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afferma che la sua meditazione presagiva altre soluzioni, precisamente ad<br />

«un’espressione [...] poetica memore e nello stesso tempo [...] innocente e<br />

portentosa» 166. Come già aveva affermato in una lezione precedente,<br />

parlando <strong>del</strong>la canzone Ad Angelo Mai e <strong>del</strong> sentimento <strong>del</strong>la decadenza in<br />

Leopardi, Ungaretti ribadisce che il poeta di Recanati tenta di ottenere una<br />

poesia che sia anche religiosa e, per essere religiosa, non può non essere<br />

innocente. Coerenza vuole che questa innocenza non sia diversa da quella<br />

presentata nella lezione precedente, essa è perciò un’innocenza implicata con<br />

i valori <strong>del</strong>la religione cristiana.<br />

Che la memoria e l’innocenza siano due attributi necessari <strong>del</strong>la migliore<br />

poesia, Ungaretti lo ribadisce in Sul frammento «Spento il diurno raggio in occidente»<br />

I, in cui sostiene che, interrompendo in un certo punto la versificazione,<br />

«l’innocenza è raggiunta [...] ma la memoria, nemmeno con l’abilità d’un<br />

Leopardi <strong>del</strong> 1835, non poteva ancora qui arrivare a trovare inserimento» 167.<br />

L’affermazione è perentoria e tanto più significativa essendo riferita al<br />

massimo dei poeti nella considerazione ungarettiana, e ribadisce la <strong>del</strong>icatezza<br />

e la fragilità <strong>del</strong>le operazioni che hanno come esito la poesia.<br />

L’idea <strong>del</strong>la memoria vincolata alle macerie <strong>del</strong> passato, che abbiamo già<br />

incontrato in Innocenza e memoria e poi in Prima invenzione <strong>del</strong>la poesia moderna<br />

ritorna nella lezione Sul frammento «Spento il diurno raggio in occidente» II.<br />

Parlando <strong>del</strong> poeta petrarchista francese Maurice Scève, Ungaretti sostiene<br />

che egli interpretava nel modo più universale e umano<br />

più conforme al Petrarca, che la realtà è in rovina, e che la memoria, la quale agisce<br />

pure in noi presentandosi come frammento, come macerie d’un presente già<br />

disgregatosi e degradatosi in passato e che la memoria, per drammatico mistero<br />

<strong>del</strong>la sua essenza stessa, ha per aspirazione e per missione di superare e abolire il<br />

Ivi, p. 885 e 886.<br />

166 Ibidem.<br />

167 GIUSEPPE UNGARETTI, Sul frammento «Spento il diurno raggio in occidente» I (1946-1947), in<br />

IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. 929-945 : 944.<br />

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