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prospettiva più ampia, non attenendosi solo all’àmbito artistico ma guardando più in generale ai risvolti sociali, includendo osservazioni di più largo respiro sugli effetti del rapporto individuo-memoria. La memoria è infatti, secondo Ungaretti, anche la principale artefice della nascita della civiltà meccanica, a sua volta responsabile – non lo sostiene esplicitamente ma lo lascia intendere – della riapparizione della sete d’innocenza già citata. È interessante l’affermazione che «la civiltà meccanica [...] è la memoria ed è, contrastante, il contrario della memoria» 213: è in questa antinomia che, nella pena generata dalla civiltà meccanica, si innesta l’intervento del poeta moderno; il quale ha l’obiettivo di riconciliare memoria e innocenza; ed è attraverso il ripensamento dei sentieri della propria memoria culturale, confrontandosi con essa, che è riuscito a «farsi un’idea più umana, meno romantica, della macchina e della memoria» 214 stessa. Attraverso la «musica dell’anima» la poesia può «illustrarsi d’innocenza» 215, ossia ritornare alla natura, illuminare una porzione infinitesima del proprio mistero, ma solo ammettendo l’impossibilità di ignorare la memoria e, anzi, facendo della memoria il fulcro indispensabile di questo recupero. Del resto i poeti e gli artisti del Romanticismo [...] hanno dato alla memoria l’importanza angosciosa ch’essa possiede e, nello stesso tempo, con sforzi laceranti, essi hanno acquisito il potere di dare alla memoria la libertà di liberarsi di sè quanto più essa si afferma 216. Leopardi, citato quale campione del Romanticismo, opponeva all’angoscia generata nello spirito dei romantici «quel prestigioso segreto della poesia che mette l’uomo in grado di proporre all’universo un’illusione di ringiovanimento [...], di suscitare un’illusione d’innocenza, l’illusione della 213 Ivi, p. 755. 214 Ivi, p. 756. 215 Ivi, p. 757. 216 Ivi, pp. 764-765. 86
libertà, dell’intatta libertà di prima della caduta» 217. La memoria è quindi il mezzo principale per il recupero dell’innocenza umana, un mezzo che, contemporaneamente, può essere motivo di libertà ma anche di asservimento 218, l’unica possibilità di salvezza dalle ferine condizioni della vita quotidiana. Tale possibilità può trasformarsi in esperienza concreta attraverso l’esercizio della poesia, intesa come «quel mestiere perduto che ogni generazione ha da riimparare, frugando nella memoria di un lontanissimo Eden» 219; ecco così svelato, apertamente, il luogo dell’innocenza, il ruolo della memoria, la funzione della poesia. Sull’interazione di questi elementi, sulla possibilità di ottenere gli esiti artistici più alti, Ungaretti insisterà negli ultimi scritti, quelli redatti negli anni Sessanta, in cui il poeta è finalmente esplicito su alcune questioni fondamentali; come in questo passo: L’uscita dalla crisi, la liberazione avviene ogni giorno, anche oggi, quando, in inespressi modi o con arte, l’uomo, qualsiasi uomo, arrivi a tanto dominare moralmente il proprio tempo che [...] per quanto rotta ne apparisca la realtà e solo per rare schegge afferrabile, il suo canto si possa snodare tacitamente, negli slanci segreti del cuore, o con un essenziale vocabolario, con un ritmo individuale e dei propri tempi che possa, sia pure nella fulmineità d’un grido potuto udire e ridire, contenere negli innumeri suoi sviluppi storici, il tradizionale ritmo e ad esso commisurarsi. Così si risalgono in un grido, addietro le ere sino alla remotissima origine dell’umana voce, così si oltrepassa sino al segreto dell’essere nell’illuminazione d’un attimo la storia fattasi [...] presente nel suo nascere, nei suoi fini, nel suo cerchio sino al suo chiudersi 220. 217 Ibidem. 218 «I poeti e gli artisti dal Romanticismo in poi [...] hanno acquisito il potere di dare alla memoria la libertà di liberarsi di sè quanto più essa s’afferma», Ibidem. 219 Ivi, p. 767. A questa affermazione se ne potrebbe associare una simile, forse venata di disillusione, ma altrettanto perspicua: «Bisognerebbe risalire con la memoria fino al punto della prima innocenza: allora forse la poesia potrebbe riacquistare il suo prestigio emotivo»; GIUSEPPE UNGARETTI, Delle parole estranee e del sogno d’un universo di Michaux e forse anche mio (1966), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 842-844 : 843. L’articolo è del 1966. 220 GIUSEPPE UNGARETTI, Difficoltà della poesia (1952-1963), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 792-814 : 813-814 (corsivi nostri). 87
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Leopardi, citato quale campione <strong>del</strong> Romanticismo, opponeva all’angoscia<br />
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mette l’uomo in grado di proporre all’universo un’illusione di<br />
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213 Ivi, p. 755.<br />
214 Ivi, p. 756.<br />
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216 Ivi, pp. 764-765.<br />
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