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Ungaretti sono caratterizzati da rimandi interni e che argomenti o idee spesso<br />
vengono ripresi in altri saggi successivi; sarà così anche per i documenti che<br />
leggeremo da qui in avanti.<br />
In Commento al canto primo <strong>del</strong>l’«Inferno» Ungaretti si sofferma a considerare i<br />
versi di Dante «Mentre ch’i’ rovinava in basso loco, / dinanzi a li occhi mi si<br />
fu offerto / chi per lungo silenzio parea fioco» (Inf. I, 61-63). Per farlo<br />
utilizza il concetto di memoria e, come già in altre occasioni, vi associa la<br />
metafora <strong>del</strong>la luce. Riportiamo il passo:<br />
Per rendere sensibile la luce temporale, la luce storica, la luce <strong>del</strong>la memoria, è stato<br />
necessario al poeta convertirla prima in luce spaziale – questa volta in senso di<br />
misura orizzontale, dopo che in senso di misura verticale, in mezzo a infinita più<br />
notte, aveva in lui svegliato “la speranza <strong>del</strong>l’altezza”. Tutto è nelle prerogative <strong>del</strong>la<br />
luce che, di fatti, come dirà Manzoni “suscita”. L’apparizione, conviene ripeterci,<br />
risulta illuminata debolmente, “fioca” per la grande distanza ov’essa sorge e a cui<br />
ora, per la maggiore apertura <strong>del</strong>l’orizzonte, arrivano gli occhi. Ora la luce ha esteso<br />
lo spazio visibile fino agli ultimi limiti, e un uomo – poiché di ciò che è a quella<br />
distanza si può fantasticare, e si può anche tentare d’essere indovini – vi vede anche<br />
le cose che c’erano quando lui non c’era e prima e prima 174.<br />
Ciò che ci pare significativo è che la luce, elemento che nel meccanismo <strong>del</strong>la<br />
metafora sostituisce la memoria, concretizza bene quelle caratteristiche che<br />
Ungaretti, in altri passaggi <strong>del</strong>le lezioni che abbiamo già visto, aveva voluto<br />
attribuire alla memoria: la luce infatti non ha dimensioni proprie e occupa<br />
174 GIUSEPPE UNGARETTI, Commento al canto primo <strong>del</strong>l’«Inferno» (1952), in IDEM, Vita d’un uomo.<br />
Saggi e interventi, cit., p. 367-388 : 384. Nel 2008, insieme al carteggio con Piero Bigongiari, è stato<br />
pubblicato un saggio fino a quel momento inedito, dal titolo Leopardi segreto, in cui Ungaretti sostiene<br />
l’ipotesi che l’Infinito sia una evoluzione <strong>del</strong> pensiero pascaliano Le silence éternel de ces espaces infinis<br />
m’effraie. Nel saggio tornano cenni alla memoria di cui diamo conto in questa nota poiché la curatrice<br />
lo fa risalire al 1951, ed è quindi contemporaneo al Commento dantesco, e non aggiungono nulla a<br />
quanto stiamo già osservando: la memoria intesa come sapere (p. 322); la memoria «che annulla i<br />
limiti spaziali e temporali» quindi muove gli affetti (p. 329); la memoria che può essere confusa con<br />
la fantasia (p. 333): GIUSEPPE UNGARETTI, Leopardi segreto, in PIERO BIGONGIARI, GIUSEPPE<br />
UNGARETTI, «La certezza <strong>del</strong>la poesia». Lettere (1942-1970), cura di Teresa Spignoli, Firenze, Edizioni<br />
Polistampa, 2008, pp. 321-336.<br />
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