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20.06.2013 Views

storia, nel senso di avvenimenti che caratterizzano un dato periodo 133. Da questo passo risulta evidente quale sia, secondo Ungaretti, l’idea di memoria con cui un artista debba confrontarsi e quale sia invece l’idea di memoria a cui si rifà Manzoni: un ideale religioso, filosofico e storico che influenza in vario modo le implicazioni etico morali della sua estetica ma non quelle formali, nel senso inteso da Ungaretti. La sua opinione è che Manzoni non intende la memoria-storia come una serie di esiti artistici, ma l’intende in senso strettamente evenemenziale e temporale, non altro. Tale affermazione viene poi mitigata quando aggiunge: terrà anche conto della tradizione, il Manzoni, dei modelli forniti dalla memoria, ma questo involontariamente, e fino all’ultimo sarà dalla sua vanità persuaso di non averne mai tenuto conto 134. che suona come una parziale marcia indietro; del resto la prima affermazione era difficilmente sostenibile. In ogni caso, ci pare, risulta palese la differenza che Ungaretti vede tra la propria concezione della memoria e quella di Manzoni: se intesa come sinonimo di storia letteraria entrambi vi fanno riferimento, semplicemente Ungaretti non condivide le scelte estetiche manzoniane. La distanza, però, che la lettura ungarettiana di Manzoni evidenzia è anche spia dell’evoluzione del concetto di memoria in Ungaretti, poiché esso non si limita più a significare la storia letteraria e gli esiti artistici che ne derivano ma è ormai un concetto ben più articolato e ricco, pur ancora non completamente definito 135. 133 Ivi, p. 647-648 (corsivo nostro). 134 Ivi, p. 648. 135 Sulla distanza, del resto evidente nelle opere, che separa i due autori conviene anche Asor Rosa: «Occorre osservare innanzi tutto che, da un punto di vista teorico, Ungaretti e Manzoni sono veramente lontani» e «Ungaretti scopre la poesia di Manzoni là dove meno ci si aspetterebbe. Ma questo non basta, giustamente, a colmare l’immensa distanza, che resta fra i due»; ALBERTO ASOR ROSA, Ungaretti e Manzoni, in Giuseppe Ungaretti e la cultura romana, Atti del convegno 13-14 novembre 1980, a cura di Rosita Tordi, Roma, Bulzoni, 1983, pp. 11-16 : 12 e 16. 56

Certo è che la memoria non può non essere collegata al sapere, essendo essa la fonte principale del sapere umano, che ha la sua manifestazione oggettiva nei tanti libri che occupano le biblioteche, ma anche nelle architetture delle città e poi negli usi dei popoli e via via in tutti quei segni concreti grazie a cui l’uomo tramanda la propria esperienza sotto forma di nozioni riproducibili. E se fino all’esperienza brasiliana la memoria ungarettiana era quasi sinonimo di ‘produzione letteraria tramandata’, nelle lezioni di docente, coerentemente con la rielaborazione che ne dilata i confini, la memoria non è solo il sapere letterario o, più latamente, artistico, che l’umanità ha saputo produrre bensì lo scibile umano nella sua interezza. I confini divengono ancora più labili, ancora più incerti, complice la generalizzazione indotta dalla mancanza di apposizioni qualificanti, una mancanza che nei primi scritti era compensata dal contesto, nel senso che era il contesto a lasciar intendere che il sapere, a cui la memoria rimanda, è un sapere limitato all’ambito letterario o artistico. Un esempio che chiarisce meglio si trova in Dante e Virgilio, dove Ungaretti propone un confronto tra le discese agli inferi nei due autori e, riferendosi a Dante, sostiene che compito del poeta di quei tempi sarà dunque quello [...] di costringere tutta la somma del sapere al quale si era allora giunti, a concentrarsi in immagini che potessero colpire i sensi e la fantasia come una nuova e più compiuta rivelazione. L’homo optimus era nato. Aveva riconquistato la memoria, aveva ritrovato il sapere, non doveva mancare la possibilità a quella memoria d’intensificarsi, di abolirsi, di soffrire e sublimarsi nell’innocenza e nell’assoluto di un’immagine 136. Riconquistare la memoria è anche riconquistare il sapere ma, qui, Ungaretti intende un sapere generico, infatti non è specificata né la qualità né il tipo di sapere, un sapere che certamente è svincolato da qualsivoglia àmbito 136 GIUSEPPE UNGARETTI, Dante e Virgilio (1938-1942), in IDEM, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, cit., pp. 655-672 : 658. 57

storia, nel senso di avvenimenti che caratterizzano un dato periodo 133.<br />

Da questo passo risulta evidente quale sia, secondo Ungaretti, l’idea di<br />

memoria con cui un artista debba confrontarsi e quale sia invece l’idea di<br />

memoria a cui si rifà Manzoni: un ideale religioso, filosofico e storico che<br />

influenza in vario modo le implicazioni etico morali <strong>del</strong>la sua estetica ma non<br />

quelle formali, nel senso inteso da Ungaretti. La sua opinione è che Manzoni<br />

non intende la memoria-storia come una serie di esiti artistici, ma l’intende in<br />

senso strettamente evenemenziale e temporale, non altro. Tale affermazione<br />

viene poi mitigata quando aggiunge:<br />

terrà anche conto <strong>del</strong>la tradizione, il Manzoni, dei mo<strong>del</strong>li forniti dalla memoria, ma<br />

questo involontariamente, e fino all’ultimo sarà dalla sua vanità persuaso di non<br />

averne mai tenuto conto 134.<br />

che suona come una parziale marcia indietro; <strong>del</strong> resto la prima affermazione<br />

era difficilmente sostenibile. In ogni caso, ci pare, risulta palese la differenza<br />

che Ungaretti vede tra la propria concezione <strong>del</strong>la memoria e quella di<br />

Manzoni: se intesa come sinonimo di storia letteraria entrambi vi fanno<br />

riferimento, semplicemente Ungaretti non condivide le scelte estetiche<br />

manzoniane. La distanza, però, che la lettura ungarettiana di Manzoni<br />

evidenzia è anche spia <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong> concetto di memoria in Ungaretti,<br />

poiché esso non si limita più a significare la storia letteraria e gli esiti artistici<br />

che ne derivano ma è ormai un concetto ben più articolato e ricco, pur<br />

ancora non completamente definito 135.<br />

133 Ivi, p. 647-648 (corsivo nostro).<br />

134 Ivi, p. 648.<br />

135 Sulla distanza, <strong>del</strong> resto evidente nelle opere, che separa i due autori conviene anche Asor<br />

Rosa: «Occorre osservare innanzi tutto che, da un punto di vista teorico, Ungaretti e Manzoni sono<br />

veramente lontani» e «Ungaretti scopre la poesia di Manzoni là dove meno ci si aspetterebbe. Ma<br />

questo non basta, giustamente, a colmare l’immensa distanza, che resta fra i due»; ALBERTO ASOR<br />

ROSA, Ungaretti e Manzoni, in Giuseppe Ungaretti e la cultura romana, Atti <strong>del</strong> convegno 13-14 novembre<br />

1980, a cura di Rosita Tordi, Roma, Bulzoni, 1983, pp. 11-16 : 12 e 16.<br />

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