’art. 115, 

comma 1, per il quale «Nei lavori in 

quota qualora non siano state attuate 

misure di protezione collettiva 

come previsto all’articolo 

111, comma 1, lettera a), è necessario 

che i lavoratori utilizzino 

idonei sistemi di protezione composti 

da diversi elementi». 


I «sistemi di protezione composti 

da diversi elementi» sono i sistemi 

di protezione individuale dalle 

cadute individuabili nell’Allegato 

II, punto 3.1.2.2, D.Lgs. n. 475/ 

1992, «Requisiti supplementari 

specifici per i rischi da prevenire 

– Prevenzione contro le cadute 

dall’alto». Sono costituiti da «un 

dispositivo di presa del corpo e da 

un sistema di collegamento raccordabile 

ad un punto di ancoraggio 

affidabile». 

I componenti che devono essere 

utilizzati in un sistema di protezione 

individuale dalle cadute devono 

essere idonei in rapporto a: 



l l’uso previsto durante tutte le 

fasi di lavoro (per esempio, accesso, 

lavoro); 

l le caratteristiche del luogo di 

lavoro come l’inclinazione e lo 

stato delle superfici; 

l le caratteristiche del sistema di 

ancoraggio, l’ubicazione e la 

forza agente sullo stesso; 

Tabella2 

• Definizioni 

Arresto caduta: prevenire l’impatto a terra, con una struttura o qualsiasi altro ostacolo durante la caduta libera 

per ll lavoratore mediante un sistema di protezione personale dalle cadute. 

Prevenzione 

dalle cadute: 

Sistema di protezione 

individuale 

dalle cadute: 

Sistema 

di trattenuta: 

Sistema 

di posizionamento 

sul lavoro: 

Sistema 

di accesso su fune: 

Sistema 

di arresto caduta: 

Sistema 

di salvataggio: 

prevenire la caduta libera per il lavoratore mediante un sistema di protezione personale dalle 

cadute. 

assemblaggio di componenti destinati a proteggere il lavoratore contro le cadute dall'alto, 

comprendente un dispositivo di presa del corpo e un sistema di collegamento, che può essere 

collegato a un punto di ancoraggio affidabile. 

sistema di protezione individuale dalle cadute che impedisce al lavoratore di raggiungere le 

zone dove esiste il rischio di caduta dall’alto. 

sistema di protezione individuale dalle cadute che permette al lavoratore di lavorare in 

tensione o in sospensione in maniera tale che sia prevenuta la caduta libera. 

sistema di protezione individuale dalle cadute, che permette al lavoratore di andare e 

tornare dal posto di lavoro in maniera tale che sia impedita o arrestata la caduta libera, 

utilizzando una fune di lavoro e una fune di sicurezza, collegate separatamente a punti di 

ancoraggio affidabili. 

sistema di protezione individuale dalle cadute che limita la forza d'urto sul corpo del 

lavoratore durante l'arresto caduta. 

sistema di protezione individuale dalle cadute con il quale una persona può salvare sé o altri, 

in maniera tale che sia prevenuta la caduta libera. 

Elemento: parte di un componente (per esempio, funi, cinghie, elementi di fissaggio e accessori). 

Componente: parte di un sistema fornito con imballaggio, marcatura e informazioni del fabbricante (per 

esempio, imbracature e cordini). 

Trattenuta: tecnica secondo la quale è impedito al lavoratore, che indossa un dispositivo di protezione 

individuale, di raggiungere le zone dove esiste il rischio di caduta dall’alto. 

Posizionamento 

sul lavoro: 

tecnica che permette al lavoratore, che indossa un dispositivo di protezione individuale, di 

lavorare in tensione o in sospensione in maniera tale che sia prevenuta la caduta libera. 




l il livello di competenza dei lavoratori; 

l la compatibilità fra i componenti 

del sistema di protezione e del 

sistema di ancoraggio; 

l la compatibilità ergonomica 

del sistema di protezione rispetto 

al lavoratore e, dunque, 

la scelta della corretta imbracatura 

e degli elementi del sistema 

di ancoraggio in grado di 

ridurre al minimo il disagio e lo 

stress per il corpo; 

l le informazioni fornite dal fabbricante 

e relative a tutti i componenti 

del sistema; 

l la necessità di agevolare le operazioni 

per un soccorso sicuro ed 

efficace che permettano, per 

esempio, di evitare i traumi da 

sospensione inerte. 

DISPOSITIVO 

DI PRESA DEL CORPO 

Il dispositivo di presa del corpo 

può appartenere alle seguenti tipologie: 

l cinture di posizionamento sul lavoro 

e di trattenuta “Belts for 

work positioning and restraint”; 

l cinture con cosciali “Sit harnesses”; 

l imbracature di salvataggio “Rescue 

harnesses” e cinghie di salvataggio 

“Rescue loops”; 

l imbracature per il corpo “Full 

body harnesses”. 

Le cinture di posizionamento sul 

lavoro e di trattenuta, le cinture 

con cosciali, le imbracature di salvataggio 

e le cinghie di salvataggio 

non sono destinate a essere utilizzate 

come dispositivi di presa del 

corpo nei sistemi di arresto caduta. 

Per assolvere questa funzione 

devono soddisfare i requisiti specifici 

per l’arresto caduta, come 

quelli descritti all’interno della 

UNI EN 361. 


Le cinture di posizionamento sul 

lavoro e di trattenuta sono quelle 

descritte nella UNI EN 358 la quale 

ha specificato i requisiti, le 

prove, la marcatura e le informazioni 

fornite dal fabbricante in riferimento 

a cinture destinate al 

posizionamento sul lavoro o alla 

trattenuta. 

Questo DPI è progettato sia per 

assicurare in sicurezza l’utilizzatore 

sul punto di lavoro (posizionamento 

sul lavoro), sia per impedire 

all’utilizzatore di raggiungere 

una posizione in cui 

possa verificarsi una caduta 

(trattenuta). 

Le cinture con cosciali sono quelle 

descritte nella UNI EN 813 che ha 

specificato i requisiti, le prove, la 

marcatura e le informazioni fornite 

dal fabbricante in riferimento 

alle imbragature destinate ai sistemi 

di trattenuta, di posizionamento 

sul lavoro e di accesso con fune, 

dove è richiesto un punto di attacco 

basso. 

Le imbracature di salvataggio sono 

quelle descritte nella UNI EN 

1497. Questa norma ha specificato 

i requisiti, i metodi di prova, la 

marcatura e le informazioni fornite 

dal fabbricante per le imbracature 

di salvataggio, le quali sono 

utilizzate come componenti di 

sistemi di salvataggio destinate a 

essere indossate durante normali 

attività di lavoro. 

Le cinghie di salvataggio sono 

quelle descritte nella UNI EN 1498 

che ha fornito i requisiti, i metodi 

di prova, la marcatura e le informazioni 

fornite dal fabbricante 

per le cinghie di salvataggio utilizzate 

come componenti di sistemi 

di salvataggio destinate a essere 

indossate durante normali 

attività di lavoro. 

Le imbracature per il corpo sono 

quelle descritte nella UNI EN 361 

che ha riportato i requisiti, i metodi 

di prova, la marcatura, le informazioni 

fornite dal fabbricante 

e l’imballaggio per le imbracature 

per il corpo destinate ai 

sistemi di arresto caduta. 

L’imbracatura per il corpo può incorporare 

altri tipi di supporto 

per il corpo quali quelli specificati 

nella UNI EN 358, nella UNI EN 

813 o nella UNI EN 1497. 

SISTEMA DI COLLEGAMENTO 

Il sistema collega il dispositivo di 

presa del corpo al punto di ancoraggio 

sicuro. 

Nella sua versione più semplice è 

costituito da un cordino e da due 

connettori e cambia a seconda del 

tipo di sistema considerato. Nell 

tabella 3 sono riportati i sistemi 

previsti nella UNI EN 363 anche se 

il fabbricante può adottarne degli 

altri. 

PUNTO DI ANCORAGGIO 

AFFIDABILE 

Il punto di ancoraggio affidabile 

non è definito in nessun testo legislativo 

o normativo. È posibile fare 

riferimento alla UNI EN 795: 

2002, «Protezione contro le cadute 

dall’alto – Dispositivi di ancoraggio. 

Requisiti e prove», attualmente 

in fase di revisione, dove il 

punto di ancoraggio è «l’elemento 

a cui il dispositivo di protezione 

individuale può essere applicato». 

Questo “elemento” deve essere affidabile, 

il che comporta che deve 

essere in grado di resistere alle sollecitazioni 

derivanti da una possibile 

caduta del lavoratore, sicuro 

per l’impiego previsto e soddisfare, 

quando applicabili, i requisiti 

previsti nelle direttive o nei documenti 

loro correlati. l 




Tabella3 

•Tipologie di sistemi di collegamento 

Sistema di trattenuta Nel sistema di trattenuta il sistema di collegamento è costituito da un cordino e da due 

connettori (UNI EN 362); il cordino è di posizionamento sul lavoro (UNI EN 358). 

Sistema di posizionamento 

sul lavoro 

Nel sistema di posizionamento sul lavoro su palo il sistema di collegamento è costituito da 

un cordino e da due connettori (UNI EN 362); il cordino è di posizionamento sul lavoro 

(UNI EN 358). 

Sistema di accesso su fune Nel sistema di accesso su fune il sistema di collegamento è costituito da un dispositivo di 

regolazione della linea di sicurezza (UNI EN 12841), un risalitore della linea di lavoro (UNI EN 

12841), un discensore della linea di lavoro (UNI EN 12841), una fune di lavoro (UNI EN 

1891) e una fune di sicurezza (UNI EN 1891). 

Sistema di arresto caduta Nel sistema di arresto caduta generale il sistema di collegamento è costituito da un 

cordino (UNI EN 354), due connettori (UNI EN 362) e un assorbitore (UNI EN 355). 

Nel sistema di arresto caduta su linea di ancoraggio orizzontale il sistema di collegamento 

è costituito da un cordino (UNI EN 354), due connettori (UNI EN 362), un assorbitore (UNI 

EN 355), un punto di ancoraggio mobile (UNI EN 795) e una linea di ancoraggio 

orizzontale (UNI EN 795). 

Nel sistema di arresto caduta che include un dispositivo di arresto caduta di tipo retrattile il 

sistemadicollegamentoècostituitodauncordinoretrattile(UNIEN354UNIEN360),due 

connettori (UNI EN 362) e un dispositivo di arresto caduta di tipo retrattile (UNI EN 360). 

Nel sistema di arresto caduta su linea di ancoraggio rigida verticale il sistema di 

collegamento è costituito da un cordino (UNI EN 354), due connettori (UNI EN 362), un 

assorbitore (UNI EN 355), un dispositivo di arresto caduta di tipo guidato (UNI EN 3531) e 

una linea di ancoraggio rigida verticale (UNI EN 3531). 

Nel sistema di arresto caduta su linea di ancoraggio flessibile verticale il sistema di 

collegamento è costituito da un cordino (UNI EN 354), due connettori (UNI EN 362), un 

assorbitore (UNI EN 355), un dispositivo di arresto caduta di tipo guidato (UNI EN 3532) 

e una linea di ancoraggio rigida verticale (UNI EN 3532). 

Sistema di salvataggio Nel sistema di salvataggio il sistema di collegamento è costituito da un dispositivo di 

sollevamento per salvataggio (UNI EN 1496), due connettori (UNI EN 362) e una fune di 

salvataggio (UNI EN 1891). 

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NORMATIVA E TECNICA ANTINCENDIO 

NORME DI PREVENZIONE 

INCENDI 

L. Corbo 

Pagg. 1.248 – € 115,00 



GRANDIRISCHI 

Domandeerisposte 

Quesiti sull’antincendio 

l acuradiMarioAbate,Direttorevicedirigente,ComandoProvincialeVVFMilano 

Sistemi di collegamento tra attività ricettive 

DOMANDA 

Ilproprietariodiunalbergoesistente(quindi,realizzatoindataanterioreall’entratainvigoredel D.M.9aprile 

1994)halanecessitàdiavereunchiarimentoinmeritoalsistemadicollegamentotralacucina,alimentataagas 

conpotenzialitàdi126kW,elasaladapranzo;avendoeffettuatodeilavoridiadeguamentolastrutturadella 

cucinaèstataresaREI120edèstatainstallataun’unicaportaREI120nellazonadidisimpegno,realizzatoper 

ragionidiintrospezione,tralacucinaelasaladapranzo. 

Invece,nelcasodellacomunicazionetralacucinaelahallèstatorealizzatoundisimpegnononaeratochiuso 

condueporteREI60,conloscopodirispettarequantoprevistonelD.M.12aprile1996,alpunto4.4.2,ilquale 

haprevistochelacomunicazionetralacucinaelasaladapranzodeveavveniretramiteporteREI60mentretra 

la cucina e la hall deve avvenire tramite disimpegno anche non aerato e, in riferimento al punto 4.2.5.b, con 

porteREI60. 

LacucinacomunicaancheamezzodiunaportaREI120conunazonadidisimpegnosullaqualesiaffaccianouna 

dispensadipertinenzaeunlocalenelqualeèubicatoilsistemadipompaggioacquacalda,freddaealimentazionenaspo;ildisimpegnoconsideratoèmunitodiUSesternaelacaldaiaagasèinunaltroambienteREI120 

conuscitaesternaeaerazionepropria. 

Èsufficientequantorealizzatooènecessariopredisporreulterioriprotezioni? 

RISPOSTA 

Ilpunto5.2,D.M.9aprile1994,«Approvazionedellaregolatecnicadiprevenzioneincendiper 

la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive 

turisticoalberghiere», ha prescritto che «Salvo 

quanto disposto nelle specifiche regole tecniche, 

leattivitàricettive:c)possonocomunicaretramite 

filtri a prova di fumo o spazi scoperti con le 

attivitàsoggetteaicontrollidiprevenzioneincendi 

ad essi pertinenti, elencate al punto 5.1; d) 

devonoessereseparatedalleattivitàindicatealle 

letterea)ec)delpresentepunto,mediantestrutturedicaratteristichealmenoREI90». 

Nel punto 5.1 è riportata, tra le altre, l’attività 

91,D.M.16febbraio1982,cioègliimpiantidi 

produzione di calore di potenzialità superiore 

a 116 kW e, quindi, anche l’impianto della 

cucina. 

Serbatoi rimovibili di gasolio 

DOMANDA 

Sembrerebbe, quindi, che la comunicazione 

tra la cucina e la hall debba essere realizzata 

tramitefiltroaprovadifumo. 

Invece, poiché il punto 5.2, D.M. 9 aprile 

1994, ha fatto chiaramente salvo quanto disposto 

nelle specifiche regole tecniche di prevenzioneincendi,lacomunicazionefral’attività 

alberghiera con il pertinente locale cucina 

può essere anche realizzata con le modalità 

previste dal punto 4.4, D.M. 12 aprile 1996, 

secondoilquale«È consentita la comunicazione 

con altri locali, pertinenti l’attività servita 

dall’impianto,tramitedisimpegnoanchenonaerato,coneccezionedeilocalidestinatiapubblico 

spettacolo, con i quali la comunicazione può 

avvenire esclusivamente tramite disimpegno 

avente le caratteristiche indicate al punto 4.2.5, 

b),indipendentementedallaportatatermica». 

Percuièsufficientequantorealizzato. 

Nell’ambitodeicantieriediliqualiquellidicostruzionedistrade,diferrovieediquantodisimile,ènecessario 

ilcontrollodiprevenzioneincendideiserbatoirimovibilidigasolioinferioriainovem 3 dapartedeiVVF. 


GRANDIRISCHI 


Indiversicantierisonostateutilizzatecisterneomologatedotatedivascadicontenimento,tettoiaescarico 

terra nonché di due estintori a polvere per ogni serbatoio tutte inferiori ai 9.000 l. Secondo quanto 

comunicato dalla ditta fornitrice, leader in campo nazionale, non dovrebbero essere predisposte ulteriori 

pratichequaliquellerichiestedaldecretoministeriale12settembre2003. 

Negli ultimi anni le ASL e l’Ispettorato del Lavoro hanno effettuato numerosi controlli e hanno sempre 

richiesto unicamente il certificato di omologazione dei serbatoi. Nell’ultimo periodo, però, l’Agenzia delle 

doganehafattopresentel’inesattezzadelleprassiadottate.Qualisonoicorrettiadempimentidaosservare? 

RISPOSTA 

L’installazioneel’utilizzodicontenitoridistributorimobiliausoprivatoperliquididicategoriaC(gasolio)èconsentita,aisensidelD.M. 

19marzo1990,«Normeperilrifornimentodi 

carburanti, a mezzo di contenitoridistributori 

mobili,permacchineinusopressoaziendeagricole, 

cave e cantieri», esclusivamente per il 

rifornimento di macchine e di automezzi all’internodiaziendeagricole,dicaveperestrazione 

di materiali e di cantieri stradali, ferroviariededilieacondizionecheilcontenitore 

sia di tipo approvato dal Ministero dell’Interno 

(ai sensi di quanto previsto dal Titolo I, 

puntoXVII,decretodelMinistrodell’Interno 

31luglio1934)esiadicapacitànonsuperiorea9m 

3 . 

Inquestafattispecie,questicontenitoridistributorimobilinonsonosoggettiaicontrollidi 

prevenzioneincendidapartedeicomandidei 

VigilidelFuocoelenormetecnichecontenute 

nel D.M. 19 marzo 1990 devono essere 

osservate sotto la responsabilità del titolare 

delleattività. 

Il D.M. 12 settembre 2003, «Approvazione 

della regola tecnica di prevenzione incendi per 

l’installazioneel’eserciziodidepositidigasolio 

per autotrazione ad uso privato, di capacità 

geometricanonsuperiorea9m 3 ,incontenitoridistributoririmovibiliperilrifornimentodiautomezzi 

destinati all’attività di autotrasporto», 

ha disciplinato, invece, la materia relativa al 

rifornimento con gasolio per autotrazione, a 

mezzo contenitoridistributori rimovibili, degli 

automezzi destinati all’attività di autotrasporto 

conto terzi e, quindi, non riguarda il 

rifornimento dei mezzi impiegati sui cantieri 

edilie/ostradali. 

Aumento di capienza di un locale di pubblico spettacolo 

DOCUMENTO 

Unlocaledipubblicospettacolohaunasuperficiedicirca450m 2 .Illocaleeraprecedentementeautorizzato 

dalla Commissione di vigilanza (nell’anno 1990), per una capienza di 300 presenze, e ora è richiesta la 

realizzazionediunimportanteaumentodellacapienza,passandoa500presenzecomplessive,utilizzandoil 

coefficientediaffollamento1,2persone/m 2 . 

Il locale non effettua, nell’occasione, manutenzione straordinaria o particolari rifacimenti. L’aumento di 

capienzaavverrebbesenzarealizzareoperemurariesostanzialie/oampliamenti,masemplicementeaprendoulterioridueportediuscitadiemergenzaversolastradaconlaqualeillocalecomunicadirettamente. 

L’aumento ipotizzato implica, dal punto di vista antincendio, la completa revisione del locale ai sensi della 

vigentenormativa(ilD.M.19agosto1996)oppure,nonessendociinpraticamodifichestrutturalisostanziali 

oampliamentipuòesserepossibileriferirsiallaprevigentenormativa(circolaren.16/1951)? 

RISPOSTA 

L’applicazione di una norma è consentita, evidentemente, 

con riferimento al campo di applicazionedellanormastessa. 

Infatti, secondo il D.M. 19 agosto 1996, art. 1, 

comma3,«Ledisposizionidelpresentedecretosi 

applicano ai locali di nuova realizzazione ed a 

quelli esistenti alla data di entrata in vigore dello 

stesso,giàadibitiadattivitàdicuialcomma1,nel 



GRANDIRISCHI 


casosianooggettodiinterventicomportantilaloro 

completaristrutturazionee/oilcambiodidestinazione 

d’uso, con esclusione degli interventi di manutenzione 

ordinaria, di cui all’art. 31 lettera a) 

della legge 5 agosto 1978, n. 457.Nelcasoche 

gliinterventi,effettuatisulocaliesistenti,comportino 

la sostituzione o modifica di impianti e/o 

attrezzature di protezione attiva antincendio, la 

modificaparzialedellecaratteristichecostruttive 

e/odelsistemadiviediuscita,e/oampliamenti,ledisposizionidelpresentedecretosiapplicanosolamenteagliimpiantie/oallepartidellacostruzioneoggettodegliinterventidimodifica.Inognicasogliinterventidimodificaeffettuatisulocaliesistenti,chenoncomportinounlorocambiodidestinazione,nonpossonodiminuirelecondizionidisicurezzapreesistenti». 

Quindi, ilD.M. 19 agosto1996 siapplicaletteralmentesoloallepartidellocalechesono,nella 

nuova configurazione, oggetto di modifica/ampliamentoenonatuttol’insiemedellostesso. 

In merito al quesito posto, può essere utile 

riferirsi,peranalogia,aicriteriesplicitatiperle 

attivitàricettiveinmeritoagliampliamentidegli 

alberghi preesistenti all’entrata in vigore 

dellanormaattualmentevigenteperglistessi, 

ilD.M.9aprile1994. 

QuestoprovvedimentosicomponediunaParte 

I, relativa alle attività ricettive di nuova costruzione,realizzate,quindi,dopoil1994,ediunaParteII,applicabilealleattivitàgiàesistenti 

come alberghi alla data di entrata in vigore 

deldecretostesso,il1994. 

Dunque, il D.M. 9 aprile 1994, all’art. 2, 

«Campo di applicazione», ha stabilito che «Le 

presenti disposizioni si applicano agli edifici ed 

ai locali di cui al precedente punto, esistenti e di 

nuovacostruzione. 

Agliedificielocaliesistenti,giàadibitiadattività 

di cui al punto 1, si applicano le disposizioni 

previsteperlenuovecostruzioninelcasodirifacimentodioltreil50%deisolai. 

Le disposizioni previste per le nuove costruzioni 

si applicano agli eventuali aumenti di volume e 

soloaquelli. 

Nelle attività ricettive esistenti, oggetto di ampliamentichecomportanounaumentodellacapacità 

ricettiva,qualorailsistemadiviediesodoesistente 

siacompatibileconl’incrementodiaffollamentoe 

conilnuovoassettoplanovolumetricodell’attività, 

puòessereapplicatoilTitoloIIParteII». 

Quindi, è possibile notare che anche per gli 

alberghi, seguendo un criterio generalmente 

adottatonellenormativeantincendio,ledisposizioni 

previste per le nuove costruzioni si ap 

plicano, in caso di ampliamenti, solo agli aumentidivolume. 

NelD.M.9aprile1994,però,conriferimento 

agli alberghi preesistenti all’entrata in vigore 

della norma, è specificato anche un ulteriore 

concetto. Infatti, per gli alberghi, gli ampliamentichedeterminanounaumentodicapienza, 

purché questa sia compatibile con il sistema 

di vie di esodo, non comportano necessariamente 

la revisione dell’attività in 

conformitàallenuovenorme,madiversamenteèpossibilefareriferimentoallenormeprevigenti 

(quindi, le disposizioni per gli alberghi 

preesistenti alla data di entrata in vigore del 

D.M.9aprile1994,riportatenellostessoprovvedimentoalTitoloIIParteII). 

Tra l’altro, la possibilità di applicare le norme 

vigentiperleattivitàricettiveesistentialladata 

del1994èconcessa,nonsoloperunsemplice 

aumento di capienza, ma addirittura per un 

«nuovo assetto planovolumetrico dell’attività», 

allasolacondizionechel’esodosiaverificatoe 

assicurato. 

Apparedeltuttoevidentecheuncriteriogeneraledisicurezzacomequelloespressoperleattivitàricettivenonpuòesserevalidoesclusivamenteperleattivitàricettivestesse,madevelogicamenteessereestensibileaqualsiasiattività.Quindi,ritornandoailocalidipubblicospettacolo, 

un aumento di capienza come quello 

ipotizzatonelquesitoposto,chenonmodifica 

lostatodeiluoghisenonperl’aperturadidue 

ulteriori porte di uscita verso la strada, non 

comporta automaticamente l’applicazione del 

vigente D.M. 19 agosto 1996, al posto della 

previgente circolare n. 16/1951, se l’affollamento 

è compatibile con il sistema di vie di 

esodonellasuanuovaconfigurazione,nelcaso 

specifico, caratterizzata dalla realizzazione di 

dueulterioriuscitediemergenza. 

D’altronde, se è vero che le uniche modifiche 

consistono nell’apertura di due porte, l’applicazionedelD.M.19agosto1996dovrebbeesserearigorelimitataallecaratteristicherichiestedallanormaperledueportestesse,checostituiscono 

l’unica modifica “strutturale”. In definitiva, 

larghezzaealtezzaidoneedelleporte,apertura 

nel verso dell’esodo con barre di comando, segnalazioneeilluminazionediemergenza. 

Perl’attivitàconsiderata,comunque,dovrebbe 

essere già stato effettuato l’adeguamento previstodalTitoloXIX,D.M.19agosto1996,per 

impianti elettrici, impianti tecnologici, sistema 

diallarmeeimpiantidirivelazioneedisegnalazioneautomaticadegliincendi. 

l 


1986 

Tutti respirano la 

stessa aria. La nostra. 

Da oltre cento anni, ovunque la respirazione umana sia resa difficile, ostacolata o in 

pericolo, Dräger interviene con i propri dispositivi di protezione individuale e di rilevazione 

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Articolo 

l Terre e rocce da scavo e acque di falda emunte ancora tra le criticità più avvertite 


BONIFICHE 

Dall’Osservatorio al Forum 

nuovi spunti di riflessione 

per gli operatori di settore 

Sulle bonifiche, negli ultimi tempi in Italia stanno emergendo segnali sempre più 

positivi sia sul piano operativo sia su quello amministrativo; basti penare alla 

crescente disponibilità della pubblica amministrazione ad accettare 

l’applicazione tecnologie innovative, anche se spesso solo come misura di supporto, 

ad esempio nel caso di un sistema di messa in sicurezza della falda contaminata. 

Tuttavia, a fronte di queste considerazioni, resta incontrovertibile il fatto che nel 

settore delle bonifiche di siti inquinati l’utilizzo di tecnologie e processi di risanamento 

innovativi è spesso ostacolato da procedure e previsioni normative che non riescono a 

seguire l’evoluzione tecnologica. Proprio la difficoltà di introdurre innovazioni verdi nel 

mercato delle bonifiche è una delle criticità che sono emerse da un’indagine compiuta 

recentemente e i cui risultati saranno presentati giovedì 4 novembre presso il Forum 

delle Bonifiche, giornata gratuita interamente organizzata dal Gruppo 24 ORE presso 

la Fiera Ecomondo di Rimini, durante la quale prenderà ufficialmente il via 

l’Osservatorio delle Bonifiche, iniziativa finalizzata ad aprire un tavolo di confronto 

permanente tra operatori e istituzioni. 

l diGiovanniSquitieri,amministratoredelegatoSiap 

InItalia,quandosicitalagreeneconomy,quasi 

mai si fa riferimento alle bonifiche, al limite 

indirettamente,pursapendocheleareeboni 

ficate possono essere un’occasione straordinaria 

per lo sviluppo di nuovi insediamenti 

produttivi“verdi”.Vienedachiedersi,quindi, 


se sia corretta questa “rimozione”. Guardandoallarealtàconcretaitaliananonc’èdubbio 

che la risposta sia affermativa, come dimostrano 

i rari casi di innovazione ambientale 

(ancordipiùallalucedell’attualecrisieconomicachehacolpitoduramenteanchequesto 

settore). 

Ma allargando la prospettiva a quanto sta 

avvenendoalivellomondiale,cisirendefacilmentecontodicomel’Italiastiarischiandodi 

perdere una grande opportunità. Con oltre il 

3% del territorio da bonificare, l’assenza di 

strategie nazionali orientate a introdurre tecniche 

e tecnologie ambientalmente avanzate 

rappresentaunaevidentecontraddizione. 

Eppure, basterebbe sfogliare le migliaia di 

paginecheilsitodell’OSWER [1] dedicaaquestaproblematica,percapireilritardochel’Italiastaaccumulando.Nonsitrattadiintrodurrecriterifinorasconosciuti;ilrisparmioenergeticoel’usodifontidienergiarinnovabile,lariduzionedell’inquinamento 

dell’aria e dei gas serra, la tutela delle 

risorse idriche, la riduzione, riuso, riciclo dei 

rifiuti e la protezione dell’ecosistema sono, 

infatti,cinqueindicatoriche,nonsolodovrebbero 

ormai essere alla base di ogni seria progettazione, 

ma che rappresentano anche un 

primosignificativoapproccioversounagreen 

economy;cosìcom’èormaicondivisoalivello 

internazionalechecriteriperunagreenremediation 

possono essere introdotti in tutte le 

fasideiprocessidibonifica,dallacaratterizzazione 

ai sistemi di bonifica veri e propri, dal 

monitoraggio dei processi di trattamento alla 

sistemazionedefinitivadelsito. 

L’Italia non parte da zero e il numero delle 

aziende del settore potenzialmente in grado 

di sviluppare ricerca e innovazione sta crescendodiannoinanno,nonostantelacrisi. 

Del resto, mai come in questo settore l’innovazioneambientalepiùcheper 

veriepropri 

saltitecnologicipassaperl’affinamentoditecniche 

già esistenti o, molto più spesso, per 

l’applicazione di più tecnologie in serie (i cosiddetti 

“treni tecnologici”) combinando diversi 

processi per diversi inquinanti e su matriciambientalichepossonoesseresiasingole 

(terreni o acque) sia combinate (terreni ed 

acquesotterraneecontemporaneamente). 


Articolo 

Non a caso le tecnologie “innovative” a più 

elevatolivellodiapplicazionesonoconsiderate 

le barriere permeabili reattive (che opportunamente 

inserite in un processo integrato 

suolo/acquapermettonoseriepressochéinfinitediapplicazioni)oppureletecnichebiologiche 

o fisicobiologiche insitu (bioflushing, 

phytoremediation)o,ingenere,onsite(ovvero 

con escavo, movimentazione e riutilizzo dei 

materialilimitatoalsitostesso,senzatrasferimento 

di materiale all’esterno). E, in effetti, 

negli ultimi quindici anni, alcune di queste 

tecnologie sono passate dalla fase “innovativa” 

a quella “consolidata”, anche grazie ad 

alcunegrandiazionidibonificaavviate,come 

quelladiPortoMarghera. 

L’OsservatoriodelleBonifiche 

Negliultimitempi,inItaliastannoemergendo 

segnali sempre più positivi sia sul piano operativo(comelamessainsicurezzapermanente 

della discarica di ManfredoniaPariti 1 dove,perminimizzarel’impattoambientaledell’impermeabilizzazione 

del fondo e al tempo 

stesso rispettare i tempi ristretti richiesti dall’Unioneeuropea,èstatautilizzataunatecnologiagiàsperimentataperlacostruzionedellegalleriedellelineemetropolitane,denominata 

MPSP multi packers sleeved pipes) sia su 

quello amministrativo; basti penare alla crescente 

disponibilità della pubblica amministrazioneadaccettarel’applicazionedelletecnologieinnovativesopracitate,anchesespesso 

solo come misura di supporto, come nel 

casodiunsistemadimessainsicurezzadella 

faldacontaminata. 

Tuttavia,afrontediquesteconsiderazioni,resta 

incontrovertibile il fatto che nel settore 

dellebonifichedisitiinquinatil’utilizzoditecnologie 

e processi di risanamento innovativi 

(intendendoconquestoterminetuttequellela 

cui applicazione è ancora limitata e i risultati 

reali di applicazione non sono ancora ampiamente 

confrontabili) è spesso ostacolato da 

procedureeprevisioninormativechenonriesconoaseguirel’evoluzionetecnologica. 

Proprioladifficoltàdiintrodurreinnovazioni 

verdi nel mercato delle bonifiche è una delle 

1) OfficeofSolidWasteandEmergencyResponsedell’EPA(l’Agenziaamericanaperlaprotezionedell’ambiente). 


Box1 



Articolo 

lILFORUMDELLEBONIFICHE 

Per quanto riguarda gli appalti pubblici, un contributo utile viene anche dalla relazione annuale al Parlamento 

dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, anche se questi dati appaiono ancora 

troppodisaggregati,perchéspessolabonificanonèl’obiettivool’attivitàprevalente,mastrumentale.Sitrattadiuna 

lacunaacuiilMinisteroperl’Ambientestatentandodiporrerimedio,anchegrazieaglisforzicompiutiinquestiultimi 

annidavarisoggetti,comel’edizione2010del“RapportoBonifiche”diFederambiente,chesaràpresentato,atreanni 

dallaprecedenteedizione,inoccasionedellaterzaedizionediReclaimexpo,saloneinternazionalesullabonificadeisiti 

contaminati, organizzato nell’ambito di Ecomondo 2010 (36 novembre; Rimini Fiera), di cui Ambiente&Sicurezza è 

mediapartneresclusivo.Nonacaso,nell’ambitodellastessamanifestazione,giovedì4novembresiterràilForumdelle 

Bonifiche,giornatagratuitainteramenteorganizzatadalGruppo24ORE,cheprevededuesessioni: 

l al mattino presentazione dell’Osservatorio delle Bonifiche e riflessioni e confronto tra istituzioni e operatori sulle 

esigenzeemersedalsurvey; 

l al pomeriggio analisi del mercato delle bonifiche con giuristi, committenti, progettisti ed esecutori di bonifiche e 

operatorideisettoriassicurativoedegliappalti. 

Perinfoeiscrizioni:www.formazione.ilsole24ore.com/forumbonificheosivedaapagina3. 

criticitàchesonoemersedalsurveycompiuto 

recentementeattraversol’inviodiunquestionarioaqualchecentinaiadiaziendeedisoggetti 

impegnati nei diversi ambiti del settore 

(dalla committenza alla progettazione, dalla 

realizzazioneallaricerca,ecc.) [2] . 

Irisultatidel survey(elaboratidaSviluppo 

Italia Aree Produttive) saranno presentatiadEcomondo2010,pressoRimini 

Fiera, il prossimo 4 novembre (si veda il 

box“IlForumdelleBonifiche”). 

Sulla base dei dati che emergeranno, saranno 

inoltre individuate 45 “criticità” su cui 

nel 2011 si svilupperà un approfondimento 

e un confronto con le istituzioni nazionali, 

regionali e locali. Gli incontri e le relative 

proposte saranno curati dal costituendo 

“Osservatorio Bonifiche”, iniziativa finalizzataadaprireuntavolodiconfrontopermanente 

tra operatori e istituzioni, “nata” nell’ambito 

di Ecomondo e promossa da Ambiente&Sicurezza 

e dalla Fondazione per lo 

Sviluppo Sostenibile; anche l’Osservatorio 

Bonifiche sarà presentato nel corso del Forumdel4novembre. 

Obiettivo dell’Osservatorio sarà quello di 

fornire spunti di riflessioni alle istituzioni 

competenti attraverso un confronto che riunisca 

intorno allo stesso tavolo ambiti non 

sempre comunicanti tra loro, dal settore industriale 

a quello dell’edilizia, dal mondo 

delle assicurazioni e dell’assistenza legale a 

quello delle associazioni ambientaliste, dal 

mondodelcreditoalleimpreseoperantinelleinfrastrutture. 

Quello che, infatti, è mancato in questi anni 

nonsonotantoleproposte“specifiche”,sucui 

sisonoespressitantiequalificatisoggetti,ma 

una visione unitaria in grado di fornire alle 

istituzionispuntiperunaefficacesintesi,normativa 

in primo luogo. Obiettivo forse ancor 

più necessario dopo la mancata attivazione 

della“delegaambientale”perlaparteIV,titoloVdelCodiceambientale. 

Ledomandedell’indagine 

Del resto le diciassette “criticità” indicate nel 

questionario inviato non sono altro che una 

selezione dei punti su cui si è maggiormente 

concentrata la riflessione degli operatori, tra 

cuilenecessitàdi: 

l armonizzarelenormeinmateriadibonifica 

dei siti contaminati con le norme sul 

dannoambientale; 

2) Inparticolare,ladistribuzioneelaraccoltadeiquestionarièavvenutagrazieallacollaborazionedialcuneassociazionidi 

categoriadiConfindustria(Federchimica,UnionePetrolifera,Assoreca,Assoambiente,Anida,Ance),diFederambientee 

diespertidelsettoreassicurativoelegale(comeChartisEuropeeB&PAssociati):soggettidiversichehannounitoglisforzi 

perrealizzareun’analisichetenessecontodellediverseprospettiveesensibilità. 


l rendere uniforme su tutto il territorio nazionalelecompetenzedeiprocedimentidi 

bonifica, garantendo anche il tempestivo 

coordinamento tra direttive nazionali e 

amministrazionilocali; 

l definire, sin dall’inizio, obiettivi e un percorso 

progettualeoperativo condivisi tra 

tutti i soggetti coinvolti nell’azione di risanamento 

di un sito all’ipotesi di riconsiderarel’estensionedegliattualisitidiinteresse 

nazionale e di “riconsegnare” parti di 

essiallacompetenzadelleregioni; 

l rilanciare l’ipotesi delineata dall’art. 

252bis, D.Lgs. n. 152/2006, introdotto 

dalD.Lgsn.4/2008sullareindustrializzazionedeisitiindustrialicontaminati; 

l garantirerisorseadeguate; 

l completare le previsioni normative per alcuni 

specifici, ma altrettanto “sensibili”, 

punti (dalle modalità con cui la VIA intervienenelleproceduredibonificaalrapportotralamessainsicurezzadiemergenzae 

le operazioni di bonifica, dai limiti per le 

areeagricoleallastessaanalisidirischiooal 

raccordo tra Codice ambientale e Codice 

degli appalti, al chiarimento sulla natura e 

limiti allo scarico per le acque emunte, 

ecc.). 

Iprimirisultati 

Dallarispostegiunteemergonomolteindicazioni 

interessanti. Innanzitutto, l’urgenza che 

le imprese (soprattutto quelle impegnate sul 

campo)hannodiaffrontareerisolverealcune 

criticità operative, ritenute in alcuni casi più 

urgenti di quelle strategiche. Basti pensare 

alla disciplina delle terre e rocce da scavo, 

chenonostantelemolteplicierecentiintegrazioni 

che introducono alcuni elementi innovativi(dalD.Lgs.n.4/2008,invigoredal13 

febbraio 2008, recante ulteriori disposizioni 

correttive e integrative del D.Lgs. n. 152/ 

2006, a cui è seguita l’ulteriore modifica apportata 

dall’articolo 8ter del decreto legge 

30 dicembre 2008, n. 208, convertito con 

modifiche nella legge 27 febbraio 2009, n. 

13 «Misure straordinarie in materia di risorse 

idriche e di protezione dell’ambiente») «lascia 

irrisoltealcuneproblematiche,consentendoancora 

ampi margini di interpretazione», secondoquantoindicatonell’introduzionedellerecentilineeguidadellaRegionePiemonte. 

Altro tema su cui alta è la sensibilità delle 


Articolo 

impreseedeidiversisoggetticoinvoltièquello 

relativo al trattamento delle acque di 

faldaemuntenell’ambitodiuninterventodi 

bonifica di un sito contaminato. Si tratta, in 

questo caso, di stabilire natura e limiti allo 

scaricoperleacqueemunte,chepotrebbero 

essereequiparatealleacquereflueindustriali 

oppure essere considerate veri e propri 

rifiuti, con conseguente applicazione di due 

regimi giuridici completamente differenti. 

Per operare questa distinzione, finora non è 

stato sufficiente indicare la destinazione di 

tali acque, se cioè siano destinate a essere 

reimmesse in falda o convogliate nei corpi 

idricisuperficiali. 

Suquestamateria,peraltro,lagiurisprudenza 

è intervenuta più volte (tra gli altri i TAR di 

Puglia,Sicilia,FriuliVeneziaGiulia,Sardegna, 

ecc.),malesentenzesonostatespessotraloro 

contraddittorie.Ovviamente,questaincertezzahaspessospintoleamministrazionipubbliche 

coinvolte a mantenere un atteggiamento 

molto prudenziale, richiedendo l’applicazionedellenormepiùrestrittive. 

Altro tema su cui è alta la sensibilità degli 

operatori riguarda la Conferenza dei servizi,nonsolorelativamenteallasuanatura(decisoria 

o istruttoria), ma anche all’effettivo 

coinvolgimento di tutti soggetti interessati in 

tuttelefaseproceduralieallarilevanzagiuridica 

di quanto da loro espresso. Questa esigenzaha,peraltro,unduplicerisvolto,normativo 

in primo luogo (tenuto conto delle integrazioni 

già operate dal D.Lgs. n. 152/2006 

rispetto alla norma generale, legge n. 241/ 

1990),maancheorganizzativo,allalucedelle 

limitate risorse a disposizione delle amministrazionipubbliche.Sitrattaditematicheestremamentecomplesse 

che pongono anche il problema, chiaramente 

emerso dai primi risultati del questionario, 

delle competenze istituzionali e della 

collaborazionetraidiversiMinisterietraquestieleistituzionilocali. 

Perché,seèindubitabile,peresempio,chela 

competenza primaria per le bonifiche dei siti 

diinteressenazionaleèenonpuònonessere 

che del Ministero dell’Ambiente (i cui sforzi, 

pur tra mille difficoltà, vanno comunque apprezzati),èaltrettantoindubitabilecheledifficoltà 

di “dialogo” su queste tematiche con 

altri Ministeri rendono a volte difficile avere 

un’ideadiinsiemenonsolodeisingoliproget 




Articolo 

ti,maanchedelquadrogeneraleedelleobiettivepriorità. 

Basti pensare all’esperienza del “Programma 

straordinario nazionale per il recupero economicoproduttivo 

di siti industriali inquinati”, 

creato in attuazione dell’art. 252bis del 

D.Lgs. n. 152/2006, che ha dovuto subire i 

progressivitaglidirisorseresinecessaridalla 

crisi economica, ma che nella sua fase istruttoria 

iniziale ha senza dubbio scontato una 

difficoltàdi“comprensione”traMinisterodell’AmbienteeMinisterodelloSviluppoeconomico; 

discorso analogo si può fare probabilmenteperaltridicasteri. 

Sempre dal survey emerge anche l’esigenza 

di una maggiore collaborazione tra questeistituzioniedisoggettiprivaticoinvolti. 

Anche in questo caso, si tratta di un’esigenza 

più volte richiamata dagli operatori 

del settore, come dimostra l’ultimo documento 

prodotto da Confindustria, realizzato 

dopo un’accurata consultazione con le impreseinteressate.Daquestopuntodivista,sarebbesicuramenteinteressantepoteravviareunavalutazionediquantoèconcretamenteaccadutoinseguito 

all’approvazione della legge n. 13/2009 

che,nell’ambitodeglistrumentidiattuazione 

di interventi di bonifica e messa in sicurezza 

dei siti di interesse nazionale (SIN), prevede 

cheilMinisterodell’Ambientepossastipulare 

con una o più imprese, pubbliche o private, 

una“transazioneglobale”perglioneridibonifica,ripristinoerisarcimentodeldannoambientale. 

Significative anche le conclusioni a 

cui è giunta una recente e corposa ricerca 

condotta dall’Audis (associazione aree urbanedismesse).Probabilmenteèanchelamancanza 

di visione di insieme che ha reso permeabile 

questo settore all’illegalità, come dimostrano 

casi eclatanti di realizzazione di 

intere aree residenziali, pur non essendo ancora 

terminata la bonifica dell’area exindustrialesucuisorgono. 

Peraltro, l’illegalità in questo settore è un fenomeno 

in crescita e non solo in Italia, come 

haevidenziatounrecenterapportodell’Europol, 

l’Agenzia anticrimine dell’Unione Europea. 

In Italia, come ha rilevato Legambiente 

nelRapporto“Ecomafie2010”,nonostantela 

crisi, il business illegale dei rifiuti (bonifiche 

comprese) continua, infatti, ad accrescere il 

suofatturato,che,senel2007ammontavaa 

circa quattro miliardi e mezzo, nel 2009 ha 

superatoisettemiliardi. 

Numericherimandanoaunproblemaessenziale,ovverol’insufficienzadidatiufficialiattendibiliecondivisichepermettanounareale 

conoscenza dei fenomeni in corso, premessa 

necessariaperimpostarestrategieefficaci,anche 

alla luce dell’obiettiva limitatezza delle 

risorsefinanziariedisponibili [3] . l 

3) In questo senso, da alcuni anni il Prontuario delle Bonifiche, opera a cadenza annuale allegata a questo numero di 

Ambiente&Sicurezza,statentandodirealizzareunprimoapprofonditotentativodisintesi,analizzandoidatidell’Albo 

GestoriAmbientali. 

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Articolo 

l Qualificazione SOA necessaria per eseguire opere di protezione ambientale 

Bonifica dei siti contaminati: 

contratto di appalto stipulato 

con le imprese iscritte all’Albo 

Irequisiti “minimi” necessari per l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali per lo 

svolgimento delle operazioni di bonifica dei siti, obbligatorio secondo il D.Lgs. n. 152/2006 e 

succ. modd. e int., sono illustrati nella delibera del 12 dicembre 2001, n. 5. La legge n. 

109/1994, ha previsto che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici, di importo 

superiore a 150.000 euro, siano qualificati. Il conseguimento della qualificazione da parte 

dell’impresa è il requisito necessario che l’abilita a partecipare alle gare per l’affidamento e 

l’esecuzione di lavori pubblici. 

L’attestazione SOA, dunque, costituisce requisito indispensabile e sufficiente per la partecipazione 

agli appalti di lavori pubblici; l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, invece, è da considerarsi 

requisito di esecuzione e, quindi, è un presupposto legittimante alla stipulazione del contratto. 

l diEugenioOnori,presidenteAlbonazionalegestoriambientali 

L’iscrizioneall’Albonazionale 

gestoriambientali 

L’obbligo d’iscrizione all’Albo per lo svolgimento 

delle operazioni di bonifica dei siti è 

stato previsto dall’articolo 30, D.Lgs. n. 22/ 

1997, e confermato dall’articolo 212, D.Lgs. 

n. 152/2006 e succ. modd. e int. Questa 

iscrizionehavalorediabilitazione. 

Ilregolamento,recanteladisciplinadell’Albo 

(D.M.28aprile1998,n.406),invigorefino 

allaemanazionedeldecretoprevistodall’articolo212,comma10,D.Lgs.n.152/2006,ha 

inquadrato l’attività di bonifica dei siti nella 

categoriadiiscrizione9,laqualeasuavoltaè 

suddivisa nelle seguenti cinque classi in fun 

1) InGazzettaUfficialedel18gennaio2002,n.15. 

2) InGazzettaUfficialedel24giugno2005,n.145. 

zione dell’importo dei lavori di bonifica cantierabili: 

l Aoltreeuro7.746.853,49; 

l Bfinoaeuro7.746.853,49; 

l Cfinoaeuro1.549.370,70; 

l Dfinoaeuro413.165,52; 

l Efinoaeuro51.645,69. 

Il Comitato nazionale, con la deliberazione 

12dicembre2001,n.5 [1] ,haprovveduto,ai 

sensi del D.M. n. 406/1998, a emanare le 

disposizionidipropriacompetenzainordine 

aicriterieairequisitiperl’iscrizione.Successivamente,haemanato: 

l la deliberazione 11 maggio 2005, n. 1 [2] , 

contenentedisposizioniintegrativeeattua 




Articolo 

tive della deliberazione 12 dicembre 

2001,n.5; 

l la deliberazione 11 maggio 2005, n. 2 [3] , 

relativaallamodulisticaperl’iscrizione. 

Il quadro delle norme tecniche previste dall’articolo 

30, comma 8, D.Lgs. n. 22/1997, 

propedeutiche all’attivazione della categoria 

9, si è completato con l’entrata in vigore del 

D.M.5luglio2005 [4] ,relativoallefideiussioni 

che devono essere prestate allo Stato, ai 

fini dell’iscrizione alla categoria 9; pertanto, 

da questa data è scattato l’obbligo d’iscrizione 

all’Albo per le imprese che effettuano o 

intendonoeffettuareleoperazionidibonifica 

dicuialD.M.25ottobre1999,n.471(regolamentosullebonifiche). 

Irequisitiperl’iscrizione 

La deliberazione 12 dicembre 2001, n. 5, 

stabilisce: 

l i criteri relativi alla disponibilità delle attrezzaturetecniche; 

l icriteriperladimostrazionedellapregressaesecuzionediinterventidibonifica; 

l le dotazioni e la qualificazione del personaletecnico; 

l irequisitideiresponsabilitecnici; 

l gliimportirelativiallacapacitàfinanziaria. 

IrequisitifissatidalComitatonazionalesono 

da intendersi come “requisiti minimi” richiesti 

per l’iscrizione nella categoria 9. Resta 

salvol’obbligoperl’impresadidisporredelle 

dotazioni che in sede operativa risultino effettivamente 

necessarie per lo svolgimento 

dellaspecificaattività. 

Leattrezzaturetecniche 

L’AllegatoAalladelibera12dicembre2001, 

n. 5, contiene un elenco di attrezzature ritenute 

idonee per l’esecuzione degli interventi 

di bonifica di cui l’impresa deve disporre, 

riportandoilvalorecheleattrezzaturedevonoavereperciascunaclassed’iscrizione. 

Le 45 tipologie di apparecchiature elencate 

vanno da quelle necessarie per la fase di 

caratterizzazione del sito (attrezzature per il 

prelievo dei campioni e loro conservazione, 

attrezzatura per rilievi geofisici, laboratorio 

fissoemobileperanalisichimicheogeologiche)aquelledestinateaspecificiinterventidi 

3) InGazzettaUfficialedel2luglio2005,n.152. 

4) InGazzettaUfficialedel17settembre2005,n.217. 

bonifica (impianto di inertizzazione trasportabile, 

impianto mobile/fisso di trattamento 

rifiuti, stazione di stoccaggio provvisorio, 

ecc.). Si tratta di un elenco “aperto” e non 

esaustivo.Inbaseaquestocriterio,ilpossesso 

dell’idoneità tecnica potrà essere dimostrato 

anche mediante la disponibilità di attrezzature 

non ricomprese nell’elenco, ma 

che possano essere riconosciute idonee per 

l’esecuzionedispecificiinterventidibonifica. 

Si intendono in disponibilità dell’impresa le 

attrezzaturediproprietà,tenuteinusufrutto, 

acquistate con patto di riservato dominio o 

preseinleasing. 

Lapienaedesclusivadisponibilitàdelleattrezzaturepuòesseredimostrataanchemediante 

contratto di locazione alle condizioni stabilite 

dalladeliberadel28aprile2006,n.2. 

Mentre per stabilire il numero e le tipologie 

di attrezzature è stato adottato un criterio 

nonvincolante,perdeterminareillorovalore 

sonostatitassativamentefissati,perciascuna 

classe d’iscrizione, determinati importi; l’impresainteressata,pertanto,dovràdimostrare 

che le attrezzature di cui dispone hanno un 

valore almeno pari a quello fissato per la 

classenellaqualesirichiedel’iscrizione. 

Pregressaesecuzione 

diinterventidibonifica 

Alfinedistabilireirequisitid’idoneitàtecnica 

per l’iscrizione nella categoria 9, la deliberazione12dicembre2001,n.5,prendeinconsiderazione 

anche la pregressa esecuzione di 

interventi di bonifica. Questa disposizione riguardasolamentel’iscrizionenelleclassiA,B, 

e C; l’avvenuta esecuzione di interventi di 

bonifica non è, invece, richiesta per l’iscrizione 

nelle classi D ed E. Il Comitato nazionale, 

infatti,neldeterminareirequisiticheconcorronoadefinirelaqualificazionetecnicadelle 

imprese, ha anche tenuto conto dell’esigenza 

di non creare barriere all’ingresso degli operatorinelsettorediattivitàinesame. 

Disponibilitàdipersonaletecnico 

L’AllegatoCalladelibera12dicembre2001, 

n.5,riportaledotazioniminimedipersonale 

con funzioni tecniche, il quale deve essere 

munito di determinate qualificazioni in rela 


zione a ciascuna classe d’iscrizione. In particolare, 

la delibera stabilisce che nella dotazione 

di personale devono essere ricompresi 

almeno: 

l un laureato in ingegneria, un laureato in 

chimicaoinscienzebiologicheeunlaureato 

in scienze geologiche per l’iscrizione 

nellaclasseA; 

l un laureato in ingegneria e un laureato in 

chimicaoinscienzebiologicheoinscienze 

geologicheperl’iscrizionenellaclasseB; 

l un laureato in ingegneria o in chimica o 

scienzebiologicheoinscienzegeologiche 

perl’iscrizionenelleclassiCeD. 

Ilresponsabiletecnico 

Tra gli elementi che concorrono a formare il 

requisitodiidoneitàtecnicarichiestoalleimpresechesiiscrivonoall’Albo,ladisponibilitàdiunresponsabiletecnicomunitodideterminatirequisitiassumeparticolarerilievo.L’Allegato 

F alla delibera 12 dicembre 2001, n. 

5,contienelatabelladeirequisitidelresponsabiletecnicoperl’iscrizionenellevarieclassi 

della categoria 9. Nell’elaborare questi requisiti, 

il Comitato nazionale si è basato sui 

parametri previsti dal D.M. n. 406/1998 

(idoneotitolodistudioposseduto,esperienza 

maturatanelsettore,partecipazioneadappositicorsidiformazione). 

Lacapacitàfinanziaria 

Al fine di dimostrare il requisito di capacità 

finanziaria, l’impresa interessata deve dimostrare 

di disporre degli importi riportati, per 

ciascuna classe d’iscrizione, nell’Allegato D 

alladelibera12dicembre2001,n.5. 

Perdimostrareladisponibilitàdiquestiimporti,l’impresapuòutilizzareglielementiprevisti 

dall’articolo11,comma2,D.M.n.406/1998 

(volume d’affari, capacità contributiva ai fini 

dell’IVA,patrimonio,bilanci).Aimedesimifini 

puòesserepresentataun’attestazionediaffidamentobancariorilasciatadaistitutidicreditoo 

dasocietàfinanziarieconcapitalesocialenon 

inferiore a euro 2 milioni e cinquecentomila, 

secondoloschemaallegatosottolalettera“E”, 

o una dichiarazione concernente la cifra di 

affari, globale e distinta per lavori, dell’impresa,pergliultimicinqueesercizi. 

LaqualificazioneSOA 

Lalegge11febbraio1994,n.109,haprevi 


Articolo 

stocheisoggettiesecutoriaqualsiasititolodi 

lavori pubblici, di importo superiore a 

150.000euro,sianoqualificatieimprontino 

la loro attività ai principi della qualità, della 

professionalitàedellacorrettezza.Allostesso 

fine, i prodotti, i processi, i servizi e i sistemi 

di qualità aziendali impiegati dai medesimi 

soggetti devono essere sottoposti a certificazione. 

Aisensidell’articolo8,leggen.109/1994,è 

stato emanato il D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 

34,chedisciplinailsistemadiqualificazione, 

articolato per categorie di opere (generali 

OG e specializzate OS), nonché per prestazionidisolacostruzioneediprogettazioneecostruzione,e,nell’ambitodellecategorieloroattribuite,secondogliimportideilavorida 

eseguire(classifiche). 

Il conseguimento della qualificazione da 

parte dell’impresa è il requisito necessario 

che l’abilita a partecipare alle gare 

perl’affidamentoel’esecuzionedilavori 

pubblici. L’attestazione di qualificazione, 

consistente nell’accertamento dell’esistenza 

in capo ai soggetti interessati degli elementi 

di certificazione, è rilasciata da organismi di 

dirittoprivato,denominatiSOA. 

Il suddetto sistema di qualificazione degli 

operatori economici è stato confermato dal 

D.Lgs.n.163/2006. 

La qualificazione SOA è necessaria anche 

per l’esecuzione di opere relative ad attività 

di bonifica e protezione ambientale, così come 

identificate dalla categoria generale 

OG12 «Opere ed impianti di bonifica e protezioneambientale». 

In particolare, la categoria OG12 individua 

quella pluralità di lavorazioni che concorronoarealizzareopereeimpiantidibonificae 

protezione ambientale. La categoria comprende 

in via esemplificativa le discariche, 

l’impermeabilizzazione con geomembrane 

dei terreni per la protezione delle falde acquifere,labonificadimaterialipericolosi,gli 

impianti di rilevamento e telerilevamento 

per il monitoraggio ambientale per qualsiasi 

modificadell’equilibriostabilitodallavigente 

legislazione, nonché gli impianti necessari 

per il normale funzionamento delle opere o 

dei lavori e per fornire un buon servizio all’utente 

sia in termini di informazione che di 

sicurezza. 

Perlaqualificazionesonorichiestirequisitidi 




Articolo 

carattere generale, quali, ad esempio, il requisito 

della cittadinanza, l’assenza di procedimentipenaliincorso,l’inesistenzadiviolazioni 

gravi delle norme in materia di contribuzione 

sociale, delle norme poste a tutela 

dellaprevenzioneedellasicurezzasuiluoghi 

di lavoro, l’insussistenza dello stato di fallimento,diliquidazioneodicessazionedell’attività,ecc. 

Oltre ai requisiti di carattere generale le impresedevonodimostrareilpossessodirequisitidiordinespecialequalilacapacitàeconomica 

e finanziaria, l’idoneità tecnica e organizzativanonchéladotazionediattrezzature 

tecnicheediorganico. 

Inparticolare,lacapacitàeconomicaefinanziaria 

e l’idoneità tecnica sono dimostrate 

dalla cifra d’affari e dai lavori eseguiti nel 

quinquenniocheprecedeladatadisottoscrizione 

del contratto con la SOA. L’impresa 

deve, infine, possedere il sistema di qualità 

aziendaleUNIENISO9001. 

Dunque, per queste tipologie di lavori pubblici, 

l’obbligo della qualificazione SOA, di 

cuialD.P.R.n.34/2000,èandatoadaggiungersi 

a quello dell’iscrizione all’Albo già previsto 

dall’articolo 30, D.Lgs. n. 22/1997, e 

regolamentato dal D.M. n. 406/1998, per 

tutte le imprese che effettuano l’attività di 

bonificadeisiti,ancheperquellenontenute 

allaqualificazioneSOA. 

Irequisitiperlapartecipazione 

allegarediappalto 

Sidiscutemoltosuirequisitidiqualificazione 

chedevonoesseredimostratidalleimpreseai 

finidellapartecipazioneallegared’appaltodi 

lavori pubblici di importo superiore a 

150.000euro.Inaltritermini,cisidomanda 

se la stazione appaltante debba richiedere ai 

concorrenti, oltre al possesso dell’attestazione 

SOA, anche il possesso dell’iscrizione all’Albonellacategoria9. 

In proposito, si segnalano pronunce di differenteorientamentoemessedagliorganidella 

giustiziaamministrativa. 

Alcune di esse [5] hanno ritenuto legittimi 

bandi di gara contemplanti, tra gli altri, il 

requisito dell’iscrizione all’Albo; altre, invece 

[6] , hanno osservato che la stazione appaltante 

non ha titolo, attraverso il bando di 

gara, per pretendere forme di qualificazioni 

ulterioriopiùgravoserispettoaquelleprevistedalsistemadiqualificazione. 

Sul punto è più volte intervenuta l’Autorità 

perlavigilanzasuicontrattipubblicidilavori, 

servizieforniture [7] . 

Al riguardo, l’Autorità ha effettuato un’approfondita 

disamina della normativa che 

concorreadisciplinarelamateria. 

In sintesi, ha rilevato che l’art. 1, comma 3, 

D.P.R. n. 34/2000 e succ. modd. e int., prevede 

che «fatto salvo quanto stabilito all’articolo3,commi6e7,l’attestazionediqualificazione 

rilasciata a norma del presente regolamento 

costituisce condizione necessaria e 

sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza 

deirequisitidicapacitàtecnicaefinanziariaai 

fini dell’affidamento di lavori pubblici». Il successivo 

comma 4 stabilisce, inoltre, che «le 

stazioni appaltanti non possono richiedere ai 

concorrenti la dimostrazione della qualificazione 

con modalità, procedure e contenuti diversi 

da quelli previsti dal presente titolo, nonchédaititoliIIIeIV». 

Sulla base di questo precetto normativo, ha 

argomentato l’Autorità, i requisiti di ordine 

generale,tecnicoeorganizzativochedevono 

esserepossedutidalleimpreseperpoterpartecipareallegarediappaltodilavoripubblici, 

dettagliatamente individuati agli artt. 17 e 

seguenti del suddetto regolamento, devono 

intendersi come inderogabili da parte della 

stazione appaltante, che non può prevedere 

requisiti maggiori o ulteriori rispetto a quelli 

fissatigiàdallalegge. 

Tuttavia, l’Autorità di vigilanza ha tenuto 

presente che, ai sensi dell’articolo 212, commi 

5 e 6, D.Lgs. n. 152/2006, «l’iscrizione 

all’Albo nazionale gestori ambientali costituisce 

requisito per lo svolgimento delle attività 

(omissis) di bonifica dei siti», e «abilita alla 

gestione degli impianti il cui esercizio sia stato 

autorizzato o allo svolgimento delle attività 

soggette ad iscrizione», rilevando, altresì, che 

questa previsione non contiene disposizioni 

5) SivedalasentenzadelTARSicilia,Catania,del7luglio2008,delConsigliodiStato,sez.V,n.9305/2003edelTAR 

Piemonten.382/2004. 

6) SivedalasentenzadelTARLazion.12218/2008,elesentenzedelConsigliodiStaton.5470/2007,en.8292/2004. 

7) Deliberazioninn.93/2007,95/2007,96/2007e128/2007;parere n.165/2008. 


derogatorierispettoalregimediqualificazione 

previsto dal D.Lgs. n. 163/2006 e dal 

D.P.R.n.34/2000. 

Pertanto, sulla base del combinato disposto 

del D.Lgs. n. 152/2006, con la suddetta disciplina 

in materia di qualificazione, ha ritenutoche,mentrel’attestazioneSOAcostituisce 

requisito e indispensabile e sufficiente 

per la partecipazione agli appalti di lavori 

pubblici, l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali 

è da considerarsi requisito di esecuzione 

e come tale, presupposto legittimante 

allastipulazionedelcontratto. 

Dunque,ibandipergliaffidamentidiappaltiriguardantilabonificadeisiti,devono 

prevedere specifica clausola in base 

alla quale non si procederà alla stipulazione 

del contratto in caso di mancato 

possessodell’iscrizioneall’Albo. 

Peraltro, ha osservato l’Autorità di vigilanza, 

prevederel’iscrizioneall’Albocomerequisito 

diesecuzione,daunapartetutelalastazione 

appaltante in merito al possesso di questo 

requisito al momento in cui l’aggiudicatario 

sarà chiamato a svolgere sostanzialmente le 

prestazioni oggetto della gara e, dall’altra, 

consente all’aggiudicatario di perfezionare il 

possessodelrequisitostessoancheinunmomentosuccessivoaquellodellapartecipazioneallagara. 

Altro argomento di interesse per le connessioni 

tra la normativa che disciplina la materiadegliappaltiequellarelativaallagestione 

dei rifiuti riguarda gli appalti aventi per oggettosial’esecuzionediinterventidibonifica, 

sia le connesse attività di «trattamento dei 

rifiuti». 

Alriguardo,l’Autoritàdivigilanzaharitenutonecessarioconsiderarecheconilgenerico 

termine «trattamento dei rifiuti» spesso si intendono 

sia attività propriamente riconducibili 

all’esecuzione di lavori, quali, ad esempio,lastabilizzazionedelterrenoedelcorpo 

rifiuti, l’esecuzione di strutture di contenimento, 

la realizzazione di barriere di impermeabilizzazione, 

di sistemi di drenaggio del 

percolato, ecc., sia attività propriamente riconducibiliall’ambitodeiservizi,qualilaraccoltaeiltrasportodeirifiutiprodottidall’attivitàdibonifica. 

Lestazioniappaltantiaffidanocorrettamente 

l’insiemedellepredetteattivitàmedianteappaltimistineiquali,asecondadeicasi,risulta 


Articolo 

prevalentelacomponentericonducibilealavori, 

ovvero la componente riconducibile a 

servizi. 

Inquesticasi,l’Autoritàharitenuto(determinazioni 

n. 3/2005 e n. 7/2005) che nei 

bandirelativiadappaltimistidebbanoessere 

opportunamente specificate le attività e gli 

importi relativi sia ai servizi che ai lavori, 

evidenziandoperquestiultimilerelativecategorie 

e classifiche. Ancorché gli stessi abbianofunzioneaccessoriarispettoaiservizi,i 

concorrenti devono, comunque, dimostrare 

diessereinpossessodellarichiestaqualificazione, 

di importo e tipologia corrispondente 

a detti lavori ai sensi del D.P.R. n. 34/2000. 

Aglistessicriteridevonoattenersilestazioni 

appaltanti in sede di rilascio alle imprese del 

certificato di esecuzione dei lavori di cui all’art.22,comma7,D.P.R.n.34/2000,specificandoleattivitàeseguiteeirelativiimporti, 

con ulteriore indicazione della categoria di 

riferimento per quanto riguarda i lavori eseguiti. 

Anche le SOA, nella verifica dei requisiti necessari 

al rilascio dell’attestazione di qualificazionenellacategoriaOG12,devonoattivareopportunicontrollisulrealecontenutodella 

certificazione rilasciata dal committente, 

siaessopubblicocheprivato,ovenellastessa 

nonsianochiaramenteidentificatelediverse 

attivitàeffettuateeirelativiimporti,alfinedi 

escludere dalla valutazione propedeutica al 

rilascio dell’attestazione SOA eventuali importi 

riferiti a prestazioni di servizi; infatti, 

l’art.18,comma5,D.P.R.n.34/2000,stabilisce 

che il requisito di adeguata idoneità 

tecnica deve essere comprovato con riferimento 

alla cifra d’affari in “lavori” realizzati 

inciascunadellecategorierichiestee,pertanto, 

alla qualificazione nella categoria OG12 

potranno concorrere solo quelle attività propriamente 

riferibili all’esecuzione di lavori 

afferentiadettacategoria. 

Rispondono agli stessi criteri le disposizioni 

che regolano l’iscrizione all’Albo nella categoria 

9 e, in particolare, le direttive emesse 

sull’argomento dal Comitato nazionale, nonché 

molte decisioni sui ricorsi adottate dallo 

stessoorgano. 

Concircolaredel28ottobre2005,n.1650, 

il Comitato nazionale dell’Albo ha chiarito 

che sussiste obbligo di iscrizione nella categoriainesameperleimpresecheintendono 




Articolo 

svolgere le attività disciplinate dal D.M. n. 

471/1999,anchesesvolteinformaparziale 

nell’ambito di un intervento complessivo di 

bonifica,adesclusionedell’attivitàdiprogettazione. 

Con successiva circolare n. 614/ 

200,6 è stato chiarito che per la sola attività 

di caratterizzazione del sito inquinato non è 

richiestal’iscrizionenellacategoria9. 

Pertanto,aifinidellavalutazionedeirequisiti 

per l’iscrizione nella categoria 9, di cui alla 

deliberazione 12 dicembre 2001, n. 5 (pregressa 

esecuzione di interventi di bonifica, 

esperienza maturata dal responsabile tecnico,ecc.),èritenutoidoneoesclusivamentelo 

svolgimento di attività contemplate dalla 

suddettanormativa. 

Sul piano operativo, ad esempio, ai fini della 

valutazione del previsto requisito della pregressaesecuzionediinterventidibonifica,sirichiedeall’impresalapresentazionedeicer 

tificati di esecuzione dei lavori. Qualora, in 

detticertificati,nonsianospecificateleattività 

eseguite e i relativi importi, è richiesta 

l’integrazione della documentazione al fine 

divalutareesclusivamentegliimportirelativi 

allavorodibonificaveroeproprio. 

Si segnala, infine, che il Comitato nazionale 

dell’Albo, in ordine alle attività di gestione 

deirifiuticonnesseagliinterventidibonifica, 

hapiùvoltechiaritochel’esecuzionedeltrasporto 

dei rifiuti prodotti dall’intervento di 

bonifica non rientra nelle attività per cui è 

richiesta l’iscrizione nella categoria 9; per 

effettuare questa attività risulta necessario 

che l’impresa sia iscritta in una o più delle 

categorie dell’Albo relative al trasporto dei 

rifiuti speciali (categorie dalla 2 alla 5), le 

quali, come è noto, sono individuate sulla 

basedelladestinazioneedellecaratteristiche 

deirifiutitrasportati. l 



Articolo 

l Necessari anche in Italia i metodi per stimare l’equivalenza in risorse naturali 

Riparazione danno ambientale: 

valutazione tecnica/economica 

Icriteri per scegliere le azioni di riparazione del danno ambientale prevedono, per il danno al 

terreno, l’adozione di misure adeguate a ridurre entro limiti accettabili i rischi per la salute 

umana e, per il danno all’acqua o alle specie e agli habitat naturali, azioni in gardo di riportare 

le risorse e/o i servizi naturali danneggiati verso le condizioni originarie (“riparazione primaria”) o 

tramite interventi equivalenti in altre aree. È necessario, quindi, mettere a punto metodi di 

equivalenza per l’analisi delle risorse naturali e dei servizi persi a causa del danno, sulla falsariga di 

quelli messi a punto da tempo negli U.S.A., in modo da definire le misure di riparazione 

complementari e compensative. 

l diAndreaCampioni,EnvironItalyS.r.l., JoeNicoletteeVictorMagar, 

EnvironinternationalCorporation 

IldannoambientaleèdisciplinatodallaParte 

VI del D.Lgs. n. 152/2006. Nell’Allegato 3 

sonoindicatiicriteriperscegliereleazionidi 

riparazionedeldannoambientale: 

l riparazione del danno al terreno, adottandomisureperridurreilrischioperlasalute 

umanaentrolimitiaccettabili; 

l riparazionedeldannoall’acquaoallespecieeaglihabitatnaturali,adottandomisure 

cheriportinolerisorsee/oiservizinaturali 

danneggiati verso le condizioni originarie 

(“riparazione primaria”). Possono essere 

scelte misure di riparazione primaria che 

non ripristinano le condizioni originarie o 

cheraggiungonol’obiettivointempilunghi 

a patto che «le risorse naturali e/o i servizi 

perduti per il ritardato o parziale ripristino 

siano compensati da azioni di riparazione 

complementariocompensative.Èilcaso,per 

esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti 

forniti altrove a costo inferiore». La 

riparazionecompensativa«nonèunacompensazionefinanziariaalpubblico». 

Ildecretointroducedueimportantistrumenti 

di valutazione tecnica e di risoluzione del 

dannoambientale: 

l l’analisidirischioperlasaluteumana,e 

l l’analisi delle risorse naturali e dei servizi 

persiacausadeldanno,adottandometodi 

di equivalenza, in modo da definire le misure 

di riparazione complementari e compensative.Mentrel’analisidirischiosanitariaèunostrumentoormaidiusofrequentenelladefinizionedellabonificadeisiticontaminati,imetodipervalutarel’entitàdeldannoambientale 

in termine di perdita ed equivalenza 

delle risorse e dei servizi sono ancora ai 

primordiinItaliaeinEuropa.Negliultimi 

anni,proprioperlacarenzadimetodidivalutazioni 

adeguati il confronto sul danno ambientale 

è stato incentrato sulla richiesta da 

parte dello Stato alle imprese di risarcimenti 

economici di danni ambientali non conformi 

al dettato normativo. Questo approccio poco 

regolarehafavoritolosviluppodicontenziosi 

piuttostochediiniziativediripristinoambientale. 

È prevedibile che, nei prossimi anni, 


Figura1 



Articolo 

Quantificazione delle perdite in unità di servizi dell’ecosistema generate 

dallo sversamento di greggio in un fiume 

questi contenziosi sul danno ambientale 

troveranno una composizione attraverso 

l’applicazione di metodi di valutazione 

tecnica/economicadeldannorispondentialleindicazionidellanormaeaimetodi 

di“bestpractice”internazionalecomegià 

avvenutoperl’analisidirischio.Perquesto 

motivo, è utile diffondere la conoscenza e 

l’applicazione di questi metodi in Italia partendodall’esperienzadisocietàeprofessionistichehannoapplicatoquestimetodinell’ultimo 

decennio negli Stati Uniti e, recentemente, 

anche in Italia. I metodi per stimare il 

danno ambientale e l’analisi di equivalenza 

partono dalla comprensione delle condizioni 

naturali danneggiate rispetto alle condizioni 

originali. Per effettuare questa analisi, oltre a 

comprendereladistribuzionedegliinquinanti,ènecessariovalutareanche: 

l l’impatto generato sull’ambiente naturale 

tramitemisuredirettediparametriecologici 

l le capacità di recupero naturali dell’ambiente; 

l la quantificazione delle risorse e dei servizi 

persi(servizidell’ecosistema)perdefinirela 

loro compensazioneconserviziequivalenti. 

“Servizidell’ecosistema”: 

cosasonoecomesivalutano 

Il processo di analisi dei costi e benefici per 

comparare le modificazioni relative (cioè positive 

o negative) indotte sull’ecosistema da 

attività umane (ad esempio lo scarico di acquereflue,lacontaminazionedellafaldaedei 

suoli ma anche le azioni riparatrici quali gli 

interventidibonifica)èchiamatoNEBA (net 

environmentalbenefitanalysis).Questaanalisi 

è basata sulla rappresentazione delle diverse 

funzioni o servizi espletati dall’ambiente naturale 

sull’uomo e su altre risorse naturali in 

“servizi dell’ecosistema”, unità semplici e facilmente 

misurabili. A causa della complessa 

correlazionetralevariefunzioniespletateda 

un ambiente naturale, la quantificazione dei 

servizi dell’ecosistema è effettuata suddividendo 

i servizi in macroaree e individuando 

perciascunaunoopiùservizirappresentativi 

emisurabilichevengonopoiusaticomeindicatoricaratteristici: 


Quantificazione dei benefici ottenibili da un intervento di incremento 

della superficie dell’alveo fluviale 

l usoumanodirettoeindiretto:protezione 

dallealluvioni,ricaricadellefaldeacquifere, 

attivitàricreativeocommerciali,fornituradi 

acqua potabile o per l’irrigazione. Esempio 

diservizirappresentativiemisurabili:visitatori 

che conducono attività ricreative (giorni/uomo), 

legname prodotto dalla gestione 

deiboschi(m 3 /ha/anno); 

l usoecologico:habitatperlediversespecie 

vegetali e animali. Esempio di servizi rappresentativi 

e misurabili: densità dell’ittiofauna(pesci/ettaroopesci/km),densitàdellafaunabentonica(N/mq); 

l usopassivo:bellezzaestetica,riservagenica,tuteladellabiodiversità. 

Le unità di servizio così definite e misurate 

sono utilizzate per l’analisi di equivalenza 

confrontandodiversiscenarialternativi. 

Esempiodiapplicazione 

Considerandoilcasosemplicediunaperdita 

di petrolio greggio per la rottura di un oleodottoinunfiume,ilparametroutilizzatonell’analisièladensitàdipescinelfiume(numero 

di pesci/ettaro). Il calcolo del debito ambientaleèeffettuatoconvertendolariduzione 


Articolo 

della densità di pesci legata all’incidente in 

unità di servizi dell’ecosistema persi. Come 

indicato nel primo grafico, è prevista una capacitàdirecuperodellecondizionioriginaliin 

5 anni generando un debito complessivo di 

850serviziperettaroperanno(SHYservices/ 

hectar/year). 

Comeindicatoinfigura2,vienepoistimatoil 

beneficio ottenibile con un intervento di modifica 

morfologica delle sponde fluviali che 

aumenta del 20% la superficie dell’ecosistema 

rispetto alla situazione originaria. Si prevede 

che questo intervento compensativo 

possaesserecompletatoindueannidall’incidenteechel’effettosimantengaper25anni. 

Questointerventogenerauncreditodiservizi 

stimatoin1.250servizi/ettaro/annooSHY. 

Comparando i debiti e i crediti generati con 

l’applicazione dello scenario di intervento 

compensativosichiudeilbilancioconunattivonettodi400SHYcomeriassuntonelgraficodifigura3. 

L’analisideibeneficiambientatinettioNEBA 

puà essere applicata ai sedimenti, ai suoli e 

allefalde. l 

Figura2 


Figura3 

lBibliografia 



Articolo 

l R.Efroymson,J.Nicolette,andSuter,G.2004.AFrameworkfornetenvironmentalbenefitanalysisforremediationor 

restorationofcontaminatedsites.EnvironmentalManagement.34,3,315331. 

l Victor S. Magar et alii 2009. Technical Guide Monitored Natural Recovery at Contaminated Sediment Sites US 

DepartmentofDefense. 

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Bilancio tra debiti e crediti di servizi dell’ecosistema 

NORMATIVA E TECNICA ANTINCENDIO 

NORME DI PREVENZIONE 

INCENDI 

L. Corbo 

Pagg. 1.248 – € 115,00 



Articolo 

l Il potenziale cancerogeno è attribuibile alla presenza di specifiche sostanze 

Rifiuti contenenti idrocarburi: 

introdotti ulteriori chiarimenti 

sui “limiti di quantificazione” 

Il D.M. 4 agosto 2010, introduce modifiche alla tabella A2 dell’Allegato A al decreto del 

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 novembre 2008, relative alla 

classificazione dei rifiuti contenenti idrocarburi. In particolare, ai fini dell’assegnazione della 

caratteristica di cancerogenicità, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), afferma che per poter 

classificare un rifiuto di questo tipo, con la caratteristica di pericolo cancerogeno, è necessario 

effettuare la ricerca dei makers di cancerogenicità, di cui alla direttiva 67/548/CEE e succ. modd. e 

int., cioè di alcune sostanze specifiche assunte come indicatori. 

Le concentrazioni indicate nella tabella A2, D.M. 7 novembre 2008, sono riferite ai limiti di 

quantificazione che il metodo di analisi utilizzato dal laboratorio deve essere in grado di 

raggiungere e non indicano la concentrazione limite dei marker, superata la quale il rifiuto è da 

classificare pericoloso. 

l diMarinaZalin,B&PAvvocati 

Le modifiche introdotte dal D.M. 4 agosto 

2010 [1] allatabellaA2dell’AllegatoAalD.M. 

7 novembre 2008 [2] , hanno una particolare 

rilevanza con riferimento alle problematiche 

connesse alla classificazione dei rifiuti contenenti 

idrocarburi, atteso l’esplicito richiamo 

contenuto nella legge del 27 febbraio 2009, 

n. 13. In particolare, l’art. 6quater aveva, 

quantomenonell’intentodellegislatore,definitivamente 

risolto l’annosa problematica 

cheavevadatoluogonegliultimianniainter 

pretazioni contrastanti, sia a livello amministrativo 

che giudiziario connessa alla metodica 

da utilizzare per rilevare la presenza di 

idrocarburonelrifiuto. 

L’art.6quater affermache«laclassificazione 

deirifiuticontenentiidrocarburiaifinidell’assegnazione 

della caratteristica di pericolo H7, 

«cancerogeno», si effettua conformemente a 

quantoindicatopergliidrocarburitotalinella 

TabellaA2dell’AllegatoAaldecretodelMinistro 

dell’ambiente e della tutela del territorio e 

1) DecretodelMinisterodell’Ambienteedellatuteladelterritorioedelmare4agosto2010recante«Modificadellatabella 

A2dell’allegatoAdeldecretoministeriale7novembre2008,relativoalladisciplinadelleoperazionididragaggio 

neisitidibonificadiinteressenazionale»(inGazzettaUfficialedel12agosto2010,n.187). 

2) Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 7 novembre 2010 recante «Disciplina delle 

operazionididragaggioneisitidibonificadiinteressenazionale,aisensidell’articolo1,comma996,dellalegge27 

dicembre2006,n.296»(inGazzettaUfficialedel4dicembre2008,n.284). 

Iltestointegraledel 

decretodelMinistero 

dell’Ambienteedella 

tuteladelterritorio 

edelmare,4agosto 

2010,èdisponibile 

nellasezione 

“Notizienormative” 

delsito 

www.ambientesicu 

rezza.ilsole24ore.com. 




Articolo 

del mare 7 novembre 2008, pubblicato nella 

Gazzetta Ufficiale n. 284 del 4 dicembre 

2008». 

Più precisamente, la classificazione dei rifiuti 

contenentiidrocarburi,aifinidell’assegnazionedellacaratteristicadipericolositàH7(cancerogeno)deveessereeffettuatainconformità 

a quanto già indicato per gli idrocarburi 

totalinellatabellaA2dell’AllegatoAalD.M. 

7 novembre 2008. Il riferimento è alla normativainmateriadicaratterizzazionedeifanghididragaggioneisitidibonificadiinteresse 

nazionale,ove,nellapartetecnicarelativaalla 

caratterizzazionedelmateriale,sifaespresso 

riferimento, per il parametro idrocarburi, 

aquantoindicatonelparereresodall’Istituto 

Superiore della Sanità il 5 luglio 

2006,protn.0036565. 

Ilpercorsonormativo 

Per comprendere meglio la problematica e 

le importanti implicazioni pratiche della 

norma in esame, è utile prendere le mosse 

dalla decisione 2000/532/CE, con la 

quale è stato istituito l’elenco europeo dei 

rifiuti (C.E.R.), il quale contiene i codici a 

sei cifre con i quali sono classificati, in 

modo armonizzato nei diversi Stati membri 

dell’Unione europea, i rifiuti pericolosi 

(contrassegnati con un asterisco) e non 

pericolosi.Ladecisioneèstataattuata,nello 

Stato italiano, con la direttiva 9 aprile 

2002 del Ministero dell’Ambiente e della 

tuteladelterritorioedelmare [3] esuccessivamenterecepitanell’AllegatoDallaParte 

IV,D.Lgs.n.152/2006. 

Per quanto riguarda i rifiuti contenenti idrocarburi, 

il “catalogo europeo” contiene alcunevocispecifiche,sempreecomunque“pericolose” 

sulla base dell’attività che ha dato 

originealrifiuto(eche,pertanto,nonnecessi 

tano di determinazione analitica ai fini della 

classificazione [4] ) e altre voci cosiddette “a 

specchio”,perlequalil’attribuzioneomeno 

delcodicepericolosoalrifiutodipendedalla 

presenza, all’interno dello stesso, di determinate 

sostanze o preparati pericolosi e deve, 

dunque, necessariamente passare attraverso 

un accertamento analitico. Non esistendo 

norme che definiscano puntualmente la 

concentrazione limite del parametro 

idrocarburi al fine della classificazione del 

rifiuto che contenga questo composto come 

“pericoloso”o“nonpericoloso”sidovevafare 

ricorso, in virtù di quanto previsto dalle 

citate direttiva 2000/532/CE, e direttiva 

delMinisterodell’Ambiente9aprile2002 [5] , 

alle disposizioni normative in materia di 

classificazione, etichettatura e imballaggio 

delle sostanze e preparati pericolosi, 

e, in particolare, alla direttiva 67/548/ 

CEEesuccessivemodificheeintegrazioni,laquale,tralecaratteristichedipericolosità, 

include anche quella relativa alla cancerogenicità(H7). 

Imakerdicancerogenicità 

Perladeterminazionediquestacaratteristica 

dipericolosità,l’IstitutoSuperiorediSanità(I.S.S.)principaleorganotecnicoscientifico 

del Servizio Sanitario Nazionale, alle dipendenze 

del Ministero della Salute, il quale 

svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, 

controllo e formazione per quanto concerne 

la salute pubblica e l’ambiente aveva in 

proposito affermato, già con parere del 28 

settembre 2004, prot. n. 45882, che il 

potenziale cancerogenico delle frazioni 

idrocarburiche non è attribuibile ai componenti 

principali, ma alla presenza di alcunespecifichesostanze 

[6] ,chesonostate 

pertanto assunte come “indicatori” di 

3) Direttiva del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio 9 aprile 2002 recante «Indicazione per la corretta e 

pienaapplicazionedelregolamentocomunitarion.2557/2001sullespedizionidirifiutiedinrelazionealnuovo 

elencodeirifiuti»(inS.O.n.102allaGazzettaUfficialedel10maggio2002,n.108). 

4) AdesempioCER050102*050108*080319*080417*160708*160709*190207*capitolo13nel 

suoinsieme. 

5) Secondol’introduzioneall’AllegatoDallaParteIV,D.Lgs.n.152/2006,«aifinidelpresenteAllegatoper“sostanza 

pericolosa” si intende qualsiasi sostanza che è o sarà classificata come pericolosa ai sensi della direttiva 67/548/ 

CEEesuccessivemodifiche». 

6) Inparticolare: 

la maggior parte delle voci classificate con frase di rischio R45 (può provocare il cancro) devono il loro potere 

cancerogenoallapresenzadiquantità(ingenere>5%)diIdrocarburiaromaticia46nucleicondensati; 

utte le altre voci sono classificate sempre con la frase di rischio R 45 per la presenza di alcunimarker specifici, quali 

benzene,13butadieneebenzo(a)pirene. 


cancerogenicità (cosiddetto “marker”), 

concludendopertantoche«perpoterclassificare 

un rifiuto con presenza di oli minerali, di 

cui non si conosce puntualmente l’origine, con 

la caratteristica di pericolo “Cancerogeno”, si 

consiglia di effettuare la ricerca dei 

“markers” di cancerogenicità» individuati 

sullabasedelladirettiva67/548/CEE(idrocarburi 

aromatici, benzene, 13butadiene e 

benzo[a]pirene),soltantoseessirisultinopresenti 

in concentrazione superiore allo 0,1% 

(0,001% per dibenzo(ah)antracene e benzo[a]pirene), 

il rifiuto deve essere consideratopericoloso(conlacaratteristicadipericolo 

“H7cancerogeno”). 

Interessato nuovamente dalla questione, e 

riscontrando una richiesta di parere della 

Regione Veneto [7] , con nota del 5 luglio 

2006, prot. n. 36565, il Dipartimento 

Ambiente e connessa prevenzione primaria 

dell’I.S.S. aveva ribadito il precedente 

parere del 28 settembre 2004, prot. 

n. 45882, affermando che «la classificazione 

di un rifiuto industriale come cancerogeno, 

laddove in tale rifiuto siano 

presentiresiduidiidrocarburi,deveessere 

effettuata determinando nel rifiuto la 

presenza di marker cancerogeni»; mentre 

«appare eccessivamente conservativa 

l’applicazione del valore di 1000 ppm 

(0,1%) di idrocarburi come limite per la 

classificazione del rifiuto come cancerogeno:taleapproccioimplicherebbeinfattiche 

tutti gli idrocarburi, indipendentemente dalla 

loro composizione e provenienza, siano da 

considerarecancerogeni». 

Allemedesimeconclusionipurconalcunedifferenzemetodologicheèaddivenuta 

anche l’Agenzia per la protezione dell’ambienteeperiservizitecnici(APAT)principale 

organo tecnicoscientifico del Ministerodell’Ambienteedellatuteladelterritorio 

e del mare, che svolge i compiti e le 


Articolo 

attività tecnicoscientifiche di interesse nazionale 

per la protezione dell’ambiente, per 

la tutela delle risorse idriche e della difesa 

delsuolo,enascedallafusionetral’Agenzia 

nazionale per la protezione dell’ambiente 

(ANPA)eilDipartimentoperiservizitecnici 

nazionali della Presidenza del Consiglio dei 

Ministri nel parere del 6 giugno 2006, 

prot.n.16850,sempredirettoallaRegione 

Veneto, Direzione regionale tutela ambiente, 

in riscontro alla richiesta dell’aprile 

2006. L’Agenzia ha, infatti, ritenuto che, 

qualora la concentrazione totale degli idrocarburi 

presenti all’interno di un rifiuto si 

collochialdisopradellasogliadello0,1%,si 

debbaprocedere,aifinidellaclassificazione 

del rifiuto stesso come “pericoloso”, alla ricerca 

di specifici marker di cancerogenicità, 

individuati sulla base dell’Allegato I alla direttiva67/548/CEE(benzene,1,3butadiene,estrattodiDSMO,benzo[a]pirene). 

Sulla questione era, quindi, intervenuto anche 

il Ministero dell’Ambiente il quale, con 

nota del 19 ottobre 2006, prot. n. 20577, 

aveva,invece,considerato«condivisibilel’approcciopiùconservativocheprevedelaclassificazionediunrifiutocomepericolososelaconcentrazione 

totale di idrocarburi è uguale o 

superioreallo0,1%». 

Su questo ultimo documento si era espresso,annullandolo,conefficaciadaritenersi 

erga omnes, il TAR Puglia con sentenza n. 

3406/2007,nellaqualehaespressamente 

chiaritoche«laddove, ai fini della classificazione 

dei rifiuti, la normativa di riferimento 

va individuata nella Decisione UE 200/ 

532/CE, nella Direttiva MATT del 9 Aprile 

2002 e nel D.lgs. 152/06 parte quarta Allegato 

D, secondo la quale un rifiuto è classificato 

come pericoloso solo se le sostanze pericolose 

raggiungono determinate concentrazioni, 

tali concentrazioni vanno 

predeterminate (e poi riscontrate) ex art. 

7) Surichiestadelcommissariostraordinariodell’ARPAVenetoilquale,avendoavutonotiziadiisolate,diverseopinionidi 

consulenti tecnici nominati nell’ambito di processi penali (che avevano ritenuto “pericoloso” ogni rifiuto contenente 

idrocarburiinpercentualetotalesuperioreallo0,1%,indipendentementedallapresenzaomenodeimarkercancerogeni), 

con lettera del 5 aprile 2006, prot. n. 45783, sottopose alla regione il seguente quesito: «si chiede se ai fini della 

classificazione di rifiuto pericoloso, in assenza di specificazione, un rifiuto debba essere sempre considerato 

pericolosoquandolaconcentrazionedegliidrocarburièpariosuperiorea0,1%oppuresidebbaprocedereconla 

ricercadei“markerdicancerogenicità”secondoilparerepropostodall’IstitutoSuperiorediSanità.Inoltre,sichiede 

di conoscere come debba essere considerata la caratteristica di pericolo H14 7 » (rischio ecotossico), avvertendo che, 

nell’attesadellarisposta,sisarebbeattenutoalcriteriodellamassimacautela. 




Articolo 

252, comma 5, del d.lgs n. 152 del 2006 

tramite appositi organi tecnici e senza possibilitàdiinterferenzedecisionalidelMinistero 

(omissis). Nel caso di specie, il Ministero dell’ambiente 

non solo ha preso posizioni tecniche 

in merito alla classificazione dei rifiuti 

pericolosi in assoluta autonomia rispetto agli 

organi tecnici, ma anche in contraddizione 

con le posizioni da questi assunte sul punto e, 

più precisamente, con il parere (omissis) con 

cui l’Istituto Superiore di Sanità, su richiesta 

dellaRegioneVenetohaaffermatoche“appareeccessivamenteconservatival’applicazionedelvaloredi1000ppm(0,1%)diidrocarburicomelimiteperlaclassificazionedelrifiuto 

come cancerogeno” (omissis). Alle considerazioni 

appena esposte, (omissis), deve dunque 

soltanto aggiungersi che: anche nel caso in 

esame sussiste il già delineato contrasto della 

decisione impugnata rispetto alle considerazioni, 

prima sinteticamente richiamate, 

espresse dall’Istituto Superiore di Sanità su 

richiesta della Regione Veneto; la stessa 

Agenziaperlaprotezionedell’Ambienteeper 

i servizi tecnici (Apat), inoltre, perveniva a 

conclusioni analoghe rispetto a quelle dell’I.S.S., 

ritenendo che qualora la concentrazione 

totale degli idrocarburi presenti all’interno 

di un rifiuto si collochi al di sopra della 

sogliadello0,1%debbaprocedersiaverificare, 

ai fini della classificazione dello stesso 

come pericoloso, la soglia di concentrazione 

dei markers di cancerogenicità. (omissis) In 

ragione di tutto quanto fin qui esposto, dunque, 

l’impugnato provvedimento deve reputarsi 

illegittimo in quanto immotivatamente 

contraddittorio rispetto alle descritte valutazioni 

tecniche, e va, per conseguenza, annullato». 

Ciò che sul piano scientifico era ormai indiscutibile 

anche se l’applicazione da parte 

degliorganitecnicieraassolutamentedifformeasecondadell’ambitoregionalenelquale 

gli stessi si trovavano a operare era stato 

nuovamente ribadito dapprima con l’ordinanza 

del Presidente del Consiglio dei 

Ministri del 17 settembre 2008, n. 3704, 

dove all’art. 1, comma 1 (riferito ai materiali 

di dragaggio dei canali portuali di grande 

navigazione della laguna di Venezia, ma 

estensibile,datocheicriteridiclassificazione 

dei rifiuti debbono considerarsi generali e 

applicarsi conseguentemente a tutti i rifiuti 

compresi nel catalogo C.E.R.), il Presidente 

delConsigliodeiMinistrihaprecisatoche«ai 

fini della classificazione come pericoloso del 

materiale di dragaggio per il parametro idrocarburi, 

si applicano i criteri indicati dall’Istitutosuperioredisanitànellanotan.0036565 

del 5 luglio 2006». Successivamente, e in 

modo ancor più perentorio con il D.M. 7 

novembre2008,sifariferimentoallametodica 

proposta dall’I.S.S. basata sui marker e 

oradefinitivamenteconlasopramenzionata 

leggen.13/2009. 

Sulpunto,lagiurisprudenzaamministrativa 

di merito aveva già avuto modo di confermareche«lametodicachepuòricavarsidalla 

lettura della Tabella A2» richiamata dall’art.6quater,leggen.13/2009«èconforme 

a quanto, peraltro, era contenuto in due 

pareri dell’Istituto Superiore di Sanità del 

2004 e del 2006 ed in uno dell’APAT del 

2006; essa, infatti, prevede che, qualora la 

presenza degli idrocarburi totali superi la soglia 

dello 0,1 % sarà necessario procedere ad 

ulteriori analisi per verificare se, all’interno 

dellafrazionediidrocarburipresentinelrifiuto 

da classificare come pericoloso o meno, 

siano presenti specifiche sostante indicate come 

cancerogene in misura superiore alla soglia 

che le qualifica come pericolose» (si veda 

la sentenza del 7 maggio 2009 del TAR di 

Milano,n.3651). 

Conclusioni 

Con la recente nota del 23 giugno 2009, 

prot. n. 20606, l’I.S.S. nel fornire una 

risposta agli specifici quesiti in merito alla 

classificazionedeirifiuticontenentiidrocarburipropostidallaRegioneVenetoconnota 

del 14 aprile 2009 ha, peraltro, integrato, 

il proprio precedente parere del 5 luglio 

2006, n. 36565, dando atto dell’entrata in 

vigore della legge n. 13/2009 e del richiamo 

alla tabella 2, Allegato A al D.M. 7 

novembre2008. 

L’I.S.S. ha, quindi, precisato come «le concentrazioniindicatenellatabellaA2delD.M.7/11/2008sianoriferiteailimitidiquantificazione 

che il metodo di analisi utilizzato dal 

laboratoriodeveessereingradodiraggiungere 

(omissis) e non indicano, pertanto, la concentrazione 

limite dei marker superata la 


quale il rifiuto è da classificare pericoloso» e 

come, quindi, «la concentrazione limite dei 

“marker” di cancerogenesi (idrocarburi policiclici 

aromatici classificati cancerogeni in 

base alla direttiva 67/548/CEE e s.m.i.) sia 

quella indicata nel parere dell’I.S.S. del 5/8/ 

2006 n. 36565, integrata con quella del 

Crisene, contenuto quest’ultimo nel 29° ATP 

delladirettiva67/548/CEEes.m.i.». 

Ciò nonostante, a fronte di interpretazioni 

tecniche non coerenti, il Ministero dell’Ambiente, 

con nota del 14 marzo 

2010, prot. n. 6123/TRI/DI, ha nuovamente 

chiarito che, conformemente al parere 

reso dall’I.S.S. del 23 giugno 2009, le 

concentrazioni indicate nella tabella A2, 

D.M. 7 novembre 2008, sono inequivocabilmenteriferiteailimitidiquantificazione 

che il metodo di analisi utilizzato dal labo 


Articolo 

ratorio deve essere in grado di raggiungere 

e non indicano, pertanto (come, invece, 

sostenutodaalcunitecnicidell’ARPAdella 

Regione Lombardia, cui la nota del Ministero 

è, infatti, rivolta), la concentrazione 

limitedeimarkersuperatalaqualeilrifiuto 

è da classificare pericoloso. Questa classificazione 

deve essere effettuata attraverso il 

rilevamentodellapresenzaeconcentrazione 

di uno o più “marker” di cancerogenesi 

di cui alla direttiva 67/548/CEE e succ. 

modd.eint. 

Quest’ultimo assunto è attualmente contenuto 

nelle note alla tabella A2 di cui al 

modificato D.M. 7 novembre 2008, nel 

quale espressamente si legge che «con la 

dizione limite di quantificazione richiesta si 

intendelaconcentrazionedianalistapiùbassa 

misurabile con metodo utilizzato dal laboratoriocheprocedeall’analisi». 

l 



Articolo 

l Interpretazioni diverse in base al significato assunto dal termine “spostati” 

Nello «schema di decreto legislativo recante norme per il recepimento della direttiva 

2008/98/CE» in materia di rifiuti, vengono esclusi dall’ambito di applicazione i sedimenti 

spostati all’interno di acque superficiali, a patto che i sedimenti non siano pericolosi e lo 

spostamento sia legato a gestione risorse idriche, prevenzione inondazioni o ripristino dei suoli. 

Grande attenzione va, quindi, posta al significato del termine “spostamento”, che, se interpretato 

in senso non corretto, può rendere inapplicabile la norma. 


Sedimenti dragati: la gestione 

nella direttiva 2008/98/CE 

l diFedericoPeres,B&PAvvocati 

Secondo la legge n. 84/1994 [1] , contenente 

anche la disciplina dei dragaggi nei siti di 

bonifica di interesse nazionale, i materiali 

dragati, se contaminati ma non pericolosi 

(all’origine o a seguito di specifico trattamento), 

non sono rifiuti, ove gestiti secondo le 

disposizionidellastessalegge [2] e,perl’effetto, 

possono essere collocati in via definitiva in 

appositestrutturedicontenimento.Ladottrinaharitenutocorrettal’esclusionedall’ambito 

di applicazione del D.Lgs. n. 152/2006, 

non solo per il chiaro dato letterale normativo, 

ma anche in ragione delle gravi e non 

giustificate conseguenze che deriverebbero, 

affermandoilcontrario.Anchelagiurisprudenzaprimadellamodificaorientatadiversamente 

[3] haconfermatol’esclusione:«Il 

materialederivantedaoperazionididragaggio 

deifondaliportualideveessereassoggettatoalla 

disciplina in tema di rifiuti quando detto materialevienegestitoconmodalitàdiversedaquelle 

indicatedall’art.5,commi11terequaterdella 

legge n. 84/1994 (relative rispettivamente all’immissioneerefluimentoinmaredimateriale 

non inquinato ovvero al conferimento di materiale 

idoneo all’interno di vasche di colmata 

realizzateconformementealladisciplinavigente),ovveroquandolecaratteristicheecotossicologiche 

di detto materiale, anche dopo i trattamentiprevistidallanormativaapplicabile,presentino 

valori di inquinamento superiori a 

quelli consentiti dalla normativa vigente per il 

loro conferimento nelle suddette vasche di colmata. 

[…] Sulla base della normativa vigente, 

lagestionedelmaterialederivantedaoperazioni 

di dragaggio, e specificatamente lo 

sversamento di detto materiale nella vasca di 

colmata, è attività che, laddove compiuta […] 

nella scrupolosa osservanza delle procedure 

dettate dai commi 11bis e seguenti della legge 

84/1994 e dal decreto del Ministero dell’Ambientedel7novembre2008,fuoriesconodal 

1) «Riordino della legislazione in materia portuale», come modificata dalla Finanziaria del 2007 (legge 27 dicembre 

2006, n. 296), che con l’articolo 1, commi 996997, ha introdotto all’articolo 5 i commi dall’11bis all’11sexies e 

modificatol’articolo8,letteram). 

2) Nel rispetto anche di quanto previsto dal decreto 7 novembre 2008, come recentemente modificato dal D.M. 4 agosto 

2010. 

3) CortediCassazione,sez.IIIpenale,21marzo2006,n.21488. 


la immediata e diretta sfera di operatività 

delD.Lgs.n.152/2006»(TribunaleLivorno, 

sentenza 2 gennaio 2009). In questo contesto 

si inserisce la direttiva 2008/98/CE in 

materia di rifiuti; in particolare, l’art. 2 

(«Esclusionidall’ambitodiapplicazione»)recita: 

«Fatti salvi gli obblighi risultanti da altre 

normativecomunitariepertinenti,sonoesclusi 

dall’ambito di applicazione della presente 

direttiva i sedimenti spostati all’interno di 

acque superficiali ai fini della gestione delle 

acqueedeicorsid’acquaodellaprevenzionedi 

inondazioni o della riduzione degli effetti di 

inondazioni o siccità o ripristino dei suoli, se è 

provato che i sedimenti non sono pericolosi». 

Nella versione più recente, lo «Schema di decretolegislativorecantenormeperilrecepimento 

della Direttiva 2008/98/CE» [4] richiama 

testualmente l’articolo della direttiva [5] . 

L’esclusione, valida ovviamente per tutto il 

territorio (e, quindi, oltre i confini dei SIN), 

operaaduecondizioni: 

l devetrattarsidisedimentinonpericolosi; 

l lo“spostamento”realizzaunadellefinalità 

indicatenellanorma,valeadire: 

gestionedelleacqueedeicorsid’acqua; 

prevenzionediinondazioni; 

riduzione degli effetti di inondazioni o di 

siccità; 

ripristinodeisuoli. 

Lanozionedi“spostamento” 

È possibile dare diverse interpretazioni del 

participiopassato«spostati»,adesempio: 

l isedimentinonsonorifiutiseillorospostamentoavvieneall’internodiacquesuperficiali,esclusapertantounaloromovimentazioneviaterra; 

l isedimentinonsonorifiutiseillorospostamentoavvieneall’internodiacquesuperficiali,intesocomelalororicollocazionenello 

stesso corso d’acqua o bacino dal quale 

eranostatirimossi; 

l i sedimenti non sono rifiuti se il loro «spostamento» 

avviene all’interno di acque su 


Articolo 

perficiali, laddove «spostamento» va inteso 

come“rimozione”(“dragaggio”). 

Nell’interpretare la norma occorre guardare, 

innanzitutto, al dato letterale, al senso delle 

parole(spostati)eallaloroconnessione: 

l inparticolare,laprimainterpretazioneproposta 

quella che ammetterebbe una movimentazione 

via mare escludendo quella 

via terra potrebbe risultare illogica sul 

pianoletteraledatodallaconnessionedelle 

parole,inquantol’obiettivoadesempiodi 

prevenire gli effetti delle inondazioni 

nonsirealizzaspostandoviamare(anziché 

viaterra)isedimentirimossi.Nonsembra, 

dunque,chesialo“spostamento”,come 

movimentazione, dei sedimenti da un 

luogoall’altro,agarantireilraggiungimentodiunodeiquattroobiettivi,bensìlaloro“rimozione”dalfondo; 

l parimenti, anche la seconda interpretazione 

proposta quella che vorrebbe limitare 

l’esclusioneaisedimentiprelevatiericollocati 

all’interno dello stesso bacino o corso 

d’acquanonpersuade.Essapotrebbe,infatti, 

risultare manifestamente incompatibile 

con la finalità di “ripristino dei suoli” 

(espressamente indicata dal legislatore), 

che, per essere realizzata, impone che i 

sedimenti siano collocati sulla terra ferma 

(ilchesarebbeincontrastoconunaricollocazionecircoscrittainunprecisoperimetro 

di acque superficiali). A ciò va, inoltre, aggiuntaladifficoltàdiindividuarel’effettivo 

ambito spaziale all’interno del quale la ricollocazione 

sarebbe ammessa; invero, se 

questa ricollocazione dovesse avvenire in 

unambitodelimitato,l’utilitàdell’intervento 

potrebbe essere compromessa in quanto,sesipensa,adesempio,allanecessitàdimantenerenavigabileuncanale,laricollocazionedeisedimentiall’internodellostessocanalecomporterà,conogniprobabilità, 

la necessità di intervenire più volte, nel 

tempo,suglistessisedimenti. 

Inultimaanalisi,sesiattribuisceall’espressio 

4) Con la legge n. 88/2009 (cosiddetta legge Comunitaria), il Parlamento ha conferito al Governo la delega con cui 

adottare, entro la scadenza del 12 dicembre 2010, il decreto legislativo recante le norme attuative della direttiva 

2008/98/CE. 

5) Art. 13 «fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di 

applicazionedellaParteQuartadelpresentedecretoisedimentispostatiall’internodiacquesuperficialiaifinidella 

gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di 

inondazioniosiccitàoripristinodeisuoliseèprovatocheisedimentinonsonopericolosiaisensidellaDecisione 

2000/532/CEdellaCommissionedel3maggio2000». 




Articolo 

ne «spostati» il senso letterale più vicino all’uso 

corrente (nel senso di “movimentare” o 

“ricollocare”) la norma potrebbe risultare, almenoinparte,inapplicabile. 

È, dunque, necessario ricorrere al criterio 

teleologico e ricercare la volontà del legislatore(cosiddettaratiolegis) 

[6] ;inquestomodosigiungeapreferirelaterzapropostainterpretativacheprevedecomenonsianorifiutii 

sedimentismossi(rimossi,otecnicamente, 

dragati) all’interno di acque superficiali, a 

patto che non siano pericolosi e che l’esigenza 

di rimuoverli dal fondo sia dettata 

per soddisfare le finalità indicate dal legislatore.Questainterpretazioneapparecoerenteconlavolontàdellegislatoreinquanto: 

l iltemadellagestionedeisedimenti(equello 

preliminare della loro qualifica) è da 

tempo fortemente avvertito in ambito comunitario; 

l è,dunque,correttoritenerecheconlanuova 

disposizione il legislatore abbia inteso 

fornire una effettiva soluzione; depone in 

questo senso anche un information paper 

redatto dalla CEDA [7] nel dicembre 2009 

che legge in questa norma un autentico 

puntodisvolta; 

l èevidente,inoltre,cheilparticipiopassato 

“spostati” sia connesso con le finalità 

espressamente indicate dalla norma come 

condizioni (necessarie ma non sufficienti) 

affinché i sedimenti siano esclusi dalla disciplinadeirifiuti; 

l l’esclusione è coerente con il sistema; si 

puòosservare,infatti,comel’approcciooggi 

meno rigoroso, da parte del legislatore 

comunitario,inmateriadigestionedirifiuti 

non pericolosi, emerga chiaramente dall’esame 

della direttiva 2008/98/CE (ad 

esempio, viene rimessa alla libera valutazione 

degli Stati membri la decisione di 

prevedereomenolatracciabilitàdeirifiuti 

nonpericolosi). 

Aulterioreriprovadellacoerenzarisulta,infine, 

chiara l’importanza degli interventi che giustificanol’esclusione,trattandosi,infatti,dioperechemiranoatutelarel’ambiente,lasaluteel’incolumitàdellepersoneinun’otticadiprevenzioneda 

calamitàqualiinondazioni,siccitàecc. [8] . l 

6) L’art.12,comma1,delledisposizionisullaleggeingeneraleèdedicato,appunto,all’interpretazionedellaleggeeprevede: 

«Nell’applicarelaleggenonsipuòadessaattribuirealtrosensochequellofattopalesedalsignificatopropriodelle 

parolesecondolaconnessionediesse,edallaintenzionedellegislatore».Ilcarattereprioritariodell’interpretazione 

letterale è stato più volte confermato dalla giurisprudenza: «L’interpretazione delle norme giuridiche consiste nella 

ricerca dell’effettiva volontà del legislatore anche al di là della formulazione letterale, quante volte il contesto, la 

sistematicaedilsensogeneraledellanormativapermettonodiritenerechecisiastatoerrorenellamanifestazionedi 

volontà»(ConsigliodiStato,sez.II,11dicembre1996,n.798). 

7) Permaggioridettagliwww.dredging.org. 

8) Si consideri, infine, che il verbo francese “dèplacer” poteva essere tradotto non solo come “spostare”, ma anche 

“smuovere”(ilcheavrebberesopiùimmediatoilragionamentoquisviluppato). 

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Articolo 

l Acqua. Lazio e Molise registrano i più bassi livelli di preventiva potabilizzazione 

Uso civile delle risorse idriche: 

l’indagine condotta da ISTAT 

fotografa lo stato dell’arte 

ha effettuato, nel 2008, una rilevazione sui servizi idrici con lo scopo di reperire 

informazionirelativeall’usodellarisorsaidricaascopopotabilechehaportatoastimareuna 

L’ISTAT 

crescita negli ultimi anni del volume di prelievo dell’acqua ad uso domestico soprattutto nel 

nordest. In particolare, nel caso di quantità di acqua ad uso potabile effettivamente consumata dai 

diversi utenti, il censimento dell’ISTAT stima un valore medio in incremento rispetto al 2005, 

evidenziando,comunque,notevolidifferenzetraidiversicomuniitaliani.Unadellaproblematicheda 

tenere in considerazione è la dispersione di acqua potabile nelle infrastrutture della rete di 

distribuzione. I rilievi riguardano anche la depurazione delle acque reflue domestiche, poiché 

informazioni corrette a riguardo permettono di prevenire fenomeni di inquinamento delle falde. 

l diMariaLuisaFelici,geologa 

La conoscenza delle risorse idriche disponibili 

rende possibile una maggiore tutela ambientale 

e fruizione da parte dei consumatori finali. Si 

pone in questa direzione la rilevazione effettuata 

dall’ISTAT, e riferita al 2008, sui servizi 

idrici con l’obiettivo di fornire informazioni statistiche 

sull’uso delle risorse idriche a scopo 

potabile, sul trattamento delle acque reflue e 

sui gestori del servizio idrico. 

Nell’anno in esame, le Autorità di ambito territoriale 

ottimale (AATO) [1] erano 91 rispetto alle 

92 previste dalla normativa di riforma dei servizi 

idrici. Gli AATO che hanno proceduto all’affidamento 

del servizio idrico integrato a gestori 

operativi sono stati 67, per un totale di 

111 gestori. Rispetto all’anno precedente, nel 

2008 si conferma la tendenza di molti comuni 

a trasferire la gestione dei servizi idrici, spesso 

in economia, a nuovi gestori affidatari, per cui il 

numero dei comuni in cui le società affidatarie 

gestiscono almeno una tipologia di servizio 

idrico passa da 4.052 nel 2007 a 4.729 del 

2008. Sebbene il trasferimento di gestione interessi 

tutte le regioni, in Molise e Valle d’Aosta 

non è stato ancora avviato il processo di riorganizzazione 

del servizio idrico integrato, mentre 

in Umbria e Basilicata può considerarsi ormai 

completato [2] . 

Prelieviepotabilizzazionedell’acqua 

Nel 2008, il prelievo nazionale d’acqua a uso 

potabile è stato pari a 9,1 miliardi di metri cubi 

1) L’autorità di ambito territoriale ottimale è il soggetto istituzionale a cui spetta il compito di svolgere tutte le attività 

precedentiesuccessiveall’affidamentodelservizioidricointegrato. 

2) Sivedadellostessaautrice, La gestione del servizio idrico,in Ambiente&Sicurezza,n.22/2009. 


Tabella1 

• 



Articolo 

d’acqua, un volume in crescita rispetto al 

2005dell’1,7%,edel2,6%secomparatocon 

il 1999. La diversa distribuzione delle piogge 

hacomportatocheleregionidelnordest(Veneto,FriuliVeneziaGiulia)edelcentro(Lazio) 

mostrinogliincrementipiùsignificatividiprelievirispettoadaltreareegeografiche,caratterizzate 

da una maggiore carenza idrica nel 

periodo19992008(sivedalatabella1). 

L’acqua viene prelevata da falde sia superficiali 

Prelievi di acqua ad uso potabile, per regione e ripartizione geografica anni 1999, 2005, 2008 

Regioni 

Prelievi di acqua a uso potabile* 

(milioni di metri cubi) 

Prelievi di acqua a uso potabile* 

(variazioni percentuali) 

2008 2005 1999 2008 2005 1999 

Piemonte 594 588 591 1,0 0,5 0,4 

V. Aosta/V. Aoste 40 38 38 5,7 1,5 4,1 

Lombardia 1.452 1.465 1.452 0,9 0,9 0,0 

Trentino AltoAdige 214 199 195 7,6 2,2 10,0 

Bolzano/Bozen 77 74 72 3,9 2,7 6,7 

Trento 137 125 123 9,8 1,9 11,9 

Veneto 730 702 678 3,9 3,6 7,7 

Friuli VeneziaGiulia 224 202 202 10,7 0,3 11,0 

Liguria 258 263 275 1,9 4,4 6,2 

EmiliaRomagna 517 526 509 1,6 3,4 1,7 

Toscana 460 448 432 2,8 3,6 6,5 

Umbria 116 115 112 0,9 2,4 3,3 

Marche 202 202 205 0,2 1,3 1,1 

Lazio 1.140 1.087 1.035 4,9 5,1 10,2 

Abruzzo 291 293 337 0,6 13,1 13,6 

Molise 161 160 166 0,5 3,1 2,6 

Campania 872 870 848 0,3 2,6 2,9 

Puglia 210 198 202 5,8 1,7 4,0 

Basilicata 316 319 316 1,0 0,8 0,1 

Calabria 388 374 360 3,8 4,0 8,0 

Sicilia 626 628 617 0,3 1,7 1,5 

Sardegna 298 280 307 6,3 8,6 2,9 

ITALIA 9.108 8.956 8.874 1,7 0,9 2,6 

Nordovest 2.343 2.353 2.356 0,4 0,1 0,6 

Nordest 1.685 1.629 1.583 3,5 2,9 6,5 

Centro 1.919 1.852 1.784 3,6 3,8 7,6 

Sud 2.238 2.213 2.227 1,1 0,6 0,5 

Isole 924 908 924 1,7 1,7 0,0 

*Fonte: ISTAT, 2009 


siasotterranee.Solitamente,leprimerichiedono, 

primadell’immissionenellaretedidistribuzione, 

untrattamentodipotabilizzazioneacausadella 

presenzaditraccediinquinamentoantropicoo 

disostanzetossichedioriginenaturale;lesecondesonospessodibuonaqualitàenonnecessitanodiunapreventivafasedipotabilizzazione. 

Imaggioriquantitatividiacquacontrattamento 

dipotabilizzazionesonoriscontratiinSardegna, 

Basilicata, Liguria ed Emilia Romagna; al contrario, 

regioni come Lazio e Molise registrano i 

piùbassilivellidipreventivapotabilizzazione. 

Per quanto riguarda l’immissione dell’acqua in 

rete, intendendo la quantità di acqua in uscita 

dai serbatoi comunali, il valore medio per abitantedi136m 

3 èrimastoinvarianteintuttietre 

gliannidicomparazione.Rispettoalvaloremedio, 

numerose regioni hanno presentato, nel 

2008,unvaloreinferiore [3] ;interminidilitridi 

acqua immessa al giorno per abitante, le differenzesononotevoli,inquantoilvaloreoscillatra 

i497dellaValled’Aostaei277dell’Umbria. 

Considerando, invece, la quantità di acqua ad 

uso potabile effettivamente consumata dai diversi 

utenti, il censimento dell’ISTAT calcola, 

peril2008,unamediadi92m 3 algiornoper 

abitante, con un incremento dell’1,2% rispetto 

al 2005, e dell’1% se calcolato in relazione al 

1999. I maggiori consumi sono registrati nella 

ProvinciaautonomadiTrento(127m 3 ),seguita 

da Valle d’Aosta (122), Lombardia e Trentino 

Alto Adige (115), Lazio (111), Liguria (107), 

mentre agli ultimi posti si attestano Sicilia e 

Campania(80),Marche(76),Umbria(69),Puglia 

(64). Anche in questo caso, ragionando in 

termini di litri di acqua erogata al giorno per 

abitante, si riscontrano scostamenti rimarchevolidaunaregioneall’altra,passandodai348litrialgiornoperlaProvinciaautonomadiTrento 

ai 174 litri al giorno della Puglia, a fronte di 

unconsumomediodi250litrialgiorno. 

Unpuntodolenteconnessoallerisorseidriche 

concerneladispersionediacquapotabilenelle 

infrastrutturedellaretedidistribuzione,dovute 

sia a perdite delle condotte, prelievi non 

autorizzati per lo più per gli usi agricoli o ad 

unamancataregolazionedelprelievoalmutamentoperiodicodeifabbisogni,siaallanecessità 

di garantire una continuità di afflusso alle 


Articolo 

conduttureealleadduzionidiacquaall’ingrossoconcessealleimpreseindustriali,inparticolareimpresealimentari,lequalinecessitanodi 

grandiquantitativipersvolgerelaloroattività 

produttiva. 

Ledispersionidiacquapotabilesonomisurate 

rispettoall’acquaerogataalconsumatorefinale,comeulteriorequotadiprelievonecessario 

per soddisfare le esigenze e come quota aggiuntivadiacquaimmessanellereticomunali. 

Per il 2008, il censimento ISTAT riporta che 

nelnostropaeseoccorreprelevare165litridi 

acquaperfornireun’erogazionedi100litridi 

acqua,conunadispersionedel65%,inflessione 

rispetto al 67% del 2005 e al 68% del 

1999.Rispetto,quindi,adunadispersionemedia 

di 65 litri, i maggiori scostamenti sono 

rilevati in Valle d’Aosta (158), Provincia autonomadiTrento(109),Sardegna(104).Lealtre 

regionisisituanoconvalorianchenettamente 

inferiore alla media, come EmiliaRomagna 

(44),Toscana(42),Lombardia(31). 

Considerandosoltantoledispersionidiretedi 

acquapotabiledovuteaperditedicondutture 

e alla mancata regolazione dell’immissione al 

variare delle necessità stagionali, la perdita 

media nazionale, per il 2008, è del 47%, di 

pocoinferioreal48%calcolatoperil2005eil 

1999. Le dispersioni più evidenti sono in Puglia 

(87 litri) e Sardegna (85), le minori nella 

ProvinciaautonomadiBolzano(26),LombardiaeTrentinoAltoAdige(27). 

Traicomuniconpiùdi200.000abitanti,Bari 

è al primo posto per le dispersioni di rete, 

seguitadaPalermo,Trieste,Catania,Roma. 

Ladepurazionedelleacquereflue 

La depurazione delle acque reflue è fondamentale 

per prevenire fenomeni di inquinamento 

interessanti falde idriche superficiali e 

sotterranee, corpi idrici (fiumi, laghi, invasi) e 

acquemarine,oltrechepergarantirelatutela 

dellasalutedellapopolazione. 

Il censimento dell’ISTAT ha rilevato, per ciascunimpianto,lacapacitàpotenzialedidepurazioneelacapacitàeffettivamenteutilizzata,intermini,rispettivamente,diabitantiequivalenti 

(AE) [4] e di abitanti equivalenti effetti 

3) Inparticolare,sitrattadiPiemonte(132),Veneto(127),EmiliaRomagna(110),Toscana(122),Umbria(101),Marche 

(102),Campania(131),Puglia(119),Sicilia(124)edellaProvinciaautonomadiBolzano(128). 

4) Gliabitantiequivalentirappresentanol’unitàdimisuraconcuièespressoilcaricoinquinanteorganicobiodegradabilein 

arrivo all’impianto di depurazione per cui un abitante equivalente è uguale a 60 grammi/giorno di BOD 5 (quantità di 

ossigenonecessariaperl’ossidazionebiochimicadeicompostiorganici,compostiossidabiliesostanzeinorganiche). 


Tabella2 



Articolo 

•Impianti di depurazione delle acque reflue domestiche in esercizio e relativa capacità potenziale 

ed effettiva, per tipologia di trattamento Anno 2008 

Tipologia di trattamento 

Impianti* 

(%) 

vi [5] . Gli impianti (si veda la tabella 2) sono 

classificatiinbasealtipoditrattamentoeffettuatosulleacquereflue: 

l primario; 

l secondario; 

l terziario [6] . 

Gli impianti di trattamento primario rappresentano 

il 53,2% delle strutture presenti in 

Italia per la depurazione delle acque reflue 

domestiche, corrispondenti ad una quota di 

capacitàpotenzialeparial4%edeffettivadel 

3,3%; gli impianti di tipo secondario costituisconoil36%,conil30,1%dicapacitàeffettiva 

e potenziale; gli impianti di tipo terziario 

sono il 10,8% del totale delle strutture, con il 

65,9%dicapacitàpotenzialee66,6%dicapacitàeffettiva. 

Gli impianti di depurazione realizzati nel 

2008hannoraggiuntounacapacitàcomplessiva, 

secondo il progetto di costruzione, di 

75,2 milioni di abitanti equivalenti, pari all’8,8% 

in più rispetto al 2005 e al 22,5% se 

correlataal1999.Complessivamentenelperiodo 

19992008, la potenza degli impianti è 

aumentatadel12,7%.Leregionipiùattivenel 

potenziamentodegliimpiantinell’arcotemporale 

esaminato sono state Umbria (87,3%) e 

Basilicata(77,2%)mentreCampaniaeLaziosi 

Capacità potenziale* 

(%) 

Capacità effettiva* 

(%) 

Primario 53,2 4,0 3,3 

Secondario 36,0 30,1 30,1 

Terziario 10,8 65,9 66.6 

Totale 100,0 100,0 100,0 

* Fonte: ISTAT, 2009 

collocanoagliultimiposti,rispettivamentecon 

il9,3%eil10,4%. 

Lacapacitàeffettivadegliimpiantiammontaa 

59 milioni di abitanti equivalenti, con un incremento 

del 7,7% rispetto al 2005, e del 

17,5% se posto in relazione al 17,5%. Nel 

totale si rileva un incremento del 26,6%. Le 

regioni che maggiormente hanno beneficiato 

di questo aumento sono Umbria, Basilicata, 

Calabria. Il minore incremento ha, invece, riguardatoEmiliaRomagna,PiemonteeProvinciaautonomadiTrento. 

Peril2008,ilcensimentoISTAThastimatoun 

fabbisogno di 100 milioni di abitanti equivalenti 

totali urbani come somma dei comuni 

italiani, includendo gli abitanti residenti nei 

comuni, gli abitanti pendolari per motivi di 

studio o lavoro, i pubblici esercizi alimentari, 

l’offerta turistica comunale, le microattività 

economiche, per lo più piccole industrie alimentari 

con al massimo 5 addetti, i cui reflui 

organici sono di norma convogliati nella rete 

fognariaurbana. 

Gliobiettividiservizio,perleregionidelMezzogiorno, 

per la depurazione delle acque reflue 

hanno stabilito che entro il 2013, il 70% 

della popolazione equivalente sia servita da 

impianti con trattamento almeno secondario. 

5) Gli abitanti equivalenti effettivi, invece, esprimono il carico inquinante biodegradabile effettivamente defluito negli 

impianti di depurazione. 

6) Il trattamento primario comporta la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici, in modo tale che prima 

dello scarico il BOD 5 delle acque di trattamento si riduca di almeno il 20% e i solidi sospesi totali per almeno il 50%. 

Il trattamento primario si effettua per lo più in vasche Imhoff, che permettono la chiarificazione dei reflui domestici 

provenienti da insediamenti civili di ridotte dimensioni. Il trattamento secondario comporta il trattamento biologico 

con sedimentazione secondaria o altro processo mediante biodischi, letti percolatori e vasche di aerazione. Il 

trattamento terziario si applica dopo i precedenti e può riguardare singoli processi chimicofisici, ad esempio la 

denitrificazione. 


Nel2008,lacapacitàdegliimpiantididepurazione 

urbana ha soddisfatto il 75,2% delle 

potenzialità necessarie, mentre la capacità effettivamenteutilizzataèparial59%deifabbisognodidepurazione.IlTrentinoAltoAdigeèlaregionechepresenta 

la più elevata percentuale di impianti di 

depurazioneconl’87,3%dicapacitàpotenziale 

e il 76,7% di capacità effettiva. Seguono 

Valle d’Aosta, Sardegna, Liguria, EmiliaRomagna,tutteregioniadaltavocazioneturistica 

stagionaleeche,quindi,mostranounconcreto 

interesse verso le questioni ambientali. Il Veneto, 

con il 66% di capacità potenziale e il 

51,6%dicapacitàeffettiva,seguitodaSiciliae 

Calabria sono, invece, regioni ancora lontane 

dalraggiungimentodell’obiettivo. 

Se si valutano le capacità degli impianti di 

depurazione delle acque reflue domestiche 


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Articolo 

per bacino di utenza, inteso come l’insieme 

minimodicomunichecondividonounoopiù 

depuratori, tra i 17 bacini con oltre 500.000 

abitanti equivalenti, il bacino di utenza di Rimini,checomprendeancheicomunidiRiccione 

e Cattolica, è in grado di soddisfare pienamentelenecessitàdepurative,conunacapacità 

annua del 126,5%. Comuni come Napoli, 

Bologna,Reggionell’Emilia,Genova,Bari,Milano 

e Torino presentano capacità depurative 

dioltreil90%;Varese,MonzaeRomaintorno 

all’80%, Bergamo e Como al 70%, Firenze, 

Palermo, Venezia e Padova sono, invece, tra il 

54 e il 62%. In termini di effettiva capacità 

depurativa utilizzata, il bacino di utenza di 

Rimini è ancora al primo posto con il 97,7% 

seguitodaGenova(81,3%),Bologna(80,1%), 

Bari (77,5%), Milano (74,4%) e all’ultimo postoPalermoconil26,8%. 

l 

ciascunfascicolodiperiodicodietropagamentoallaSIAEdelcompenso 

previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 

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Articolo 

l In tutte le regioni, per produzioni maggiori di 1 MW sarà obbligatoria la VIA 

Il decreto del Ministero dello Sviluppo economico 10 settembre 2010, reca in allegato, le «linee 

guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 

387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità 

da fonti rinnovabili, nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi». Dopo otto anni di 

conflitto tra Stato e regioni a causa dell’inapplicabilità del D.Lgs. n. 387/2003, per mancanza di 

linee guida, vengono stabilite, in dettaglio, le regole per ottenere l’autorizzazione unica (A.U.) e i 

casi in cui è necessaria solo la D.I.A. per la realizzazione dei piccoli impianti. 



delloSviluppo 

economico, 

10settembre2010, 

èdisponibilenella 

sezione“Notizie 

normative”delsito 


rezza.ilsole24ore.com 


Energia elettrica da rinnovabili: 

le “linee guida” illustrano l’iter 

per la realizzazione di impianti 

l diDavideManzoni,AltranItalia 

Con il decreto del Ministero delle Sviluppo 

economico, 10 settembre 2010 «Linee guida 

per l’autorizzazione degli impianti alimentati 

da fonti rinnovabili» (in Gazzetta Ufficiale del 

18settembre2010,n.219),sonostatepubblicate 

le linee guida per l’autorizzazione alla 

costruzione degli impianti alimentati a fonti 

rinnovabili, dopo quasi otto anni dall’emanazione 

del D.Lgs. n. 387/2003, che le prevedeva.Aseguitodellaconferenzaunificatacheavevaapprovato,l’8luglio2010,ilprovvedimentorelativoallaproceduradiautorizzazionesemplificataperlarealizzazionediimpiantidafontirinnovabili,tuttiglioperatoriattendevanoquestapubblicazione.Ildecretoministeriale10settembre2010definisceunavoltapertutte: 

l regolecomuniatutteleregioni; 

l nel dettaglio, regole per l’iter denominato 

«autorizzazione unica» riservato agli im 

piantisopralesoglieditagliaprevistedalla 

D.Lgs.n.387/2003; 

l l’iter semplificato nei casi di impianti più 

piccoli(percui,invece,bastaunasemplice 

D.I.A.). 

Il testo pone una particolare attenzione agli 

impianti eolici, per i quali è presente un allegatomoltoestesochedefiniscetutteleanalisi 

ambientali preliminari (sono, però, esclusi gli 

impianti eolici offshore che possono essere 

autorizzatisolodalMinisterodell’Ambientee 

dellatuteladelterritorioedelmare). 

AutorizzazionetramiteDIA 

oalcomune 

Lelineeguidadefiniscono,pertuttoilterritorio 

nazionale, le taglie di potenza massima per gli 

impianti,alimentatidallediversefonti rinnovabili, 

che possono essere autorizzati con una 

sempliceDIA [1] (denunciadiinizioattività). 

1) LaddovefosseronecessarieconcessionioautorizzazioniambientaliepaesaggistichedevonoessereacquisiteeallegateallaD.I.A.. 


Inoltre, definiscono i cosiddetti impianti minori, 

integrati negli edifici che, considerati “attività 

di edilizia libera” possono essere autorizzati 

attraverso unacomunicazionediiniziolavorialcomune. 

Nel dettaglio, sarà sufficiente la DIA per la 

realizzazione di: 

l impianti fotovoltaici sugli edifici, con superficie 

dei pannelli non superiore a quella 

del tetto; 

l miniimpianti con capacità di generazione 

inferiore a 20 kW; 

l impianti elettrici di cogenerazione a biomasse, 

con capacità massima inferiore a 

1.000 kWe (piccola cogenerazione) e a 

3.000 kWt; 

l impianti a biomasse con capacità di generazione 

inferiore o uguale a 200 kW; 

l impianti eolici con capacità di generazione 

inferiore a 60 kW; 

l impianti idroelettrici e geotermoelettrici 

con capacità di generazione inferiore a 

100 kW. 

Si sottolinea che le soglie di taglia minime per 

la DIA (che rispondono ai criteri previsti della 

direttiva europea del 2001) [2] sono le stesse 

già introdotte dal D.Lgs. n. 387/2003, ma 

attualmente non ancora applicate. Sarebbe 

stato, forse, più utile elevarle già tutte a 1 

MW come previsto dalla nuova normativa 

europea del 2009 [3] . 

Gli impianti minori che potranno essere installati 

semplicemente previa comunicazione 

di inizio lavori indirizzata al sindaco sono i 

seguenti: 

l fotovoltaico integrato negli edifici; 

l minieolico; 

l miniidroelettrico in edifici esistenti; 

l torri anemometriche; 

l impianti a biomassa fino a 50 kW. 

Autorizzazioneunica 

Gli impianti di taglia superiore alle soglie indicate 

precedentemente devono essere autorizzati 

tramite un procedimento denominato autorizzazione 

unica (A.U.); con questo temine 

si intende un’unica pratica che verrà approvata 


Articolo 

da un unico ente (regione o provincia delegata). 

Il procedimento unico si svolge tramite conferenza 

di servizi, nell’ambito della quale confluiscono 

tutti gli apporti amministrativi necessari 

per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, 

delle opere connesse e delle 

infrastrutture indispensabili. 

I diversi procedimenti saranno avviati in base 

all’ordine cronologico di presentazione delle 

domande. Entro 15 giorni dalla presentazione 

della domanda, l’amministrazione competente, 

verificata la completezza formale della 

documentazione, comunica al richiedente 

l’avvio del procedimento oppure comunica 

l’improcedibilità per carenza della documentazione 

prescritta (in questo caso, il procedimento 

può essere avviato solo alla data di 

ricevimento dell’istanza completa). 

Trascorsi 15 giorni senza comunicazioni, il 

procedimento si intende avviato ed entro 30 

giorni dal ricevimento della domanda l’amministrazione 

è tenuta a convocare la conferenza 

dei servizi. 

La conclusione del procedimento unico non 

può essere di oltre 180 giorni a partire dalla 

data di ricevimento dell’istanza (tenuto conto 

delle eventuali sospensioni per richieste di 

integrazione). In caso contrario, le pubbliche 

amministrazioni sono tenute al risarcimento 

del danno ingiusto cagionato al proponente. 

I documenti da presentare sono indicati in 

tabella 1, mentre nel box 1 si elencano le 

concessioni, i nulla osta o atti di assenso che 

confluiscono nel procedimento unico. 

UlteriorivalutazionieVIA 

Le province e le regioni, nel concedere l’autorizzazione 

unica, valuteranno: 

l l’inserimento nel paesaggio degli impianti; 

l l’adesione a norme ISO 9001, 14001 ed 

Emas; 

l la valorizzazione delle fonti rinnovabili già 

presenti; 

l il minor consumo di territorio; 

l l’utilizzo di aree già degradate dall’uso 

umano (cave, discariche, ecc.); 

l la progettazione in armonia con il paesaggio; 

2) Direttiva2001/77/CEdelParlamentoedelConsigliodel27settembre2001 «sulla promozione dell’energia elettrica 

prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità»(G.U.C.E.Ldel27/10/2001,n.283). 

3) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 «sulla promozione dell’uso 

dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttiva 2001/77/CE e 2003/ 

30/CE»(G.U.C.E.Ldel5/6/2009,n.140). 



Articolo 

Tabella1 

• Documento da presentare per l’ottenimento dell’autorizzazione unica 

Documento Dettagli 

Progetto definitivo dell’iniziativa comprensivo delle opere per la connessione alla rete, delle altre infrastrutture indispensabili 

previste, della dismissione dell’impianto e del ripristino dello stato dei luoghi. Il ripristino, per gli 

impianti idroelettrici, è sostituito da misure di reinserimento e recupero ambientale 

Relazione tecnica contenente: 

copia di certificato camerale; 

descrizione delle caratteristiche della fonte utilizzata, con l’analisi della producibilità attesa, 

ovvero delle modalità di approvvigionamento e, per le biomasse, anche la provenienza della risorsa 

utilizzata; per gli impianti eolici andranno descritte le caratteristiche anemometriche del sito, le 

modalità e la durata dei rilievi, che non può essere inferiore a un anno, e le risultanze sulle ore 

equivalenti annue di funzionamento; 

la descrizione dell’intervento, delle fasi, dei tempi e delle modalità di esecuzione dei complessivi 

lavori previsti, del piano di dismissione degli impianti e di ripristino dello stato dei luoghi, ovvero, 

nel caso di impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento e recupero ambientale proposte; 

una stima dei costi di dismissione dell’impianto e di ripristino dello stato dei luoghi ovvero, nel 

caso di impianti idroelettrici, delle misure di reinserimento e recupero ambientale proposte; 

un’analisi delle possibili ricadute sociali, occupazionali ed economiche dell’intervento a livello 

locale per gli impianti di potenza superiore ad 1 MW 

Certificato disponibilità territorio nel caso di impianti alimentati a biomassa e di impianti fotovoltaici, è allegata la 

documentazione da cui risulti la disponibilità dell’area su cui realizzare l’impianto e delle opere 

connesse, comprovata da titolo idoneo alla costruzione dell’impianto e delle opere connesse, 

ovvero, nel caso in cui sia necessaria, la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità delle opere 

connesse e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, corredata dalla documentazione 

riportante l’estensione, i confini e i dati catastali delle aree interessate e il piano particellare; questa 

documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso il progetto subisca modifiche 

durante la fase istruttoria; 

per gli impianti diversi da biomassa e fotovoltaico, la documentazione da cui risulti la 

disponibilità dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse ovvero, 

nel caso in cui sia necessaria la procedura di esproprio, la richiesta di dichiarazione di pubblica 

utilità dei lavori e delle opere e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio corredata dalla 

documentazione riportante l’estensione, i confini e i dati catastali delle aree interessate e il piano 

particellare; questa documentazione è aggiornata a cura del proponente nel caso il progetto 

subisca modifiche durante la fase istruttoria 

Concessione per gli 

impianti idroelettrici 

Preventivo per la connessione 

redatto dal GSE o della rete 

di distribuzione 

Certificato di destinazione 

urbanistica 


concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico qualora sia stata già acquisita 

al preventivo sono allegati gli elaborati necessari al rilascio dell’autorizzazione degli impianti di rete 

per la connessione, predisposti dal gestore di rete competente, nonché gli elaborati relativi agli 

eventuali impianti di utenza per la connessione, predisposti dal proponente. Entrambi i predetti 

elaborati sono comprensivi di tutti gli schemi utili alla definizione della connessione 

ed estratto dei mappali e delle norme d’uso del piano paesaggistico regionale in riferimento alle 

aree interessate dall’intervento nonché, ove prescritta, la relazione paesaggistica di cui al D.P.C.M. 

12 dicembre 2005 

VIA ove prescritta, documentazione prevista dal D.Lgs. n. 4/2008, per la verifica di assoggettabilità alla 

VIA, ovvero per la valutazione di impatto ambientale e la valutazione di incidenza, relativa al 

progetto 


Ricevuta di pagamento 

degli oneri istruttori 

Impegno alla corresponsione 

all’atto di avvio dei lavori 

di una cauzione a garanzia 

della esecuzione degli interventi 

di dismissione e delle opere 

di messa in pristino 

Copia della comunicazione 

effettuata alla Soprintendenza 

per verificare la non sussistenza 

di procedimenti di tutela 

del territorio 

ove previsti 

l irequisitidiinnovazionetecnologica; 

l il coinvolgimento dei cittadini al processo 

diprogettazione. 

noltre, in aree agricole DOC, DOP, IGP, ci 

sarannomaggioricontrolli.Intutteleregioni, 

per gli impianti superiori ad 1 MW, 

saràobbligatorialavalutazionediimpattoambientale(VIA). 

Siti nonidonei 

Le regioni potranno individuare aree e siti 

nonidoneiall’installazionedispecifichetipologie 

di impianti. Tuttavia, per ciascuna area 

dichiarata non idonea, le regioni dovranno, 

poi, spiegare i motivi dell’esclusione, che saranno 

relativi a esigenze di tutela dell’ambiente, 

del paesaggio e del patrimonio culturale.Apriori,quindi,nessunsitopuòessere 

considerato inidoneo, ma si devono 

verificarealcunicriterispecifici. 

Nellezoneagricole,caratterizzatedaproduzioniagroalimentaridiqualità(comequelle 

tradizionali o biologiche, o come, per esempio,leproduzioniD.O.P.oI.G.P.)e/odiparticolare 

pregio rispetto al contesto paesaggisticoculturale, 

deve essere verificato che 


Articolo 

da versare a favore dell’amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa 

secondo l’importo stabilito in via generale dalle regioni o dalle province delegate in proporzione al 

valore delle opere di rimessa in pristino o delle misure di reinserimento o recupero ambientale; la 

cauzione è stabilita in favore dell’amministrazione che sarà tenuta ad eseguire le opere di rimessa 

in pristino o le misure di reinserimento o recupero ambientale in luogo del soggetto inadempiente; 

questa cauzione è rivalutata sulla base del tasso di inflazione programmata ogni 5 anni. Le regioni 

o le province delegate, avvalendosi delle agenzie regionali per l’ambiente, possono motivatamente 

stabilire, nell’ambito della Conferenza dei servizi, differenti soglie e/o importi per la cauzione 

parametrati in ragione delle diverse tipologie di impianti e in relazione alla particolare 

localizzazione dei medesimi 

Nelcasoincuiilpreventivoperlaconnessionecomprendaunastazionediraccoltapotenzialmenteasservibilea 

più impianti e le opere in esso individuate siano soggette a valutazione di impatto ambientale, la relazione che il 

gestore di rete rende disponibile al produttore, redatta sulla base delle richieste di connessione di impianti ricevute 

dall’azienda in riferimento all’area in cui è prevista la localizzazione dell’impianto, comprensiva dell’istruttoria di cui al punto 

3.1, corredata dei dati e delle informazioni utilizzati, da cui devono risultare, oltre alle alternative progettuali di massima e le 

motivazioni di carattere elettrico, le considerazioni operate al fine di ridurre l’estensione complessiva e contenere l’impatto 

ambientale delle infrastrutture di rete. 

l’insediamento e l’esercizio dell’impianto 

noninterferiscanegativamenteconleattivitànelsettoreagricolo,«conparticolareriferimento 

alla valorizzazione delle tradizioni 

agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, 

così come del patrimonio culturale e 

delpaesaggiorurale». 

Possono, altresì, essere considerati siti e aree 

nonidonee: 

l iprogettiricadentineisitiinseritinellalista 

delpatrimonioUnesco; 

l le zone all’interno di coni visuali la cui 

immagineèstoricizzataeidentificailuoghi 

ancheinterminidinotorietàinternazionalediattrattivitàturistica; 

l le zone situate in prossimità di parchi archeologici 

e nelle aree contermini a emergenzediparticolareinteresseculturale,storicoe/oreligioso; 

l le aree naturali protette ai diversi livelli 

(nazionale, regionale, locale) comprese le 

zoneumidediimportanzainternazionale; 

l le aree incluse nei siti della Rete Natura 

2000; 

l leimportantbirdarea; 

l le aree che, comunque, svolgono funzioni 

determinanti per la conservazione della 


Box1 



Articolo 

lConcessioni,nullaostaoattidiassensocheconfluiscononelprocedimentounico 

l autorizzazioneambientaleintegrata(AIA); 

l autorizzazionepaesaggistica; 

l valutazionedell’impattoambientalestataleoregionale(VIA); 

l autorizzazionealleemissioniinatmosfera; 

l autorizzazioneallagestionedeirifiuti; 

l nullaostadicompetenzadell’entedigestionedell'areaprotetta; 

l permessodicostruiredelcomuneinteressato; 

l parerediconformitàdelprogettoallanormativadiprevenzioneincendi; 

l nullaostadelleForzeArmateperleservitùmilitarieperlasicurezzadelvoloabassaquota(solosenecessarioesolonel 

casodiimpiantiubicatiinprossimitàdizonesottoposteavincolomilitare); 

l nullaostaidrogeologico; 

l nulloosta sismicoeperlasicurezzadelvolo(dapartediEnacedEnav); 

l mutamentodidestinazioned’usotemporaneoodefinitivodeiterrenigravatidausocivico; 

l autorizzazionealtagliodeglialberi; 

l verificadicoerenzaconilimitialleemissionisonore; 

l nullaostadell’ispettoratodelministerodelleComunicazioni(attualmenteMse); 

l autorizzazioneall’attraversamentoeall’usodellestrade; 

l autorizzazioneagliscarichirilasciatadall’autoritàcompetente; 

l nullaostaminerariorelativoall'interferenzadell’impiantoedellerelativelineedicollegamentoallareteelettricaconle 

attivitàminerarie. 

biodiversità delle specie rare, endemiche, 

vulnerabili,arischiodiestinzione; 

l leareecaratterizzatedasituazionididissesto 

e/o rischio idrogeologico perimetrate nei 

pianidiassettoidrogeologico(P.A.I.)adottati 

dallecompetentiAutoritàdibacino. 

Misurecompensativepericomuni 

Come già stabilito dal D.Lgs. n. 386/2003, 

l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti 

non può prevedere misure di compensazione 

a favore di regioni e province, 

ma eventualmente solo a favore dei comuni 

ospitanti.Tuttavia,anchepericomuni,lemisure 

compensative non dovranno essere monetarie, 

ma potranno consistere in interventi 

di miglioramento ambientale, di efficienza 

energeticaodisensibilizzazionedeicittadini. 

Inoltre, «il contributo di costruzione non è dovuto». 

Le regioni possono imporre oneri 

istruttori al proponente per massimo lo 

0,03%dell’investimento. 

Sitowebregionierelazioniannuali 

Unaattenzionespecialeèstatapostaallatrasparenza 

da parte degli enti attraverso il 

web; le regioni (o le province delegate) dovrannopubblicare,sulpropriositoweb: 

l leinformazionicircailregimeautorizzatorio 

diriferimentodiognitipologiadiimpianto; 

l l’autoritàcompetentealrilasciodeltitolo; 

l l’eventualedocumentazionedaallegarerelativa 

alle competenze degli enti tenuti a 

esprimersi nell’ambito del procedimento 

unico; 

l ilnumerodicopienecessario; 

l le modalità e i termini di conclusione dei 

relativi procedimenti, fornendo l’apposita 

modulistica per i contenuti dell’istanza di 

autorizzazioneunica. 

Inoltre, si dovranno pubblicare su web gli 

elenchi e le planimetrie delle aree e dei siti 

dichiaratinonidonei. 

Lerelazioniannualidelleregioniaiministericompetenti,dovrannocomunicare: 

l il numero di richieste di autorizzazione 

pervenute (quali effettivamente autorizzateequalino); 

l iprocedimentipendenti; 

l iltempomedioperautorizzazioni; 

l idatisupotenza; 

l le proposte per migliorare l’efficienza del 

sistema. 

Sitieolici 

Sono previste, poi, alcune norme specifiche 


per quanto riguarda gli impianti eolici industrialisoggettiadautorizzazioneunica. 

Il provvedimento stabilisce che le analisi sul 

territoriodovrannoessereeffettuateattraversouna«attentaepuntualericognizioneeindaginedeglielementicaratterizzantiequalificantiilpaesaggio»,alfinedidefinirel’areadivisibilitàdellepaleeglieffetticumulatividerivanti 

dallacompresenzadipiùimpianti. 

Un’altra analisi richiesta riguarda i diversi livelliditutela;infatti,sidevedare: 

l l’indicazionedellapresenzadibeniculturali; 

l l’analisi delle caratteristiche del paesaggio 

nelle sue diverse componenti, naturali e 

antropiche; 

l l’evoluzionestoricadelterritorioel’intervisibilità 

dell’impianto nel paesaggio, curandoincerticontestipanoramici,adesempio, 

la conoscenza dei colori, dei materiali esistentieprevalentinellezonepiùvisibili. 

Per quanto riguarda le misure di mitigazione 

sulterritoriodegliimpiantieolici,ilprovvedimentosuggeriscediassecondarelegeometrie 

consuete del territorio, l’utilizzo di materiali 

drenantinaturali,l’interramentodeicavidotti 

amediaebassatensione. 

Mentre, per quanto riguarda l’impatto su flora, 

fauna ed ecosistemi, si fa riferimento al 

danneggiamentoe/oallaeliminazionediretta 

dihabitatespeciefloristiche. 

Altreraccomandazioniriguardanol’analisidelleinterazioniconlageomorfologiadelterreno, 


Articolo 

quelle con le sorgenti sonore e le interferenze 

elettromagnetichesulletelecomunicazioni. 

Infine,alterminedellavitautiledell’impianto, 

sideveprocederealladismissioneealripristino 

del sito in condizioni analoghe allo stato 

originario(con,adesempio,interventidiriforestazione 

e afforestazione). Inoltre, se l’impianto 

risulterà non operativo da più di 12 

mesi,adeccezionedispecifichesituazionideterminatedainterventidimanutenzioneordinaria 

o straordinaria, il proprietario dovrà 

provvedereallasuadismissione. 

Tempistichediapplicazione 

Le linee guida entreranno in vigore il 15° 

giornosuccessivoalladatadipubblicazioneinGazzettaUfficialeeleregioniavrannoa 

disposizione90giorniperadeguarsi. 

Conclusioni 

Insieme alla soddisfazione di molti operatori, 

non mancono le critiche al D.M. 10 settembre 

2010.Inparticolare,iprincipalilimitidenunciati 

sono relativi al fatto che non sono state ancora 

applicate tutte le novità prevista nella direttiva 

del2009/28/CE,laqualeprevedechel’autorizzazioneunicaènecessariasoloperimpianti(a 

prescinderedallafonte)sopra1MWdipotenza 

elettrica.Inoltre,inmeritoagliimpiantidicogenerazione, 

va ricordato che non è stato ancora 

recepitoilD.Lgs.n.56/2010,perlasemplificazionedegliimpiantifinoa3MW. 

l 

Norme, progetti, appalti, mercati. 

Informazioni e abbonamenti al sito http://vetrina.ilsole24ore.com/ediliziaterritorio 



Articolo 

l Tutela ambientale. Diverse le modifiche nella struttura della governance 

La recente pubblicazione di un decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del 

territorio e del mare ha concluso l’iter di istituzione di ISPRA, avviato con la legge n. 

133/2008. I compiti del nuovo Istituto si pongono in sostanziale continuità con quelli 

precedentemente detenuti dalla soppressa APAT, mentre diverse sono le modifiche apportate 

nella struttura di governance. Tra le questioni ancora aperte la definizione dei rapporti di 

ISPRA con il sistema delle ARPAAPPA. A sedici anni dalla legge n. 61/1994, si ravvisa la 

necessità di una riforma complessiva del settore dei controlli ambientali. 



dell’Ambienteedella 

tuteladelterritorioe 

delmaren.123/2010 

èdisponibilenella 

sezione“Notizie 

normative”delsito 




Funzioni e regolamento ISPRA: 

terminato il processo istitutivo 

con il D.M. n. 123/2010 

l diGiovanniFantini,avvocato,dirigenteARPAEmiliaRomagna 

LefunzionidelnuovoIstituto 

Loscorso2agosto,dopounlungopercorsodi 

approvazione,ègiunto,inGazzettaUfficiale,il 

decreto del Ministero dell’Ambiente n. 123/ 

2010,recanteilregolamentodiorganizzazionediISPRA. 

Questo provvedimento, adottato di concerto 

conilMinisterodell’Economia,dovrebbeporrelecondizioniperlafinedellagestionecommissarialedell’ente,disciplinandolemodalità 

di fusione nel nuovo Istituto, dei disciolti 

ICRAM (struttura operante nel settore del 

monitoraggio marino), INFS (il riferimento 

nazionaleperlostudiodellafaunaselvatica)e 

soprattutto di APAT (agenzia per la protezionedell’ambienteeiservizitecnici)sortaasuavoltadall’evoluzionediANPA,laprimaagenzia 

ambientale istituita, a seguito del referendumdel1993,conlaleggen.61/1994. 

L’istituzione di ISPRA, e la contestuale soppressione 

dei tre enti preesistenti, risale alla 

legge n. 133/2008, la quale, all’art. 28, ha 

intrapreso una riforma delle strutture statali 

operanti nel settore del controllo e della prevenzioneambientale. 

I compiti istituzionali di ISPRA sono attualmentemegliodefinitidall’art.2,D.M.n.123/ 

2010,ilqualeattribuisceall’Istitutofunzionidi 

ricerca, controllo, monitoraggio e informazioneambientaleconriferimentoalletradizionalimatricigiàpresidiatedaAPAT(acque,atmosfera, 

suolo e sottosuolo), alle quali vanno ad aggiungersi 

la tutela della biodiversità marina e 

terrestre,dellanaturaedellafaunaomeoterma. 

Il decreto, sotto questo profilo, pare peraltro 

porsi in una linea di continuità istituzionale in 

quantolefunzionidiISPRAsonodifattodefiniteperrelationemrichiamandoquellegiàdispecificacompetenzadiAPAT,ICRAMeINFS.Aconfermadiquestaimpostazioneèintervenuto 

anche il D.Lgs. n. 128/2010, cioè l’ultimo 

correttivo del Testo unico ambientale, il 

quale, all’art. 4, si premura di chiarire che 

all’interno del D.Lgs. n. 152/2006 ogni richiamo 

alla soppressa APAT deve ora intendersiriferitoalnuovoISPRA. 


È questa indubbiamente una precisazione 

utile che risolve possibili dubbi interpretativi 

sul ruolo di ISPRA nelle varie discipline di 

settorecontemplatenelTUA. 

Una definizione più dettagliata, anche sotto il 

profilo quantitativo, delle attività istituzionali 

cheISPRAèchiamataagarantiresarà,inoltre, 

oggettodiunaconvenzionetriennalestipulata 

dallo stesso Istituto con il Ministero dell’Ambiente.Questaconvenzionedovràanchecontenereindicazionidicaratterefinanziarioegli 

obiettivi che l’Istituto dovrà raggiungere per 

ciascunesercizio(art.12,D.M.n.123/2010). 

L’organizzazioneelastruttura 

digovernance 

Passando ai profili della governance si deve, 

invece, evidenziare come la struttura gestionale 

di ISPRA si discosti radicalmente da 

quelladiAPAT. 

Infatti,selasoppressaagenziaerasostanzialmenterettadaunorganomonocraticoindividuato 

nel direttore generale, all’interno di 

ISPRAèprevistounorganigrammaalquanto 

articolatoformatodaunpresidente,unconsiglio 

di amministrazione di sei membri, un 

consiglioscientificoeundirettoregenerale. 

Relativamente alla procedura di nomina del 

presidente,ilquale,detenendoanchelalegalerappresentanzadell’ente,rappresentailveroverticedell’Istituto,sideveevidenziarecome 

il testo finale del decreto abbia tenuto 

conto del parere formulato dalla Commissione 

Ambiente della Camera il 16 marzo scorso, 

nel quale si richiedeva che sul candidato 

proposto dal Ministro dell’Ambiente vi fosse 

ancheunpronunciamentoparlamentare. 

Peraltro viene previsto un meccanismo di silenzioassensoinquantoseentroventigiorni 

dalla richiesta del Governo le competenti 

commissioninonformulanoilproprioparere 

siprocedecomunqueallanominacondecretodelPresidentedelConsigliodeiMinistri. 

Relativamente alla struttura organizzativa di 

ISPRAsidevesegnalare,infine,comeilregolamentoapprovatoconilD.M.n.123/2010nonsaràl’unicafontediriferimento;èinfattiprevistal’approvazione,sempretramitedecretoministeriale,diunostatutochedovrebbeoccuparsi 

di meglio definire l’organizzazione dei vari 

settoriinternidell’Istituto,prevedendolaseparazione 

dell’attività di ricerca e di consulenza 

tecnicoscientificadaquellaamministrativa. 


Articolo 

Lesedidecentratesulterritorio 

Come già evidenziato l’iter di approvazione 

delD.M.n.123/2010èstatoparticolarmente 

complesso, ciò anche a causa dei rilievi formulati, 

in sede consultiva, dal Consiglio di 

Stato. 

Igiudici,infatti,sisonopronunciatisulloschemadeldecretoconduedistintipareri: 

l il primo, dell’8 ottobre 2009, incentrato 

principalmente sulle disposizioni riguardantil’assunzioneel’utilizzodelpersonale; 

l il secondo, dell’8 febbraio 2010, che richiama,invece,l’attenzionesullanecessità 

diunmaggioreepiùesplicitoraccordotra 

le articolazioni territoriali di ISPRA e le 

agenzie regionali per la protezione ambientale. 

Infatti,edèquestaunadellenovitàprincipali 

introdottedalD.M.n.123/2010(inparticolarel’art.1),nelnuovoIstitutodiricercapotrannoessereattivateanchesedioperativedecentrate, 

le quali avranno il compito di erogare 

“assistenza tecnica e consulenza strategica” 

alle pubbliche amministrazioni non solo statali,maanchelocali. 

Questa disposizione, inserita anche per risolvereleproblematichelogistichederivantidallafusionediAPAT,ICRAMeINFS,nonmancheràprobabilmentediprodurreattriticonlenormativeregionalicheattribuisconodatempo 

alle ARPA funzioni potenzialmente sovrapponibili 

con quelle delle future sedi decentratediISPRA.AtalriguardosisegnalacomelastessaConferenza 

delle Regioni e delle Province Autonome,attraversounanotadelpropriopresidente,delloscorso11marzo,abbiaevidenziatola 

possibile interferenza della disposizione in 

questione con l’assetto ordinamentale attualmente 

consolidato, che vede appunto nelle 

Agenzieregionali,enoninISPRA,ilprincipalestrumentodisupportotecnicoallefunzioni 

di amministrazione attiva detenute dal sistemaregionaleelocale. 

L’attivitàafavoredisoggettiprivati 

Oggetto di alcune perplessità paiono essere, 

inoltre, quellepartidelD.M.n.123/2010(in 

particolaregliarticoli3e13)doveadISPRA 

vieneconsentitodisvolgereattivitàdi«consulenza»edi«venditadiservizieprodotti»anche 

afavoredisoggettiprivati,potendoalloscopo 

anchecostituireconsorzi. 




Articolo 

Questedisposizioni,ancheseedulcoratenella 

versione finale del decreto per accogliere i 

rilievi mossi dalla Commissione Ambiente 

della Camera, non sembrano del tutto conferenti 

ad un ente come ISPRA che dovrebbe 

avere come prioritaria mission istituzionale il 

coordinamento tecnico della rete nazionale 

deicontrolliambientali. 

Peraltroun’attivitàconsulenzialetroppospinta, 

oltre a contrastare con gli obblighi di terzietà 

ai quali l’Istituto è tenuto, può porre 

problematichedidistorsionedellaconcorrenzaedicorrettofunzionamentodelmercato. 

Sidevericordare,infatti,cheneiprimiannidi 

attivitàdelsistemadelleagenzieambientalila 

competente authority ebbe modo di emanare 

una segnalazione (documento AGCM n. 

18922/2002) per stigmatizzare «l’ingiusto 

vantaggioconcorrenzialeneiconfrontideglioperatoridelmercato»chederiverebbedall’attività 

delle agenzie ambientali effettuate nei confrontideiprivati,qualoralastessanonsiaposta 

all’internodiunaprecisaregolamentazione. 

Diquestomonitomolteagenzieregionalihannotenutoconto,riducendoinmanieradrastica 

leentratefinanziarieprovenientidallafornitura 

diprestazioneasoggettiterzinonistituzionali. 

Nonèdicertoauspicabilechequesteattivitàdi 

mercatosianoorariassuntedaISPRA. 

Conclusioni 

Dal veloce esame del D.M. n. 123/2010, 

emergenelcomplessolavocazionediISPRA 

a divenire sempre più l’ente tecnicoscientificodiriferimentodirettodelMinistero,alqualesonoriservatipregnantipoteridivigilanza.Giàl’art.1disponeinfattiche«ISPRAèsottopostaalcontrollodelMinistrocheimpartiscele 

direttive generali alle quali l’Istituto si attiene 

nelperseguimentodeicompitiistituzionali». 

Perlaveritàanchesottoquestoprofiloèravvisabile 

una certa continuità di fondo con la 

normativa previgente in quanto è indubbio 

che già il D.Lgs. n. 300/1999, prevedendo 

l’istituzionedellevarieagenzieministeriali,tra 

le quali APAT, avesse sancito una sensibile 

compressionedeilivellidiautonomiadiquesta 

struttura rispetto a quanto originariamente 

previstodallaleggen.61/1994perl’ANPA. 

Da tempo, pertanto, la scelta del legislatore, 

appartenente tra l’altro a maggioranze diverse,èstataquelladinonaffidareilsettoredella 

prevenzione ambientale ad authority, titolari 

di vere e proprie funzioni di regolazione e 

caratterizzate da un apprezzabile grado di 

indipendenzaordinamentale. 

Inaltriambitisivedadirecentel’agenziaperla 

sicurezzanuclearedicuiallaleggen.99/2009 

sonostatefattesceltediverseprevedendo,ad 

esempio,chegliorganidivertice,nominaticon 

decretodelPresidentedellaRepubblicaprevio 

parerevincolantedellecompetenticommissioniparlamentari,rimanendoincaricasetteanni 

non siano strettamente legati al mandato del 

Governochelihadesignati. 

Si tratta, comunque, di opzioni politiche sul 

cuimeritononsivuoleentrareinquestasede. 

Ciò che, invece, si può evidenziare è come il 

D.M. n. 123/2010, e ancor prima l’art. 28, 

legge n. 133/2008, costituiscano la fase di 

avvio di una riforma che non può ritenersi 

esaurita. 

Si tratta, infatti, di interventi parziali che non 

affrontano molteplici problematiche, ad iniziare 

dalla necessaria regolamentazione dei 

rapporti intercorrenti tra i vari soggetti che 

compongono la rete nazionale della prevenzioneambientale,basatasuunnodonazionale(ISPRA)enodilocali(ARPAeAPPA). 

A tal riguardo si deve tra l’altro evidenziare 

come paia insufficiente la previsione all’internodiISPRAdiunconsigliofederale,composto 

dalpresidentedell’Istitutoedairappresentanti 

dellevarieagenzie(inparticolare,art.15). 

Infatti, la definizione delle competenze di 

questoconsesso,chenonèperaltroricompreso 

tra gli organi ufficiali dell’Istituto, è piuttostovagainquantononsonoindicatelematerie 

sulle quali deve esprimersi, le modalità di 

funzionamento e la frequenza della sua convocazione 

Pare, inoltre, lecito dubitare che l’implementazionedellesediperiferichediISPRA,senza 

la previsione di chiari processi di interazione 

conlecompetentiagenzieregionalioprovinciali, 

sarebbe in linea con quegli obiettivi di 

semplificazione e razionalizzazione dell’attivitàdellaPAchestannoallabasedellastessa 

leggen.133/2008. 

In conclusione, pertanto, nel settore dei controllisipercepiscelanecessitàdiunapproccio 

organico, di una nuova legge quadro che ad 

oltre quindici anni di distanza dalla legge n. 

61/1994riordinieaggiorniinmanieraarmonica 

le competenze dell’intero sistema nazionaledelleagenzieambientali. 

l 


l ITALIA 

Enti e istituzioni. 

SUAP 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 

«Regolamento per la semplificazione ed il riordino 

della disciplina dello sportello unico per le 

attività produttive ai sensi dell’articolo 38, comma 

3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, 

convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 

2008, n. 133» (in S.O. n. 227 alla G.U. del 30 

settembre 2010, n. 229) 

In attuazione dell’art. 38, comma 3, D.L. n. 112/ 

2008(progetto“impresainungiorno”),ilpresente 

decreto reca la disciplina di riordino e aggiornamentodellanormativainmateriadiSportellounico 

per le attività produttive (SUAP), attualmente 

inteso «quale unico soggetto pubblico di riferimento 

territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad 

oggettol’eserciziodiattivitàproduttiveediprestazioni 

di servizi», nonché per «quelli relativi alle azioni 

di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazioneoriconversione,ampliamentootrasferimento,nonchécessazioneoriattivazionedellesuddette 

attività» (art. 2, comma 1, D.P.R. n. 160/ 

2010). Risultano, peraltro, esclusi, dall’ambito di 

applicazionedeldecretoinoggettosiagliimpianti 

eleinfrastruttureenergetichesialeattivitàconnesseall’impiegodisorgentidiradiazioniionizzantie 

di materie radioattive, fino a comprendere nell’esclusionegliimpiantinucleariequellidismaltimento 

di rifiuti radioattivi, le attività di prospezione, 

ricerca e coltivazione di idrocarburi nonché le 

infrastrutturestrategicheegliinsediamentiproduttiviexart.161,D.Lgs.n.163/2006. 

Numeroseedinotevoleportatarisultanolenovità 

rispettoallaprecedentedisciplinadicuialD.P.R.n. 

447/1998 (abrogato a far data da un anno dalla 

pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.P.R. n. 

160/2010),acominciaredall’istituzionalizzazione 

espressa dal portale “impresainungiorno”, strutturainformaticadedicataafornireserviziinformativieoperativialSUAP,alladivulgazionedelletipologie 

di autorizzazioni per le quali è sufficiente 

l’attestazionedeisoggettiprivatiaccreditati,all’uti 

acuradiMarcoFabrizio,avvocato,studiolegaleFabrizio 

lizzo della procura speciale con le stesse modalità 

per la comunicazione unica, nonché dedicato al 

sistema di pagamento per i diritti, le imposte e gli 

oneri, comunque denominati, relativi ai procedimentigestitidalSUAP(art.3). 

IlSUAPdovràgarantirealrichiedente«unarisposta 

telematicaunicaetempestiva»inluogodituttigliuffici 

comunali e di tutte le amministrazioni pubbliche 

comunque coinvolte nel procedimento, comprese 

quellepreposteallatutelaambientale,paesaggisticoterritoriale,delpatrimoniostoricoartisticooallatuteladellasaluteedellapubblicaincolumità.Dopoun 

doveroso rinvio agli ordinamenti interni dei singoli 

comuni quanto all’individuazione dell’ufficio competente 

per il SUAP, il D.P.R. n. 160/2010 si fa 

carico di superare lo scoglio dell’eventuale inerzia 

dellemenzionateamministrazioniinteressate,identificando,inviaprovvisoria,ilruolodelresponsabile 

delSUAPconilsegretariocomunaledelcaso(art.4, 

comma 4). Peraltro, allorché decorrano 180 giorni 

(dalladatadipubblicazioneinGazzettaUfficialedel 

D.P.R. n. 160/2010) senza alcuna istituzione in tal 

senso,lanuovanormativaprevede,alriguardo,una 

delega ope legis, in via automatica a favore della 

CameradiCommercioterritorialmentecompetente, 

senza necessità di alcun provvedimento espresso 

(art.4,comma11). 

Il regolamento in questione prevede, inoltre, due 

tipidiprocedimentodiavviodell’attività: 

l il «procedimento automatizzato» applicabile per 

l’avviodiattivitàbasatesullaSCIA(segnalazionecertificatadiinizioattività,exart.19,leggen. 

241/1990,comemodificato,inultimo,daD.L. 

n. 78/2010) allorché la ricevuta della segnalazione 

costituisce titolo autorizzatorio ai sensi 

dell’art.38,D.L.n.112/2008(capoIII,artt.5e 

seguenti,D.P.R.n.160/2010); 

l il «procedimento ordinario» basato su un decorso 

di 30 giorni a valle di un’istanza di avvio di 

attività, che, qualora decorsi senza alcuna richiestadiintegrazionidocumentali,porteranno 

allamaturazionediunsilenzioassensoprevisto 

inquestosenso(capoIV,art.7,comma1,D.P.R. 

n.160/2010). 

Inquestocasol’eserciziodell’attivitàpotràavvenire,immediatamente,allatrasmissionealSUAPdella 

documentazione attestante l’ultimazione dei lavori,ovvero: 

l unadichiarazionedeldirettoredeilavoriatte 

LEGISLAZIONE 

Testodisponibile 

onlinenellasezione 

”Notizienormative” 

delsito 

www.ambienteesicu 



LEGISLAZIONE 


stantelaconformitàdell’operaalprogettopresentatononchélasuaagibilitàqualoranonsia 

stato attivato l’omologo procedimento basato 

sul silenzio assenso ex art. 25, D.P.R. n. 380/ 

2001 (che, a questo, punto diviene un procedimento 

residuale rispetto alla “autoattestazione”diagibilitàattualmenteintrodotta); 

l qualoraprevistodallanormativavigente,ilcertificato 

di collaudo attestato da un professionistaabilitato(art.10,comma1).Aparteleultimedisposizionidette(avviodell’attivitàsuprocedimentoordinario),cheentrerannoin 

vigore il 30 settembre 2011, il resto della disciplinaattualmenteintrodottadiventeràefficacealdecorsodi180giornidalladatainGazzettaUfficiale 

delD.P.R.n.160/2010.L’Allegatoaldecretoreca, 

infine,lemodalitàtelematichedicomunicazionee 

trasferimentodatitrailSUAPeisoggetticoinvolti 

nelprocedimento. 

Enti e istituzioni. 

Servizi pubblici 

D.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 

«Regolamento in materia di servizi pubblici locali 

di rilevanza economica, a norma dell’articolo 

23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 

2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla 

legge 6 agosto 2008, n. 133» (in G.U. del 12 

ottobre 2010, n. 239) 

dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo 

il diritto alla universalità ed accessibilità 

del servizio»). Ciò detto, la nuova disciplina non 

sarà, peraltro, applicabile a una serie di ulteriori 

servizidiinteressestrategicoquali: 

l ilserviziodidistribuzionedigasnaturale,dicui 

aldecretolegislativo23maggio2000,n.164; 

l ilserviziodidistribuzionedienergiaelettrica,di 

cuialdecretolegislativo16marzo1999,n.79 

eallalegge23agosto2004,n.239; 

l ilservizioditrasportoferroviarioregionale,dicui 

aldecretolegislativo19novembre1997,n.422; 

l la gestione delle farmacie comunali, di cui alla 

legge2aprile1968,n.475; 

l iservizistrumentaliall’attivitàoalfunzionamentodeglientiaffidantidicuiall’articolo13,comma1,decretolegge4luglio2006,n.223,convertito,conmodificazioni,dallalegge4agosto2006, 

n. 248, e succ. modd. (società, a capitale interamente 

pubblico o misto, costituite o partecipate 

dalleamministrazionipubblicheregionalielocali 

per la produzione di beni e servizi strumentali 

all’attività di questi enti, in funzione della loro 

attività,conesclusionedeiservizipubblicilocalie 

deiservizidicommittenzaodellecentralidicommittenzaapprestatialivelloregionaleasupporto 

dientisenzascopodilucroediamministrazioni 

aggiudicatricidicuiall’art.3,comma25,D.Lgs.n. 

163/2006). 

Il decreto fissa, dunque, una disciplina generale 

per l’affidamento dei servizi pubblici interessati 

(art. 3), demandando agli enti locali un obbligo di 

generale ricognizione (da fare entro un anno dall’entratainvigoredell’odiernodecretoepoiperiodicamente)quantoallarealizzabilitàdiunagestione 

concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitandol’attribuzionedeidirittidiesclusiva(ovenon 

diversamenteprevistodallalegge),aicasiincui,a 

seguito di analisi di mercato, la libera iniziativa 

economicanonrisultiidoneaagarantireunservizio 

in linea con i bisogni della comunità, e bensì 

liberalizzando,intuttiglialtricasi,leattivitàeconomiche 

compatibilmente con le caratteristiche proprie 

di universalità e accessibilità del servizio medesimo 

(art. 2, comma 1). Queste valutazioni, dovranno 

essere adeguatamente pubblicizzate e 

inviate all’Autorità garante della concorrenza e di 

mercato per la relazione al Parlamento di cui alla 

leggen.287/1990. 

Il regolamento in oggetto abroga, tra l’altro, l’articolo 

150, comma 1, e l’art. 202, comma 1, D.Lgs. 

n.152/2006,rispettivamentededicatiallasceltaa 

favoredell’Autoritàdiambitoterritorialeottimale 

per la gestione del servizio idrico integrato, ex art. 

113,comma5,D.Lgs.n.267/2000,eallemodali 

In attuazione dell’articolo 23bis, comma 10, 

D.L.n.112/2008,ildecretoinquestionerecala 

disciplinaperl’affidamentodeiservizipubblicidi 

“rilevanza economica”, denominati «servizi pubblici 

locali», ferma restando l’espressa dichiarazione 

quanto alla gestione del servizio idrico 

integrato di autonomia gestionale del soggetto 

gestore, la piena ed esclusiva proprietà pubblica 

delle risorse idriche nonché la spettanza esclusiva 

alle istituzioni pubbliche del governo delle 

risorse stesse ex art. 15, comma 1ter, D.L. n. 

135/2009 («tutte le forme di affidamento della 

gestione del servizio idrico integrato di cui all’articolo 

23bis del citato decretolegge n. 112/2008, 

convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/ 

2008, devono avvenire nel rispetto dei principi di 

autonomiagestionaledelsoggettogestoreedipiena 

edesclusivaproprietàpubblicadellerisorseidriche, 

il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni 

pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e 

prezzodelservizio,inconformitàaquantoprevisto 

tàdiaffidamentodelserviziodigestioneintegrata 

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com dei rifiuti urbani da parte delle 9novembre2010N.21 rispettive autorità 

d’ambito. l

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 

Vigilanza 

eresponsabilità 

deldatoredilavoro 

Cassazionepenale,sez.IV, 

15gennaio2010,n.1829, 

Pres.Mocali,Rel.Licari 

Prevenzione infortuni Lavoro in galleria 

UsodiuncestelloelevatoreMancatoagganciodellacinturadisicurezzaLavorodibreve 

durata Prassi di lavoro usuale Modalità 

improprie di intervento Tolleranza della 

prassidilavoroscorrettaResponsabilitàdel 

datoredilavoroValutazioneÈresponsabile 

Deveascriversiallaresponsabilitàdeldatoredi 

lavoro un comportamento lassista e, comunque,omissivosottoilprofilodelcontrollo,imposto 

dalla normativa antinfortunistica, circa 

l’utilizzo da parte dei lavoratori dei dispositivi 

di protezione individuale, anche in occasione 

dilavoridibrevedurata. 

Mentreunoperaiositrovavaall’internodiuna 

galleria stradale, intento alla posa in opera di 

duequadrielettricisullatosinistrodell’ingressodellagalleria,eutilizzavainquotauncestelloelevatoresullaverticaledellalineadimezzeria 

di destra, aperta al pubblico, invadendone 

perlargapartelacorsia(almeno130cm),improvvisamente 

il braccio telescopico che reggevailcestellocollidevaconunautoarticolato 

(sopraggiungente alla velocità di 25 Km/h), 

provocando,aseguitodellarotazioneetraslazionedelcestello,lacadutaalsuolodell’operaiodaun’altezzadiquasi4metrielamortedel 

medesimo in conseguenza delle gravi lesioni 

patite. Rinviato a giudizio per rispondere del 

reatodiomicidiocolposocommessoconviolazionedispecifichedisposizioniantinfortunistiche, 

il datore di lavoro, nella sua qualità di 

amministratore unico della società, era stato 

assolto in primo grado dal Tribunale, poiché 

l’operaio,aventeinquell’occasionecompitidi 

acuradiPiergiorgioSoprani,avvocato 

caposquadraedipreposto,avevaautonomamentedecisodinonutilizzarelacinturadisicurezzaconaggancioalcarrellodicuipuredisponeva(cinturache,seeffettivamenteusata,gli 

avrebbe evitato la caduta al suolo e il conseguente 

decesso); derivandone l’impossibilità, 

per il datore di lavoro, di controllare siffatte 

inopinateiniziativeimprudentideidipendenti. 

In accoglimento dell’impugnazione proposta 

dal PM, la Corte d‘Appello, ritenendo in base 

alletestimonianzechefosseinvalsaunaprassi 

dilavorotaledaindurrelavittimaesuofratello 

aometterel’usodellecinturedisicurezzaogni 

voltachesitrattavadieseguirelavoridibreve 

durata, perveniva al convincimento che l’imputato, 

in qualità di datore di lavoro, fosse 

venutomenoall’obbligogiuridicodieffettuare 

dipersona,opermezzodisoggettoappositamente 

delegato, il controllo affinché fossero 

utilizzateledotazionidisicurezzaindividualida 

partedeilavoratoriancheinoccasionedilavori 

dibrevedurata;diquilaconseguenteaffermazione 

di colpevolezza, ritenuto il concorso di 

colpadellavittimaneldeterminismodell’eventoparial30%,stantel’evidentecondottaimprudentediessa. 

L’imputato, con il ricorso per Cassazione, non 

avevacondivisocheiGiudicidisecondogrado 

avesseroaccreditatocomerealelaprassichei 

DPInonfosseroutilizzatidailavoratoriinoccasione 

dei lavori brevi, senza tenere nel debito 

contochesitrattavadiunatesipatrocinatadal 

fratello della vittima, interessato a sostenerla 

peravvantaggiarelasuaposizionedipartecivile 

nel processo penale. L’imputato aveva dedottocheinrealtàquellaprassi,limitataailavori”brevi”,erastatasmentitadaglialtridipendenti, 

sicché ne risultava al più una condotta 

irregolare, ma non usuale dei lavoratori, condottanonconoscibilenécoercibiledapartedel 

datore di lavoro o dei suoi collaboratori, dunqueinterruttivadelnessocausale,laddoveper 

altro verso il datore di lavoro deve poter fare 

affidamento sull’esatto e diligente adempimento 

da parte dei lavoratori delle regole di 

lavoro.LaSupremaCorteharitenuto,tuttavia, 

il ricorso non meritevole di accoglimento. In 

primo luogo ha valutato come attendibili le 

GIURISPRUDENZA 



”Documentazione 

integrativa”delsito 






testimonianze di due operai specializzati, 

colleghidellavittima,iqualiavevanoriferito 

circa la prassi consolidata di non utilizzare i 

dispositividiprotezioneindividualee,inparticolare, 

le cinture di sicurezza in occasione 

di lavori di breve durata, a prescindere della 

loropericolosità.Insecondoluogo,iGiudici 

dilegittimità,muovendodallaconsiderazione 

che chi è responsabile della sicurezza del 

lavorodeveaveresensibilitàtaledarendersi 

interprete, in via di prevedibilità, del comportamento 

altrui, hanno ritenuto che l’errore 

sulla legittima aspettativa che non si 

verifichinocondotteimprudentidapartedei 

lavoratori non è invocabile da parte di chi, 

purtrovandosiinconcretonellapossibilitàdi 

impedirel’evento,nonponeinesserealcuna 

attivitàdicontrollo,indipendentementedalla 

durata connessa all’esecuzione del lavoro 

assegnato.Ildatoredilavoroètenuto,infatti, 

adattivarsieacontrollarechelenormeantinfortunistiche 

siano assimilate e puntualmente 

osservate dai lavoratori, anche quelle che riguardanol’utilizzodeiDPInell’ordinariaprassidilavoro(compreselecinturedisicurezza,essendoidoneeaimpedireilpericolodicaduteal 

suolodall’alto);laddove,alcontrario,lavittima 

hapotutoliberamenteoperarenelcantierein 

condizionidipericolo,inquantoilsistemadei 

controllisuilavoratorinonavevaassicuratoun 

modusoperandirispettosodellemisuredisicurezza, 

e alternativo alla descritta censurabile 

prassiperilavoridibrevedurata. 

Responsabilità 

delRSPP 


15gennaio2010,n.1834, 


SicurezzasullavoroResponsabiledelServiziodiprevenzioneeprotezioneMancatatitolaritàdipoteridecisionaliedispesaInfortunio 

sul lavoro Omessa individuazione e segnalazionealDatoredilavorodiunfattoredi 

rischio o di una situazione pericolosa ResponsabilitàautonomadelRSPPValutazioneÈresponsabile 

Il Responsabile del servizio di prevenzione e 

protezione,ancheinassenzadipoteridiintervento 

e di spesa, può essere ritenuto corresponsabile 

del verificarsi di un infortunio sul 

lavoro, pur rimanendo ferma la posizione di 

garanziadeldatoredilavoro,tuttelevoltein 

cui l’evento sia oggettivamente riconducibile 

ad una sua omissione ”sensibile”; segnatamenteinrelazioneallamancataindividuazioneesegnalazionediunoopiùfattoridirischioinerentiallelavorazioni,allamancataelaborazionedelleproceduredisicurezza,edingenereconriguardoadognisituazionepericolosa 

cheegliavrebbeavutol’obbligodiconoscere 

edisegnalarealdatoredilavoro. 

Il responsabile del servizio di prevenzione e 

protezionedesignatodaldatoredilavoro,era 

stato tratto a giudizio per il reato di lesioni 

colposegraviverificatesiindannodiunoperaio 

il quale, effettuando in orario notturno, in 

assenzadiluceartificialeedicinturedisicurezza, 

le operazioni di posizionamento dei ganci 

diuncarrelloelevatoreall’estremitàdiuntubo 

metallico per gasdotto sovrapposto ad altri in 

quinta fila, perdeva l’equilibrio, precipitando 

daun’altezzadicirca3metri.Assoltoinprimo 

grado«pernonavercommessoilfatto»,aveva 

subitocondannainsecondogradodallaCorte 

d‘Appello. Con il ricorso per Cassazione, l’imputato 

aveva ipotizzato in primis che la designazione 

quale RSPP ricevuta dal titolare dell’impresa 

non lo investiva iure proprio della 

quotadiresponsabilitàderivataglidalDDLdesignante,tantopiùconsiderandochelostesso 

non era un dipendente dell’impresa, ma un 

professionista esterno che collaborava con 

l’imprenditore,senzaperòsostituirsiallostesso,nell’assolvimentodegliobblighicheaquest’ultimo 

per legge competono in materia di 

prevenzione degli infortuni durante il lavoro. 

Ritenevainsecondoluogochelacondottacolposaaddebitatagli(omessaprevisionenelDVR 

dello specifico rischio connesso all’attività di 

movimentazionemanualedeitubi)dipendeva 

dal fatto che il coordinatore del cantiere, cui 

eraaffidataladirettasorveglianzasulsitoproduttivo, 

non gli aveva “passato” nessuna segnalazioneinmerito,dunquelasuacondottadiomessavalutazionedeirischichenonriguardavanoattivitàdipertinenzadelladitta(eche,oltretutto,noneranostatiportatiasuacono 


scenza)noneracensurabile. 

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso non 

meritevolediaccoglimento.Afrontedelragionamento 

assolutorio del Tribunale (il rischio 

connessoallemanovredimovimentazionedei 

tubi per gasdotto dal piazzale antistante il capannonealsuointerno,segnatamentelamanovra 

di aggancio dei tubi anzidetti, la quale 

noncomportavanecessariamentelasalitasulla 

catastaformatadaglistessi,nonerapreventivabile 

dall’imputato, onde nessun obbligo di informazionepotevaesigersidall’imputatosuun 

rischiooltretuttononcomunicatoglidaltitolare 

della società che lo aveva designato RSPP), la 

Cassazione ha richiamato l’osservanza dei 

compitiche,invirtùdelladesignazionericevuta, 

l’imputato era tenuto ad assolvere (individuazionedeifattoridirischioedellemisuredi 

prevenzionechedevonoessereadottate). 

SebbeneilResponsabiledelserviziodiprevenzione 

e protezione, che opera per conto del 

datoredilavoro,collaboriconluinell’effettuare 

la valutazione dei rischi e nell’elaborare il 

correlatodocumento(DVR),enonsiaprevista 

nessunasanzionepenalecontravvenzionalea 

suo carico, pertanto lo stesso è certamente 

qualificabilecomeconsulentedeldatoredilavoroeirisultatidellesueelaborazioni,qualora 

fattipropridaldatoredilavorochelohascelto, 

comportano la conseguenza che delle eventualinegligenzedelRSPPèildatoredilavoroa 

doverrispondere;nondimeno,conilD.Lgs.n. 

195/2003ilRSPPèdivenuto,persceltalegislativa,unaveraepropriaqualificaprofessionalediambitoprevenzionisticoe,dunque,lostesso,purrimanendofermalaposizionedigaranziadeldatoredilavoro,puòesserecorresponsabiledelverificarsidiuninfortunio,ancorché 

sia privo di poteri decisionali e di spesa, ogni 

qualvoltaquestosiaoggettivamentericonducibileaunasituazionepericolosacheavrebbe 

avuto l’obbligo di conoscere e di segnalare, 

dovendosi presumere che alla segnalazione 

avrebbefattoseguitol’adozione,dapartedel 

datoredilavoro,dellenecessarieiniziativeidonee 

a neutralizzare la situazione di pericolo. 

Dunque l’imputato, incaricato di monitorare 

costantementelasicurezzadegliimpiantiedi 

interloquireconildatoredilavoro,aveval’obbligodiindividuareedisegnalareirischiconnessi 

alla movimentazione dei tubi (nella specie,ilrischiodicadutadaunacatasta);peraltro, 

la Cassazione nulla ha detto circa la non pre 

ventivabilitàdelrischio(giacché,apareredelladifesa,lamanovradiagganciononcomportavalasalitasuitubi)el’incidenzadellamancata 

segnalazione da parte del coordinatore del 

cantiere. 

Minimizzazione 

delrischio 


15gennaio2010,n.1841, 


SicurezzasullavoroObbligodellamassima 

riduzionedeirischiSoggettoobbligatoValutazioneÈtaleildatoredilavoroCasistica 

Tragliobblighifacenticapoaldatoredilavoro 

in materia di prevenzione degli infortuni, è 

compresoquellodinondiscostarsidall’obbligodellamassimariduzionedeirischi(fattispeciedioperaiointrodottosinelvanoinferioredi 

unavascadiimmissionedimaterialecalcareo 

pereffettuarelavoridipulizia,decedutoaseguito 

della rovinosa caduta sul suo corpo di 

pietre ed altro materiale, versato dall’alto dai 

colleghidilavoroattraversolaboccasuperiore 

della tramoggia, in assenza di misure di sicurezzapiùadeguate(segnaliluminosiesonori) 

in luogo dell’apposizione di due assi di legno 

sullagratasuperioredellatramoggia,alfinedi 

indicare che erano in corso lavori all’interno 

dellavasca). 

L’amministratoreunicodiunaSocietàerastato 

condannato per la morte di un operaio in 

quantoavevaomessodiadottareefficientisistemidisicurezzanecessariasegnalareinmodoinequivocolapresenzadipersoneoperanti 

all’interno di una tramoggia (nella specie, vascadiimmissionedimaterialecalcareo),cagionando 

in tal modo al dipendente, che si era 

introdotto nel vano inferiore della vasca per 

effettuarnelavoridipulizia,lamorteinconseguenzadellarovinosacadutasulsuocorpodi 

pietre e altro materiale, versato dall’alto dai 

colleghidilavoroattraversolaboccasuperiore 

dellatramoggia. 





SecondoiGiudicidimerito,alfinedieffettuare 

ilavoridipulituradellatramoggiaedieliminare 

irischidiinfortunioinerentiataleattività,era 

stato adottato un sistema di sicurezza rudimentaleeinsufficiente(apposizionedidueassi 

di legno sulla grata superiore della tramoggia 

al fine di indicare che erano in corso lavori 

all’interno della vasca), perché non rispettoso 

delprincipiodellamassimariduzionedeirischi 

dettato dalla normativa prevenzionistica (attuale 

art. 15, D.Lgs. n. 81/2008, già art. 3, 

D.Lgs. n. 626/1994). Nel DVR aziendale era 

previsto che, al fine di effettuare i lavori di 

pulituradellatramoggia,l’operaioaddettofacesseingressodalbassonellavascaevipermanesse 

fino a che non fosse esaurita l’attività 

programmata; peraltro, al fine di eliminare i 

rischi di infortunio inerenti a questa attività, 

secondo il consulente tecnico era necessario 

adottaremisuredisicurezzapiùadeguate(segnaliluminosiesonori)econefficaciapreventivapiùvalida. 

Con il ricorso per Cassazione, l’imputato lamentavacheiGiudicinonavesseroconsideratochelostessoavevarilasciatoperiscrittodelega 

al ”direttore di cava”, cui doveva conseguireilproprioesonerodaogniresponsabilità 

per la violazione degli obblighi imposti dalla 

normativaprevenzionistica.Inoltre,avevacontestatocheilsistemadisegnalazioneacusticae 

visivafossestatoritenutocondottaalternativa 

doverosamente esigibile dall’imputato, in assenza 

della dimostrazione tecnicoscientifica 

dellasuaefficacia,semplicementefacendoricorsoall’inappropriatoconcettodelfatto”notorio”(nelsensocheèpatrimoniodiconoscenzageneralelaprassiinusodatempodiutilizzare 

sistemi di segnalazione attivabili 

elettricamente o elettronicamente). Per altro 

versosiadducevacheilsistemadiprevenzione 

adottato dall’imputato prevedeva, oltre alla 

collocazione delle due assi di legno, anche 

l’obbligatoriapartecipazionealleoperazionidi 

dueoperai,alfinediottenereunduplicelivello 

diattenzione,nell’evenienzadioccasionalicali 

diprudenzadapartediunodiessi(mentrela 

vittima si era introdotta senza aspettare il secondocollegadilavoro).Ilricorsoèstatorigettato,giacchéeraprocessualmenterisultatoche: 

l con costi esigui potevano essere installati 

sistemi elettronici di rilevazione della presenzadioperaiall’internodellatramoggiae 

di segnalazione luminosa e acustica all’esterno; 

l questisistemieranoconnotatidacaratteristichetecnichedisempliceinstallazioneedidiffusaesperimentataapplicazionedatempoinvarisettoridiimpiego; 

l gli stessi sarebbero stati tecnicamente idonei 

a prevenire, in maniera più efficace, 

eventualidisattenzionioimprudenzedeilavoratori 

addetti, come l’operaio deceduto, 

allapuliziaall’internodellatramoggia.IGiudici 

di legittimità hanno ritenuto, quindi, 

chel’imputatononsieraattenutoall’obbligo 

della massima riduzione dei rischi nell’ambientedilavoro,previstadallenorme. 

Quanto al preteso rilascio di delega, la Cassazione 

ha ritenuto che il documento prodotto 

eralimitatoall’esecuzionedellemisuredisicurezza 

e all’attività di sorveglianza circa il loro 

rispetto,inluogodiessereestesoancheall’obbligodell’individuazionedeifattoridirischioedellemisurediprevenzionedaadottareall’internodell’azienda.Conriguardo,infine,all’improprietàdelrichiamodeiGiudicidimeritoalconcettodel“fatto 

notorio”peraccreditarel’idoneitàdelsistema 

disegnalazioneaffidatoagliimpiantiadattivazione 

elettronica, la Cassazione, dopo avere 

osservatochel’apposizionedidueassidilegno 

sulla grata superiore della tramoggia, oltre a 

non recingere, di fatto, l’intero margine della 

vasca, costituiva un ostacolo di scarsa consistenza 

(potendo le assi essere rimosse da urti 

accidentali o da altri agenti esterni come, in 

effetti, avvenne), ha ritenuto «evidente il minoremarginedirischioassicuratodaunsistema, 

immune da condizionamenti esterni, come 

quello proposto di rilevazione elettronica 

dellapresenzadell’operaioall’internodellavasca 

e di segnalazione all’esterno mediante allarmiluminosiodacustici».Èstatocosìcondivisibilmente 

ritenuto fatto notorio «il dato non 

congetturale,maempiricamentericonosciuto 

egeneralmenteaccettato,cheisistemidirilevazione 

della presenza di persone negli ambientipiùdisparati(anchequelliovesisvolgonoattivitàproduttiveo,comunque,lavorative) 

mediante telecamere o altre apparecchiature 

attivabili elettricamente o elettronicamente, 

sono di uso generalizzato e assicurano, medianteallarmiluminosiodacustici,ilcontrollo 

più efficace, sulla scorta dell’”id quod plerumqueaccidit”,perimpedirechequellapresen 


zanonsfuggaall’attenzionealtrui,senzasubire 

interferenze dalle eventuali condotte disattente 

od imprudenti della stessa persona 

soggettaalcontrollo». 

Nelcasoconcreto,pertanto,l’eventoinfortunistico 

è stato riconducibile comunque 

all’omissione, da parte dell’imputato, della 

condotta doverosa di impedire, con l’ap 

Gestionedeirifiuti 

Cassazionecivile,sezioniunite, 

9settembre2010,n.19253, 

Pres.Carbone 

Gestione dei rifiuti Servizio di smaltimento 

deirifiutiInadempimentoDecretoingiuntivo 

Giurisdizione Difetto di giurisdizione 

Giudiceordinarioegiudiceamministrativo 

Il legislatore, nell’attribuire alla giurisdizione 

amministrativa esclusiva le controversie attinenti 

alla complessiva azione di gestione dei 

rifiuti,ha,innanzitutto,individuatounaparticolare 

materia, rappresentata dalla gestione 

dei rifiuti, e ha considerato l’attività amministrativa 

preordinata all’organizzazione o all’erogazionedelserviziopubblicodiraccoltae 

di smaltimento dei rifiuti. Inoltre, l’espresso 

riferimentonormativoaicomportamentidella 

pubblica amministrazione deve essere inteso 

nel senso che quelli che rilevano, ai fini del 

riparto della giurisdizione, sono soltanto i 

comportamenti costituenti espressione di un 

potereamministrativo,enonanchequellimeramentemateriali,postiinesseredall’amministrazionealdifuoridell’eserciziodiun’attività 

autoritativa. Pertanto, quando vengono in rilievo 

questioni meramente patrimoniali, connessealmancatoadempimentodapartedell’amministrazionediunaprestazionepecuniaria 

nascente da un rapporto obbligatorio, i 

comportamenti posti in essere dall’amministrazionestessanonsonoricompresinell’ambitodiapplicazionedellanormaimpugnataerientrano,invece,nellagiurisdizionedell’autoritàgiudiziariaordinaria. 

prestamentodisistemidisicurezzatecnicamenteefficienti,cheillavoratorefossecolpito 

mortalmente da eventuali colate di 

materiale pietroso, scaricato dalla sua bocca 

superiore dall’alto della tramoggia dai 

compagni di lavoro, inconsapevoli della situazione 

altamente pericolosa venutasi a 

creare. l 

acuradiMariaMelizzi,consulentelegale 

Nelcasodispecie,lacontroversiahaadoggetto 

il pagamento dei corrispettivi dovuti per la 

fornitura di macchinari alla società affidataria 

delserviziodismaltimentorifiuti. 

Lasocietàcreditrice,perl’attivitàdinoleggiodi 

mezzicaldo/freddoafavoredellasocietàaffidataria 

del servizio di smaltimento dei rifiuti 

della Regione Campania, aveva ottenuto, dal 

Tribunale di Napoli, un decreto ingiuntivo nei 

confrontidiquest’ultimache,asuavolta,avevachiestolarevocadell’attoemessoeccependoildifettodigiurisdizionedelgiudiceordinario 

in favore della giurisdizione esclusiva del 

giudiceamministrativo. 

Lasocietàcreditrice,nelcostituirsi,haribadito 

lagiurisdizionedelgiudiceordinariosullabase 

delprincipiodelripartodellagiurisdizioneprevistodall’art.33,D.Lgs.n.80/1998,modificatoeintegratodall’art.7,leggen.205/2000,esullabasedeiprincipiespressidallaCorteCostituzionaleconlesentenzen.20/2004,n.281/2004en.191/2006,e,inpendenzadelgiudiziodimerito,hapropostoricorsoperilregolamentopreventivodigiurisdizione.LacontroversiasottopostaalgiudiziodellaSuprema 

Corte ha ad oggetto il recupero di un 

creditovantatodallasocietàricorrente. 

Algiudicedimeritononèstatochiestoalcun 

sindacato sulla situazione soggettiva del soggettoprivatoaseguitodell’eserciziodiunpoterediscrezionaledapartedellaPA,masololacognizioneinordineallasussistenzadelcreditopreteso.Sitratta,dunque,diunacontroversiainmateria 

di pubblici servizi concernente canoni, indennità 

o altri corrispettivi, espressamente 

esclusadallagiurisdizionedelgiudiceamministrativo(sentenzadellaCorteCostituzionalen. 

204/2004). 




”Documentazione 

integrativa”delsito 






NellacitatasentenzadellaCorteCostituzionale, 

infatti, relativa alla declaratoria di parziale incostituzionalitàdell’art.33,D.Lgs.n.80/1998,come 

modificato dall’art. 7, legge n. 205/2000, 

era stato chiaramente affermato che le controversie 

relative a concessioni di pubblici servizi 

sono devolute alla giurisdizione amministrativa 

esclusiva, ad eccezione di quelle concernenti 

indennità, canoni e altri corrispettivi. 

Allo stesso modo, per ciò che concerne la materia 

degli appalti pubblici, la controversia relativa 

al pagamento dei corrispettivi di un contratto 

di appalto di pubblici servizi non rientra 

nella previsione di cui al’art. 33, D.Lgs. n. 80/ 

1998, ritenendosi applicabile il principio generale 

di cui all’art. 113 della Costituzione, per il 

quale la tutela dei diritti soggettivi va chiesta al 

giudice ordinario (Corte di Cassazione, sezioni 

unite civile, ordinanza del 22 agosto 20017, n. 

17829, e ordinanza del 18 novembre 2008, n. 

27346). 

Non può neanche essere seguito l’eccepito difetto 

di giurisdizione del giudice ordinario sollevato 

dalla società resistente con riferimento 

all’art. 4, D.L. n. 90/2009, in quanto la Corte 

Costituzionale aveva già, con la sentenza n. 

35/2010, dichiarato infondata la questione di 

legittimità costituzionale dell’art. 4, D.L. n. 90/ 

2008 («Misure straordinarie per fronteggiare 

l’emergenzanelsettoredellosmaltimentodei 

rifiuti, nella Regione Campania e ulteriori disposizioni 

di protezione civile»), convertito, 

con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, 

n. 123, sollevata in riferimento all’art. 103, 

comma 1, della Costituzione. 

La Corte, sulla base della propria espressa giurisprudenza 

(sentenze n. 204/2004, n. 191/ 

2006 e n. 140/2007) ha fondato condizioni e 

limiti della giurisdizione amministrativa esclusiva, 

ai fini della compatibilità costituzionale delle 

norme di legge devolutive di controversie a 

questa giurisdizione, sui presupposti del coinvolgimento 

di situazioni giuridiche di diritto 

soggettivo e di interesse legittimo strettamente 

connesse; dell’assegnazione, da parte del 

legislatore, al giudice amministrativo della cognizione 

non di ”blocchi di materie”, ma di 

materie determinate; e del fatto che l’amministrazione 

agisca, in questi ambiti predefiniti, 

come autorità, e cioè attraverso la spendita di 

poteri amministrativi, che possono essere esercitati, 

sia mediante atti unilaterali e autoritativi, 

sia mediante moduli consensuali, sia mediante 

comportamenti, purché questi ultimi siano po 

sti in essere nell’esercizio di un potere pubblico 

e non consistano, invece, in meri comportamenti 

materiali avulsi da tale esercizio. 

Questo è il motivo per il quale la disposizione 

impugnata, alla luce di quanto affermato, non 

ha violato l’articolo 103, comma 1, della Costituzione,. 

Proprio perché il legislatore, nell’attribuire alla 

giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie 

attinenti alla complessiva azione di 

gestione dei rifiuti, ha, innanzitutto, individuato 

una particolare materia, rappresentata dalla 

gestione dei rifiuti, e ha considerato l’attività 

amministrativa preordinata all’organizzazione 

o all’erogazione del servizio pubblico di raccolta 

e di smaltimento dei rifiuti. Inoltre, l’espresso 

riferimento normativo ai comportamenti della 

pubblica amministrazione deve essere inteso 

nel senso che quelli che rilevano, ai fini del 

riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti 

costituenti espressione di un potere 

amministrativo, e non anche quelli meramente 

materiali, posti in essere dall’amministrazione 

al di fuori dell’esercizio di un’attività 

autoritativa. 

Pertanto, quando vengono in rilievo questioni 

meramente patrimoniali, connesse al mancato 

adempimento da parte dell’amministrazione 

di una prestazione pecuniaria nascente da un 

rapporto obbligatorio, i comportamenti posti 

in essere dall’amministrazione stessa non sono 

ricompresi nell’ambito di applicazione della 

norma impugnata e rientrano, invece, nella 

giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. 

Nel caso di specie si è trattato, all’evidenza, di 

pretese pecuniarie nascenti da un rapporto obbligatorio 

di tipo privatistico, nell’ambito del 

quale le questioni dedotte sono di natura meramente 

patrimoniale, come tali al di fuori della 

giurisdizione del giudice amministrativo. 

La controversia in esame, avente ad oggetto 

una domanda di pagamento somme, attiene a 

posizioni di diritto soggettivo derivanti dal rapporto 

fra le parti in causa e non è riconducibile 

a un procedimento amministrativo. 

Non configura neppure una controversia «comunque 

attinente alla gestione dei rifiuti», 

presupponendo, quest’ultima, l’esercizio di un 

potere autoritativo della PA (o dei soggetti a 

essa equiparati) che è, invece, del tutto estraneo 

al rapporto obbligatorio dedotto in giudizio 

e che ha la propria fonte in una pattuizione 

di tipo negoziale, intesa a regolamentare gli 

aspetti patrimoniali della gestione. 


Materialidirisulta 

Cassazionecivile,sez.tributaria, 

24settembre2010,n.20206, 

Pres.Papa 

Discarica Conferimento dei materiali di risultaDepositoindiscaricaVersamentodeltributospecialeOmissioneRicorsoQuesitodidiritto 

I ricorsi incidentali, con i quali vengono prospettate 

censure di omessa pronuncia da parte 

di soggetti totalmente vittoriosi nei gradi di 

merito, sono conseguentemente inammissibili 

per carenza di interesse, specialmente quando, 

come nella specie, con il ricorso incidentale 

«la parte vittoriosa sollevi censure che non 

sonodirettecontrounastatuizionedellasentenza 

di merito, bensì abbiano ad oggetto 

questionisullequaliilgiudiced’appellononsi 

è pronunciato, ritenendole assorbite atteso 

chetaliquestioni,incasodiaccoglimentodel 

ricorso principale, possono essere riproposte 

davantialgiudicedirinvio». 

IlricorsoèstatopropostodallaRegioneToscana 

perlacassazionedellasentenzadiappello 

con cui le commissioni tributarie, adite in primoeinsecondogrado,avevanoaccoltoiricorsiriunitideicontribuenti. 

IlConsorzioeglialtriresistentiinviaincidentale 

avevanoimpugnatodueavvisidiaccertamentoemessidallaRegioneToscanaconcuivenivanocontestati: 

l l’omessa tenuta del registro per le annotazionigiornalieredeiconferimentideimaterialidirisultadegliscavi(terreeroccia)nella 

discarica,relativiailavoriperlarealizzazione 

dellalineaferroviariadell’altavelocità; 

l l’omesso versamento del tributo speciale 

perildepositoindiscarica; 

l l’omessa presentazione della discarica dell’attivitàsvoltadal1997al1999;econcuivenivanoirrogateleconseguentisanzioni. 

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso 

principaleedichiaratoinammissibiliiricorsiincidentali.Conilprimomotivodiricorsoèstatoprospet 

tatoallaCorteilgenericoquesitodidiritto «se 

alla luce della normativa vigente all’epoca dell’emanazione 

degli avvisi e delle norme di interpretazione 

autentica l’onere della prova del 

riutilizzo delle terre e delle rocce da scavo, al 

fine della derubricazione delle stesse dalla categoria 

dei rifiuti, incomba o meno al produttore 

del materiale»,chesièrisoltoinuninterrogativoprivodiconcretiriferimentinormativi 

e dell’indicazione di una fattispecie storica in 

gradodiconsentireladefinizionediunprincipiodidirittoidoneoarisolverelacontroversia 

inesame. 

Nelformulareilquesitodidirittooccorrecheil 

ricorrenteprospetti,seppureinformadubitativa, 

una precisa tesi giuridica che derivi dalla 

sintesi tra il quadro normativo di riferimento 

sinteticamente,machiaramente,riportatonei 

suoicontenutiessenziali(premessamaggiore) 

e una concreta fattispecie, altrettanto sinteticamente,machiaramentedescritta(premessa 

minore). 

Ugualmente,conilsecondomotivodiricorso, 

è stata denunciata la violazione delle stesse 

disposizioni di legge di cui al primo motivo 

(articoli 6, 7 e 8, D.Lgs. n. 22/1997, e art. 1, 

commi17e19,leggen.443/2001,comemodificata 

dalla legge n. 306/2003, e art. 2697 

c.p.c.),conl’aggiuntadelriferimentoagliartt. 

1 e 2, direttiva n. 75/442/CEE, ed è stato formulato 

il seguente testuale quesito di diritto 

«se, alla luce della normativa in esame, il riutilizzo 

delle terre e delle rocce da scavo debba o 

meno essere certo e previamente autorizzato, 

cioè autorizzato prima che si dia corso alla produzione 

stessa», prospettando un problema 

assolutamenteavulsodaognirelazioneconla 

specificafattispecie. 

Allostessomodoilterzo,quartoeaseguireil 

quinto, sesto e settimo motivo di ricorso (è 

stata prospettata una censura di violazione 

dell’art. 116 c.p.c., piuttosto che un vizio di 

motivazione, e la richiesta tenderebbe a ottenereunriesamedelmerito)sonorisultatiinammissibili 

per totale carenza di un quesito di 

sintesi. 

Ilcomplessonormativocostituitodall’art.366 

c.p.c.,n.4,art.366bisc.p.c.,eart.375c.p.c., 

n.5neltestorisultantedalD.Lgs.n.40/2006deve 

interpretarsi nel senso che, anche per 

quantoconcerneivizidicuiall’art.360c.p.c., 

n. 5, l’illustrazione del motivo deve essere accompagnatadaunmomentodisintesichene 

circoscrivapuntualmenteilimiti,inmanierada 





noningenerareincertezzeinsedediformulazionedelricorsoedivalutazionedellasuaammissibilità. 

Inbaseaquestainterpretazione,lanormadi 

cuiall’art.366bisc.p.c.,sisottraeacensure 

di incostituzionalità in riferimento agli artt. 

76,77,24,111dellaCostituzioneeart.117, 

comma1,dellaCostituzione,giacché,quantoallasuppostaviolazionedegliartt.76e77 

della Costituzione, l’onere imposto al ricorrenteassolveaunafunzioneserventerispetto 

ai compiti della Corte di Cassazione; inoltre, 

quanto al preteso contrasto con gli artt. 

76, 77, 24 e 111 della Costituzione, e art. 

117,comma1,dellaCostituzione,nonsussiste 

una limitazione del diritto di accesso al 

giudice,tenutocontocheilrequisitodicontenutoforma(consistentenelridurreasintesi 

il complesso degli argomenti critici sviluppatinellaillustrazionedelmotivo)costituisceunmezzodieserciziodidettodirittonell’ambitodiungiudiziodiimpugnazioneconcepitoprimariamentecomemezzodiverificadellalegittimitàdelladecisione,sicchéilrequisitomedesimosiaccordaintrinsecamentecon 

lo scopo e con la funzione del giudizio per il 

quale è stato imposto come onere a carico 

dellaparte. l 


LEGISLAZIONE 

RASSEGNA DI DELIBERE E LEGGI REGIONALI 

•AGOSTO OTTOBRE 2010 

Regione Ambito Estremi e nota 

PIEMONTE 

SICILIA 

LAZIO 

LOMBARDIA 

SICILIA 

TRENTINO AA 

Provincia 

autonoma 

di Bolzano 

FRIULI 

VENEZIA 

GIULIA 

Igiene 

del lavoro 

Igiene 

del lavoro 

Igiene di 

alimenti 

e bevande 

Igiene di 

alimenti 

e bevande 


del lavoro 


del lavoro 


del lavoro 

acuradiSabrinaApicella,avvocato,SinthemaProfessionistiAssociati 

Il contenutoèdisponibileonlineall’indirizzo 

@ 


IGIENE E SICUREZZA 

Deliberazione Giunta Regionale 21 luglio 2010, n. 480 

«Programmi di prevenzione coordinati dal CCM Approvazione schema convenzione tra 

regione Piemonte e Arpa per la realizzazione del progetto: “Piano nazionale di prevenzione 

dei tumori da lavoro: sostegno tecnico organizzativo per il controllo e la riduzione del rischio 

di esposizione all’amianto durante le attività lavorative in presenza di materiali contenenti 

amianto ed in particolare durante le opere di bonifica» 

(in B.U. Piemonte 14 ottobre 2010, n. 41) 

Decreto Assessoriale 22 luglio 2010 

«Modifica del decreto 22 dicembre 2006, concernente programma di formazione per la 

prevenzione del rischio sanitario da esposizione all’amianto nei lavoratori interessati» 

(in B.U. Sicilia 28 luglio 2010, n. 34) 

Determinazione Direttoriale 9 agosto 2010, n. 3353 

«Piano regionale integrato dei controlli 20082010 sulla sicurezza alimentare, il benessere e 

la sanità animale (Determinazione n. 1166 del 17 marzo 2008). Approvazione verbale di 

campionamento degli alimenti di origine animale» 

(in B.U. Lazio 7 settembre 2010, n. 33) 

Circolare Regionale 29 settembre 2010, n. 13 

«Aggiornamento della circolare 52/SAN del 23 dicembre 2005 avente per oggetto: 

“Introduzione dell’obbligo di registrazione e riconoscimento per le imprese del settore 

alimentare“» 

(in B.U. Lombardia 11 ottobre 2010, n. 41) 

Decreto Assessoriale 21 luglio 2010 

«Costituzione dell’ufficio operativo del comitato regionale di coordinamento in materia di 

sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, ai sensi del D.P.Reg. 14 gennaio 2009 e del decreto 

n. 2486 del 5 novembre 2009» 

(in B.U. Sicilia 28 luglio 2010, n. 34) 

Deliberazione Giunta Provinciale 26 luglio 2010, n. 1305 

@«Accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza in lavoratori addetti a mansioni 

che comportano particolari rischi per la sicurezza di terzi» 

(in S.O. n. 1 al B.U. Trentino Alto Adige 17 agosto 2010, n. 33) 


«Recepimento dell’intesa n. 99/CU del 30/10/2007 sancita in Conferenza Unificata e 

dell’Accordo StatoRegioni rep. atti n. 178/CSR del 18/9/2008 e approvazione delle procedure 

adottate dalla Regione Friuli Venezia Giulia per gli “Accertamenti sanitari di assenza di 

tossicodipendenza o di assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in lavoratori addetti a 

mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi» 

(in B.U. Friuli Venezia Giulia 11 agosto 2010, n. 32) 


LEGISLAZIONE 

EMILIA 

ROMAGNA 

MARCHE 

SICILIA 

SICILIA 

EMILIA 

ROMAGNA 


del lavoro 


del lavoro 


del lavoro 


del lavoro 


del lavoro 

PIEMONTE Acqua 

PIEMONTE Acqua 

TRENTINO AA 

Provincia 

autonoma 

di Bolzano 

EMILIA 

ROMAGNA 

Acqua 

Acqua 



«Accertamento assenza tossicodipendenza e assunzione sostanze in determinate categorie 

di lavoratori (Intesa StatoRegione 30/10/2007 e Accordo StatoRegioni 18/9/2008): 

modificazioni alla D.G.R. n. 170/2009» 

(in B.U. Emilia Romagna 18 agosto 2010, n. 105) 


«Modifiche ed integrazioni alla D.G.R. n. 236/2010 concernente i criteri e modalità di 

attuazione del programma di attività formative di cui all’accordo stipulato in sede di 

conferenza permanente StatoRegioni del 20/11/2008, ai sensi dell’art. 11, comma 7, del 

D.Lgs. n. 81/2008 per la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione della salute 

e sicurezza sui luoghi d lavoro» 

(in B.U. Marche 6 agosto 2010, n. 70) 

Circolare 10 maggio 2010, n. 1269 

«Linee guida per l’organizzazione dell’area della tutela della salute e della sicurezza nei 

luoghi di lavoro nell’ambito del dipartimento di prevenzione delle aziende sanitarie 

provinciali» 

(in B.U. Sicilia 24 settembre 2010, n. 42) 

Circolare 26 luglio 2010, n. 1273 

«Linee guida sull’assetto organizzativo e funzionale dei servizi di prevenzione e protezione 

delle strutture sanitarie della Regione siciliana» 


Deliberazione Giunta Regionale 13 settembre 2010, n. 1350 

«Applicazione dell’art. 13, comma 6, e dell’art. 14, comma 8, del D.Lgs. n. 81/2008 e succ. 

mod. sui proventi derivanti dalle sanzioni in materia di tutela della salute e sicurezza dei 

lavoratori» 

(in B.U. Emilia Romagna 13 ottobre 2010, n. 41) 

AMBIENTE 

Decreto Presidente della Giunta Regionale 4 agosto 2010, n. 12/R 

«Regolamento regionale recante: “Modifiche all’art. 13 del regolamento 6 dicembre 2004, n. 

15/R in materia di canoni regionali per l’uso di acqua pubblica (Legge regionale 5 agosto 

2002, n. 20)”» 

(in B.U. Piemonte 12 agosto 2010, n. 32) 

Deliberazione Giunta Regionale 4 agosto 2010, n. 13496 

«Regolamento regionale recante “Modifiche all'articolo 13 del regolamento regionale del 6 

dicembre 2004, n. 15/R in materia di canoni regionali per l'uso di acqua pubblica (legge 

regionale 5 agosto 2002, n. 20)”. Approvazione» 

(in B.U. Piemonte 12 agosto 2010, n. 32) 

Deliberazione Giunta Provinciale 5 agosto 2010, n. 1793 

«Integrazione per l’anno 2010 del termine di presentazione delle domande di 

finanziamento per la costituzione di impianti di depurazione delle acque reflue derivanti dai 

rifugi alpini (deliberazione della Giunta Provinciale n. 1200 di data 22 maggio 2009) (fascicolo 

n. 110D10S158)» 

(in B.U. Trentino Alto Adige 17 agosto 2010, n. 33) 


«Nuove determinazioni in materia di canoni demanio idrico» 



MOLISE Acqua 

PUGLIA Acqua 

TOSCANA Bonifica 

SARDEGNA Energia 

SICILIA Rifiuti 

ABRUZZO Rifiuti 

LOMBARDIA Rifiuti 

MARCHE Rifiuti 

VENETO Rifiuti 

SICILIA Rifiuti 

LEGISLAZIONE 


«Articolo 9, comma 2, della legge regionale 3 marzo 2009, n. 8 “Nuova disciplina in materia 

di organizzazione del servizio idrico integrato” Approvazione del conto patrimoniale 

straordinario e della consistenza netta della dotazione patrimoniale dell’autorità di ambito 

territoriale ottimale per il servizio idrico integrato del Molise» 

(in B.U. Molise 16 settembre 2010, n. 27) 


«Individuazione e perimetrazione degli agglomerati urbani della Regione Puglia ai sensi e per 

gli effetti della Direttiva Comunitaria 91/271/CEE e del D.Lgs. n. 152/2006. Deliberazione di 

Giunta Regionale n. 1085 del 23 giugno 2009. Attività di ricognizione e verifica» 

(in B.U. Puglia 23 agosto 2010, n. 136) 

Legge Regionale 5 agosto 2010, n. 47 

@ «Disposizioni transitorie in materia di organi dei consorzi di bonifica» 

(in B.U. Toscana 9 agosto 2010, n. 36) 

Deliberazione Giunta Regionale 1° luglio 2010, n. 25/40 

“Competenze e procedure per l’autorizzazione di impianti per la produzione di energia 

elettrica da fonti rinnovabili. Chiarimenti Delib.G.R. n. 10/3 D.L. 12/3/2010. Riapprovazione 

Linee Guida» 

(in S.S. n. 1 al B.U. Sardegna 12 agosto 2010, n. 24) 

Circolare 23 luglio 2010, n. 2 

«Legge regionale 22 aprile 1999, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni. Disposizioni in 

materia di entrate. Art. 2, legge regionale 7 marzo 1997, n. 6. Tributo speciale per il deposito 

in discarica dei rifiuti solidi. Indicazioni operative» 

(in B.U. Sicilia 20 agosto 2010, n. 37) 


«Localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti inerti contenenti amianto» 

(in B.U. Abruzzo 13 agosto 2010, n. 13) 

Deliberazione Giunta Regionale 5 agosto 2010, n. 9/443 

«Ulteriori determinazioni in merito al “Progetto per l’approfondimento della conoscenza della filiera 

dei rottami ferrosi e non avviati a seconda fusione”, di cui alla D.G.R. 8 luglio 2009 n. 8/9795» 

(in B.U. Lombardia 16 agosto 2010, n. 33) 


«Indirizzi per l’applicazione del decreto legislativo n. 36/2003 e del D.M. 3/8/2005 riguardanti 

l’ammissibilità dei rifiuti speciali non pericolosi in discarica» 

(in B.U. Marche 30 luglio 2010, n. 68) 


«Decreto legislativo 13 febbraio 2003, n. 36 articolo 5, comma 4. Dcr 15/6/2006, n. 76. 

“Programma regionale per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da avviare in discarica” 

Aggiornamento relativo alle annualità 20052008» 

(in B.U. Veneto 31 agosto 2010, n. 71) 

Ordinanza Commissariale 18 agosto 2010, n. 10 

«Deroga ai limiti di cui alla tabella 5 del decreto ministeriale 3 agosto 2005 all’ammissibilità in 

discarica dei rifiuti non pericolosi CER 191212» 



LEGISLAZIONE 

FRIULI 

VENEZIA 

GIULIA 

FRIULI 

VENEZIA 

GIULIA 

SARDEGNA 

PUGLIA 

LAZIO 

Rumore 

Sostanze 

pericolose 

Tutela 

ambientale 

Tutela 

ambientale 

Tutela 

ambientale 

MARCHE VIA 

EMILIA 

ROMAGNA 

VIA 

UMBRIA VIA 



«L.R. 16/2007, art. 18, comma 1, lett. e) Norme in materia di tutela dall’inquinamento 

atmosferico e dall’inquinamento acustico. Adozione degli standard per la strutturazione delle 

banche dati relative alla gestione dei risultati delle indagini e degli studi effettuati nel settore 

del rumore ambientale: Approvazione» 

(in B.U. Friuli Venezia Giulia 18 agosto 2010, n. 33) 

Decreto Presidenziale 24 agosto 2010, n. 0198/Pres. 

«L.R. 23/2005. Regolamento recante modifiche al regolamento per la concessione dei 

contributi regionali per gli interventi in materia di situazioni da rischio amianto di cui agli 

articoli 7, comma 1 e 8, commi 1 e 3, della legge regionale 12 settembre 2001, n. 22 

(disposizioni in materia di situazioni da rischio amianto), emanato con decreto del Presidente 

della Regione 25 maggio 2006 n. 160» 

(in B.U. Friuli Venezia Giulia 8 settembre 2010, n. 36) 

Determinazione Direttoriale 11 agosto 2010, n. 1653 

«Requisiti di organizzazione e di competenza tecnicoscientifica dei soggetti delegati 

all’esercizio di funzioni paesaggistiche ai sensi della L.R. 12 agosto 1998, n. 28, in attuazione 

dell’art. 146 e 159 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche e integrazioni. 

Approvazione elenco, a fini riepilogativi e ricognitivi, degli enti idonei all’esercizio della 

funzione autorizzatoria delegata in materia di paesaggio» 

(in B.U. Sardegna 31 agosto 2010, n. 26) 


«Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, successive modifiche e integrazioni, “Codice dei 

beni culturali e del paesaggio”, art. 146, comma 6. Ricognizione dei comuni singoli e delle 

associazioni di comuni che abbiano i requisiti di organizzazione e competenza tecnicoscientifica 

e abbiamo istituito la commissione locale per il paesaggio. Attribuzione della delega e 

disciplina della modalità di esercizio» 

(in B.U. Puglia 23 agosto 2010, n. 136) 

Determinazione Direttoriale 15 luglio 2010, n. 3393 

«Individuazione dei comuni in possesso di requisiti necessari per l’esecuzione della funzione 

delega in materia di autorizzazione paesaggistica, articoli 146 e 159 del D.Lgs. 22 gennaio 

2004, n. 42» 

(in B.U. Lazio 21 agosto 2010, n. 31) 


«Modifica alla Legge Regionale 14 aprile 2004, n. 7 ”Disciplina della procedura di valutazione 

di impatto ambientale“» 

(in B.U. Marche 12 agosto 2010, n. 72) 


«Direttiva sulle modalità di svolgimento delle procedure di verifica (screening) normale dal 

Titolo II e delle procedure di VIA normale del Titolo III della L.R. n. 9/1999» 


Determinazione Dirigenziale 27 luglio 2010, n. 6663 

«Procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e di Verifica di Assoggettabilità. 

Determinazioni in merito alle decorrenze dei termini» 

(in B.U. Umbria 18 agosto 2010, n. 38) 


MOLISE Acqua 

LIGURIA Amianto 

ABRUZZO Amianto 

TRENTINO 

AA 

Provincia 

autonoma 

di Bolzano 

VALLE 

D’AOSTA 

Aria 

Energia 

LIGURIA Energia 

CALABRIA REACH 

TRENTINO 

AA 

Provincia 

autonoma 

di Bolzano 

Rifiuti 

PIEMONTE Rifiuti 

LEGISLAZIONE 

Decreto del Presidente della Giunta Regionale 17 settembre 2010, n. 282 

«Articolo 9, comma 2 delle legge regionale 3 marzo 2009, n. 8 “Nuova disciplina in materia 

di organizzazione del servizio idrico integrato” Trasferimento alla Regione Molise della 

consistenza netta della dotazione patrimoniale dell’Autorità di ambito territoriale ottimale per 

il servizio idrico integrato del Molise» 

(in B.U. Molise 1° ottobre 2010, n. 28) 


«Definizione della graduatoria per la concessione dei contributi agli enti locali per azioni in 

tema di amianto» 

(in B.U. Liguria 13 ottobre 2010, n. 41) 


«Modifiche ed integrazioni alla D.G.R. n. 347 del 3/5/2010 avente ad oggetto: “Legge 

27/3/1992, n. 257 L.R. 4/8/2009, n. 11 D.G.R. n. 689 del 9/7/2007 D.G.R. n. 211 del 

4/5/2009. Programma per la rimozione e lo smaltimento di piccoli quantitativi di materiale 

contenenti amianto. Disposizioni attuative, modifiche ed integrazioni alle D.G.R. n. 689 del 

9/7/2007 e D.G.R. n. 211 del 4/5/2009”. Presa d’atto dell’ordinanza n. 274/2010 del TAR 

Abruzzo del 29 luglio 2010» 

(in B.U. Abruzzo 13 ottobre 2010, n. 59) 

Deliberazione Giunta Provinciale 13 settembre 2010, n. 1508 

«Modifiche degli allegati A e C della legge provinciale 16 marzo 2000, n. 8, “Norme per la 

tutela della qualità dell’aria”» 

(in B.U. Trentino Alto Adige 28 settembre 2010, n. 39) 


«Approvazione, ai sensi degli articoli 9, 10 e 11 della L.R. 21/2008 e successive modificazioni, 

delle modalità di accertamento di A) soggetti fisici abilitati al rilascio dell’attestato di 

certificazione energetica degli edifici e B) soggetti ispettori» 

(in B.U. Valle d’Aosta 28 settembre 2010, n. 40) 


«Adeguamento dell’art. 21 della l.r. n. 16/2008 alla nuova disciplina statale in materia di 

impianti di depurazione di energia da fonti rinnovabili soggetti a comunicazione di avvio 

dell’attività» 

(in B.U. Liguria 13 ottobre 2010, n. 41) 

Decreto Dirigenziale 8 luglio 2010, n. 10118 

«Deliberazione di Giunta regionale n. 26 del 28/1/2010: articolazioni organizzative Autorità 

Regionale Competente in materia di controlli e vigilanza sui Regolamenti “REACH” e “CLP”» 

(in S.S. n. 1 al B.U. Calabria 16 settembre 2010, n. 17) 

Deliberazione Giunta Provinciale 13 settembre 2010, n. 1507 

«Fissazione per l’anno 2011 degli importi dovuti dai comuni e dai gestori di impianti di 

raccolta e smaltimento ai sensi dell’articolo 35 della legge provinciale n. 4/2006» 

(in B.U. Trentino Alto Adige 28 settembre 2010, n. 39) 


@«Approvazione dei dati di produzione rifiuti urbani e di raccolta differenziata relativi al 2009» 

(in B.U. Piemonte 30 settembre 2010, n. 39) 


LEGISLAZIONE 

MARCHE Rifiuti 



SARDEGNA Rifiuti 

LOMBARDIA 

UMBRIA 

Tutela 

Ambientale 

Tutela 

paesaggistica 

LOMBARDIA VIA 


Deliberazione Amministrativa 14 settembre 2010, n. 11 

«Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate e relativo rapporto ambientale. 

Aggiornamento del Piano regionale per la gestione dei rifiuti di cui alla deliberazione 15 

dicembre 1999, n. 284. Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Legge regionale 12 ottobre 

2009, n. 24» 

(in B.U. Marche 4 ottobre 2010, n. 87) 


«L.R. 19/12/2007, n. 45 “Norme per la gestione integrata dei rifiuti” e s.m.i. Approvazione 

del 4° Rapporto sulle raccolte differenziate 2008» 

(inB.U. Abruzzo 13 ottobre 2010, n. 59) 


«L.R. 19/12/2007, n. 45 e s.m.i. art. 59. Direttive regionali per la determinazione della tariffa 

di conferimento di rifiuti urbani agli impianti. Approvazione» 

(in B.U. Abruzzo 13 ottobre 2010, n. 59) 

Deliberazione Giunta Regionale 15 settembre 2010, n. 32/71 

«Direttive regionali per la gestione e l’autorizzazione all’utilizzo dei fanghi di depurazione in 

agricoltura» 

(in B.U. Sardegna 9 ottobre 2010, n. 30) 

Deliberazione Giunta Regionale 15 settembre 2010, n. 9/479 

«Schema di Accordo di Programma tra Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e 

del mare e Regione Lombardia finalizzato alla programmazione e al finanziamento di 

interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico» 

(in B.U. Lombardia 27 settembre 2010, n. 39) 

Comunicato 

«Elenco degli enti in possesso dei requisiti di legge per l’esercizio delle funzioni amministrative 

delegate in materia paesaggistica con L.R. n. 11/2005 (Allegato alla D.D. n. 6635 del 4 

maggio 2010)» 

(in B.U. Umbria 29 settembre 2010, n. 46) 

Testo coordinato della Legge Regionale 2 febbraio 2010, n. 5 

«Testo coordinato della L.R. 2 febbraio 2010, n. 5 “Norme in materia di Valutazione di 

Impatto Ambientale”» 

(in S.S. n. 1 al B.U. Lombardia 21 settembre 2010, n. 38) 

Il Sole 24 ORE Arketipo 

Progetti, dettagli, materiali, impianti. 

Informazioni e abbonamenti al sito http://vetrina.ilsole24ore.com/arketipo 


SISTRI: AL VIA IL DOPPIO REGIME 

PER GLI ADEMPIMENTI 


Inserto 

Per effetto del D.M. 28 settembre 2010, che ha prorogato il periodo transitorio di operatività del 

SISTRI,dal1°ottobreal31dicembre2010ilnuovosistematelematicoperlatracciabilitàdeirifiutisi 

affiancaaitradizionaliregistridicaricoescaricoeaiformulariditrasporto. 

Le imprese e gli enti già dotati dei dispositivi elettronici sono tenuti a utilizzarli, sia pure in via 

sperimentale,mentredal1°gennaio2011isoggettiobbligatiadimpiegareilSISTRInonpotrannopiù 

servirsidiregistrieformulari. 

La pubblicazione del decreto e della relativa nota esplicativa è il pretesto anche per tracciare un 

quadro riepilogativo e fornire qualche spunto operativo, anche per apprezzarne le opportunità di 

miglioramentosiaperisoggettiobbligatisiaperlaqualitàdelrelativobusiness. 

: Sul 

D.M. 28 settembre 2010, è disponibile un breve filmato riepilogativo sulla pagina di 

Ambiente&SicurezzainFacebook:http://www.facebook.com/AmbienteSicurezza 

l contributo di 

Paolo Pipere 

Roberto Conforto 

9novembre2010N.21 ILSOLE24ORE ILSOLE24ORE 

III

ILSOLE24ORE IV 


Commento 

Il D.M. 28 settembre 2010 proroga il periodo transitorio di operatività al 31/12/2010 

SISTRI 

AL VIA IL DOPPIO REGIME PER GLI ADEMPIMENTI 

l di Paolo Pipere 

Responsabile servizio ambiente e innovazione organizzativa - CCIAA Milano 

Per effetto del D.M. 28 settembre 2010, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2010 il SISTRI 

affianca i registri di carico e scarico e i formulari di trasporto, tradizionali strumenti 

per documentare la corretta gestione degli scarti di produzione e di consumo. Le 

imprese e gli enti già dotati dei dispositivi elettronici sono tenuti a utilizzarli, sia 

pure in via sperimentale; dal 1° gennaio 2011 scatta, comunque, l’obbligo di 

impiegare il SISTRI e il contestuale divieto di utilizzare i registri e i formulari. La 

pubblicazione del decreto e della relativa nota esplicativa è il pretesto anche per 

tracciare un quadro riepilogativo e fornire qualche spunto operativo. 

Doppio regime per gli adempimenti 

sui rifiuti. Il D.M. 28 settembre 

2010 ha prorogato il periodo 

transitorio di operatività del 

SISTRI. Dal 1° ottobre fino al 31 

dicembre 2010, il nuovo sistema 

telematico per la tracciabilità dei 

rifiuti si affianca ai registri di carico 

e scarico e ai formulari di 

trasporto, tradizionali strumenti 

per documentare la corretta gestione 

degli scarti di produzione e 

di consumo. Le imprese e gli enti 

già dotati dei dispositivi elettronici 

sono tenuti ad utilizzarli, sia 

pure in via sperimentale, mentre 

dal 1° gennaio 2011 i soggetti obbligati 

a impiegare il SISTRI non 

potranno più servirsi di registri e 

formulari. 

COME DEVE OPERARE 

CHI HA LA CHIAVETTA SISTRI 

Più precisamente, secondo le indicazioni 

della nota esplicativa [1] del D.M. 

28 settembre 2010, diffusa dal Ministero 

dell’Ambiente, dal 1° ottobre 

le imprese e gli enti già dotati dei 

dispositivi elettronici sono tenuti a 

effettuare i movimenti di carico relativi 

ai rifiuti prodotti, trasportati o 

gestiti utilizzando il Registro cronologico 

SISTRI, mentre lo scarico dei rifiuti 

già annotati nel registro di carico 

e scarico previsto dall’art. 190, 

D.Lgs. n. 152/2006, potrà essere riportato, 

fino al 31 dicembre 2010, solo 

in questo registro. Si è tentato, in 

questo modo, di limitare i pesanti impatti 

organizzativi causati dalla necessità 

di inserire in pochi giorni nel 

sistema telematico tutti i dati relativi 

alle giacenze di rifiuti stoccati in magazzino. 

La soluzione adottata, però, 

non convince del tutto le imprese e 

gli enti coinvolti. Nel caso in cui i rifiuti 

vengano quotidianamente prodotti, 

quando si deciderà di avviarli al 

recupero o allo smaltimento il movimento 

di scarico coinvolgerà sia le 

annotazioni di carico del tradizionale 

registro sia i nuovi movimenti di carico 

imputati nel sistema telematico, 

rendendo difficile adempiere all’obbligo 

di indicare quali movimenti di 

carico hanno generato il quantitativo 

di rifiuto destinato agli impianti autorizzati. 

In ogni caso, tutti i rifiuti in 

deposito temporaneo dovranno essere 

caricati nel Registro cronologico 

SISTRI entro il 31 dicembre 2010. 

1) Consultabileall’indirizzohttp://www.sistri.it/Documenti/Allegati/NOTA_ESPLICATIVA_IV_DECRETO_SISTRI.pdf. 


Grafico1 

Riepilogo adempimenti 

Produttori di rifiuti 

con dispositivi 

Imprese ed enti 

con dispositivi 

Imprese ed enti 

senza dispositivi 

GARANTIRE LA TRACCIABILITÀ 

Sempre dal 1° ottobre al 30 novembre, 

le movimentazioni che coinvolgono 

imprese ed enti tenuti ad utilizzare 

il SISTRI, ma privi dei dispositivi 

elettronici, devono utilizzare la procedura 

definita dall’art. 6, comma 4, 

D.M. 17 dicembre 2009: «nel caso in 

cui uno dei soggetti tenuti alla compilazione 

della Scheda Sistri si trovi a 

non disporre temporaneamente dei 

mezzi informatici necessari […] la 

compilazione della scheda è effettuata, 

per conto di tale soggetto e su 

sua dichiarazione, da sottoscriversi 

su copia stampata della scheda, dal 

soggetto tenuto alla compilazione 

della parte precedente o successiva 

della scheda medesima». 

COSA FARE SE MANCANO 

I DISPOSITIVI ELETTRONICI 

Le imprese e gli enti privi dei disposi- 

Rifiuti prodotti dal 1° ottobre 

Rifiuti già caricati sul registro 

di carico e scarico 

D.Lgs. n. 152/2006 

Dal 1° ottobre registrazione dei 

movimenti di carico con SISTRI 

Emissione formulari 

tivi elettronici, invece, continueranno 

a compilare il registro di carico e 

scarico e a emettere il formulario 

identificativo del rifiuto fino a quando 

entreranno in possesso dei dispositivi 

elettronici, quindi, al più tardi, 

fino al 30 novembre, nuovo termine 

entro il quale dovrà concludersi il 

processo di distribuzione delle chiavette 

USB SISTRI e delle black box, i 

dispositivi di localizzazione che devono 

essere installati sui veicoli per il 

trasporto di rifiuti. 

LE SANZIONI ANNUNCIATE 

Il recente D.M. 28 settembre 2010 

assicura che fino al 31 dicembre, data 

entro la quale si concluderà il periodo 

transitorio, saranno sanzionabili 

solo le omissioni e gli errori relativi a 

registri e formulari, ma se la revisione 

del D.Lgs. n. 152/2006 - norma di 


Commento 

Movimenti di “carico” su registro 

cronologico SISTRI 

Movimenti di “scarico” 

su registro di carico e scarico 

D.Lgs. n. 152/2006 

Entro il 31 dicembre carico 

dei rifiuti in giacenza con SISTRI 

Annotazioni su registro di carico 

e scarico D.Lgs. n. 152/2006 

rango primario - entrasse in vigore 

prima di questa scadenza, le nuove 

pesanti sanzioni potrebbero essere 

applicate anche agli errori nell’uso 

del SISTRI. 

Tra le sanzioni annunciate spicca anche 

quella prevista per la mancata 

conservazione del dispositivo SISTRI 

nel luogo per il quale è stato richiesto. 

Il D.M. 9 luglio 2010 [2] , infatti, ha 

introdotto l’obbligo di conservare i 

dispositivi elettronici presso l’unità 

locale o la sede dell’impresa «al fine 

di consentire la consultazione del registro 

cronologico e delle singole 

schede di movimentazione» da parte 

delle autorità di controllo. Questa 

scelta introduce un elemento di rigidità 

nella gestione, per esempio, dei 

rifiuti pericolosi prodotti in luoghi diversi 

dalle unità locali dell’impresa, 

come i magazzini degli operatori logistici. 

l 

2) «Modificheedintegrazionialdecreto17dicembre2009,recantel’istituzionedelsistemadicontrollodellatracciabilitàdeirifiuti,aisensi 

dell’articolo189deldecretolegislativon.152/2006edell’articolo14bisdeldecretoleggen.78/2009,convertito,conmodificazioni, 

dallaleggen.102/2009»(inGazzettaUfficialedel13luglio2010,n.161).PertestoecommentosivedaAmbiente&Sicurezzan.16/2010. 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com V ILSOLE24ORE


Commento 

LEGISLAZIONE 

ILSOLE24ORE VI 

DETTAGLI RIEPILOGATIVI 

l QUANTI DISPOSITIVI SISTRI È NECESSARIO AVERE? I produttori di rifiuti devono dotarsi di un dispositivo USB (al quale 

possono essere associate fino a tre firme elettroniche) per ciascuna unità locale dell’impresa, con la possibilità di 

richiederne più di uno per la medesima unità locale nel caso in cui nell’ambito della stessa siano presenti unità 

operative dalle quali “originano in maniera autonoma rifiuti”. I trasportatori hanno un dispositivo per la sede legale 

(ma è possibile richiedere altri dispositivi per le eventuali unità locali), al quale possono essere associate fino a tre 

firme elettroniche, e uno per ogni mezzo di trasporto o, più precisamente, per ogni “veicolo a motore”. La Black Box, 

il dispositivo che trasmette e registra i dati che consentono di tracciare il percorso seguito dal mezzo, deve essere 

installato sui mezzi delle imprese che trasportano qualsiasi genere di rifiuto prodotto da terzi e da quelle che 

trasportano propri rifiuti pericolosi. I gestori di impianti, infine, dispongono di un dispositivo USB «per ciascuna 

attività di gestione dei rifiuti svolta all’interno dell’unità locale» (art. 4, comma 2, D.M. 17 dicembre 2009), ma se i 

delegati per le diverse operazioni di recupero o smaltimento sono i medesimi, la chiavetta può essere una sola. 

l A CHE COSA SERVONO LE CHIAVETTE USB? Ciascun dispositivo USB, ma non quelli associati ai mezzi di trasporto, può 

contenere fino a un massimo di tre certificati elettronici associati alle persone fisiche individuate durante l’iscrizione 

come delegati ad operare con il SISTRI. Questi certificati consentono l’identificazione univoca delle persone fisiche 

delegate e la generazione delle loro firme elettroniche. I delegati lo impiegano per effettuare l’accesso al sistema, 

firmare le schede del Registro cronologico e dell’Area movimentazione rifiuti, mentre i conducenti dei mezzi che 

trasportano rifiuti utilizzano il dispositivo del veicolo per accedere al sistema, comunicare la presa in carico dei rifiuti 

presso i produttori/detentori, attivare la trasmissione dei dati per tracciare il viaggio e comunicare l’avvenuta 

consegna del carico all’impianto di gestione. 

l QUALI DATI SONO REGISTRATI NEI DISPOSITIVI USB? Ciascun dispositivo USB contiene: 

- l’identificativo utente (username); 

- la password per l’accesso al sistema; 

- il codice di sblocco del dispositivo (definito PIN o password generale di sistema); 

- il codice di sblocco personale (PUK); 

- il browser internet per l’accesso al sistema. 

l COME SI ACCEDE AL SISTEMA? È necessario ð collegarsi ad internet ð inserire il dispositivo USB ð attendere l’avvio 

del software (browser dedicato) o attivarlo facendo doppio click sull’icona ð in seguito sarà necessario cliccare sul 

pulsante “accedi al sistema” della prima videata del software e inserire le credenziali di autenticazione dell’utente 

fornite con la chiavetta USB. 

Decreto del Ministero dell’Ambiente 

e della tutela del territorio e del mare 28 settembre 2010 

«Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante l’istituzione del sistema 

di controllo della tracciabilità dei rifiuti. (10A11755)» 

in Gazzetta Ufficiale del 1° ottobre 2010, n. 230 

IlMinistrodell’Ambiente 

edellatuteladelterritorioedelmare 


Vistoildecretolegge1°luglio2009,n.78,convertitocon 

legge 3 agosto 2009, n. 102, recante: «Provvedimenti 

anticrisi,nonchéprorogaditermini»e,inparticolare,l’art. 

14bis; 

VistoildecretodelMinistrodell’ambienteedellatuteladel 

territorio e del mare del 17 dicembre 2009, recante: 

«Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei 

rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del decreto legislativo n. 152 

del 2006 e dell’art. 14bis del decretolegge n. 78 del 

2009,convertito,conmodificazioni,dallaleggen.102del 

2009», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 

2010,n.9,supplementoordinario; 


territorioedelmaredel15febbraio2010,recante:«Modificheedintegrazionialdecreto17dicembre2009,“recante:Istituzionedelsistemadicontrollodellatracciabilitàdei 




2009”»,pubblicatonellaGazzettaUfficialeseriegenerale 

27febbraio2010,n.48; 


territorioedelmaredel9luglio2010,recante«Modifiche 

ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante 

l’istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei 




2009»,pubblicatonellaGazzettaUfficialeseriegenerale 

13luglio2010,n.151; 

Ritenuta la necessità di prorogare, al fine di consentire il 

completamentodellafasediconfigurazioneeconsegnadei 

dispositividicuiall’allegatoIAdeldecretoministeriale17 

dicembre 2009, il termine di consegna dei dispositivi ai 

soggettiaventititolo,alladatadel12settembre,allaconsegnadeglistessi;Consideratochel’art.12,comma2,deldecretoministeriale 

17 dicembre 2009 prevede che, al fine di garantire 

l’adempimento degli obblighi di legge relativi alla tracciabilità 

dei rifiuti nella fase di avvio e verifica della piena 

funzionalità del SISTRI, i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 

del medesimo decreto rimangono tenuti, per un mese 


Legislazione 

successivoalladatadioperativitàdelSISTRI,agliadempimentidicuiagliarticoli190e193deldecretolegislativo3 

aprile2006,n.152; 

Ritenuto opportuno prorogare il periodo di cui all’art. 12, 

comma 2, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 al 

fine di assicurare che con l’avvio dell’operatività del SI 

STRInonvisiaalcunasoluzionedicontinuitànellatracciabilitàdeirifiuti; 

Considerata l’esigenza di assicurare, durante la verifica 

della piena funzionalità del SISTRI, gli obblighi di legge 

finalizzatiallatracciabilitàdeirifiutiattraversogliadempimentidicuiagliarticoli190e193deldecretolegislativo3 

aprile 2006, n. 152, e che, pertanto, le fattispecie sanzionabili 

restano esclusivamente quelle relative alla violazionedeimedesimiarticoli190e193; 

Adotta 

ilseguentedecreto: 

Art.1 

Prorogadeltermine 

perladistribuzionedeidispositivi 

1. Ferma restando la data di operatività del SISTRI come 

individuata agli articoli 1, commi 1 e 4, e 2 del decreto 

ministeriale 17 dicembre 2009 e successive modifiche e 

integrazioni: 

a)iltermineprevistonell’allegatoIA,punto5,deldecreto 

misteriale 17 dicembre 2009, recante «Procedura di ritiro», 

come modificato dall’art. 1, comma 2, del decreto 

ministeriale 9 luglio 2010, per il completamento della 

distribuzione dei dispositivi USB e l’installazione delle 

blackboxèprorogatoal30novembre2010; 

b)ilterminediunmeseprevistodall’art.12,comma2,del 

decretoministeriale17dicembre2009esuccessivemodificheeintegrazioni,èprorogatoal31dicembre2010. 

Art.2 

Entratainvigore 

1. Il presente decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 

dellaRepubblicaitaliana. 

2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della 

suapubblicazionenellaGazzettaUfficialedellaRepubblica 

italiana. l 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com VII ILSOLE24ORE


Articolo 

Dichiarazione per tutti i trasporti di rifiuti speciali e pericolosi dal 1° gennaio 2011 

SISTRI: SOLO OBBLIGO O ANCHE OPPORTUNITÀ? 

l di Roberto Conforto 

CEO Computer Solutions Group 

Al di là degli aspetti cogenti e dell’avvio non privo di difficoltà, l’entrata in vigore 

del SISTRI potenzialmente può rappresentare un punto di svolta nella gestione dei 

rifiuti, non soltanto dal punto di vista dei controlli, ma anche per quanto riguarda lo 

snellimento delle procedure burocratiche. È sicuramente utile, quindi, stilare un 

vademecum delle attività indispensabili per tramutare l’avvento di SISTRI in 

opportunità di miglioramento sia dell’organizzazione aziendale dei soggetti obbligati 

sia della qualità del business che essi interpretano. 

L’entrata in vigore di SISTRI, l’innovativo 

sistema di tracciabilità 

dei rifiuti speciali e pericolosi, oltre 

che dei trasporti - successivi 

alla raccolta - di rifiuti urbani in 

Campania, costituisce una vera 

svolta nei rapporti tra soggetti obbligati 

e pubblica amministrazione, 

resa possibile grazie anche alla 

tecnologia e alla volontà politica 

di utilizzarla ai fini della 

prevenzione di reati come quelli 

perpetrati a danno dell’ambiente 

e, quindi, della qualità della vita. 

SISTRI, prima di diventare un obbligo 

ineluttabile per tutti i soggetti obbligati, 

è entrato in funzione con modalità 

graduali per un periodo sufficiente 

a far sì che gli operatori possano 

familiarizzare con le nuove funzionalità, 

nonché, percepire i numerosi 

vantaggi, che la nuova operatività 

potrà portare al loro lavoro quotidiano. 

L’analisi approfondita del nuovo 

D.M. 28 settembre 2010 [1] e della nota 

esplicativa contemporaneamente 

emanata mette in luce quale potrà 

essere l’iter di avvicinamento a SI- 

STRI, i tempi di familiarizzazione e, 

soprattutto, fa intuire l’operatività 

reale del sistema a regime. 

IL PERIODO 

FINO AL 31 DICEMBRE 

L’amministrazione dello Stato ha 

previsto il 30 novembre 2010 come 

termine per la distribuzione dei 

supporti tecnologici hardware, 

senza i quali la piena operatività è 

compromessa. Tuttavia, è convinzione 

ormai dichiarata anche dal 

Ministero dell’Ambiente e della tutela 

del territorio e del mare 

(MATTM) con il provvedimento di 

cui sopra, che, se non si concluderà 

questa attività propedeutica, il SI- 

STRI non potrà essere utilizzato appieno 

nella sua concezione originaria. 

A tutti i soggetti obbligati conviene 

utilizzare questo periodo per 

verificare la propria posizione verso 

il SISTRI; in particolare: 

l è indispensabile controllare, a 

fondo e con cognizione di causa, 

la propria iscrizione. Ovvero, 

rivedere le attività dichiarate, 

le unità locali, i limiti autorizzati, 

i delegati, eccetera. 

In altre parole, alla luce del- 

l’operatività che SISTRI imporrà, 

sarà necessario capire se il 

profilo aziendale riportato nell’iscrizione 

in SISTRI si avvicini 

o meno alla realtà. Quanto più 

questa immagine corrisponde 

al vero, tanto più l’impatto di 

SISTRI sul modello organizzativo 

sarà ininfluente; 

l è necessario provare a utilizzare 

il SISTRI e capire, attraverso la 

manualistica disponibile, se si 

sia autonomi nella sua gestione 

usuale o se si necessiti di formazione 

o di ausilio. Il MATTM sta 

promulgando una campagna informativa/formativa 

affinché le 

istituzioni in primis, ma anche 

le associazioni di categoria in 

seguito, possano interpretare il 

ruolo di formatori verso il mondo 

dei soggetti obbligati; 

l è necessario capire l’impatto 

che l’operatività su SISTRI comporta 

nel modello organizzativo 

di ciascun soggetto obbligato. 

Questo dipende molto dalla 

numerosità degli interventi che 

si è obbligati a effettuare su 

SISTRI nell’unità di tempo. Se il 

1) «Modificheedintegrazionialdecreto17dicembre2009,recantel’istituzionedelsistemadicontrollodellatracciabilitàdeirifiuti»(in 

GazzettaUfficialedel1°ottobre2010,n.230). 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com IX ILSOLE24ORE

Tabella1 

• 

ILSOLE24ORE X 


Articolo 

Operazioni per il corretto avviamento a smaltimento/recupero: 

confronto “con SISTRI” e “senza SISTRI” 

Produttore 

Attività amministrative 

Operatività 

senza SISTRI 

Registrazione carichi deposito temporaneo o o 

Controllo giacenze deposito temporaneo o o 

Controllo preventivo autorizzazioni catena di smaltimento o o 

Compilazione documento trasporto o o 

Registrazione scarichi deposito temporaneo « 

Controllo quarta copia documento trasporto « 

Registrazione abbinamento riga registro/quarta copia « 

Produzione registro c/s « 

Mantenimento copia registro c/s ¢ 

Produzione MUD « 

Trasportatore 

Controllo produzione documenti obbligatori per il trasporto o o 

Presa in carico automatica trasporti ¢ 

Verifica del rifiuto da trasportare e coerenza documenti obbligatori o o 

Gestione 2 a , 3 a e 4 a copia documento trasporto « 

Gestione USB del mezzo ¢ 


Mantenimento copia registro c/s « 


Destinatario 

Presa in carico e conferimenti o o 

Gestione 2 a , 3 a e 4 a copia documento trasporto « 


Gestione stoccaggio preliminare « ¢ 


Gestione impianto e vincoli autorizzativi « ¢ 


Operatività 

con SISTRI 


Intermediari e consorzi 

soggetto obbligato è un produttore 

di rifiuti speciali/pericolosi 

che effettua, ad esempio, 12 

conferimenti/anno, è chiaro 

che il suo processo produttivo è 

coinvolto marginalmente dall’operatività 

richiesta da SI- 

STRI; al contrario, se il soggetto 

obbligato è un produttore di rifiuti 

che effettua, ad esempio, 

100 conferimenti/giorno, è evidente 

come il suo processo produttivo 

sia pesantemente coinvolto 

dall’operatività richiesta 

da SISTRI. Parimenti, i soggetti 

gestori e trasportatori, che fanno 

della movimentazione dei rifiuti 

il proprio oggetto sociale, 

sono, in modo inequivocabile, 

pesantemente coinvolti dall’operatività 

richiesta da SI- 

STRI, che si aggiunge di netto a 

quella necessaria all’organizzazione 

dedicata allo svolgimento 

di ogni singolo servizio. 

Si deve, quindi, intervenire sul 

modello organizzativo e identificare 

i punti di contatto tra 

operatività ordinaria e interazione 

con SISTRI, al fine di poter 

decidere come e quando 

modificare il proprio sistema 

gestionale per attivare le fun- 

zioni di interoperabilità che SI- 

STRI renderà disponibili. Solo in 

questo modo il SISTRI sarà una 

opportunità per questi soggetti; 

l è necessario, in particolar modo 

per i soggetti gestori, identificare 

e categorizzare i soggetti obbligati 

rispetto ai soggetti esenti 

o volontari con i quali si movimenteranno 

rifiuti da dichiarare 

a SISTRI, in quanto il modello 

organizzativo del trattamento 

dei dati sarà diverso nei due casi 

(soggetto iscritto e soggetto non 

iscritto). Questa informazione è 

indispensabile sia nella eventuale 

gestione manuale, ma soprattutto 

in quella automatica, 

in quanto deve essere previsto e 

programmato il diverso trattamento 

delle informazioni; 

l intimamente connessa con la capacità 

dei singoli gestori è la conoscenza 

del livello di apprendimento 

e confidenza con l’uso di 

SISTRI da parte dei produttori iniziali 

del rifiuto nel periodo di familiarizzazione. 

Questo perché 

tutti i trasporti di rifiuti speciali 

e pericolosi devono essere dichiarati 

a SISTRI a partire dal 1° 

gennaio 2011 o da data successiva 

in caso di eventuali impedi- 


Articolo 

Organizzazione del conferimento « ¢ 

Reperimento copia documento 

di trasporto 




Legenda 

o Attivtà comune ai due regimi 

« Attività SENZA SISTRI 

¢ Attività CON SISTRI 

menti che richiedano ulteriori 

rinvii, ma si può ragionevolmente 

ipotizzare si tratti eventualmente 

di qualche mese, non certamente 

di periodi consistenti. 

Questo fatto deve essere affrontato 

dai gestori con la stessa consapevolezza 

con la quale oggi 

aiutano i produttori iniziali del rifiuto 

a ottemperare agli obblighi 

amministrativi inerenti le operazioni 

amministrative obbligatorie 

per legge (compilazione di 

formulari, registri e MUD). A partire 

dal 1° gennaio 2011, ciò significherà 

supportare i medesimi 

soggetti nell’inserire in SISTRI il 

contenuto informativo di Registro 

Cronologico e Scheda Movimentazione. 

Pur non essendo 

operazioni di per sé complesse, 

tuttavia, la frequenza minima 

con cui la maggioranza dei soggetti 

obbligati le dovrà affrontare, 

la scarsa conoscenza specifica 

della materia e una naturale 

riluttanza nel prendere coscienza 

del “nuovo” farà diventare 

queste operazioni problematiche. 

In aggiunta, le difficoltà che 

la maggior parte dei soggetti obbligati 

incontreranno nell’utilizzo 

di SISTRI, per le ragioni esposte, 

metterà a rischio l’affidabili- 

9novembre2010N.21 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com XI ILSOLE24ORE 

«


Articolo 

tà del corredo informativo con 

cui l’intera filiera di raccolta e 

smaltimento dovrà affrontare il 

singolo trasporto e conferimento; 

questa situazione si tradurrà 

in maggiori costi di gestione del 

controllo di ogni operazione. Tale 

considerazione deve stimolare 

l’interesse dei soggetti gestori ad 

approfondire il livello di familiarizzazione 

con SISTRI raggiunto 

dai propri clienti conferitori. 

FAMILIARIZZAZIONE 

E OPPORTUNITÀ 

È sicuramente utile stilare un vademecum 

delle attività indispensabili 

per tramutare l’avvento di 

SISTRI in opportunità di miglioramento 

sia dell’organizzazione 

aziendale dei soggetti obbligati sia 

della qualità del business che essi 

interpretano. La considerazione 

già enunciata che a partire dal 1° 

gennaio 2011 tutti i trasporti di rifiuti 

speciali e pericolosi devono 

essere dichiarati a SISTRI comporta 

indiscutibilmente una crescita del 

mercato della raccolta e dello 

smaltimento/recupero di tali materiali 

di risulta. Quanto maggiore 

sarà il livello di copertura del servizio 

offerto al mercato tanto più 

crescerà il business di tutti i gestori 

parallelamente alle semplificazioni 

che essi sapranno correlare agli 

obblighi cui tutta la filiera della 

raccolta e del corretto avviamento 

a smaltimento/recupero sarà assoggettata 

dal nuovo sistema. 

l la due diligence del proprio modello 

organizzativo, finalizzata 

ad assicurarsi di poter affrontare 

il data entry richiesto da SI- 

STRI, sia esso manuale o automatico, 

minimizzando il rischio 

di errore, è un servizio che può 

essere proposto anche ai propri 

clienti produttori iniziali; 

l l’interoperabilità del proprio si- 

ILSOLE24ORE XII 

stema gestionale con SISTRI, attraverso 

la tecnologia web, è un 

altro plus che, in sostituzione 

della compilazione dei vecchi 

formulari, registri e MUD, può 

essere proposto anche ai propri 

clienti produttori iniziali; 

l l’anticipazione della determinazione 

del contenuto informativo 

del singolo movimento richiesta 

da SISTRI [2] , se viene interpretata 

come una opportunità all’anticipazione 

dell’organizzazione delle 

operazioni sia di logistica sia di 

conferimento, costituisce un’ottimizzazione 

del costo del servizio 

e dell’organizzazione necessaria 

al suo svolgimento; 

l l’analisi puntuale delle incombenze 

amministrative e organizzative 

che i diversi soggetti obbligati 

devono svolgere per affrontare 

il singolo smaltimento 

rende l’uso di SISTRI più conveniente 

del modello attuale (si 

veda la tabella 1). Questa analisi 

utilizzata a supporto di una 

attenta determinazione dei costi 

aziendali può quantificare i 

vantaggi derivanti da una corretta 

e puntuale adozione del 

sistema integrato al proprio modello 

organizzativo; 

l da un punto di vista delle responsabilità 

oggettive, rispetto agli 

obblighi imposti dalla normativa 

sui rifiuti, ottenere attraverso un 

e-mail la liberatoria da queste responsabilità 

costituirà un considerevole 

passo avanti nella deburocratizzazione 

dei processi e un notevole 

abbattimento dei costi del 

post controllo; alla stessa stregua, 

va considerata l’eliminazione 

della compilazioni di supporti 

cartacei a giustificazione della 

corretta gestione dei rifiuti da 

parte di ogni soggetto obbligato. 

Queste considerazioni, di per sé, 

già delineano il percorso che il sog- 

getto obbligato che intende cogliere 

le opportunità messe a disposizione 

da un corretto adeguamento 

a SISTRI, dovrà percorrere nel periodo 

di familiarizzazione. In aggiunta 

a ciò è opportuno precisare le 

azioni da intraprendere: 

l controllo e adeguamento del 

proprio modello organizzativo; 

l controllo e adeguamento del 

proprio sistema gestionale; 

l analisi di mercato destinata a palesare 

la situazione del proprio 

parco clienti in relazione a primi 

due punti; nel caso di produttori 

iniziali, l’analisi di mercato è rivolta 

ai partner della catena di 

smaltimento/recupero; 

l proposizione di servizi aggiuntivi 

alla clientela a riguardo dei 

primi due punti, nonché di servizi 

web destinati a sollevare tali 

soggetti obbligati dall’impatto 

SISTRI; 

l valutazione dell’impatto migliorativo 

conseguente all’anticipazione 

della determinazione 

del contenuto informativo di 

ogni singolo movimento di rifiuti 

e utilizzo di questa opportunità 

nella programmazione della logistica 

e dei conferimenti; 

l valutazione delle conseguenze 

in termini di deburocratizzazione 

dei processi e ottimizzazione 

del tempo uomo risparmiato. 

CONCLUSIONI 

Se si sapranno cogliere le opportunità, 

il SISTRI sarà l’incipit di un sistema 

di razionalizzazione e regolamentazione 

del comparto, dimostrando, 

inoltre, come la tecnologia 

possa venire in aiuto al corretto inquadramento 

dei problemi, alla 

semplificazione del peso burocratico, 

alla modernizzazione dei rapporti 

delle imprese con la pubblica 

amministrazione, in altre parole, alla 

modernizzazione dello Stato. l 

2) Il dover inserire i dati in tempo reale e preventivamente rispetto all’evento “trasporto” implica dover conoscere prima tutte le componenti 

informativedelmovimentodirifiuti. 


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