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Visualizza/apri - Università Cattolica del Sacro Cuore

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forestiere perché tali, la poesia italiana avrebbe ammassato il cibo miracoloso buono<br />

a ridonarle il colorito <strong>del</strong>la gioventù, a farle ritrovare naturalezza e magari anche<br />

innocenza 188.<br />

Il rapporto con la propria memoria culturale, con le origini <strong>del</strong>la tradizione<br />

letteraria, permettono alla poesia un rinnovamento, a patto che quelle radici<br />

vengano correttamente identificate, insiste Ungaretti, dal momento che non<br />

sono né le novelle popolari, né le fole forestiere che possono recuperare,<br />

innovandola, la tradizione. Esse vanno identificate con la classicità latina e<br />

greca 189, così come aveva indicato Petrarca, di cui Leopardi è virtuoso<br />

continuatore. Non solo, continua, la riscoperta <strong>del</strong>la tradizione permette alla<br />

poesia di «farle ritrovare naturalezza e magari anche innocenza» 190: la<br />

naturalezza è, quindi, dote preliminare <strong>del</strong>la poesia che aspira all’innocenza,<br />

quasi un grado di perfezione inferiore in un’ipotetica scala di valori.<br />

Che Ungaretti pensi alla memoria anche come facoltà intellettiva è<br />

confermato poche pagine dopo, quando sostiene:<br />

La memoria per il Leopardi non è più tanto intellettiva funzione, mera attività in<br />

sede mentale, quanto sofferenza <strong>del</strong> corpo, sensibile presenza così nella storia dei<br />

singoli come in quella <strong>del</strong>le civiltà e financo in quella <strong>del</strong>l’universo 191.<br />

ma non è solo questo: come già per la sofferenza di Petrarca causata dal<br />

ricordo di Laura che abbiamo rilevato in altri scritti, anche per Leopardi la<br />

memoria è dunque sofferenza. A parte andrà considerata la sequenza<br />

crescente ‘singoli-civiltà-universo’, che rimanda agli schemi storico-filosofici<br />

di Vico, ma qui conviene notare che ritorna una caratterizzazione <strong>del</strong>la<br />

poetica leopardiana che Ungaretti aveva già impiegato per Petrarca. Nella<br />

188 GIUSEPPE UNGARETTI, Immagini <strong>del</strong> Leopardi e nostre, cit., p. 433.<br />

189 «Perché avremmo dovuto fermarci al Medioevo quando siamo nati tanto prima»; ibidem.<br />

190 Ibidem (corsivo nostro).<br />

191 GIUSEPPE UNGARETTI, Immagini <strong>del</strong> Leopardi e nostre, cit., p. 438.<br />

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