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I riferimenti alla memoria in Ragioni d’una poesia 206 sono infatti meno rilevanti,<br />

almeno per la definizione <strong>del</strong> ruolo che essa assume nella poesia ungarettiana,<br />

ma si capisce: quantunque importante, la memoria è una <strong>del</strong>le connotazioni<br />

di quella poesia, non l’unica. In questo testo la poesia ungarettiana è messa in<br />

relazione anche con il mistero con cui deve confrontarsi, con l’evoluzione<br />

<strong>del</strong>la lingua, con il concetto di durata, solo per dire dei punti più importanti<br />

che lo scritto passa in rassegna. Nelle prime pagine il poeta si sofferma sul<br />

rapporto poesia-mistero, il mistero che l’uomo porta intimamente con sé<br />

(«mistero è il soffio che circola in noi e ci anima» 207), un mistero che la poesia<br />

non deve avere la presunzione di chiarire, di svelare, ma a cui può opporsi,<br />

per fare chiarezza – una chiarezza che non sarà mai completa, esaustiva –<br />

attraverso l’arte e la sua «forza geometrica» 208; perché solo la parola ci può<br />

ricondurre a questo mistero, «nella sua oscura origine» 209. Mistero è dunque<br />

caratteristica che ci accompagna fin dalle nostre origini di uomini, di specie,<br />

da quelle origini a cui la poesia ci deve ricondurre, almeno nei suoi esiti più<br />

alti, per ritrovare l’innocenza che ci animava. Mistero e innocenza non sono<br />

perciò che due differenti aspetti di una condizione originaria, che<br />

caratterizzavano l’uomo nel suo stadio pre-storico. Il mistero non può essere<br />

chiarito, insiste Ungaretti, è una condizione mutevole ma costante,<br />

ineliminabile quindi eterna, con cui l’artista ci può mettere in contatto<br />

206 GIUSEPPE UNGARETTI, Ragioni d’una poesia (1949), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi,<br />

cit., pp. 747-767. Il testo che abbiamo vagliato è diverso da quello contenuto in GIUSEPPE<br />

UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 1969, pp. LXVII-CI, per due<br />

modifiche apportate dal poeta stesso: sono state aggiunte le pagine che vanno da «La seconda guerra<br />

mondiale...» (p. LXXXI) a «...la ferita sanguinante d’un’impotenza così ingiusta» (p. XCIV) ed è stato<br />

riscritto il finale. L’ultima frase che rimane simile in entrambe le versioni è: «non si ha nozione di<br />

libertà se non per l’atto poetico che ci dà nozione di Dio», GIUSEPPE UNGARETTI, Vita d’un uomo.<br />

Tutte le poesie, cit. p. XCVI, che è modificata sostituendo il riferimento a Dio con «nozione<br />

<strong>del</strong>l’Assoluto» in GIUSEPPE UNGARETTI, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., p. 763. Per ciò che<br />

attiene alla memoria e all’innocenza le modifiche non aggiungono o tolgono nulla al nostro discorso;<br />

abbiamo quindi fatto riferimento al testo riportato in Saggi e interventi.<br />

207 Ivi, p. 749.<br />

208 La parola è «come s’essa fosse sorta, si diceva, per opporsi in un certo senso, al mistero», ivi,<br />

p. 750.<br />

209 Ibidem.<br />

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