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visitare le memoria. È morta, Laura. Da quel momento, i ricordi hanno un altro<br />

suono; sono assoluti; Laura è assoluto passato; è realtà di pura memoria; è<br />

unicamente pensiero 181.<br />

La memoria, dunque, è ancora forza che può trasformare l’immagine in una<br />

presenza pura; la stessa presenza pura che «impregnerà di musica» le parole<br />

<strong>del</strong> poeta aretino, «ora specialmente ch’è morta Laura e che l’infinito <strong>del</strong>la<br />

memoria» è «risolto nella perfezione d’un’ideale forma» 182. In questo articolo,<br />

dunque, abbiamo la possibilità di constatare che Ungaretti impiega il<br />

concetto di memoria sia come lascito di esiti letterari ed artistici tramandati<br />

dagli autori <strong>del</strong> canone, sia nell’accezione più ampia e che risente <strong>del</strong>le<br />

influenze di Platone e di Agostino.<br />

Una pagina <strong>del</strong>la lezione Prima invenzione <strong>del</strong>la poesia moderna, poi confluita in Il<br />

poeta <strong>del</strong>l’oblio, tratta, come abbiamo visto, <strong>del</strong>la memoria in Petrarca che può,<br />

da «perfida lusingatrice», attanagliare il poeta nel ricordo. A questa<br />

considerazione Ungaretti era giunto illustrando il motivo degli occhi e<br />

lasciando tra le righe una frase un poco oscura: «Occhi, nient’altro che<br />

memoria, ma tanta memoria» 183. Identificare gli occhi di Laura con la<br />

memoria <strong>del</strong>l’autore, o <strong>del</strong> lettore, appare un passaggio non giustificato, se<br />

non è messo in relazione ad una affermazione contenuta in Immagini di<br />

Leopardi e nostre: «Una cosa <strong>del</strong>l’arte ci persuade perché, colma dei nostri<br />

ricordi, muove la nostra fantasia fino a farci ritrovare occhi innocenti» 184. Se<br />

nella frase precedente gli occhi a cui si riferisce Ungaretti sono, ovviamente,<br />

gli occhi di Laura, in questa seconda frase sono quelli di Ungaretti stesso e<br />

quelli <strong>del</strong> lettore che dovrebbero guadagnare l’innocenza. L’associazione<br />

occhi-memoria si spiega solo se si ricorda l’affermazione fatta nel testo su<br />

181 Ivi, p. 416.<br />

182 Ivi, p. 419.<br />

183 Ivi, p. 407.<br />

184 GIUSEPPE UNGARETTI, Immagini <strong>del</strong> Leopardi e nostre (1943), in IDEM, Vita d’un uomo. Saggi e<br />

interventi, cit., pp. 430-450 : 433.<br />

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