Netsuke - n. 12 - La Galliavola - Arte Orientale
Netsuke - n. 12 - La Galliavola - Arte Orientale
Netsuke - n. 12 - La Galliavola - Arte Orientale
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<strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
n. <strong>12</strong> - Settembre 2009<br />
N e t s u k e<br />
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
Via Borgogna, 9 - 20<strong>12</strong>2 Milano<br />
tel. +39 0276007706 - fax. +39 0276007708<br />
www.lagalliavola.com info@lagalliavola.com
Cari Amici,<br />
come preannunciato, da questo numero il nostro Bollettino avrà una cadenza trimestrale<br />
e sarà composto da 24 pagine, anziché 16. Spero che lo sforzo che tutta la redazione ha<br />
prodotto corrisponda ad un vostro maggior interesse e gradimento.<br />
Ritorna l’autunno, stagione che porta un rinnovato fermento nelle gallerie antiquarie:<br />
anche noi ci siamo adeguati e, come potrete leggere nelle pagine centrali, in concomitanza<br />
della mostra di dicembre sul Giappone a Palazzo Reale, abbiamo organizzato, con altre<br />
cinque gallerie, milanesi e internazionali, una manifestazione che vuole essere non solo la<br />
contemporaneità di sei mostre su un argomento unico, ma un modo nuovo di proporci<br />
al mondo dei collezionisti coi quali si condivide un’unica passione: il Giappone.<br />
Iniziamo questo numero, particolarmente ricco di contenuti, con Bettina Schindler, una<br />
nuova e simpatica nostra amica che vive a Firenze dove ha un prestigioso laboratorio di conservazione<br />
e restauro di pietre dure e che ha pubblicato diversi saggi. Ci metterà a disposizione,<br />
nei prossimi numeri, tutta la sua competenza scrivendo sui materiali dei netsuke, sulla<br />
loro lavorazione e sul loro restauro: in questo numero inizia parlandoci dell’avorio.<br />
Segue un articolo su Tomotada, artista famoso e controverso, primo di una serie di interventi<br />
in cui si parlerà di firme (quindi non solo di Tomotada), attribuzioni, curiose intuizioni<br />
e stravaganti fantasie che popolano il mondo internazionale del netsuke: dagli esperti<br />
delle case d’asta, alle riviste specializzate, ai libri, ai grandi collezionisti, ai neofiti, nessuno<br />
pare possa esimersi dall’esternare una sua personale interpretazione su una firma di<br />
un grande artista. Proviamo a trarre qualche conclusione e magari una indicazione per gli<br />
acquisti.<br />
Il consueto reportage sulle aste: gli esperti della casa d’aste Christie’s, a Parigi, pare non<br />
abbiano brillato nelle valutazioni di una collezione di netsuke posti in asta e Sotheby’s,<br />
sempre a Parigi, pare abbia preso un grosso granchio creando non poco malumore e qualche<br />
polemica nel mondo dei collezionisti.<br />
Anche di questo si parla nella rubrica “Dite la vostra”. Un importante spazio è stato dato,<br />
inoltre, alla pubblicazione dell’autorevole riflessione di un nostro lettore che ci invita a<br />
guardare oltre la nostra collezione scoprendo un aspetto, sicuramente sconosciuto, più<br />
profondo, forse lontano, che ci può portare ad imprevedibili riflessioni ed approfondimenti,<br />
sui netsuke e sui toggles cinesi.<br />
Intendo infine invitare tutti alla mostra in galleria “Geniale sintesi” del 1 dicembre, dove<br />
saranno esposti inediti netsuke, inro e lacche, provenienti da una prestigiosa collezione.<br />
A presto<br />
Roberto Gaggianesi<br />
Hanno collaborato a questo numero: CARLA GAGGIANESI - ROBERTO GAGGIANESI -<br />
BETTINA SCHINDLER - ANNA ROSSI GUZZETTI<br />
Fotolito e stampa: Grafiche San Patrignano - Ospedaletto di Coriano, Rimini<br />
In copertina e ultima di copertina: Okimono in avorio con Raiden, dio dei tuoni e dei fulmini, firmato<br />
Masaka, Scuola di Osaka, fine secolo XIX. Altezza cm 11,9. Collezione Privata.
Aspetto e aspetti nei netsuke giapponesi<br />
<strong>La</strong> ricerca di perfezionamento tecnico e artistico nelle arti giapponesi è acclamata,<br />
applaudita ed affascinante: niente è lasciato al caso, non nasce niente casualmente;<br />
anche gli otto semi di ginkgo della figura 1 seguono criteri ben precisi e portati a<br />
un’espressione apprezzata dal collezionista e conoscitore contemporaneo.<br />
Dal punto di vista tecnico la scelta dei materiali, ad esempio, non è casuale.<br />
Le materie come avorio, osso e dente hanno alcuni pregi utili al servizio dell’autore<br />
Fig. 1 - Otto semi di ginkgo.<br />
<strong>Netsuke</strong> in avorio.<br />
Collezione <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong>.<br />
I materiali: l’avorio<br />
di Bettina Schindler<br />
per ottenere il massimo dal suo potenziale artigianale e artistico.<br />
L’avorio 1 , vale a dire il materiale ricavato dalla zanna di elefante, ha sempre un alto<br />
pregio poiché è sempre stato reputato materiale prezioso, costoso e di difficile reperimento;<br />
dal punto di vista tecnico ha un altro valore ancora, introvabile in altre materie:<br />
la forte componente di collagene 2 che lo rende duttile e allo stesso momento<br />
resistente durante la lavorazione con gli strumenti.<br />
1 Con il termine “avorio” s’indica comunemente il materiale che proviene dalla zanna d’elefante;<br />
tuttavia è un termine generico che accomuna tutti i materiali tratti da zanne, corna e ossa<br />
di alcuni mammiferi, quali l’elefante, l’ippopotamo, il cinghiale, il facocero, il tricheco, il<br />
leone marino, il narvalo e il cervo.<br />
2 L’avorio della zanna d’elefante è dentina, un tessuto organico più duro dell’osso, ma più tenero<br />
dello smalto, costituito per lo più da cristalli di fosfato e da percentuali variabili di sostanza<br />
organica. Le componenti inorganiche e organiche variano in percentuale, …si riscontra il<br />
65% di idrossiapatite ed il 35% di collagene.<br />
3
Negli spessori sottili permette certi virtuosismi<br />
d’intaglio, di traforo, d’incisione<br />
e di lavorazione della superficie insieme<br />
con una longevità e conservabilità a<br />
lungo termine, tanto da essere prediletto<br />
dai netsukeshi fino ai nostri giorni.<br />
Questa caratteristica si estende su tutta la<br />
zanna, non ci sono parti meno valide,<br />
come ad esempio nel legno, dove la corteccia<br />
deve essere scartata.<br />
Questo fatto è molto interessante quando<br />
si parla dei nostri netsuke: poiché sono di<br />
dimensioni piccole, per realizzarli è sufficiente<br />
anche un pezzetto d’avorio che<br />
può provenire dalla lavorazione di<br />
un’opera più grande, vale a dire pezzetti<br />
di scarto che sono in ogni caso materiale<br />
prezioso; ecco che un netsukeshi se ne<br />
può permettere l’acquisto.<br />
Grazie dunque al materiale la sfida di rappresentare<br />
un “universo” in ridottissime<br />
dimensioni può essere egregiamente<br />
vinta, l’espressività raggiunta non si limita<br />
4<br />
Fig. 2 - Le linee di Retzius nell’avorio.<br />
Fig. 3, 3a - Disegni riproducenti<br />
le linee di Retzius.<br />
soltanto a forme e lavorazioni di superfici<br />
e/o colorazioni, ma va oltre, poiché<br />
si ottiene, attraverso la lucidatura, una<br />
superficie cangiante che è dovuta all’effetto<br />
delle linee concentriche, (dette<br />
linee di Retzius) 3 (figg. 2, 3, 3a), un<br />
3 Vedi L’Avorio. Tipologia e Analisi di VANDA ROLANDI e ANNA BRAJKOVIC, p. 338.
isultato di vita propria della materia eburnea che diventa anche il segnale di riconoscimento.<br />
Troviamo in questa caratteristica un valore aggiunto e nobilitante, a<br />
prescindere dagli aspetti sopra menzionati. <strong>La</strong> pratica e la conoscenza delle “tecniche<br />
artistiche” utilizzate per la lavorazione di tutte le materie organiche garantiscono<br />
un esito di perfezione: intaglio, intarsio, traforo e incisione sono applicati<br />
dai netsukeshi per ottenere eccellenti risultati. Per l’intaglio necessita una serie di<br />
ferri di vari tagli.<br />
Certi passi come la sgrossatura, la ricerca di linee e forme principali, la lavorazione<br />
del sottosquadro, la lisciatura delle superfici e l’incisione sono sempre uguali in<br />
tutto il mondo. Sono state formulate ipotesi che l’acciaio giapponese abbia agevo-<br />
Fig. 4, 4a - Cavallo che pascola, avorio in bella patina. Collezione privata.<br />
lato gli intagliatori dei netsuke nella ricerca della perfezione e vorrei confermarla<br />
nell’osservazione degli himotoshi: sono stati sicuramente prodotti da una punta da<br />
trapano conica e sono talmente perfetti che la lavorazione finale sembra essere un<br />
semplice ritocco (fig. 4, 4a). Per lisciare la superficie, gli artisti si servivano di<br />
materiali provenienti dalla natura (come ad es. pelli di pesce essiccate) per i vari<br />
gradi di lucidatura.<br />
<strong>La</strong> firma del netsukeshi infine viene apposta negli anfratti della rappresentazione<br />
con la leggerezza dell’incisione. <strong>La</strong> calligrafia giapponese agevola l’estensione di un<br />
nome anche lungo in uno spazio ristretto e di nuovo si può asserire che la precisione<br />
con cui si può scrivere su questo materiale è favorita da uno strumento ben affi-<br />
5
lato; perfino nella firma il netsukeshi cerca la perfezione e, qualche volta, abbrevia il<br />
suo nome per farlo rientrare nel breve spazio disponibile 4 . I criteri di una “buona conservazione”<br />
dell’avorio nei netsuke sono abbastanza singolari e il concetto di conservazione<br />
non è sempre comparabile con l’idea classica occidentale. Innanzitutto non<br />
sono opere soltanto esposte in apposite teche: sono spesso opere “portate”.<br />
“Portare” il netsuke significa tenerlo in tasca, o in una sua custodia o senza niente,<br />
prenderlo spesso in mano per conoscerlo meglio, “vivere insieme” con il netsuke.<br />
Anche se l’utilizzo originale, come fermaglio della borsetta (inro) alla cintura (obi),<br />
è assolutamente cambiato, i netsuke, diversamente dalle altre opere antiche, conti-<br />
nuano a essere “usati” in questo contesto specifico. <strong>La</strong> conservazione, infatti, è considerata<br />
in termini leggermente differenti rispetto agli aspetti tradizionali occidentali:<br />
un “bel netsuke” ha una “bella patina” quando mostra segni di lisciatura dal<br />
tocco con le mani (fig. 5), ad esempio, anche quando si è lisciata un’incisione,<br />
oppure ha una “bella colorazione” la quale evidentemente è lucida per contatto con<br />
mani umide o pelle grassa 5 . Si distinguono patina naturale e colorazione; quest’ultima<br />
è solitamente applicata volontariamente attraverso sostanze coloranti per ottenere<br />
effetti cromatici (fig. 6, 6a). Sotto l’aspetto tecnico della conservazione possiamo<br />
trovare rotture, ad esempio si possono rompere piccole protuberanze come piedi,<br />
6<br />
Fig. 5 - Rakan su roccia<br />
con shishi, avorio patinato.<br />
Collezione <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong>.<br />
4 The <strong>Netsuke</strong> Handbook of Ueda Reikichi, Charles E. Tuttle Company, Rutland, Vermont &<br />
Tokyo, Japan, 1961, p. 213.<br />
5 Vedi BETTINA SCHINDLER, L’avorio. Tecniche e lavorazione, p. 13.
Fig. 6, 6a - Sesshu, avorio dipinto, madreperla, corallo, corno e metallo.<br />
Milano, Museo Poldi Pezzoli, Collezione <strong>La</strong>nfranchi.<br />
mani, lembi di un manto o di un cappello nelle rappresentazioni umane, code, orecchie,<br />
zampe o braccia quando si tratta di animali. Questi danni capitano al momento<br />
dell’urto, poiché la così acclamata flessibilità e duttilità dell’avorio ha i suoi limiti<br />
quando l’urto è esagerato!<br />
Non è soltanto questa la causa della perdita di questi elementi: l’essicazione lungo<br />
la venatura può provocare fenditure naturali, e se su un piede si forma una fenditura,<br />
la parte cade da sola. Lo stesso sporco che s’insedia in queste fenditure<br />
capillari è motivo di cattiva conservazione, ma siamo anche consapevoli che si<br />
tratta del corso naturale di una materia, per lo più igroscopica e sensibile agli<br />
sbalzi di temperature!<br />
Le indicazioni per una conservazione attenta consistono in alcuni criteri di buon<br />
senso come un clima costante sia per l’umidità relativa sia per la temperatura del<br />
micro o macroclima; sostanziale sarebbe evitare urti o cadute e consigliabile è una<br />
spolveratura regolare con un tessuto morbido.<br />
Nel caso di necessità d’interventi di restauro, si sconsigliano quelli “fai da te” perché<br />
spesso sono eseguiti con tecniche o materiali non idonei.<br />
Il restauratore che ha una buona esperienza può contenere il danno provocato e fare<br />
a volte anche un intervento di restauro invisibile, o quasi.<br />
Bibliografia:<br />
- VANDA ROLANDI e ANNA BRAJKOVIC, L’Avorio. Tipologia e Analisi in “Eburnea Diptycha” a<br />
cura di Massimiliano David, Edipuglia, Bari 2007.<br />
- BETTINA SCHINDLER, L’avorio. Tecnica e materiali, Sillabe, Livorno 2007.<br />
7
Riflessioni sulle firme dei netsukeshi<br />
Tomotada, chi era costui?<br />
Fig. 1<br />
Firma Tomotada.<br />
Bufala con piccolo<br />
Collezione<br />
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong>.<br />
8<br />
Prima parte<br />
Un prezioso amico che si sta<br />
avvicinando ora al mondo dei<br />
netsuke, alimentato da una<br />
curiosità intellettuale mai sazia,<br />
durante la nostra visita al Poldi<br />
Pezzoli (vedi report pagg. 2 e 3<br />
Bollettino n. 10, aprile 2009) è<br />
stato testimone di alcune battute<br />
tra i collezionisti partecipanti<br />
sulla controversa firma di<br />
Tomotada circa alcuni netsuke<br />
esposti in mostra.<br />
Nei giorni successivi mi ha<br />
inviato, con intento provocatorio,<br />
una mail dal titolo più che<br />
giustificato “Tomotada???” (con<br />
tre punti di domanda e ben giustificati): la mail<br />
infatti conteneva l’immagine di un buffo quanto<br />
improbabile netsuke del XXI secolo con la<br />
seguente didascalia: “FukuroKujo giovane, katabori<br />
in avorio, attribuito a Tomotada”.<br />
Il guaio è che, apparentemente, non si tratta di un<br />
goffo tentativo di vendita di un oggettino trovato<br />
casualmente in fondo ad un cassetto e fatto assurgere<br />
alla gloria di netsuke e per giunta con tanto di attribuzione,<br />
bensì di un sito che gira in rete a scopo divulgativo<br />
e forse con ambizione “culturale”!<br />
Fig. 2 - Kirin in avorio, firma Tomotada.<br />
In <strong>Netsuke</strong>, sculture in palmo di mano,<br />
Catalogo mostra, fig. 91. Milano, Museo Poldi Pezzoli.
Fig. 1a - Bufala con piccolo. Firma Tomotada.<br />
Collezione <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong>.<br />
Non mi è stato possibile<br />
ignorare la provocazione:<br />
rispondo, anche se non sarà,<br />
e non può essere, una risposta<br />
semplice, chiara, né tanto<br />
meno definitiva.<br />
L’esistenza di Tomotada è certificata<br />
nel 1781, data di pubblicazione<br />
del libro in giapponese<br />
Soken Kisho, raccolta di sette<br />
volumi scritti da Inaba Tsuryu,<br />
che cita sommariamente 56 arti-<br />
sti allora conosciuti, accompagnandoli con dettagli succinti, compreso Tomotada<br />
a cui aveva dedicato poche e semplici righe: Un uomo di Keishi (ora Kyoto) che si<br />
chiama Izumiya Shichie-mon (Tomotada è il go o nome d’arte). Superbo nello scolpire<br />
i buoi. I suoi lavori sono soprattutto apprezzati nella regione di Kanto (Edo, ora<br />
Tokyo). Di conseguenza le imitazioni si contano a centinaia (!). Le sue sculture<br />
autentiche sono eccezionali.<br />
Oltre a questo non esiste altra documentazione certa sulla autenticità dei suoi pezzi,<br />
delle firme apposte e tanto meno della sua esistenza. E’ addirittura opinione di<br />
alcuni studiosi sostenere che ci possono essere stati due o più Tomotada (una teoria<br />
interessante ma che rimane rigorosamente nel campo delle ipotesi).<br />
Concentriamoci invece sul nostro Tomotada che scopriamo essere celebre e molto<br />
apprezzato anche dai suoi contemporanei per le raffinate e naturalistiche sculture<br />
di animali e specialmente per i buoi e, per questo, già nella seconda metà del XVIII<br />
secolo sul mercato apparvero numerose riproduzioni delle sue opere, alcune fatte<br />
per soddisfare la pressante richiesta del mercato, firmate “Tomotada” ma dagli<br />
apprendisti, che venivano autorizzati<br />
dal Maestro, se la loro opera<br />
era di qualità, altre, firmate dallo<br />
stesso Maestro ma su intagli sempre<br />
degli apprendisti, a riconoscimento<br />
della loro bravura.<br />
Quindi coevi a Tomotada abbiamo<br />
numerosi manufatti che pur<br />
essendo del XVIII secolo, pur<br />
utilizzando le stesse tecniche e<br />
segnati con la stessa firma, non<br />
sono originali o comunque non<br />
Fig. 1b - Bufala con piccolo. Firma Tomotada<br />
(parte sottostante). Collezione <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong>.<br />
9
sono stati intagliati da Tomotada!<br />
Trascuriamo naturalmente, per<br />
non creare ulteriori confusioni, le<br />
mistificazioni d’epoca.<br />
Comunque, quella di utilizzare<br />
gli allievi della bottega, era una<br />
consuetudine già praticata anche<br />
nelle epoche precedenti da pittori,<br />
fabbricanti di spade e di lacche<br />
e ne consegue, e non deve<br />
scandalizzare, che anche gli inta-<br />
gliatori di netsuke abbiano adottato la stessa tecnica.<br />
E’ risaputo che, lo ricordo sempre a tutti gli amici, il collezionista di netsuke è costretto<br />
a formarsi una sua opinione e ad<br />
arrivare a delle deduzioni ed osservazioni<br />
proprie attraverso le esperienze<br />
che necessariamente dovrà fare direttamente<br />
sulla propria pelle (o meglio,<br />
sulla sua collezione!).<br />
Per avere almeno un paragone e<br />
magari limitare i danni, propongo un<br />
elenco di criteri ed elementi, alcuni<br />
concordati, altri sanciti, altri, per me,<br />
di pura fantasia, per avvicinarsi all’in-<br />
dividuazione dei pezzi originali:<br />
a) la firma su un autentico Tomotada<br />
è quella incisa all’interno di una riserva<br />
rettangolare, piuttosto che all’in-<br />
terno di una ovale o senza riserva, ritenendo queste ultime “sospette” e quelle dentro<br />
ad un ovale riconducibili all’opera degli apprendisti;<br />
b) si tende a credere che nelle firme originali, oltre che essere tracciate senza esitazioni,<br />
il carattere Tomo debba essere sempre composto da cinque caratteri, piuttosto che<br />
da quattro (fig. 1);<br />
c) per quanto riguarda i buoi la cavezza a singola corda è mal vista mentre quella doppia<br />
è indice di autenticità perché utilizzata nel periodo piuttosto remoto in cui lavorava<br />
Tomotada;<br />
d) i particolari anatomici degli animali, in modo particolare le zampe e gli zoccoli,<br />
sono intagliati con grande accuratezza e nei minimi particolari;<br />
10<br />
Fig. 3 - Bue in avorio. Firma Tomotada.<br />
Collezione Malcolm Fairley.<br />
Fig. 3a - Particolare della figura precedente.
Fig. 4 - Bue in avorio.<br />
Firma Tomotada.<br />
Collezione Hindson.<br />
e) la posizione delle corna, voltate verso l’alto o verso il basso, è controversa;<br />
f) si afferma che Tomotada abbia scolpito animali sia robusti che snelli, ma nessuna<br />
via di mezzo. Ritengo personalmente che la dimensione del materiale a disposizione<br />
abbia influenzato la struttura del netsuke in tutti gli artisti.<br />
Alcune supposizioni per l’identificazione rasentano il paradossale, le cito per sola<br />
curiosità, suggerendo anche di non prestare eccessiva attenzione alle intuizioni<br />
del singolo collezionista o anche<br />
dello studioso che tendono, a volte<br />
inconsapevolmente, ad avvalorare il<br />
proprio pezzo.<br />
Carina è l’affermazione di un noto<br />
studioso che, individuando negli animali<br />
intagliati da Tomotada espressioni<br />
miti, nei buoi, nei cavalli, cani o<br />
caproni, ne deduce che anche lo stesso<br />
artista doveva essere un uomo mite<br />
e delicato, cosicché quando incappa<br />
in un’espressione truce in un animale,<br />
Fig. 4b - Bue in avorio, parte sottostante.<br />
Fig. 4a - Bue in avorio, visto dall’alto.<br />
lo esclude dalla cerchia dei possibili<br />
originali!<br />
<strong>La</strong> figura 1 è una firma Tomotada,<br />
composta di cinque caratteri e racchiusa<br />
in una riserva rettangolare<br />
apposta su un netsuke in avorio<br />
che rappresenta una bufala con<br />
piccolo: realistica, spalle massicce,<br />
petto muscoloso, spina dorsale ben<br />
evidenziata e sotto le zampe, sia<br />
11
sue che del vitellino, straordinariamente incise e con gli zoccoli ben evidenziati, elementi<br />
che concordano con un autentico netsuke del Maestro (figure 1, 1a, 1b).<br />
Il netsuke è in avorio di bella patina e proviene dalla collezione di Rino<br />
Tamanini (Catalogo <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Netsuke</strong> Collezione Tamanini, Interlinea, 1996,<br />
pagg. 106 e 107, fig. n. 102) che lo aveva acquistato da Bernard Hurtig di Honolulu<br />
nel 1979 e pagato ben 3.000 dollari!<br />
Le figure n. 3, 3a, sono di un bue in avorio, Tomotada, la figura 5 è di un bue in<br />
legno, con una bellissima patina, lungo cm 5,5, firmato Tomotada; entrambi della<br />
collezione Malcolm Fairley.<br />
Le figure 4, 4a e 4b, sono di un esemplare molto conosciuto, proveniente dalla collezione<br />
Hindson e pubblicato da Neil K. Davey in <strong>Netsuke</strong> pag. 66, fig. 168. Molti<br />
esperti lo considerano un pezzo autentico. Si distingue dagli altri per alcune caratte-<br />
Fig. 5 - Bue<br />
in legno.<br />
Firma Tomotada.<br />
Collezione<br />
Malcolm Fairley.<br />
ristiche: la spina dorsale molto arcuata, il dorso molto largo e la potenza che emana.<br />
In tutti e tre gli esemplari notiamo che la cavezza è intrecciata ma doppia.<br />
Abbiamo appurato, in questa prima parte, che vi sono molte ipotesi plausibili per<br />
accertare un vero netsuke di Tomotada, spesso basate su parametri personali. E’<br />
consuetudine di tutti gli esperti, e la faccio modestamente mia, consigliare a<br />
chiunque voglia o abbia l’occasione di comprare un netsuke firmato Tomotada di<br />
prestare attenzione unicamente all’intaglio, alla qualità del pezzo e tralasciare la<br />
firma che vi è apposta.<br />
Bibliografia<br />
- Bulletin-Association Franco-Japonaise, n. 100 Printemps 2009.<br />
- The International <strong>Netsuke</strong> Collectors Society, Vol. 2, n. 2, 1974.<br />
- MALCOLM FAIRLEY, <strong>Netsuke</strong> from a Private European Collection, part. II, 2008.<br />
- ALAIN DUCROS, NETSUKE, Art, magie e medicine, vol. I, 2006.<br />
- International <strong>Netsuke</strong> Society Journal, vol. 28, n. 4, Winter 2008.<br />
<strong>12</strong>
Carla e Roberto Gaggianesi<br />
Vi invitano alla scoperta di<br />
&<br />
To bring you more<br />
Nuova sinergia tra prestigiosi antiquari milanesi e internazionali<br />
Gregg Baker & <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> & Shahnaz Illulian<br />
& Katie Jones & Helena Markus & Giuseppe Piva<br />
che presentano<br />
PASSIONE GIAPPONE<br />
DICEMBRE 2009<br />
SEI MOSTRE DI ARTE GIAPPONESE NEL CUORE DI MILANO<br />
Paraventi, Armature, Dipinti, <strong>Netsuke</strong>, Oggetti e Tappeti<br />
percorrono e raccontano cinquecento anni di cultura, tradizioni e storia<br />
In contemporanea con Giappone. Potere e Splendore 1568 - 1868, Palazzo Reale
Desiderare un oggetto, corteggiarlo, sognare di possederlo.<br />
A chi condivide questa adorabile patologia<br />
“Passione Giappone” offre un’occasione unica.<br />
L’impero dei sensi<br />
L’anima immortale<br />
del Giappone antico<br />
Gregg Baker &<br />
Fili intrecciati<br />
Poesia e magia<br />
tra lana e seta<br />
Natura e poesia<br />
Affinità elettive<br />
in una collezione di paraventi<br />
& &<br />
Illulian Helena Markus
Entrare - graditissimo ospite - in Gallerie milanesi<br />
che propongono capolavori rari e segreti,<br />
dell’appassionante arte del Giappone.<br />
Contemporaneomillenario<br />
L’antica bellezza<br />
del Giappone moderno<br />
Geniale sintesi<br />
Storia e cultura del Giappone<br />
nell’arte dei netsuke<br />
Di ferro e di oro<br />
<strong>Arte</strong> giapponese<br />
tra armature e paraventi<br />
& & &<br />
Katie Jones <strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong><br />
Giuseppe Piva
GENIALE SINTESI<br />
STORIA E CULTURA DEL GIAPPONE NELL’ARTE DEI NETSUKE<br />
1 - 22 dicembre 2009<br />
Un intero mondo, immenso, maestoso e ricco d’infinite sfaccettature, è raccontato<br />
con raffinata minuzia nei piccoli e raccolti netsuke. Un’arte geniale che racchiude<br />
la grandezza del creato in un caleidoscopico universo di minuscole sculture.<br />
Personali, talvolta addirittura intime, sono rappresentazioni di ogni genere di soggetto,<br />
storie e leggende, tradizioni mai sopite e semplici attimi di vita quotidiana.<br />
A questo fantastico teatro di personaggi protagonisti di una Collezione Privata si<br />
affiancano inro, ojime e lacche, a corredo di una mostra accurata e affascinante,<br />
come da sempre la nostra Galleria vuole proporre.<br />
Inaugurazione<br />
martedì 1 dicembre<br />
Dalle ore 15 alle ore 21<br />
Orari:<br />
lunedì - venerdì: 10.30 - 19<br />
sabato: 10.30 - 13<br />
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
Via Borgogna 9, Milano
Parigi: Asta Christie’s, 10 giugno 2009<br />
Lotto n. 30<br />
Quasi a voler smentire quanto ho scritto sul Bollettino precedente,<br />
la Christie’s di Parigi nella tornata di giugno, solitamente<br />
dedicata in via quasi esclusiva all’arte cinese, inserisce sul catalogo<br />
Art d’Asie ben 75 lotti di netsuke…e di buon livello. Inizio<br />
subito perché ci sono molte curiosità che vorrei sottoporvi.<br />
Lotto 30. <strong>Netsuke</strong> in avorio, ebano e corallo, una scimmia danzatrice<br />
di sambaso, firmato Ryomin, XIX secolo, altezza cm 9,<br />
proposto con una stima di 2.000/3.000 euro e aggiudicato a<br />
6.250. <strong>La</strong> dimensione è ragguardevole e l’accostamento dei vari<br />
materiali può incuriosire più di un collezionista.<br />
Poco importa, a questo punto, se<br />
la firma è data incisa su una placca in avorio<br />
tinto di verde mentre è invece su osso:<br />
la valutazione viene raddoppiata.<br />
Lotto 40. <strong>Netsuke</strong> in avorio, un fantasma<br />
appoggiato ad una lapide, firmato<br />
Gyoku…, XIX secolo, alto cm 5, stima 3.000/4.000, aggiudicato<br />
a 9.375 euro. <strong>La</strong> curiosità di questo pezzo è sicuramente<br />
la lingua rossa retrattile, perché in effetti altro non si nota se<br />
non l’atmosfera cupa e lugubre che l’avvolge: sarà stata una di<br />
queste due peculiarità a far alzare la mano<br />
al generoso compratore? Non viene fermato<br />
neppure dalla firma “tronca” (quindi<br />
non identificata con sicurezza) e raddoppia<br />
il valore di stima!<br />
Lotto n. 40<br />
Valutazioni e $valutazioni<br />
Lotto n. 44<br />
Lotto 44. <strong>Netsuke</strong> in legno, un dragone che sorregge uno stand<br />
con un tamburo (o un gong?), non firmato, fine del XVIII secolo,<br />
alto cm 7,3 , stimato 2.000/3.000 euro e aggiudicato a 5.625.<br />
Nella contrapposizione tra i restauri, le piccole mancanze (tra cui,<br />
però, entrambi gli occhi del drago) e la pubblicazione del pezzo<br />
su <strong>Netsuke</strong> & Inro Artists, and how to read their signatures di G.<br />
<strong>La</strong>zarnick nel 1982, sembra abbia vinto quest’ultima. Anche qui<br />
stima raddoppiata.<br />
17
Lotto 52. <strong>Netsuke</strong> in avorio, due kappa seduti attorno<br />
ad una giara, firmato Tatsuya, XIX secolo, alto cm<br />
2,8, stimato 1.500/2.000 euro e aggiudicato a 3.750.<br />
Il netsuke è veramente minuto, ma raffinato e,<br />
soprattutto proveniente da due note collezioni: la<br />
Lewis e la Trower. Premiato.<br />
Lotto 54. <strong>Netsuke</strong> in avorio, una scimmia con un<br />
carapace sotto il braccio,<br />
18<br />
Lotto n. 54<br />
non firmato, XIX secolo, alto cm 3, parte con una stima<br />
di 800/1.000 e viene aggiudicato a 1.188 euro.<br />
Per apprezzare meglio questo pezzo lo descrivo prendendo<br />
spunto dal Bulletin dell’Association Franco-Japonaise n.<br />
101, che così lo cita :“una scimmia che si gratta la pianta<br />
del piede con una mano ma guardandosi bene dal lasciar<br />
cadere la tartaruga che tiene stretta al corpo con l’altra”.<br />
Si apprezza meglio, vero? Come spesso ho detto, in ogni<br />
asta c’è almeno un regalo, questo sicuramente lo è stato<br />
per il fortunato e attento compratore.<br />
Lotto 61. <strong>Netsuke</strong> in avorio, un olandese in piedi, non firmato,<br />
circa 1780, alto cm 11,5, pro-<br />
posto a 2.000/3.000 euro e aggiudicato a 3.<strong>12</strong>5.<br />
Se questo non è il secondo regalo, poco ci manca! Di bella<br />
dimensione, bella patina e un intaglio raffinato, lo straniero,<br />
che generalmente è un soggetto ricercato, è anche arricchito da<br />
una tromba in una mano e un ventaglio nell’altra, l’abito dai<br />
piccoli intarsi in corno bruno, una provenienza da una buona<br />
collezione americana (Mike Jaller Collection), eppure non<br />
trova evidentemente attenzione dalla sala, buon per chi se l’è<br />
aggiudicato.<br />
Lotto 69. <strong>Netsuke</strong> in legno, uno shishi accucciato, firmato<br />
Tametaka, scuola di Nagoya, fine del XVIII secolo, lungo cm<br />
4,8, proposto a 3.000/4.000 euro e venduto per 11.750.<br />
Un soggetto classico, quasi banale, ma con una compattezza ed<br />
una forza che rendono la firma superflua. Bellissimo. Non<br />
dimentichiamoci che ha quasi triplicato la stima!<br />
Lotto 71. <strong>Netsuke</strong> in avorio, la testa decapitata di Kesa, firmato<br />
Ryuko, XIX secolo, lunghezza cm 5, valutato 800/1.000 e<br />
aggiudicato a 4.750 euro.<br />
Probabilmente, alle due esperte di Christie’s, il soggetto è sembrato<br />
troppo cruento e raccapricciante, e loro non l’avrebbero<br />
Lotto n. 52<br />
Lotto n. 61
Lotto n. 69<br />
Lotto n. 71<br />
mai, dico mai, comprato! Subito smentite: cinque<br />
volte il valore di stima!<br />
Lotto 74. <strong>Netsuke</strong> in legno, un cinghiale nell’atto<br />
di alzarsi, firmato Itsuo, XIX secolo, lungo 5,7<br />
cm, valutato 1.000/1.500 e aggiudicato a 5.750<br />
euro. Premetto che per me, come già affermato<br />
altre volte, le espressioni dei soggetti devono<br />
essere consone a quello che rappresentano, quindi,<br />
se un cinghiale ha un aspetto bonario, penso<br />
subito ad un simpatico maialino e rimango perplesso.<br />
Non dello stesso parere e sicuramente<br />
senza le mie personalissime remore, il compratore<br />
di questo netsuke che, comunque, ha anche<br />
lui quintuplicato la stima iniziale.<br />
Lotto 82. <strong>Netsuke</strong> in legno, una civetta con i<br />
piccoli su un ramo, firmato Tomokazu, ma<br />
attribuito a Ikkyu, scuola di Nagoya, XIX secolo,<br />
lungo cm 4,4 e valutato 800/1.000 euro,<br />
aggiudicato a 5.000. E’ uno dei soggetti più<br />
accattivanti cosicché, nonostante la sparizione<br />
durante la visione d’asta di uno dei due piccoli<br />
(che erano amovibili) il lotto è stato aggiudicato<br />
a cinque volte la stima. Imbarazzante.<br />
Lotto 87. <strong>Netsuke</strong> in legno, il sennin Tekkai<br />
appoggiato al suo bastone, non firmato, XIX<br />
secolo, alto cm 15,6, con una stima di 8.000/10.000, aggiudicato a 10.000 euro.<br />
Qualche collezionista eccessivamente critico ha detto che la caratteristica principale<br />
di questo netsuke si riduceva all’enorme taglia, io penso invece che andava<br />
apprezzato soprattutto per la cura dell’intaglio e dei particolari, gli occhi in corno,<br />
l’atteggiamento del sennin quasi sorridente, avvolto da un grande mantello di<br />
foglie, la fiasca alla cintura, un paniere che<br />
scende dalla spalla… non mi sembra proprio<br />
un netsuke da disprezzare.<br />
Un’asta curiosa vero? Molte aggiudicazioni<br />
hanno superato, e non di poco, i prezzi di<br />
stima e i francesi, vi ricordo, non sono<br />
inclini a lasciarsi trascinare dalle emozioni<br />
in asta e, soprattutto a pagare prezzi non<br />
giustificati. E allora?<br />
Vi ho solo accennato prima alle due esperte<br />
Lotto n. 74<br />
19
Lotto n. 82<br />
di Christie’s Parigi, due simpatiche<br />
ragazze che conosco bene<br />
perché espertizzano e valutano le<br />
porcellane cinesi e non sapevo,<br />
fino ad ora, della loro conoscenza<br />
anche dei netsuke che, come<br />
dicevo all’inizio, sono raramente<br />
trattati da Christie’s Parigi: forse<br />
proprio questa loro non consuetu-<br />
dine con i netsuke ha determinato nelle valutazioni un po’ di sconcerto<br />
nei compratori meno esperti che si sono avvicinati speranzosi<br />
di fare buoni affari e si sono visti superare le loro offerte di due o tre<br />
volte.<br />
Ben diversa la vicenda che ci viene raccontata dai nostri amici<br />
francesi dell’Association Franco-Japonaise sul Bulletin n. 101 -<br />
estate 2009 e che, naturalmente, ringraziamo. Il fatto: Sotheby’s<br />
Parigi asta dell’11 giugno, catalogo di arte cinese, lotto 280: “un<br />
insieme di oggetti giapponesi in avorio e metallo… tra cui un<br />
netsuke in avorio, una carpa, firmata in una riserva ovale<br />
Lotto n. 87<br />
Masanao, lungo cm 5” il tutto con una valutazione di 1.500/2.000 euro. Pare non<br />
ci sia voluto molto per raggiungere la cifra di 41.550 euro a cui il lotto è stato<br />
aggiudicato! Mentre gli amici francesi si indignano e suggeriscono oscure manovre<br />
per “passare” in asta un pezzo di pregio ad un prezzo irrisorio a discapito dell’ignaro<br />
venditore, io, con più benevolenza e rispetto nei confronti di monsieur<br />
Delalande, esperto di arte cinese della Sotheby’s Parigi, ritengo che sia accaduta la<br />
stessa cosa che alla sorella Christie’s, con un po’ più di clamore!<br />
Tornerò su questa curiosa storiella nel prossimo numero…<br />
20<br />
Asta Sotheby’s Parigi, 11 giugno 2009.<br />
Parte del lotto n. 280.
Valenza psicologica di gua jian e netsuke<br />
L’identità tra le dita<br />
Dite la vostra ...<br />
Nel suo piacevole articolo Mizu no oto sul Bollettino n. 10, l’amico Franco Bellino tratta<br />
il soggetto degli zhui zi con la geniale e simpatica vena dissacratrice che gli è propria.<br />
Seguendo il suo indirizzo speculativo, e precisando che queste mie riflessioni valgono<br />
anche per l’appassionato collezionista di netsuke, partirò dal nome stesso dell’oggetto:<br />
zhui zi significa «pendente» e anche «peso», mentre il termine con cui sono meglio noti,<br />
gua jian, letteralmente si traduce con «documento sospeso».<br />
Oggi, nel linguaggio corrente cinese, con la parola gua jian si indicano non tanto gli antichi<br />
contrappesi tradizionali, bensì ammennicoli analoghi che tramite una corta nappa con<br />
fiocco, preferibilmente di auspicioso colore rosso, si appendono a telefoni cellulari, chiavi e<br />
borsette da donna, sempre come portafortuna. Più spesso che non, sono scolpiti a macchina<br />
in qualche dozzinale pietra verde o, peggio ancora, polveri di esse amalgamate e tinte.<br />
Anche i gua jian partecipano così alla beffarda tendenza dell’arte tradizionale, per la quale<br />
ciò che un tempo era consolazione dei poveri, ora si può ottenere solo con la disponibilità<br />
a spendere un bel po’ di soldi o accontentandosi orribilmente di volgari imitazioni.<br />
Comunque Nomina sunt consequentia rerum, aveva intuito saggiamente Giustiniano<br />
(Institutiones, libro II, 7, 3). Allora i gua jian non «nascono per essere accarezzati», come<br />
dice romanticamente Franco Bellino, ma per fare da contrappeso a oggetti d’uso quotidiano<br />
(borse da tabacco, soldi ecc.) che venivano appesi alla cinta di abiti tradizionalmente<br />
senza tasche.<br />
Certo, è ben vero che con un pizzico di fantasia possiamo intendere metaforicamente<br />
la funzione di ‘contrappeso’; ovvero come antidoto alle tensioni psichiche dell’essere<br />
umano. Perché il cittadino comune usava sfregare il proprio gua jian come un gesto di<br />
scarico, là dove il tatto non di rado risolve la necessità di sciogliere nell’azione i flussi<br />
emotivi. A questo si devono la scelta di materiali lisci e piacevoli al tocco per la produzione<br />
di gua jian e netsuke e quindi quella usura e quella patina che il contatto frequente<br />
col sebo umano conferisce ai più ‘vissuti’ tra essi. Il contatto crea legame; il contatto<br />
con un oggettino inanimato può rappresentare un misero succedaneo di un legame più<br />
maturo e complesso con un altro essere vivente, riconosciuto come esterno e indipendente<br />
da sé, e quindi un incontro tra due tatti, tra due emozioni, tra due vite.<br />
Nel piacere di accarezzare il proprio gua jian o netsuke si può addirittura profilare la<br />
compensazione di una sessualità non abbastanza matura da condividere con un altro<br />
organismo percettivo i piaceri tattili, bensì risolverli in un rapporto solipsistico con un<br />
oggetto che si desidera considerare in modo subconscio parte della propria rappresentazione<br />
del proprio sé (Woody Allen informava di aver fatto l’amore con una persona<br />
che stimava tantissimo: sé stesso).<br />
21
Dite la vostra ...<br />
Questa però è una visione estranea alla cultura cinese, fondata su un Sé interdipendente<br />
contrapposto al Sé indipendente degli occidentali che più predispone questi ultimi<br />
alla stimolazione sensoriale.<br />
Peraltro, la sottolineatura eccessiva del rapporto tattile trascura esattamente il cospicuo<br />
ruolo sociale dei gua jian e dei netsuke: veicolare all’altro da sé le proprie istanze, la propria<br />
immagine identitaria. Difatti un individuo ne commissionava la manifattura in<br />
base al proprio gusto personale e per comunicare una propria identità, insieme al contributo<br />
apotropaico che sperava di ricavare dall’oggetto.<br />
Resta quindi vero che gua jian e netsuke riuniscono valenze psichiche, strettamente<br />
intrecciate com’è tipico della mente asiatica scevra dalle scissioni dicotomiche della<br />
razionalità occidentale: l’espressione della propria identità, la capacità apotropaica e il<br />
supporto tattile.<br />
Dunque le considerazioni più elementari riguardo al riflesso di un gua jian o netsuke<br />
sulla mente umana sottolineano - oltre alla suddetta fornitura di un supporto materiale<br />
per i gesti di scarico - una conseguenza della percezione subconscia della precarietà<br />
della condizione umana.<br />
Queste istanze psichiche sono più evidenti in popolazioni nomadi o comunque pastorali,<br />
abituate a non godere della protezione e del conforto di una dimora fissa, per cui<br />
tendono a recare su di sé le proprie ricchezze e gli oggetti, giocoforza di piccole dimensioni,<br />
destinati a proteggerli dalle pervasive forze occulte celate nell’ambiente naturale.<br />
Non ne sono tuttavia esenti civiltà stanziali come appunto quella cinese classica, essenzialmente<br />
agricola, quella giapponese e la nostra contemporanea.<br />
Forse non ci si emenda da esse neppure se si vive in casa di proprietà a Milano, con la<br />
metropolitana che somiglia alla groppa di un serpente ctonio e i rapporti coi concittadini<br />
spesso conflittuali, come in un confronto di spazi interiori. Tutto ciò all’inconscio<br />
ricorda fin troppo la lotta per l’affermazione di sé in un’epoca dello sviluppo caratteriale<br />
antecedente il processo di differenziazione.<br />
L’emendamento da oggetti transizionali come gua jian o netsuke passa per una trasformazione<br />
profonda della percezione di se stessi e dell’universo. È quella trasformazione<br />
resa con evocativa incisività dalle parole di Sun Wu Kong, la scimmia divina protagonista<br />
del romanzo classico cinese Viaggio a Occidente: «Maestro mio, chi ha lasciato la casa<br />
ed è diventato un monaco deve cenare col vento e dimorare sull’acqua, sdraiarsi sotto<br />
la luna e dormire nella foresta; la sua casa è ovunque; allora perché chiedere dove riposeremo?».<br />
Altrettanto poeticamente, un Tibetano descrisse il Chang Tang, immenso<br />
deserto d’erba del nord della loro terra, come il luogo “dove ti senti perduto finchè non<br />
avverti che il cielo è la tua tenda”.<br />
Auguro dunque a Franco e ai Lettori collezionisti che le dita della loro anima carezzino<br />
il velo del cielo e sfiorino il volto di Dio.<br />
Stefano Pernatsch<br />
22
Dite la vostra ...<br />
Caro Roberto,<br />
in quel periodo ero a Parigi quindi conosco bene la storia della carpa di Masanao di<br />
cui mi accennavi al telefono e che mi dicevi pubblicherai sul nuovo Bollettino di settembre.<br />
Le due ipotesi possibili, che trasformo in domande e che lasciano perplessi<br />
tutti i collezionisti di netsuke, sono:<br />
- Sotheby’s, o meglio, il suo “esperto” ha, per ignoranza (tu ci credi?) o per errore inserito<br />
un diamante in mezzo a cristalli vari?<br />
- Qualcuno, già in accordo con Bonhams, ha utilizzato Sotheby’s per far raggiungere<br />
al suo netsuke il prezzo “base” che in effetti è stato di circa 59.000 dollari, per poi<br />
mandarlo in asta a New York da Bonhams (dove ci sono molti ricchi collezionisti<br />
di netsuke) e tentare di raggiungere i 100.000 dollari (sicuramente con riserve price),<br />
se non ottenere un nuovo record mondiale per i netsuke?<br />
Non ho, chiaramente, risposte certe, sono solo domande che rimbalzano nel mondo<br />
dei collezionisti di netsuke via e-mail o per telefono e che ti segnalo.<br />
Luigi Noto<br />
Ultima ora<br />
New York: Asta Bonhams, 16 settembre 2009<br />
The Bluette H. Kirchhoff Collection of <strong>Netsuke</strong> and Sagemono<br />
Lotto 2015 - Carpa.<br />
Netzuke in avorio.<br />
Firmato Masanao<br />
Kyoto, tardo XVIII secolo.<br />
Valutato $ 40.000 / 50.000.<br />
Aggiudicato a $ 57.950.<br />
Nell’atto di nuotare, il corpo è avvolto a spirale sulla destra, la lunga coda passa intorno<br />
al fianco stesso, creando una composizione compatta, le pinne sono incise a formare<br />
lo “himotoshi”. Firmato entro riserva Masanao (lunghezza 5 cm).<br />
Un delizioso esempio di questo soggetto, del quale ne sono conosciuti molto pochi<br />
di Masanao. Uno è pubblicato in: Neil Davey, <strong>Netsuke</strong>: A Comprehensive Study Based<br />
on the M.T. Hindson Collection (London: Sotherby Parke Bernet Publications, 1974),<br />
n. 160; un secondo è pubblicato in: Frederick Meinertzhagen and George <strong>La</strong>zarnik<br />
(ed.), MCI, the Meinertzhagene Card Index on <strong>Netsuke</strong> in the Archives of the British<br />
Museum (New York: A.R. lISS, 1986), p. 444 venduto a Parigi da Sotheby’s Parigi l’11<br />
giugno 2009, lotto 280.
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
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