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scioglie nei riflessi del pensiero: quella medesima esperienza la cui genesi il Leopardi si era assuefatto [...] (l’“assuefazione” leopardiana corrisponde tanto alla memoria “immemore” dei platonici, quanto a ciò che per essa intende il Locke ed a ciò che nella mente pascaliana era figurato dal vocabolo “coutume”), quella medesima esperienza, dicevo, la cui genesi il Leopardi si era assuefatto a verificare in sé, attribuendo ad essa il carattere di stimolo iniziale delle sue ricerche di linguaggio poetico 197. Ciò che se ne deduce è, dunque, non solo che l’assuefazione, che tanta parte ha nella poetica leopardiana è, secondo Ungaretti, da equiparare alla memoria, ma che quest’ultima è lo «stimolo iniziale delle sue ricerche di linguaggio poetico» alias della sua poesia. Nel Significato dei sonetti di Shakespeare, Ungaretti rilegge il poeta inglese secondo l’idea di memoria maturata nelle letture di Petrarca sostenendo che, nonostante anch’egli avverta il peso del tempo, inteso come accumulo di fatti che rende penosa la condizione della vecchiaia, contrariamente a Petrarca, non chiede riscatto alla memoria, la memoria avendogli insegnato che quella è la nostra fatale condizione, la memoria implacabile non registrando se non l’accrescimento d’un peso e l’affievolimento delle forze 198. Ungaretti torna qui a porre in evidenza quale può essere il rapporto che un autore, in questo caso Shakespeare, intrattiene con la memoria culturale, come già aveva fatto nella seconda conferenza su Vico mettendo a paragone Leopardi e Manzoni. Nel Discorsetto su Blake, il concetto di memoria torna ad essere impiegato perché da lì nasce, come frutto, quel «miracolo [che] è la 197 Ivi, p. 494 (corsivo originale). 198 GIUSEPPE UNGARETTI, Significato dei sonetti di Shakespeare (1946-1962), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 551-570 : 553-554. 80
parola» 199. Se il lavoro di ricerca condotto da Blake era teso «verso il recupero dell’originale innocenza espressiva», il miracolo è frutto di «memoria»; ossia: è la memoria che permette il miracolo della parola, che può ammantarsi, per dir così, di nuova originale innocenza. Attenzione però, ammonirà nel 1952: il miracolo non è nel linguaggio, è nella tensione che nobilita il linguaggio [...] e se questa tensione [...] sparisse dal cuore e dai pensieri dell’uomo, l’uomo si destituirebbe dalla sua dignità, si farebbe simile al bruto non scoprendo più nell’armonia del creato la speranza dell’altezza, come diceva Dante, lo spavento della bellezza, come diceva Leopardi 200. In Riflessioni sullo stile il riferimento alla memoria non può mancare, trattandosi di uno scritto che affronta direttamente questioni di poetica 201; è un riferimento alla memoria ancora una volta intesa come tradizione artistica e culturale, ma declinata in prospettiva personale, ad indicare il compito che ogni artista si dovrebbe porsi, umanamente, avendo come obiettivo il confronto con i propri maggiori; essendo la colpa massima di ogni autore il confessarsi «smemorati o, peggio, rinunciare alla memoria» impedendosi di decifrare «il proprio individuale e incomunicabile segreto» 202. Memoria intesa come strumento per lo scavo intimo, atto di autoriconoscimento a cui ogni artista è tenuto, di investigazione del proprio mistero. Memoria che è ricordo, inteso come atto del ricordare, e per questo insita «nella poesia come in ogni atto umano», perché è solo grazie al ricordo, inteso come recupero dopo un lasso di tempo anche infinitesimale, che possiamo riconoscere ogni oggetto davanti a noi, rinominandolo; ed è per questo che «il ricordo è una delle vie 199 GIUSEPPE UNGARETTI, Discorsetto su Blake (1946-1965), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 596-599 : 597. 200 GIUSEPPE UNGARETTI, L’artista nella società moderna (1952), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 855-866 : 856. 201 GIUSEPPE UNGARETTI, Riflessioni sullo stile (1946), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, cit., pp. 723-736 : 723. 202 Ibidem. 81
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dir così, di nuova originale innocenza. Attenzione però, ammonirà nel 1952:<br />
il miracolo non è nel linguaggio, è nella tensione che nobilita il linguaggio [...] e se<br />
questa tensione [...] sparisse dal cuore e dai pensieri <strong>del</strong>l’uomo, l’uomo si<br />
destituirebbe dalla sua dignità, si farebbe simile al bruto non scoprendo più<br />
nell’armonia <strong>del</strong> creato la speranza <strong>del</strong>l’altezza, come diceva Dante, lo spavento <strong>del</strong>la<br />
bellezza, come diceva Leopardi 200.<br />
In Riflessioni sullo stile il riferimento alla memoria non può mancare,<br />
trattandosi di uno scritto che affronta direttamente questioni di poetica 201; è<br />
un riferimento alla memoria ancora una volta intesa come tradizione artistica<br />
e culturale, ma declinata in prospettiva personale, ad indicare il compito che<br />
ogni artista si dovrebbe porsi, umanamente, avendo come obiettivo il<br />
confronto con i propri maggiori; essendo la colpa massima di ogni autore il<br />
confessarsi «smemorati o, peggio, rinunciare alla memoria» impedendosi di<br />
decifrare «il proprio individuale e incomunicabile segreto» 202. Memoria intesa<br />
come strumento per lo scavo intimo, atto di autoriconoscimento a cui ogni<br />
artista è tenuto, di investigazione <strong>del</strong> proprio mistero. Memoria che è ricordo,<br />
inteso come atto <strong>del</strong> ricordare, e per questo insita «nella poesia come in ogni<br />
atto umano», perché è solo grazie al ricordo, inteso come recupero dopo un<br />
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davanti a noi, rinominandolo; ed è per questo che «il ricordo è una <strong>del</strong>le vie<br />
199 GIUSEPPE UNGARETTI, Discorsetto su Blake (1946-1965), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e<br />
interventi, cit., pp. 596-599 : 597.<br />
200 GIUSEPPE UNGARETTI, L’artista nella società moderna (1952), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e<br />
interventi, cit., pp. 855-866 : 856.<br />
201 GIUSEPPE UNGARETTI, Riflessioni sullo stile (1946), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e interventi,<br />
cit., pp. 723-736 : 723.<br />
202 Ibidem.<br />
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