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determinare qualità specifiche <strong>del</strong>la scrittura leopardiana rispetto a quella<br />

petrarchesca. In una lezione precedente Ungaretti aveva spiegato che<br />

Leopardi distingueva fra parole familiari e parole eleganti, riprendendo i noti<br />

passi <strong>del</strong>lo Zibaldone: le prime essendo le più proprie «perché gli scrittori<br />

antichi che le usavano erano più vicini alla loro formazione e alla<br />

determinazione <strong>del</strong> loro significato» 153, le seconde più eleganti ma più<br />

corrotte dall’uso e, aggiunge:<br />

Ciò che egli invidiava al Petrarca, e di più a Dante, e di più agli Antichi, è la<br />

proprietà <strong>del</strong> loro linguaggio, d’un linguaggio cioè ch’era vicino alle cose, [...] era la<br />

proprietà d’un linguaggio che la memoria non aveva ancora incominciato a<br />

allontanare progressivamente dalle cose dandogli quasi vita autonoma insieme al<br />

peso d’una storia letteraria in continuo sviluppo 154.<br />

Il linguaggio primitivo, secondo Leopardi, era quindi più proprio, più vicino<br />

alle cose cui le parole volevano rimandare. Si affaccia qui l’influenza <strong>del</strong>le<br />

teorie linguistiche di Vico, di cui parleremo, e rinveniamo il cenno ad un’altra<br />

possibile qualità di ciò che Ungaretti chiamerà l’innocenza: la vicinanza alle<br />

cose, agli oggetti di cui ogni parola dovrebbe essere l’equivalente linguistico-<br />

mentale. Notiamo però che la memoria è imputata di un effetto negativo:<br />

induce un allontanamento progressivo, che cresce di pari passo con lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>la storia letteraria, che determina l’allontanamento <strong>del</strong>le parole<br />

rispetto alle cose, ed è quel fenomeno che altrove Ungaretti chiamerà<br />

<strong>del</strong>l’invecchiamento <strong>del</strong>la lingua, effetto collaterale al suo evolversi. Come già<br />

in altre occasioni le caratteristiche <strong>del</strong>l’opera di un autore si stabiliscono in<br />

opposizione a quelle <strong>del</strong>l’opera di un altro: «per il Leopardi era necessario<br />

ritrovare un oblio; per il Petrarca era invece necessario diradare l’oblio dalla<br />

153 GIUSEPPE UNGARETTI, Idee <strong>del</strong> Leopardi intorno ad usi <strong>del</strong>la lingua, e prime indicazioni sulla metrica<br />

<strong>del</strong>le canzoni e sul rapporto col Petrarca (1942-1943), in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. 789-<br />

800 : 791.<br />

154 GIUSEPPE UNGARETTI, [I due articoli di Ludovico di Breme], in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e<br />

lezioni, cit., p. 838.<br />

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